“I giorni, le ore” di Paola Surano, recensione a cura di Sandra Carresi

I giorni, le ore 

di Paola Surano

Avola, Ciccio Urso Editrice, 2012

Recensione a cura di Sandra Carresi

Definirei la poetessa, Paola Surano, una farfalla, delicata e colorata. Di innata raffinatezza ed eleganza.

Un intreccio di emozioni, tramutate in versi, sempre nel pensiero gentile e pacato che fa parte della sua personalità.

Trovo stupenda la sua poesia – I giorni – perché la ritrovo in ogni rigo che l’inchiostro ha scritto,

sul suo sentire e sul suo essere, (…giorni intrisi di antica saggezza, insensata stupidità, colorati di gioia, grigi d’angoscia, illuminati di speranza… e nonostante, viviamo).

Una velata malinconia, qualche rimpianto, e la solitudine, tuttavia, il suo sguardo va oltre e si sofferma su ciò che la circonda o le passa accanto, come…( lo stupore di un bambino che guarda affascinato una farfalla posata sul muro caldo di sole) –La FarfallaSulMuro –

Di animo nobile e gentile, ascolta ed accetta in silenzio …(quei mementi, nella vita in cui ti senti come un giardino in inverno) – Come in un Giardino in Inverno- eppur, Ella, sa cogliere e gioire di quel sempreverde imperlato di brina, perché la sua educazione, il suo essere, la sua sensibilità, le hanno insegnato a saper vedere, riflettere e gioire sulla bellezza della Vita sapendo sempre guardare  oltre, fino a scorgere lo sprazzo di luce.

La sua passione per il Jazz è notoria, tanto da poetare – Serata Jazz – e non faccio per niente fatica ad immaginarla piacevolmente affascinata , trasportata, rapita da questa musica che le colora le guance e le fa battere le mani.

Il suo poetare è rivolto anche all’Uomo della strada, allo sconosciuto, al Clochard – In Morte di un Clochard – sapendo trovare la bellezza anche in quel Mondo …(hai goduto di tutto e di niente del filo di fumo del falò che ti scaldava d’inverno, d’un fiore sbocciato, d’una stretta di mano…) quel Mondo così lontano dal suo modo di essere e di vivere, eppure colto e trattenuto nella sua mente, nel cuore, fino a portarlo sulla carta.

E l’Amore…., degli anni verdi che hanno dato, come a tutti, le pene al cuore, e dove oggi, in questa età matura e consapevole, riaffiora vivo il ricordo, tenendo stretta con tenerezza, la quindicenne innamorata. – Di Amori Acerbi –

Forse colgo un piccolo rimpianto: in un comportamento sempre sobrio e contenuto, a volte, la voglia di – gridare – avrebbe reso giustizia ai malesseri del cuore, oppure, anche sedersi sui marciapiedi della stazione, girare il mondo con zaino e autostop, avrebbe potuto rompere quella sobrietà un po’ rigida e severa. – Vorrei Aver Voluto –

Ma non sarebbe stata: Paola Surano.

Il pensiero sulle fatiche ed i comportamenti del Mondo, è un pensiero che accompagna l’autrice in molte sue poesie – Pensieri D’Africa – E se Tu chiedessi Un Giorno – la rende speciale e sensibile in un continuo lavoro che Ella con coraggio si impegna a portare avanti sempre e comunque.

Una bella farfalla che non ha paura, volando, di spezzarsi le ali.

a cura di Sandra Carresi

E’ SEVERAMENTE VIETATO RIPRODURRE E/O DIFFONDERE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO DI STRALCI O INTEGRALMENTE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.

Marisa Paredes e Fabrizio Giufini, recital a due voci

giovedì 14 giugno, ore 21.00


Recital a due voci
MARISA PAREDES e FABRIZIO GIFUNI

LA NOCHE ESPAÑOLA

Da Cervantes a Borges, da Lope de Vega a Marías, da Lorca a Vila-Matas,
testi, poesie, scritti e pensieri: i viaggi italiani di scrittori in lingua spagnola

Voce narrante Ernesto Ferrero
Regia Volker 
Schlöndorff

Ingresso: intero € 8 ridotto € 5
Prevendite presso Cinema Teatro ODEON, Circuito Box Office

Uno dei momenti più importanti del Festival degli scrittori, che si terrà a Firenze dal 13 al 15 giugno, è la serata dedicata alla letteratura in lingua spagnola, dal barocco ai giorni nostri, che vede sul palco dell’Odeon due protagonisti eccezionali, Marisa Paredes e Fabrizio Gifuni. Il recital, costruito come un lungo dialogo fra testi e poesie, ci mostra un’Italia vista dagli scrittori: dalla Roma picaresca di Delicado e Quevedo agli aforismi di Cervantes, in un racconto che tocca le più importanti città del nostro paese, dallo stile barocco di Álvarez de Toledo alla comicità ambientata in terra siciliana di Lope de Vega, dalle parole poetiche di Alberti e Lorca alla narrativa di Valle Inclán, per arrivare alle riflessioni letterarie più vicine nel tempo di Borges, Marías e all’inedito omaggio ad Antonio Tabucchi di Vila-Matas, dal titolo Me llamo Tabucchi, como todo el mundo. ParedesGifuni e Schlöndorffin un unico evento dunque il fascino dell’attrice prediletta di Almodóvar, lo straordinario interprete di Aldo Moro, e il regista del Tamburo di latta, Palma d’Oro al 32° Festival di Cannes.

Alcuni ospiti del Festival: Emmanuel Carrère, Jenny Erpenbeck, Damon Galgut, Jón Kalman Stefánsson, Enrique Vila-Matas, Bruno Berni, Michael Ondaatje, Roberto Bertinetti, Andrea Bajani, Elena Stancanelli, Chiara Valerio, Stefania Scateni, Roberto Andò, Alessandro Zaccuri, Vanni Santoni, Elisabetta Rasy, Gianluigi Ricuperati, Kiran Desai, Ernesto Ferrero, Alberto Manguel, Björn Larsson, Andrea Landolfi, Alberto Castelvecchi e Claudia Zonghetti.

La noche española è l’unico incontro del Festival con biglietto d’ingresso, gli altri incontri sono a ingresso libero.

Ufficio stampa:
Davis & Franceschini  +39 055 2347273 –  davis.franceschini@dada.it – www.davisefranceschini.it
http://www.facebook.com/pages/Festival-degli-Scrittori-Premio-von-Rezzori/130543643690351

“Riassunto di fine giornata” di Luciano Del Sette

Riassunto di fine giornata

di

Luciano del Sette

  

 

 Autore: Luciano Del Sette

Titolo: Riassunto di Fine Giornata

Editore: Exòrma

Pagine: 180

Prezzo: € 13,90

ISBN: 9788895688756

 

 Ventotto racconti, in forma di romanzo. Frammenti che attraversano una vita intera. Dagli anni dell’infanzia a quelli che precedono il congedo definitivo.

L’io narrante è multiplo: bambino, adolescente, adulto, maschile, femminile; ancorato a realtà diverse, dove la narrazione di un fatto “autentico” si alterna a quella di una circostanza soltanto immaginata.

Tessono il filo della trama complessiva, le illusioni, a volte amare quanto le delusioni; la felicità, che chiede comunque e sempre un tributo; l’amore, che mostra le sue tante facce e le sue infinite contraddizioni; le idee e gli ideali, perduti lungo la strada, oppure divenuti altra cosa nel corso del tempo.

Il titolo di ogni racconto sembra non avere con esso alcun riferimento, e solo dalle righe finali arrivano spiegazione e giustificazione coerenti.

Il linguaggio è asciutto, inframmezzato da dialoghi indiretti mai virgolettati, quasi fotografico e cinematografico nelle sue sequenze. Ne sono prova, in particolare, Film e Una cena: il primo sviluppato con l’uso prevalente del flashback affidato alla figura di una donna; il secondo costruito nell’alternarsi di gesti e frasi tra una coppia, dentro una sceneggiatura rapida e serrata.

Anche Sogni, dove il cerchio narrativo si chiude, rimanda a un lungo piano sequenza che segue il protagonista per abbandonarlo un attimo prima della comparsa, sullo schermo della pagina, della parola “fine”.

 

 

L’AUTORE

Luciano Del Sette, giornalista. Corrispondente da Torino per il quotidiano Il Manifesto, collabora con il suo supplemento settimanale Alias. Per Radio3 scrive e conduce puntate del programma File Urbani, in onda il sabato e la domenica mattina. Per il mensile E di Emergency realizza reportage dall’Italia e dall’Estero. Sempre per E, sul sito del mensile, ha un blog, Nota Bene, dedicato alla musica indipendente in Italia e nel mondo.

Per Radio2 è stato autore e conduttore del programma Atlantis.

 

Ufficio Stampa

Exòrma Edizioni

Tel. 06 76962014 – cell. 347 4010654

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Luciano Del Sette

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“Il nascondiglio dell’anima” di Anna Maria Folchini-Stabile, recensione a cura di Sandra Carresi

Il nascondiglio dell’anima

di Anna Maria Folchini Stabile

con prefazione a cura di Lorenzo Spurio

Avola, Ciccio Urso Editrice, 2012

Recensione a cura di SANDRA CARRESI

Le poesie della poetessa Anna Maria, cantano il quotidiano. Il pensiero felice o che rattristi il giorno, la natura, ma soprattuttola Vitae tutta la ricchezza che ha saputo darle: la famiglia.

Il nascondiglio dell’anima – apre l’insieme delle sue poesie (… rifugio del cuore, oasi nel deserto della quotidianità, bolla dove respiro l’ ultima boccata d’aria), ecco, a mio avviso, in questa frase è racchiuso il pensiero cristallino di Anna.  E’ l’analisi semplice e accorata che la poetessa fa dei suoi malesseri e delle sue speranze dialogando con se stessa, tramutando il dolore, ospite inatteso, in pura poesia.

E’ proprio in questa età, senza tempo e senza vuoto, che la poetessa  apprezza ancor piùla Vita,

consapevole dei giorni che assediano la mente con mute domande ma, anche di sentieri di parole e pensieri che la fanno sentire donna e viva. – Vivere –

Patrimonio di immenso valore, la famiglia. Il compagno della vita, da una vita, con il quale ama duellare spesso come – Il Drago Infuocato – ma dal quale trova sempre rifugio e colloquio continuo.

I figli, li ritroviamo spesso nella sua poesia, – Amore Materno –  Come Eri – , una continua gara d’Amore, spesso nella poesia dei ricordi, ma, anche nel presente.

E poi, i suoi continui sguardi alla Natura, contemplandone la bellezza, soffermandosi nei minimi particolari, come la coltre di bianco cristallo che copre la vita, ( ….Galaverna), o – L’Albero di Ciliegio – La rappresentazione di una Donna tranquilla, che sa amare, sa vibrare, sa mantenere e alimentare i suoi affetti senza scalfirli, consapevole della sua ricchezza formata dalla propria semplicità.

Questa naturalezza di sentimenti veri, la si ritrova nella sua necessità di scrivere, magari in momenti di stanchezza, quando forse l’apatia si sta impossessando di Lei, è in quei momenti da Lei ritenuti flaccidi, inutili e  senza sostanza, che il rientro della persona amata, come per incanto, le porta il cuore, e la vita, ed avviene la magia: tutto ricomincia a correre  – Il mio Cuore –

Non è una Donna fragile, Anna Maria, ma sa commuoversi, sa vederela Vita, attraverso i suoi occhi, il suo cuore, e soprattutto, sa fermarlo nel tempo e sulla carta. –Il cuore del Poeta –

La sua ironia è quasi inattesa, ma, sempre presente nella sua piacevole persona. Questa  è Anna Maria per me.

a cura di SANDRA CARRESI

http://www.sandracarresi.blogspot.com

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“Alla luce di un’unica stella” di Paola Surano, recensione a cura di Lorenzo Spurio

Alla luce di un’unica stella

di Paola Surano

con prefazione a cura di Claudio Fantozzi

Ibiskos Editrice, 2000

Recensione a cura di Lorenzo Spurio 

E’ sempre molto piacevole quando tra poeti e scrittori, incontrandosi, ci si scambia le proprie opere che non necessariamente debbono essere le più recenti, le più fresche di stampa. Ho avuto il piacere di conoscere Paola di persona solo recentemente sebbene già negli ultimi mesi ci siamo sentiti ampiamente per una serie di attività che, assieme ad altre persone, stiamo promovendo. In quell’occasione Paola mi ha fatto dono di questo suo libro pubblicato nel 2000 e con una sorta di bozzetto a carboncino in copertina, opera di un certo Mihu Vulcanescu. L’immagine, che evidenzia uno scenario difficilmente comprensibile e quasi onirico (un muro altissimo al di là del quale si staglia un cielo nero e una mano di grandi dimensioni e piccolo, in basso, in posizione centrale un uomo, probabilmente un pompiere dotato di scala) è in linea però con il titolo: la luce che Paola Surano richiama nell’opera non è una luce abbacinante, totalizzante ma una luce unica, che proviene da un’unica stella.. una luce diversa da quella di un’infinità di stelle e per questo particolare e significativa in quanto tale. Difficilmente riusciamo a immaginare un cielo con una sola stella anche se a volte – causa le condizioni meteo ed altri fattori – in realtà all’occhio umano non è dato vedere con attenzione la volta celeste, se non di soffermarsi su alcuni punti qua e là che, invece, hanno una luminosità particolare. Partendo da questa analisi l’intento di Paola Surano potrebbe essere dunque quello di sviscerare la sua volontà di osservare il mondo esterno in maniera clinica, attenta, partendo dal particolare, scegliendo di selezionare le cose da osservare con più attenzione. Un cielo sovrastato di stelle in una serata d’estate è causa di meraviglia e motivo d’osservazione attenta in noi..ma cosa provoca, invece, in noi una notte buia, coperta con un solo lumino splendente nel cielo?

La poesia di Paola Surano è un invito a riscoprire quell’ambiente domestico troppo spesso oltraggiato o dimenticato, a rivalutare le piccole cose e quelle luci (materiali e figurate) che illuminano la nostra esistenza da sempre senza che noi gli diamo la giusta importanza. Parlando di stelle, di “luci dei lampioni appena velate” (pag. 9) è evidente che la poetessa ha deciso di descrivere momenti che fanno riferimento alla notte, al buio, forse momento cruciale della giornata capace di donarci la giusta calma e introspezione. In “Natale” però abbiamo una scena completamente luminosa – complice il clima festivo e allegro del momento religioso –  con “le luci a intermittenza” di un presepe che diventano “stelle luminose” (pag. 26). Artificiali, è vero, ma capaci allo stesso modo di infondere un bagliore nel nostro animo.

E così la presenza o meno di luci e bagliori si equivale allo scandire lento del tempo che sovrasta la nostra esistenza e questo dà motivo alla poetessa di rievocare momenti del passato e di mostrare una certa nostalgia per qualcosa che non c’è più nel qui ed ora presente e fisico ma che rimane costante e immutabile nel nostro cuore. Ma il tempo è beffardo perché gioca con la nostra esistenza: sa velocizzare i momenti che vorremmo al rallentatore, non è possibile replicare certi momenti come con la moviola e a volte – come nel caso di una gravissima perdita, per di più in tenera età – “il tempo passa troppo lentamente” (pag. 35).

Ma c’è spazio anche per liriche più chiaramente paesaggistiche, di stampo naturalistico, che sottolineano ancora una volta l’attenzione della poetessa nei confronti degli usuali atteggiamenti e comportamenti del genere animale– il volteggiare di un uccello, il latrato di un cane -. E’ comunque in “Umbria” che si respira il più grande omaggio a una terra geografica; la conoscenza e l’amore di Paola Surano della regione più centrale d’Italia si esprime sulla carta attraverso una serie di immagini vivide e cariche dal punto di vista aggettivale: “Qui respiri quest’aria trasparente”; “la campagna/azzurra nella sera” (pag. 12) ed è un invito a riscoprire la purezza dell’incontaminato e i cicli rigenerativi di rinascita di cui pure c’è un riferimento in “E ancora verrà primavera”.

Leggiamo con freschezza e velocità le varie liriche che compongono la raccolta e queste ci trasmettono un senso di leggerezza, come se venissimo sfiorati di volta in volta da un leggero soffio di vento. Ci accarezzano, ci sfiorano e ci regalano l’espressione più autentica e sensibile di una donna d’oggi. E in quei versi che ritornano come un ritornello in “Ritrovarsi” che recitano “La strada è lunga e tutta in salita/ per giungere a casa tua” (pag. 15) dobbiamo forse leggere un velato riferimento alla nostra società, quella che la Surano definisce “casa tua” che poi, in fondo, non è altro che la casa di tutti. Il percorso di vita è spesso difficile e accidentato – ancor più oggi con la stagnante crisi economica – (sebbene le liriche siano state scritte più di dieci anni fa) ma bisogna darsi da fare affinché sia possibile raggiungere la nostra meta, nonostante “la strada è lunga e tutta in salita”.

a cura di Lorenzo Spurio

 

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE STRALCI O L’INTERA RECENSIONE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

“Graffio d’alba” di Lenio Vallati, recensione a cura di Sandra Carresi

Graffio d’alba

di Lenio Vallati

con prefazione di Lia Bronzi

e postfazione di Marzia Carocci

Bastogi Editore, 2011

ISBN: 978-88-6273-373-1

Recensione a cura di SANDRA CARRESI

Ho letto questo libro, anzi (l’ho bevuto) in poche ore.

Una scrittura semplice e avvincente. Un racconto moderno di questo periodo storico in cui il dio quattrino domina la scena e spesso i risultati della catastrofe economica si risolve con il suicidio o la fuga da tutto e tutti, compresa la propria famiglia.

In questo caso l’autore ha scelto la fuga, dai propri cari, dal proprio quotidiano almeno di nascita, agiato, dalle responsabilità, per andare a vivere la vita da- barbone-

Eppure, la dignità dell’Uomo è sempre presente e non solo. I sentimenti fanno parte del bagaglio dell’uomo che ha fatto questa scelta, le sofferenze quotidiane sono gratificate dallo sguardo sulla natura, sugli animali, sulle persone che incontra e nelle quali instaura un rapporto di stima e di amicizia. Anche la cura modesta per il proprio corpo non viene mai meno, barbone, ma, dignitoso.

Nel cuore e nella mente sono sempre costanti le presenze della moglie e dell’unico figlio, eppure, il protagonista, continua a percorrere la propria strada, senza mai tornare indietro.

Non mancano i disagi del freddo invernale o del caldo torrido estivo a Sesto Fiorentino, ma, l’intelligenza e gli incontri con barboni suoi simili, o la così detta – gente normale- aiutano il protagonista nelle salite di questa strada scelta e ponderata come dagli acquazzoni che i sentimenti propri portano a graffiare il cuore.

Eppure anche in questa vita, umile, e ricca solo  di disagi, il protagonista, riesce a vedere un cielo ancora azzurro e forse anche a sognare.

L’educazione, l’intelligenza, l’amore e anche la poesia, sono l’unico pane che non è mai venuto meno al protagonista.

Grazie Lenio, ogni lettura, ha il suo arricchimento.

Con stima.

Recensione a cura di SANDRA CARRESI

RECENSIONE PUBBLICATA PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE LA RECENSIONE IN FORMATO DI STRALCI O INTEGRALMENTE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.

“Ho ancora una parola per te” di Fabiola Colombo, recensione a cura di Sandra Carresi

Ho ancora una parola per te

 di Fabiola Colombo

 Avola, Libreria editrice Urso, 2012

Recensione a cura di SANDRA CARRESI

 

Se dovessi assimilare un fiore alla poesia di Fabiola Colombo, non avrei dubbi: le calle.

Per la sua anima romantica, la personalità raffinata e la sua  innata eleganza.

Una Donna dall’aspetto fragile, ma pura parvenza, in realtà, un guerriero la cui lancia è la penna che nutre il foglio bianco.

Le sue sono poesie che parlano d’Amore. Ho percepito malinconia e tristezza,  come in “ Addio con Amore” – (… quando la geografia del mio cuore eri tu), tuttavia, regna sovrana, per carattere, la compostezza e la dignità di una persona che ha imparato a parlare col dolore – “ Ho parlato” (…Ho parlato al dolore e mi ha parlato di me) e riesce ad abbracciare ricordi pensando ad un ultimo pensiero  verso la felicità  della vita insieme – (Gli ultimi ricordi) , lontana sempre, da sentimenti di rancore e astio. Trovo bellissime le parole: (…. Ma tu non morirai senza il mio amore) da : Insieme a Me.

La sua anima è ferita, il cuore in frammenti, parla sorridendo muto quando l’ispiratore di tanta poesia, le porge un fiore trovato tra i ricordi essiccati del tempo), da –La Vendemmiadel cuore-

La malinconia è, a mio avviso, una componente essenziale della poetessa, del suo vissuto e della sua realtà, (…non sono pioggia non sono sole sono in angolo del tuo balcone) da – Malinconia-, che io trovo, bellissima.

L’autunno con i suoi colori, con le sue foglie secche è la stagione che più si avvicina all’anima delle poesie, alla loro sofferenza e grazia di espressione, (…ma devi conoscere il deserto e la luce eterna delle stelle prima di amare) da – Prima di Amare –

In ogni poesia ho potuto palpare un’anima sensibile e nobile per un qualcosa di grande che si è perduto lontano, e l’amarezza dei ricordi smuovono un vento che doveva essere di primavera e che ha portato invece, l’inverno.

Fra fumo, cenere e vento, vorrei, personalmente, che la speranza baciasse quella calla.

 

A CURA DI SANDRA CARRESI

 

LA RECENSIONE E’ STATA PUBBLICATA SU QUESTO SPAZIO PER GENTILE CONCESSIONE DA PARTE DELL’AUTRICE.

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“Per una strada” di Emanuele Marcuccio, recensione a cura di Nazario Pardini

Per una strada

di Emanuele Marcuccio

Ravenna, SBC Edizioni, 2009 

ISBN: 9788863470314

Recensione a cura di Nazario Pardini 

Come un treno,

che passa e vola via,

i binari scintillano,

vano è il paesaggio,

fuggente l’attimo,

istante per istante

corre via,

etereo vapor brilla.

Questa è la vita. Qui il suo scorrere veloce. Qui la sua fugacità. Eppure un “etereo vapore” resterà a brillare. E qui, dunque, anche la speranza. Linguaggio personale e altamente metaforico quello di Marcuccio che ci arriva con immediatezza per il suo dire vicino alle nostre corde sentimentali. Sì, la vita fugge, ma sarà la voglia dell’Eterno a sopperire a questa fragilità. Il fatto di essere umani ci spinge ad azzardare lo sguardo oltre i confini, ad ambire ad un novello viaggio odissaico. E in questo azzardo, partendo da quelle che sono le problematiche reali del nostro esistere, sembra trovare, il poeta, il nesso principale della sua poetica.

Opera elegante, Per una strada, raffinata per veste grafica, e immagine di copertina, in cui, la strada illuminata da un sapido tramonto che si perde nell’incognito, ci dà l’idea di quella che sarà la forza evocatrice della poesia di Marcuccio. La sua filosofia di vita: essere ed esistere per amare, non solo eroticamente, ma per amare, dal profondo del cuore, l’arte, la letteratura, la pittura, la natura!, la natura sì!, in tutte le sue paniche sfaccettature. E sarà la natura stessa ad accompagnare il poeta in questo suo plurale e contaminante percorso. E’ lei che si assume il compito di rivelare in gran parte i segreti più intimi dell’autore. Perché il Nostro affronta gli aspetti più disparati della realtà: quelli  emotivo-esistenziali, quelli artistici, quelli civili. E con energia linguistica, con innovazione verbale, con l’uso anche di un lessico arcaico in particolari nessi letterari, esonda tutto se stesso. Il verso scorre leggero, fluido, chiaro, come l’acqua di un torrente alla sorgente, dove lucide traspaiono le pietruzze dal suo fondale. E così si snoda la poesia di Marcuccio. Varia e articolata, ma sempre arrivante e suasiva per l’efficacia delle immagini nitide e vissute con grande intensità emotiva. E gli argomenti toccano gli ambiti più scottanti della vita nazionale: la memoria della strage di Capaci “Affrontiamo con forza, / ricordiamo i passati lutti, / giammai dimenticati…”; il tema della pace “E con questo amore / lacrimante e piangente, / o Speranza, da’ a noi / un’alba di pace!”; l’inquinamento “e il sole non sparmierà / i suoi dardi infuocati, / sulle umane genti / la sua collera piomberà”; il diboscamento “Indisturbata avanza / la macchia grigia, / fuoco e fiamme / sull’inerme foresta”. Fino a tematiche esistenziali quali la vita, l’amore, la felicità; o letterarie: “A Vittorio Alfieri”, “A Giacomo Leopardi”. Ma a dare compattezza e unicità al dipanarsi del tessuto poetico c’è un senso di malinconia, e una profonda coscienza di essere, che renderebbero umano, troppo umano il messaggio dell’autore se non intervenisse quell’aspirazione a un “Eterno” che convalida e rende prezioso il fatto di esistere pur nello spazio ristretto di un soggiorno. Direbbe il poeta: “La vita sarebbe virtuale se non intervenissero la speranza, la memoria, e l’amore ad aprirne un’uscita.”

a cura di Nazario Pardini

Arena Metato (Pi), 25 maggio 2012

 

Nazario Pardini è ordinario di Letteratura Italiana, poeta, critico letterario e blogger, collabora con riviste specializzate. Ha pubblicato oltre venti libri di poesia e racconti. Saggista, ha curato più di cento prefazioni ad autori contemporanei. È componente di giuria in diversi Premi Letterari. (È laureato in Letterature Comparate e in Storia e Filosofia). Sulla sua opera letteraria hanno scritto tra i tanti, anche Mario Luzi e Giorgio Barberi Squarotti.

È SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE QUESTA RECENSIONE INTEGRALMENTE O IN FORMATO DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

Per ricordare la strage di Capaci: dittico poetico di Emanuele Marcuccio e Monica Fantaci

Nell’anno del XX anniversario della strage di Capaci, un dittico poetico che affianca due poeti palermitani: Monica Fantaci, con la sua “Storie stroncate” e Emanuele Marcuccio, con la sua “Urlo”, che Marcuccio scrisse nel primo anniversario della stessa strage e pubblicata nella sua silloge poetica Per una strada, nel 2009, edita da SBC Edizioni.

 

Storie stroncate

(di Monica Fantaci)

 

Fango vidi

sparso con le mitragliatrici,

bombe ed omicidi,

perché questo disprezzo,

perché non amare,

perché è da pagare questo prezzo?

La società rotola,

si schianta sugli affari,

pagine di criminalità

la giustizia qua non ci sta,

fogli di quaderno

e pagine di libri

si rincorrono nel cielo,

queste storie stroncate

durante la scrittura.

Fermare l’odio e la sua potenza,

l’amore vuole la vita,

l’odio vuole la morte

e d’amore c’è urgenza.

 

(19/5/2012)

 

 

Scrive Emanuele Marcuccio, a proposito di “Urlo”: «È stato l’urlo di dolore risuonato negli occhi pieni di lacrime di Rosaria Costa, vedova dell’agente di scorta Vito Schifani, che mi ha ispirato la scrittura di “Urlo”. Quell’urlo di dolore risuonato nei suoi occhi, durante quel discorso forzato e di circostanza ai funerali di stato».

 

 E continua così: «Una vedova che aveva appena perso il marito in una circostanza così tragica, non avrebbe mai potuto avere la forza di pronunciare quelle parole, sua sponte, ma, la voce rotta dalle lacrime fa intuire il suo urlo di dolore».

 

Urlo

(di Emanuele Marcuccio)

 

Dolore immenso e aspro,

dolore orrendo negl’occhi

della supplice gente,

pietà, giustizia;

urla di uomini prostrati,

nei cuori esplode la rabbia,

l’ira negl’occhi,

nei volti piagati,

grondanti sangue

d’amaro lutto;

scossi nel cuore,

rimossi dal silenzio

tanto a lungo profuso.

Grida di sangue risorgono

dalla città morente,

risorge

l’umano spirto di reazione:

non più vili,

non più noi chini,

non più.

Affrontiamo con forza,

ricordiamo i passati lutti,

giammai dimenticati,

sempre vivi,

mai morranno,

rimarranno sempre

nei nostri cuori dolenti e angosciati,

nei nostri cuori straziati dal dolore,

colpiti, schiantati.

Ma ora, un alito di speranza

quasi ci squarcia il cuor,

una luce soffusa d’amore

c’investe, c’innalza, ci esalta;

il riso dell’aurora rifulge:

mai morranno,

resteranno sempre

nei nostri cuori,

imploranti giustizia,

imploranti pietà.

 

(23/5/1993)

 

 (da Emanuele Marcuccio, Per una strada, pagg. 33-34, SBC Edizioni, 2009, pp. 100)

 

 

Riguardo a “Urlo”, scrive il critico letterario Luciano Domenighini, nella prima recensione[1] a Per una strada: «Con toni rutilanti, epici e tribunizi, il poeta si abbandona sdegnato a una denuncia-condanna senza appello, ricorrendo a un’enfasi tragica quasi omerica, eppure mantenendo, nel messaggio, una chiarezza lampante e inequivocabile».

 

 

(Entrambe le poesie sono protette dai diritti d’autore. Pubblicate ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l’autorizzazione dei rispettivi Autori.

La riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione dei rispettivi Autori è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge).


[1] Edita in L’arrivista. Quaderni democratici (anno I, Nr. 3), Villasanta (MB), Limina Mentis Editore, 2011, p. 126.

Presentazione di “Ritorno ad Ancona e altre storie”, qualche scatto

Presentazione del libro “Ritorno ad Ancona e altre storie”

di Lorenzo Spurio e Sandra Carresi

Lettere Animate Editore, 2012

che si è tenuta alla Biblioteca Villa Bandini di FIRENZE

il 23 maggio scorso

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Durante la presentazione sono intervenuti Francesca Chiavacci (presidente dell’ARCI di Firenze), Massimo Acciai (poeta, scrittore, direttore rivista Segreti di Pulcinella), Anna Maria Folchini-Satbile (poetessa, scrittrice) e Lenio Vallati (poeta, scrittore).

Di seguito il video della presentazione:

Intervista a Martino Ciano, autore di “Le danze del tempo”, a cura di Lorenzo Spurio

Intervista a Martino Ciano

Autore di Le Danze del tempo

Roma, Arduino Sacco Editore, 2011

 

a cura di Lorenzo Spurio

 

LS: Come dobbiamo interpretare il titolo che hai scelto per la tua opera?

MC: Distruzione del tempo esterno. Dissolvimento del rapporto causa/effetto. Ritorno al tempo interno. Una sorta di inner space, un tempo che nell’anima diventa fisico, palpabile, rappresentabile solo attraverso un collage di ricordi. Un ready-made dadista, insomma, in cui simboli, esperienze, emozioni, si uniscono in un rapporto che solo concettualmente può essere compreso.

LS: Un autore negherà quasi sempre che quanto ha riportato nel suo testo ha un riferimento diretto alla sua esistenza ma, in realtà, la verità è l’opposto. C’è sempre molto di autobiografico in un testo ma, al di la di ciò, il recensionista non deve soffermarsi troppo su un’analisi di questo tipo perché risulterebbe per finire fuorviante e semplicistica. Quanto c’è di autobiografico nel tuo libro? Sei dell’idea che la letteratura sia un modo semplice ed efficace per raccontare storie degli altri e storie di sé stessi?

MC: Tutto. L’arte vera nasce dalla sofferenza, da come noi interpretiamo i nostri traumi. “Le danze del tempo” è pieno di riferimenti autobiografici. L’inquietudine che guida questo libro è del tutto personale. L’inconsapevole viaggio verso l’espiazione dell’ex tenente Karl Von Kliest, è anche la mia. Nel libro c’è una ricerca profonda che tende alla fede, come tu hai sottolineato anche nella tua recensione, ma soprattutto c’è il tentativo di scoprirsi e di risolvere i propri traumi. La scrittura, quindi, diventa uno sfogo. Le parole contenute ne “Le danze del tempo” sono state scelte con cura, come macchie di colore, che devono riempire un quadro, certamente personale ma al contempo assimilabile da tutti. Almeno, questo è stato il mio intento, spero di averlo raggiunto.

LS: Quali sono i tuoi autori preferiti? Quali sono le tendenze, le correnti italiane e straniere e i generi letterari che più ti affascinano? Perché?

MC: Philip Dick, Huxley, Orwell, Borges, Pasolini, Bukowski, D’Annunzio, Campana, Ballard, Sartre, Bernard. Sono solo alcuni degli autori che leggo. Non ho un genere preferito, ma cerco nuove letture in base alle mie esigenze. In questo periodo mi sto appassionando a Landolfi e a Burroughs. Un paio di anni fa mi sono incaponito con i futuristi, Marinetti in primis. Certo se dovessi indicare un genere e un autore, beh, senza indugio direi che il mio preferito è Thomas Bernhard e il suo stile è stato per me sempre un’ispirazione.

LS: So che rispondere a questa domanda sarà molto difficile. Qual è il libro che di più ami in assoluto? Perché? Quali sono gli aspetti che ti affascinano?

MC: Ripeto. Estinzione di Thomas Bernhard. Legge nel profondo dell’anima, caratterizza i personaggi attraverso un’analisi introspettiva che mai avevo trovato in altri libri. Cinico e aulico allo stesso momento. Tratta l’estinzione come momento di profonda polverizzazione di noi stessi. Estinguersi per rinascere, rinascere per ri – estinguersi, togliendo di volta in volta ciò che non ci appartiene più da tempo. Insomma, un capolavoro della letteratura.

LS: Quali autori hanno contribuito maggiormente a formare il tuo stile? Quali autori ami di più?

MC: Posso farti un altro nome a cui sono molto affezionato: Celine. “La morte a credito” ha ispirato molto le allucinazioni del mio Von Kliest. Ma ripeto, non saprei indicarti quali autori o generi mi hanno formato, perché io leggo tutto. Posso però dirti cosa non leggerei: i thriller scandinavi, veri massacri allo stile.

LS: Collabori o hai collaborato con qualche persona nel processo di scrittura? Che cosa ne pensi delle scritture a quattro mani?

MC: Purtroppo no, ma mi piacerebbe parecchio. Credo che la scrittura a quattro mani possa solo migliorare un’opera. E poi la collaborazione fa sempre bene. L’arte è armonia e questa può aversi solo con la concordia di più elementi. Anche nel caos c’è un’armonia, un filo conduttore, Borges ne è maestro (un’altra mia ispirazione). Insomma, lancio un messaggio, se qualcuno vuole collaborare con me, io non ho problemi.

LS: A che tipo di lettori credi sia principalmente adatta la tua opera?

MC: Non voglio essere presuntuoso ma credo che tutti possano leggere questo libro. Le danze del tempo è scritto in maniera elementare e semplice. Nasconde tanto, parla di molte cose, ma non stanca il lettore. Ho sempre pensato a questo libro come una favola nera sul tempo e sul rimorso. La favola contiene in se una morale, logicamente non voglio insegnare nulla a nessuno, voglio solo tirare le somme. Chi vuole avvicinarsi a questo libro deve solo liberarsi di una cosa, del pregiudizio. Prima di approdare alla Arduino Sacco editore, ricordo che il rappresentante di una casa editrice ha rifiutato questo libro, perché a suo avviso, c’era il sospetto di apologia al nazismo. Non aggiungo altro.

LS: Cosa pensi dell’odierno universo dell’editoria italiana? Come ti sei trovato/a con la casa editrice che ha pubblicato il tuo lavoro?

MC: La Arduino Sacco editore si è comportata benissimo. E’ una casa editrice competente e soprattutto chi vi lavora è un appassionato che sa far bene il proprio lavoro. Per quanto riguarda l’editoria italiana, beh, la situazione è terribile. Non c’è spazio per un esordiente a meno che non ci siano poteri forti che lo supportano. Per me poi il lavoro è doppio. Vivo in Calabria, cioè nel deserto. È difficile promuovere il libro, è difficile parlare di letteratura, è difficile concepire la scrittura.

LS: Pensi che i premi, concorsi letterari e corsi di scrittura creativa siano importanti per la formazione dello scrittore contemporaneo?

MC: No. Leggere, leggere, leggere. Queste sono le cose che possono aiutare lo scrittore contemporaneo, così come hanno aiutato lo scrittore del passato. Leggere con curiosità, guardare al mondo con ambizione. Tutto è stato scritto, poco però rimane nel cuore e nella mente. Perché? E posso aggiungere, perché sappiamo ma non reagiamo al fatto che i grandi concorsi sono guidati dai grandi gruppi editoriali? Perché non ridiamo di quegli scrittori che hanno fatto del libro una merce? Ben rilegato, ben impacchettato, ma con poca sostanza? La gente legge thriller, noir, gialli e crede di aver letto. Questo avviene perché la letteratura è vista come un passatempo e non come una materia che può aprire la mente. Fammelo dire senza censure, a me tutti questi assassini seriali e psico – non so cosa, hanno rotto le scatole. E proprio questi spadroneggiano in alcuni blasonati concorsi letterari, e dai quali lo scrittore contemporaneo dovrebbe trarre ispirazione.

LS: Quanto è importante il rapporto e il confronto con gli altri autori?

MC: Tanto. Sono sempre alla ricerca del confronto e grazie a “Le danze del tempo” mi sto avvicinando a nuove esperienze.

LS: Il processo di scrittura, oltre a inglobare, quasi inconsciamente, motivi autobiografici, si configura come la ripresa di temi e tecniche già utilizzate precedentemente da altri scrittori. C’è spesso, dietro certe scene o certe immagini che vengono evocate, riferimenti alla letteratura colta quasi da far pensare che l’autore abbia impiegato il pastiche riprendendo una materia nota e celebre, rivisitandola, adattandola e riscrivendola secondo la propria prospettiva e i propri intendimenti. Che cosa ne pensi di questa componente intertestuale caratteristica del testo letterario?

MC: Verissimo e aggiungo, non potrebbe essere altrimenti. Anzi, in me è ancora più palese visto che leggo tantissimo. Se guardo al mio primo libro Il canto della cecità, aveva un linguaggio simile a quello di D’Annunzio, Tolstoj e Dostoievskij perché amavo quegli scrittori. Ho cominciato a scrivere Le danze del tempo nel 2006, cioè, quando da D’Annunzio passo a Borges e poi a Marinetti e poi a Pasolini e Bernard. Il risultato? Molti si sono accorti che i primi due capitoli del libro sono scritti in un modo, dal terzo alla fine, lo stile cambia completamente.

LS: Hai in cantiere nuovi lavori e progetti per il futuro? Puoi anticiparci qualcosa?

MC: Sì. Sto scrivendo una terza opera. Dovrebbe chiamarsi Iride o Nell’ora della morte. Sarà un libro sul delirio, sul non senso, ma soprattutto svilupperà una tematica a me cara: l’immanenza. Sarà sempre una fiaba, scritta in maniera semplice e diretta. Non si spaventi chi legge queste parole, sfrutto la filosofia solo come tramite, l’argomento da me trattato viene sempre nascosto dietro la trama. Nel caso de Le danze del tempo, il filo conduttore è l’entropia. Ed in fondo credo che questo sia il compito della letteratura, rendere fruibile a tutti, anche a chi ignora certe cose, eventi che ci sembrano lontani. In poche parole: la vita nella sua molteplicità.

 

A CURA DI Lorenzo Spurio

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