A cura di Isabella Michela Affinito
Senza voler ostentare emulazione nei riguardi del filosofo e storico greco, Plutarco di Cheronea (46 circa – 120 d.C. circa) che redasse le famose Vite parallele ponendo a confronto esistenze di personaggi illustri quali, ad esempio, Cesare con Alessandro Magno, Teseo con Romolo, Aristide con Catone, Cicerone con Demostene, etc., ebbene, il profilo, dalla sottoscritta elaborato anche a livello astrologico, dello scrittore di Praga, Franz Kafka, s’interseca in maniera impensata con quello del coevo artista livornese Amedeo Clemente Modigliani, pur non essendosi mai conosciuti in vita, e vediamone i motivi.
Ambedue le personalità maschili nacquero sotto il Segno d’Acqua del Cancro con l’Ascendente nel Segno di Fuoco del Leone per Kafka e nel Segno della Vergine per Modigliani – sottolineo che nella mia precedente compilazione del tema natale di Modigliani avevo ricavato il suo Ascendente nel Segno del Leone, perché basatami su calcoli estratti da effemeridi sul finire del secolo scorso, mentre l’artista nacque verso la fine dell’Ottocento e indagando meglio il suo Ascendente è risultato nel Segno di Terra della Vergine.
Vissero poco, ossia trentasei anni Modigliani e quaranta Kafka (più grande di un anno dell’artista toscano) e morirono per l’eguale malattia all’epoca incurabile, la tubercolosi; non si sposarono mai ma ebbero diverse compagne e fintantoché furono vivi non conobbero alcuna fortuna attraverso le loro fatiche artistiche per l’uno e letterarie per l’altro; furono degli insoddisfatti e incompresi nel medesimo tempo storico a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento e per loro, in un certo senso, fu un dono morire prima dell’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler nel 1933 poiché entrambi d’origine ebrea; invero, le tre sorelle di Kafka nei successivi anni ’40 del secolo scorso restarono vittime della Shoah.
Per dettagli maggiori di comparazione fra i due personaggi, sono da aggiungere il medesimo Mercurio in Casa Undicesima; la stessa Venere in Casa Undicesima; Giove in Casa Undicesima; il medesimo Saturno in Gemelli in Casa Decima; Urano nel Segno della Vergine e Nettuno in quello del Toro, di cui la reiterazione della Casa Undicesima asserisce numerosi viaggi all’insegna dello scambio d’idee con persone dagli interessi comuni, proficue collaborazioni, aiuti provenienti dagli amici e Kafka ebbe la fortuna d’incontrare al suo primo anno universitario in giurisprudenza, Max Brod, il quale, dopo la prematura morte di Franz, fu il suo primo editore ed erede universale dei suoi lavori editi e inediti anche non finiti, portati coraggiosamente da lui fino a Tel Aviv all’indomani dell’invasione tedesca di Praga, e da lui pazientemente riordinati come il celebre romanzo Il Processo pubblicato nel 1925.
Il tentativo d’evasione escogitato dallo scrittore boemo per eludere la realtà fu quello di dedicarsi alla scrittura, oltre a svolgere nel quotidiano il lavoro impiegatizio in un’agenzia per infortuni, ma scappare da chi e da che cosa?
Il pianeta kafkiano si presenta a tutt’oggi asfittico, castigante, buio, irrazionale, capzioso, contraddittorio, inospitale e quanto mai inaccettabile; all’esordio questa realtà allucinata fece da cassa di risonanza alla corrente artistica, letteraria, musicale, teatrale, cinematografica europea dell’Espressionismo, grondante valenze estreme ed inspiegabili.
Volendo ulteriormente associare Franz Kafka a un particolare oggetto della nostra realtà concomitante, potremmo citare l’astruso “Cubo di Rubik o magico” in base al rocambolesco suo (di Kafka) metodo di scrittura che s’avviava non dall’inizio della storia, bensì in mezzo o partendo dalla conclusione, perciò molte sue opere sono rimaste manchevoli di parti.
«[…] Nel suo mondo ossessivo si ripetono certe situazioni. Qualcuno viene svegliato bruscamente e da lì comincia la svolta nella sua vita. O semplicemente si sveglia trovando che tutto è cambiato (è diventato un insetto oppure è in arresto) mentre tutto resta uguale (la stanza è sempre quella della sera prima). Debolmente, anzi velleitariamente si vorrebbero apportare delle riforme nel processo, nell’esecuzione della pena, addirittura nell’amministrazione del castello, per rendersi conto, prima o poi, che una volta dato retta “al menzognero squillo del campanello notturno non c’è più rimedio possibile”. Si ripetono gli ambienti oppressivi: sottoscala, soffitte, gallerie e pulpiti nei quali non si può stare in piedi, divani da cui si viene schiacciati, stanze soffocanti in cui inspiegabilmente si intrattengono donne malaticce. E costante resta il fatto che un inspiegabile evento iniziale porta alla morte finale.» (Dal volume monografico Franz Kafka – Romanzi e racconti, Collana L’espresso Grandi Opere, Edizione abbinata ad una testata del Gruppo Editoriale l’Espresso S.p.A. di Roma, Anno 2005, pagg. XII-XIII).

Franz Kafka non è stato di bell’aspetto: magro, dal viso plasmato di cupezza, poco incline al sorriso, le orecchie sporgenti quasi appuntite, gli occhi elettrizzati ed elettrizzanti. Schivo, ombroso, si sentiva, s’è sempre sentito in ‘prigione’ che può essere stata la sua famiglia, la stessa Praga con le convenzioni della società dell’epoca, l’appartenenza alla cultura ebraica, il suo non facile adattamento nell’ambientazioni altrui. In realtà, l’ipotetica ‘gabbia’ di Kafka è riconducibile alla rara situazione planetaria del suo oroscopo natale, dove i dieci pianeti invece di stare sparpagliati nelle canoniche Dodici Case zodiacali, si sono ritrovati al momento della sua nascita, il 3 luglio 1883, concentrati (ammassati) in solamente due Case formate dai Segni del Toro, del Gemelli e del Cancro: la Decima e l’Undicesima, che sono rispettivamente il settore dell’Amicizia e quello della possibilità di riuscita nella vita sociale e professionale. Per cui l’aver avvertito un senso claustrofobico è stato per lo scrittore più che ovvio, perché la vicinanza stretta di più pianeti in una precisa porzione zodiacale provoca ineluttabilmente disagio, esasperazione, malessere interiore e quant’altro.
Franz Kafka fu l’unico figlio maschio, primogenito, nella famiglia composta dai genitori e sei figli, di cui tre sorelle più piccole e due fratelli morti quando Franz era bambino, e questo l’ha penalizzato dal punto di vista virile, probabilmente è stato omosessuale.
Il rapporto con la figura paterna fu un dissesto: suo padre, Hermann Kafka (1852-1931), ex-macellaio poi commesso viaggiatore e, infine, gestore d’un negozio d’abbigliamento e oggettistica con diversi aiutanti alle sue dipendenze, era provvisto d’un carattere ed una corporatura completamente all’inverso del figlio, il quale, ad un certo punto, scelse di mangiare vegetariano al cospetto del padre scandalizzato e fra i due s’instaurò l’incomunicabilità proprio per l’inesistente traccia d’affinità, tanto che Franz arrivò a redigere la chilometrica Lettera al padre (di cento pagine, pubblicata da Max Brod nel 1952 come opera letteraria) per esporre quella spaccatura incolmabile.
«[…] Ancora anni dopo mi opprimeva la tormentosa immagine dell’uomo gigantesco, mio padre, l’ultima istanza, che poteva piombare nella notte, quasi senza motivo, sul mio letto e portarmi sul ballatoio, perché tanto io per lui ero un puro nulla. Questo fu, allora, soltanto un primo inizio, ma la sensazione di nullità che spesso domina (sensazione da altri punti di vista anche nobile e feconda) deriva in gran parte dalla tua influenza.» (Dal volume Kafka – Come non educare i figli, Lettere sulla famiglia e altre mostruosità, Collana dei tascabili I Pacchetti, L’orma editore srl di Roma, Anno 2018 III ristampa, pag.51).
Nella Casa Decima, tra il Toro e il Gemelli, Kafka ebbe i pianeti forti di Marte, Saturno, Nettuno e Plutone a significare che lui è stato abbastanza testardo, con una volontà spiccata procurante sovente e volentieri conflittualità negli ambienti dove si svolgeva la sua esistenza, specialmente in famiglia. Fu dotato d’una grande ambizione tanto da desiderare di stagliarsi dalla massa ma venne impedito e questi impedimenti di sicuro sono stati il cattivo suo stato di salute, l’ambiente praghese chiuso e retrogrado, le limitazioni vere o presunte insite nel suo carattere propenso a ‘spegnere’ con l’acqua tiepida cancerina il dirompente fuoco leonino dell’Ascendente. Comunque, il voler diventare qualcuno non era inteso da lui di percorrere la via maestra come avviene di solito, ma una ‘strada altra’ che si dischiuse davanti a lui tanto tortuosa quanto corta per la sopraggiunta morte prematura.
Nell’agosto 1912 Franz incontrò ad una cena amicale per la prima volta Felice Bauer, una signorina che lavorava come dattilografa a Berlino e se ne innamorò. Lei sembrava, dall’aspetto, molto più grande di lui – forse perché i nativi del Segno del Cancro sono attirati da donne rievocanti l’immagine rassicurante della madre – e non aveva una bellezza particolare; il loro fu un rapporto altalenante durato un po’ di anni e ricchissimo di corrispondenza da parte dello scrittore indeciso se sposarla o meno, poiché il matrimonio lo terrorizzava riguardo alla fine della sua libertà e perché la sua Venere in Gemelli non prometteva stabilità affettiva a lungo termine. Le scrisse anche lettere di disappunto sulla possibile loro unione matrimoniale, quasi un ‘avvocato del diavolo’ (Franz si laureò in Giurisprudenza il 18 luglio 1906) contro sé stesso, affinché partisse da lei il proposito di lasciarlo in maniera definitiva.
«[…] Considera ora, Felice, quale mutamento comporterebbe per le nostre esistenze il matrimonio, che cosa ciascuno perderebbe e che cosa guadagnerebbe. Io perderei la mia solitudine, per me quasi sempre insopportabile, e acquisterei te che amo sopra tutte le creature. Tu invece perderesti la vita che hai condotto finora, della quale eri tutto sommato alquanto soddisfatta: perderesti Berlino, l’ufficio che ti piace, le amiche, i piccoli divertimenti, la prospettiva di sposare un uomo sano, allegro, buono, di avere figli sani e belli che è una cosa – se ci rifletti un attimo – che ti manca già ora. In cambio di questa perdita tutt’altro che trascurabile otterresti un uomo malato, debole, poco socievole, taciturno, triste, rigido, quasi senza più speranze, la cui forse unica virtù consiste nell’amarti.» (Dal volume Kafka – Come non educare i figli, Lettere sulla famiglia e altre mostruosità, Collana dei tascabili I Pacchetti, L’orma editore srl di Roma, Anno 2018 III ristampa, pagg.38-39).
Concernente la Casa Undicesima, di cui Franz ebbe i pianeti Sole, Luna, Mercurio, Venere e Giove, è inutile ribadire che la breve distanza l’uno dall’altro non ha fatto altro che aumentare il loro ‘chiasso’ disturbandosi a vicenda, perciò lo scrittore non è stato mai in pace con sé stesso, né con gli altri. Kafka ha ricevuto moltissimo dalle amicizie e spesso le sue amiche diventavano amanti – come le modelle-muse che posavano per i ritratti eseguiti da Modigliani – talché il concetto dell’amicizia per lui assunse il valore di sacralità. Il successo e gli agi gli sarebbero giunti grazie al suo Giove in Cancro (salvo morte prematura), ma è stato soprattutto il suo Mercurio in Gemelli che gli ha fornito quelle prerogative connaturate allo scrittore dinamico e ricco di estro seppure nello scomodo recinto psicologico e storico in cui visse, imbevuto d’espressionismo (incubo), di surrealismo (sogno) e di vicende bellicose come la Prima guerra mondiale che mise tragicamente fine alla leggendaria e plurisecolare dinastia europea absburgica capeggiata dall’ultimo imperatore Francesco Giuseppe, nel 1916, e nel cui territorio austriaco da lui governato faceva parte anche Praga capitale del Regno di Boemia.
ISABELLA MICHELA AFFINITO
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