Esce “Il buio della ragione. Poesie e testimonianze contro la tortura”, opera antologica a cura di Vito Davoli e Marco Cinque

A cura di Lorenzo Spurio

In questo ricco volume – frutto di un lungo e meticoloso lavoro dei curatori che hanno lanciato il progetto e curato l’intero percorso editoriale – figurano raccolte numerose testimonianze reali, frutto di ricerche e rapporti personali del giornalista e attivista Marco Cinque («Il Manifesto», «Le monde Diplomatique») con chi ha vissuto sulla propria pelle varie forme di tortura.

A compendio vi è un nutrito corpus di testi poetici, tra storici e moderni, affiancati da componimenti di autori contemporanei che hanno aderito al tema sperimentandolo, nei propri versi, in forma personale, finanche con la rievocazione di tristi episodi della storia e della cronaca odierna.

Poeti italiani e internazionali dei nostri giorni hanno aderito a questo progetto corale che ha anche un’importante finalità benefica, strettamente voluta dai curatori, il già citato Marco Cinque e Vito Davoli, noto poeta, critico e organizzatore culturale pugliese, ovvero quella di devolvere i proventi a Gazzella Onlus, un’associazione che si occupa di cure e di riabilitazione per bambini palestinesi, vittime innocenti delle brutture e delle crudeltà di una delle varie guerre ora in corso.

Sono raccolti testi a tema “la tortura” (realtà alla quale è dedicata un’apposita giornata di ricordo e sensibilizzazione, il 26 Giugno) provenienti, oltre che dall’Italia, dalla Spagna, dall’Albania, dall’America, dal Nicaragua, dall’Uruguay, dalla Palestina, dalla Costa Rica, dall’India, dal Perù, dalla Grecia, dal Messico, da El Salvador, dal Venezuela, dalla Giordania, dall’Ecuador, da Cuba, dalla Bolivia.

Il volume, che riporta in copertina uno scatto fotografico dello stesso Cinque che assomma fascino e inquietudine con lo scorcio della statua di Giordano Bruno (arso sul rogo nell’anno 1600 su decisione del Sant’Uffizio) di Campo de’ Fiori nella Capitale, si apre con la preziosa prefazione di Riccardo Noury, Responsabile per la Comunicazione di Amnesty International Italia dal titolo “Universalmente proibita, praticata ovunque: la tortura nel mondo” nella quale accenna a varie forme di tortura nel mondo orientale e ricorda anche le aberrazioni avvenute in territorio cubano nel carcere americano di Guantanamo e sul territorio iracheno nel tristemente noto Abu Ghraib, alcuni anni fa. Noury passa poi a riflettere sui nuovi metodi di tortura attuali, forse più infidi e sicuramente meno patenti, che si sviluppano nel clima omertoso e nella condizione di ostaggio ideologico o politico, che sfrutta e brutalizza ben più il pensiero che il corpo. Drammi di violenze psicologiche reiterate e abusi comportamentali, vessazioni verbali imperniate sull’accusa e la degradazione dell’io. Il prefatore non a caso parla di un nefando «approccio manageriale, in cui viene studiato ogni “punto debole del nemico” e curato ogni minimo dettaglio della conduzione degli interrogatori e del trattamento riservato a un prigioniero».

L’ampio compendio delle “testimonianze” sulle torture che fa seguito ai testi critici di apertura vede i racconti drammatici e raccapriccianti di Lynda Lyon, Scotty Moore, Robert Wallace West, Dominique Green El, Nanon Williams, Michael Sharp, Ahmed Rabbani, Enrique Mario Fukman, Shi Dong-Hyuk, Agnés Callamard, Vahit Gunes, Zhura, Italia Méndez, Loretta Rosales, Lelia Pérez, Antonin Artaud, Vittorio Bologresi, Roberto Settembre, Fernando Eros Caro, Meena Keshwar Kamal, Karl Louis Guillen, Ray “Orso-che-corre” Allen, Jumah Al-Dossari, Liubka Sevstova, Alexandro Panagulis, Simona Foconi, Silvia Giacomelli, Carlos Mauricio, Alda Merini, Maria Mercedesa Carranza, Igiaba Scego, Louis Aragon, Salvatore Quasimodo, Tommaso Campanella, John Berger, Pietro Valpreda, Bobby Sands, Roque Dalton, Ghiannis Ritsos, Ada De Judicibus Lisena, Wislawa Szymborska. Ogni nome è una storia amara, dolorosa da leggere e da accettare come reale. I curatori hanno raccolto una grande quantità di materiali e testimonianze in grado di dare una mappatura – sicuramente non completa – ma assai elaborata e rappresentativa dei vari deliri della ragione nel tempo e nello spazio. Arricchiscono queste testimonianze degli orrori, racconti inenarrabili e indelebili, quelli delle torture operate in Cile e quelle italiane in Somalia e a Nassiriya nonché quelle tristemente più diffuse nelle carceri minorili; un’intera sezione è dedicata alle “Voci dai lager libici”. Vi è anche la vicenda forse meno nota ma non per questo non meno degna di attenzione delle Residential Schools in Canada.

La sezione dei poeti contemporanei del Belpaese è ben nutrita di componimenti, tra cui quelli di (citiamo, per motivi di scarsità di spazio, solo alcuni dei poeti e delle poetesse inserite): Nicola Accettura, Marco Cinque, Vittorino Curci, Vito Davoli, Tania Di Malta, Barbara Gortan, Rita Greco, Alfonso Guida, Giuseppe Langella, Annachiara Marangoni, Giampaolo G. Mastropasqua, Guido Oldani, Rita Pacilio, Gianni Antonio Palumbo, Giulia Poli Disanto, Paolo Polvani, Anna Santoliquido, Lorenzo Spurio, Mara Venuto e Pasquale Vitagliano. Seguono le opere dei poeti stranieri e in appendice i componimenti di tre grandi letterati della nostra età: il greco Sotirios Pastakas, l’indiano Sudhakar Gaidhani e il palestinese Ali Al Ameri.

Il giornalista Angelo Selletti ha parlato in un articolo di questa crestomanzia tematica nei termini di «una sorta di olimpo della poesia, italiana e internazionale, considerando i nomi che hanno aderito al progetto poetico e solidale» richiamando le considerazioni di Davoli che ha scritto: «poeti straordinari con storie di vita e carriere formidabili. Avere avuto il privilegio di leggerli e di organizzare questa antologia godendoli tutti insieme, è stata una fatica che ha ripagato verso dopo verso, pagina dopo pagina». L’altro curatore, Marco Cinque, nel suo testo ha ricordato anche la nefanda pratica regolarizzata da un vetusto e infame sistema legislativo che, in Italia come in altri Paesi del Vecchio Continente, riconosceva il delitto d’onore: tutelando la rispettabilità dell’uomo (marito o padre) acconsentiva tacitamente all’utilizzo di forme di potere e violenza sulla donna. Cinque definisce l’operazione editoriale in maniera convinta e sentita nei termini di una «forma di resistenza partecipata e interattiva che possa fare argine alla disumanità che incombe, ormai in ogni parte del mondo».

La pubblicazione ha avuto il sostegno dell’Accademia delle Culture e dei Pensieri del Mediterraneo, dell’Associazione Verso Levante APS, del magazine letterario «Pubblicazioni Letterariæ» e della rivista di letteratura «La calce e il dado».

La prima presentazione ufficiale è prevista a Roma per lunedì, 11 novembre. Ulteriori dettagli e aggiornamenti sulla pagina Facebook ufficiale de Il buio della ragione.

Ricordando la finalità benefica dell’iniziativa editoriale, si riporta in formato grafico il codice QR la cui scansione permette di accedere alla pagina che dà notizia delle possibilità di acquisto con relativa scontistica. A continuazione si riportano i dati per coloro che vorranno sostenere le attività della Gazzella Onlus:

CC bancario nr. 1052792

IBAN: IT 54 D 05018 03200 0000 110 52792

Intestazione: GAZZELLA ONLUS – c/o BANCA ETICA di Roma

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Lorenzo Spurio

Matera, 27/08/2024

“François Mauriac, da dove è cominciato tutto?”, saggio di Fausta Genziana Le Piane

Nella letteratura tra le due guerre, François Mauriac rappresenta, con Bernanos, il romanzo d’ispirazione cristiana.

Nato a Bordeaux nel 1885, ricevette dalla madre un’educazione strettamente cattolica. Dopo gli studi al liceo e alla Facoltà di Lettere di Bordeaux, si stabilisce a Parigi, dove si dedica alla letteratura, pubblicando due raccolte poetiche (Les mains jointes, 1909; L’Adieu à l’adolescence, 1911). Rinunciando alla poesia per il romanzo, pubblica nel 1913 L’Enfant chargé de chaînes, ma il successo arriverà più tardi, nel 1922, con Le Baiser au lépreux. Questo libro non è soltanto il primo capolavoro di Mauriac, ma esprime anche, molto nettamente, il dono di questo romanziere cattolico per l’analisi, nel contesto dei costumi della sua provincia natale, del conflitto tra peccato e sacrificio, tra la vita dei sensi e la liberazione spirituale.

Negli altri romanzi (citiamo: Le Désert de l’amour, 1925; Thérèse Desqueyroux, 1927; Destins, 1928; Le Mystère Frontenac, 1931; Le noeud de vipères, 1932; La Fin de la nuit, 1935; La Pharisienne, 1941), Mauriac confermava le qualità di moralista e scrittore, dotato di uno stile sempre adeguato alle situazioni dei personaggi. Ma qualche cosa è cambiata o almeno ha subito un’evoluzione nella visione che questo romanziere si faceva del mondo. In effetti è facile seguire, attraverso le sue opere, il passaggio da un cupo pessimismo che lo spinge a osservare lo spettacolo del peccato e del crimine (Thérèse Desqueyroux), a una presenza della Grazia che dà al nodo oscuro della coscienza la speranza della salvezza. Questa evidenza del problema della Grazia conferisce all’opera di Mauriac, secondo alcuni critici, un tono tipicamente giansenista.

Tra le altre opere di questo scrittore ricordiamo una Vie de Jésus (1936), Asmodée (1937), Les mal aimés (1945) e Le Cahier noir (pubblicato nel 1943 con lo pseudonimo di Forez) in cui espresse la sua fede di resistente. Essendosi dedicato al giornalismo politico, pubblicò Bloc-Notes (1958). Partigiano del gollismo, scrisse una biografia del Generale (De Gaulle, 1964). Mauriac si spense nel 1970.

Il poeta, scrittore e giornalista francese François Mauriac

Thérèse Desqueyroux

Accusata di aver tentato di avvelenare il marito, Thérèse Desqueyroux, protagonista dell’omonimo romanzo (1927) di Mauriac, è infine messa in libertà per non luogo a procedere, in seguito alla deposizione favorevole dello stesso marito desideroso di soffocare lo scandalo che travolge il nome della propria famiglia.

Rientrando ad Argelouse, uno sperduto villaggio della Gironda ove il marito l’attende, Teresa prepara la sua difesa in vista di una riappacificazione ma, evitando le facili e meschine giustificazioni, va alla ricerca delle ragioni che l’hanno condotta al crimine. Evoca così – e siamo alla pagina che qui presentiamo – la sua infanzia, che essa stessa vede come “de la neige à la source du fleuve le plus sali” (“neve alla fonte del fiume più sporco”). Si rivede pura accanto alla sua amica prediletta, Anna, ma la sua non è una semplicità sciocca, dovuta all’ignoranza delle cose. Disegna per sé l’immagine di un angelo, ma di “un ange plein de passion” (“un angelo pieno di passione”, presenza del tema della sensualità). Lasciando al lettore la scoperta di queste notazioni, ci limitiamo a osservare quanto sinuosa e sottile, lucida e spietata sia questa ricerca di Mauriac, che insiste sulle pieghe più riposte e più lontane dell’anima per rintracciarvi il senso di un destino.

Le speranze di Teresa risulteranno vane. Il marito, nella sua sanguigna semplicità, non è fatto per capire e comprendere la complessità delle cose e quindi, dopo averla sacrificata ad Argelouse, conduce la moglie a Parigi, ove l’abbandona.

“Attraversò a tentoni il giardino del capostazione, sentì i crisantemi senza vederli. (In tutto il libro domina il senso dell’olfatto: sentire i crisantemi è più importante che vederli, attraversare il giardino è più importante che vedere i fiori e gli alberi).

Nessuno nello scompartimento di prima classe, dove d’altra parte la luce fioca del treno non sarebbe stata sufficiente ad illuminare il suo viso. Impossibile leggere: ma quale racconto non sarebbe sembrato insipido a Teresa, al prezzo della sua vita terribile? Forse morirebbe di vergogna, di angoscia, di rimorso, di fatica – ma non morirebbe di noia. (La luce non è sufficiente, luce in tutti i sensi. Teresa è nelle tenebre del peccato: ancora una volta il senso della vista non è coinvolto. Il tema della luce attraversa tutti il libro alternato a quello del buio. Ecco i sentimenti che offuscano Teresa, la opprimono: vergogna, angoscia, rimorso, fatica. La donna aspira al perdono e per questo prepara la sua difesa, la confessione che le consentirà di arrivare al sospirato perdono – che non arriverà).

Si cacciò in un angolo, chiuse gli occhi. Era verosimile che una donna della sua intelligenza non arrivasse a rendere questo dramma intellegibile? Sì, finita la confessione, Bernard l’avrebbe risollevata: “Va’ in pace, Teresa, non ti preoccupare. Nella casa di Argelouse, aspetteremo insieme la morte, senza che possano mai separare le cose compiute. Ho sete. Scendi in cucina. Prepara un bicchiere di aranciata. Lo berrò d’un fiato, anche se è torbido. Cosa importa se il gusto mi ricorda quello che aveva un tempo il mio cioccolato del mattino? Ti ricordi, mia cara, tutto quel vomitare? La tua cara mano sosteneva il mio capo; tu non distoglievi lo sguardo da quel liquido verdastro; le mie sincopi non ti spaventavano. Tuttavia, come diventasti pallida quella notte in cui mi accorsi che le mie gambe erano inerti, insensibili. Tremavo, ricordi? E quell’imbecille del dottor Pédemay meravigliato che la temperatura fosse così bassa e il polso così agitato…”. (Confessione, notte – anche notte e buio del peccato -, gusto: temi costanti).

“Ah! Pensa Teresa, non avrà capito. Bisognerà ricominciare dall’inizio…” Dove è l’inizio dei nostri atti? Il nostro destino, quando vogliamo isolarlo, somiglia a quelle piante che è impossibile strappare con tutte le radici. Teresa risalirà fino all’infanzia? Ma l’infanzia stessa è una conclusione, un risultato. L’infanzia di Teresa: neve alla fonte del fiume più sporco. (Teresa si interroga sul suo destino, è un misto di purezza e peccato: è pura come la neve, vuole essere pura ma è contaminata, è sporca, la passione la domina. Angelo e demonio. Più volte nel corso del romanzo si definisce mostro).

Al liceo, era sembrata vivere indifferente e come assente dalle piccole tragedie che laceravano i suoi compagni. Gli insegnanti spesso proponevano l’esempio di Thérèse Larroque (è il nome di famiglia di Thérèse): Teresa non chiede altra ricompensa che, se non la gioia di realizzare in sé stessa un tipo di umanità superiore. La sua coscienza è l’unica e sufficiente luce. (Eccola la luce alla quale Teresa nella sua oscurità tende!).

L’orgoglio di appartenere alla élite umana la sostiene meglio di quello che farebbe la paura del castigo…”. (Altro binomio fondamentale, il perdono e il castigo).

Così si esprimeva uno dei suoi insegnanti. Teresa si interroga: “Sono felice? Sono così candida? Tutto ciò che precede il mio matrimonio assume nel mio ricordo questo aspetto di purezza: contrasto, senza dubbio, con l’inevitabile sudiciume delle nozze. Il liceo, al di là del mio tempo di sposa e di madre, mi appare come un paradiso. Allora non ne ero cosciente. Come avrei potuto sapere che in quegli anni prima della vita stavo vivendo la vera vita? Pura, io l’ero: un angelo, sì! Ma un angelo pieno di passione (Teresa è un misto di purezza – alla quale tende – e tenebre).

Qualunque cosa pretendessero le mie insegnanti, soffrivo e facevo soffrire. Gioivo del male che causavo e di quello che proveniva dalle mie amiche; pura sofferenza che nessun rimorso alterava: dolori e gioie nascevano dai più innocenti piaceri”.  (Teresa indaga sull’origine dei suoi atti e per fare questo risale all’infanzia e al liceo).

La ricompensa di Teresa, era, quando la stagione bruciava, di non giudicarsi indegna di Anna (Anne de la Trave, l’amica d’infanzia di Teresa) che raggiungeva sotto le querce di Argelouse. (Le querce con i pini rappresentano lo sfondo naturale di tutto il romanzo. La quercia è un albero sacro investito dei privilegi della divinità suprema del cielo, senza dubbio perché attira il fulmine e rappresenta la maestà).

Occorreva che potesse dire alla bambina educata al Sacré-Coeur: “Per essere pura come te, non ho bisogno di tutti quei nastri né di tutti quei ritornelli…”Magari la purezza di anna fosse fatta di ignoranza. Le dame del Sacré-Coeur interponevano mille veli tra la realtà e le loro ragazzine. Teresa le disprezzava perché confondevano virtù e ignoranza: “Tu, cara, non conosci la vita…”, ripeteva in quelle lontane estati d’Argelouse. Quelle belle estati…Teresa, nel trenino che si mette in moto, infine, confessa che il suo pensiero deve risalire fino a loro, se vuole vedere chiaro. Incredibile verità che in quelle albe completamente pure della nostra vita, i peggiori temporali erano già sospesi. Mattinate troppo blu: cattivo segno per il tempo del pomeriggio e della sera. Annunciano aiuole devastate, i rami rotti e tutto quel fango. Teresa non ha riflettuto, non ha premeditato mai in nessun momento della sua vita; nessuna curva brusca: ha sceso una pendenza insensibile, prima lentamente poi più velocemente. La donna persa di quella sera è proprio quell’essere radioso che fu durante le estati di quell’Argelouse dove ora torna furtiva e protetta dalla notte. Che fatica! A che scopo scoprire gli aspetti segreti di ciò che è compiuto? La giovane donna. Attraverso i finestrini, non distingue nulla se non il riflesso del suo volto morto. Il ritmo del trenino si rompe; la locomotiva soffia a lungo, si avvicina con prudenza alla stazione. Una lanterna da un braccio, richiami in gergo, le grida acute dei maialini sbarcati: già Uzeste. Ancora una stazione, e sarà Saint Clair da dove occorrerà compiere in una vettura a cavalli l’ultima tappa verso Argelouse. Resta poco tempo a Teresa per preparare la sua difesa! (“Non puoi immaginare la liberazione dopo la confessione, dopo il perdono, – quando di nuovo puliti, si può ricominciare la propria vita”, così diceva a Teresa l’amica Anna. Teresa anela al perdono del marito, di Bernard che però la respingerà. La natura gioca un ruolo importantissimo ed è sempre associata ai turbamenti della protagonista, al suo sentire. Il pino è molto importante e generalmente, in Estremo Oriente, è simbolo d’immortalità, cosa che spiegano contemporaneamente la persistenza del fogliame e l’incorruttibilità della resina. I pini sono legati all’incontro di Teresa con Jean: riflettono, come uno specchio, gli stati d’animo della donna).

I pini: Il mio primo incontro con Jean…Devo ricordare ogni circostanza: avevo scelto di andare a quella colombaia abbandonata dove mangiavo un tempo con Anna e dove sapevo che, dal quel momento in poi, le era piaciuto raggiungere quel Azévédo. No, non era nella mia mente, un pellegrinaggio. Ma i pini, da quel lato, sono cresciuti troppo perché si possa spiare i colombacci: non rischiavo di disturbare i cacciatori. Questa colombaia non poteva più servire poiché tutta la foresta intorno nascondeva l’orizzonte: le cime allontanate non quei grandi viali di cielo dove chi spia vede sorgere i voli.

FAUSTA GENZIANA LE PIANE


Bibliografia

François Mauriac, Thérèse Desqueyroux, éd. Grasset, 1956.

Le traduzioni nel corpo del testo sono di Fausta Genziana Le Piane


Questo saggio viene pubblicato su questo spazio dietro autorizzazione da parte dell’Autrice che nulla avrà a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. La riproduzione del saggio, in forma parziale o integrale e su qualsiasi tipo di supporto, non è consentita senza l’autorizzazione da parte dell’Autrice.

Rivista “Nuova Euterpe” n°01/2023 – Lista delle opere

COMUNICATO DI SELEZIONE OPERE

RIVISTA «NUOVA EUTERPE» N°01/2023

La Redazione della Rivista «Nuova Euterpe» – composta da Lucia Bonanni, Luigi Pio Carmina, Antonio Corona, Lucia Cristina Lania, Francesca Luzzio, Emanuele Marcuccio, Francesco Martillotto, Lorenzo Spurio, Laura Vargiu e Michela Zanarella – ha letto attentamente le numerose opere giunte, per ciascuna sezione di riferimento, per la selezione di opere per il primo numero della rivista che proponeva quale tema a cui rifarsi, pur liberamente, “I libri: lo specchio dell’io” e, considerando i parametri tecnico-formali e contenutistici della Redazione, ha deciso di selezionare le opere di seguito indicate per la pubblicazione del primo numero della rivista.

Con la finalità di non pregiudicare la selezione di opere ritenute molto buone e in linea con la partecipazione della rivista, la Redazione ha deciso di riconoscere una deroga in merito ai limiti massimi di lunghezza previsti nelle sopracitate “Norme”, garantendo così ad alcune opere di essere ugualmente inserite in questa selezione.

Le opere, pubblicate in prima battuta sul sito internet della Rivista (www.nuovaeuterpe.com), a seguito di una revisione del progetto e della dismissione del predetto sito, sono state trasmigrate all’interno delle pagine del sito www.blogletteratura.com a Febbraio 2024, spazio dove, pure, verranno pubblicate le opere selezionate dei successivi numeri.

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AFORISMI

FUSCO LORETTA – Aforisma nr. 1 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-astrazione-aforisma-di-loretta-fusco/

MAGLI SIMONE – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-aforisma-di-simone-magli/

PACI GABRIELLA – Aforisma nr. 1 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-il-potere-della-lettura-aforisma-di-gabriella-paci/

PELLINO MARIA – Aforisma nr. 1 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-aforisma-di-maria-pellino/

ROMANO TOMMASO – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-aforisma-di-tommaso-romano/

TONINI CLAUDIO – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-emozioni-un-aforisma-di-claudio-tonini/

VARGIU LAURA – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-libri-un-aforisma-di-laura-vargiu/

VESCHI MICHELE – Aforismi nr. 1,2, e 3 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-tre-aforismi-di-michele-veschi/

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POESIA

ALEXANDRU ELENA DENISA – “Gli affetti” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-gli-affetti-poesia-di-elena-denisa-alexandru/

BALDI FABIA – “[Sempre più lento]” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-sempre-piu-lento-poesia-di-fabia-baldi/

BLUNDA ANTONIO – “Breve fiaba dell’Ade” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-breve-fiaba-dellade-poesia-di-antonio-blunda/

BONSANTE MATTEO – “Seid Visin” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-seid-visin-sento-gli-sguardi-schifati-per-la-mia-pelle-poesia-di-matteo-bonsante/

BORSCI CATERINA – “Trame” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-trame-poesia-di-caterina-borsci/

CANAPINI FRANCA – “Il bacio” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-il-bacio-poesia-di-franca-canapini/

CARLI BALLOLA RICCARDO – “Possibilità ipotetiche” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-possibilita-ipotetiche-poesia-di-riccardo-carli-ballola/

CARMINA LUIGI PIO – “Euterpe” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-euterpe-poesia-di-luigi-pio-carmina/

CARRABBA MARIA POMPEA – “Quei nudi ruderi di storia” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-quei-nudi-ruderi-di-storia-poesia-di-maria-pompea-carrabba/

CASATI ROBERTO – “Ai margini dell’oceano” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-ai-margini-delloceano-poesia-di-roberto-casati/

CORONA ANTONIO – “Un foro nella roccia” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-foro-nella-roccia-poesia-di-antonio-corona/

DE FELICE SANDRA – “Tracce di inchiostro” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-tracce-di-inchiostro-poesia-di-sandra-de-felice/

DE ROSA MARIO – “Il popolo del libro” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-il-popolo-del-libro-poesia-di-mario-de-rosa/

DEMI CINZIA – “Labirinto” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-labirinto-poesia-di-cinzia-demi/

FERRERI TIBERIO TINA – “All’ombra della luna” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-allombra-della-luna-poesia-di-tina-ferreri-tiberio/

FUSCO LORETTA – “Introspezione”; “Passaggio interiore” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-introspezione-e-paesaggio-interiore-due-poesie-di-loretta-fusco/

GAGLIARDI FILOMENA – “A chi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-a-chi-poesia-di-filomena-gagliardi/

GRECO GABRIELE – “Quasi un addio” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-quasi-un-addio-poesia-di-gabriele-greco/

GUILLAUME GIAN LUCA – “Ricordi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-ricordi-poesia-di-gian-luca-guillaume/

KOSTKA IZABELLA TERESA – “Catarsi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-catarsi-poesia-di-izabella-teresa-kostka/

LANGIU ANTONIETTA – “La tua voce” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-la-tua-voce-poesia-di-antonietta-langiu/

LANIA CRISTINA – “Pagine” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-pagine-poesia-di-lucia-cristina-lania/

MANCA SANDRA – “Una voce come il vento” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-una-voce-come-il-vento-poesia-di-sandra-manca/

MAUTHE UGO – “C’è stata battaglia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-ce-stata-battaglia-poesia-di-ugo-mauthe/

MONTICELLI ALESSANDRO – “Restare” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-restare-poesia-di-alessandro-monticelli/

NAPOLITANO GIUSEPPE – “Un fiammifero nel buio” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-un-fiammifero-nel-buio-di-giuseppe-napolitano/

PACI GABRIELLA – “Scrivo le mie parole” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-scrivo-le-mie-parole-poesia-di-gabriella-paci/

PASERO DARIO – “Le tragedie” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-le-tragedie-a-son-pi-paressante-ancheuj-che-n-sle-stagere-datene-poesia-di-dario-pasero/

PATTACINI WANDA – “Il dono della poesia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-il-dono-della-poesia-poesia-di-wanda-pattacini/

PIERANDREI PATRIZIA – “Riflessione” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-riflessione-poesia-di-patrizia-pierandrei/

QUINTAVALLA MARIA PIA – “L’anima, questo dura” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-lanima-questo-dura-poesia-di-maria-pia-quintavalla/

RICCIALDELLI SIMONA – “Quel povero io” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-quel-povero-io-poesia-di-simona-riccialdelli/

RUFFILLI PAOLO – “Libro” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-libro-poesia-di-paolo-ruffilli/

RUSSOTTI JOSE’ – “Ardeva nella casa” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-ardeva-nella-casa-poesia-di-jose-russotti/

SANTARELLI ANNA – “Un libro” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-un-libro-poesia-di-anna-santarelli/

SEGHETTA ANDREOLI EVARISTO – “Libri” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-libri-poesia-di-evaristo-seghetta-andreoli/

SERPENTINI ELSO SIMONE – “Tappeto di foglie” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-tappeto-di-foglie-poesia-di-elso-simone-serpentini/

SICA GABRIELLA – “Diario Mille novecento novanta nove di Zeichen” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-diario-mille-novecento-novanta-nove-di-zeichen-poesia-di-gabriella-sica/

SIDOTI MARIA GIULIA – “Un alito di vento” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-un-alito-di-vento-poesia-di-giulia-maria-sidoti/

SPAGNUOLO ANTONIO – “Sere” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-sere-poesia-di-antonio-spagnuolo/

STANZIONE RITA – “Liberi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-liberi-poesia-di-rita-stanzione/

TONINI CLAUDIO – “Sorte di un poeta”; “Riflessi di malinconia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-sorte-di-un-poeta-e-riflessi-di-malinconia-due-poesie-di-claudio-tonini/

TRIVAK BOGDANA – “I libri. Lo specchio dell’io” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-i-libri-lo-specchio-dellio-poesia-di-bogdana-trivak/

VETTORELLO RODOLFO – “Illuminazione, sentire prima di capire”; “Le verità provvisorie” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-le-verita-provvisorie-e-illuminazione-sentire-prima-di-capire-due-poesie-di-rodolfo-vettorello/

ZANARELLA MICHELA – “Nel giardino di Sophia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-02023-nel-giardino-di-sophia-poesia-di-michela-zanarella/

ZANIBONI LUCIO – “Alichino” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-alichino-poesia-di-lucio-zaniboni/

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ARTICOLI

CAMELLINI SERGIO – “La visione in maschera e pessimistica di Luigi Pirandello” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-visione-in-maschera-e-pessimistica-di-luigi-pirandello-articolo-di-sergio-camellini/

DAVOLI VITO – “La “Lucania” di Davide Trufelli: il senso dell’appartenenza senza alcun possessivo” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-la-lucania-di-mario-trufelli-il-senso-dellappartenenza-senza-alcun-possessivo-articolo-di-vito-davoli/

FERRERI TIBERIO TINA – “Il libro, manifestazione dell’essere” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-il-libro-manifestazione-dellessere-articolo-di-tina-ferreri-tiberio/

INNOCENZI FRANCESCA – “Annamaria Ferramosca, poeta del primigenio presente” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-annamaria-ferramosca-poeta-del-primigenio-presente-articolo-di-francesca-innocenzi/

LINGUAGLOSSA GIORGIO – Nuove tendenze estetiche. La poetry kitchen. Che cos’è?” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-nuove-tendenze-estetiche-la-poetry-kitchen-che-cose-articolo-di-giorgio-linguaglossa/

MAGGIO GABRIELLA – “Simona Lo Iacono Versus Anna Maria Ortese” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-simona-lo-iacono-versus-anna-maria-ortese-articolo-di-gabriella-maggio/

PARDINI NAZARIO – “Il poeta e la poesia (Ai ragazzi del Liceo Classico “Galileo Galilei” di Firenze)” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/il-poeta-e-la-poesia-ai-ragazzi-del-liceo-classico-galileo-galilei-di-firenze-articolo-di-nazario-pardini/

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SAGGI

BALDAZZI CINZIA – “Lo sguardo nudo. Le novelle di Luigi Pirandello come specchio della vita” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-lo-sguardo-nudo-le-novelle-di-luigi-pirandello-come-specchio-della-vita-saggio-di-cinzia-baldazzi/

BONANNI LUCIA – “Risonanze emotive e cognitive nel romanzo. Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-risonanze-emotive-e-cognitive-nel-romanzo-tutto-chiede-salvezza-di-daniele-mencarelli-saggio-di-lucia-bonanni/

CATALANO ETTORE – “Divagazioni letterarie tra peste e guerra” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-divagazioni-letterarie-tra-peste-e-guerra-saggio-di-ettore-catalano/

DAVOLI VITO – “Un ramo, un affluente, un bagliore. Percorsi lirici: cinque passi nella poesia di Alfredo Pérez Alencart. Una lettura possibile” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-un-ramo-un-affluente-un-bagliore-percorsi-lirici-cinque-passi-nella-poesia-di-alfredo-perez-alencart-saggio-di-vito-davoli/

DE ROSA GIUSI MANUELA – “Tommaso Landolfi, l’odioso pronome e lo specchio opaco dell’autobiografismo” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-tommaso-landolfi-lodioso-pronome-e-lo-specchio-opaco-dellautobiografismo-saggio-di-giusi-manuela-de-rosa/

DE STASIO CARMEN – “Una scrittrice nata. Impressioni allo specchio. Lettura dei molteplici “io” nei libri di Virginia Woolf – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-una-scrittrice-nata-impressioni-allo-specchio-la-lettura-dei-molteplici-io-nei-libri-di-virginia-woolf-saggio-di-carmen-de-stasio/

DI SORA AMEDEO – “Il “libro” teatrale della Grecia Antica” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-il-libro-teatrale-della-grecia-antica-saggio-di-amedeo-di-sora/

ENNA GRAZIELLA – “La lacrima e il sorriso: Ortis e Didimio Chierico” –

https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-la-lacrima-e-il-sorriso-ortis-e-didimo-chierico-saggio-di-graziella-enna/

FERRARIS MARIA GRAZIA – “I libri: lo specchio dell’Io. Guido Morselli e l’ultimo romanzo Dissipatio H.G.”https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-i-libri-lo-specchio-dellio-guido-morselli-e-lultimo-romanzo-dissipatio-h-g-saggio-di-maria-grazia-ferraris/

FOLLACCHIO DILETTA – “Per l’alto mare aperto. Una rilettura del canto XXVI dell’Inferno” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-per-lalto-mare-una-rilettura-del-canto-xxvi-dellinferno-saggio-di-diletta-follacchio/

LADOLFI GIULIANO – “La concezione di arte nell’Età Globalizzata” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-concezione-di-arte-nelleta-globalizzata-saggio-di-giuliano-ladolfi/

LE PIANE FAUSTA GENZIANA – “La memoria del cuore. Albert Camus, “il primo uomo”: come una luna solitaria e vibrante, destinata a spezzarsi all’improvviso e per sempre”. – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-la-memoria-del-cuore-albert-camus-il-primo-uomo-come-una-lama-solitari-e-vibrante-destinata-a-spezzarsi-allimprovviso-e-per-sempre-saggio-di-fausta-genziana-le-piane/

MAFFIA DANTE – “Follia e poesia” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-follia-e-poesia-saggio-di-dante-maffia/

MARTILLOTTO FRANCESCO – ““Maggiori testimoni del vero”. La dialettica tra “vita” ed “opere” in Torquato Tasso attraverso le Lettere” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-maggiori-testimoni-del-vero-la-dialettica-tra-vita-ed-opere-in-torquato-tasso-attraverso-le-lettere-saggio-di-francesco-martillotto/

PASERO DARIO – “Quando una lingua non basta: Beppe Fenoglio e La malora” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-quando-una-lingua-non-basta-beppe-fenoglio-e-la-malora-saggio-di-dario-pasero/

SCARTAGHIANDE GINO – “Il paradigma cristologico nella poesia di Amelia Rosselli” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-il-paradigma-cristologico-nella-poesia-di-amelia-rosselli-saggio-di-gino-scartaghiande/

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RECENSIONI

BIOLCATI CRISTINA – Recensione di Lo sguardo deluso degli specchi di Luca Gamberini – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-recensione-a-lo-sguardo-deluso-degli-specchi-di-luca-gamberini-a-cura-di-cristina-biolcati/

FERRAMOSCA ANNAMARIA – Recensione di En cada ventana de azul / Ad ogni finestra d’azzurro di Claudia Piccinno (traduzione di Elisabetta Bagli) – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-en-cada-ventana-de-azul-ad-ogni-finestra-dazzurro-di-claudia-piccinno-recensione-di-annamaria-ferramosca/

FERRAMOSCA ANNAMARIA – Recensione di Ogni respiro un mondo di Tiziana Colusso – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-recensione-di-ogni-respiro-un-mondo-di-tiziana-colusso-a-cura-di-annamaria-ferramosca/

MAGAZZENI LOREDANA – Recensione di Amatissime di Giulia Caminito – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-nostra-casa-sono-i-libri-che-amiamo-libri-da-leggere-libri-che-ci-hanno-formato-libri-amatissimi-e-speciali-come-quello-di-giulia-caminito-amatissime-recensione-di-loredana/

MAUGERI ANGELO – Recensione di Brezza ai margini di José Russotti – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-alternanza-lirica-tra-vita-e-silenzio-brezza-ai-margini-di-jose-russotti-recensione-di-angelo-maugeri/

PELLINO MARIA – Recensione di Lockarmi e curarmi con te di Zairo Ferrante – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-lessenza-dellessere-pensiero-anima-e-ragione-recensione-a-lockarmi-e-curarmi-con-te-di-zairo-ferrante-a-cura-di-maria-pellino/

SIDOTI MARIA GIULIA – Recensione di È già mattina di Alberto Samonà – https://blogletteratura.com/2024/01/31/e-gia-mattina-storia-di-alessandria-la-bambina-che-visse-due-volte-di-alberto-samona-recensione-di-giulia-maria-sidoti/

SPURIO LORENZO – Recensione di La rosa segreta. Velate assenze d’armoniche rime di Paolo Ottaviani – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-rosa-segreta-velate-assenze-darmoniche-rime-di-paolo-ottaviani-recensione-di-lorenzo-spurio/

VARGIU LAURA – Recensione di La ragione della polvere di Luca Pizzolitto – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-ragione-della-polvere-di-luca-pizzolitto-lestrema-fragilita-del-vivere-recensione-di-laura-vargiu/

VINCITORIO ANNA – Recensione di Solchi nel bianco di Franco Manescalchi – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-recensione-a-solchi-nel-bianco-di-franco-manescalchi-a-cura-di-anna-vincitorio/

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N.E. 01/2023 – “La memoria del cuore. Albert Camus, “il primo uomo”: come una lama solitari e vibrante, destinata a spezzarsi all’improvviso e per sempre”. Saggio di Fausta Genziana Le Piane

            4 gennaio 1960. Albert Camus muore in un incidente stradale. Tra i rottami dell’automobile fu rinvenuto un manoscritto con correzioni, varianti e cancellature: la stesura originaria di Il primo uomo, sulla quale la figlia Catherine, dopo un meticoloso lavoro filologico, ha ricostruito ciò che è diventato  Il primo uomo, Bompiani, 2015.

            Romanzo di una crescita, quando il primo uomo, cioè l’uomo in formazione, prefigura l’adulto. Il libro è ricco di esperienze condivise, incontri, scelte e ricordi: ecco la chiave, Camus è stato costantemente nutrito nel cuore e tutto contribuisce a costruire l’uomo definitivo. Ma c’è comunque il primo, che è tuttavia già un uomo, non un bambino. Perché?

            Non può esserci più alta ispirazione e nello stesso tempo più profonda coscienza del reale di quelle che troviamo nella poetica narrazione che Camus fa del proprio percorso.

                        Da Algeri, una donna, che è incinta e non sente, un bambino di quattro anni e un uomo, il marito, Henry Cormery, si recano a Bona per poi dirigersi alla tenuta vicina al villaggio di Solerino, di cui l’uomo doveva assumere la gestione. È il padre dello scrittore, Camus si rende conto che ha bisogno del padre che non ha mai conosciuto in quanto morto in seguito in guerra: ho cercato sin dall’inizio, ancora bambino, di scoprire da solo che cosa fosse bene e che cosa fosse male – poiché intorno a me nessuno era in grado di dirmelo. E ora che tutto mi abbandona, mi rendo conto di aver bisogno di qualcuno che mi indichi la strada e mi dia biasimo e lode, non in nome del potere ma in quello dell’autorità, ho bisogno di mio padre (Albert Camus, op. cit., p. 42). Ecco allora la ricerca delle tracce del padre, il pellegrinaggio alla sua tomba.

            Tante sono le presenze importanti nel libro come Etienne (o Ernest), il fratello della madre, vittima di accessi di collera, che vive con loro, come Victor Malan, un suo amico, che aveva sempre lavorato nell’amministrazione doganale e che era andato in pensione, il gruppo degli amici d’infanzia, Pierre, Joseph, Jean, Max, ecc. ma su tutte prevalgono le figure della madre (ciò che lui ama di più al mondo, sia pure di un amore disperato)  e della nonna, fredda e distante. Ecco le parole dello scrittore nel rivedere la madre ad Algeri con l’intento di avere anche notizie del padre: Quando fu davanti alla porta, sua madre aprì e gli si gettò fra le braccia. Poi, come ogni volta che si rivedevano, lo baciò due o tre volte, stringendolo a sé con tutte le sue forze, e lui sentì sulle braccia le costole e le ossa dure e sporgenti delle spalle un po’ tremule, mentre respirava il dolce profumo della pelle che gli ricordava quel punto, sotto il pomo d’Adamo, fra i due tendini giugulari, che non osava più baciare, ma che piaceva respirare e accarezzare da bambino, quelle rare volte in cui lo prendeva sulle ginocchia e lui fingeva d’addormentarsi, con il naso schiacciato contro quel piccolo incavo che aveva l’odore, troppo raro, nella sua vita infantile, della tenerezza (p. 62). Era sempre stata civetta e, per quanto vestisse poveramente, il figlio non ricordava di averle mai visto addosso qualcosa di brutto, faceva il bucato e le pulizie per gli altri ma lavorava anche per i suoi. Analfabeta, con difficoltà di parola (un tifo, forse), dolce, gentile, conciliante, persino passiva, e tuttavia mai conquistata da niente e da nessuno, isolata nella sua semisordità, nelle sue difficoltà con la lingua, bella certo, ma inaccessibile, e più ancora quanto più sorrideva, e il cuore di Jacques si slanciava verso di lei (…) (p. 65). Catherine, ammirata, amata, verso la quale Albert rivolge i suoi sentimenti più dolci: A Jacques piaceva guardare la madre o la nonna quando compivano la cerimonia dell’acconciatura. Con uno asciugamano sulle spalle, la bocca piena di forcine, pettinavano con cura i lunghi i capelli bianchi o bruni, poi li sollevavano, li tiravano in bandeaux molto serrati sino allo chignon sulla nuca, che crivellavano di forcine, tolte l’una dopo l’altra dalla bocca, schiudendo le labbra e stringendo i denti, e piantate l’una dopo l’altra nella massa compatta della crocchia (p. 126).

Albert si rendeva conto che la povertà, l’infermità, il bisogno in cui viveva l’intera sua famiglia, se non giustificavano tutto, impedivano comunque di condannare quelli che ne erano vittime (p. 129). Albert si sente il più ricco e forse la capacità di amare era già in lui: Jacques li udiva allontanarsi, ne ascoltava le voci rozze e calorose, li amava (p. 117). Albert è capace di intuire gli istanti, di coglierli nella loro pienezza, in tutto ciò che hanno di dolce, di tenero, di intimo, di condiviso. Empatia, compassione, comprensione, questi sono i sentimenti con cui si è forgiato lo scrittore.

            Quale è l’eredità ricevuta? L’eredità è la capacità di amare talmente forte da essere anche da intralcio. Felicità fatta di piccole cose: …la luce, che si stava addolcendo in modo impercettibile, faceva apparire il cielo ancora più vasto, così vasto che il ragazzo sentiva salire le lacrime agli occhi, insieme con un grande grido di gioia e di gratitudine per la vita adorabile (p. 137). Può un’infanzia essere misera e felice? Albert non sarebbe mai stato sicuro che quei ricordi così ricchi che gli sgorgavano dentro corrispondessero davvero al bambino che era stato (p. 139). Si sa, si ha la tendenza a idealizzare, a mitizzare la propria infanzia (e anche il proprio padre). La vera nobiltà di Camus è la sua famiglia dalla quale impara ad amare la bellezza.

            Alla scuola comunale, è il signor Bernard (Germain) (forse il padre che non ha mai conosciuto?), amante appassionatamente del proprio mestiere, a modificare il destino di Albert: alla materna andava già con Pierre…i ragazzi erano diventati veramente amici, sin da quel primo giorno quando, con Jacques che portava ancora il grembiulino ed era stato affidato a Pierre, cosciente dei suoi calzoni e dei suoi doveri di maggiore, erano andati insieme alla scuola materna. E insieme avevano poi frequentato le varie classi, sino a quella per la licenza media in cui Jacques era entrato a nove anni. Per cinque anni, avevano fatto quattro volte al giorno lo stesso percorso, l’uno biondo e l’altro bruno, l’uno tranquillo e l’altro focoso, ma fratelli per le origini e il destino, bravi scolari entrambi e, nello stesso tempo, giocatori infaticabili (pp. 143-144).  La scuola è un’evasione dalla vita in famiglia, soltanto la scuola offriva a Jacques e Pierre le uniche gioie della vita, appagava la sete della scoperta. Con Germain, per la prima volta in vita loro, avevano sentito di esistere e di essere oggetto della più alta considerazione. Germain parlava della sua vita e della guerra che aveva fatto per quattro anni, leggeva ai ragazzi brani della Croix de bois di Dorgelès. Il giorno in cui, finito di leggere il libro, Albert ha il volto rigato di lacrime, ed è scosso da singhiozzi interminabili, Germain si avvicina, gli porge un libro, Croix de bois, appunto. Il maestro ha intuito il talento, la sensibilità di Camus, il desiderio di imparare, la curiosità, l’intelligenza. Il maestro lo predilige, lo ama, lo lancia nel mondo, assumendosi da solo la responsabilità di staccarlo dalle sue radici perché possa andare a fare scoperte ancora più grandi, lui che presenta Jacques al concorso per la borsa di studio per il liceo. La nonna aveva accettato che, per un beneficio più grande, il nipote, per qualche anno, non portasse soldi a casa.

Albert Camus

            Cosa ci dice questo primo uomo del futuro Camus? Che avrebbe sentito irresistibilmente l’attrazione delle donne straniere (recentemente è stata pubblicata la corrispondenza, 1944-1959, con Maria Casarès, attrice spagnola, grande amore dello scrittore), che avrebbe avuto un carattere multiforme che gli avrebbe facilitato tante cose, che avrebbe condiviso e difeso le cause dei più deboli, degli arabi lui, francese, che aveva vissuto ed era cresciuto con gli arabi, che avrebbe combattuto con i suoi scritti il colonialismo (A Solferino erano arrivati i coloni parigini: C’era molta disoccupazione a Parigi e la gente si agitava, così la Costituente aveva stanziato cinquanta milioni per finanziare una colonia, promettendo a chi accettava di emigrare una casa e da 2 a 10 ettari (pp. 190-191). Camus vive sulla sua pelle il rapporto con gli Arabi e infatti il problema della convivenza tra Francesi e Arabi lo interesserà tutta la vita. Il colonialismo sarà uno dei temi che più appassionerà lo scrittore perché siamo fatti per intenderci: Stupidi e rozzi come noi, ma con lo stesso sangue da uomini. Continueremo ancora un po’ ad ammazzarci, a tagliarci i coglioni, a torturarci. Poi ricominceremo a vivere tra uomini. È il paese che lo vuole (p. 187). La lettura delle pagine di questo libro ci dice ancora che lo scrittore avrebbe combattuto non solo la pena di morte ma anche la guerra (la guerra faceva parte del loro universo di ragazzi, non sentivano parlare d’altro: Si rese conto che la guerra non è una buona cosa, poiché sconfiggere un uomo è amaro quanto esserne sconfitto – p. 161), che avrebbe amato sempre con passione il calcio, rigorosamente con una palla di stracci!

            Quante volte ritroveremo nelle opere del grande scrittore i grandi temi dell’amore per i libri, della giustizia, della passione per la gloria e l’eroismo, del senso di vergogna che non lo abbandonerà mai, della strada, il quartiere, l’insaziabile voglia di vivere, un’intelligenza ingorda e selvaggia, il continuo delirio di gioia e poi le atmosfere del mediterraneo, il sole, la luce che acceca, la sabbia delle spiagge, la polvere, il furore del vento, il caldo torrido, tremendo che spesso faceva impazzire, la gente sempre più nervosa, il mare infocato sotto il sole: pensiamo a L’étranger (Lo straniero) e al luogo dove si svolge l’omicidio, al suo movente, l’arabo viene ucciso…per colpa del sole…

            Quali erano i passatempi del giovane Albert? Eccone uno: la fabbricazione di terrificanti veleni. I ragazzi avevano accatastato, sotto una vecchia panca di pietra addossata a un pezzo di muro coperto da una vite selvatica, tutto un armamentario di tubetti di aspirina, flaconi di medicine, vecchi calamai, cocci di stoviglie e tazze sbocconcellate che costituiva il loro laboratorio. E lì, isolati nel folto del parco, al riparo da occhi indiscreti, preparavano filtri misteriosi. La base era l’oleandro, semplicemente perché avevano spesso sentito dire che aveva un’ombra malefica e che l’imprudente che si fosse addormentato ai suoi piedi non si sarebbe risvegliato mai più. Le foglie e il fiore di questa pianta, quando era la stagione, venivano così triturati a lungo fra due sassi sino a formare una brutta pappa (malsana) che, col suo solo aspetto, prometteva una morte orribile. Questa pappa veniva lasciata all’aria, dove assumeva subito alcune iridescenze particolarmente spaventose. Nel frattempo, uno dei ragazzi correva a riempire d’acqua una vecchia bottiglia. Venivano poi triturate le pigne di cipresso. I ragazzi erano convinti che fossero malefiche soltanto perché e duri. Le due pappe venivano poi mescolate in una vecchia scodella, e filtrate attraverso un fazzoletto sporco. Il succo che se ne ricavava era maneggiato dai ragazzi con tutte le precauzioni che si devono prendere con un veleno fulminante. In altre parole, le travasavano con cura in tubetti d’aspirina o in flaconi di medicinali che   evitando di toccare il liquido. Ciò che restava lo mescolavano poi ad altre pappe, preparate con tutte le bacche che riuscivano a raccogliere, al fine di produrre una serie di veleni sempre più micidiali, meticolosamente numerati e lasciati sotto la panca di pietra sino alla settimana successiva, per far sì che la fermentazione rendesse quegli elisir irrimediabilmente funesti. Concluso questo tenebroso lavoro, J. E P. contemplavano estasiati la loro collezione di veleni e annusavano giubilanti l’odore acido e amaro che saliva dalla pietra macchiata di pappa verde. Quei veleni, però, non erano destinati a nessuno (pp. 246-247).

            Lentamente l’uomo si sviluppa, avanza: Sì, era un uomo, pagava una parte del suo debito…(280).A quarant’anni,  nel tornare ad Algeri, Jacques si vede quale è diventato, sa di essere certamente nulla in confronto alla madre, sa che c’è una parte oscura dell’individuo, ciò che in tutti quegli anni si era agitato in lui sordamente: Quella notte che era in lui, sì, quelle radici oscure e confuse che lo collegavano a questa terra splendida e terrificante, ai suoi giorni infuocati come alle sue sere improvvise che ti stringono il cuore, e che era stata come una seconda vita, forse la più vera sotto le apparenze quotidiane della prima, con una storia fatta di un susseguirsi di desideri oscuri e di sensazioni potenti e indescrivibili, l’odore delle scuole, delle stalle del quartiere, dei detersivi sulle mani di sua madre, dei gelsomini e dei caprifogli nei quartieri alti, delle pagine del dizionario e dei libri divorati, e l’odore acre dei gabinetti di casa sua e del magazzino di ferramenta, quello delle grandi aule fredde dove gli accadeva di entrare da solo prima o dopo la lezione, il calore dei compagni preferiti, l’odore di lana calda e di feci che si portava appresso Didier, o quello di acqua di colonia che la madre del grosso Marconi diffondeva a profusione su di lui e gli faceva venir voglia, sul banco della sua classe, di riavvicinarsi all’amico, il profumo di quel rossetto che Pierre aveva sottratto a una zia e che annusavano in molti (…). Era da questa oscurità che era in lui che nasceva quell’ardore famelico, quella follia di vivere che lo aveva sempre abitato e che ancora oggi lo manteneva intatto, rendendo soltanto più amara – in mezzo alla famiglia ritrovata e alle immagini dell’infanzia – l’improvvisa e terribile sensazione che il tempo della giovinezza stesse fuggendo… (p. 289).

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Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

“Disadatti all’esilio” a cura di Giorgio Anelli. Recensione di Lorenzo Spurio

Recensione di Lorenzo Spurio

Poche settimane fa, nella collana “Poesia” di Ladolfi Editore di Borgomanero (NO), Giorgio Anelli e Abigail hanno raccolto in un volume di pratica e piacevole consultazione una serie di testi scelti di poeti tra loro distanti (per appartenenza geografica, per periodo storico, per influssi e stile letterario) dal titolo emblematico Disadatti all’esilio.

Giorgio Anelli, che ha dedicato a Simone Cattaneo anche il prezioso volume di prose poetiche Di culto et orfico (Ladolfi, 2019), fornisce alcune considerazioni in merito a questa scelta d’inserimento. Nella quarta di copertina del volume (estratto dalla Prefazione) è possibile leggere: “Cosa c’entra un’antologia di poeti stranieri con Simone Cattaneo? Perché si è tentato un accostamento in apparenza bizzarro e inconsueto? E soprattutto, può avere senso? Forse, unicamente Andrea Temporelli ne potrebbe intuire la valenza ed il significato. Proprio lui [mi] […] raccontava del suo amico Simone Cattaneo, apostrofandolo quale nuovo Rimbaud. […] [La mia intenzione] […] è proprio quell[a] di dare (o quanto meno tentare di dare) giustizia al merito, ovvero di evidenziare una valenza europea ‒ se non addirittura internazionale ‒ nei versi, e quindi nell’opera, del poeta Simone Cattaneo”.

Ma chi era Cattaneo? Qualche nota biografica può risultare utile a chi non ha mai incontrato il suo nome né conosciuto i suoi versi lucidi e potenti. Simone Cattaneo (Saronno, 1974-2009) visionario e critico della società contemporanea, fu poeta irriverente e sfrontato. Nella sua poetica si avverte nettamente la tensione verso la libertà, la ricerca incalzante – fino al periglio – dello spirito libero. Dall’animo ribelle e refrattario al canone convenzionale, con la sua opera ha proposto la trattazione di tematiche vicine e afferenti non solo al disagio psico-emotivo e sociale ma anche alle condizioni spolianti, difficili e incerte dell’uomo nel contesto liquido e insicuro della società odierna. Il ricorrente dilemma esistenziale si coniuga alla crisi di valori e alla difficoltà di accoglimento in una società perennemente miope e disattenta. Pubblicò Nome e soprannome (Atelier, 2001) e Made in Italy (Atelier, 2008) mentre postuma è la raccolta-omnia Peace & Love (Il ponte del sale, 2012). Sulla sua opera poetica hanno scritto vari critici tra cui Roberto Roversi, Roberto Carifi, Andrea Temporelli, Giuliano Ladolfi, Davide Brullo, il sottoscritto e lo stesso Giorgio Anelli[1].

Cantore della disperazione e della vita appesa al filo (disoccupazione, malessere, solitudine, droga, immigrazione, violenza, etc.) Cattaneo è stato, pur senza volerlo, il Prometeo delle periferie, l’essere vagabondo che osserva criticamente, che denuncia con caparbia, che dice la sua in maniera netta e mai scontata, interloquendo con gli esponenti di una società dei recessi, che la norma non vorrebbe conoscere e finge di non sapere che esista. Come pure la loro richiesta d’aiuto silente. Autoironico e beffardo, non mancò neppure nell’atteggiamento cinicamente maldestro nei confronti di una società frantumata e colpevolmente disinteressata al bene sociale. In alcuni componimenti l’amara riflessione sul reale dà sfogo a un ripiegamento sofferto: “preferisco cercare una spiegazione che mi accompagni / dalla sera alla mattina come una sentenza capitale / che si possa eseguire solo lontano da te”.

A fianco di Cattaneo troviamo autori senz’altro importanti della letteratura internazionale seppur non propriamente canonici o ritenuti “classici” nel senso proprio del termine. In loro, per lo meno in senso generale e allargato, per ragioni di ordine diverso, la “consacrazione” unanime come autori imprescindibili non è mai giunta in forma inequivocabile. Ecco perché, con viva probabilità, i curatori del volume li accomunano a Cattaneo – maledetto contemporaneo – alla categoria labile e discutibile degli “esiliati”, di coloro che – sia in vita che in morte – sono stati minimizzati, tralasciati, più o meno volutamente dimenticati, relegati a una memoria asfittica e deludente, al cospetto di grandi indiscussi, giganti di pietra inscalfibili, auctoritas della contemporaneità.

Seguono nel volume le poesie di Emanuel Carnevali (Firenze, 1897 – Bologna, 1942). Entrambi i suoi genitori, che se lo contesero durante la sua infanzia per averlo con sé decretando in lui una condizione d’in-appartenenza e di squilibrio, erano italiani: il padre romagnolo, la madre torinese. La storia di Carnevali è quella di un racconto picaresco. Lasciata l’Italia alla volta degli Stati Uniti, lì visse a contatto con le sacche di emarginazione della metropoli a stelle e strisce imparando da autodidatta la lingua inglese e iniziando a scrivere versi (scriverà per sempre in quella lingua). Era ancora giovane quando venne colto da malattia e decise di ritornare nel paese natale. Condusse una vita disagiata in povertà e solitudine, passando da una clinica all’altra. Suoi i versi: “Io vado, solo come una roccia che sta / nuda e sola in un campo dove l’erba gioca. / Io vado, solo come un’orchidea in un bosco”. Unica compagna, fino alla fine dei suoi giorni, la scrittura che oggi ci permette di narrare la sua vicenda di disperato della nostra età. Autore sia di poesie che di racconti, molti dei quali raccolti postumi e riversati in italiano. Nel 1928, riferendosi alla luna, sua compagna di tante notti trascorse al freddo delle vie americane in compagnia di emarginati, scrisse: “Ma io voglio essere il tuo enfant terrible, / raccontare i tuoi segreti ad un branco di sciocchi, / raggirarti, tradirti, / Rivelare che la tua oscurità e il tuo candore / sono storie per creduloni”.

Incontriamo poi qualche opera dell’autore Benjamin Fondane (Iaşi, Romania, 1898 – Auschwitz, Polonia, 1944) scrittore e filosofo rumeno, di fede ebraica, naturalizzato francese. Fu vittima delle violenze antisionistiche del XX secolo. Negli anni ’20 fu nella capitale francese impegnato nell’attività di scrittore e pensatore. Secondo il suo approfondimento l’impegno in campo filosofico deve caratterizzarsi con una dimensione attiva, in un’azione, in una vera lotta in difesa della libertà. Arrestato nel 1944 dalla polizia collaborazionista della Repubblica di Vichy, venne deportato a Drancy e infine ad Auschwitz dove, come tanti, venne annientato nelle fameliche camere a gas. La sua opera maggiore viene considerata il Falso Trattato di estetica. Saggio sulla crisi del reale (1938).

Anelli ha inserito nel suo lavoro anche Catherine Pozzi (Parigi, 1882-1934) che sin da giovanissima fu a contatto con il mondo della cultura (i suoi genitori frequentavano, tra gli altri, Proust e Colette). Dal 1913 siglò le prime pagine personali di quello che sarà il suo “diario d’adulta” che non abbandonerà per tutta la vita e che oggi, quali strumento para-letterario, ci aiuta a conoscere la sua persona e ad approfondire la sua caratura intellettuale. Unita da una relazione turbolenta con il poeta simbolista Paul Valéry[2] (undici anni più grande di lei e al quale dedicherà la famosa poesia “Vale”) fino al 1928. Per mezzo di quest’ultimo conobbe un altro grande delle Lettere, Rainer Maria Rilke col quale fu platonicamente unita da una fertile corrispondenza datata 1924-1925. Nel 1927 pubblicò il racconto autobiografico Agnès e due anni dopo “Ave”, la sua unica poesia pubblicata in vita. Già cagionevole di salute da ragazza, i suoi ultimi anni furono segnati da un’infermità pesante.

La sua poesia è viscerale e appassionata, alimentata dagli ambienti foschi della notte, improntata alla predilezione dell’analogia, vicina all’orfismo mistico. Alcuni potenti versi impregnati di scavo emotivo e perlustrazione filosofica destinati all’amato Valéry ben evidenziano la sua ottundente passione di donna e l’originalità di poetessa: “Io ho ritrovato il celeste e il selvaggio / Il paradiso dove l’angoscia è desiderio. / L’altisonante passato che cresce di età in età / È il mio corpo e sarà il mio senso / Dopo la morte”.

Spazio anche a Victor Segalen (Brest, 1878 ‒ Huelgoat, 1919), scrittore, poeta, archeologo e critico letterario. Come archeologo importante fu il suo soggiorno nella Polinesia francese nel periodo 1903-1904. I suoi numerosi viaggi lo portarono anche in Cina e Giappone. Scrisse opere sul pittore Gaugain e il poeta Rimbaud, entrambe uscite postume. A lui è dedicata la seconda università della città di Bordeaux.

Il volume propone anche la quasi (completamente) sconosciuta Marceline Desbordes-Valmore (Douai, 1786 – Parigi, 1859) di professione attrice e cantante, che si esibì in varie circostanze a Bruxelles. Autodidatta, la sua prima raccolta di poesie, Élégies, è datata 1819. A questa seguirono altre raccolte che le diedero di che vivere, oltra a qualche premio a livello accademico. Seppur abbastanza nota al periodo, anche grazie alla considerazione di Baudelaire di cui vi è traccia, oggi è quasi completamente misconosciuta (di certo nel nostro Paese), sebbene possa essere considerata una precorritrice della poesia francese moderna. Complimenti, dunque, anche in questo caso, ad Anelli per il curioso “recupero” e per la riproposta della sua vicenda esistenziale, seppur in pillole, e del suo trascorso poetico. Una delle potenzialità di questo libro è proprio quella di accogliere questi “spunti” per un’eventuale ricerca delle loro opere e un approfondimento. Lirismo intenso e asciutto, il suo, dedicò anche alcuni versi al primo figlio morto, richiamato con il nome di Oliver. In una lirica amorosa leggiamo: “Ma se viviamo solo nella speranza e nell’allarme, / Smettiamo di vederci, / Condividiamo al meglio: io trattengo le lacrime, / Tu continua a sperare”.

Prima fila (da sinistra): Simone Cattaneo, Emanuel Carnevali, Catherine Pozzi e Victor Segalen.
Seconda fila (sa sinistra): Marceline Desbordes-Valmore e Benjamin Fondane.

Per concludere possiamo dire che quelle incluse in quest’opera sono voci particolari, senz’altro non canoniche, fuori dagli schemi ordinari e, in qualche caso, di insoddisfatti della vita, o di rimasti relegati al loro tempo storico in cui sono vissuti. Parole che in certi casi si fanno ispide, irruente ed emblematiche, dolorosamente ambigue, atte ad esprimere, proprio come i “pugni di Cattaneo, unici, irripetibili, inimitabili” il senso di disagio, l’in-appartenenza, la vulnerabilità, l’in-ascolto, la lontananza, la complessità del proprio io interiore. Un Parnaso degli inferi, potremmo dire, senz’altro un diorama complicato e frastagliato, poco approfondito, di certo in questa chiave antologico-comparativa che si allontana da qualsiasi prerogativa già percorsa imboccando un sentiero di particolare originalità, di cui Anelli ci aiuta a far luce, tramite versi drammatici e appassionati, a tratti coinvolgenti e a tratti quasi disturbanti. Opere che scantonano l’astratto per afferrarsi con le unghie alle difficoltà e al trauma del quotidiano, in un concentrato di versi che amplifica quella contaminazione totale tra vita e letteratura.

Lorenzo Spurio

Matera, 18/01/2024


[1] Una nota bio-bigliografica più approfondita può essere letta nel volume antologico del IX Premio di Poesia “L’arte in versi” curata dal sottoscritto dove a Cattaneo è stato riconosciuto il Premio Speciale “Alla Memoria” nel 2020. Nel medesimo volume trova collocazione la motivazione critica di conferimento del Premio. Entrambi i testi sono ripubblicati e disponibili online nell’apposita sezione “Alla Memoria” del Premio a questo link: https://premiodipoesialarteinversi.blogspot.com/2023/09/simone-cattaneo.html

[2] La poetessa e saggista Flavia Novelli ha approfondito la tormentata relazione amorosa ed epistolare tra Catherine Pozzi e Paul Valéry nel quattordicesimo capitolo del suo libro Amori diVersi. Le grandi storie d’amore tra poeti raccontate attraverso scambi epistolari, diari e poesie, Porto Seguro, Firenze, 2022. Una mia recensione a questo libro è stata pubblicata in «Verbum Press», anno IV, n°17, Febbraio 2023, pp. 100-104.


Nota – E’ severamente vietato pubblicare la presente recensione in formato integrale e/o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore.

Ricordando le battaglie civili di Nadia Anjuman e Susana Chávez Castillo, poetesse impegnate (e cadute) nella lotta contro la violenza di genere

Ringrazio la poetessa e promotrice culturale Felicia Buonomo che in data odierna, per la rubrica de lei curata “Di Versi in Versi” all’interno della testata The Book Advisor, ha dato pubblicazione a un mio contributo critico che presenta le sfortunate esistenze di due giovani donne e poetesse che, pur facendo loro la battaglia per i diritti civili, sono state uccise dagli uomini.

Il testo, dal titolo “La denuncia delle poetesse Nadia Herawi Anjuman e Susana Chávez Castillo” prende in esame le storie di Nadia Anjuman di Herat (Afghanistan) nata nel 1980 e morta nel 2015 e di Susana Chávez Castillo, nata nel 1974 e morta nel 2011, fondatrice del motto Ni una más (Non una di più) originaria di Ciudad Juárez (Messico). Recentemente la casa editrice marchigiana Gwynplaine ha pubblicato una raccolta poetica della messicana, con testi in originale a fronte: Primera tormenta. Non una di meno, non una in più, a cura di Chiara Cretella.

A completamento vi è la traduzione dall’inglese all’italiano eseguita da me stesso della poesia “Feminicide” della giornalista americana Demetrice Anntía Worley nella quale si riferisce al grave e mai acclarato fenomeno messicano, di Ciudad Juárez, di donne misteriosamente scomparse o trovate cadavere. La pubblicazione di questo saggio, che è un modo per parlare di poesia e impegno civile, vuole anche essere un contributo per sensibilizzare sul delicato tema della violenza sulle donne di cui il prossimo 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita nel 1999.

Per leggere l’intero articolo cliccare qui.

“Deserti emozionali” di Cèline Dupont, recensione di Vittorio Sartarelli

Recensione di Vittorio Sartarelli

Certo scrivere una recensione per un libro di poesie non è come scriverla per un libro di narrativa ed è per questo che ci sentiamo un po’ in difficoltà, non solo a esprimere un giudizio obiettivo ma anche a capire profondamente cosa l’autore, in questo caso la poetessa, voglia dire o comunicare al lettore. La “Poesia” nel suo più alto e sostanziale senso del termine è la capacità di esprimere un contenuto di idee e sentimenti in modo atto a commuovere, a suscitare emozioni, a eccitare la fantasia. Una volta, nella sua forma più aulica e classica, la poesia era rigidamente legata a principi secondo i quali il modo di esprimersi liricamente, era un’arte e una tecnica di espressioni in versi, cioè in parole disposte secondo un ritmo ottenuto seguendo determinate regole metriche e rispettando le rime. Oggi la poesia si è affrancata da tutte le regole preesistenti rimanendo essenzialmente un’opera di pura espressione artistica, libera da canoni e da vincoli di tecnica metrica e ritmica.

Le Liriche di Céline Dupont sono molto complesse ed articolate alcune sibilline e non facili da comprendere, in ogni caso, poiché la poesia è anche uno specchio dell’anima, da queste liriche si può intuire che l’autrice ha vissuto un periodo della sua vita sicuramente felice ma che, poi, questo periodo si è interrotto quasi bruscamente, lasciandola in una prostrazione profonda. Le sue composizione poetiche sono tutte permeate da un ermetismo a volte anche enigmatico, con accorati sensi di frustrazione, per quello che poteva essere e non è stato, con intime nostalgie e profondi rimpianti, per lo stato attuale dei suoi pensieri che tendono ad una liberazione catartica da questa afflizione dell’anima per la constatazione di una realtà purtroppo immutabile. Questo bisogno di purificazione interiore la porta ad astrarsi, per raggiungere uno stato metafisico e quindi irreale che le permetta di dimenticare e comunque di non pensare al tempo andato il cui ricordo la tormenta, facendola somigliare ad una pazza che, in un delirio di follia, pronuncia frasi sconnesse e senza senso, dire e non dire pensare e non pensare, essere in sensi o farsi trasportare da una insana pazzia che la trasporti in un’altra dimensione. Ecco, perché nessuno, ascoltandola può comprendere appieno la sua sofferenza psichica e il suo stato d’animo di profondo sconforto che, talvolta, la fa rifugiare in un nichilismo estremo. Le composizioni poetiche di questa autrice sono indubbiamente originali, contro corrente e fuori dagli schemi lirici usuali, però sono vibranti con  essenze ed assonanze forti che rimangono impresse e suscitano emozioni, in ogni modo, riteniamo che la lirica di Céline si trovi attualmente in un periodo di transizione e che in futuro evolverà  verso orizzonti più rosei, liberandosi dalla oppressione di questo stato di pessimismo depressivo che non può essere eterno, alla fine, una maturità acquisita e il tempo, che con il suo trascorrere aggiusta sempre tutto, riporterà quest’anima in pena verso una dimensione migliore facendole raggiungere serenità e pace interiore.

VITTORIO SARTARELLI

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“Notre-Dame” di Emanuele Marcuccio con una nota critica di Lucia Bonanni

“NOTRE-DAME”[1] DI EMANUELE MARCUCCIO: UNA LETTURA

Contributo critico a cura di Lucia Bonanni

Con la lirica “Notre-Dame” Emanuele Marcuccio aggiunge un’altra perla al suo mondo poetico. Scritta il 28 aprile 2019 e dedicata “[a]lla cattedrale di Notre-Dame di Parigi colpita il quindici aprile 2019 da un incendio che ne distrusse il tetto, la guglia e ne danneggiò la struttura”, come si legge nella nota a piè di pagina dell’autore.

Questa la lirica dell’autore che, di sotto, riportiamo nella sua originale disposizione grafica dei versi: “Madre e il suo universo// soffocato/ sotto il peso// e le fiamme/ a corrodere// il tempo/ passato/ sotto gli archi// la luce per le vetrate// risplende// non più“.

La poesia si compone di undici versi, modulati su una struttura essenziale e un alternarsi di versi lunghi e versi brevi, disposti in quattro unici, due distici e una terzina, separati da spazi bianchi per favorire la riflessione e dare respiro al componimento in quanto “[l]a sua ispirazione poetica è ‘un’ispirazione drammatizzata’ in cui egli si apre agli stimoli che gli giungono dall’esterno come ai luoghi della mente e alle nebulose che avvolgono la memoria e il ricordo, regalando sempre felicità al lettore”[2]. Concisa ma non uniforme, la lirica incanta e seduce per l’acume creativo e la molteplicità delle suggestioni che sa trasmettere. Con piglio felice l’autore descrive l’avvenimento con purezza stilistica e intensità espressiva, ponendo in apertura del testo la parola “Madre” a evidenziare il significato del termine nella sua valenza spirituale che richiama anche quella terrena. Lo splendore solenne di Maria di Nazareth si accentua nel continuum del verso “e il suo universo” come assoluto universale, un cosmo riferito alla sua originale purezza e alla sua maestà celebrata nei tanti dipinti tra cui spiccano La maestà di Santa Trinita di Cimabue, La Madonna di Ognissanti di Giotto e La Madonna Rucellai di Duccio, esposte nella medesima sala alla Galleria degli Uffizi di Firenze, e volge lo sguardo anche all’universo costituito dalla cattedrale. Già nel titolo si nota l’appellativo “Dame”, titolo onorifico, presente negli ordini cavallereschi cristiani che equivale al cavalierato al femminile. Si pensi ad esempio alla Madonna delle Milizie che, secondo la tradizione cattolica, agli inizi dell’anno Mille apparve su un cavallo bianco, vestita da guerriera per liberare la città di Scicli (RG) dalle incursioni saracene.

Uno scatto di quei terribili momenti (foto presa dalla rete)

Nel primo distico del componimento si dice che l’universo della cattedrale è “soffocato/ sotto il peso” della guglia e del tetto, crollati a causa dell’incendio. Il verbo soffocare evoca l’idea del fumo sprigionato dalla combustione, un fumo asfissiante, afoso, che reprime e sacrifica e non si riesce a sedare perché le fiamme continuano ad avvolgere e “a corrodere” la struttura del manufatto insieme a tutto “il tempo/ passato/ sotto gli archi”. Nella terzina il participio passato del verbo “passare” vibra di un percorso temporale, immaginato come ininterrotto, duraturo, permanente, ma anche trascorso ad ammirare le tante bellezze della chiesa madre di Parigi. Costruita tra il primo e il secondo secolo dell’anno Mille, la cattedrale è il primo esempio di chiesa gotica, presenta una pianta a croce latina, cinque navate, volte a crociera con archi rampanti e le belle vetrate colorate che trasformano l’edificio in un tempio splendente. E adesso che la fuliggine ne ha annerito la sfavillante bellezza, “la luce per le vetrate// risplende// non più”. Qui i complementi di moto per luogo e moto attraverso luogo nell’accezione figurata anche di fendere, attraversare, mettono in evidenza l’estetica della luce che dopo l’accaduto “risplende// non più”. Il senso dell’oscuramento luminoso è dato dalla locuzione “non più” in contrasto col verbo risplendere con l’avverbio “non” che nega, modifica e capovolge il predicato e l’avverbio “più” con funzione di cessazione dei raggi luminosi che attraversavano le vetrate.

Di ampio respiro il carattere stilistico della lirica, impostata con tono aulico, naturalezza di espressione e partecipazione emotiva. Ancora una volta “[c]on i suoi scritti [l’autore] offre senso di appartenenza, incuriosisce, si traspone nell’altro e fa vivere speranze in un modo ricco e profondo”[3] perché “l’intento della poesia è sempre quello di celebrare, costruendo un’architettura di parole nei più vari registri, dai più intimistici e introspettivi ai più altisonanti”[4].

LUCIA BONANNI

San Piero a Sieve (FI), 16 settembre 2020


[1] Emanuele Marcuccio, in AA.VV., Rivista di Poesia e Critica Letteraria “Euterpe”, N. 29, Luglio 2019, p. 34.

[2] Lucia Bonanni, “L’Anima di Poesia di Emanuele Marcuccio, dolce poeta.Lettura del suo mondo poetico, partendo dall’analisi della silloge, Anima di Poesia”, in AA.VV., Rassegna Storiografica Decennale. IV, Limina Mentis, Villasanta, 2018, pp. 83-84.

[3] Id., “L’Anima di Poesia di Emanuele Marcuccio, dolce poeta”, in Op. cit., p. 84.

[4] Emanuele Marcuccio, “Introduzione alla poesia”, in Id., Pensieri Minimi e Massime, Photocity, Pozzuoli, 2012, p. 31.

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“L’ “io” in letteratura. Individualità e introspezione”. Le proposte dovranno pervenire entro il 20 aprile

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Il prossimo numero della rivista di poesia e critica letteraria Euterpe avrà come tema: L’ “io” in letteratura. Individualità e introspezione”.

 

I materiali dovranno pervenire entro il 20 aprile 2020 alla mail rivistaeuterpe@gmail.com

Per poter partecipare alla selezione dei testi per detto numero è richiesto di seguire le “Norme redazionali”.

Per essere informati su ogni aspetto relativo alla raccolta e invio di testi si può seguire anche l‘evento FB dedicato cliccando qui.

 

Ricordo di Zavanone e inediti di Gianni Milano; esce il nuovo numero di “Euterpe” con poesie di E. Pecora, F. Pusterla, M.P. Quintavalla e haiku di M. Bettarini

Esce il n°30 (importante traguardo!) della rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”, aperiodico tematico di letteratura online, ideato e diretto da Lorenzo Spurio e rientrante all’interno delle attività culturali promosse dall’Ass. Culturale Euterpe di Jesi.

Tale numero proponeva quale tematica alla quale era possibile ispirarsi e rifarsi: “L’uomo di fronte alla natura: descrizioni, sublimazioni e terrore”.

La prima parte è dedicata al poeta e pedagogista piemontese Gianni Milano. Lorenzo Spurio nel lungo articolo rintraccia i momenti cruciali della vita dell’uomo e della sua intensa produzione letteraria, con una selezionata scelta di inediti da alcune sillogi scritte nel corso degli anni da Milano. Fa seguito un articolo a firma della poetessa e critico letterario Rosa Elisa Giangoia dedicato al ricordo del poeta Guido Zavanone (1927-2019) recentemente scomparso.

Hanno collaborato e contribuito con proprie opere a questo numero della rivista (in ordine alfabetico) gli autori: Abenante Carla, Argentino Lucianna, Baldazzi Cinzia, Bardi Stefano, Bello Diego, Bettarini Mariella, Bianchi Mian Valeria, Biolcati Cristina, Bonanni Lucia, Buffoni Franco, Bussi Alfredo, Calabro´ Corrado, Carmina Luigi Pio, Carrabba Maria Pompea, Cascella Luciani Anna, Casuscelli Francesco, Chiarello Maria Salvatrice, Chiarello Rosa Maria, Cimarelli Marinella, Consoli Carmelo, Corigliano Maddalena, Cortese Davide, Curzi Valtero, D´Errico Antonio G., Dante Daniela, De Maglie Assunta, De Stasio Carmen, Di Iorio Rosanna, Di Palma Claudia, Di Salvatore Rosa Maria, Di Sora Amedeo, Enna Graziella, Ferraris Maria Grazia, Ferreri Tiberio Tina, Fiorenzoni Fiorella, Fiorito Renato, Flores d´Arcais Alessandra, Follacchio Diletta, Fratini Antoine, Fusco Loretta, Gabbanelli Alessandra, Giangoia Rosa Elisa, Giorgi Simona, Kemeny Tomaso, Kostka Izabella Teresa, Langiu Antonietta, Lania Cristina, Lubrano Rossella, Luzzio Francesca, Maggio Gabriella, Malito Antonietta, Marcuccio Emanuele, Milano Gianni, Minerva Gianni, Minore Renato, Mongardi Gabriella, Pardini Nazario, Pasero Dario, Pecora Elio, Pellegrini Stefania, Pierandrei Patrizia, Polvani Paolo, Porri Alessandro, Pusterla Fabio, Quintavalla Maria Pia, Raggi Luciana, Riccialdelli Simona, Saccomanno Mario, Scalabrino Marco, Seidita Antonella, Sica Gabriella, Silvestrini Maria Pia, Siviero Antonietta, Spagnuolo Antonio, Sponticcia Andrea, Spurio Lorenzo, Stanzione Rita, Stefanini Anna Maria, Strinati Fabio, Vargiu Laura, Veschi Michele, Zanarella Michela, Zavanone Guido.

Il nuovo numero può essere letto e scaricato cliccando qui e, a seguire, nei vari formati:

Visualizzazione in ISSUU/Digital Publishing adatta per smartphone e tablet

E-book: Azw3 per Kindle – Mobi – Epub

 

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Di particolare interesse è la sezione saggistica del presente volume che si compone dei seguenti contributi:

ANTOINE FRATINI – “L’importanza dei paesaggi dal punto di vista psicologico”

VALERIA BIANCHI MIAN – “Accendere la luce della coscienza nel collettivo, ovvero due parole sulla ricerca animale a partire dai macachi di Torino e Parma”

ALFREDO BUSSI – “La deriva poetica della promozione territoriale”

FRANCESCA LUZZIO – “Il roditore della natura”

RENATO MINORE – “Le immagini e la voce del calcio”

DILETTA FOLLACCHIO – “Uomo, letteratura e natura. Dalla natura sacralizzata all’«arido vero»

VALTERO CURZI – “Natura Madre nel pensiero romantico”

AMEDEO DI SORA – “Il Paese d’Anima di Tristan Corbière”

STEFANO BARDI – “Natura, magica natura. La poesia di Francesco Scarabicchi”

GRAZIELLA ENNA – “Il paradiso perduto: alcune interpretazioni e variazioni del topos dell’età dell’oro dal periodo classico al Cinquecento”

MARIA GRAZIA FERRARIS – “Il parco della “contemplazione e della riflessione”

TINA FERRERI TIBERIO – “La Natura tra Filosofia e Scienza”

LUCIA BONANNI – “Il mito del changeling come spiegazione di malattie misteriose, rapimenti e scambi di bambini anche in relazione ai fenomeni naturali”

CARMEN DE STASIO – “La distopica sublimazione. Il movimento vorticoso di Il Secondo Avvento di William Butler Yeats”

CINZIA BALDAZZI – “L’uomo e la ragione contro l’«empia natura». Riflessioni sulla Ginestra leopardiana”

 

Ricordiamo, inoltre, che il tema del prossimo numero della rivista al quale è possibile ispirarsi sarà

“L’ “io” in letteratura. Individualità e introspezione”. I materiali dovranno essere inviati alla mail rivistaeuterpe@gmail.com entro e non oltre il 20 Aprile 2020 uniformandosi alle “Norme redazionali” della rivista (http://rivista-euterpe.blogspot.it/p/norme-redazionali.html). È possibile seguire il bando di selezione al prossimo numero anche mediante Facebook, collegandosi al link: https://www.facebook.com/events/823533098100301/

 

A Milano una serie di incontri sulla letteratura di viaggio. Esposizione dell’opera miliare di Swinton Andrew sull’Europa del nord

Mare Magnum è lieto di invitarVi a 

Vecchi Libri in Piazza diaz

La letteratura da viaggio

 Domenica 10 giugno 2018 – ore 9-17, piazza Diaz, Milano

 

Un imperdibile appuntamento con il libro antico, raro, introvabile, curioso e da collezione: sotto i portici di piazza Diaz, piazza del Duomo, via Gonzaga, via Marconi, via Baracchini 100 espositori rendono questa mostra mercato una delle manifestazioni all’aperto, dedicate al libro antico, più grandi d’Europa.

Maspero_ViaggioNorvegia.jpgL’estate è ormai alle porte e anche per il mese di giugno si rinnova l’appuntamento a tema con Vecchi Libri in Piazza. L’argomento per questa edizione sarà incentrato su La letteratura da viaggio, un’occasione unica per andare a caccia nel maremagnum di libri da leggere sotto l’ombrellone. Oltre ai libri presenti in catalogo, le librerie partecipanti suggeriscono alcune interessanti proposte legate al tema del mese che spaziano dall’antico al moderno.

È il caso, per esempio, di Maspero Gabriele Libri Antichi che proporrà alcune rarità tra cui Viaggio in Norvegia, in Danimarca ed in Russia negli anni 1788, 89, 90, 91 tradotto dal conte cav. Luigi Bossi di Swinton Andrew. [Milano, dalla Tipografia Sonzogno e Comp., 1816.4 volumi in-12° (cm. 16,5), legature coeve in m. pelle con titolo, fregio e filetti in oro ai dorsi, piatti marmorizzati, tagli gialli; Ex libris araldico alla controguardia coperto da etichetta biblioteconomica; carte in ottimo stato, con 16 tavole illustrative di vedute in rame f.t. in coloritura coeva; lievi e rare fioriture, piccola e leggera gora alle prime carte dell’ultimo volume, per altro marginale. Prima edizione italiana di questa famosa ed interessante relazione di viaggio inserita nella Raccolta de’ viaggi. Esemplare molto buono.]

Per i collezionisti è da segnalare l’interessante proposta della Libreria Zivago:

Ferdinand M. Bayard, Voyage dans l’intérieur des États-Unis, a Bath, Winchester, dans la vallée de Shenandoah, etc. Pendant l’Été de 1791. Seconde édition. Augmentée de descriptions et d’anecdotes sur la vie militaire et politique de Georges Washington. Il volume descrive il viaggio compiuto dall’autore alla fine del XVIII (1791) secolo lungo la costa nord orientale dei neonati Stati Uniti d’America con descrizioni particolareggiate della popolazione e della campagna di George Washington attraverso il racconto di alcuni suoi ufficiali. Il volume è in francese e reca anno VI come data di stampa, quindi 1797.

Per chi, invece, è a caccia di belle edizioni moderne, si consiglia di fare un salto allo stand delle Edizioni Henry Beyle che, per il tema di giugno, ci porta in viaggio in compagnia di firme autorevoli in giro per il mondo. Qualche esempio? Giuseppe Prezzolini, Primavera a New York; Ardengo Soffici, America Sognata; Leonardo Sciascia, Sicilia e molti altri ancora…

Per conoscere tutte le proposte delle librerie partecipanti visitare la seguente pagina:
https://www.piazzadiaz.com/index.php/category/la-letteratura-da-viaggio/

Vecchi libri in piazza Giugno.png

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Calendario 2018

Domenica 10 giugno: La letteratura da viaggio

Domenica 8 luglio – A tavola! Libri di cucina

Domenica 9 settembre – Il cinema e il teatro

Domenica 14 ottobre – La letteratura siciliana: 60 anni dopo “Il Gattopardo”

Domenica 11 novembre – 100 anni dalla Prima guerra mondiale

Domenica 9 dicembre – Arte e illustrazione

 

Ufficio stampa:

Marco Bosio 

stampa@maremagnum.com 

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Valtero Curzi e “Il giovane imperatore”: nota di lettura di Lorenzo Spurio

Valtero Curzi, Il giovane imperatore. Tra lo Sturm und Drang e il Romanticismo, Intermedia Edizioni, Orvieto, 2018.

napoléon-bonaparte-jeunesse-histoireValtero Curzi, poeta e scrittore senigalliese, è anche valido saggista. Ne ha dato prova, negli ultimi anni, con una serie di testi investigativi, d’approfondimento e con sue dissertazioni prettamente di carattere filosofico che, più che dare una spiegazione unica, aprono a interpretazioni. Autore di sillogi poetiche e di un romanzo epistolare, nonché di un sagace e curioso libro dal titolo quasi avanguardistico, L’omino delle foglie sulla via del Tao (Le Mezzelane, 2017), ha recentemente pubblicato un saggio su Napoleone Bonaparte. Il volume, dal titolo Il giovane imperatore, è edito dalla casa editrice umbra Intermedia Edizioni e si apre con un sottotitolo che delimita l’immensa materia sull’Imperatore che ha inteso trattare, vale a dire il periodo storico e la sensibilità che si stagliano “tra lo Sturm und Drang e il Romanticismo”.

Vistosamente appare in questa definizione dell’opera il termine ‘Romanticismo’, così caro a Curzi essendosi ininterrottamente interessato, impegnato e avendo dedicato le sue dissertazioni, al genio Recanatese di cui pure (in base a una conversazione non troppo lontana nel tempo) avrebbe pronto un volume, con delle tesi senz’altro curiose e che ci auguriamo presto possa venire alla luce.

L’oggetto del presente volume, invece, come ho già detto, è l’imperatore francese. Non interessano all’autore le vicende storiche, le battaglie, le cifre legate all’insaziabile fame di conquista di uno dei più grandi leader della storia, piuttosto, dedicarsi ad approfondire aspetti ben meno noti dell’esistenza del grande imperatore, statista e stratega. L’obiettivo è quello di ascrivere il più possibile l’esperienza umana di Napoleone (con un buon e robusto apparato bibliografico consultato e citato ampiamente) attorno alle fasi verdi della sua vita: dall’infanzia all’adolescenza. Ciò permette di informare sul temperamento giovanile dell’uomo, dei suoi rapporti sociali e della caratura della sua persona, ben prima che le vicende militari e politiche permettano una sua ascesa veloce sino a raggiungere i massimi incarichi e, infine, a proclamarsi Imperatore auto-cingendo la corona imperiale a Notre-Dame di Parigi nel 1804.

L’intenzione di Valtero Curzi, infatti, è quella di indagare, proponendo vari percorsi (che costituiscono i singoli capitoli) e di cui tra poco dirò meglio, la personalità del futuro Napoleone all’interno di un periodo di cesura in cui la sensibilità non è ancora propriamente romantica (semmai pre-romantica o neoclassica) ma al contempo non è più di chiara impostazione illuminista. Napoleone letto e studiato come trait d’union di uno dei periodi più affascinanti, non solo a livello storico ma anche architettonico e letterario. Curzi affronta la questione evitando, come ciascun buon saggista, di fornire asserzioni rigide e verticistiche, scantonando qualsiasi possibilità di considerazioni vere (semmai veridiche) in forma assoluta. Il tema viene affrontato con garbo e rispetto e, pur irrobustito da un’imponente tradizione storiografica e monografica sull’imperatore, si evita di procedere con conclusioni sommarie derivanti da possibilità che a loro volta possono scaturire dalla lettura di alcuni avvenimenti, o di alcune frasi dette dal giovane imperatore. Si cerca cautamente di analizzare le varie posizioni e di far capire che, come in ogni uomo in qualsiasi epoca, co-esistono in forma diversa,  sensibilità differenti, approcci in parte tra loro distanti, procedimenti ideologici e attuativi che non sono, però, contrastanti, semmai risiedono in quel sincretismo tipico dell’età di mezzo nelle quali, se si è spesso alacri conservatori della tradizione, di certo non si disdegna neppure l’avanzata della novità.

Napoleone può essere ascritto, pur in maniera molto personale e sui generis, a un’età di confine in cui è impossibile evidenziare con nettezza gli elementi di rottura, la demarcazione netta che decreta l’allontanamento dall’età della ragione e l’avvicinamento all’età del sentimento. Si sta, chiaramente, ragionando in termini molto semplificati dato che, come Curzi chiarifica in almeno un paio di porzioni del libro, l’Illuminismo non fu solo età della ragione, dell’esaltazione della tecnica, dell’intelligenza e della ricerca, dell’empirismo e dello scientismo come il Romanticismo non fu solo l’esaltazione del sentimento, l’accentuazione di stati umorali mesti e ripiegati, la consacrazione della melanconia, la ricoperta delle discipline esoteriche, delle filosofie orientali e del fascino per il mistero e il gotico (quello che l’autore chiama il “gusto dell’oscuro”, 46). Ragionare su connotazioni specifiche, distaccate a comparti stagno, è pur sempre errato dacché, anche in età illuminista esisterono poeti che, in qualche modo anticiparono il susseguente periodo romantico, così com’è vero che in età illuminista vi erano (seppur osteggiati e perseguitati) maghi o filosofi naturali che dir si voglia. Parimenti, già dalla succosa introduzione scritta dall’autore, è chiaro che “[Napoleone] non può, per aspetti caratteriali e di temperamento, definirsi illuminista e nemmeno totalmente romantico […] diviene necessario collocarlo in una dimensione intermedia” (5).

La natura isolana di Napoleone che nacque ad Ajaccio (Corsica) nel 1769, visse per un periodo all’Isola d’Elba (1814-1815) e morì in esilio a Longwood, sull’Isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Atlantico, nel 1821 va tenuta presente. Riccardo Esposito sostiene che “[L’isola] ha regole diverse da quelle della terraferma. […] Ogni isola possiede un suo linguaggio e un suo alfabeto”[1]; per estensione potremmo dire che “chi non vive sull’isola, non può capirla” e, dunque, agli occhi di un non-isolano è difficile comprendere il vero animo di chi sull’isola è nato e vive e ha, magari, un atteggiamento appartato e riflessivo. Difatti, come osserva Curzi, Napoleone – pur dall’animo forte e virile – spesso “reagiva isolandosi” (33), vale a dire configurando la sua condizione vitale in linea con la sua appartenenza geografica: così come la Corsica è distante (e così diversa dalla Madrepatria) il suo animo inquieto lo porta a distanziarsi dall’ambiente, ad abitare parti e situazioni collaterali, di margine. In questa investigazione umorale del giovane uomo Curzi non manca di riflettere su due degli aspetti senz’altro centrali del periodo romantico ovvero il titanismo[2] e il vittimismo. Gerosa ci informa della sua “tendenza alla solitudine e allo studio, specie della matematica”[3] aggiungendo che il giovane Napoleone “aveva sempre un tono di malumore e non era affatto socievole”.[4] Il carattere insulare, di dislocazione e allontanamento sono ben tratteggiati da Curzi nel capitolo che dedica ai rimandi alla filosofia di Spinoza dove scrive: “La similarità dell’anima del Werther con il giovane Napoleone sta nella medesima sensazione di sentirsi dislocato nella propria condizione rispetto alle ansie e ai desideri delle aspettative” (115).[5]

Diciottenne, nel 1787, Napoleone è stato così descritto: “adolescente inquieto, chiuso in se stesso, ossessionato dal fine che si era prefissato, non ha tempo per imparare cose che non gli sono immediatamente utili” (85). Parimenti vien messo in luce (mai esaltato) la componente di vulnerabilità: “lo slancio verso ciò che non si può avere, ma ugualmente è inseguito e desiderato” (87).  Si sposò in prime nozze con Giuseppina Beauharnais (1763-1814), donna ricca della Martinica, dunque creola, nel 1796, di sei anni più grande di lui. Anche qui va messa in luce una curiosità che vale la pena rammentare: “Per sposarsi, lei si tolse quattro anni e lui ne aggiunse due dei ai suoi, così che nell’atto di matrimonio risultassero coetanei” (90).

Probabilmente Napoleone amò molto questa donna e senz’altro le fu molto utile in termini sia economici che emotivi e di solidarietà nel permettere la crescita nel grande uomo che poi diventerà. Secondo alcuni, e sembra essere questa anche l’idea di Curzi, Napoleone visse in simbiosi con la donna in una condizione di ricercato/agognato rapporto materno.[6] Il vero rapporto con la madre, infatti, era stato per lo più difficile e freddo o, si dovrebbe dire, poco concreto e vissuto, agognato perché non realizzato nell’affetto sensibile e percepibile. Guido Gerosa ricorda che Napoleone e i suoi fratelli erano stati “educati con estrema severità dalla madre”[7] e “anche quando [la madre] lo picchiava, era morbosamente attaccato”.[8] Sempre Gerosa riposta che: “Nessuna donna lo intimidiva, salvo la madre, […] donna energica. Napoleone, pur essendo un carattere indomito, apprese da lei l’arte dell’obbedienza, prima causa del suo notevole successo”.[9] Secondo Curzi Napoleone è in legame e sperimenta la madre in virtù di una dimensione di idealità, vale a dire di utopia. Similmente il Werther (di cui parleremo tra poco) vive in una condizione di “incapac[ità] di esternare la propria passione” (136). L’amore mancato, perché non espresso, né possibile, è degradato in Napoleone all’acuirsi di eccentricità personali che vedranno accrescere forme di egoismo e centralità, gloria e desiderio di fama, bramosia e superomismo e che lo porteranno a diventare l’imperatore: non solo di terre estese ma del culto di se stesso.

Il tema della madre risulta a una dimensione ben più allargata a livello universale quando Curzi, nell’ultimo capitolo del suo interessante volume, ci parla del concetto di natura-madre e, con esso, di natura matrigna di leopardiana memoria. Lo Sturm und Drang, diversamente dalla natura ostile, convive con l’idea che l’uomo è parte di un tutto in cui la sua singolarità, la sua presenza, possa e debba trovare una concordia con l’elemento collettivo e ambientale; Curzi parla di “sintonia” (150) eppure tale rapporto non è mai ben codificato e sviscerato e in esso permane pur sempre qualcosa di misterioso e insondabile: “Il rapporto con la natura diventa sereno e possibile solo a prezzo del proprio sacrificio” (153).

Tutta le considerazioni e le analisi presenti nell’opera di Curzi partono dal movimento culturale tedesco che anticipò l’età romantica, lo Sturm und Drang. Tale definizione, che sta a significare “tempesta e impeto”, si sviluppò in Germania tra il 1765 e il 1785, soprattutto attorno all’opera di due grandi intellettuali: Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) e Friedrich Schiller (1759-1805). Curzi ce lo spiega come un movimento letterario e culturale il cui programma conteneva “un’integrale rivalutazione dell’irrazionale nella vita e nell’arte in opposizione all’intellettualismo illuministico” (47-48) chiarendo sin da subito che “lo Sturm und Drang non è affatto la negazione dell’Illuminismo, e tanto meno nasce quale movimento anti-illuminista” (49).[10] Questo momento storico-sociale sul quale in molti hanno scritto viene decodificato dall’autore come “esaltazione della torbida passionalità, che erompe dall’animo umano, trascina l’uomo all’azione impetuosa e lo conduce a negare l’esistenza di qualsiasi limite di carattere etico, giuridico e religioso” (64). Lo Sturm und Drang, che nel giro di un decennio si vedrà svuotato del suo impeto iniziale tanto da estinguersi come movimento, si identificava con l’esigenza di un’espressione spontanea e autentica, priva di dettami e costrizioni, il pulsare emotivo doveva essere inarrestabile e non venir sottoposto a reprimende, censure, vessazioni, ingabbiamenti del pensiero cogitante. Ecco perché Napoleone si situa sia prima che dopo, ma anche in mezzo e dunque: “[Napoleone] da rivoluzionario còrso [a] militare si trasforma in controrivoluzionario in Europa, soffocando ogni autonomia degli spiriti nazionali, per imporre il proprio potere” (129).

Napoleone conobbe Goethe a Erfurt nel 1808 e di certo apprezzava già molto l’autore de I dolori del giovane Werther (1774) difatti Arturo Cancellotti ha scritto (e Curzi cita queste parole nel suo saggio): “Napoleone era stato affascinato da questo romanzo, lo aveva letto da capo a fondo sette volte e negli stati d’animo di Werther gli pareva, talvolta, di veder riflessi i suoi propri” (9).[11] Gerosa ci aiuta ad aggiungere alcuni toni del carattere del giovane descrivendolo come “silenzioso, amante della solitudine, capriccioso, altero, estremamente portato all’egoismo”.[12] Per l’autore del saggio, stando ai vari testi consultati, Napoleone avrebbe addirittura letto l’opera di Goethe per ben sette volte. Segno, questo, che l’opera non solo aveva una particolare attrattiva e forza su di lui, tanto da chiamarlo come un’insopprimibile necessità, ma probabilmente era per lo stesso lettore efficace per comprendere la sua vita, se paragonata a quella del tormentato Werther che piega prendeva o avrebbe potuto prendere. Un testo di formazione, dunque, ma non in senso negativo, se teniamo in considerazione l’atto suicidiario che il protagonista poi metterà in atto. Motivo per cui l’opera non sarà gradita dal clero che la condannerà sia per il gesto ultimo adottato quanto per la marcata introspezione, l’aver fatto venire a galla il coacervo di pensieri intimi, angosce e ansie esistenziali sino ad allora inconfessabili e motivo esse stesse di condanna e vergogna. Curzi spende delle considerazioni anche per situare il gesto mortifero del protagonista nel dato contesto sociale: “Si uccide con la consapevolezza che Charlotte non sarà mai del tutto sua, nonostante ella abbia ricambiato il suo bacio così come il suo amore” (60).

download.jpgProprio il secondo capitolo, “Il “Piccolo còrso” e il Werther di Goethe: il sentimento d’amore” risulta rimarchevole all’interno di questa originale trattazione, lontana da intenti accademici o dimostrativi, semmai nutrita dalla volontà di fare un consuntivo, pur precario e labile come tutti i consuntivi, per arrivare a una “considerazione di possibilità”, rifiutando steccati dove serrare certezze che potrebbero dimostrare una tesi farraginosa. Curzi rivela che tra Napoleone e Goethe (e lo dimostra) esistono “assonanze sia emozionali sia interpretative del vissuto” (75) nella fattispecie tra Napoleone giovane e il Werther, creazione di Goethe. Primo tra tutti è l’incontro tra Eros e Thánatos che nel Werther porterà all’assunzione della decisione ultima in un acme di drammaticità che il fatalismo non può derogare in nessuna maniera. Una nota va aperta sul tema del suicidio in letteratura che, da sempre, dall’alba dei tempi, è amplissimo e trova riferimenti e occorrenze in testi di ogni tradizione. Curzi fa riferimento all’operazione di emulazione del suicidio che si verificò l’indomani della pubblicazione del Werther con numerosissimi casi di ragazzi che si suicidavano per i propri drammi intimi, sia amorosi che non, trovando in quel gesto reso esemplare dalla narrativa dotta di un intellettuale di tal livello, un viatico plausibile e dunque percorribile.[13] Qualcosa del genere in tempi recenti accadde con il suicidio di Ernest Hemingway (1899-1961), Sylvia Plath (1932-1963) e Kurt Cobain (1967-1994), leader del gruppo musicale dei Nirvana.

Che pure Napoleone avesse pensato con serietà al suicidio non è dato sapere sebbene alcuni scritti in cui è evidente un’accentuata depressione sono lampanti tanto da far pensare al giardino in stato di souffrance di Leopardi: “La vita per me è un peso perché non gusto alcun piacere e tutto per me è dolore… perché gli uomini tra i quali vivo, e tra i quali probabilmente vivrò sempre, hanno modi così diversi dai miei quanto la luna è diversa dal sole” (133).[14]

Nelle note di conclusione al testo Napoleone e Werther vengono ancora avvicinati da Curzi mediante la nota logica del “negare per affermare”: “Werther […] negando la propria vita con il suicidio, fa sviluppare il senso della vita e del sentimento, si nega nella sola dimensione materiale ma non in quella ideale, dove si può vivere un sentimento d’amore intenso e puro. […] a differenza di Napoleone non è riuscito a scindere la spinta ideale pura dall’esigenza di adattarsi alla realtà con i suoi vincoli e le sue determinazioni. […] C’è identico “sacrificio di sé”: il giovane Napoleone sacrifica se stesso per l’amore della gloria di sé, mentre il Werther sacrifica se stesso per l’amore puro verso Lotte” (162-3).

La forza magmatica di tale opera, oltre che restituirci un Napoleone giovanissimo per lo più inedito, è quella di accennare con brevità e sapienza alle varie sfaccettature dei due periodi evocati, l’Illuminismo e il Romanticismo da renderlo un testo ben fruibile e di approfondimento del periodo, addirittura di eventuale supporto per lo studio scolastico delle due sensibilità tipiche, tanto in letteratura quanto a livello sociale. Riferimenti all’enciclopedismo, all’intellettualismo e al cosmopolitismo dell’Illuminismo ma anche all’individualismo e all’utopismo del periodo romantico parimenti al nazionalismo (Johan Gottfried Herder).

In tale ampio percorso che Curzi affronta in maniera per nulla enciclopedica e didascalica, semmai in forma di pillole e di rimandi semplici ai periodi, risultano centrali opere di grandi filosofi e studiosi che tanto affrontarono questioni relative allo studio, alla scienza e all’espressione dell’uomo: il Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini (1755) di Jean-Jacque Rosseau (1712-1778) da Curzi richiamato per far menzione del concetto di “stato di natura”, ma anche la condizione indicibile e straniante del superuomo (übermensch) di nietzschiana memoria. Il terzo capitolo “Lo spinozismo del Werther di Goethe e nel “giovane còrso””, con i vari rimandi alla filosofia di Baruch Spinoza (1632-1677), può risultare leggermente più ostico rispetto agli altri che si leggono con molta meraviglia e desiderio di giungere a conclusione per avere una visione d’insieme su ciò che l’autore voleva in qualche modo asserire e documentare.

74-ok.jpgCosì come Curzi è ben riuscito a tratteggiare nel legame in qualche modo di corrispondenze tra la Illuminismo e Romanticismo, lo stesso Napoleone spaccò gli intellettuali: “Madame de Staël, la donna più intelligente dell’epoca, che dapprima fu affascinata da Napoleone, poi lo odiò ferocemente. E interessanti sono gli itinerari di Monti e di Foscolo: i nostri poeti fecero varie giravolte e ribaltoni, di volta in volta adulando o esecrando il protagonista della storia. […]  C’erano da una parte gli idéologues, rimasti fedeli al pensiero illuminista e tuttavia attratti dal progetto napoleonico. Dall’altra l’orientamento politico del console guerriero e dei suoi più diretti collaboratori. Orientamento sempre più fortemente anti-illuministico e antiliberale. […] Gran parte credettero nel Bonaparte illuminista, rivoluzionario, democratico e liberale; poi si pentirono, perché si accorsero che era tutt’altro. […] I colti idéologues si erano convinti che Napoleone sarebbe stato l’equivalente europeo di George Washington. Il generale, “spada della Rivoluzione americana”, divenuto presidente degli Stati Uniti, non aveva voluto farsi dittatore. Era stato un onesto e un democratico e aveva ottemperato alla Costituzione che si era data il suo popolo. Gli ideologi francesi credevano in buona fede che Napoleone si sarebbe comportato allo stesso modo. […] Non andò così: Bonaparte si trasformò in tiranno e gli intellettuali si ersero a oppositori. […] Fu un’epoca di transizione – tra Rivoluzione, Consolato e Impero”.[15]

Anche se non è interesse di Curzi nel suo saggio andare oltre ed occuparsi del Napoleone maturo e guerrafondaio, è bene osservare, ad ogni modo, come col trascorrere del tempo sarà visto, tanto dai conservatori che dai rivoltosi, tanto dagli illuministi che dai romantici, per riaffermare, ancora una volta, quant’egli rappresenti un tratto d’unione fondamentale tra le due realtà.

Lorenzo Spurio

Jesi, 04-06-2018

 

E’ severamente vietato riprodurre il presente testo in forma integrale o di stralci su qualsiasi supporto senza il consenso da parte dell’autore. 

 

 

NOTE:

[1] Riccardo Esposito, Intorno all’isola. Nuovissimo manuale tecnico-pratico per introdursi al tema insulare, La Conchiglia, Capri, 2015.

[2] Curzi lo definisce in questi termini: “Atteggiamento che esalta la carica individualistica dell’io nella sua perpetua lotta contro la società o il destino” (82).

[3] Guido Gerosa, Napoleone. Un rivoluzionario alla conquista di un impero, Oscar Mondadori, Milano, 1996, p. 15.

[4] Ibidem, p. 21.

[5] Subito dopo aggiunge: “Nel Werther c’è l’ansia dell’innamoramento verso Lotte, la trascendenza che ella compie su di lui, non attraverso la propria persona quanto, piuttosto, nella sua proiezione nell’animo del Werther” (151). Guido Gerosa ha osservato: “la naturale riservatezza di Napoleone, la sua inclinazione a meditare sulla servitù della Corsica […] lo spingevano a cercare la solitudine e rendevano il suo comportamento spesso sgradevole” (19)

[6] Curzi scrive: “I sei anni in più, annessi ai due figli avuti dal precedente matrimonio fanno formulare l’ipotesi che Napoleone possa aver visto in lei la figura materna e la dimensione psicanalitica dell’affetto materno negato” (91). Alcune pagine dopo si accenna anche a un’altra possibilità, indagata in termini psicodinamici, da altri studiosi, ovvero quella del “desiderio incestuoso verso la madre” (134).

[7] Guido Gerosa, Napoleone. Un rivoluzionario alla conquista di un impero, Oscar Mondadori, Milano, 1996, p. 11.

[8] Ibidem, p. 14.

[9] Ibidem, p. 13.

[10] Tale idea è preservata e fornita nel corso dell’intero volume. Leggiamo infatti “[L]o Sturm und Drang è […] meditazione e contaminazione delle due dimensioni, Illuminismo e Romanticismo” (50-51).

[11] Arturo Cancellotti, Napoleone aneddotico, Maglione & Strini, 1923, pp. 205-6.

[12] Guido Gerosa, Napoleone. Un rivoluzionario alla conquista di un impero, Oscar Mondadori, Milano, 1996, p. 27.

[13] Curzi annota nel capitolo “Negli stati d’animo di Werther gli pareva, talvolta, di veder riflessi i suoi propri” che “Il romanzo di Goethe in effetti cambiò una generazione di giovani negli anni tra il 1775 e il 1785, riconoscendo in essi uno spirito rivoluzionario nei costumi e nel pensiero” (127).

[14] L’autore del saggio riporta tale brano scritto di pugno da Napoleone e datato 3 maggio 1786. Esso è citato anche nell’opera di Gerosa secondo il quale “queste righe provano che la “tentazione suicida” esisteva in Napoleone fin dalla sua giovinezza” (Op. Cit., p. 29).

[15] Guido Gerosa, Napoleone. Un rivoluzionario alla conquista di un impero, Oscar Mondadori, Milano, 1996, pp. 307-313.

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