La corrida: A tourada (la corrida portoghese) 10/10

Con questo articolo si conclude il lungo ed interessante (spero) percorso nel mondo della tauromachia.

Il Portogallo condivide alcune delle pratiche taurine che sono impiegate in Spagna ma ne ha alcune proprie. Nelle praças de touros i tori non vengono uccisi e la lotta tra l’uomo e l’animale non è cruenta e basata sull’uso delle armi ma è una lotta ragionata che preferisce il gioco d’abilità (rejoneos) o della forza (forcados). Gli unici spettacoli taurini che sul territorio portoghese permettono l’uccisione del toro secondo la legge avvengono a Barrancos, nell’Alentejo. Il centro taurino più importante in Portogallo è la regione di Ribatejo.

L’elemento che differenzia maggiormente la corrida portoghese da quella spagnola è il fatto che il toro, pur sfidato e torturato durante la corrida, non viene ucciso sotto gli occhi della gente nella praça de touros ma ucciso in un secondo momento quando il toro è stato immobilizzato in delle gabbie. Se questo può indurci a credere che la corrida portoghese sia meno violenta di quella spagnola non dobbiamo cadere in questo inganno poiché il toro in entrambi i casi viene torturato ed ucciso. Poco cambia se venga ucciso nella praça o in sordina. E’ difficile dire quale delle due varianti (quella spagnola, o quella portoghese) sia più cruenta.

In Portogallo ci si riferisce alla corrida con il nome di tourada (da touro, toro), il luogo dove viene effettuata si chiama praça de touros, equivalente della plaza de toros spagnola e il torero è chiamato toreador. Nella foto a destra la Praça do touros do Campo Pequeno di Lisbona.

Così come avviene nella corrida spagnola il toro viene tenuto al buio per le 24 ore precedenti al momento in cui verrà liberato per far aumentare in lui l’ansia e la preoccupazione ed incrementare la sua aggressività. Prima che venga rinchiuso gli viene posta un’imbracatura di cuoio attorno al collo che ne limita i movimenti sia durante la sua permanenza al buio che dopo durante la corrida. Una volta che viene liberato il toro è nervosissimo e giunge nell’arena particolarmente furente ed energico.

Se nella corrida spagnola la finalità è quella di uccidere il toro in quella portoghese invece è di placcare il toro. Anche nella corrida portoghese il toro viene stancato ma non crudelmente attraverso la lanza de picar, ma attraverso le faticose corse che fa dietro il cavallo.

La tourada portoguês si compone di due parti: a lide a cavalo (lotta a cavallo) e poi a pega (l’acchiappo o la presa). La prima parte è attuata da un cavaleiro (cavaliere) che prende il nome di fidalgo (è l’equivalente del picador spagnolo). Il fidalgo attraverso la sua maestria si fa inseguire, provocando il toro e poi evita le ripetute cariche e cornate del toro. Solo quando il toro si avventa per caricare il cavallo con le corna ben dritte allora il fidalgo gli pianta le farpas (l’equivalente delle banderillas spagnole).

Una volta che il fidalgo ha sfiancato il toro esce di scena ed entrano i forcados, otto uomini che in fila indiana, tenteranno di immobilizzare il toro. Il capo forcado (forcado de cara) provoca il toro con urla, gesti, insulti e movimenti bruschi . Il toro si infuria e fa per caricare il capo forcado. Dietro di lui in fila indiana sono disposti gli altri sette forcados. Il capo forcado nell’impatto cerca di buttarsi tra le corna del toro per tenerlo in pugno; gli altri si gettano tra le gambe del toro, gli saltano sul collo e lo afferrano per la coda.

A volte i forcados non ci riescono e il toro fa filotto, facendo sbalzare a terra gli otto uomini.  Quando si rialza da terra il capo forcado ha il volto e il vestito imbrattato di sangue ma non si tratta del suo bensì quello del toro fuoriuscito dalle ferite delle farpas.

Solitamente i forcados non riescono a immobilizzare il toro dopo almeno quattro o cinque azioni di questo tipo. Quando uno dei forcados riesce ad afferrare il toro per la coda (rabillador) il traguardo è stato raggiunto.

La corrida portoghese termina quando l’animale termina di lottare. Al termine, stremato viene collegato a quattro buoi che lo trascinano via. In alcuni casi l’animale è già morto o, se così non fosse, viene ucciso in una stanza poco distante. 

 LORENZO SPURIO

30-05-2011

La corrida: la cogida 9/10

[La plaza de toros] es escenario de una fiesta que a veces enciende los corazones y a veces los apaga con el soplo del pitón de un toro instrumento del destino.[1]

La storia ci insegna che molte volte, anche toreros professionisti e con una lunga carriera di matador alle spalle, hanno trovato difficoltà nel gestire un toro, sono stati feriti, scornati ed hanno riportato lesioni gravi che li hanno portati alla morte. Il famoso quadro La muerte del picador (1793) di Francisco Goya sebbene si riferisca alla figura del picador e non del torero propriamente detto sottolinea quanto sia alto il rischio di perdere la vita nel corso di una corrida.

Nel linguaggio taurino si utilizza l’espressione di cogida per far riferimento alle scornate dei tori. Si ricorderà a questo riguardo le drammatiche immagini e video che sono stati diffusi dalla stampa e in rete della cogida del torero Julio Aparicio in una corrida celebrata a Las Ventas durante la Feria de San Isidro nel 2010. Il torero sivigliano durante il primo toro che sfidava quella sera venne incornato sotto il mento e il corno dell’animale gli attraversò la bocca. Impressionanti le immagini in cui il torero veniva infilzato dal corno dell’animale che finiva per spuntargli dalla bocca. I giornali titolarono la notizia scrivendo escalofriante cogida (cornata da brivido), cornada brutal e espeluznante cornada.  Condotto subito in ospedale venne sottoposto ad una serie di interventi chirurgici che riuscirono a salvargli la vita. Pur trattandosi di una cogida d’impressionante gravità il torero riuscì a salvarsi.

Alcune delle più recenti cogidas sono state quelle sofferte dal torero José Maria Tejero nella plaza de toros de Albacete nel 2009, dal torero José Tomás a Las Ventas nel 2008, dal novillero Pedro Marín nella plaza de toros de Valencia nel 2008 e dalla rejoneadora Noelia Mota nella plaza de toros di Marbella (Málaga) nel Settembre 2010. Le cogidas sono molto comuni e avvengono molto spesso; alcune sono particolarmente gravi e possono portare a emorragie e alla morte altre possono invece essere recuperate in un tempo più breve a seconda della profondità della ferita e della porzione del corpo interessata.

Una cogida mortale fu quella del torero Manuel Laureano Rodríguez Sánchez conosciuto come Manolete[2] (1917-1947), torero cordobese che morì sulla plaza de toros de Linares (Jaén) a seguito di una grave emorragia alla coscia destra dovuta ad una cornata del toro Islero dell’allevamento di Eduardo Miura. Alla sua morte il generale Francisco Franco dichiarò tre giorni di lutto. Studi più recenti sostengono che la morte del torero non fu dovuta tanto alla ferita causata dalla cornata ma da un’erronea trasfusione di sangue.

Altra cogida fatal fu quella che portò alla morte il torero Manuel Báez Gómez “Litri”  (1905-1926) a seguito di una grave scornata ricevuta nella plaza de toros di Málaga nel 1926. Rafael Vega de los Reyes “Gitanillo de Triana” (1904-1931) conosciuto anche come Curro Puya trovò la morte nell’agosto del 1931 dopo una lunga agonia causata da una cogida avvenuta il 31 maggio 1931 a Las Ventas di Madrid inflitta dal toro Fandanguero. Il famoso letterato membro della generación del ’27 e torero Ignacio Sánchez-Mejías  (1891-1934), cognato del torero Joselito “El Gallo” morì nel 1934 a seguito di una cornata ricevuta nella plaza de toros di Manzanares (Ciudad Real) dal toro nominato Grenadino. Il poeta e amico Federico García Lorca scrisse l’elegia Llanto por Ignacio Sánchez Mejías[3] (1935) considerato uno dei migliori testi poetici spagnoli nella quale celebra il torero e lamenta la sua perdita.

Ignacio Sánchez Mejías assistette alla morte del cognato, José Gómez Ortega “Joselito” (1895-1920) avvenuta a seguito di una cogida nella plaza de toros di Talavera de la Reina (Toledo). La memoria di un grande torero come Joselito è tutt’oggi viva: ogni 16 maggio nella plaza de toros di Las Ventas di Madrid le cuadrillas percorrono il paseillo desmonterados (con la montera in mano) e si osserva un minuto di silenzio a ricordo della morte di Joselito.

Manuel Leyton Peña “El Coli” (1918-1964), banderillero, morì nella plaza de toros di Las Ventas di Madrid per una cornata ricevuta da un novillo dell’allevamento di Rodríguez de Arce. Al banderillero è stata dedicata una via nella città di Jerez de la Frontera.  Il 23 agosto 1966 morì nella plaza de toros di Bilbao il banderillero Antonio Rizo che faceva parte della cuadrilla del torero El Monaguillo per una cornata al cuore.

Lo stesso giorno in cui morì Manolete (11 agosto) ma di alcuni anni dopo moriva un altro torero, José Falcón (1944-1974), portoghese, per una grave cogida mentre toreava a La Monumental a Barcellona dove venne colpito a morte dal toro Cuchareto dell’allevamento di Hoyo de la Gitana. Il torero Francisco Rivera Pérez “Paquirri” (1948-1984) morì per una scornata ricevuta nella plaza de toros de Pozoblanco (Córdoba) nel 1984. Il banderillero Ramón Soto Vargas (1951-1992) morì nella plaza de toros La Real Maestranza di Siviglia nel 1992 per una cornata di un novillo di nome Avioncito appartenuto all’allevamento del conte di la Maza. Per l’occasione il feretro del banderillero venne portato a hombros nella plaza de La Maestranza dove venne fatto un giro dell’arena e poi fatto uscire dalla puerta grande, la puerta del Príncipe. Appena un paio di mesi prima il banderillero valenciano Manolo Montoliú (1954-1992) era morto per una cogida nella stessa plaza ad opera di un toro dell’allevamento di Atanasio Fernández.

La storia delle cogidas è una storia che fa parte della più ampia storia delle corride e si caratterizza per segnare l’aspetto meno felice delle pratiche festive taurine. Come si è visto in molti casi cogidas paurose possono creare gravi ferite, perforamenti di organi vitali, emorragie e dissanguamenti che portano alla morte e in altri casi, cogidas che pur apparendo mortali come nel caso recente di Julio Aparicio, riescono ad essere sanate tempestivamente da una serie di operazioni chirurgiche.

LORENZO SPURIO
29-05-2011

[1] Antonio Diaz-Cañabate, “Un banderillero, Antonio Rizo, muere de una cornada en el corazón”, ABC, 24 de Agosto de 1966.

[2] Manolete fu un torero molto famoso e popolare negli anni ’40. Prese l’alternativa il 02-07-1939 a La Maestranza di Siviglia che confermò a Las Ventas di Madrid il 12-10-1939. La sua tragica sorte accrebbe la sua fama e in anni recenti sono state istallati vari monumenti celebrativi in suo onore, soprattutto nella sua città natale, Córdoba. Intorno a Manolete, considerato uno dei più grandi toreri della storia, è nato un vero e proprio mito che si focalizza sulla sua grande destrezza come torero, la tragica cogida e dal divieto di sua madre di permettere alla donna che amava di poterlo sposare in punto di morte. Recentemente è stato girato un film che traccia gli ultimi giorni del grande diestro: Manolete, regia di Menno Meyjes, paese: Spagna, Regno Unito, Usa, Francia, anno:  2007.

[3] L’opera, dedicata da Lorca alla ballerina di flamenco Encarnación López Júlvez “La Argentinita” (1895-1945) che commemora l’amico scomparso a causa di una cogida mortal è divisa in quattro parti: la cogida y la muerte, la sangre derramada, cuerpo presente e alma ausente. La prima parte (la cogida y la muerte) con un’ampia ed eterogenea caratterizzazione degli spazi, dei colori e dei suoni ci dà la notizia della caduta in arena del torero a seguito di una cogida («un muslo con un asta desolada») che lo porterà poi alla morte («a lo lejos ya viene la gangrena») ed è pervaso dal ritornello «a la cinco della tarde», ora della corrida e nella quale il torero muore.

Nella seconda parte (la sangre derramada) il poeta invoca il tempestivo arrivo della sera e del buio che non gli permetta di vedere il sangue dell’amico perché gli darebbe troppo dolore («¡Que no quiero verla!») e poi passa ad elogiare la sua tempra, il suo valore sul ruedo e la sua grandezza: «No hubo príncipe en Sevilla/ que comparársele pueda,/ ní espada como su espada/ ní corazón tan de veras./ Como un río de leones/ su maravillosa fuerza,/ y como un torso de mármol/ su dibujada prudencia./ Aire de Roma andaluza/ le doraba la cabeza/ donde su risa era un nardo/ de sal y de inteligencia./ ¡Qué gran torero en la plaza!».

Nella terza parte (cuerpo presente) il poeta infonde l’idea che anche se il torero è morto lui rimarrà vivo nelle genti che lo hanno amato; il corpo del torero, ormai senza vita, viene legato qui sempre più alla piedra, alla pietra sepolcrale che suggella la fine dell’amico. Il dolore è troppo forte, è un dolore che riguarda tutti e che attraversa non solo le persone, tutto è in lutto: «Vete, Ignacio: No sientas el caliente bramido./Duerme, vuela, reposa: ¡También se muere el mar!».

L’ultima parte (alma ausente) è la più drammatica di tutto il componimento perché il poeta, dopo averci informato della morte del torero, ci dice che nel tempo verrà dimenticato come succede a «todos los muertos de la tierra» e conclude dicendo:  «No te conoce nadie. Pero yo te canto». Il poeta dice che anche se non lo ricorderà nessuno, lui vuole ricordarlo con il suo componimento, vuole elogiarlo e conclude che difficilmente ci sarà un torero così valoroso come lui:  «Tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace/ un andaluz tan claro, tan rico de aventura./ Yo canto su elegancia con palabras que gimen/ y recuerdo una brisa triste por los olivos».

La corrida: gli altri protagonisti:il presidente e il pubblico 8/10

Secondo il Ministerio del Interior il presidente «es la autoridad que dirige el espectáculo y garantiza el normal desarrollo del mismo y su ordenada secuencia, exigiendo el cumplimiento exacto de las disposiciones en la materia y proponiendo, en su caso, a la administración competente la incoación de expediente sancionador por las infracciones que se cometan». Il presidente è l’autorità massima nel corso della corrida, colui che stabilisce i tempi e segna il passaggio da un tercio all’altro, colui che valuta la condotta del torero e decide con il famoso linguaggio dei fazzoletti gli eventuali premi per il torero (il taglio di orecchie e coda) e per il toro (l’indulto).

Il presidente della corrida nelle plazas de toras delle capitali di provincia è rappresentato da un sottodelegato del governo centrale mentre nelle plazas de toros di terza categoria (delle città di provincia) il ruolo è svolto dal alcade (sindaco) della città che può anche delegare a un concejal (consigliere comunale).

Le decisioni del presidente sono indiscutibili, inappellabili e finali in quanto rappresenta l’unica e la massima autorità di giudizio nel corso della corrida.

Il presidente comunica le sue decisioni e i tempi della corrida attraverso il messaggio dei fazzoletti colorati. Il presidente agiterà in aria il fazzoletto bianco per dar inizio allo spettacolo, per annunciare l’uscita dei tori, per annunciare i cambi di tercios, gli avvisi e dichiarare la concessione di trofei per il torero. Utilizzerà il fazzoletto verde per indicare che il toro deve essere ricondotto nei corrales perché non è un toro buono e quindi non può essere toreato.

Il presidente agiterà il fazzoletto rosso per ordinare che vengano scagliate sul toro le banderillas negras e il fazzoletto azzurro per concedere la vuelta al ruedo del toro come forma di tributo verso un toro particolarmente valoroso. Infine, il fazzoletto arancione verrà sventolato per concedere l’indulto al toro.

Il pubblico nel corso della corrida è un elemento molto importante: non partecipa solamente da spettatore ma giudica e concede al torero premi a seconda della sua condotta (in ogni circostanza il pubblico avrà il potere di concedere trofei solamente se si mostrerà compatto e maggioritario nella richiesta al presidente di concedere un particolare premio). Il pubblico sventola il fazzoletto bianco per dare merito al torero e alla sua performance. Nel caso il presidente reputi positivamente il responso del pubblico stabilirà poi la concessione del taglio di un’orecchia.

La condotta del pubblico deve essere impeccabile nel senso che le persone nel corso della corrida non possono produrre rumori molesti, utilizzare sistemi visivi accecanti, produrre gesti o altri atteggiamenti che possano provocare paura, disturbo e ledere l’attenzione sia del torero che del toro. In caso contrario la persona verrà prontamente espulsa dalla plaza per l’infrazione commessa e verrà sanzionata secondo le leggi in materia.

LORENZO SPURIO

28-04-2011

Il cigno nero (2010)

Il cigno nero è un film sulla danza. Sulla difficoltà e l’equilibrio di questa arte, sulla grande competizione tra le ballerine per poter primeggiare in uno spettacolo e sull’atmosfera di corruzione di coloro che la dirigono. E’ un film di grande spessore, che si comprende nella sua interezza solo al termine dello stesso. E’ per questo che non appare noioso a coloro che considerano la danza di per sé monotona. E’ un thriller psicologico, un amaro dramma personale che scaturisce proprio dal desiderio di primeggiare nella danza. E’ un chiaro esempio di come a volte le passioni, gli hobby, i desideri arrivino a radicalizzarsi nella nostra vita in una maniera tale che perdiamo addirittura il filo della ragione. E’ ciò che accade a Nina nel film. Il suo è un percorso di crescita tutto all’incontrario che, piuttosto che portarla al successo e coronarla come ballerina professionista, la conduce alla depressione, alle allucinazioni e poi ad un finale tragico. Andiamo per gradi.

Il film ruota tutto attorno alla preparazione, alle prove e al debutto del balletto Il lago dei cigni che venne musicato dal russo Pyotr Ilyich Tchaikovsky (1840-1893). Si tratta di un balletto in quattro atti. Nel primo atto viene presentato il compleanno del principe Siegfried e sua madre che lo esorta a trovarsi una ragazza. Nel parco appare uno stormo di cigni e l’atto si conclude con il principe che assieme agli amici si inoltra nella foresta per andare a caccia. Nel secondo atto abbiamo i cigni (in realtà delle fanciulle che si trasformano in persone solo alla notte) e la loro regina, Odette, narra al principe la loro storia. Ammaliato dalla bellezza di Odette il principe gli chiede di prendere parte alle danze e i due si giurano eterno amore ma all’alba si trasforma nuovamente in cigno. Nel terzo atto abbiamo la festa al castello alla quale si presenta anche Odile, figlia del mago Rothbart che grazie ai suoi incantesimi ha donato la figlia delle sembianze di Odette. La contrapposizione tra Odette e Odile (così come nel film è data dai colori delle loro vesti, Odette è vestita di bianco, è il cigno bianco mentre Odile è vestita di nero, è il cigno nero). Odile riesce a sedurre il principe ma al termine dell’atto il principe si rende conto dell’errore che ha fatto e parte alla ricerca della vera Odette. Mentre cerca di salvarla un potente temporale si abbatte sul lago ed entrambi si affogano nelle acque del lago. Come è facile da individuare il tema del balletto è già di per sé tragico ma vediamo ora qual è il contenuto del film.

Thomas Leroy (Vincent Cassel), maestro di danza, sta cercando una nuova ballerina che interpreti il cigno (bianco e nero) nello spettacolo Il lago dei cigni. Ci sono molte aspiranti ballerine ma il giudizio di Leroy è molto rigido e categorico. Tra di loro c’è l’affascinante Nina (Natalie Portman) e Lilly (Mila Kunis). Tra le varie ballerine c’è una grande animosità ed è forte la convinzione che quella che alla fine sceglierà Leroy probabilmente avrà ceduto a qualche avances del maestro. E’ ciò che accade a Nina subito dopo il responso di Leroy nel quale lei è stata scelta (alcune ballerine le scrivono con del rossetto rosso sul suo specchio di camerino Whore).

Leroy sottopone Nina a una serie di prove per la sua parte e, pur risultando molto brava per la parte del cigno bianco (Odette), risulta poco sensuale e poco adatta per la parte del cigno nero (Odile).

Il tema del sesso è uno dei principali del romanzo, come si vedrà in seguito. Leroy dice a Nina di essere più sciolta, cerca di baciarla e di avere un rapporto con lei ma lei si rifiuta. C’è un’ampia scena di sesso saffico e l’idea che ci facciamo di Leroy è che sia un sfruttatore della sua condizione lavorativa privilegiata.

Nina è costretta a fare un grande lavoro su di sé per cercar di tirar fuori il cigno nero che è in lei, la sensualità e la seduzione; su invito del maestro di balletto prende a masturbarsi e comincia a porsi in contrasto con la madre che cerca di proteggerla da tutto questo. La madre compare spesso nel film ma più spesso compare sotto forma di telefonate che fa a Nina per sapere dove si trova, cosa sta facendo e per dirle di ritornare a casa. In questo percorso la vera personalità di Nina soccomberà e la protagonista comincerà ad essere scontrosa e violenta con la madre e ad avere una serie di allucinazioni e visioni, frutto della sua ossessione della danza.

Arrivato il giorno del suo debutto si presenta al teatro dove Leroy, non avendola vista arrivare in tempo, l’ha già sostituita con Lilly ma Nina vuole la sua parte. Durante il primo atto in cui interpreta il cigno bianco è inquieta e sofferente, ha della allucinazioni e fa qualche errore. Finito il primo atto nel suo camerino compare Lilly la quale è già vestita da cigno nero e gli dice di abbandonare il palco e di lasciarlo a lei perché non è all’altezza. C’è una discussione e una colluttazione tra le due. Non sappiamo di tutta prima se sia vero o no, potrebbe essere l’ennesima allucinazione di Nina. In questo alterco Nina spinge Lilly verso uno specchio che si frantuma in numerosi pezzi e ne conficca uno di questi  nel corpo di Lilly che poi muore.

Nasconde il cadavere nel bagno e carica della sua forza (ha ormai tutta la tempra per impersonificare il cigno nero) ritorna sul palcoscenico esibendosi in maniera sublime. Tornata in camerino scopriamo che a rimanere ferita nella colluttazione non era stata Lilly (il cui sangue dalla soglia della porta del bagno magicamente scompare, perché era un allucinazione) ma Nina stessa di cui l’abito bianco per impersonificare il cigno bianco si macchia di rosso. Ritorna sul palco e anche questa volta balla in maniera perfetta ottenendo una massiccia ovazione da parte del pubblico. Il suo volto è preoccupato e contrito dal dolore di quel vetro che prima le si era conficcato nel ventre. Riesce a completare lo spettacolo e da lontano vede la madre seduta in poltrona che le sorride. Sono gli ultimi momenti perché poi Nina si lascia cadere dal trespolo com’era previsto dallo spettacolo e mentre tutti la stanno acclamando muore su quel materasso nel quale era sprofondata anche durante le prove.

E’ un film a mio avviso di una tragicità senza pari ma che è diluita in maniera appropriata e coinvolgente nell’intera struttura della storia. Ci lascia con l’amaro in bocca, è vero ma siamo felicemente consapevoli che alla fine a vincere è la stessa Nina che, a scapito della sua vita e dopo un duro e lungo lavoro su di sé, è riuscita ad impersonificare una parte tanto difficoltosa come quella di Odile. Ottimo film.

LORENZO SPURIO

24-05-2011

La corrida: I riconoscimenti per il torero e per il toro 7/10

I premi o trofei che il presidente assegna al torero valoroso in corrida consistono nel saludo desde el tercio, la vuelta al ruedo, la concessione del taglio di una o due orecchie al toro che ha sfidato, la salida a hombros por la puerta principal de la plaza e solo in condizioni eccezionali il taglio della coda.

I saluti e la vuelta al ruedo verranno concessi al torero dal pubblico che manifesterà l’apprezzamento verso il torero e la sua condotta attraverso l’applauso. Si tratta del peggiore dei premi e si configura dunque come una sorta di premio di consolazione che sarà poco gradito dal torero stesso.

Il taglio di una orecchia (desorejar) verrà concesso dal presidente a patto che il pubblico abbia manifestato maggioritariamente (mediante lo sventolio del fazzoletto bianco) il suo desiderio di premiare il torero. A questo punto se il torero ha ricevuto l’attestazione di stima anche dal presidente, taglia l’orecchia dell’animale appena massacrato, la sfrega sull’arena in modo che la sabbia tamponi il sangue che da essa fuoriesca e poi la tira verso la folla festante.

Il taglio di una seconda orecchia dello stesso toro sarà di esclusiva competenza del presidente il quale terrà sempre in considerazione il desiderio o meno del pubblico di premiare il torero, le condizioni del toro, la buona conduzione della lotta in tutti e tre i tercios e la stoccata finale con l’estoque.

La salida a hombros per la porta principale della plaza sarà concessa solo quando il torero abbia ottenuto come minimo il trofeo di due orecchie durante la sua lidia con i tori.

Il presidente, tenendo conto dei desiderio e dell’entusiasmo del pubblico, può concedere mediante l’esibizione del fazzoletto azzurro la vuelta al ruedo del toro che per la sua eccezionale bravura durante la lidia si è meritato questo riconoscimento.

Il saluto e la vuelta al ruedo del ganadero potrà essere concesso nei casi in cui venga richiesto espressamente e in forma maggioritaria dal pubblico.

Nel frattempo nell’arena fanno ingresso quattro cavalli o buoi legati tra di loro che trascinano via il toro che poi verrà macellato. Addetti della plaza si preoccupano di togliere il sangue versato dall’animale sull’arena per non infastidire il toro successivo e di lisciare la porzione dell’arena nella quale è rimasta impressa la superficie del toro trainato dai cavalli. A questo punto si prepara una nuova cuadrilla, un nuovo picador, nuovi banderilleros, un nuovo matador e lo spettacolo si replica.

L’idea generale è che il toro nelle corride spagnole debba uscire per forza morto dopo la sua dolorosa e macabra corrida. Nella stragrande maggioranza dei casi succede così ma a volte, il toro si mostra particolarmente forzuto anche dopo aver sofferto vari maltrattamenti e il torero (forse perché inesperto, forse perché non è giornata, forse perché il toro che in quella fase dovrebbe essere molto debole è invece ancora forte) non riesce ad infilzare l’estoque correttamente anche dopo due o tre volte consecutive allora in questi casi la commissione può decidere l’indulto per il toro. Il toro non viene salvato direttamente dagli uomini ma viene data a lui la possibilità di salvarsi.  Si fanno entrare alcuni  buoi e vengono lasciati circolare nell’arena. Se il toro li segue quando viene ordinato loro di ritornare nei corrales allora il toro viene salvato se invece si ostina a rimanere sull’arena allora il torero poi lo finisce.

Nel caso in cui il toro venga salvato (indulto) va tenuto presente che ha sul suo corpo grandi e gravi ferite che possono farlo morire in poche ore. Per questo motivo equipe di veterinari cercano subito di medicare e far guarire l’animale sottoponendolo anche a abbondanti dosi di medicinale in modo che se sarà in grado di salvarsi, verrà fatto accoppiare in modo che la sua razza (ritenuta buona proprio per la sua grande forza ed energia manifestata nel corso della corrida) possa rigenerarsi e tramandarsi (semental). Alcuni allevatori infatti si occupano attentamente di fornire alla plaza de toros i migliori esemplari che spesso sono frutto di incroci e di accoppiamenti tra varie tori ritenuti particolarmente forti. Per alcune razze particolarmente illustri sotto questo punto di vista esiste addirittura un proprio albero genealogico e gli incroci vengono fatti tra esponenti che hanno manifestato una maggiore forza e resistenza.  

Foto nell’ordine: 1) vuelta al ruedo; 2) el corte de dos orejas; 3) la salida a hombros ( o por la puerta grande)

LORENZO SPURIO

23-05-2011

La corrida: ecco come si svolge; los tres tercios 6/10

Finalmente entriamo nello specifico.. ecco come si svolge una corrida

Una corrida è una lotta scenografica tra un toro feroce e pericolosissimo e un uomo vestito in un abito ricamato di fili d’oro e con dei calzetti fucsia. Detto così sembra una barzelletta. Vediamo in dettaglio in che cosa consiste. Il luogo dove avviene la corrida è la plaza de toros, una sorta di anfiteatro romano molto capiente e con la disposizione dei posti per gradinate.

All’ora prestabilita per l’inizio dello spettacolo il presidente dichiara l’apertura della corrida mediante l’esibizione del fazzoletto bianco che dà inizio al suono della banda (clarines e timbales) che intonano la musica d’apertura.

La corrida si apre con la sfilata iniziale degli attori della corrida. Aprono il paseillo (foto a sinistra) due alguaciles che sono due araldi a cavallo in costume del XVII secolo che chiedono simbolicamente al presidente (unico giudice della corrida) le chiavi della porta da dove usciranno i tori. Poi seguono i tre toreri seguiti dalle rispettive cuadrillas. Ogni cuadrilla è composta da due picadores a cavallo, tre banderilleros e alcuni incaricati a ritirare il corpo del toro una volta morto. Ogni corrida è divisa in tre parti chiamati tercios che sono scanditi dal suono della banda e soprattutto dal clarino. Solitamente in ogni spettacolo taurino vengono uccisi sei tori, due per ogni torero. Vediamo come si sviluppa la corrida e che cosa succede in ciascun tercio.

  1. IL TERCIO DE VARAS

Il torero e gli altri membri della cuadrilla aspettano l’entrata del toro riparati dal burladero. Una volta giunto nell’arena il toro è già particolarmente debilitato e impaurito per lo strano trattamento che gli è stato riservato, per le ferite che si è autoprodotto e per la sua reclusione in uno spazio stretto e buio. E’ un animale già in partenza sofferente e impaurito. Dall’altra parte però il toro, trovandosi ora in uno spazio libero e alla luce, crede di essersi riscattato dal suo stato precedente per cui prende a correre in maniera violenta illudendosi di essersi riappropriato della propria vita. Il torero dalle vesti colorate, il suono della banda, il sole accecante (le corride si tengono solitamente alle 18.00 o alle 18.30), il rumore prodotto dalla gente festante e con molte aspettative infastidiscono l’animale e lo indeboliscono ulteriormente. Inoltre gli abrasivi che gli sono stati disposti sugli zoccoli gli procurano un gran dolore ogni volta che si muove.

Non è raro che il toro cerchi di ritornare dallo spazio dal quale è venuto (considerando preferibile uno spazio chiuso, stretto e buio piuttosto che uno spazio aperto, alla luce e pieno di rumore, intuendo, forse, l’inganno nel quale è appena caduto). Ovviamente trova la porta già chiusa e spesso tenta di aprirla a cornate. Una volta uscito solitamente il toro compie un giro completo dell’arena dirigendosi alla sua destra in cerca di una via di fuga se invece gira verso sinistra in gergo si dice che el toro ha salido contrario.

Una volta compreso che non può ritornare nel precedente spazio, il torero fa ingresso sull’arena e prende a chiamare il toro. Questo, notato il movimento dell’uomo, prende a correre nella sua direzione. La corrida ha appena avuto inizio.

Il presidente ordina l’entrata del picador solamente dopo che il toro sia stato toreato dal torero con il capote[1]. Uno dei picadores entrerà nel ruedo e si approssimerà a lottare con il toro mentre l’altro si posizionerà nella parte opposta dell’arena

Il picador, nome che potremmo tradurre come ‘pizzicatore’, ‘aizzatore’, in sella ad un cavallo bendato e protetto da armatura infilza la sua lancia (vara de picar) ripetutamente in mezzo alle spalle dell’animale[2]. La vara de picar ha una punta d’acciaio di tre centimetri sormontati da altri undici centimetri di superficie; i colpi che il picador sferra al toro per mezzo de la vara de picar sono chiamati puyazos. Il toro cerca di difendersi dimenandosi ma la lancia lo tiene a distanza di sicurezza e con i suoi movimenti non fa altro che aumentare le lacerazioni delle carni e le perdite di sangue. Il picador infilza la parte acuminata della lancia con particolare violenza facendosi spesso peso con il suo corpo per alimentare i danni all’animale. Lo scopo dei puyazos è quello di indebolire il toro, di ridurre la sua resistenza e di procurargli seri danni alla muscolatura delle spalle che non gli permetta di mantenere la posizione eretta della testa.

In tutto ciò sebbene il cavallo indossi una protezione (peto o caparazón[3]) diventa il principale bersaglio del toro che si avventa su di lui e lo incorna. Generalmente le cornate del toro non producono gravi danni al cavallo il quale è bendato poiché il picador con la sua lancia cerca di allontanare il toro ma in alcuni casi il toro prende ad inveire contro il povero animale, per altro bendato, riuscendo a spostarlo per alcuni metri o addirittura a farlo cadere a terra e con lui il picador. In questi casi l’intervento di qualche membro della cuadrilla è necessario per distogliere il toro dal cavallo a terra e dal picador e permettere loro di rialzarsi. Si tratta, a mio parere, della parte più crudele e brutta di tutta la corrida poiché animali che in condizioni normali non si sfiderebbero vengono a trovarsi qui, per volontà dell’uomo, uno contro l’altro. L’uomo si serve del cavallo come scudo umano per cercare di ferire e indebolire il toro. Non è escluso che il cavallo cadendo o rimanendo incornato si ferisca in maniera grave per cui l’abbattimento si renda necessario. Va inoltre tenuto presente che anche il cavallo prima del suo ingresso nella corrida viene sottoposto ad una serie di trattamenti per ammansirne il carattere che di fatto non sono altro che maltrattamenti. Si tratta generalmente di cavalli anziani malati o deboli che sono destinati al macello per cui i loro proprietari li destinano alla corrida. Se vengono feriti o la loro salute è fortemente compromessa verranno in seguito abbattuti se invece si sono comportati bene allora potranno essere impiegati in una nuova corrida.

Il presidente segnalerà il cambio di tercio quando reputerà che il castigo per il toro mediante i puyazos è stato sufficiente. Quando il toro si mostra particolarmente mansueto e non può essere infilzato dalla vara de picar come previsto il presidente potrà disporre il cambio di tercio e l’applicazione delle banderillas negras.

  1. IL TERCIO DE BANDERILLAS

A questo punto dello spettacolo arrivano i banderilleros, uomini particolarmente agili che hanno il compito di distrarre il toro con i loro rapidi movimenti affinchè il picador sul cavallo possa abbandonare il ruedo.  I banderilleros prendono il nome da banderilla ossia ‘bandierina’ che sono strumenti colorati e con drappi che ad una estremità hanno una punta acuminata. La conformazione della punta metallica è fatta in modo che quando il toro si muove questa continui ad agire ledendo le carni dell’animale e aggravando il dolore al toro.

Le banderillas vengono conficcate sul dorso del toro per aumentare le sue ferite e il suo sanguinamento. Vengono impiegate tre paia di banderillas per ogni toro.

Quando per qualche problema o incidente avvenuto sul ruedo i banderilleros di una cuadrilla non possono attuare allora verranno sostituiti dai banderilleros più giovani di un’altra cuadrilla.

  1. IL TERCIO DE MULETA

Il torero è l’ultimo ad apparire sul ruedo. E’ lui la vera star dello spettacolo. Si tenga in considerazione che i toreri sono supportati ed osannati da ampie schiere di giovani (soprattutto ragazze) come se si trattassero di famosissimi calciatori italiani.  Il torero rappresenta il coraggio, la gloria, il rischio e la forza. La storia insegna che in alcune situazioni questi elementi sono venuti meno e il torero piuttosto che uscire dalla plaza de toros dalla entrada principal a hombros è uscito dalla plaza caricato su di un’ambulanza diretta per l’ospedale più vicino. E’ il rischio del mestiere: con una serata si può diventare molto famosi ed apprezzati ma allo stesso tempo si può rischiare la vita. Si può portare a casa una o due orejas o una grave ferita a un muscolo della gamba. Sfidare un toro per un torero in fondo è come sfidare il proprio stesso destino. E’ mettere in gioco la propria vita. Direi che non condivido l’interpretazione che da molta gente circa la corrida in cui si dice che il torero non rischia niente, nel senso che può proteggersi dall’animale che lo carica fuggendo, usando lo spadino o addirittura venendo aiutato da membri della cuadrilla. Non è vero. Il torero rischia continuamente la propria vita. La storia della tauromachia insegna che anche nei momenti in cui il toro sembrava particolarmente fiacco, debilitato e ormai praticamente sconfitto, non si deve mai abbassare la guardia perché il toro, dispensatore di un’energia senza fine, è capace di colpi di scena.

Il torero si caratterizza per una serie di attributi che utilizzerà nel corso della sua impresa: il capote, un ampio manto color fucsia e nella parte interna di colore giallo, la muleta un manto rosso di più piccole dimensioni e l’estoque ossia lo spadino.

E’ necessario a questo punto sfatare un mito o piuttosto una credenza popolare largamente diffusa per lo meno nella cultura italiana, che poco conosce della tauromachia. Secondo molte persone (e oramai anche secondo la cultura italiana che ha fatto propria questa idea, sebbene sia erronea) il toro verrebbe provocato dal colore rosso del mantello. In realtà i bovini non riconoscono i colori quindi non è tanto il colore del mantello a destare la sua ira ma il fatto che questo venga mosso, che venga fatto vorticare. Il fatto che la muleta sia rossa, credo, risponda all’esigenza di nascondere il rosso del sangue del toro sulla sua superficie. Infastidito dal movimento del capote prima e della muleta poi il toro prende a dare cornate verso il mantello illudendosi di colpire qualcosa di più concreto. Quando il torero smette di muovere il capote è addirittura in grado di dare le spalle all’animale e volgersi verso la folla. Questo spiega ancora una volta il fatto che il toro sia accecato dal movimento del telo e non irato dalla presenza del matador.

Nel caso in cui il toro si dimostri particolarmente ingestibile e pericoloso per il torero, quest’ultimo verrà aiutato da altri cinque toreri che, ognuno con il suo capote entreranno nell’arena per distrarre il toro dal torero.

L’ultima parte della corrida chiamata tercio de muleta culmina con l’uccisione del toro. Dopo una serie di varie cariche eluse da parte del torero, sottolineate dagli olé festanti della folla e dalla musica della banda, il matador conclude lo spettacolo.

In una delle varie interruzioni intercorse tra le varie cariche il torero si ferma dinanzi al toro, non lontano dal bordo del ruedo e cambia mantello, prende la muleta, un mantello più piccolo e di colore rosso dietro al quale cela l’arma con la quale ucciderà l’animale, uno spadino fino ed affilato chiamato estoque o espada lungo 88 cm.

Quando il toro torna in carica si avventa verso il torero e questo con un gesto che deve essere preciso ed abile al tempo stesso gli conficca il lungo spadino tra le spalle cercando di infilzarne dentro tutta la sua lunghezza. I puristi della tauromachia sostengono che si colpisce un punto ben preciso del toro questo cade all’istante senza vita. Personalmente non mi è mai capitato di vederlo e se succede credo che sia abbastanza raro. Più spesso invece si profilano altri scenari.

Se il matador non è riuscito ad infilzare per bene lo spadino questo resta a metà tra dentro e fuori al toro e il matador cerca di recuperarlo per poi ripeterne l’operazione quando sarà il momento giusto. Ovviamente un azione di questo tipo viene mal apprezzata dal pubblico e dal presidente che invece vorrebbe un’unica risolutiva mossa. Trascorsi dieci minuti da quando è stato ordinato l’inizio dell’ultimo tercio se il toro non è ancora morto un tocco di clarino segnerà il primo avviso del presidente; tre minuti dopo il secondo avviso e due minuti dopo il terzo e ultimo avviso. In quel momento il torero si ritirerà (verrà fischiato) e il toro verrà ricondotto nei corrales oppure apuntillado.

Se invece lo spadino viene conficcato per intero nel corpo dell’animale questo reagirà con un balzo improvviso e poi con una serie di spasmi improvvisi, versi rotti e spesso prende a sanguinare dalla bocca.  A questo punto il toro non è ancora sconfitto ed è ancora potenzialmente pericoloso per il torero. Mentre il toro sanguina e soffre scarica contro il torero le sue ultime energie, caricando il torero. E’ ovvio che i movimenti dell’animale siano più difficili e rallentati dato che sta morendo e non è raro che il toro inciampi e cada a terra (a volte riuscendo a rialzarsi).

Se il toro si lascia cadere a terra (spesso su un fianco, altre volte sembra accasciarsi volutamente come se si trovasse su un esteso prato) allora il torero assieme a vari membri della sua cuadrilla si avvicina e mentre qualcuno tiene fermo il toro per le ampie corna il torero o un altro membro della cuadrilla pugnala il toro con un coltello (puntilla) dietro la testa. Il toro agonizzante reagisce istintualmente con un piccolo balzo del capo. Possono essere necessari due o tre pugnalate e poi il toro cessa di vivere.  Alla fine vengono fatti entrare alcuni muli ai quali viene legata una fune dove viene collegato il toro morto e questo viene trascinato via.


LORENZO SPURIO
22-05-2011


[1] L’arte del toreare si contraddistingue nella prima parte della corrida per le verónicas. La verónica è il momento in cui il torero, concentrato e ritto dinanzi al toro, ne attende la carica tenendo con le due mani il capote proteso in avanti. Il nome deriverebbe da santa Verónica che secondo quanto narrano i Vangeli asciugò il volto di Cristo con un panno. Si tratta di uno delle mosse più importanti del toreo de capa, il più classico e quasi obbligatorio che può essere fatto da ciascun torero adottando una sua modalità preferita. In alcune varianti infatti il torero può accogliere il toro de rodillas (in ginocchio) sempre tenendo il capote proteso verso l’animale.

[2] Secondo la legge spagnola 4 aprile 1991 n. 10 o Ley Nacional Taurina, il toro deve venir colpito con la lancia alla base del morrillo, cioè nel muscolo del collo, almeno due volte.

[3] Il peto, che  deve coprire le parti del cavallo esposte alla possibili cornate del toro, deve essere di materiali leggeri e al tempo stesso resistente; non può eccedere in peso ai 30 kg e non deve affaticare né intralciare il cavallo nei suoi movimenti.

La corrida: il toro bravo 5/10

I tori che vengono destinati alle corride, agli encierros e alle altre manifestazioni taurine che prevedono la lidia, la lucha e il toreo appartengono alla razza brava.[1] Lo stato spagnolo stabilisce l’esistenza di un Registro de empresas ganaderas de reses de lidia nel quale vengano iscritti i vari allevamenti che forniscono tori per la lidia. Non è possibile utilizzare tori in corride e encierros che non siano riconosciuti tramite l’iscrizione del suo allevatore e allevamento nel registro. Infrazioni di questo tipo, l’utilizzo di tori non riconosciuti dallo stato, è perseguibile legalmente. I requisiti necessari che vengono richiesti a un allevatore affinchè registri la sua impresa-allevamento nel registro riguardano la presenza di almeno venticinque hembras e un semental che siano regolarmente iscritti nel Libro Genealógico de la Raza Bovina de Lidia e di una determina superficie di terreni della finca.

In nessun tipo di spettacolo possono essere toreati reses de lidia che non sono state previamente iscritti nel Libro Genealógico de la Raza Bovina de Lidia.  I tori destinati ad essere sfidati in una corrida devono avere almeno quattro anni compiuti e mai più di sei. Nelle novilladas verranno sfidati tori novillos che invece hanno un’età compresa tra tre e quattro anni mentre i tori destinati al rejoneo potranno avere qualsiasi età (essere novillos oppure no).  Il peso minimo delle reses nella corridas di toros dovrà essere pari a 460 kg (1° categoria), 435 (2° categoria) e 410 (3° categoria) mentre nelle novilladas il peso delle reses non dovrà eccedere 540 kg (1° categoria), 515 (2° categoria) e 270 kg (3° categoria).

L’allevatore di tori, el ganadero[2], fornisce agli organizzatori della corrida alcuni suoi tori che hanno raggiunto 3-5 anni di età e che sono particolarmente forti. Va tenuto presente che oltre al torero (con la sua cuadrilla) e il toro un altro soggetto importante è proprio il ganadero il nome del quale viene sempre fatto e citato nei carteles, nei cartelli che sponsorizzano l’evento, e nelle notizie che riportano i festejos taurinos. Alcuni ganaderos sono diventati molto noti per aver dato alle plazas de toros tori particolarmente forti e caparbi difficili da battere o addirittura tori scatenati che hanno causato la morte o il ferimento grave del torero.

Una volta deciso quanti tori l’allevatore deve dare alla plaza de toros questi vengono caricati su un camion, cosa che i tori non hanno mai fatto precedentemente e che contribuisce ad accrescere in loro uno stato di ansia e paura. Una volta giunti alla plaza de toros ciascun toro viene chiuso in una stanza stretta e senza finestre. Essendo abituato alla luce e agli spazi liberi non è infrequente che l’animale si rivolti nel suo stretto spazio, provocandosi ematomi e ferite.

Il giorno successivo il toro viene introdotto nel mueco, una struttura di costrizione che ne immobilizza il collo per poter procedere alla limatura delle punta delle corna. Il toro cerca di dimenarsi ma i suoi movimenti gli provocano solamente stirature di tendini e muscoli del collo che, più tardi, lo costringeranno a tenere il suo capo chino.

Prima che l’animale venga liberato e possa fare il suo ingresso in arena gli zoccoli vengono cosparsi con una sostanza abrasiva, viene introdotta dell’ovatta nelle cavità nasali e gli vengono somministrato cibo, acqua e massicce doti di purganti. A questo punto si aprono le porte della stalla e il toro è condotto nel cunicolo che lo porterà al ruedo, all’arena ma prima gli viene conficcato sul dorso un’insegna con il simbolo dell’allevamento (arpón de divisa).

Nella prossima puntata parleremo della corrida, di come avviene e quali sono le regole che la governano.


LORENZO SPURIO

21-05-2011


[1]  Nel Real Decreto 60/2001 de 26 de enero (prototipo racial de la raza bovina de lidia), pubblicato sul BOE n. 38, de 13 de febrero de 2001 si dà le regole su quale tipo di bovino debba essere considerato toro de lidia. Viene detto che si tratta di una razza particolarmente aggressiva e dal carattere inquieto e irritabile. E’ impossibile fornire un’immagine unica del prototipo di toro di questo tipo di razza perché all’interno di questa razza variano molto la cromatura del pelo, la tipologia delle corna, le proporzioni, le forme ed il peso. Ogni toro de lidia è il frutto di un attento lavoro di selezione personale fatto dal ganadero e dai suoi predecessori. Il decreto fornisce le caratteristiche del toro de lidia descrivendone le peculiarità principali e parlando poi dei vari tipi di encastes ossia di incroci e accoppiamenti tra diverse varietà della stessa razza.

[2] La maggior parte delle ganaderias sono localizzate in Andalusia ed Extremadura, regioni spagnole che vantano di una grande tradizione taurina.

La corrida: il torero, il picador e il banderillero 4/10

Colui che affronta il toro durante la corrida è tradizionalmente noto come torero o come matador. In realtà nella corrida non è solo il torero a fronteggiare il toro, sebbene sia lui ad ucciderlo. Nella corrida infatti intervengono anche altre figure molto importanti e il Ministerio del Interior individua nel Registro General de Profesionales Taurinos sette diverse professioni nell’ambito taurino. Vediamole di seguito partendo dalla più importante e prestigiosa:

  1. matador de toros (il torero vero e proprio)
  2. matador de novillos con picadores
  3. matador de novillos sin picadores
  4. rejoneador (il torero a cavallo, diffuso nella corrida portoghese)
  5. banderillero e picador
  6. torero cómico
  7. mozo de espada

Al fine di poter attuare secondo ciascuna delle sette categorie professionali è necessario e obbligatorio la registrazione della persona al suddetto registro. L’iscrizione al Registro fornisce una data di scadenza (fecha de caducidad) pari a cinque anni, oltrepassata la quale o si provvede a rinnovare l’iscrizione per rimanere attivi nella propria professione o non si rinnova l’iscrizione e automaticamente si abbandona il lavoro alla plaza de toros. Il passaggio da una sezione all’altra è stabilita secondo dei particolari requisiti stabiliti dal Ministerio del Interior.


Ciò che colpisce del torero, ben prima della sua prestazione sul ruedo, è la sua uniforme denominata traje de luces che letteralmente significa ‘vestito di luci’. E’ così chiamato perché è cucito di fili d’oro e d’argento e ad esso sono applicati una serie di brillantini e specchietti che rendono la divisa molto luminosa ed appariscente. Tra gli altri attributi del torero vanno ricordati la montera (il cappello), la coleta (il codino) che una volta era vero e che in tempi recenti è sostituito da un codino posticcio. Il codino è molto importante perché il taglio dello stesso fatto sul ruedo significa che il torero abbandona il suo lavoro per sempre; il corbatín (cravattino), la chaquetilla (giacchetta), gli  alamares (bottoni della chaquetilla), la taleguilla (pantaloni), la camisa (camicia), las medias rosas (i calzetti fucsia), las zapatillas (scarpe piatte simili alle ballerine). Tre sono invece gli strumenti utilizzati dal torero sulla plaza: il capote, la muleta e l’estoque. Si parlerà più precisamente di ognuno di essi nella parte dedicata ai vari tercios della corrida.

Con il primo tocco di clarino entrano sul ruedo due picadores che si dispongono in posizione opposta. Il picador è seduto sul cavallo bendato e con protezione e dispone di una lunga lancia di legno che termina con una punta metallica. Si tratta della vara o lanza de picar con la quale infilza il toro almeno due volte per debilitare il toro. Le ferite che produce il picador con la lanza sono particolarmente gravi e il toro prende a sanguinare in maniera copiosa.
Il banderillero è un membro importantissimo della cuadrilla e dispone delle famose banderillas, degli arponi colorati che terminano con una punta di metallo a freccia di circa cinque centimetri. Il banderillero è agile nel conficcare un paio di banderillas sul collo dell’animale e solitamente vengono infilzate quattro paia di banderillas. Vedremo con più attenzione ciascun soggetto della corrida nella descrizione dei tre tercios, delle tre parti che compongono la corrida.

Foto: nell’ordine: 1)Il torero (El Juli), 2) Il picador, 3) Il traje de luces, 4) Il banderillero.

LORENZO SPURIO 
20-05-2011

La corrida: la plaza de toros 3/10

Le corride vengono celebrate nelle famose plazas de toros disperse su tutto il territorio spagnolo; tra le più importanti e le più capienti in termini di pubblico figurano La Monumental de Las Ventas (Madrid), La Monumental (Barcellona) e La Maestranza (Siviglia). Sono strutture circolari che fanno pensare ad anfiteatri dell’antica Grecia e dell’antica Roma e generalmente non sono coperte.

Anticamente le corride venivano fatte nelle piazze principali delle città, in quelle che oggi gli spagnoli chiamano la plaza mayor ossia la piazza principale nella quale si affaccia l’Ayuntamiento (il palazzo del comune) e a volte la sede della Diputación (sede della provincia). In passato dunque quella che era l’arena dove si toreava non era altro che la piazza principale della città ma evidentemente la necessità di maggiori misure di sicurezza e il desiderio di avere uno spazio tutto dedicato all’arte taurina permise la nascita delle plazas de toros che, ad oggi, vengono impiegate solo per i festejos taurinos.

Il Ministerio del Interior riconosce tre tipologie di plazas de toros:

plazas de toros permanentes (edifici o luoghi recintati specificatamente previsti per la celebrazione di spettacoli taurini);

plazas de toros no permanentes (edifici e strutture che pur non ideate con il fine delle celebrazioni taurine, vengono impiegati per corride e festejos taurinos);

plazas de toros portátiles (costruire con elementi smontabili e trasferibili, solitamente di materiale metallico o di legno e che vengono realizzate appositamente per una determinata celebrazione taurina ma poi smontate.

Nelle notizie di quotidiano che riportano di corride e di tardes taurinas viene spesso utilizzato il termine coso come sinonimo di plaza de toros.

Delle plaza de toros permanentes si riconoscono tre categorie:

de primera categoria (sono quelle delle capitali di provincia o di città nelle quali si celebra almeno quindici spettacoli taurini all’anno e di cui almeno dieci siano corride di tori: La Maestranza di Siviglia, la Real Maestranza di Ronda (Málaga), Las Ventas di Madrid,  La Monumental di Barcellona, La Monumental di Pamplona (Navarra), le plazas de toros di Vista Alegre (Bilbao), Córdoba, Valencia, Zaragoza, de la Malagueta (Málaga), de Atocha (San Sebastián) e di Bocairent (Valencia)

de segunda categoria (quelle delle capitali di provincia che non sono incluse nella prima categoria: le plazas de toros di Albacete, Alicante, Almería, Badajoz, Burgos, Cartagena, Castellón de la Plana, Ciudad Real, Cuenca, Gerona, Gijón, Granada, Guadalajara, Huelva, Huesca, Jaén, La Coruña, León, Logroño, Melilla, Mérida, Oviedo, Palencia, Palma de Mallorca, Pontevedra, Salamanca, Santa Cruz de Tenerife, Santander, Segovia, Soria, Tarragona, Teruel, Toledo, Valladolid, Zamora).

de tercera categoria (le restanti plazas de toros): Le plazas di Alcalá de Henares (Madrid), Algeciras (Cádiz), Aranjuez (Madrid), Colmenar Viejo (Madrid), Figueras (Gerona), Jerez de la Frontera (Cádiz), Linares (Jaén),  Lorca (Murcia), Vistalegre (Madrid), Manzanares (Ciudad Real), Marbella (Málaga), Medina del Campo(Valladolid), Pozoblanco (Córdoba), Talavera de la Reina (Toledo), Úbeda (Jaén), Villena (Alicante), …

Il ruedo o arena deve avere un diametro non superiore ai 60 metri ne inferiore ai 45 metri[1]. Le barriere devono avere un’altezza pari a 1,60 metri e un minimo di tre porte e quattro burladeros. La plaza deve avere un minimo di tre corrales, otto chiqueros e un patio de caballos e un patio de arrastre.

In anni a noi più recenti spesso nei locali adiacenti alla plaza de toros sono stati dedicati spazi alla cultura taurina, con foto di toreri valorosi, manti di toro particolarmente difficili da battere, vesti dei toreri macchiati di sangue, estoques (spadini), muletas e foto di corride gloriose. Sono nati insomma i musei taurini, una tipologia museale tipicamente spagnola. Il museo taurino è un museo di storia e costume che si focalizza solamente sul mondo della tauromachia. E’ un museo selettivo, specializzato, per estimatori che fornisce indicazioni su come anche l’arte di toreare sia cambiata e denuncia allo stesso tempo quanto le corride siano diventate parte fondante e imprescindibile della cultura spagnola.

(Le foto nell’ordine si riferiscono a: 1) Plaza de toros di Nimes (Francia), 2) Plaza de toros Las Ventas di Madrid, 3) Plaza de toros la Monumental di Barcellona, 4) Plaza de toros la Real Maestranza di Siviglia, 5) Plaza de toros di Málaga.

LORENZO SPURIO
19-05-2011


[1] Alcune plazas de toros fanno eccezione: Las Ventas di Madrid ha un diametro pari a 65 metri, la plaza de toros de Ronda (Málaga) ha un diametro di 66 metri mentre 

La corrida: tipologie di corride 2/10

Il termine ‘corrida’ tanto diffuso nel linguaggio italiano è invece poco impiegato in lingua spagnolo dove, per far riferimento a complessi festivi che utilizzano il toro, si parla di vari tipi di spettacolo. Vediamone le caratteristiche.

‘Corrida’ in lingua spagnola viene spesso impiegata per far riferimento a spettacoli taurini che si svolgono in piccole città e viene invece sostituito da espressioni quali jornada taurina, festejo taurino, los toros per far riferimento anche agli spettacoli che si svolgono in città più grandi.

Esistono vari tipi di espectaculos taurinos ma i principali sono quattro: la corrida, la novillada, la becerrada e il rejoneo. I primi tre si differenziano per la diversa età del toro: corrida (tori [toros] tra i 4 e i 6 anni), novillada[1] (tori [novillos] tra i 3 e i 4 anni); becerrada (tori [becerros] con meno di 2 anni). Il rejoneo invece è una variante della corrida tradizionale e rappresenta la forma canonica della corrida portoghese; la differenza principale sta nel fatto che il torero, chiamato rejoneador, sfida il toro a cavallo.

Il torero per poter sfidare un toro bravo e condurre una corrida deve necessariamente aver ottenuto la alternativa che è una sorta di rito di passaggio di particolare importanza per la carriera del torero attraverso la quale il torero non professionista o torero di novillos passa ad essere matador de toros. Quando al torero non professionista lidia il primo toro il suo padrino gli cede la muleta e la espada, gli strumenti per uccidere il toro, recita alcune parole dedicandole al suo figlioccio, ahijado, in presenza di un ulteriore torero che esercita da testimone della cerimonia.

Esistono poi una serie di altri complessi festivi che impiegano il toro tra cui vanno ricordati gli encierros. Con questo termine si intende un’operazione preliminare alla corrida che consiste nel lasciar liberi i tori per un percorso prestabilito all’interno della città e che conduce alla plaza de toros. Gli encierros più famosi sono quelli che si tengono dal 7 al 14 Luglio nella città basca di Pamplona (sanfermines) in onore al patrono San Fermín. Ogni encierro ha un suo proprio programma e si caratterizza per alcuni momenti molto importanti così come lo è il chupinazo per quello di Pamplona.

Tra gli altri festejos taurinos vanno citati i toros embolados in cui ai tori viene incendiata una struttura che viene posta attorno alle loro corna e fatti correre per le vie. Altre feste che prevedono la corsa dei tori per le vie del centro storico di piccoli villaggi va sotto la definizione di toros en la calle, particolarmente viva nella comunità Valenciana e chiamata in catalano  bous al carrer. Sondo quanto riporta il Ministerio del Interior nel 2009 sono state celebrate 648 corride, 376 novilladas con picadores, 441 novilladas sin picadores e 130 corridas de rejones con toros.

LORENZO SPURIO

18-05-2011


[1] La novillada ha al suo interno due varianti: la novillada picada (o con picadores) che si svolge come una corrida con la sola differenza che vengono toreati novillos al posto di toros e la novillada sin picadores in cui non sono presenti i picadores.

La corrida, alcune nozioni preliminari (1/10)

La cultura del toro e le varie pratiche legate alla tauromachia nascono dall’antica simbiosi tra uomo e toro, utilizzato nel corso della storia principalmente nell’agricoltura. Si tratta di una simbiosi molto fruttifera che trova ampia espressione anche nelle varie mitologie, ad esempio si ricordi a questo riguardo la figura del Minotauro (raffigurato metà uomo e metà toro), figlio del Toro di Creta e di Pasifae. Il mito racconta che il Minotauro venne fatto rinchiudere da Minosse, re di Creta, nel labirinto di Dedalo e che venne ucciso fa Teseo, figlio di Egeo, re di Atene.

La corrida propriamente detta comprende al suo interno una grande varietà di pratiche della tauromachia, complessi festivi e sistemi di lotta al toro. Si tratta di un tema di ampia controversia tra coloro che si battono per la sua abolizione e coloro che invece cercano di preservarla perché espressione culturale. Nel 2010 la Generalitat, il governo autonomo della Catalogna, ha votato un decreto secondo il quale la corrida viene abolita su tutto il territorio della comunità autonoma catalana[1]. Quest’anno verranno celebrate dunque a La Monumental e nelle altre plazas de toros della Catalogna le ultime corride.

La prima cosa che va detta è che attualmente i paesi nei quali si effettuano corride sono la Spagna, il Portogallo, il sud della Francia e numerosi paesi dell’America Meridionale. In alcuni stati degli Usa tra cui il Texas e l’Arizona è frequente la pratica del rodeo che, pur utilizzando il toro, non è una forma di corrida. In passato corride o complessi festivi-celebrativi che impiegavano la lotta con il toro erano vivi anche in altre zone e si ricordi a questo riguardo che nello Sferisterio di Macerata si tenevano le cosiddette “giostre dei tori” diffuse anche in altre città che appartenevano allo Stato Pontificio.

Anche se la corrida può apparire a molti come uno spettacolo macabro e insignificante, tribale e pre-storico è senza dubbio manifestazione di una certa cultura, è la celebrazione del coraggio umano, della forza, dell’abilità e della ragione umana.

Una signora spagnola nella cui casa soggiornai per un mese un paio di anni fa mi parlò della corrida dicendomi che per lei e la sua famiglia rappresentava un aspetto imprescindibile del Dna dell’essere spagnoli. Credo che sia una condizione abbastanza diffusa anche se è vero che allo stesso tempo è diffuso anche l’interpretazione contraria. Quello che trapela della corrida in contesti non spagnoli sono gli aspetti più dichiaratamente scenici e sfarzosi (l’abito del torero, la compostezza della cuadrilla, la presenza della banda) e quelli più specificamente legati alla violenza (il massacro, i maltrattamenti, il sangue, l’uso di armi). Raccontata così la corrida finisce per perdere il suo valore che invece risiede in un significato più propriamente culturale. Nell’Aprile 2011 il governo regionale di Madrid ha riconosciuto la corrida come Bene di Interesse culturale (BI) con la finalità di proteggere il suo valore sociale, culturale, economico ed ecologico. Tra gli altri scopi di questa iniziativa c’è quello di incentivare lo studio, la raccolta di materiale storico e di incrementare la ricerca attorno all’ampio tema della tauromachia[2].

Inizia oggi con questo articolo preliminare un’analisi attenta delle tecniche e delle procedure tipiche della corrida spagnola, analizzeremo serialmente i seguenti temi:

  1. Tipologie di corrida
  2. La plaza de toros
  3. Il torero, il picador e il banderillero
  4. Il toro bravo
  5. La corrida
  6. I riconoscimenti per il torero e il toro
  7. Gli altri soggetti della corrida: el presidente y el publico
  8. La cogida
  9. La corrida portoghese: a tourada
LORENZO SPURIO
16-05-2011

[1] In realtà non si tratta della prima comunità autonoma ad abolire la corrida in quanto nel 1991 venne abolita nella comunità autonoma de las Canarias.Va inoltre notato che anche se la Catalogna ha abolito le corride sul suo territorio nazionale non ha abolito altri complessi festivi nei quali i tori vengono impiegati, utilizzati e spesso maltrattati come nelle tradizionali feste di provincia che prevedono i toros embolados o i toros en la calles (bous al carrer, in catalano).

[2] v. “La Fiesta ya es Bien de Interés Cultural”, El Mundo, 7 de Abril de 2011; “La Fiesta ya es oficialmente Bien de Interés Cultural en Madrid”, ABC, 7 de Abril de 2011.

20 Sigarette, il film sull’attentato di Nassiriya

Il film 20 Sigarette (regia di Aureliano Amadei, 2010) è tratto dal romanzo autobiografico dello stesso Aureliano Amadei, scritto a quattro mani assieme a Francesco Trento, e concerne l’attacco terroristico contro il quartier generale italiano a Nassiriya avvenuto il 12 novembre 2003 e costato la vita a diciannove connazionali. Pur trattandosi di un fatto accaduto non molto tempo lontano da noi si tratta di un film storico perché dipinge un determinato avvenimento storico-politico di particolare importanza.

Prima di analizzare e di dare un’interpretazione del film sarà necessario ricordare i nomi dei vari militari e civili che in quel tremendo attacco persero la vita. Nell’attentato morirono dodici carabinieri: il maresciallo Massimiliano Bruno, il sottotenente Giovanni Cavallaro, il brigadiere Giuseppe Coletta, l’appuntato Andrea Filippa, il maresciallo luogotenente Enzo Fregosi, il maresciallo capo Daniele Ghione, l’appuntato Horacio Majorana, il brigadiere Ivan Ghitti, il vice brigadiere Domenico Intravaia, il sottotenente Filippo Merlino, il maresciallo Alfio Ragazzi, il maresciallo Alfonso Trincone;  cinque militari dell’esercito: il capitano Massimo Ficuciello, il maresciallo capo Silvio Olla, il caporale Alessandro Carrisi, il caporal maggior Emanuele Ferraro e il caporal maggiore Pietro Petrucci, due civili: Marco Beci, cooperatore internazionale e Stefano Rolla, regista. Nell’attacco morirono anche nove iracheni e rimasero feriti altri venti carabinieri.

Aureliano Amadei, civile italiano e aiutante del regista Stefano Rolla, fu l’unico a salvarsi delle persone presenti sullo spiazzo del quartier generale. La storia contenuta nel libro e trasposta nel film narra dunque l’attentato a Nassiriya dal suo punto di vista.

Il film si apre nel 2010. Aureliano Amadei si trova in Italia, sta passeggiando da solo per una strada aiutandosi con un bastone perché è claudicante. Si appoggia ad un muretto e si fuma una sigaretta. Le sigarette sono un leitmotiv importante all’interno di tutto il film, come richiama il titolo stesso.

Si lascia quella scena e si passa a raccontare cosa accadde sette anni prima, nel 2003 quando Aureliano aveva ventotto anni. Aureliano è un ragazzo d’ideologia comunista, simpatizzante per gli anarchici che ha come obiettivo principale quello di poter diventare un regista. È fidanzato con una ragazza brasiliana sebbene abbia una relazione sentimentale e sessuale con una sua amica di nome Claudia.

Un giorno si presenta l’occasione che Aureliano aspettava da tempo, quella di poter far l’aiuto regista in un film-documentario che verrà girato in Iraq. Aureliano è molto contento di poter far parte di questo progetto e di affiancare il regista Stefano Rolla anche se ha un po’ paura di recarsi in quel paese dilaniato da attacchi ribelli, kamikaze e conflitti armati.

La madre non vuole che il figlio vada in Iraq ed è molto preoccupata mentre il padre, in queste prime scene è completamente assente. La famiglia nella quale Aureliano vive è una famiglia dalla mentalità aperta. Quando la mamma si preoccupa per la sua partenza Aureliano le fa notare che quando era molto piccolo, quando aveva appena nove mesi, lei e suo padre l’avevano lasciato sotto il sole cocente dell’estate e aveva avuto un insolazione. Le fa capire che sarebbe stato più utile che lei e suo marito si fossero interessati e presi cura di lui da bambino piuttosto che ora che è saggio e maturo e se ne va di casa.

Nel suo viaggio è accompagnato da Stefano Rolla, il regista del film che gireranno lì. Per la sua sbadatezza dimentica addirittura di portare con se la macchina da presa. Quello che non dimentica di portare è il pacchetto di sigarette. Ogni volta che ne fuma una il protagonista ci dice che numero di sigaretta è e dunque ogni sigaretta fumata o offerta a qualcun altro viene a contrassegnare un momento della sua permanenza in Iraq. Il racconto della sua storia si snoda infatti lungo le venti sigarette fumate in Iraq. Una permanenza in Iraq durata quanto può durare un pacchetto di sigarette da venti.

Un giorno il convoglio in cui viaggia assieme a Stefano Rolla e alla scorta perde la strada e cosi decide di recarsi al quartier generale italiano a Nassiriya dove ci sono i carabinieri. L’immagine che viene data di Nassiriya è quella di una città fantasma, una terra desolata e dove si respira aria di morte: case rotte, macchine bruciate, bambini che giocano eludendo la povertà di quei luoghi e delle loro anime, calcinacci e polvere.

È il 12 novembre 2003. Il convoglio giunge al quartier generale italiano a Nassiriya dove Aureliano conosce alcuni carabinieri, tra cui Massimiliano Bruno, soprannominato da tutti Max. Improvvisamente un camion rosso si avventa a tutta velocità contro l’ingresso al quartier generale ed esplode. L’esplosione provoca l’incendio dello stesso e lo scoppio delle munizioni delle armi poste nel loro deposito. Lo scoppio è particolarmente forte e provoca un gran numero di vittime sul colpo. Aureliano rimane gravemente ferito. Ci sono in questa parte del film scene forti, piene di sangue e cariche di dolore che evidenziano bene quanto l’attacco fu dilaniante e tragico.

Alcuni abitanti locali aiutano i carabinieri feriti e Aureliano viene caricato su di una vettura e, completamente ricoperto di sangue, viene condotto all’ospedale americano. Quando si risveglia gli hanno piantato un tutore esterno alla gamba e gli comunicano che tutti i carabinieri con i quali stava parlando al momento dell’attacco sono morti. All’ospedale, assieme a una crocerossina, si concede l’ultima sigaretta. La fine del pacchetto significa la fine del suo viaggio in Iraq cosi come la prima aveva rappresentato l’esordio dello stesso.

Il 25 novembre 2003 con un volo militare viene riportato a Roma e spostato all’ospedale militare del Celio dove viene visitato dai familiari (stavolta vediamo anche il padre), l’amica Claudia, una folta schiera di militari, giornalisti, fotografi, religiosi e addirittura il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Tra le varie visite c’è anche quella dei genitori di Massimiliano Bruno, morto nell’attacco kamikaze. Aureliano piange a dirotto e, paradossalmente, viene conformato dalla madre del militare scomparso.

Aureliano dice a Claudia che durante la sua permanenza in Iraq ha pensato molto a lei e che ha deciso di lasciare la sua ragazza brasiliana per dedicarsi direttamente a lei.

Nelle ultime scene siamo nuovamente al 2010: Aureliano parla del suo libro autobiografico che ha scritto ad alcuni compagni sinistroidi. Le sue idee politiche un tempo estremiste e anarchiche sono mutate chiaramente in seguito alla tragica esperienza vissuta.

L’ultima immagine che viene fornita nel film è quella di Aureliano che riprende Claudia, ora mamma, mentre sta dormendo e il loro figlio che piange. Aureliano lo prende in braccio e lo culla e il bambino richiama alla sua mente il bambino iracheno morto che durante il suo tragitto di spostamento verso l’ospedale aveva abbracciato invocando l’aiuto della gente e forse di Dio.

L’immagine ultima del film è dunque positiva: Aureliano è felice, si è sposato e ha costruito una famiglia, ma il suo corpo visibilmente menomato (il piede claudicante, la perdita di udito e le crisi di panico) e l’animo provato da un esperienza traumatizzante e incancellabile, quella della strage di Nassiriya, rimarranno sempre con lui.

Memoria ai caduti di Nassiriya e a tutti i caduti.

LORENZO SPURIO

15-05-2011