“Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca” a cura di Lorenzo Spurio. Recensione di Franca Canapini

Il 2 gennaio scorso su http://www.granadahoy.com è apparso un articolo molto interessante del giornalista e scrittore spagnolo Andrés Cárdenas, intitolato “De García Lorca se hablará siempre”. Contiene una premessa in cui l’autore riflette sul rapporto simbiotico tra Granada e Lorca e, a seguire, ci racconta vari fatti tra i quali una storia molto intrecciata riguardante Agustin Penón, un americano che, recatosi a Granada tra il 1955 e il 1956, aveva raccolto una valigiata di informazioni su Federico García Lorca, pensando di scriverci un libro. Ma era morto e la valigia era passata di mano in mano, mentre Penón, che alla sua ricerca aveva sacrificato anche parte delle sue sostanze, era stato dimenticato. 

Questo per dire come e quanto il Poeta granadino sia stato e sia ancora un lievito potente per gli intellettuali di tutto il mondo: ¡De García Lorca se hablará siempre! Non ci dobbiamo dunque stupire della nascita nel 2020 di Il canto vuole essere luce (Bertoni, Perugia). Un libro di vari autori italiani, curato da Lorenzo Spurio e tutto dedicato a Lorca, artista eclettico e uomo di grande impegno sociale.  

Il curatore ci tiene a farci sapere che, pur avendo il libro la forma del saggio scritto a più mani, è di più, molto di più; è “un atto d’amore e di riverenza verso uno dei maggiori intellettuali che la letteratura mondiale ha mai visto: il poeta spagnolo Federico García Lorca”. Tanto che il titolo, consistente in un verso di Lorca, assume significato simbolico: il libro è il canto corale con il quale s’intende illuminare almeno in parte l’opera del Poeta.

Nel 2016 Lorenzo Spurio aveva riacceso il fuoco dell’interesse per Lorca, dando alle stampe Tra gli aranci e la menta, una plaquette di sue poesie dedicate al Granadino. Da quel momento, tramite contatti spontanei, altri poeti amici hanno aggiunto ottima legna al suo fuoco. E il fuoco è divampato in un’offerta corale di contenuti esegetici, di ritratti e di poesie. Il testo, infatti, è illustrato con ritratti del Poeta eseguiti dal Maestro Franco Carrarelli “L’Irpino” ed è diviso in due parti. 

La prima riporta i saggi con i quali gli aficionados indagano su molti aspetti del fenomeno Lorca.  Francesco Martillotto ci presenta il Lorca amante della musica e ottimo pianista, buon conoscitore della musica classica e della musica popolare che mette sullo stesso piano e riflette sull’interscambio felice tra musica e poesia nelle sue opere poetiche e di teatro. 

Lucia Bonanni ci mostra il Lorca amante delle tradizioni popolari della sua Andalusia, che saranno di fertile ispirazione per le poesie e il teatro. Affascina, anche nell’analizzare il surrealismo dell’opera teatrale El público, la sua ricerca dei significati metaforici e del valore dei simboli nella Parola del Poeta.

Cinzia Baldazzi cerca di penetrarne in profondità le peculiarità del linguaggio poetico: “…Immortale…è il loro mondo semantico e logico: immenso, popolato di ombre illimitate a latere di luci accecanti, provenienti da un’arcana fonte senza inizio e senza fine…”.

Lorenzo Spurio ci porta dentro “Tamar e Amnon” del Romancero gitano, indicandoci la denuncia sociale che sottende l’opera; ma anche in Poeta a New York dove la parola poetica s’incupisce nel denunciare la disumanità della metropoli, mettendone in risalto gli aspetti negativi. E per finire ci conduce nelle opere teatrali più importanti per analizzare i temi ricorrenti: la violenza, il disagio degli emarginati, la condizione della donna e i suoi diversi atteggiamenti nella lotta contro la sopraffazione variamente esercitata dal maschio.

Ugualmente interessante la seconda parte che assomiglia a un’antologia poetica ripartita in due sezioni. Nella prima sono raccolti alcuni dei compianti, odi e elegie scritti, subito dopo la tragedia dell’assassinio, da Antonio Machado, Rafael Alberti, Pablo Neruda e da vari esponenti della Generazione del ‘27, quasi tutte strazianti e bellissime a partire dal grido di Machado: “…que fue en Granada el crimen – sabed – ¡pobre Granada! – ¡en su Granada!…” fino allo sperdimento di Rafael Alberti che se lo vede tornare vivo in sogno: “Has vuelto a mí más viejo y triste en la dormida / luz  de un sueno tranquilo de marzo…”.

La seconda sezione accoglie voci di poeti contemporanei suggestionati dalla Parola del Poeta. Un florilegio di voci diverse che incuriosisce, commuove, rende vivo Federico, ne canta la tragedia, ne interpreta le sfumature dell’anima colte sia direttamente nei suoi testi poetici, sia indirettamente negli atteggiamenti dei personaggi del suo teatro. Testimonianza forte dell’amore che ha saputo generare e di quanto la sua parola può ancora incantare.  

Il canto vuole essere luce è un libro che offre molte informazioni di approfondimento sulla persona e gli interessi culturali, artistici e civili di Lorca; senza contare l’ampia bibliografia a cui attingere nel caso volessimo continuare a conoscerlo. Un libro tutto da “patire” per chi desidera entrare più a fondo nel suo universo delicato e sapiente, gioioso e drammatico, etico e propositivo. 

FRANCA CANAPINI

Arezzo, 10/01/2022


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Vittorio Sartarelli su “Tra gli aranci e la menta. Recitativo per l’assenza di F.G. Lorca” di Lorenzo Spurio

Recensione di Vittorio Sartarelli 

 

 “La mia opera di riconoscenza all’intellettuale più grande che non è mai morto”. Così si espresso l’autore di questa splendida plaquette nella amichevole dedica a me diretta e che mi ha molto colpito sentimentalmente.

cover frontaleNon è facile né agevole scrivere qualcosa di perfettamente aderente e giustamente commensurata all’eccelsa qualità di quest’opera cercando di commentarla nella sua esatta dimensione. È chiaro, come ha scritto con competenza il professore Nazario Pardini nella sua dotta prefazione, che si tratta di una Elegia, un componimento letterario improntato a motivi di confessione autobiografica, di delicata mestizia e di forti sentimenti, indipendentemente dalla forma, la quale tuttavia si determina tradizionalmente nel così detto distico elegiaco.

Lorenzo Spurio in questa sua opera che, oltre ad essere un inno alla vita ed alla natura che ci circonda, esprime in una sorta di simbiosi catartica, la sua visione lirica della vita, della natura e della morte, molto simile e quasi identica a quella di Federico García Lorca, il poeta offre la netta visione di uno dei sentimenti più nobili e umani: l’attaccamento alla vita e alla propria terra, “a ogni luogo del campo”.

L’opera si dispiega in undici poesie che sono un autentico inno che racconta liricamente la vita e i sentimenti del suo amico del quale soffre l’assenza ed il triste destino che lo ha portato tragicamente alla sua morte per mano di maldestri assassini. Il nostro Spurio esprime nella sua lirica “Non lontano dal limoneto” un altro suo mesto cruccio, egli fa riferimento al fatto che dopo tutti questi anni dalla morte di Lorca non è mai stato localizzato con certezza il luogo preciso dell’inumazione, né sono stati trovati i resti del suo corpo.

La via crucis di García Lorca comincia quando lo arrestano e lo conducono nella roccia vescovile, il palazzo del vescovo Moscoso y Peralta e si conclude quando lo conducono, assieme ad altri tre condannati, presso la Fuente Grande, il luogo di una fonte, già stata cantata da grandi poeti granadini e da Lorca stesso. Lì avverrà l’esecuzione.

Tutta questa raccolta di liriche di Spurio evidenzia un accostamento profondo al testo del poeta spagnolo, egli è non solo amico, non solo ammiratore ma anche grande conoscitore della produzione di Federico García Lorca. Il nostro autore in queste undici elegie, i suoi versi, spesso, hanno il sapore dell’invettiva in canti di offerta e di ammirazione, ma anche di sdegno, di riscatto simbolico all’oltraggio di una morte ingiusta che pesa come un delitto incancellabile sul volto della Spagna.

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Un ritratto di Federico García Lorca eseguito dall’artista José Caballero.  Fonte

Il nostro Poeta, in questa splendida elegia, riesce anche ad introdurre la rappresentazione scenica e rituale della corrida e quindi della Tauromachia che è un concetto essenziale della tradizione ispanica. Del resto, il contesto storico e politico di questa nazione nel periodo della morte di García Lorca era stato già negativamente raccontato da altri eminenti artisti spagnoli come il pittore Picasso con la sua opera Guernica e Pablo Neruda fortemente amareggiato dalla uccisione di Lorca e il nostro Spurio si è sentito così vicino sentimentalmente al grande poeta spagnolo da quasi non accettare che egli fosse già morto infatti, in una sua lirica afferma: “Morto è solo chi si dimentica e scompare” e questa intima affezione è stata talmente forte e l’ha sentita talmente sua, da farne il punto focale della propria ispirazione lirica.

Un’altra sensazione che si ha, almeno questa è la mia percezione, anche perché credo che la poesia sia molto legata alla musica, nel leggere questa raccolta di versi dedicata a Lorca, sembra di ascoltare una bella canzone sulla vita, la natura, gli alberi, le piante e anche la morte ma, il nostro poeta sembra voler sorvolare su questo aspetto negativo della vita, quasi rifiutando di accettarlo, esprimendo sublimandole, una profonda cura e una dedica struggente al suo caro amico, per l’interpretazione e il modo di sentire ed apprezzare i sentimenti dell’amore, della libertà e della giustizia che costituiscono i presupposti essenziali per una vita umana serena e, soprattutto, libera da pregiudizi.  

VITTORIO SARTARELLI

 

NOTA: L’opera in oggetto è LORENZO SPURIO, Tra gli aranci e la menta. Recitativo per l’assenza di Federico Garcia Lorca, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2016. La prima edizione del volume è stata pubblicata dall’editore fiorentino PoetiKanten Edizioni, con prefazione del professor Nazario Pardini, nota critica di quarta di copertina di Corrado Calabrò, bandella con commento critico di Lucia Bonanni, illustrazioni a china del Maestro campano Franco Carrarelli e un saggio di Valentina Meloni dal titolo “Il passo della morte. Rappresentazione mitica e allegorica nel rituale della corrida tra teatro e poesia” a maggio 2016 (pp. 86, ISBN: 9788899325466, Costo: 12€). Una seconda edizione, privata del saggio della Meloni e con l’aggiunta di un apparato critico finale con brevi lettere e note di lettura di Dante Maffia, Giorgio Bàrberi Squarotti, Antonio Spagnuolo, Francesca Luzzio e Luciano Domenighini, è stato pubblicato, sempre da PoetiKanten Edizioni, nel febbraio 2020 (pp. 65, ISBN: 9788899325466, Costo: 10€).

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“Federico García Lorca, il poeta tellurico”: ricordando il Poeta a 83 anni dalla sua morte – incontro a Cupramontana (AN) sabato 17 agosto

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Sabato 17 agosto 2019 alle ore 21:15 presso la Sala del Torchio dei Musei in Grotta (MIG) a Cupramontana (AN) si terrà l’evento culturale “Federico García Lorca, il poeta tellurico”, un incontro di approfondimento per ricordare il celebre poeta spagnolo, intellettuale poliedrico (drammaturgo, scenografo, disegnatore e musicista), membro di spicco della Generazione del ’27, ad ottantasei anni dalla sua morte, avvenuta, per mano franchista nel bel mezzo della guerra civile spagnola il 19 agosto 1933 nella campagna fuori Granada, nei pressi di Viznar.

Il corpo del Poeta – che non venne mai ritrovato neppure nel corso delle più recenti ricerche e richieste di scavo dell’area – rimane a tutt’oggi un dilemma insolvibile che, nel corso del tempo, ha dato vita alla creazione di varie piste investigative e tesi anche piuttosto singolari. 

Durante la serata il critico letterario Lorenzo Spurio (autore nel 2016 di una plaquette poetica dedicata al Poeta nell’occasione degli 80 anni dalla morte, Tra gli aranci e la menta, edita per PoetiKanten Edizioni di Firenze)  traccerà il percorso umano e letterario di quello che l’amico Pablo Neruda (che conobbe alla Residencia de Estudiantes di Madrid negli anni ’20 del Secolo Scorso e ritrovò a Buenos Aires nel 1933) definì, ben prima della sua tragica fine, come un “naranjo enlutado“.

Il percorso, tra le varie opere dell’autore, che esordì nel 1918 con Impresiones y paisajes, proseguirà fino alle opere più note e celebrate del Romancero Gitano (1928) e del Poema del Cante Jondo (pubblicato nel 1931 ma contenente poesie scritte nei 7-9 anni precedenti) per giungere alle poesie più enigmatiche e dal gusto surrealista di Poeta a New York scritte durante la sua permanenza nella metropoli americana nel periodo 1929-1930 e pubblicate solo nel 1940.

Le letture di brani scelti delle sue opere saranno eseguite dalla scrittrice Gioia Casale e a impreziosire la serata saranno gli interventi musicali alla chitarra del Maestro Massimo Agostinelli che con Lorenzo Spurio ha precedentemente collaborato in altri eventi dedicati al poeta granadino. 

Federico García Lorca: la sua poesia e la sua vita. Due incontri in Liguria con Lorenzo Spurio (Genova 13/04 e La Spezia 14/04)

Due incontri poetici con il poeta e critico letterario Lorenzo Spurio che approfondiranno il vasto e impareggiabile percorso umano e letterario di Federico García Lorca avranno luogo nel secondo fine settimana di aprile in Liguria.

Il primo di essi vedrà Lorenzo Spurio presentare il suo ultimo libro di poesia “Pareidolia” (The Writer Edizioni, Cosenza, 2018 – con prefazione della poetessa Michela Zanarella) presso la Stanza della Poesia di Genova (Piazza Giacomo Matteotti n°70) il 13 aprile alle ore 17:45. La presentazione sarà condotta dalla poetessa e critico letterario Rosa Elisa Giangoia, Durante l´incontro si terrà una “Conversazione su Federico García Lorca”, tesa a indagare alcuni degli aspetti meno noti e più curiosi del percorso umano e letterario del poeta spagnolo, tra i quali la sua permanenza newyorchese nel 1929 e le sue opere surrealiste.

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Il giorno successivo, domenica 13 aprile a La Spezia, presso Il Poggio Ortobar (Scalinata San Giorgio n°5) alle ore 16:30, presentato dal poeta Francesco Salvini, Spurio parlerà del suo precedente libro, “Tra gli aranci e la menta. Recitativo per l´assenza di Federico García Lorca” (PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2016 – con prefazione del poeta e critico letterario Nazario Pardini), pubblicato nell´amara ricorrenza degli ottanta anni dalla morte del poeta granadino (vincitore di vari premi nazionali tra i quali “L´Astrolabio” di Pisa). La plaquette affronta il tema della morte, dell´assenza del corpo e della forza espressiva della poetica umana e dell´impegno civico di uno dei più grandi poeti al mondo. Le pagine sono impreziosite da alcune raffigurazioni a china del Maestro irpino Franco Carrarelli elaborate appositamente a partire dalle poesie di Spurio. Nella quarta di copertina del libro, a firma di Corrado Calabrò, si legge: “La silloge è al tempo stesso una rievocazione ed un’invocazione del poeta, con un fondo di accoramento che si scioglie nel colloquio con le piante e con la natura, in sintonia col sentire del poeta e in risonanza con i suoi versi”.

La serata darà modo di parlare e riflettere sull´esistenza travagliata e breve del “poeta tellurico”, valente drammaturgo e difensore dei diritti civili, con particolare attenzione al suo viaggio Oltreoceano compiuto nel 1929 che lo portò prima a New York e poi a Cuba. A novanta anni esatti da questa esperienza assai importante per García Lorca, Spurio racconterà alcuni degli episodi che caratterizzarono quella fase della sua vita, le sue amicizie, la sua vena più incline all´avanguardismo e alla sperimentazione e le nuove opere che lì maturano, prima fra tutte “Poeta a New York” che sarà pubblicata postuma, nel 1940. Durante l´incontro alcuni poeti locali interverranno con loro letture di testi di Garcia Lorca.

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INFO EVENTO GENOVA 13-04-2019

Stanza della Poesia di Genova

stanzadellapoesia@gmail.com

 

INFO EVENTO LA SPEZIA 14-03-2019

Il Poggio Ortobar: – Evento FB

 

 

 

Il mondo del teatro, tema del prossimo numero della rivista di letteratura “Euterpe” – Scadenza 21-05-17

16299011_1816826958569728_1671577101441895574_nSegnaliamo la selezione per il prossimo numero della rivista di letteratura “Euterpe” tutt’ora aperta che scadrà il prossimo 21 maggio 2017.
Il prossimo numero della rivista, il ventitresimo, propone come tema al quale è possibile ispirarsi e rifarsi liberamente quello della “Scrittura teatrale e i suoi interpreti”.
Per poter prendere parte alla selezione dei testi è richiesto di seguire le semplici e basilari “Norme redazionali” presenti sul nostro sito a questo link http://rivista-euterpe.blogspot.it/p/norme-redazionali.html  pena l’esclusione.
I materiale dovranno essere inviati esclusivamente a mezzo elettronico alla mail rivistaeuterpe@gmail.com entro e non oltre il 21 maggio p.v. 

Info: rivistaeuterpe@gmail.com 

Luto en la Monumental

Così titola il popolare quotidiano spagnolo Abc in riferimento all’ultima corrida sul territorio catalano, svoltasi domenica 25 settembre 2011 nella plaza de toros La Monumental di Barcellona.

Tra nostalgia per una festa perduta ed entusiasmo di moltitudini di persone per aver posto la parola “fine” a un complesso festivo basato su crudeltà ed efferatezza, da gennaio 2012 saranno vietate in tutto il territorio della Catalogna i festejos taurinos, tutti i complessi festivi e cerimoniali che impiegano il toro come attore della festa (encierros, corridas, novilladas e toros en la calle).

Di seguito alcune foto tratte dalla rete (quotidiani Abc, El Mundo, El Pais) dell’ultima tarde taurina de Catalunya:

La Monumental chiude i battenti. Ultima corrida a Barcellona.

Articolo di Lorenzo Spurio

Tra pochi giorni la corrida in Catalogna diventerà una chimera. Si celebrerà questo fine settimana, infatti, l’ultimo festejo taurino a La Monumental. Il parlamento catalano ha approvato, infatti, il 28 giugno 2010 con 68 voti a favore, 55 contrari e 9 astenuti la proibizione delle corride in tutta la Catalogna a partire dal 1 gennaio 2012.

Nel cartello dell’evento per l’ultima corrida, disegnato da Miquel Barceló, si vede un toro in primo piano, clamorosamente fuori dal coso, dall’arena, e gli spalti dell’arena dipinti con una tecnica pittorica a pennellate veloci, vuoti e desolati. Un’immagine che non ha mancato di destare stupore e generare polemiche dato la sua marcata austerità e l’uso di tinte cromatiche troppo scure.

L’ultima corrida si celebrerà domenica 25 settembre nella plaza de toros La Monumental a Barcellona e l’evento avverà in concomitanza con la Fiesta de la Merced (Mercè), patrona della città. Torereanno Juan Mora, Serafín Marin e il famoso José Tomás che in varie interviste si è detto onorato ed emozionato per la sua presenza nella ultima corrida della storia in Catalogna. Così andrà in scena l’ultima manifestazione di una pratica antichissima, frutto della cultura della tauromachia e dell’identità spagnola (malvista dai nazionalisti catalani).

Javier Villán, spietato critico taurino, nel suo libro Liturgia del dolor ha scritto: “A Barcellona, i pochi aficionados rimasti vivono in una situazione di clandestinità terminale […] La colpa della decadenza della corrida a Barcellona non è solo del nazionalismo antispagnolo; ma anche di una cattiva gestione imprenditoriale e di una passione popolare indolente, che ha lasciato passare ogni tipo di abuso, soprattutto la mancanza di rispetto verso il toro. E la critica taurina è inesistente. L’arena è per turisti, per ragazze svedesi. Davanti a una passione più vigorosa e a una fiesta più combattiva, il nazionalismo avrebbe potuto far poco”.

Fonti:

Cicala, Marco, “L’ultima corrida a Barcellona”, La Repubblica, 2 ottobre 2009.

Pita, Elena, “Quién de más por la Monumental?”, El Mundo, 20 de septiembre de 2011.

Sesé, Teresa, “El cartel de la última corrida en Barcelona causa furor”,  La Vanguardia, 21 de septiembre de 2011.

“Agotadas las localidades para ver a José Tomás este domingo en la Monumental”, La Vanguardia, 20 de septiembre de 2011.

“José Tómas, emocionado pero apenado ante su última corrida en Cataluña”, Abc, 20 de septiembre de 2011.

“Miquel Barceló pinta el cartel del último festejo taurino en la Monumental”, La Vanguardia, 16 de septiembre de 2011.

“Miquel Barceló presenta el cartel de la última corrida de toros en Barcelona”, Libertad Digital, 16 de septiembre de 2011.

LORENZO SPURIO

21-09-2011

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La corrida è cultura?

Che tori, corride e encierros appartengano alla cultura spagnola è un dato di fatto. Nelle guide turistiche la corrida è, assieme al flamenco, uno dei topos tradizionali della cultura spagnola. Allo stesso modo i quotidiani spagnoli dedicano un’intera pagina a questo aspetto culturale sotto la dicitura di “Toros” che è un ulteriore suddivisione della rubrica “Cultura”. Che le corride siano espressione di cultura è dunque una realtà, una verità inopinabile. Ovviamente esistono posizione diverse e contrastanti sul modo d’intendere la corrida. Per qualcuno è un tratto distintivo del ser castellanos che va protetto e tramandato per altri non è altro che un atto di barbarie attraverso il quale l’uomo usa violenza contro il toro. Così la notizia di pochi giorni fa trasmessa dai giornali spagnoli di fatto non spiazza, non meraviglia affatto. Si tratta dell’ennesima prova che tori e Spagna sono un tutt’uno e guai a parlar male di corride!

Nello stesso giorno in cui il premier Zapatero annuncia le elezioni anticipate, il Ministero della Cultura ha annunciato che assumerà le competenze in materia taurina. Così aspetterà al governo centrale di Madrid piuttosto che alle singole comunità autonome di occuparsi degli asuntos taurinos, ossia i complessi festivi, celebrativi e i rituali che prevedono l’utilizzo della lidia, lucha y muerte del toro.

C’è qualcosa però che sembra non quadrare in questa equazione tori=cultura. Se per tutti i tori sono espressione di cultura, allora le Canarie e recentemente la Catalogna li avrebbero aboliti privandosi così di un importante espressione del loro essere? Così il riconoscimento del Ministero della Cultura del toro come emblema culturale finisce per avere poca rilevanza e finisce per essere impiegato come mezzo per alimentare nuove controversie. Finché l’Unesco non riconoscerà la pratica della tauromachia come Patrimonio Culturale in Spagna, Portogallo, Francia e nei paesi sudamericani (probabilmente non lo farà MAI), la questione del riconoscimento di cultura in questo complesso festivo non potrà dirsi completa ed effettiva.

LORENZO SPURIO

3 Agosto 2011

La corrida: A tourada (la corrida portoghese) 10/10

Con questo articolo si conclude il lungo ed interessante (spero) percorso nel mondo della tauromachia.

Il Portogallo condivide alcune delle pratiche taurine che sono impiegate in Spagna ma ne ha alcune proprie. Nelle praças de touros i tori non vengono uccisi e la lotta tra l’uomo e l’animale non è cruenta e basata sull’uso delle armi ma è una lotta ragionata che preferisce il gioco d’abilità (rejoneos) o della forza (forcados). Gli unici spettacoli taurini che sul territorio portoghese permettono l’uccisione del toro secondo la legge avvengono a Barrancos, nell’Alentejo. Il centro taurino più importante in Portogallo è la regione di Ribatejo.

L’elemento che differenzia maggiormente la corrida portoghese da quella spagnola è il fatto che il toro, pur sfidato e torturato durante la corrida, non viene ucciso sotto gli occhi della gente nella praça de touros ma ucciso in un secondo momento quando il toro è stato immobilizzato in delle gabbie. Se questo può indurci a credere che la corrida portoghese sia meno violenta di quella spagnola non dobbiamo cadere in questo inganno poiché il toro in entrambi i casi viene torturato ed ucciso. Poco cambia se venga ucciso nella praça o in sordina. E’ difficile dire quale delle due varianti (quella spagnola, o quella portoghese) sia più cruenta.

In Portogallo ci si riferisce alla corrida con il nome di tourada (da touro, toro), il luogo dove viene effettuata si chiama praça de touros, equivalente della plaza de toros spagnola e il torero è chiamato toreador. Nella foto a destra la Praça do touros do Campo Pequeno di Lisbona.

Così come avviene nella corrida spagnola il toro viene tenuto al buio per le 24 ore precedenti al momento in cui verrà liberato per far aumentare in lui l’ansia e la preoccupazione ed incrementare la sua aggressività. Prima che venga rinchiuso gli viene posta un’imbracatura di cuoio attorno al collo che ne limita i movimenti sia durante la sua permanenza al buio che dopo durante la corrida. Una volta che viene liberato il toro è nervosissimo e giunge nell’arena particolarmente furente ed energico.

Se nella corrida spagnola la finalità è quella di uccidere il toro in quella portoghese invece è di placcare il toro. Anche nella corrida portoghese il toro viene stancato ma non crudelmente attraverso la lanza de picar, ma attraverso le faticose corse che fa dietro il cavallo.

La tourada portoguês si compone di due parti: a lide a cavalo (lotta a cavallo) e poi a pega (l’acchiappo o la presa). La prima parte è attuata da un cavaleiro (cavaliere) che prende il nome di fidalgo (è l’equivalente del picador spagnolo). Il fidalgo attraverso la sua maestria si fa inseguire, provocando il toro e poi evita le ripetute cariche e cornate del toro. Solo quando il toro si avventa per caricare il cavallo con le corna ben dritte allora il fidalgo gli pianta le farpas (l’equivalente delle banderillas spagnole).

Una volta che il fidalgo ha sfiancato il toro esce di scena ed entrano i forcados, otto uomini che in fila indiana, tenteranno di immobilizzare il toro. Il capo forcado (forcado de cara) provoca il toro con urla, gesti, insulti e movimenti bruschi . Il toro si infuria e fa per caricare il capo forcado. Dietro di lui in fila indiana sono disposti gli altri sette forcados. Il capo forcado nell’impatto cerca di buttarsi tra le corna del toro per tenerlo in pugno; gli altri si gettano tra le gambe del toro, gli saltano sul collo e lo afferrano per la coda.

A volte i forcados non ci riescono e il toro fa filotto, facendo sbalzare a terra gli otto uomini.  Quando si rialza da terra il capo forcado ha il volto e il vestito imbrattato di sangue ma non si tratta del suo bensì quello del toro fuoriuscito dalle ferite delle farpas.

Solitamente i forcados non riescono a immobilizzare il toro dopo almeno quattro o cinque azioni di questo tipo. Quando uno dei forcados riesce ad afferrare il toro per la coda (rabillador) il traguardo è stato raggiunto.

La corrida portoghese termina quando l’animale termina di lottare. Al termine, stremato viene collegato a quattro buoi che lo trascinano via. In alcuni casi l’animale è già morto o, se così non fosse, viene ucciso in una stanza poco distante. 

 LORENZO SPURIO

30-05-2011

La corrida: la cogida 9/10

[La plaza de toros] es escenario de una fiesta que a veces enciende los corazones y a veces los apaga con el soplo del pitón de un toro instrumento del destino.[1]

La storia ci insegna che molte volte, anche toreros professionisti e con una lunga carriera di matador alle spalle, hanno trovato difficoltà nel gestire un toro, sono stati feriti, scornati ed hanno riportato lesioni gravi che li hanno portati alla morte. Il famoso quadro La muerte del picador (1793) di Francisco Goya sebbene si riferisca alla figura del picador e non del torero propriamente detto sottolinea quanto sia alto il rischio di perdere la vita nel corso di una corrida.

Nel linguaggio taurino si utilizza l’espressione di cogida per far riferimento alle scornate dei tori. Si ricorderà a questo riguardo le drammatiche immagini e video che sono stati diffusi dalla stampa e in rete della cogida del torero Julio Aparicio in una corrida celebrata a Las Ventas durante la Feria de San Isidro nel 2010. Il torero sivigliano durante il primo toro che sfidava quella sera venne incornato sotto il mento e il corno dell’animale gli attraversò la bocca. Impressionanti le immagini in cui il torero veniva infilzato dal corno dell’animale che finiva per spuntargli dalla bocca. I giornali titolarono la notizia scrivendo escalofriante cogida (cornata da brivido), cornada brutal e espeluznante cornada.  Condotto subito in ospedale venne sottoposto ad una serie di interventi chirurgici che riuscirono a salvargli la vita. Pur trattandosi di una cogida d’impressionante gravità il torero riuscì a salvarsi.

Alcune delle più recenti cogidas sono state quelle sofferte dal torero José Maria Tejero nella plaza de toros de Albacete nel 2009, dal torero José Tomás a Las Ventas nel 2008, dal novillero Pedro Marín nella plaza de toros de Valencia nel 2008 e dalla rejoneadora Noelia Mota nella plaza de toros di Marbella (Málaga) nel Settembre 2010. Le cogidas sono molto comuni e avvengono molto spesso; alcune sono particolarmente gravi e possono portare a emorragie e alla morte altre possono invece essere recuperate in un tempo più breve a seconda della profondità della ferita e della porzione del corpo interessata.

Una cogida mortale fu quella del torero Manuel Laureano Rodríguez Sánchez conosciuto come Manolete[2] (1917-1947), torero cordobese che morì sulla plaza de toros de Linares (Jaén) a seguito di una grave emorragia alla coscia destra dovuta ad una cornata del toro Islero dell’allevamento di Eduardo Miura. Alla sua morte il generale Francisco Franco dichiarò tre giorni di lutto. Studi più recenti sostengono che la morte del torero non fu dovuta tanto alla ferita causata dalla cornata ma da un’erronea trasfusione di sangue.

Altra cogida fatal fu quella che portò alla morte il torero Manuel Báez Gómez “Litri”  (1905-1926) a seguito di una grave scornata ricevuta nella plaza de toros di Málaga nel 1926. Rafael Vega de los Reyes “Gitanillo de Triana” (1904-1931) conosciuto anche come Curro Puya trovò la morte nell’agosto del 1931 dopo una lunga agonia causata da una cogida avvenuta il 31 maggio 1931 a Las Ventas di Madrid inflitta dal toro Fandanguero. Il famoso letterato membro della generación del ’27 e torero Ignacio Sánchez-Mejías  (1891-1934), cognato del torero Joselito “El Gallo” morì nel 1934 a seguito di una cornata ricevuta nella plaza de toros di Manzanares (Ciudad Real) dal toro nominato Grenadino. Il poeta e amico Federico García Lorca scrisse l’elegia Llanto por Ignacio Sánchez Mejías[3] (1935) considerato uno dei migliori testi poetici spagnoli nella quale celebra il torero e lamenta la sua perdita.

Ignacio Sánchez Mejías assistette alla morte del cognato, José Gómez Ortega “Joselito” (1895-1920) avvenuta a seguito di una cogida nella plaza de toros di Talavera de la Reina (Toledo). La memoria di un grande torero come Joselito è tutt’oggi viva: ogni 16 maggio nella plaza de toros di Las Ventas di Madrid le cuadrillas percorrono il paseillo desmonterados (con la montera in mano) e si osserva un minuto di silenzio a ricordo della morte di Joselito.

Manuel Leyton Peña “El Coli” (1918-1964), banderillero, morì nella plaza de toros di Las Ventas di Madrid per una cornata ricevuta da un novillo dell’allevamento di Rodríguez de Arce. Al banderillero è stata dedicata una via nella città di Jerez de la Frontera.  Il 23 agosto 1966 morì nella plaza de toros di Bilbao il banderillero Antonio Rizo che faceva parte della cuadrilla del torero El Monaguillo per una cornata al cuore.

Lo stesso giorno in cui morì Manolete (11 agosto) ma di alcuni anni dopo moriva un altro torero, José Falcón (1944-1974), portoghese, per una grave cogida mentre toreava a La Monumental a Barcellona dove venne colpito a morte dal toro Cuchareto dell’allevamento di Hoyo de la Gitana. Il torero Francisco Rivera Pérez “Paquirri” (1948-1984) morì per una scornata ricevuta nella plaza de toros de Pozoblanco (Córdoba) nel 1984. Il banderillero Ramón Soto Vargas (1951-1992) morì nella plaza de toros La Real Maestranza di Siviglia nel 1992 per una cornata di un novillo di nome Avioncito appartenuto all’allevamento del conte di la Maza. Per l’occasione il feretro del banderillero venne portato a hombros nella plaza de La Maestranza dove venne fatto un giro dell’arena e poi fatto uscire dalla puerta grande, la puerta del Príncipe. Appena un paio di mesi prima il banderillero valenciano Manolo Montoliú (1954-1992) era morto per una cogida nella stessa plaza ad opera di un toro dell’allevamento di Atanasio Fernández.

La storia delle cogidas è una storia che fa parte della più ampia storia delle corride e si caratterizza per segnare l’aspetto meno felice delle pratiche festive taurine. Come si è visto in molti casi cogidas paurose possono creare gravi ferite, perforamenti di organi vitali, emorragie e dissanguamenti che portano alla morte e in altri casi, cogidas che pur apparendo mortali come nel caso recente di Julio Aparicio, riescono ad essere sanate tempestivamente da una serie di operazioni chirurgiche.

LORENZO SPURIO
29-05-2011

[1] Antonio Diaz-Cañabate, “Un banderillero, Antonio Rizo, muere de una cornada en el corazón”, ABC, 24 de Agosto de 1966.

[2] Manolete fu un torero molto famoso e popolare negli anni ’40. Prese l’alternativa il 02-07-1939 a La Maestranza di Siviglia che confermò a Las Ventas di Madrid il 12-10-1939. La sua tragica sorte accrebbe la sua fama e in anni recenti sono state istallati vari monumenti celebrativi in suo onore, soprattutto nella sua città natale, Córdoba. Intorno a Manolete, considerato uno dei più grandi toreri della storia, è nato un vero e proprio mito che si focalizza sulla sua grande destrezza come torero, la tragica cogida e dal divieto di sua madre di permettere alla donna che amava di poterlo sposare in punto di morte. Recentemente è stato girato un film che traccia gli ultimi giorni del grande diestro: Manolete, regia di Menno Meyjes, paese: Spagna, Regno Unito, Usa, Francia, anno:  2007.

[3] L’opera, dedicata da Lorca alla ballerina di flamenco Encarnación López Júlvez “La Argentinita” (1895-1945) che commemora l’amico scomparso a causa di una cogida mortal è divisa in quattro parti: la cogida y la muerte, la sangre derramada, cuerpo presente e alma ausente. La prima parte (la cogida y la muerte) con un’ampia ed eterogenea caratterizzazione degli spazi, dei colori e dei suoni ci dà la notizia della caduta in arena del torero a seguito di una cogida («un muslo con un asta desolada») che lo porterà poi alla morte («a lo lejos ya viene la gangrena») ed è pervaso dal ritornello «a la cinco della tarde», ora della corrida e nella quale il torero muore.

Nella seconda parte (la sangre derramada) il poeta invoca il tempestivo arrivo della sera e del buio che non gli permetta di vedere il sangue dell’amico perché gli darebbe troppo dolore («¡Que no quiero verla!») e poi passa ad elogiare la sua tempra, il suo valore sul ruedo e la sua grandezza: «No hubo príncipe en Sevilla/ que comparársele pueda,/ ní espada como su espada/ ní corazón tan de veras./ Como un río de leones/ su maravillosa fuerza,/ y como un torso de mármol/ su dibujada prudencia./ Aire de Roma andaluza/ le doraba la cabeza/ donde su risa era un nardo/ de sal y de inteligencia./ ¡Qué gran torero en la plaza!».

Nella terza parte (cuerpo presente) il poeta infonde l’idea che anche se il torero è morto lui rimarrà vivo nelle genti che lo hanno amato; il corpo del torero, ormai senza vita, viene legato qui sempre più alla piedra, alla pietra sepolcrale che suggella la fine dell’amico. Il dolore è troppo forte, è un dolore che riguarda tutti e che attraversa non solo le persone, tutto è in lutto: «Vete, Ignacio: No sientas el caliente bramido./Duerme, vuela, reposa: ¡También se muere el mar!».

L’ultima parte (alma ausente) è la più drammatica di tutto il componimento perché il poeta, dopo averci informato della morte del torero, ci dice che nel tempo verrà dimenticato come succede a «todos los muertos de la tierra» e conclude dicendo:  «No te conoce nadie. Pero yo te canto». Il poeta dice che anche se non lo ricorderà nessuno, lui vuole ricordarlo con il suo componimento, vuole elogiarlo e conclude che difficilmente ci sarà un torero così valoroso come lui:  «Tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace/ un andaluz tan claro, tan rico de aventura./ Yo canto su elegancia con palabras que gimen/ y recuerdo una brisa triste por los olivos».

La corrida: gli altri protagonisti:il presidente e il pubblico 8/10

Secondo il Ministerio del Interior il presidente «es la autoridad que dirige el espectáculo y garantiza el normal desarrollo del mismo y su ordenada secuencia, exigiendo el cumplimiento exacto de las disposiciones en la materia y proponiendo, en su caso, a la administración competente la incoación de expediente sancionador por las infracciones que se cometan». Il presidente è l’autorità massima nel corso della corrida, colui che stabilisce i tempi e segna il passaggio da un tercio all’altro, colui che valuta la condotta del torero e decide con il famoso linguaggio dei fazzoletti gli eventuali premi per il torero (il taglio di orecchie e coda) e per il toro (l’indulto).

Il presidente della corrida nelle plazas de toras delle capitali di provincia è rappresentato da un sottodelegato del governo centrale mentre nelle plazas de toros di terza categoria (delle città di provincia) il ruolo è svolto dal alcade (sindaco) della città che può anche delegare a un concejal (consigliere comunale).

Le decisioni del presidente sono indiscutibili, inappellabili e finali in quanto rappresenta l’unica e la massima autorità di giudizio nel corso della corrida.

Il presidente comunica le sue decisioni e i tempi della corrida attraverso il messaggio dei fazzoletti colorati. Il presidente agiterà in aria il fazzoletto bianco per dar inizio allo spettacolo, per annunciare l’uscita dei tori, per annunciare i cambi di tercios, gli avvisi e dichiarare la concessione di trofei per il torero. Utilizzerà il fazzoletto verde per indicare che il toro deve essere ricondotto nei corrales perché non è un toro buono e quindi non può essere toreato.

Il presidente agiterà il fazzoletto rosso per ordinare che vengano scagliate sul toro le banderillas negras e il fazzoletto azzurro per concedere la vuelta al ruedo del toro come forma di tributo verso un toro particolarmente valoroso. Infine, il fazzoletto arancione verrà sventolato per concedere l’indulto al toro.

Il pubblico nel corso della corrida è un elemento molto importante: non partecipa solamente da spettatore ma giudica e concede al torero premi a seconda della sua condotta (in ogni circostanza il pubblico avrà il potere di concedere trofei solamente se si mostrerà compatto e maggioritario nella richiesta al presidente di concedere un particolare premio). Il pubblico sventola il fazzoletto bianco per dare merito al torero e alla sua performance. Nel caso il presidente reputi positivamente il responso del pubblico stabilirà poi la concessione del taglio di un’orecchia.

La condotta del pubblico deve essere impeccabile nel senso che le persone nel corso della corrida non possono produrre rumori molesti, utilizzare sistemi visivi accecanti, produrre gesti o altri atteggiamenti che possano provocare paura, disturbo e ledere l’attenzione sia del torero che del toro. In caso contrario la persona verrà prontamente espulsa dalla plaza per l’infrazione commessa e verrà sanzionata secondo le leggi in materia.

LORENZO SPURIO

28-04-2011

La corrida: I riconoscimenti per il torero e per il toro 7/10

I premi o trofei che il presidente assegna al torero valoroso in corrida consistono nel saludo desde el tercio, la vuelta al ruedo, la concessione del taglio di una o due orecchie al toro che ha sfidato, la salida a hombros por la puerta principal de la plaza e solo in condizioni eccezionali il taglio della coda.

I saluti e la vuelta al ruedo verranno concessi al torero dal pubblico che manifesterà l’apprezzamento verso il torero e la sua condotta attraverso l’applauso. Si tratta del peggiore dei premi e si configura dunque come una sorta di premio di consolazione che sarà poco gradito dal torero stesso.

Il taglio di una orecchia (desorejar) verrà concesso dal presidente a patto che il pubblico abbia manifestato maggioritariamente (mediante lo sventolio del fazzoletto bianco) il suo desiderio di premiare il torero. A questo punto se il torero ha ricevuto l’attestazione di stima anche dal presidente, taglia l’orecchia dell’animale appena massacrato, la sfrega sull’arena in modo che la sabbia tamponi il sangue che da essa fuoriesca e poi la tira verso la folla festante.

Il taglio di una seconda orecchia dello stesso toro sarà di esclusiva competenza del presidente il quale terrà sempre in considerazione il desiderio o meno del pubblico di premiare il torero, le condizioni del toro, la buona conduzione della lotta in tutti e tre i tercios e la stoccata finale con l’estoque.

La salida a hombros per la porta principale della plaza sarà concessa solo quando il torero abbia ottenuto come minimo il trofeo di due orecchie durante la sua lidia con i tori.

Il presidente, tenendo conto dei desiderio e dell’entusiasmo del pubblico, può concedere mediante l’esibizione del fazzoletto azzurro la vuelta al ruedo del toro che per la sua eccezionale bravura durante la lidia si è meritato questo riconoscimento.

Il saluto e la vuelta al ruedo del ganadero potrà essere concesso nei casi in cui venga richiesto espressamente e in forma maggioritaria dal pubblico.

Nel frattempo nell’arena fanno ingresso quattro cavalli o buoi legati tra di loro che trascinano via il toro che poi verrà macellato. Addetti della plaza si preoccupano di togliere il sangue versato dall’animale sull’arena per non infastidire il toro successivo e di lisciare la porzione dell’arena nella quale è rimasta impressa la superficie del toro trainato dai cavalli. A questo punto si prepara una nuova cuadrilla, un nuovo picador, nuovi banderilleros, un nuovo matador e lo spettacolo si replica.

L’idea generale è che il toro nelle corride spagnole debba uscire per forza morto dopo la sua dolorosa e macabra corrida. Nella stragrande maggioranza dei casi succede così ma a volte, il toro si mostra particolarmente forzuto anche dopo aver sofferto vari maltrattamenti e il torero (forse perché inesperto, forse perché non è giornata, forse perché il toro che in quella fase dovrebbe essere molto debole è invece ancora forte) non riesce ad infilzare l’estoque correttamente anche dopo due o tre volte consecutive allora in questi casi la commissione può decidere l’indulto per il toro. Il toro non viene salvato direttamente dagli uomini ma viene data a lui la possibilità di salvarsi.  Si fanno entrare alcuni  buoi e vengono lasciati circolare nell’arena. Se il toro li segue quando viene ordinato loro di ritornare nei corrales allora il toro viene salvato se invece si ostina a rimanere sull’arena allora il torero poi lo finisce.

Nel caso in cui il toro venga salvato (indulto) va tenuto presente che ha sul suo corpo grandi e gravi ferite che possono farlo morire in poche ore. Per questo motivo equipe di veterinari cercano subito di medicare e far guarire l’animale sottoponendolo anche a abbondanti dosi di medicinale in modo che se sarà in grado di salvarsi, verrà fatto accoppiare in modo che la sua razza (ritenuta buona proprio per la sua grande forza ed energia manifestata nel corso della corrida) possa rigenerarsi e tramandarsi (semental). Alcuni allevatori infatti si occupano attentamente di fornire alla plaza de toros i migliori esemplari che spesso sono frutto di incroci e di accoppiamenti tra varie tori ritenuti particolarmente forti. Per alcune razze particolarmente illustri sotto questo punto di vista esiste addirittura un proprio albero genealogico e gli incroci vengono fatti tra esponenti che hanno manifestato una maggiore forza e resistenza.  

Foto nell’ordine: 1) vuelta al ruedo; 2) el corte de dos orejas; 3) la salida a hombros ( o por la puerta grande)

LORENZO SPURIO

23-05-2011

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