Poesia

Il restauro delle linee, prefazione di Michela Zanarella, con una lettera di Biancamaria Frabotta, Ensemble, Roma, 2021.

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Il restauro delle linee raccoglie poesie scritte dal 2017 al 2021, un lavoro di scrittura notevole che diventa un percorso ben strutturato. Si nota subito la suddivisione in più sezioni, otto per la precisione: “Atlante degli alberi invisibili”, “Passaggi”, “Il restauro delle linee”, “La parola nella rete”, “Lunazioni e impermanenze”, “Litoranee”, “Spirometria del silenzio” e “Versos castizos”. Il libro si apre con alcuni versi di García Lorca, poeta molto amato da Spurio, un punto di riferimento essenziale. […] Il poeta osserva, medita, cerca. […] Spurio rende umani gli elementi: il vento ha capillari, le foglie sono come mani di corteccia, l’albero è ingiacchettato con le ortensie, insomma la natura assume le nostre fattezze e identità. […] Si procede a passi decisi nel sogno (non si deve aver fretta quando si ha bisogno di ripercorrere la propria interiorità) dentro una sequenza di richiami, i ricordi vanno a comporre il mosaico della memoria, tra aghi di pino. […] La poesia di Spurio si nutre di simboli, assonanze, musiche che richiamano l’inno ai pini di Otorino Respighi, s’instaurano legami arcaici con il Mito, ed è un pullulare di polline in versi che vola alto, sublime. […]  È sicuramente un invito a procedere con coraggio, sfidando l’invisibile. (Dalla Prefazione di Michela Zanarella)

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Pareidolia, prefazione di Michela Zanarella, nota di lettura di Nazario Pardini e commento di Elvio Angeletti, The Writer Edizioni, Marano Principato, 2018.

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In Pareidolia – dal titolo che volutamente richiama qualcosa che ha la forma di ciò che vogliamo vederci e dunque un profondo senso di relativismo l’autore ha raccolto poesie scritte negli ultimi tempi che hanno a cuore i dilemmi, i drammi e i silenzi della società contemporanea. La partizione del libro è funzionale per permettere al lettore di intraprendere un dato percorso; si parte dalla sezione “Affossamenti” nella quale l’unicum diviene l’acqua quale mezzo periglioso di spostamenti; si prosegue con poesie che racchiudono momenti di urto e vendetta, lotta e ferita, attorno alla sotto-sezione delle “Ecchimosi”: segni distinguibili di un passato traumatico. Si passa, così, a “Dedicatio”, che raccoglie poesie e colloqui con poeti più o meno celebri, letti e approfonditi dall’autore (Amelia Rosselli, Federico Garcia Lorca, Antonia Pozzi, tra gli altri). A chiudere l’opera è la sezione “Pareidolia”, quella che effettivamente fornisce il titolo all’intera opera. Sono visioni e colloqui con l’assenza, riflessioni sull’esistenza, elucubrazioni ed osservazioni del mondo interiore, campo di inquietudini e di acume critico che viviseziona il vissuto.

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Tra gli aranci e la menta. Recitativo dell’assenza per Federico Garcia Lorca, prefazione di Nazario Pardini, commenti di Corrado Calabrò e Lucia Bonanni, nota di lettura di Valentina Meloni, Illustrazioni del Maestro Franco Carrarelli, PoetiKanten, Sesto Fiorentino, I edizione 2016, ISBN: 9788899325466, pp. 86; II edizione 2020.

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Questa plaquette contiene una decina di poesie in qualche modo ispirate dalla figura e dalla poesia di Federico García Lorca, nella ricorrenza degli 80 anni dal suo assassinio. Molte poesie hanno tratti sensitivi e impressionistici: “Doloroso [è] il suono della cicala”; “Le ali delle vespe battevano troppo veloci/ per riflettersi nell’argento liquido dei giorni” mentre la luna si nasconde “Con lo scuro incorporato e/la camicia inargentata”. La silloge è al tempo stesso una rievocazione ed un’invocazione del poeta, con un fondo di accoramento che si scioglie nel colloquio con le piante e con la natura, in sintonia col sentire del poeta e in risonanza con i suoi versi: “Os hablan las cosas/y vosotros no escucháis” come Spurio cita il poeta in esergo. A volte l’aggancio è ulcerante come un uncino: “una madre rimesta nell’utero con dita adunche”; “El niño che ha muerto era listo para vivir/Corría al bordo del rio con risa suave”, annota il poeta direttamente nell’idioma spagnolo. Ma anche la rievocazione più accorata rifiorisce nella freschezza della poesia di Federico, che ci piace ricordare con “Sul volto un sorriso di gigli freschi”, anche se: “Le piante quel giorno hanno smesso di parlare”.  Anche l’incomprensibilità di quella morte deve essere introiettata, rientrando nell’incomprensibile casualità della sorte effimera che ci accomuna tra noi e con la natura, su questo sperduto pianeta: “Comprendo che non c’è un rigore con il quale le foglie del fico cadono. Alcune sono più resistenti di altre. Ma l’inverno non ne lascerà nessuna”.(Commento di Corrado Calabrò) 

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Le acque depresse, in  I grilli del Parnaso. Alterne Stratificazioni, prefazione di Pina Piccolo,  PoetiKanten, Sesto Fiorentino, 2016.

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Ciascuna delle diciotto liriche che scandiscono il palinsesto acqueo/terroso di Lorenzo Spurio assume una diversa consistenza a turno solida o liquida, talvolta gelatinosa e raggrumata, talvolta scorrevole e gorgogliante, poi riarsa e screpolata, prende la forma di un cavallone o di un’onda piatta, di un terreno limaccioso preannunciante sabbie mobili (tutte presenze lessicali che formano lo humus dell’opera) e che trovano infine una sorta di ancora nel carme lento “Sacchi Neri” che conclude la raccolta.  Il titolo stesso Le acque depresse incuriosisce giocando sulla dimensione psicologica e fisica: si può pensare a una depressione del suolo che soggiace alle acque e che induce l’acqua ad abbassarsi o si può pensare ad una reazione dell’acqua che si deprime sia per il suo status di testimone delle attuali atrocità compiute dentro la sua estensione o al suo limitare (“In ventuno alla battigia genuflessi”) sia per il suo mutamento a livello di struttura molecolare dovuto  alla presenza di decine di migliaia di corpi in essa annegati, vittime delle ingiustizie di un sistema. 

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Neoplasie civili, con prefazione di Ninnj Di Stefano Busà, postfazione di Cinzia Demi e una lettera di Corrado Calbrò, Agemina, Firenze, 2014.

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Poesie scevre da orpelli, da particolarismi formali, ma che offrono al lettore una traccia di riflessione, che scuotono la coscienza, indignano e feriscono.   Il cuore della silloge è proprio quella formazione cancerosa a cui ci si riferisce nel titolo che minaccia, ammorba, fagocita, dilania e distrugge un’esistenza fisicamente sana e moralmente incorrotta.  […] Il mondo lirico di Spurio è asciutto ma concreto, a volte duro ma quanto mai necessario e vivido e l’occhio critico del nostro è quello di una persona che osserva con acume le incongruenze della realtà e le fa sue sulla carta per denunciarle, per rompere quel velo di indifferenza e di apatia che contraddistingue chi nella vita presente ha ancora la fortuna di vivere in un paese dove non cadono bombe, non si muore di fame o ancora, salvo sporadici ma durissimi casi, sembra ancora che ci si rispetti l’un l’altro.