“Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli. Recensione di Gabriella Maggio

Recensione di GABRIELLA MAGGIO

Daniele Mencarelli scrivendo Tutto chiede salvezza (Mondadori, vincitore nel 2020 del Premio Strega Giovani) consegna al lettore un libro coraggioso e sincero. L’autore si racconta senza nascondersi nelle parole, mettendo a nudo il disagio esistenziale di chi ha dichiarato guerra alla vita, ha aperto porte invisibili assumendo ogni genere di droghe, ha creduto a tutto, poi ha rinnegato tutto con l’unica certezza di non avere trovato quello che cercava. Nella narrazione autobiografica Daniele disarticola i falsi miti contemporanei che vogliono tutti noi vincenti, felici, perfettamente realizzati e omologati. Sferza le famiglie ansiose, ossessionate dal successo dei figli,  ma anche lancia un  j’accuse  ai sanitari indifferenti alla sofferenza ed ai bisogni dei  malati. C’è tanta umanità, desiderio d’amore e d’attenzione nei degenti di quello stanzone del reparto psichiatrico in cui Daniele si ritrova e dove inizia un viaggio alla scoperta di sé attraverso le debolezze e la fragilità dell’altro accettato senza giudicarlo. Tutto chiede salvezza si può anche definire il racconto del nostro limite, concetto non di moda, ma essenziale. La focalizzazione adottata da Mencarelli ha qualcosa di leopardiano nel guardare la realtà e restituirla nella sua crudezza, senza illusioni, senza nulla concedere a forme consolatorie. La storia è ambientata nella torrida estate del ’94, l’anno dei mondiali, ma Daniele Mencarelli non potrà seguirli con gli amici perché per una settimana deve subire il TSO, trattamento sanitario obbligatorio, in un reparto psichiatrico. Ha appena vent’anni Daniele e da tre anni è alla ricerca di un ancoraggio che non trova neppure nelle cure che gli sono state proposte dai medici; un gesto fuori controllo lo porta in ospedale. L’incontro con Madonnina, Gianluca, Giorgio, Alessandro, Mario è un’esperienza formativa per Daniele che lo porta a comprende che: “Semo tutti equilibristi, che da un momento a un altro uno smette de respirà e l’infilano dentro ‘na bara, come niente fosse… Salvezza. Per me….  Per tutti… La mia malattia si chiama salvezza, ma come?A chi dirlo?”. Sicurezza e incolumità dai pericoli desidera Daniele per tutti gli uomini perché: “A terrorizzarmi non è l’idea di essere malato, a quello mi sto abituando, ma il dubbio che tutto sia nient’altro che una coincidenza del cosmo, l’essere umano come un rigurgito di vita, per sbaglio…”.  Mario ex maestro di scuola dà dei consigli a Daniele: “fidati pure dei farmaci, dei medici, ma non smettere di lavorare su te stesso, di fare di tutto per conoscerti meglio”. A lui Daniele confida di scrivere poesie e di leggere poeti come Bellezza e Saba e di apprezzare la poesia onesta perché con le parole si deve “arrivà  all’osso, ce se deve spoglià, invece tanti poeti me pare ce se vestono, ce se nascondono dentro”. La poesia è uno svelamento di sé, uno strumento d’indagine che permette di ritrovarsi e di comunicare le proprie lacerazioni interiori. La narrazione di Tutto chiede salvezza è divisa in sette capitoli, quanti sono i giorni che Daniele resta in ospedale. L’uso del dialetto romanesco mescolato all’italiano rimanda ai sentimenti più intimi, alla difesa dal modo esterno, al bisogno di rappresentare una realtà cruda. Ma non limita la comprensione per la sua vicinanza con l’italiano.

GABRIELLA MAGGIO

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L’Autrice del testo ha acconsentito alla pubblicazione di questo testo su questo blog senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in seguito. La pubblicazione di questo testo in forma integrale o di stralci, su qualsiasi tipo di supporto, non è consentita senza l’autorizzazione da parte dell’autore.

“Bella come sei. Pentagrammi di donna”, l’evento di Euterpe APS sabato 11 marzo al Centro Pergoli di Falconara M.

Sabato 11 marzo a partire dalle 17:30 presso il Centro “P. Pergoli” di Falconara Marittima (AN) si terrà l’evento “Bella come sei. Pentagrammi di donna” organizzato dall’Associazione Culturale Euterpe APS di Jesi. L’iniziativa, inserita all’interno del fitto programma di iniziative del Comune di Falconara Marittima per celebrare la Giornata Mondiale della Donna, vedrà al suo interno la performance “Le lucenti demiurghe” a cura di Morena Oro e Lucia Nardi, in arte LuNa.

L’iniziativa, fortemente voluta dalla maestra e scrittrice chiaravallese Alessandra Montali – Consigliera di Euterpe APS – vedrà la presentazione delle opere letterarie di tre autrici del nostro territorio, rispettivamente “Cuor di rubino” (Arpeggio Libero, 2021) di Maria Sabina Coluccia, “Ventinove settembre” (Le Mezzelane, 2018) di Maria Anna Mastrodonato, “Parole silenzi echi ritorni” (Ventura, 2019) di Velia Balducci. Le prime due opere sono romanzi mentre quello di Balducci una raccolta di poesie.

Lo scrittore Stefano Vignaroli presenterà le autrici e rivolgerà loro qualche domanda mentre la lettrice Valeria Cupis interpreterà alcuni brani scelti dai libri. La poetessa dialettale Marinella Cimarelli intratterrà il pubblico con una divertente scenetta nel vernacolo jesino.

In questo connubio di interventi e di arti ci sarà anche l’esposizione di alcune opere pittoriche legate al tema della donna, di Manuela Testaferri e Angela Giovagnoli.

Ad arricchire il nutrito evento sarà la presenza di alcuni alunni dell’ISS “Podesti Calzecchi-Onesti”, guidati dalla docente Matilde Giordani, che proporranno laboratori e l’apprezzato musicista il Maestro Massimo Agostinelli che eseguirà selezionati brani alla chitarra.

Sarà possibile godere di un aperitivo “a tema” al costo di 7€, previa prenotazione al nr. 339-3292732 (chiamare dopo le ore 18).

Info:

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“Questa mattina. 24/02/2022” di Anna Manna. Segnalazione di Lorenzo Spurio

Segnalazione di LORENZO SPURIO

La nota poetessa e divulgatrice culturale romana Anna Manna Clementi ha recentemente dato alle stampe una nuova opera. Si tratta del volume dal titolo Questa mattina edito da Tabula Fati di Chieti. Il sottotitolo riporta la datazione 24/02/2022 e fa riferimento, dunque, a un momento specifico – dello scorso anno – che ha contraddistinto non solo la vita della Nostra, ma quella di noi tutti.

La pubblicazione è tesa a indagare sulla pagina scritta quelle che sono le angosce e le speranze, tra pensieri e tentativi di fuga in una realtà liquida e caotica – quella dal presente – dominata dalla frenesia, dal disprezzo e dal dramma della guerra in Ucraina. Un contesto non facile nel quale, pure, non va dimenticata la traumatica esperienza della pandemia.

In copertina è riportata una pregevole opera dell’artista Antonio Fiore dal titolo “Guerre stellari Ufagrà”, un acrilico su tela delle dimensioni di 150×100 che, per il suo stile richiama la tecnica dei collage e degli accostamenti cromatici curiosi cara al secondo futurismo.

Una delle particolarità del libro è la sua ciclica reversibilità, vale a dire che si può iniziare la lettura partendo da qualsiasi parte di esso, senza pretese di continuità o di linea progressivo-narrativa da seguire, in linea con il fermento creativo e cautamente sperimentale dell’Autrice.

A seconda del percorso di lettura che s’intraprende è possibile giungere a considerazioni e riflessioni in parte diversificate anche se il messaggio finale è unico e ben delineato per volere della Nostra. È un libro libero – senz’altro – ma nel quale non ci si perde né si rimane imbrigliati.

La data a cui si riferisce l’opera è quella dell’inizio delle operazioni militari sovietiche nei confronti dell’Ucraina, di fatto la dichiarazione concreta dell’apertura delle ostilità in un conflitto – sul quale non ci esprimiamo – ma che sta continuando a mietere vittime ambo i lati.

Non sono mancate iniziative, anche a livello letterario, che hanno preso la briga di dar voce ai poeti ucraini, reading ad hoc, in cui i versi si mischiano al dramma di esistenze appese al filo che hanno visto sradicare le proprie identità da una terra vessata. Nel nostro Paese ricordo la pregevole iniziativa antologica a cura di Nadia Cavalera – indomabile e fervente attivista a favore di varie cause sociali – Chiamata contro le armi. Sessanta poet* reclamano la pace edita da Puntoacapo editore nel 2022, con inserimenti di notevoli voci poetiche nostrane (Quintavalla, Serofilli, Magazzeni, Curci, Buffoni, Spagnuolo, etc.). La Manna con quest’opera s’inserisce in questa stagione dell’impegno, della denuncia, della partecipazione attiva dinanzi all’efferatezza dello scenario bellico nel cuore dell’Europa.

Anna Manna non necessita di nessuna presentazione, essendo ben nota al grande pubblico e rappresentando – il suo percorso ben parla da sé – una “pietra miliare” della nostra cultura letteraria odierna. Autrice di varie pubblicazioni di poesia, narrativa e saggistica, ha svolto un’intensa attività culturale a Roma e a Spoleto, ha fondato e diretto premi letterari di pregiato riconoscimento. Nel 1995 in Campidoglio ha fondato il Premio “Fiore di roccia” che ha condotto per i dieci anni consecutivi e nel 2001 il progetto culturale “Le rosse pergamene del Nuovo Umanesimo” che si esprime prevalentemente mediante l’omonimo Premio Letterario dedicato all’amore e alla solidarietà. Numerosi i riconoscimenti a lei attribuiti tra cui i Premi alla Cultura all’interno del Premio “Boncompagni Ludovisi” di Roma e “L’arte in versi” di Jesi. Per la diffusione della Poesia ha ricevuto la Medaglia della Commissione Cultura della Camera dei Deputati.

Nel frontespizio del volume è possibile leggere (e gustare) due commenti anticipatori sull’opera da parte di due fini intellettuali: Elio Pecora e Anna Maria Giancarli. Pecora, in un frammento di missiva personale all’Autrice, scrive: “Cara Anna, il tuo libro è fatto di umori e di passioni che lo contraddistinguono. E che riflettono quel che porti e comunichi nelle tue giornate”. Con il suo personale linguismo le fa eco la Giancarli che, convinta, annota: “Cara Anna, nonostante tutto, nelle tue poesie, fioriscono versi di “fiori increduli” che cercano di mitigare il “male d’esistere” in questa unica, splendida madre terra che reclama ed implora rispetto, pace e giustizia. I poeti, devono, come te, guardare oltre e anelare ad un mondo migliore per poi realizzarlo”.

LORENZO SPURIO


E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore.

Esce “Con semplicità e candore. Nove recensioni per Fabio Grimaldi” a cura di Lorenzo Spurio

In questi giorni è stato pubblicato il volume Con semplicità e candore. Nove recensioni per Fabio Grimaldi che contiene testi critici scritti dal poeta partenopeo Antonio Spagnuolo sull’opera poetica del poeta maceratese Fabio Grimaldi. Il volume, edito in pregiata carta dalle Grafiche Fioroni di Casette d’Ete (FM), è stato curato dal poeta e critico Lorenzo Spurio che, in apertura, ha dedicato un lungo saggio introduttivo e di approfondimento all’opera di Grimaldi e alla raccolta di recensioni di Spagnuolo qui proposte dal titolo “Fabio Grimaldi, una vita in versi”.

L’opera, frutto del lavoro costante e assai partecipato, è nata e si è sviluppata a partire da maggio di quest’anno e porta, quale collaborazione, anche quella dell’Associazione Culturale Euterpe APS di Jesi (AN) che, per l’occasione, ha fornito il suo Patrocinio Morale.

Nelle cinquanta pagine che compongono il volume, oltre al testo critico di Spurio e alle nove recensioni di Spagnuolo su altrettante opere di Grimaldi è possibile consultare, in posizione finale, una bibliografia minima della produzione di Grimaldi (non solo poeta “maturo” ma anche per l’infanzia nonché critico e studioso di Mario Luzi) unitamente a una bibliografia essenziale di interventi critici, tra recensioni e saggi, sulla sua attività letteraria.

Nella quarta di copertina compare un estratto del testo di Spurio nel quale è possibile leggere: “Si sono dette tante cose sulla produzione poetica di Fabio Grimaldi e tante rimarrebbero da dire ancora. Questo volume, dall’avvincente titolo Con semplicità e candore (tratto da un pezzo della nota critica di Spagnuolo su Via Dolorosa Via Gloriosa del 2008), raccoglie con precisione tutti gli interventi critici che Antonio Spagnuolo – poeta di lungo corso e critico glabro ma raffinato – ha scritto nel corso delle varie pubblicazioni di Grimaldi. C’è una fedeltà autentica, oltre che un’amicizia importante, tra Fabio e Antonio Spagnuolo che ha consentito questo scambio continuo, nel tempo non tempo della poesia, di raccogliere commenti, giudizi spassionati, riflessioni sui suoi versi che, come osservato da tanta critica, sono andati cambiando, irrobustendosi, prendendo vie diverse che non erano certo pronosticabili a partire dall’esordio nel solco ermetico”.

Una serata sul poeta Federico García Lorca, tra musica e poesia sabato 10 dicembre a Castelfidardo (AN)

Sabato 10 dicembre a partire dalle ore 17:30 presso la Sala Convegni a Castelfidardo (Via Mazzini n°7) si terrà l’evento “Tra gli aranci e la menta”, una serata interamente dedicata al poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca (1898-1936), il poeta “con il fuoco nelle mani” che trovò la morte, giovanissimo, nell’agosto del 1936 agli albori del conflitto civile che avrebbe imperversato in Spagna dal 1936 al 1939 e che avrebbe gettato il paese in una delle dittature più spietate e lunghe dell’intera storia contemporanea, il franchismo.

Organizzata dall’Associazione Cultura Euterpe APS di Jesi (AN) con la collaborazione e il patrocinio del Comune di Castelfidardo (AN) che ha inserito l’evento all’interno del ricco contenitore di iniziative per il Natale 2022, la serata vedrà alternarsi un connubio di poesia e musica grazie alla presenza di professionisti di pregiata caratura che si dedicheranno agli interventi musicali.

Il saluto introduttivo sarà dato da Ruben Cittadini, Assessore alla Cultura del Comune di Castelfidardo. Si proseguirà poi con l’intervento del poeta e critico letterario Lorenzo Spurio (autore di numerosi saggi, contributi critici, testi, anche poetici di lettura e approfondimento sul poeta spagnolo) che parlerà in particolare dei principali pregiudizi storici (in parte ancora vivi) sulla figura di Lorca e la sua stigmatizzazione sociale e della sua importante esperienza di viaggio Oltreoceano che per nove mesi, tra il 1929 e il 1930, lo vide “cittadino” americano (a New York prima e Cuba poi). Esperienza, quella della Grande Mela, che ebbe sul poeta una grande influenza e che lo portò a scrivere varie opere (tra cui le poesie di “Poeta a New York”, dal gusto surrealista) e gli valse l’occasione di importanti incontri artistici, collaborazioni e gli permise di avvicinarsi al Teatro sperimentale del periodo.

Nel corso della serata il chitarrista anconetano Massimo Agostinelli assieme alla mezzosoprano Chiara Guglielmi eseguirà brani del repertorio musicale di Lorca (“Los cuatro muleros”, “La tarara” e “Sevillanas”) assieme ad altre composizioni dalle dolci e cadenzate sonorità andaluse.

Oltre ad alcuni testi lorchiani tratti dalla sua produzione popolare, per la quale è maggiormente noto, la dicitrice Chiara Guglielmi darà lettura ad alcune poesie del periodo americano nelle quali Lorca denunciò con toni quasi apocalittici il delirio e la frenesia dell’uomo in una società troppo macchinizzata e spersonalizzante. La stessa lettrice darà lettura a qualche componimento di Lorenzo Spurio dedicato a Lorca pubblicato nel 2016 nella plaquette “Tra gli aranci e la menta”, nell’occasione dell’ottantesimo anniversario dalla sua morte.

La S.V. è invitata a partecipare. L’evento è liberamente aperto al pubblico.

Lorenzo Spurio (Jesi, 1985), poeta, scrittore e critico letterario. Per la poesia ha pubblicato Neoplasie civili (2014), Tra gli aranci e la menta. Recitativo dell’assenza per Federico García Lorca (2016; 2020), Pareidolia (2018) e Il restauro delle linee (2021). Intensa la sua attività quale critico letterario con la pubblicazione di vari saggi in volume: La metafora del giardino in letteratura (2011), Cattivi dentro: dominazione, violenza e deviazione in alcune opere scelte della letteratura straniera (2018), Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca (2020) e Inchiesta sulla Poesia (2021). È riconosciuto come uno dei maggiori studiosi e saggisti lorchiani nel nostro Paese. Ha tradotto dallo spagnolo, tra gli altri, racconti di César Vallejo e poesie di Federico García Lorca, Rafael Alberti, Luis Cernuda, Miguel Hernández, Antonio Machado,

Chiara Guglielmi, mezzosoprano, nata a Luino, residente a Milano, si è diplomata in canto presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma, perfezionandosi successivamente con il M° Giovanna Canetti. Laureata in Lettere e Filosofia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha vinto tre terzi premi in Duo nella sezione di musica da camera, e ha tenuto numerose conferenze-concerto. Ha ricoperto i ruoli nelle opere “Cavalleria rusticana”, “Madama Butterfly”, “Il trovatore”, “La traviata” e altri; attiva nella musica sacra, ha eseguito come solista “Israel in Egypt”, “Judas Maccabaeus”, “Messiah” e altri. Si è esibita in Brasile e in Francia in chiusura di convegni scientifici con repertori di musica rinascimentale e napoletana; recenti i concerti con l’ensemble Baschenis a Carpi, Milano, Pavia e Como. In duo con la chitarra si è esibita recentemente nelle principali città italiane ed in Spagna, Norvegia e Montenegro.

Massimo Agostinelli è considerato uno dei principali esperti del repertorio dell’Ottocento per chitarra. Ha al suo attivo oltre mille concerti solistici e cameristici nelle principali città italiane ed europee, quattordici realizzazioni discografiche in prima mondiale, per chitarra sola, di opere di Matiegka, Sola, Monzino, Paganini, Giuliani, Molitor e Mertz, per le etichette Agorà Musica, Urania e Veermer di Milano. Laureatosi in chitarra presso il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, ha dato inizio alla sua attività professionistica nel 1982, risultando vincitore di vari concorsi di chitarra. È direttore artistico dell’Associazione Musicale Ottocento. Ha predisposto la catalogazione analitica delle musiche per chitarra dell’Ottocento nelle biblioteche italiane ed europee. Impegnato nel campo della saggistica, scrive regolarmente nelle principali testate giornalistiche per chitarra. Nel dicembre del 2021 è stato premiato a Bergamo per l’evento “Segovia Day”, per le sue qualità artistiche, organizzative e di ricercatore storico della chitarra.

A Cupramontana la presentazione del libro di Cristiano Dellabella “Con gli occhi di un bambino”

Domenica 4 dicembre a partire dalle ore 17:00 presso la Sala Consiliare del Comune di Cupramontana (AN) si terrà la presentazione al pubblico del volume narrativo autobiografico “Con gli occhi di un bambino” dell’autore e artista locale Cristiano Dellabella recentemente dato alle stampe.

Il volume, interamente curato da Euterpe APS di Jesi (AN), ente del Terzo Settore del quale Dellabella è Consigliere da alcuni anni, si compone della narrazione di un giovanissimo Cristiano immerso nella vita modesta ma ricca di insegnamenti della campagna di una volta.

Arricchiscono il volume, oltre ad alcune poesie dell’autore e foto che lo ritraggono insieme di familiari vari anni fa, le note di lettura di Enrico Giampieri (Sindaco di Cupramontana) e Luigi Cerioni (ex Sindaco di Cupramontana ed ex Presidente della Provincia di Ancona) e quelle di approfondimento di Lorenzo Spurio (Presidente Euterpe APS) e Gioia Casale (Vice presidente Euterpe APS).

Cristiano Dellabella è nato a Cupramontana nel 1971 ed è considerato un personaggio eclettico, smanioso di fare e di comunicare al mondo il suo messaggio positivo. Per lui l’arte è una componente essenziale del suo vivere al punto tale che divide la giornata tra il suo lavoro presso un’importante azienda vinicola della zona e la necessità di creare e di dar sfogo al suo estro artistico. Cristiano scrive, disegna e scolpisce. Ha partecipato ad alcune antologie poetiche organizzate dall’Associazione Euterpe di Jesi, ha illustrato alcuni libri per l’infanzia e prodotto le apprezzate “Chimere”, una serie di sculture realizzate con ferro recuperato da vecchi attrezzi agricoli antichi e moderni che ha esposto in varie mostre personali e collettive.

La presentazione del libro “Con gli occhi di un bambino” è organizzata da Euterpe APS con la collaborazione della Biblioteca Comunale di Cupramontana e dell’Archeo Club di Cupramontana e il Patrocinio Morale del Comune di Cupramontana e della Provincia di Ancona.

Dopo i saluti istituzionali di Giampieri e Cerioni si terranno gli interventi “I 150 anni della biblioteca” a cura di Claudia Pierangeli (Bibliotecaria dell’Università degli Studi di Macerata), “Cristiano scrittore e poeta, tra ieri e oggi” a cura di Lorenzo Spurio e “Dimenticare l’essenzialità” a cura di Gioia Casale. La poetessa e scrittrice jesina Marinalla Cimarelli intervisterà Cristiano Dellabella proponendogli alcune domande sulla sua attività letteraria e artistica.

La serata vedrà gli interventi musicali al flauto di Lucrezia Duca e di Antonio Cozzolino mentre le letture saranno a cura di Elena Gregori ed Erika Morici.

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Sabato 22 ottobre a Jesi un evento a scopo benefico tutto sui fiori. Poesia, musica e immagini. Targa di Socia Onoraria ad Anna Maria Trane Quaglieri (Fondatrice IOM Jesi e V.)

Sabato 22 ottobre a Jesi (AN) presso Palazzo Bisaccioni a partire dalle ore 16:30 si terrà l’evento culturale “Fiori di Poesia. Poesie e immagini di infiorate ed erbe disubbidienti” voluto e organizzato dall’Associazione EUTERPE APS di Jesi con il patrocinio morale della Regione Marche, della Provincia di Ancona e del Comune di Jesi.

L’iniziativa vedrà la presentazione al pubblico del volume antologico di poesie “Fiori di Poesia” stampato da Euterpe APS nei mesi scorsi al quale hanno preso parte poeti da tutta Italia con lo scopo di sostenere l’instancabile attività benefica dello IOM (Istituto Oncologico Marchigiano) di Jesi e Vallesina.

Il pregevole volume contiene le riproduzioni a colori di acquerelli dell’artista locale Manuela Testaferri e una foto dell’artista e performer recanatese Amneris Ulderigi.

La presentazione del volume è inserita all’interno di un contesto più ampio e articolato in vari interventi tesi ad approfondire, secondo varie angolature, l’affascinante mondo dei fiori.

Dopo i saluti di benvenuto di Lorenzo Spurio (Presidente di Euterpe APS) e quelli istituzionali di Luca Polita (Presidente del Consiglio Comunale di Jesi) si terranno gli interventi del professore Fabio Taffetani dell’Università Politecnica delle Marche e di Cristiano Dellabella, Consigliere di Euterpe APS, in veste di portavoce del Gruppo Infioratori di Cupramontana.

Il prof. Fabio Taffetani, Ordinario di Botanica sistematica dell’Università Politecnica delle Marche, supportato da un percorso visivo in forma di diapositive, terrà un intervento dal titolo “Erbe disubbidienti” nel corso del quale presenterà esempi del vasto campionario di erbe considerate “infestanti”, “erbacce” o “malerbe” il cui utilizzo potrebbe rappresentare un cambiamento radicale del nostro rapporto con l’ambiente e ricevere notevoli e inaspettati benefici per la nostra salute e la sostenibilità.

Cristiano Dellabella, scrittore e versatile artista, in qualità di portavoce del Gruppo Infioratori di Cupramontana, terrà un intervento su “Le infiorate e gli infioratori” dando accenni e curiosità su una tradizione particolarmente radicata nella nostra Regione, quella delle infiorate. Momenti di collante sociale nei quali i fiori risaltano per le loro lucenti tinte e per gli efficaci accostamenti grazie alla laboriosa manualità degli infioratori.

Durante la serata, come da deliberazione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS, verrà conferita la nomina di Socia Onoraria alla dott.ssa Anna Maria Trane Quaglieri, fondatrice della sezione dello IOM di Jesi e Vallesina per la sua importante presenza sociale nel nostro territorio locale e per l’indiscussa e ingente attività umana e di sostegno che l’Istituto da molti anni porta avanti a beneficio e in supporto di realtà difficili e di dolore.

Ad arricchire la serata saranno alcune letture poetiche estratte dal volume antologico a scopo benefico che saranno fatte da Rosella Canari e gli interventi musicali di Valentina Rossini e Riccardo Lunardi della Scuola Musicale “G. B. Pergolesi” che, assieme a InfiorItalia – Associazione Nazionale delle infiorate artistiche e lo Iom – Istituto Oncologico Marchigiano Jesi e Vallesina, hanno offerto la loro collaborazione e il patrocinio all’iniziativa.

L’evento si terrà a Jesi sabato 22 ottobre a partire dalle 16:30 alla Sala Conferenze del secondo piano di Palazzo Bisaccioni (Piazza Colocci) con entrata da Via Francesco di Giorgio Martini n°5/b.

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“Sincronia tra cuore e mente” del palermitano Antonino Causi. Recensione di Gabriella Maggio

Recensione di GABRIELLA MAGGIO

La poesia è ancora oggi interprete necessaria della vita e dell’attualità perché stimola le coscienze. È come una riparazione, una lotta contro l’evanescenza del tempo, lo sfiatamento della giornata, come dice il poeta Franco Arminio. È il tentativo di cogliere il senso delle cose e delle vicende con parole ritenute giuste e precise per evitare la perdita d’identità. Oggi nel regno del prosaico, nel senso proprio che rimanda al carattere della prosa, la poesia per fortuna è ancora possibile, fa da argine al profluvio di parole che dilaga intorno a noi e ci chiede una concentrazione ed uno sforzo che ci riporti a noi stessi, come dimostra Antonino Causi con la pubblicazione delle poesie Sincronia tra cuore e mente (Il Convivio Editore).

Quaranta poesie equamente distribuite tra le sezioni Cuore e Mente, distinzione che, come dice Lorenzo Spurio nella brillante prefazione “non nasce da una reale idea di cesura, da una volontà di istituire due zone apparentemente distanti e slegate perché è evidente quanto la componente razionale-intellettiva e quella pulsionale-emotiva vengano a unirsi determinando quel climax di sensazioni e di pienezza emotiva…spesso difficile da verbalizzare”.

L’Io lirico di Antonino Causi non si risolve in immagini, ma si dà in frammenti, in frantumi di un intero a cui il poeta, figlio del nostro tempo parcellizzato, anela, sensibile all’amore, al male di vivere, alla violenza.

Ricordi, assenze, attese, ricerca di un’armonia in sé e nel mondo connotano i testi poetici: “Aspetto un giorno / che novella letizia / possa sciogliere questo doloroso / nodo dell’anima (in “Assenza”); “E il mio infinito / sarà una nuova alba / che aspetta ancora / la sua ritrovata melodia (in “Carillon”). Eppure non manca la speranza di una vita più piena: “Gusteremo i nostri giorni / e canteremo inni alla vita / quando le albe e i tramonti / stringeranno nostri cuori (in “Tornerà l’estate”).

Risentita è sempre l’attenzione del poeta a quanto oggi accade nella società, alla violenza come leggiamo in “Verità per Giulio Regeni” e in “A Patrick Zaki, prigioniero di coscienza”, alle tematiche ecologiche in “La montagna deturpata” e in “Se questo è vivere” e alla crisi dei valori nel ricordo di Attilio Manca e Domenico Asaro.

Come Antonino Causi dice nel secondo esergo del volume: “Il poeta è l’artigiano della parola, / costruisce emozioni e sentimenti / da donare agli altri”, la poesia è certamente un dono, ma soprattutto è un fatto sociale, che ha bisogno di lettori e li avvicina fra loro.

GABRIELLA MAGGIO

L’autrice della recensione ha autorizzato la sua pubblicazione su questo spazio senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in seguito.

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Stile Euterpe volume 6 dedicato alla poetessa lombarda Antonia Pozzi. Come partecipare alla selezione di testi

Stile Euterpe – Antologia tematica per una nuova cultura è il progetto di Euterpe APS di Jesi (AN), su ideazione dello scrittore calabrese Martino Ciano (con successive modifiche e integrazioni), volto a rileggere, riscoprire e approfondire, mediante opere di produzione propria (racconti, poesie, haiku, articoli, saggi e critiche letterarie), un intellettuale ritenuto di prim’ordine del panorama culturale italiano.

I precedenti volumi sono stati dedicati rispettivamente a:

Leonardo Sciascia (Leonardo Sciascia, cronista di scomode realtà, a cura di Martino Ciano, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2015);

Aldo Palazzeschi (Aldo Palazzeschi, il crepuscolare, l’avanguardista, l’ironico, a cura di Martino Ciano, Lorenzo Spurio, Luigi Pio Carmina, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2016);

Elsa Morante (Elsa Morante, rivoluzionaria narratrice del non tempo, a cura di Valentina Meloni, pubblicato online sul n°22 della rivista «Euterpe» nel febbraio 2017);

Gianni Rodari (Il “libbro” di Gianni Rodari, a cura di Francesco Martillotto, Ass. Euterpe, Jesi, 2019);

Oriana Fallaci (Oriana Fallaci, la donna, a cura di Lucia Bonanni, Ass. Euterpe, Jesi, 2021).

Il progetto

Il nuovo volume monografico sarà interamente dedicato alla poetessa lombarda Antonia Pozzi (1912-1938). Sarà possibile partecipare con testi inediti appartenenti a tutti i generi (poesia, haiku, racconto breve, prosa, saggio letterario, articolo, recensione, saggio, etc.) che abbiano attinenza (siano dedicati o ispirati) alla figura di Antonia Pozzi, sia come donna, che come poetessa, che come intellettuale.

In particolare si apprezzeranno tutte quelle opere che risultino rilevanti e significative in merito alla studio e approfondimento attorno agli aspetti importanti della vita (il legame con Pasturo, la Grigna e la Valsassina, gli interessi extra-letterari quali la fotografia, l’alpinismo e gli altri sport praticati etc.) e dell’opera della Pozzi (la sua opera poetica, l’epistolario, le influenze e le frequentazioni letterarie, i contatti con intellettuali, la poetica pozziana, il contesto storico-sociale del periodo, etc.).

Saranno escluse opere che presentino riferimenti, analisi e considerazioni, nonché producano come dissertazione elementi che possano configurarsi come estremistici in qualsiasi sfera e di possibile incitamento all’odio, di qualsiasi tipo e lesivi, pertanto, del pacifico senso di comunità.

Per OPERA INEDITA si intende non pubblicata, in precedenza, su un supporto cartaceo (libro o rivista) dotata di codice identificativo (rispettivamente ISBN e ISSN) in un’opera propria o di terzi, antologia o collettanea. Opere pubblicate su riviste esclusivamente digitali dotate di codice identificativo ISSN sono ugualmente da intendersi edite. Per tutti gli altri casi (blog, siti personali, fanzine, Social, etc.) l’opera si intende inedita.

L’obiettivo di questo progetto non è quello di plagiare o scovare la nuova Antonia Pozzi – proposito eventualmente impossibile e utopico – o di darne una lettura onnicomprensiva della sua complessa figura, bensì di rileggere i contenuti biografici e letterari che hanno contraddistinto il breve percorso umano della poetessa lombarda.

Antonia Pozzi

Selezione del materiale e composizione dell’antologia

Ciascun partecipante potrà inviare:

– un massimo di nr. 3 (TRE) poesie, ciascuna delle quali non dovrà superare i nr. 30 (TRENTA) versi senza conteggiare eventuali sottotitoli, dediche, note a piè di pagine né gli spazi bianchi;

– un massimo di nr. 3 (TRE) haiku con canonica struttura 5-7-5;

– un massimo di nr. 3 (TRE) aforismi, ciascuno di lunghezza non superiore alle 7 (SETTE) righe Times New Roman corpo 12;

– un massimo di nr. 2 (DUE) racconti o prose brevi, ciascuno dei quali non dovrà superare i nr. 5.000 (CINQUEMILA) caratteri spazi esclusi (con un margine di sforatura e accettazione del 15%);

– un massimo di nr. 2 (DUE) saggi brevi o articoli, ciascuno dei quali non dovrà superare i nr. 5.000 (CINQUEMILA) caratteri spazi esclusi (con un margine di sforatura e accettazione del 15%), senza conteggiare le note a piè di pagina e la bibliografia;

– un massimo di nr. 2 (DUE) recensioni sulle sue opere (comprese riedizioni, edizioni commentate, epistolari, biografie, altre opere dedicate alla sua vita e scrittura), ciascuna dei quali non dovrà superare i nr. 4.000 (QUATTROMILA) caratteri spazi esclusi;

Si ricorda che i lavori, all’atto dell’invio della propria partecipazione, dovranno essere rigorosamente inediti, secondo le indicazioni in precedenza espressamente indicate.

I materiali, rigorosamente in formato Word, dovranno essere corredati di un ulteriore file contenente la propria biografia letteraria scritta in terza persona di massimo 20 (VENTI) righe.

La mail dovrà contenere anche i dati personali dell’autore (nome, cognome, indirizzo fisico, indirizzo mail, data e luogo di nascita, numero di telefono) e il tutto dovrà pervenire entro il 30/03/2023 alla mail rivistaeuterpe@gmail.com indicando nell’oggetto “Stile Euterpe 6 – Antonia Pozzi”.

Il volume sarà organizzato e curato da Euterpe APS di Jesi. La curatela sarà a cura della poetessa e saggista Filomena Gagliardi.

Entreranno a far parte dell’antologia un congruo numero di testi poetici, narrativi e saggistici nonché recensioni, articoli e critiche letterarie alle sue opere opportunamente selezionate da un Comitato di lettura interno di Euterpe APS in sinergia con la curatrice Filomena Gagliardi.

La pubblicazione dell’antologia avverrà a tiratura limitata in un numero di copie pari a quelle richieste dagli autori, aumentate di quelle riservate alle donazioni a biblioteche civiche e universitarie, centri culturali e altro dove l’opera entrerà nei relativi circuiti OPAC e potrà essere presa in prestito e consultata, in vari luoghi del territorio nazionale.

La partecipazione alla selezione dei materiali è gratuita.

Tutte le opere selezionate – di cui Euterpe APS darà conto mediante un verbale di selezione che sarà diffuso sul sito ufficiale (www.associazioneeuterpe.com), pubblicato su Facebook e inoltrato in privato per mail a tutti i partecipanti – verranno pubblicati in antologia secondo i criteri sopra esposti.

L’autore selezionato per la pubblicazione s’impegnerà ad acquistare nr. 2 (DUE) copie dell’antologia al prezzo totale di 20,00€ (VENTI//EURO) comprensivo di spese di spedizione con piego di libri ordinario, dietro sottoscrizione di un modulo di liberatoria rilasciato a Euterpe APS e versamento della cifra a copertura delle spese di stampa e spedizione del volume.

Essendo il progetto volto alla costruzione di un’opera antologica monografica non vi sarà nessuna premiazione, ma si potranno organizzare – anche grazie all’aiuto, alla disponibilità e alla collaborazione degli autori inseriti – presentazioni dell’opera in contesti opportuni che possano ben accogliere il progetto.

INFO:

rivistaeuterpe@gmail.com

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Esce la prima traduzione italiana della poetessa “fueguina” Anahí Lazzaroni e in Argentina la sua opera omnia

Dopo mesi di lavoro è uscita l’opera antologica della poetessa argentina Anahí Lazzaroni (1957-2019) definita dalla stampa di quel paese come “la precursora dell’estremo sud Argentino”. L’opera, pubblicata con la casa editrice Editorial Cultural Tierra de Fuego, porta il titolo evocativo “La palabra nieve es una buena contraseña (1988-2017)” che potremmo liberamente tradurre in italiano come “La parola neve è una buona credenziale” o “La parola neve è una password efficace”. Grazie al meticoloso lavoro di Florencia Lobo, Responsabile della Editorial Cultural Tierra de Fuego e alla collaborazione e all’apporto della sorella della poetessa, Alicia Lazzaroni, finalmente è possibile sfogliare in un tomo unico l’intera produzione poetica della poetessa Anahí Lazzaroni morta qualche anno fa a Ushuaia, capitale della Provincia di Terra del Fuoco, Antartide e Isole dell’Atlantico del Sud, all’estrema propaggine del continente americano.

Quasi parallelamente all’uscita complessiva del percorso letterario della Lazzaroni è appena uscita nel nostro Paese la prima versione in volume in lingua italiana di una porzione dell’opera della Lazzaroni. Il poeta e critico letterario Lorenzo Spurio, infatti, ha lavorato nell’ultimo anno all’opera di traduzione di una selezionata parte della sua produzione ovvero alle sillogi “El viento sopla” del 2011 e “Alguien lo dijo” del 2017, ovvero le due opere più recenti della poetessa fueguina (della Terra del Fuego). L’opera, dal titolo “Il vento soffia / Qualcuno lo disse è uscita per i tipi di Bertoni Editore di Corciano (PG), con l’autorizzazione della sorella Alicia e del Patrocinio morale della Tierra del Fuego, Antártida y Islas del Atlántico Sur.

Il ricco articolo-recensione di Pablo Nardi sull’opera omnia della Lazzaroni pubblicato lo scorso 9 giugno sulla testata «Infobae» ci parla con grande perizia della poetica dell’apprezzata poetessa di Ushuaia, la città dalla pioggia continua come era solita ricordare la stessa autrice, ma anche della neve osservata al di là della finestra, come richiama il titolo stesso del volume. La Ushuaia narrata dalla Lazzaroni era quella di allora, di una città per lo più tranquilla e assopita, silenziosa nel suo manto di bianco, ancora non divenuta oggetto di un turismo massivo e rumoroso degli occidentali del Vecchio Continente per conoscere “la fine del mondo”. Affascinata dal grande romanzo contemporaneo dei geni indiscutibili della narrativa tra cui i russi Tolstoj, Destovieskij e Gogol, la Lazzaroni era una grandissima lettrice e amante della letteratura di varie culture: quella italiana di Calvino, grande sperimentatore e narratore spesso vicino all’onirico e dell’esistenzialismo doloroso di Eugenio Montale, ma anche la tradizione orientale della cultura giapponese che la portò a cimentarsi anche con la forma dell’haiku. Alla sua morte, avvenuta nel 2019 all’età di sessantadue anni, sua sorella ha deciso di donare l’ingente patrimonio librario della poetessa alla locale biblioteca che è stata a lei dedicata.

La poesia di Anahí è fatta di silenzi e approfondimenti interiori, piccole passeggiate e scatti fotografici, riflessioni sulla vita e sull’uomo in generale, permeata di spazi e cesure, momenti di stasi, rallentamenti. L’andatura è dettata spesso dai sommovimenti metereologici: raffiche di vento, pioggia che non annuncia a diminuire e che spaventa, neve che s’adagia lieve e che trasforma il paesaggio a lei circostante. Sono gli elementi naturali i veri abitatori degli spazi, i protagonisti fondamentali del suo pacato interloquire, le presenze immancabili e caratterizzanti le sue giornate. Poesia dell’isolamento e della distanza, ma anche del limite e del confronto, poesia degli spazi e degli elementi naturali è quella della Lazzaroni nella quale non mancano slanci ironici, elementi di denuncia, piccoli sfoghi dettati dalla malattia e dalla stanchezza.

Il volume antologico si apre con un prologo scritto dalla sorella Alicia e da uno studio preliminare a firma di Luciana Mellado che già in precedenza si era occupata in termini critici della poetessa di Ushuaia. Città nella quale Anahí – nella cui ascendenza c’era sangue italiano, come pure il cognome evidenzia – visse instancabilmente dal 1966 e nella quale fu attiva in campo culturale ed editoriale ottenendo consensi e riscontri dall’ambiente degli scrittori patagonici al punto tale che, secondo le parole di Roberto Santana, “fondò la poesia moderna fueguina”. Anahí Lazzaroni rappresentò senza dubbio alcuno – assieme ai poeti Julio José Leite (1957-2019) e Niní Bernardello (1940-202), che purtroppo se ne sono anch’essi andati recentemente – una delle maggiori voci poetiche non solo della Terra del Fuoco e della Patagonia ma dell’Argentina contemporanea, ragione che ha motivato l’interesse di interpretazione e traduzione anche in contesti geografici – come il nostro – a lei distanti.

La poetessa argentina Anahi Lazzaroni

Nel corso della sua vita pubblicò otto libri di poesia: “Viernes de acrílico” (1977), “Liberen la libélula” (1980), “Dibujos” (1988), “El poema se va sin saludarnos” (1994), “Bonus Track” (1999), “A la luz del desierto” (2004), “El viento sopla” (2011) e “Alguien lo dijo” (2017) e il romanzo “En esta ciudad se escribirá una novela” (1989). Alcune sue poesie sono state tradotte in francese, inglese, catalano, italiano e coreano su siti e blog di cultura.

La prima edizione in volume della sua opera tradotta in italiano, a cura di Lorenzo Spurio – autore che in precedenza ha tradotto in italiano anche l’ecuadoriana Dina Bellrham – è appena uscita col titolo “Il vento soffia / Qualcuno lo disse” per i tipi di Bertoni Editore di Corciano. Il volume, che contempla le due ultime sillogi poetiche pubblicate dall’autrice, ha ottenuto il Patrocinio Morale della Provincia della Terra del Fuoco, Antartide e isole del sud.

Guido Oldani, artefice della “rivoluzione copernicana” della poesia del XXI secolo

Di Lorenzo Spurio

Domenica 15 maggio 2022 a Senigallia, nota località balneare della riviera Adriatica, è andata in scena la cerimonia di premiazione della decima edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, ideato, fondato e presieduto dal sottoscritto e organizzato annualmente con l’Associazione Culturale Euterpe di Jesi. Come avvenuto nelle edizioni precedenti sono stati consegnati alcuni premi speciali fuori concorso – frutto della proposta del sottoscritto e della deliberazione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS – tra cui il Premio Speciale alla carriera al noto poeta milanese Guido Oldani, fondatore del Realismo Terminale.

Guido Oldani (Melegnano, 1947) ha conseguito una maturità tecnica. Maestri della sua adolescenza sono stati, tra gli altri, il critico letterario Giovanni Cesari e il violoncellista-pittore Gianni Zuccaro, autore di diverse vetrate della cattedrale di San Paolo del Brasile. Nel 1966 s’iscrive alla Facoltà di Medicina, concentrandosi nello studio dell’anatomia umana normale microscopica, con esiti brillanti di ricerca, che gli varranno pubblicazioni nella rivista scientifica «Acta Anatomica», fino al 1984. In contemporanea si occupa di psicodiagnostica, impadronendosi della metodica di Rorschach. Importante, in quel periodo, è la frequentazione dei poeti Luciano Erba, Antonio Porta, Alda Merini e Giovanni Raboni, il quale scriverà la prefazione alla sua prima opera poetica, Stilnostro (Cens, 1985). Oldani è immenso a trecentosessanta gradi nell’arte (come si leggerà a continuazione) e di quel periodo è anche l’amicizia con gli scultori svedesi Gert Marcus e Françoise Ribeyrolles.

Nel 1987 prende parte al Festival internazionale MilanoPoesia, dove porta il senso della sua raccolta, che consiste nel togliere la realtà dal tempo, mediante l’uso di gerundi, participi passati e ablativi. Prende subito a differenziarsi rispetto ai poeti circostanti. L’espressione di questo suo disagio lo indirizzerà al Seminario Internazionale degli Artisti, presso la Fondazione Vardö di Stoccolma. Alla Columbia University di New York stringe amicizia con il poeta americano Allen Mandelbaum, italianista traduttore della Divina Commedia in lingua inglese.

La svolta nella poesia si ha con la partecipazione al Convegno di Losanna, “Varcar frontiere”, nel 2000. L’anno dopo esce la sua seconda raccolta, Sapone (rivista «Kamen», 2001) La sua collaborazione a case editrici e quotidiani vari (tra i quali «Il sole24ore», «Avvenire», «Affaritaliani» on line, «Il Cittadino», al periodico «Luoghi dell’Infinito») è continuativa e importante e non verrà mai meno negli anni successivi.

Segue la pubblicazione di La betoniera (LietoColle, 2005), che sarà tradotta in diverse lingue, fra le quali l’arabo, a cura del poeta libanese Fuad Rifka. Gli viene affidata la direzione di una collana dall’editore Mursia dove nel 2010 uscirà la teorizzazione poetica del nuovo genere di cui è padre indiscusso, Il Realismo Terminale, che fissa in maniera compiuta il canone della sua poetica.

Le tesi avanzate in questo pamphlet richiamano immediatamente l’attenzione, oltre che di poeti e critici letterari, di medici, matematici, geografi, urbanisti, filosofi, antropologi, pedagogisti, e psicanalisti, che ne faranno oggetto di discussione in occasione di convegni e tavole rotonde. Si apre così, per Oldani, un decennio di frenetica e appassionata divulgazione. I princìpi del RT (acronimo che useremo d’ora in poi per riferirci al Realismo Terminale) entrano anche nelle scuole e nelle università. Intorno alla sua persona si forma con slancio e grande convinzione un cospicuo sodalizio di persone, poeti e artisti di varia natura, che nel 2014 al Salone del Libro di Torino con la presentazione del “manifesto breve” A testa in giù, si costituirà ufficialmente in movimento. Numerosissime le iniziative a cui partecipa, incontri, convegni, recital e altro ancora.

Seguono altre pubblicazioni: La guancia sull’asfalto (2018), in cui sprigiona esemplarmente, con felice e vulcanica creatività, tutte le potenzialità della “similitudine rovesciata”, una delle sue più avvincenti (se non ardite) creazioni da cui diparte l’idea stessa del Manifesto. Nel 2020, a dieci anni dal suo Manifesto, indirizza una “lettera aperta”, dal titolo Dopo l’Occidente, a quanti hanno accolto il suo “appello”, per fare un bilancio del lavoro fin qui compiuto e soprattutto per aprire ulteriori prospettive di sviluppo.

Nel corso della cerimonia di premiazione a Senigallia, Oldani è intervenuto con un suo contributo spontaneo che ha riscosso ampio interesse nel pubblico. Accompagnato da Annachiara Marangoni, amica e collaboratrice all’interno delle attività del RT, Oldani ha trovato in sala ad applaudirlo anche la poetessa Tania Di Malta, fervente seguace del RT e autrice, tra gli altri volumi, di una recente antologia dal titolo Il gommone forato. La poesia civile del Realismo Terminale (puntoacapo, 2022).

Prima di invitarlo sul palco a parlarci del suo impegno nella letteratura e dei motivi trainanti che lo hanno condotto alla teorizzazione del RT, ho dato lettura in forma sintetica, della motivazione critica da me stilata quale argomentazione per l’attribuzione del Premio alla Carriera. Essa è stata pubblicata nell’opera antologica del Premio (volume non in commercio) assieme alla raccolta di inediti di Oldani dal titolo Tegole dalla quale mi piace estrarre la poesia “Aggiornamenti climatici” che così recita: “solo un farlocco può pensare ancora / che sia successo niente dal duemila / e spalma il novecento in tiritera. / adesso sono uguali i continenti, / fotocopie dell’africa che bolle / o meglio cinque pentole sul fuoco / e l’estate è un gran forno di sterminio; / nelle città, oppure sulle spiagge / non è più tempo questo di cremine / e l’aria è bianca come l’alluminio”.

Propongo il testo della motivazioni integrale a continuazione perché permette di avvicinarsi ancor meglio alla genialità e insieme alla prodezza di Oldani nella fondazione del movimento del RT.

Nel 2010 Guido Oldani pubblicava il Manifesto del Realismo Terminale che, nel giro di poco tempo, veniva tradotto in varie lingue, diffuso sulla stampa, dato a conoscere negli ambienti culturali di varie zone d’Italia, riscuotendo subito una grande attenzione. Oggi, a distanza di anni, possiamo sostenere che l’intervento di Oldani con il Manifesto, non tanto programmatico ma ideologico, agli albori del XXI Secolo ha rappresentato senz’altro una picconata ai sistemi sempre più granitici e solipsistici di una cultura disattenta al contesto in cui abita.

A partire da quella data, infatti, è nata una fluente teorizzazione e produzione critica e antologica tesa a indagare le peculiarità e i punti di forza di questa rivoluzione antropologica. I contributi del docente Giuseppe Langella e di Elena Salibra, in particolare, sono stati molto apprezzati e ritenuti, assieme al Manifesto d’apertura della nuova stagione di riflessione, fonti di prim’ordine irrinunciabili per tutti coloro che nel tempo hanno inteso avvicinarsi e meglio concepire l’idea capostipite e il movimento che ne è nato.

Il RT parte dall’assunto di un grande ribaltamento tra soggetti e predicati e vede l’uomo sostituito dal mondo degli oggetti che, nella società consumistica in cui viviamo, hanno rimpiazzato ogni parvenza di naturalità. Attorno alla geniale e indovinata definizione di similitudine rovesciata si snoda la poetica terminale, si pensi ad alcuni versi quali “un cielo bianco come il lardo” (che dà il titolo a una celebre opera di Oldani); “il cielo è carta igienica già usata”, “ha la forma del manico di secchio,/ l’arcobaleno” ; “sembrano le piante chiodi storti” , “il vento come ruspa scavatrice”, “i pioppi spogli sono delle forche”  e così via in un repertorio vastissimo di momenti in cui la natura è presentata dissimulata, cementificata, con sembianze e forme di arnesi, strutture portanti, elementi rigidi. Si pensi alle tante poesie che parlano di calce, cavalcavia, grattacieli, cantieri, betoniere e tanto altro ancora. Prevalgono, alle spese dell’emozionalismo, della spiritualità e dello scavo psicologico, la ruvida concretezza, il mondo della materia, l’accumulo e il pattume, l’asfalto e i gas tossici, la materialità possente e autoreferenziale, gli ambiti scatologici dell’uomo, il patologico e il virale, l’utilità dell’essere umano non in quanto ad abilità e conoscenze intellettive ma in relazione al suo punto di raccordo, quale ingranaggio mediano, nella catena di montaggio.

Oldani con la sua operazione che egli stesso ha definito come una sorta di “incidente mentale” ha evidenziato, meglio di nessun altro, il preoccupante e inarrestabile processo di disumanizzazione dell’uomo, lo svuotamento emotivo delle persone, il loro divenire merci indistinguibili, utili solo in quanto alla loro pratica funzionalità. In questa esplicitazione cruda e incontrovertibile della “dittatura degli oggetti” ha fatto emergere il caos e la disperazione di un’età, la disillusione e lo stravolgimento dettato dall’accumulo di persone (lui parla di pandemia abitativa), spesso definito anche come accatastamento non mancando di adoperare una giusta dose d’ironia che s’unisce spesso a una certa crudeltà d’immagini. Non perché sia un sadico ma perché il mondo è recidivamente cattivo.

La cronaca urlante di guerre, violenze, atti di degenerazione urbana fa da sfondo, insieme al dramma molto sentito per le sciagure migranti, a molte liriche tanto in Oldani quanto nei realisti terminali suoi seguaci.

La natura, come saremmo portati a concepirla, è presente nelle forme deviate dettate dall’azione antropica distruttiva dell’uomo. È una natura fatta di cemento, calcestruzzo, lamine di metallo, vetri e altri elementi inerti, freddi, privi di loquela. L’identificazione con il mondo oggettuale fa sì che l’uomo risulti disperatamente ingabbiato in categorizzazioni, stereotipi e automatismi che lo conducono a un procedimento di cosificazione.

Questa meccanicizzazione e oggettivizzazione continue sono la causa e la dannazione dell’uomo contemporaneo che, pur vivendo in una società plurale, allargata e densamente abitata come la metropoli, risulta essere solo, indifferente, asociale, completamente staccato dal contesto, come una piccola sfera d’acciaio in un più ampio ingranaggio: necessaria per funzionare ma inabile a emozionarsi. Che il Male si annidi proprio nella sciatteria, in forme di chiaro egoismo e nella frenetica attenzione al guadagno in questo clima virtuale, difficile come un campo minato, è evidente da considerazioni amare e grottesche al contempo come quando in una poesia annota “i poliziotti arrestano i più buoni”.

Auditorium San Rocco, SENIGALLIA (Ancona), 15 maggio 2022 – Un momento della premiazione del Premio “L’arte in versi” con la consegna del Premio alla Carriera a Guido Oldani. Da sinistra: Stefano Vignaroli (Segretario Euterpe APS), Michela Zanarella (Presidente di Giuria), Guido Oldani e Lorenzo Spurio (Presidente del Premio; Presidente Euterpe APS)

La poesia del RT (“terminale è la distanza abissale e incolmabile tra uomini e oggetti” sostiene il fondatore, ma essa è terminale anche perché ultima, disperata, tendente a un oltre dopo la fine che è prossima eppure non individuabile), definita d’avanguardia in un primo momento, divenuta poi fertile movimento e ora vasto e ineliminabile repertorio d’immagini crude e spietate che ci parlano senza superfetazioni del nostro presente, ha la forma di una denuncia perentoria dei nostri tempi, delle metropoli accatastate, della cronaca luttuosa, delle azioni malevoli e irreversibili dell’uomo, fatta a partire dall’idea di una degenerazione preoccupante, inarrestabile, divenuta mera circostanza consuetudinale: “il sangue è l’olio che condisce / il pasto umano per i terrorismi / in un menù che è quasi abituale” .

In questa “apoteosi del cemento” in cui siamo diluiti nelle “metropoli bestiali” tutto, compreso l’invisibile, assume una dimensione plastica: “le nuvole sono in cemento / abusive, perciò in continua fuga” e l’uomo non è neppure più pedina, pupazzo o manichino, macchina di produzione, ma oggetto, merce e, pertanto, oggetto di vendita, scambio, subordinato alle logiche di acquisizione, permuta, cessione, espropriazione. Privato della dimensione soggettiva, del sentimento solidale verso l’altro, dell’esigenza di condivisione e della coralità che ne farebbe parte attiva nella comunità, pietrificato nel narcisismo patologico e nel disturbo ossessivo-compulsivo dell’accumulo, l’uomo è oggi, nella poesia di Oldani, una presenza imprecisa, innocua, assoggettata alla materia, e mai indispensabile: “ci sono tante salme in obitorio / come accade nel centro commerciale / per molti elementi surgelati”.

Per la grande innovazione apportata in campo letterario e non solo con la teorizzazione e applicazione in campo poetico del RT, una sorta di “rivoluzione copernicana” dei nostri tempi che ha assunto la forma di un vero shock esperienziale dando vita a intermittenze di luci e divagazioni critiche e puntuali sullo stato dell’uomo nella contemporaneità, l’organizzazione del Premio ha deciso di attribuirgli il Premio Speciale “Alla Carriera”.

Come ricordato anche nella nota biografica presente nell’antologia, Oldani si interessa da sempre non solo di poesia. Un rapporto particolare che ha sempre avuto è quello con gli artisti visuali. Già nel 1989, avendo conosciuto e frequentato i Nuovi Ordinatori tedeschi, ha curato mostra e catalogo di uno di essi, il pittore Klaus Karl Mehrkens. Nel 1997 ha allestito la mostra postuma del pittore Roland Ettner, già membro della Bauhaus. Nel 2000 ha fatto collocare una grande sfera dello scultore Gert Marcus presso il fiume Po, come punto della latitudine per la pace mondiale. Dal 2008 al 2011, inoltre, è stato membro del Consiglio direttivo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano.

Per il teatro ha curato una riduzione e regia dell’opera a quattro mani di Carlo Porta e Tommaso Grossi, Giovanni Maria Visconti, duca di Milano. Al festival internazionale di Firenze è stata presentata un’opera sulla sua poesia, Millennio terzo, nostra meraviglia, a cura di Gilberto Colla, con musiche di Thomas Chinnery.

Tra i vari riconoscimenti attribuitigli si ricordano la nomina a membro dell’Accademia Internazionale «Le Muse» di Firenze (2006), il Premio alla carriera “Città di Acqui Terme” (2010), il Premio “National Talent Gold” della Fondazione Zanetto di Brescia (2012), il Premio “FestivalArt” di Spoleto (2013) e l’“International PoetryAward 1573” di Luzhou, in Cina (2019) al quale ora va ad aggiungersi il Premio alla carriera “L’arte in versi” di Euterpe di Jesi (2022).

LORENZO SPURIO


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Ricordo del poeta toscano Veniero Scarselli (1931-2015). Nelle Marche un riconoscimento alla memoria

Di Lorenzo Spurio

Domenica 15 maggio 2022 presso l’Auditorium San Rocco a Senigallia (AN) l’organizzazione del X Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, organizzato da Euterpe APS e presieduto dal sottoscritto, ha conferito alla memoria del poeta toscano Veniero Scarselli (1931-2015) un riconoscimento speciale alla memoria che è stato consegnato alla figlia Teresa Scarselli.

Veniero Scarselli è stato docente di Fisiologia, poeta e scrittore. Per sua scelta ha vissuto per lo più appartato in felice comunione con l’Appennino toscano in compagnia di libri e dell’amata moglie Gemma. Studioso eclettico e saggistica raffinato, ha fatto interloquire scienza e poesia, tecnica e letteratura, ponendosi domande fuori da ogni possibile schematismo. Il suo itinerario ha attraversato i campi dell’estetica e dell’etica con l’attualizzazione di problematiche d’interesse collettivo non disdegnando l’auscultazione dell’interiorità e lo scandaglio ontologico, la perlustrazione convinta e reiterata attorno ai dilemmi esistenziali, alle aporie, alle realtà necessitanti un’interrogazione.

Un momento della cerimonia di premiazione. Da sx: Michela Zanarella (Presidente di Giuria), Teresa Scarselli (figlia di Veniero Scarselli) e Lorenzo Spurio (Presidente Euterpe APS e Presidente del Premio)

Elegante chiosatore del testo, critico dalla lama esatta e puntuale, Scarselli si è occupato di varie tematiche mai dimenticando la centralità della poesia, delle sue forme e messaggi, dei codici linguistici, dello stile, finanche della metrica e ogni aspetto relativo al rapporto io-verso, autore-poesia. La riflessione sulla poetica, il tentativo d’interpellare il meccanismo insito nella creatività dell’uomo, nella sua arditezza e inesauribilità d’investigazione, sono alla base della sua indomita riflessione, del suo studio meticoloso, reiterato e avvincente, di una perlustrazione convinta e affannata attorno al conoscere. L’opera di Scarselli è profondamente dotta, frutto di studio e convinzioni radicate, prodotto di letture particolari, di richiami a una intelligentia colta ed è piacevole, nell’approfondimento dei versi, andare a indagare plausibili richiami e camei che l’autore ha inteso rendere fruibili o, per lo meno, praticabili.

Numerose le opere poetiche pubblicate: Isole e vele (1988), Pavana per una madre defunta. Appunti per una storia naturale della morte (1990), Torbidi amorosi labirinti (1991), Priaposodomomachia. Storia lussuriosa del Cavaliere e la Donzella (1992), Eretiche grida. Antico manoscritto di eremita rinvenuto in una grotta del Monte Athos (1993), Piangono ancora come bambini (1994), Straordinario accaduto a un ordinario collezionista di orologi (1995), Fuga da Itaca (1997), Pianto di Ulisse (1998), Il Palazzo del Grande Tritacarne (1998), Ballata del vecchio capitano (2002), Il lazzaretto di Dio (2004), Diletta Sposa (2006), Genesis (2008), Mille millenni d’Amore (2008), Trionfo delle anime artificiali (2009), La suprema Macchina Elettrostatica (2010), Il mio pensiero poetante (2011), Ascesa all’Ombelico di Dio (2012), L’Universo parallelo degli Acquatici (2013), Vera storia del Vascello fantasma (2015).

Il poeta Veniero Scarselli

Pure non va dimenticata la componente saggistica di Scarselli, aspetto inesauribile e peculiare della sua intera produzione letteraria. Ce ne rendiamo conto da una serie di articoli, interventi critici, interviste più o meno possibili, arditezze stravaganti, riflessioni curiose capaci di suggestionare il lettore ravvisabili in una grande messe di scritti critici e divulgativi apparsi prevalentemente su riviste di settore tra le quali figurano «Pomezia Notizie», «Sìlarus», «Punto di vista», «Nuova Tribuna Letteraria», «Vernice», «La Procellaria», «Talento» e «La Vallisa». In volume, per la saggistica, pubblicò Conservazione dell’amore coniugale (2008), Il mio pensiero poetante (2011), Indagine molecolare sul Bello (2011) e Diafonie poetiche a contrasto (2011).

Hanno scritto sulla sua opera e sulla sua ampia e versatile attività letteraria, tra gli altri, Giorgio Barberi Squarotti, Domenico Cara, Silvano Demarchi, Ninnj Di Stefano Busà, Luigi Fontanella, Emerico Giachery, Sandro Gros-Pietro, Alfio Inserra, Stefano Lanuzza, Gianfranco Lauretano, Maria Grazia Lenisa, Franco Manescalchi, Walter Mauro, Carmelo Mezzasalma, Rossano Onano, Davide Rondoni, Mario Sansone, Antonio Spagnuolo, Stefano Valentini, Anna Ventura, Vittorio Vettori, Esposito Vittoriano, Lucio Zaniboni e Lucio Zinna.

Nel corso degli anni l’interesse all’opera letteraria di Scarselli è stata ben posta in risalto da una serie di recensioni, saggi e approfondimenti tanto su rivista che in volume che molti saggisti e studiosi hanno voluto dedicare alla sua opere. Tra questi vanno senz’altro citati gli studi monografici Un’epica moderna dell’interiorità (1993) a cura di Nicola Amabile; L’equivoco di Edipo nella trilogia di V.S. (1994) a cura di Rossano Onano; La riflessione poetica di V.S. (1997) di Vittoriano Esposito; Oltre le colonne d’Ercole (1998) a cura di Gianna Sallustio; Le inconciliabili istanze del desiderio nella poesia di V.S. (1999) di Rossano Onano; Figura umana e poetica di V.S., (2004) di Federico Batini e Nostalgia del Dio-Madre nella poesia di V.S. (2012) a cura di Daniela Monreale.

Importantissima e irrefrenabile l’attività di divulgazione dell’opera di Scarselli effettuata dalla moglie, la signora Gemma Menigatti Scarselli (scomparsa nel 2018) che strenuamente ha inteso far conoscere l’ampia opera letteraria del marito in vari contesti culturali tra cui quelli di alcuni dei più rappresentativi premi letterari del nostro Paese. Riconoscimenti postumi all’opera di Veniero Scarselli sono stati conferiti dai Premi “Parole e Poesia” di Formigine (MO), “Argentario” di Monte Argentario (GR), “Medusa Aurea” di Roma, “La Rosa d’Oro” di Torre Alfina (VT), “Pegasus” di Cattolica (RN), “Thesaurus” di Matera, “Casentino” di Poppi (AR), “Mino De Blasio” di S. Marco dei Cavoti (BN), solo per citare i maggiori. All’interno del prestigioso Premio Letterario Casentino la sezione dedicata alla saggistica inedita è stata intitolata proprio nel nome di Veniero Scarselli. Ad essi si aggiunge ora anche il Premio alla Memoria de “L’arte in versi” di Euterpe di Jesi (AN).

Durante la premiazione de “L’arte in versi” a Senigallia è stata diffusa anche l’opera antologica del concorso (volume non in commercio) contenente le opere di tutti i premiati a vario titolo nella decima edizione con particolare attenzione anche ai premi speciali fuori concorso. Scarselli è presente con una dettagliata biografia artistica, una scelta di sue opere poetiche estratte dai libri Isole e Vele (Forum/Quinta Generazione, 1997; I edizione 1988), Eretiche Grida (Nuova Compagnia Editrice, 1993), Diletta sposa – Poemetto in diciassette lasse ispirato al Libro Tibetano dei Morti (Montedit, 2006) e alcuni inediti estratti da Diario 1961-1963. Completa il nutrito omaggio la motivazione di conferimento del Premio – stilata dal sottoscritto e letta durante l’evento – che riporto per intero a continuazione.

Un altro scatto della cerimonia di premiazione. Il banco della presidenza. Da sx: Stefano Vignaroli (Segretario Euterpe APS), Michela Zanarella (Presidente di Giuria) e Lorenzo Spurio (Presidente Euterpe APS e Presidente del Premio)

L’opera letteraria del poeta e scrittore Veniero Scarselli meriterebbe una maggiore conoscenza e diffusione. Nel tempo, oltre a un vasto numero di pubblicazioni in volume dove palesemente prediligeva la forma del poemetto, collaborò a numerose riviste letterarie con suoi contributi critici, articoli, riflessioni sulla poesia e sullo stato dell’arte. Le sue vedute, pur ampie e dettagliate nel riferirsi agli argomenti che, di volta in volta, andava affrontando, non mancavano di far intravedere una mente salda, un ragionamento frenetico, una grande robustezza di ideali. A tutto questo si associava un piglio a volte volutamente polemico, teso non tanto a puntare il dito ma a sviscerare aspetti poco chiari di un mondo sommerso, poco studiato, attinente alla cultura contemporanea, ai suoi meccanismi, all’incapacità di definizione univoca di intellettuale. Scarselli era un fisico, ma si è rivelato anche un pregevole letterato al punto tale che, anche dopo la sua morte e grazie allo strenuo impegno dell’amata moglie Gemma, ha riscosso numerosi tributi, premi speciali a lui dedicati tra cui l’intitolazione a suo nome della sezione di Saggistica inedita all’interno del prestigioso Premio Letterario Casentino che annualmente si celebra a Poppi (Arezzo). Alla domanda che tempo fa gli veniva fatta su cosa è la poesia Scarselli rispondeva, perentorio e serafico come sua abitudine, “Un potente mezzo di riflessione su tutti i temi esistenziali che assillano il nostro tempo” chiarendo, da subito, che per lui la poesia non era né divertissement né qualcosa di scevro dall’esigenza di un impegno concreto dell’uomo sulla Terra. Dalle sperimentazioni e dalle documentazioni di branca scientifica – rimarchiamo che Scarselli fu un biologo ricercatore – alla consacrazione come letterato contemporaneo. Forse un po’ appartato e nell’angolo – come da alcuni osservato – senz’altro non per mancanza di merito e di valori ma per una sua connaturata scelta, come il buen ritiro degli ultimi anni nella proprietà di Pratovecchio Stia. Scarselli ha evidenziato con la sua penna sagace e puntuale, non timorosa di considerazioni un tempo anche azzardate, non sia stato altro che uno dei mezzi preferiti per l’avvicinamento e l’auscultazione del mondo. In questa ricerca ha sperimentato come la canonica forma poetica risultava spesso limitativa, una vera e propria gabbia, tanta era l’esigenza di spaziare, argomentare, condurre – sempre sull’andatura versificatoria – viaggi che necessitavano respiro, un percorso ben più ampio. Ecco che, come ricordava a Domenico Defelice nel 2005 in una nota intervista apparsa su «Pomezia Notizie» che “l’esplorazione mal si adattava alla poesia: solo il poema mi permetteva di sviscerare un tema in tutti i risvolti con una serie coerente e omogenea di pensieri”. E ciò è tanto più vero e palese se ci s’immerge nella lettura di alcune sue opere, quali l’avvincente Vera storia del vascello fantasma (2015) con echi del romantico Samuel Taylor Coleridge. Scarselli ha fatto di più, spingendosi oltre senza infingimenti convinto che la poesia potesse ricorrere nel pensatore non solo per veicolare messaggi edenici, di piena concordia e di benessere, quanto affrontare pure le zone di margine, varcare il buio del mistero, finanche dell’osceno (come lui stesso ebbe a dire) senza il peso di facili e fin troppo bigotte recriminazioni. Decadente, pessimista, nichilista, ermetico, cupo, introspettivo, sovversivo, criptico, enigmatico, sono solo alcune delle sfaccettature che la critica su Scarselli ha inteso rimarcare dimostrando ogni volta la limitatezza del giudizio, la poca conoscenza della vastità dell’intellettuale che oggi premiamo. Nel “Manifesto per la rinascita di una poesia di valore etico” così scrisse e ci piace ricordarlo: “Qualsiasi genere, storia, argomento, anche apparentemente banale o perfino quello ritenuto indegno dai benpensanti, ma che non sia fine a se stesso bensì punto di partenza per una considerazione esistenziale o morale, può essere motivo di “riflessione poetica”. Forse questa nuova poesia si potrebbe chiamare “di pensiero” […] La poesia non può e non deve essere un trastullo per chi non sa cos’altro fare, o il mezzo per sentirsi “qualcuno”. Sì, anche a costo di apparire ridicolo sostengo che la poesia dev’essere una specie di missione”.

L’importante iniziativa di attribuzione del Premio Speciale alla Memoria a Veniero Scarselli ha visto l’adesione morale, nei termini dei patrocini degli enti amministrativi della sua zona di appartenenza del Comune di Firenze, della Città di Firenze e della Provincia di Arezzo.

LORENZO SPURIO


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