N.E. 02/2024 – Intervista a Silvio Aman. A cura di Adriana Gloria Marigo

La sua ricerca, partendo da Armide e andando a ritroso attraversando le ultime sillogi Garten e Sonetti fosforescenti entra nelle stanze dell’Humanitas e del Logos, in un incontro con l’inestinguibile rapporto tra Essere ed Essenza e con la provvisorietà dell’Esistenza. Anche in quest’ultima raccolta, Armide,si può scorgere la metafora del reale nelle numerose figurazioni immaginifiche rappresentate dalle presenze femminili e dalla Natura che vanta sempre un posto privilegiato, non propriamente ornamentale o accessorio, ma armoniosamente partecipe, familiare.  Cosa rappresenta per lei il luogo delle «presenze misteriose e profumiere»?

Per come la intendo, la natura è il male, e in me si restringe ai giardini, specialmente quelli delle ville lacustri, e agli orti botanici: i luoghi selvaggi, se non si tratta delle Alpi, mi sconfortano. I “miei” giardini hanno sì qualcosa di familiare, ma anche di lontano, tanto è vero, che nel visitarli mi accade di avvertire nostalgia di loro, come fossi altrove. Nelle mie composizioni, costellate da viali notturni e ventosi, non trovo vi sia molto di umano. Certo, ho presente la realtà di quei luoghi eleganti e delle loro visitatrici, che vorrei tanto rivedere, ma in Armide, più che in termini immaginifici, si rivelano parvenze, nel senso per cui delle loro immagini concrete rimane una sorta di “profumo immaginale”. Non sono un realista. Non m’interesso delle poetiche: scrivo poesie come se in me fossero solo flussi transitori.

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La sua Poesia, raffinata, colta, pervasa di grazia derivante dalla qualità della reminiscenza, della forza immaginifica, della fascinazione dell’evanescenza e dell’incanto, del je–ne–sais–quoi, segno costante della sua scrittura, sembra abitare uno spazio classico che immette al sublime. In relazione a ciò, qual è il suo rapporto con la classicità; quali sono gli autori italiani o stranieri che hanno avuto un ascendente, o sono prossimi al suo modo di vedere la vita, l’arte?

Sì, è vero, nella mia poesia è presente il je-ne-sais-quoi, la grazia e l’evanescenza, perché questi tratti mi pertengono. A dir la verità, eccezion fatta per il gotico, non mi attrae nulla, se non si offre in modo fugace e suggestivo, ad esempio in certe condizioni atmosferiche e di luce, che preferisco sempre obliqua: di diretto, nel mio lavoro non vi è forse nulla. Guardo spesso le opere di due pittori che immagino fra loro inconciliabili: Caspar Friedrich e il Claudio di Lorena delle sue scene portuali, dove il sole appena sorto sfiora le cose tracciandone i profili. Nello spazio fra l’aurora e il tramonto sento solo l’oppressione delle cose stabili. Avverto un forte interesse per i polittici gotici, le opere di scuola senese e le miniature. Oltre a certi nomi sulla bocca di ogni manuale, mi attraggono opere considerate minori, o di cui nessuno parla, quando si fanno portatrici di aspetti imponderabili. La Grecia non mi ha mai attirato. Per le letture, mi perderei in una vera galassia, e solo per questioni di affinità potrei isolare Proust. Rileggo spesso il misterioso Gerard de Nerval, e attualmente le poesie Renè Vivien.   

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Il poeta Silvio Aman

Lei mostra grande attenzione alla lingua: emerge evidente la necessità che la parola sia intensa, direi assoluta, ed è la rivelazione che essa contiene un elemento che oltrepassa il dominio comunicativo e la stessa ricercatezza. Possiamo dire che nel verbum lei individua l’ineludibile forza creatrice che, insieme alla materia ispiratrice, pone in essere il suo cosmo poetico?

Certo, la lingua in poesia oltrepassa il dominio comunicativo, anche se mi è capitato di sentire poesia e mistero nel tono con cui una ragazza stava acquistando il pane. La lingua, nel mio lavoro, è intrisa di musicalità. Più che ricercato, mi trovo diverso rispetto alla vigente Koiné, e non mi è mai venuto in mente di pensare alla forza creatrice, poi non so se possiedo un cosmo poetico: a me pare di non possedere nulla. L’ispirazione è davvero qualcosa di misterioso: non si sa quando e da dove viene, per cui potrebbe anche non giungere più… ma se viene, per noi lo fa nel verbo, anzi con i significanti cui pertengono del resto gli aspetti immaginari. Non ho mai creduto nella parola assoluta: la “mia” lingua presenta un’intensità fluente, fatta di voci ondose e pronte a ritrarsi.

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In lei, quali sono le circostanze privilegiate al sorgere della parola di poesia? Attribuisce importanza alla componente autobiografica e al rapporto con i luoghi dove è nato o in cui vive, e quanto “entrano” nell’opera?

Non saprei individuare queste circostanze, sicuramente molteplici, e non è detto che dopo aver ammirato un giardino nasca qualche poesia – però è vero, che in alcune parti dei miei libri i giardini sono presenti, e certo anche per questioni autobiografiche: sono nato in un luogo celebre per il suo lago, le ville, i giardini e i grandi Hôtel. Non invento nulla: declino solo gli aspetti della mia biografia, che include anche i tratti di alcune amiche.

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Lei è poeta, scrittore, ma anche saggista. In un tempo come il nostro dominato dalla tecnica e dall’apparenza, da un evidente crollo del senso critico, il poeta può ancora indicare la via, suggerire, come in Elevazione di Baudelaire «Fuggi lontano da questi miasmi /ammorbanti, e nell’aria superiore / vola a purificarti…»?

La saggistica l’ho intrapresa solo quando ho trovato l’autore che m’interessava. Come lei sa, Baudelaire non è mai fuggito, inoltre, in una sua poesia nominò la perdita dell’aureola, finita nel fango, e oggi mi pare non ci sia nemmeno più bisogno di perderla. Il poeta può indicare la via solo a chi è a un passo da imboccarla a sua volta. Le parole di Hölderlin, che poeticamente vive l’uomo sulla terra, rimangano solo per pochi… un gruppo sparuto nella notte del tempo. In quanto alla tecnica, ci accompagna da sempre in modo benigno e maligno. Del resto, anche il cuore del poeta è tecnico.

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E ancora: quale valore ha per lei la poesia, oggi che sembra orfana di maestri e, per le numerose voci, informe e frammentata, tanto che taluni la ritengono in grave crisi esistenziale?

Lo dice già lei molto bene, nominando l’informe. In quanto ai “maestri” se non ve ne sono di attuali, quelli di ieri non mancano. Certo, oggi le voci si moltiplicano, forse per l’errato presupposto, che per scrivere poesie basti esprimere il sentimento… il quale spesso mente. In quanto alla crisi, essa non è della poesia, bensì di chi ama la Musa senza esserne ricambiato… pur sempre meglio di chi la ingaggia per ragioni strategiche.

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Sappiamo quanto la copertina e il titolo rappresentino, in certo senso, la soglia del libro: come sono nati per Armide quegli elementi così carichi di suggestione?

Ah, sì, è vero, la copertina fa spesso da soglia al libro, e per questa (anche se la notevole riduzione fotografica non lo evidenzia) avevo “stregato” un piccolo giardino mettendo degli anelli d’oro ai rami e attaccandogli orecchini a goccia di zaffiri e rubini. 

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Quali sono i progetti letterari futuri? Sta già lavorando a una nuova opera e di che tratta? Può rivelarci qualcosa?

Non ho mai avuto progetti letterari futuri, semmai quello di dedicarmi ai fiori. Ho scritto un lungo romanzo, e sono certo di non scriverne altri.


Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autore/l’autrice ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

“L’essenziale curvatura del cielo” di Adriana Gloria Marigo, recensione di Lorenzo Spurio

L’essenziale curvatura del cielo

di Adriana Gloria Marigo

postfazione di Eros Olivotto

La Vita Felice Editrice, Milano, 2012

ISBN: 9788877994615

Pagine: 72

Costo: 10 €

 

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

Del dicembre conosco le lune

il ritorno lento della luce

dentro il cristallo dell’aria

(Da “21 Dicembre 2010, p.30)

 

Dopo la fortunata e introspettiva silloge di poesie Un biancore lontano (Lieto Colle Edizioni, 2011), Adriana Gloria Marigo torna con un nuovo lavoro dal titolo quasi criptico, L’essenziale curvatura del cielo, edito dalla casa editrice milanese La Vita Felice. L’attenzione che la poetessa padovana pone nei confronti del cielo –richiamato anche nell’esergo, una citazione di Pierluigi Cappello- come elemento fisico e simbolico era già stata evidenziata nella mia recensione al suo precedente libro dove avevo avuto modo di sottolineare come l’elemento “celestiale” era sempre connesso a qualcosa di meraviglioso, ma al tempo stesso di non completamente raggiungibile, un qualcosa cioè di sfumato e sfuggente. La centralità del suo poetare si localizza nell’isotopia della luce, del colore, dei bagliori e di un universo che già ebbi a definire come “un percorso aereo, sospeso tra il cielo e l’atmosfera”. E di quel “biancore” evocato nella prima silloge si ritrovano tracce anche in questo nuovo libro in quel “silenzio bianco” (p. 36) e nel “gioco di chiaro” (p. 35) della bianca luce lunare anche se in una lirica il bianco, l’assenza di tinta, viene sopraffatto dal colore: “Del bianco non seppi/ poiché m’insidiò il blu” (p. 54).

Dalla presa di coscienza di un tempo che giunge all’anticipo della fine, l’autunno, nella lirica d’apertura dal titolo “Tutto si consuma nell’autunno” si passa a una serie di liriche dolci, sussurrate, quasi che il lettore sia chiamato a leggerle facendo delle lunghe pause tra un verso e l’altro per riuscire ad assaporarne il vero contenuto: “Non seppi dirti novella/ neppure accennare a un’aria di/ adagio o l’ovvia domanda,/ trapassata io a stalattite” in “3-4 Gennaio 2011” (p.11). In “Quando la materia della luce” (p. 13) Adriana Gloria Marigo ci consegna una sorta di soffice inno all’operosità e al tempo stesso alla ciclicità della natura che sempre si ripete nel suo “contrasto apparente del rigore”. E questo panismo lirico lo si ritrova in numerose altre liriche in cui la poetessa si abbiglia direttamente con gli elementi naturali, “m’assesto i pensieri/ come un cappello di fiori” (p.15); “pampini vestivano/ la tua nudità ammirata” (p.22); “il roseto in fiamme/ del mio pensiero” (p. 48). In “Rimbalzi specchiati” (p. 14) la poetessa sottolinea una realtà che è concretezza nella vita dello scrittore: chi scrive è anche un gran lettore e chi legge spesso ama anche scrivere perché le due cose, pur coinvolgendo due attività tra loro diverse, sono strettamente connesse quasi come un rimando di riflessi allo specchio.

La poesia di Adriana Gloria Marigo potrebbe sembrare criptica e a tratti addirittura ermetica perché attribuisce alle parole un valore, un significato, più ampio -perché interiorizzato- di quello che noi nella vita di tutti i giorni siamo soliti dargli. E’ una poesia riccamente elaborata che utilizza molti elementi della natura per “agghindarsi” e risplendere così come ci viene offerta. La luce, il sole, l’ombra o la mancanza di luce sono, oltre che caratterizzazioni visibili e temporali, fasi di un’anima sensibile stese sulla carta, momenti, sensazioni, colorazioni di episodi vissuti: “Se amore si fa quarto/ come la Luna, d’uno sguardo/ abbracci l’ombra e nel/ gioco di chiaro, di scuro/ avvampa il cambiamento” (p. 35).

Lorenzo Spurio

(scrittore, critico-recensionista)

11/11/2012

Chi è l’autrice?

Adriana Gloria Marigo è nata a Padova nel 1951. Gli studi umanistici l’hanno condotta prima all’insegnamento, poi ad occuparsi di eventi di danza moderna e contemporanea, seguendo un talento versatile, sensibile all’arte, alla bellezza che trova dimora pure “dove l’ombra si gioca della luce”. Ha pubblicato L’essenziale curvatura del cielo (La Vita Felice Editrice, 2012) e Quel biancore lontano (Lieto Colle Edizioni, 2011).

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE LA PRESENTE RECENSIONE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

 

Concorso Letterario Rivista “Segreti di Pulcinella”

in occasione dei festeggiamenti per i 10 anni dell’attività della rivista

organizza il

Concorso Letterario Rivista “Segreti di Pulcinella”

 

..festeggia i dieci anni della Rivista con noi!!!

 La rivista “Segreti di Pulcinella” è nata a Firenze nel 2003 per volere di Massimo Acciai e Francesco Felici. Si è sempre occupata delle varie branche della cultura: letteratura, saggistica, musica, pittura, filosofia ed ha sempre accolto a braccia aperte nuovi collaboratori, sparsi in tutta Italia e all’estero. Nel corso degli anni l’organigramma della redazione si è andato ampliando; sono state numerose le collaborazioni e le partecipazioni a questo progetto culturale. Sulla rivista hanno, inoltre, scritto penne famose quali Massimiliano Chiamenti, Mariella Bettarini, Federica Bosco, Monia B. Balsamello ed altri.

BANDO DI PARTECIPAZIONE

 

-1- Il concorso è aperto a tutti gli scrittori italiani e stranieri, purché presentino opere in lingua italiana. Composizioni in dialetto non verranno prese in considerazione.

-2- Il concorso è a tema libero e completamente gratuito.

-3- Il concorso si articola in tre sezioni:

SEZIONE A – POESIA: un solo testo, massimo 30 versi

SEZIONE B – RACCONTO BREVE: un solo testo, massimo 3 cartelle

SEZIONE C – SAGGISTICA: un solo testo, massimo 3 cartelle

 -4- Non verranno accettati testi che presentino elementi razzisti, pornografici, blasfemi o d’incitamento all’odio, alla violenza, alla discriminazione di alcun tipo.

-5- Gli autori si assumono ogni responsabilità in ordine alla paternità degli scritti inviati esonerando la rivista “Segreti di Pulcinella” da qualsivoglia responsabilità anche nei confronti dei terzi. Gli autori devono dichiarare di possedere a pieno i diritti sull’opera che presentano.

-6- Per partecipare al presente concorso, ciascun autore dovrà inviare le proprie opere e la scheda di partecipazione in formato digitale (in Word) compilate e scannerizzate all’indirizzo di posta elettronica segretidipulcinella@hotmail.it entro la data del 20 Gennaio 2013.

-7- Ciascun autore, nell’allegato contenente le proprie opere, deve inserire il proprio nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico, indirizzo e-mail, la dichiarazione che l’opera è frutto esclusivo del proprio ingegno, la dichiarazione che l’autore ne detiene i diritti e l’espressa autorizzazione al trattamento dei propri dati personali ai sensi del D.lgs. n. 196/2003, compilando la scheda allegata al bando.

-8- La Commissione di lettura e valutazione dei testi è composta da una Giuria della quale fanno parte Massimo Acciai (direttore della rivista “Segreti di Pulcinella”, poeta e scrittore), Lorenzo Spurio (vice direttore della rivista “Segreti di Pulcinella”, scrittore, critico letterario e direttore della rivista “Euterpe”), Alessandro Rizzo (vice direttore della rivista “Segreti di Pulcinella”, scrittore e direttore della rivista “Le voci dell’Agorà” ), Iuri Lombardi (poeta, scrittore e redattore della rivista “Segreti di Pulcinella”), Annamaria Pecoraro (poetessa e redattrice della rivista “Segreti di Pulcinella”), Rossana D’Angelo (poetessa, scrittrice e redattrice della rivista “Segreti di Pulcinella), Ivana Orlando (poetessa, collaboratrice della rivista “Segreti di Pulcinella”), Adriana Gloria Marigo (poetessa), Cristina Vascon (poetessa),  Maria Lenti (poetessa, scrittrice, critico), Sara Rota (poetessa, recensionista).

Il giudizio della Giuria è definitivo e insindacabile.

-9- Il concorso è finalizzato alla pubblicazione di un’opera antologica che verrà pubblicata con codice ISBN per celebrare i dieci anni d’attività della rivista. Nell’antologia verranno pubblicati i testi dei primi tre vincitori di ciascuna sezione e di quelli di alcuni autori segnalati. L’antologia, inoltre, conterrà dei testi apparsi sulla rivista “Segreti di Pulcinella” durante questi dieci anni, per tracciare un po’ la storia della stessa e sottolineare le varie collaborazioni con la rivista tra cui testi degli organizzatori stessi del Concorso.

-10- E’ prevista una cerimonia di premiazione del concorso nella quale si festeggeranno i dieci anni d’attività della rivista. La cerimonia si terrà a Firenze in data e luogo da stabilirsi. Verranno proclamati un vincitore, un secondo e terzo classificato per ciascuna sezione. A giudizio della commissione giudicante, potranno essere segnalati anche altri autori. Al primo vincitore di ciascuna sezione verrà dato il diploma e una copia gratuita dell’Antologia. Ai secondi e terzi vincitori verrà dato il diploma e a tutti gli autori segnalati verrà dato diploma di segnalazione.

-11- L’Antologia potrà essere acquistata il giorno della premiazione – nella quantità richiesta- dietro ordinazione fatta alla segreteria della rivista oppure potrà essere acquistata online (i siti e i link per raggiungere il libro verranno poi forniti).

-12- Gli autori, per il fatto stesso di inviare le proprie opere, dichiarano di accettare l’informativa sulla Privacy ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003.

-13- Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al presente concorso, autorizzano la rivista “Segreti di Pulcinella” a pubblicare le proprie opere sull’antologia, rinunciando, già dal momento in cui partecipano al concorso, a qualsiasi pretesa economica o di natura giuridica in ordine ai diritti d’autore ma conservano la paternità delle proprie opere.

-14- Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al presente concorso, accettano integralmente il contenuto del presente bando.

Per richiedere il bando in formato pdf comprensivo della scheda di iscrizione al concorso, scrivi qui:  segretidipulcinella@hotmail.it

Intervista ad Adriana Gloria Marigo, autrice della silloge poetica “Un biancore lontano”, a cura di Lorenzo Spurio

Intervista ad Adriana Gloria Marigo

Autrice di Un biancore lontano

Lietocolle editore

  

a cura di Lorenzo Spurio

 

LS: Come dobbiamo interpretare il titolo che hai scelto per la tua ultima opera pubblicata?

AGM: Il titolo corrisponde esattamente al senso che vivevo nell’estate del 2009 mentre preparavo la silloge e che costituisce il mio sentimento di vita: nel profondo so che oltre la complessità del quotidiano esiste un luogo bianco, una chiarità più che altro, che lentamente risale e viene a sciogliere i cappi del reale. E’ in sostanza la fiducia, cui dobbiamo attingere per tutto il tempo che ci è concesso.

LS: Un autore negherà quasi sempre che quanto ha riportato nel suo testo ha un riferimento diretto alla sua esistenza ma, in realtà, la verità è l’opposto. C’è sempre molto di autobiografico in un testo ma, al di là di ciò, il recensionista non deve soffermarsi troppo su un’analisi di questo tipo perché risulterebbe per finire fuorviante e semplicistica. Quanto c’è di autobiografico nel tuo libro? Sei dell’idea che la letteratura sia un modo semplice ed efficace per raccontare storie degli altri e storie di sé stessi?

AGM: La poesia è un aspetto molto particolare della letteratura, poiché nasce da una “occasione privilegiata”: il contatto diretto con la materia viva, pulsante della psiche che chiede di essere messa sulla carta, senza perdere tempo. Poi può intervenire un lavoro di rifinitura, di cesello, ma il lavoro primario lo fanno ragione e sentimento insieme. Per questo il poeta è stato visto come abitato da un demone e ancora, nel pensiero popolare, si guarda al poeta come a un eccentrico, a una sensibilità delicata, rarefatta. Il poeta è una fucina di creazione: tutto il fuoco, la materia per la fusione provengono dal suo mondo interiore e dal suo sguardo sul mondo.

La letteratura non è un modo semplice per raccontare storie di sé e di altri: richiede costante attenzione a sé e al mondo, una relazione biunivoca che includa  la lettura delle opere di autori di valore, in primis i classici; richiede un lavoro di affinamento continuo del lessico che, sul piano psichico, corrisponde alla conoscenza di sé, del proprio limite e possibilità di spingerlo un po’ più in là.

L’opera di uno scrittore – poeta, romanziere, saggista – è efficace quando riesce a instaurare con il lettore un rapporto di empatia il cui risultato è la trasformazione della coscienza. Compie in sostanza l’opera maieutica.

 

LS: Quali sono i tuoi autori preferiti? Quali sono le tendenze, le correnti italiane e straniere e i generi letterari che più ti affascinano? Perché?

AGM: Premetto che non nutro grande interesse per la narrativa italiana e straniera attuale, mentre per la poesia ho una attenzione naturale, anche per il fatto che trovo più interessanti la capacità espressiva, i modi della poesia, più di quelli del romanzo nel nostro paese. In generale ritengo che la poesia stia procedendo fervida e producendo opere ustionanti.

Sono affezionata agli autori che raccontano imprimendo atmosfera psicologica e di sentimento: Stendhal, Yourcenar, Marai, Saramago. Adoro i libri di Zambrano, Hillman, Cheng, Pinkola Estés, Panikkar. Non posso fare  a meno di tacere che amo rileggere i Presocratici, Parmenide in particolare.

LS: So che rispondere a questa domanda sarà molto difficile. Qual è il libro che di più ami in assoluto? Perché? Quali sono gli aspetti che ti affascinano?

AGM: Memorie di Adriano sopra tutto: Yourcenar dipinge perfettamente il tormento dell’uomo e dell’imperatore creando sullo sfondo storico e geografico un raro equilibrio narrativo di forma e sostanza.

LS: Quali autori hanno contribuito maggiormente a formare il tuo stile? Quali autori ami di più?

AGM: Certamente la lettura di quelli che ho citato sopra tra i narratori. I poeti che hanno avuto un ascendente su di me sono quelli verso i quali sento una “corrispondenza d’amorosi sensi”: Leopardi, Montale, Quasimodo, Jimenez, Dickinson, Cvetaeva. Ora sto scoprendo la splendida poesia di Pierluigi Cappello: Mandate a dire all’imperatore è di una bellezza che mi commuove.

LS: Collabori o hai collaborato con qualche persona nel processo di scrittura? Che cosa ne pensi delle scritture a quattro mani?

AGM: Sono una individualista. All’inizio, quando riconobbi in me la poesia, mi sosteneva la lettura di un amico che aveva visto prima di me le mie possibilità. Non correggeva quasi nulla, poiché il mio verso è così rarefatto che si deve tenere o buttare del tutto. Mi dava consigli per letture, niente di più. Rimango in sostanza la lettrice critica di me stessa.

Per ciò che concerne la scrittura  a quattro mani ritengo che sia un modo altro di esprimersi, un sodalizio molto consapevole tra due autori con il medesimo intento in cui ognuno è una sorta di specchio dell’altro con riflessi sinergici moltiplicanti la bellezza della stesura.

LS: A che tipo di lettori credi sia principalmente adatta la tua opera?

AGM: La mia poesia non è lettura facile: richiede attenzione, uno sforzo più sul piano dell’intelletto che su quello del sentimento.  Per cui è più comprensibile a lettori introspettivi, sospinti da uno sguardo limpido sul loro interiore e su quello del mondo.

LS: Cosa pensi dell’odierno universo dell’editoria italiana? Come ti sei trovato/a con la casa editrice che ha pubblicato il tuo lavoro?

AGM: L’universo editoriale italiano mi appare molto frammentato: un mosaico di tessere policrome di  richiamo fascinoso. Ci sono piccoli editori di grande qualità, particolarmente attenti alle voci emergenti e c’è un gran numero di editori che pubblica qualsiasi voce per il solo fine del danaro.

Ho avuto la fortuna di pubblicare in LietoColle: una sorta di battesimo del fuoco che mi ha permesso, lentamente, di avviare un “apprendistato” nello scambio e nel confronto poetico con altri autori. Il fatto che una piccola casa editrice non supporti le presentazioni dell’autore, che l’autore stesso debba ricercare le location, non è solo impiego di energie proprie, ma anche possibilità di ampliamento del proprio orizzonte relazionale e poetico.

LS: Pensi che i premi, concorsi letterari e corsi di scrittura creativa siano importanti per la formazione dello scrittore contemporaneo?

AGM: Sono solo mezzi attraverso i quali l’autore può proseguire l’opera di “formazione” di sé stesso: i concorsi e i premi danno visibilità e aiutano l’autore a prendere coscienza del punto in cui è; i corsi di scrittura creativa possono affinare la tecnica, insegnare a focalizzare il tema. Ciò che è importante e non si può apprendere è la “materia” di cui è fatto il mondo poetico dell’autore.

LS: Quanto è importante il rapporto e il confronto con gli altri autori?

AGM: E’ importantissimo ed è un invito all’umiltà dell’autore. Che spesso è vittima di se stesso, novello Narciso.

LS: Il processo di scrittura, oltre a inglobare, quasi inconsciamente, motivi autobiografici, si configura come la ripresa di temi e tecniche già utilizzate precedentemente da altri scrittori. C’è spesso, dietro certe scene o certe immagini che vengono evocate, riferimenti alla letteratura colta quasi da far pensare che l’autore abbia impiegato il pastiche riprendendo una materia nota e celebre, rivisitandola, adattandola e riscrivendola secondo la propria prospettiva e i propri intendimenti. Che cosa ne pensi di questa componente intertestuale caratteristica del testo letterario?

AGM: Non c’è nulla di nuovo, ormai. I temi sono quelli universali e sono dell’avviso che i greci hanno detto tutto. Ciò che è sempre nuovo è invece l’uso della parola, i suoi accostamenti. In definitiva ciò che chiamo, in duplice senso, “creanza”.

a cura di Lorenzo Spurio

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“Un biancore lontano” di Adriana Gloria Marigo, recensione a cura di Lorenzo Spurio

Un biancore lontano

di Adriana Gloria Marigo

Lieto Colle Edizioni

ISBN: 978-88-7848-533-4

 

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

 

La poesia “Un biancore lontano” che apre la silloge a cui dà il nome, è un fine sonetto che si basa sull’antitesi di luce ed ombra e che, pur facendo riferimento al cielo che ci sovrasta, è una ricercata metafora delle polarità bene-male che contraddistinguono e che animano l’umanità. Quel biancore di cui parla è celestiale, spumoso e impalpabile, proprio perché, come ricorda la Marigo, è “lontano”, ma non per questo irraggiungibile. L’intera silloge va letta in questo modo: è un percorso aereo, sospeso tra il cielo e l’atmosfera, è un viaggio nell’aere con luci, bagliori, ombre e buio, un percorso quasi metafisico e di rinascita che ci accompagna, pagina dopo pagina, a lambire i territori dell’immaginifico.

Carica di interessanti e adeguati riferimenti alla cultura classica, la poetica della Marigo è sempre sostenuta da un linguaggio musicale e suadente e centrale è anche la tematica del tempo, investigata in modi e forme diverse: “Il tempo ha svolto un lavoro/ intenso: ha tracciato/ su me percorsi di colore, paesaggi/ sentimenti, in un movimento/ sinuoso senza inizio senza fine”, scrive. Nella successiva poesia dal titolo “Tralci” la Marigo sintetizza in maniera eccellente un concetto semplice ma al tempo stesso verissimo: “Scrivere è oltrepassare il tempo, memoria/ di vigne alla maniera antica”. Una serie di liriche fanno riferimento ai mesi con la volontà di marcare i momenti dell’anno e di descrivere quella stagionalità che si ripete incessantemente e in maniera ciclica. Il tempo ritorna spesso quasi che l’intera silloge sia sostenuta da dei fili comandati dal dio Chronos che, però, resta invisibile.

La sensazione che nutriamo leggendo le varie liriche qui contenute è che la poetessa abbia molto da dire, da raccontare, da stendere sulla carta per dare senso alle cose più semplici o semplicemente per riflettere e prendersi un momento di pausa e donare agli altri quello che, introspettivamente, ha elaborato. Affascinante l’omaggio che la Marigo regala alla Serenissima, città dalle nere gondole, immortalata da grandi scrittori quali Henry James e Thomas Mann che la poetessa dipinge colorata “le terre viola di Venezia”.

La luce, con le sue proiezioni, riflessi e raggi, avvolge l’intera raccolta poetica e la illumina donandole visibilità e brio. E’ doveroso, pertanto, concludere con dei versi che danno ragione a questo intero commento: “Troveremo l’inclinazione perfetta,/ il gradiente preciso, al fiammeggiare/ sacro della luce che si spericola/ capitombola dal colle entro le fronde/ sopra un metallo di luna, forgiato/ in fatica di fuoco.” (in “Specchi ustori”).

Chi è l’autrice?

Adriana Gloria Marigo è nata a Padova nel 1951,. Bambina, ha lasciato la pianura veneta per le Prealpi Varesine, il lago di Maggiore di Luino, città delle prime letture e della nostalgia. Gli studi umanistici l’hanno condotta prima all’insegnamento, poi ad occuparsi di eventi di danza moderna e contemporanea, seguendo un talento versatile, sensibile all’arte, alla bellezza che trova dimora pure “dove l’ombra si gioca della luce”. Questa è la sua opera prima.

 a cura di Lorenzo Spurio

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE QUESTA RECENSIONE INTEGRALMENTE O IN FORMATO DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

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