N.E. 02/2024 – Intervista alla scrittrice e antropologa Loretta Emiri. A cura di Lorenzo Spurio

Loretta, benvenuta e grazie per aver permesso questa intervista. Ha recentemente dato alle stampe un volume dal titolo “Romanzo indigenista” (auto-pubblicato sulla piattaforma Amazon), potrebbe parlarcene un po’?

Iniziai a scrivere questo romanzo nell’agosto del 2013 e l’ho ultimato nel novembre del 2019. La privilegiata convivenza di oltre quattro anni con gli yanomami nella loro lussureggiante patria-foresta, mi ha segnata profondamente; nella loro cultura il nome attribuito a una persona può variare nel corso della sua esistenza, quindi ho affidato il racconto della mia vita a quattro voci, che cambiano se rimandano a infanzia, adolescenza, maturità o vecchiaia. La scelta è stata influenzata anche dall’opera di Pirandello, che mi affascina fin da quando ero un’adolescente. Il contenuto del romanzo ricostruisce il mio andare e venire dal “primo” al “terzo mondo”, dal Brasile al mondo yanomami considerato “primitivo”, dall’Europa all’America Latina, dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia alla fotografia, dalla lotta per la conquista e il riconoscimento dei diritti indigeni alla lotta per l’affermazione e il rispetto della mia individualità. Nella cultura yanomami il tempo è scandito dal susseguirsi delle stagioni, per cui possiamo definirlo “circolare”: la concezione indigena mi ha permesso di oltrepassare quella occidentale, che raffigura il tempo come se fosse una linea retta su cui le date appaiono in ordine cronologico. I paragrafi del libro rimandano ad ambiti geografici e temporali diversi; il criterio di inserimento in una sezione piuttosto che in altra, non segue l’ordine cronologico, né quello della stesura dei capitoli, ma è determinato dalla maggiore intensità con cui ho vissuto uno degli eventi durante un determinato ciclo della mia vita. Mi piace affermare che ho atomizzato e ricreato il tempo, così il passato è presente e il presente è già futuro.

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Per il fatto che ha vissuto a contatto vari anni con la comunità indigena Yanomami in Brasile e per aver dedicato molti studi e volumi a quella realtà è considerata una delle maggiori studiose e divulgatrici nel nostro Paese. Può raccontarci come è nato il suo amore verso il mondo indigeno brasiliano e come si è avvicinata ad esso?

La ringrazio per considerarmi una delle maggiori studiose e divulgatrici, in Italia, della vita e cultura yanomami, ma a pensarla come lei è un ristretto numero di persone. Poiché lotto contro preconcetti e stereotipi, sono poche le porte che mi vengono aperte per realizzare una sensibilizzazione più ampia circa la problematica yanomami. Case editrici e mezzi di comunicazione preferiscono divulgare notizie sensazionalistiche, farcite di stereotipi, esotismo, superficialità.

Quando ero ancora una bambina, due desideri si installarono nella mia mente: diventare scrittrice e operare nel “terzo mondo”. Quando arrivò l’età giusta per fare drastiche scelte di vita, decisi che prima avrei svolto volontariato internazionale; l’esperienza, poi, mi avrebbe fornito temi interessanti da salvaguardare attraverso la scrittura, ed è ciò che ho fatto. Nelle Marche, dove ancora non vivevo, conobbi due persone che lavoravano con gli yanomami. La loro testimonianza e le stupende foto che uno dei due proiettò, mi fecero innamorare di questo popolo; la sua situazione esistenziale, all’epoca già difficile, mi fece decidere di operare in mezzo a loro, con loro.    

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Loretta Emiri impegnata in un’attività di alfabetizzazione nel Demini, negli anni Ottanta.

Il termine “Yanomami” che contraddistingue tanto la comunità e la loro lingua, che cosa significa?

Il termine “Yanomami” è generico e fu adottato in Brasile da coloro che per primi lavorarono con questo popolo, cioè antropologi, funzionari governativi, missionari. Nel dizionario da me scritto si legge: YÃNOMAMÈ = (1) homem, pessoa, gente. (2) Yanomami de língua yãnomamè. (3) Língua yãnomamè. Per quanto riguarda la lingua, va precisato che della famiglia linguistica yanomami fanno parte ben sei lingue differenti, ognuna delle quali con molti dialetti.

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Quale peculiarità si sente d’individuare nella comunità Yanomami rispetto alle altre del contesto dell’Amazzonia brasiliana che ha conosciuto e/o studiato nel corso del tempo?

Con gli yanomami ho vissuto a lungo; con le altre etnie presenti nello Stato di Roraima ho avuto contatti sporadici, per cui non sono in grado di determinare le peculiarità di queste ultime. Posso solo dire che la differenza maggiore è lo spazio che occupano: gli yanomami vivono in foresta, la maggioranza degli altri gruppi vive nella savana. È l’occupazione territoriale e l’utilizzo delle sue risorse che determina il formarsi delle peculiarità delle società indigene. 

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Esiste un senso di spiritualità nella comunità Yanomami? In quali manifestazioni concrete si esplica?

Il senso di spiritualità tra gli yanomami è talmente forte che hanno preservata intatta la foresta amazzonica fino ai nostri giorni. Gli yanomami sono animisti, per cui credono che ogni essere vivente, compresi vegetali, animali, cose, possiede uno spirito ed esso, a seconda della situazione, può essere benefico o malefico. Questo concetto determina che la vita del popolo yanomami sia impregnata di spiritualità, anche nelle più banali e normali attività quotidiane.   

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Come definirebbe il concetto di “anima”?

Moltissimi anni fa mi invitavano a partecipare ad una riunione di preparazione del “Corso di Abilitazione al Magistero per Maestri Kaingang”. Durante l’incontro, non ricordo in che contesto, impiegai la parola “anima”. Uno dei presenti mi fece notare di averla usata in modo improprio. Dal momento che la loro religione vanta molti spiriti, sostenne che un termine intimamente legato al concetto di un solo dio non poteva essere applicato ai Kaingang. Obiezione e argomentazione vennero formulate in modo così schietto e diretto che sentii di essere stata raggiunta da una rivelazione. Da qual momento, riferendomi agli indigeni (ma anche a me stessa) non ho più utilizzato la parola “anima”, preferendo l’uso della parola “spirito”. 

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L’anima è qualcosa di strettamente legato all’umano o si ritrova anche negli altri esseri viventi? Esiste un’anima dei luoghi?

Considerando quanto detto sopra, l’anima è qualcosa di strettamente legato all’uomo di religione cristiana, che si rapporta individualmente con una sola divinità. Gli indigeni rispettano e interagiscono con i molti spiriti che popolano la foresta, con ciò riuscendo a mantenerla intatta e sana, perché la foresta tutta è il loro luogo ancestrale, sacro per eccellenza.   

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Loretta Emiri partecipa alla conferenza di apertura del Seminario UFRR, insieme a Dawi Kopenawa Yanomami, nell’ottobre del 2023

La spiritualità dell’essere ha a che vedere imprescindibilmente con il suo attaccamento alla dimensione prettamente religiosa o può concernere anche altre dimensioni avulse alla religione?

Come abbiamo visto, nel caso degli yanomami non c’è separazione tra dimensione religiosa e dimensione fisica, materiale. Questo concetto per me è fonte di ispirazione e meditazione costante. Nel mondo occidentale, succede spesso che le belle parole sostituiscono le buone azioni, così che “tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare”. E tra il dire e il non fare c’è sempre di mezzo tanta ipocrisia, superficialità, indifferenza verso gli altri. Spesso mi capita di chiedermi se io stessa sono coerente con ciò che scrivo e ciò che nella pratica faccio; quando questo tipo di dubbio mi assale, apro l’archivio e dissotterro testi, che sempre mi tranquillizzano a rispetto.  

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Lei ha curato un dizionario yanomami-portoghese. Esistono delle parole nella lingua yanomami che risultano di difficile traduzione in italiano? Quali? Può farci degli esempi?

Realizzai la mia ricerca nella lingua yãnomamè, che è una delle sei che fanno parte della famiglia linguistica yanomami. Sia in portoghese che in italiano le parole che risultano di difficile traduzione sono quelle che derivano dalla cosmogonia yanomami. Nel dizionario, per tradurre il termine rixi ho utilizzato la locuzione “alter ego”, seguita dalla spiegazione “essere simbolico che vive una vita parallela a quella dell’uomo”. Una parola corta come rixi è la rappresentazione di una serie di concezioni, fra cui: ogni individuo possiede un alter ego; vivendo vite parallele, le due entità mai s’incontreranno; la morte dell’alter ego provoca quella dell’uomo a cui è abbinato. Alla traduzione bisogna aggiungere spiegazioni e note affinché il lettore si avvicini il più possibile alla comprensione del sofisticato concetto che può celarsi dietro a una singola, semplice parola.  

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Quali sono attualmente le condizioni della comunità Yanomami? Subisce interferenze e minacce dalla società consumistica o riesce a preservare la sua anima primordiale?

Il contatto degli yanomami con i fronti di espansione della società capitalista ha i connotati di un bollettino di guerra. Nel 1974, la strada Perimetrale Nord, voluta dai militari all’epoca al potere, tagliò a sud il territorio yanomami; il contatto con i lavoratori della strada ridusse tredici villaggi a otto piccoli gruppi di superstiti, a causa di epidemie introdotte e verso le quali gli yanomami non avevano anticorpi. Nel 1977, la seconda epidemia di morbillo dall’arrivo della strada uccise la metà della popolazione di tre villaggi. Nell’agosto del 1987 oligarchie e politici locali fomentarono l’invasione del territorio yanomami, dentro il quale confluirono circa quaranta mila uomini; non si sa quanti yanomami sopravvissero alle armi da fuoco e all’avvelenamento da mercurio utilizzato per l’estrazione dei minerali. Anche se l’area yanomami è stata omologata nel 1992, le invasioni non sono mai cessate. La situazione è drasticamente peggiorata durante la presidenza di Bolsonaro, che l’invasione l’ha criminosamente fomentata. Durante il suo mandato, in territorio yanomami sono entrate macchine potenti e uomini fortemente armati legati a fazioni criminose, che hanno prodotto il disastro finale. Nel gennaio del 2023 il governo Lula ha dichiarato Emergenza in Salute Pubblica di Importanza Nazionale, in decorrenza della mancata assistenza agli yanomami. Oggigiorno il popolo yanomami è in pieno collasso territoriale, sanitario, culturale.

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Loretta Emiri prende parte in diretta alla trasmissione “Geo” di Rai Tre che ha dedicato spazio ad alcuni aggiornamenti sulla problematica yanomami. Ottobre 2023.

L’attività “storica” dei missionari cattolici del Vecchio Continente ha riguardato anche la comunità Yanomami? Quale è stata la ricezione e quali sono stati gli esiti di questa attività di evangelizzazione?

Io decisi di operare tra gli yanomami del Catrimâni perché all’epoca i missionari che con loro già lavoravano non erano preoccupati con l’evangelizzazione, ma con la sopravvivenza fisica e culturale di questo popolo. Resta il fatto che le varie chiese che tra gli yanomami hanno operato, e ancora operano, hanno contribuito a dividere questo popolo, perché ognuna di esse affronta a modo suo la situazione senza interagire, dialogare, collaborare con le altre in funzione del benessere e dell’unità del popolo yanomami. 

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Ha assistito a feste o rituali che contraddistinguono la vita sociale della comunità Yanomami? Se sì, può raccontarcene qualcuna (le principali o quelle che l’hanno suggestionata maggiormente)?

In uno dei miei racconti, descrivo il rituale funebre, a cui ho assistito, di un giovane amico yanomami. La lettura del testo risponderebbe egregiamente alla domanda, per cui vi segnalo il link:

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A quale divinità (o molteplicità di divinità) gli indios Yanomami sono votati?

Oltre al fatto che si rapportano con sacralità allo spirito insito in ogni cosa, gli yanomami tramandano la memoria dell’eroe mitologico Omá. Quando gli sciamani devono entrare in contatto con l’aldilà, cercano la collaborazione degli Hekurapè, spiriti minuscoli come la propria immagine riflessa negli occhi.  

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Esistono testi in forma scritta della comunità Yanomami che hanno affrontato il tema della religiosità, della spiritualità e del rapporto con l’aldilà?

Un libro scritto dall’antropologo francese Bruce Albert e dal leader Davi Kopenawa Yanomami è stato tradotto in italiano con il titolo La caduta del cielo. È una vera e propria enciclopedia yanomami, allo stesso tempo è una biografia e un’autobiografia; c’è dentro di tutto: società, cultura, lingua, cosmogonia, religiosità, scontro con l’invasore uomo bianco. Ne suggerisco la lettura a quanti vogliano avvicinarsi alle concezioni filosofiche della società yanomami.

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Nel 2018 ha pubblicato un libro dal titolo “Discriminati”. Può dirci di cosa si tratta e da che cosa è stata mossa per scrivere quest’opera? Chi sono i discriminati di oggi?

Discriminati è un libro che non avrei dovuto pubblicare. Il progetto iniziale includeva racconti vari e il titolo era Racconti discriminati; discriminati perché rifiutati da un’altra casa editrice. Nello sciocco desiderio di vedere un nuovo libro pubblicato, permisi che alcuni racconti fossero esclusi e un altro, che niente aveva a che vedere con la struttura del libro, vi fosse inserito. Dovetti inghiottire anche il titolo differente. Naturalmente i discriminati di oggi sono anche gli yanomami, le minoranze in generale.

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Grazie per aver risposto con attenzione e disponibilità alle domande di questa “chiacchierata” che ci hanno fatto conoscere da più vicino la comunità Yanomami.


Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autore ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

Lorenzo Spurio su “Amazzonia verde d’acqua” della brasiliana Márcia Theóphilo

Sulla rivista online “Kmertro0” è stato pubblicato nella giornata di oggi l’intervento critico di Lorenzo Spurio sul nuovo libro della poetessa brasiliana Márcia Theóphilo, voce indiscussa dei diritti delle popolazioni indigene, Amazzonia verde d’acqua uscito per Mondadori nei mesi scorsa. L’approfondita analisi è stata pubblicata sotto il titolo di “Io canto il verde che va difeso. Márcia Theóphilo contro le barbarie dell’uomo che distrugge la sua unica dimora”.

Márcia Theóphilo, già vincitrice – tra gli altri – del Premio alla Carriera del Premio “Città di Vercelli – Festival di Poesia Civile” e del Premio di Poesia “L’arte in versi” di Jesi.

A continuazione un estratto di questo testo: “L’ultimo libro della poetessa brasiliana Márcia Theóphilo, Amazzonia verde d’acqua (Mondadori, 2020), può essere considerata la summa della sua opera letteraria dal momento che prosegue in un percorso iniziato ormai decenni fa, se si pensa che i primi libri pubblicati dalla poetessa e antropologa nativa di Fortaleza e da molti anni in Italia, vennero pubblicati negli anni Settanta. Il nuovo volume – non una vera opera omnia – presenta al suo interno alcuni testi già letti altrove, in sillogi precedenti, in lavori che hanno avuto ampio apprezzamento e diffusione se si pensa che, a tutt’oggi, la Theóphilo è tradotta in numerose lingue, tra le quali anche lo svedese, oltre alle maggiori lingue del ceppo neolatino. Il volume si presenta corposo al tatto ma di agevole fruizione nelle tante liriche che lo compongono, adeguatamente provviste della loro versione in portoghese-brasiliano (non è dato sapere se sono nate direttamente in questa lingua e poi “versate” nel nostro idioma o il contrario, ma tant’è); i materiali sono divisi in alcune sotto-sezioni che in qualche modo “anticipano” e agglutinano le varie simbologie e campi concettuali che la Poetessa intende far prevalere”.

Per leggere l’intero saggio di approfondimento cliccare qui.

Esce “Amazzonia verde d’acqua”, l’enciclopedia poetica della salvaguardia ambientale della poetessa brasiliana Márcia Theóphilo

Articolo di Lorenzo Spurio 

978880472744HIG-310x480 (1)Esce domani, 16 giugno 2020, per i tipi di Mondadori, nella serie “Lo Specchio”, il nuovo libro della nota poetessa brasiliana Márcia Theóphilo. Poetessa, scrittrice e antropologa tanto in portoghese, sua lingua d’origine, che in italiano, nel corso degli anni ha visto le sue opere poetiche venire tradotte in varie lingue straniere, dall’inglese allo svedese, dal francese allo spagnolo. Particolare attenzione va riposta verso la sua fluente produzione poetica e letteraria, interamente incentrata sull’impegno per la difesa ambientale dell’Amazzonia. La Theóphilo ha ottenuto numerosi premi letterari, alla cultura e alla carriera, com’è il caso del prestigioso Premio Letterario “Città di Vercelli”, in seno al Festival della Poesia Civile (premio che, negli anni precedenti, è andato, tra gli altri, ad Adonis, Lawrence Ferlinghetti e Eugenij Evthushenko), il Lerici-Pea e, recentemente, il Premio alla Carriera in seno all’ottava edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” di Jesi, presieduto dal sottoscritto e con Michela Zanarella quale presidente di Giuria. L’articolo di tale conferimento, congiuntamente alla motivazione critica, possono essere letti cliccando qui.

Márcia Theóphilo è nata nella città brasiliana di Fortaleza nel 1941. Vive da vari anni a Roma. La sua ingente opere letteraria si dispiega nei vari generi anche se sembra essere la poesia il suo vero canto d’anima. Influenzata dai canti oriundi e dalla sapienza popolare della nonna, la Theóphilo ha fatto dell’Amazzonia, oltre che il suo destinatario principale d’amore, il suo maggiore contesto di studio e approfondimento, dedicandogli tutto il tempo e la sua energia. L’Amazzonia viene dalla Theóphilo studiata in termini naturalistici, con un tuffo completo nella fauna e flora così tipiche di quello spazio, dai lessemi spesso intraducibili nella nostra lingua, ma anche in termini miticosimbolici in quella ritualità di sapienza misterica ed esoterica delle popolazioni indigene, in chiave sociologica, antropologica e tanto altro ancora. Celebre, tra le altri, la sua lirica “Boto”, al delfino rosa. Tra le opere poetiche in italiano vanno ricordate (varie di essi con note di presentazioni del fiorentino Mario Luzi del quale fu grande amica) Siamo pensiero (1972), Basta! Che parlino le voci (1974), Catuetê Curupira (1983), Il fiume l’uccello le nuvole (1987), Io canto l’Amazzonia (1992), I bambini giaguaro (1996), Kupahúba. Albero dello Spirito Santo (2000), Foresta mio dizionario (2003), Amazzonia respiro del mondo (2005), Amazzonia madre d’acqua (2007), Amazzonia. L’ultima Arca (2013), Nel nido dell’Amazzonia (2015), Ogni parola un essere (2017) e Amazzonia è poesia (2018).

Il nuovo volume, Amazzonia verde d’acqua, della Theóphilo, che è stata amica e frequentatrice di Dario Bellezza, Amelia Rosselli e Rafael Alberti (solo per citarne alcuni) vanta una nota critica di prefazione stilata dal poeta Maurizio Cucchi. Nelle note di accompagnamento e di presentazione del volume che compaiono in rete sui siti che rendono l’opera acquistabile, è possibile leggere questo: “Nel vortice e nell’incanto di queste pagine si realizza al livello più alto il grande canto dell’Amazzonia di Márcia Theóphilo, che nei decenni ha composto un disegno epico articolatissimo, una narrazione in versi che è poesia di fantasmagorica atmosfera. Con strenua vitalità, ci parla di un mondo dove la natura – di cui gli umani sono semplice parte – «lavora senza posa», e dove agisce un’energia diffusa e inarrestabile, nel movimento di un continuo rinascere. La poesia di Márcia Theóphilo, nota fin dagli esordi in ambito internazionale, si impone per una rara ampiezza di respiro, che le consente di convocare sulla pagina umani personaggi e figure mitologiche, in un vorticare prodigioso degli elementi, dove «non solo gli animali ma tutto in natura ha un’anima», o dove operano senza sosta «memorie di verdi immensità». In questa esoticissima realtà troviamo la dea Giaguaro, che «si trasforma in tutte le cose / che vivono sulla terra / piante e animali / fiumi e piogge», mentre anche «gli alberi raccontano la loro storia». Ma è l’io stesso dell’autrice a mescolarsi alle molteplici presenze di un reale magico e immenso, fatto di «impensate foreste senza fine / di fiori e frutti tropicali / e cuori di antichi animali», su cui la nostra ormai plurisecolare “civiltà” opera con colpevole indifferenza o ottuso disprezzo. Ed ecco, allora, il suggestivo spargersi di Márcia Theóphilo nei suoi versi e il continuo rigenerarsi della sua opera, in simbiosi intatta con l’habitat delle sue radici, con l’orizzonte naturale in cui da sempre si esprime e ci comunica la sua inconfondibile, preziosissima, testimoniale presenza poetica”[1].

Un approfondito e avvincente articolo-recensione di Roberto Galaverni uscito sulle pagine de Il Corriere della Sera di oggi anticipa la fortunata uscita del volume. Nell’appropriato occhiello introduttivo si legge: “Il canto della brasiliana Márcia Theóphilo è colmo di onomatopee: lascia parlare impetuosamente la natura in due lingue (portoghese e italiano) e rilancia il legame imprescindibile tra cose e parola. Lì c’è l’anima di tutto e di tutti”. Per riferirsi alla nuova opera poetica Galaverni parla di “specialissima lirica corale” ad intendere questo linguaggio allargato e condiviso, partecipe, tra io poetico e natura, nelle sue molteplici e variegate manifestazioni.

La poesia della Theóphilo, così ben capace a dipingere nelle sue venature e speziate fragranze una realtà a noi lontana, quella appunto della foresta dell’Amazzonia, il più grande “polmone verde” del Pianeta, immancabilmente chiama nella mente dell’attento lettore le notizie amare di qualche mese fa relative ai gravi casi di incendio che hanno colpito vari parti di quel territorio naturalistico decretando inquinamento, sottrazione di terreni boschivi e seria minaccia per le popolazioni indigene che lì vivono. Ha, al contempo, permesso di farci ragionare sull’importanza della biodiversità e la salvaguardia del Pianeta, tematiche imprescindibili dalla poetica della Nostra e sempre così ben individuabili nelle sue opere. Vale a dire sulla minaccia che riguarda tutti e non solo i brasiliani e gli amerindi: quella della battaglia ecologica che va combattuta con serietà e impegno per consentire la custodia e la preservazione dell’ecosistema in cui viviamo, unico per tutti: la Terra. Ecco perché le poesie dell’Amazzonia e sull’Amazzonia della Nostra, al di là dell’accentuato colorismo locale, dell’esotismo frizzantino della natura variegata e beata di quelle terre, della fertilità del Río grande che fluisce impetuoso, vanno lette in tal senso: come un’invocazione all’impegno, a darsi da fare, a comprometirse – per dirla in spagnolo (altra lingua in cui la sua opera è tradotta) – in una questione che è di tutti.

La salvaguardia del boto, il delfino rosa, come pure di specie arboricole particolarissime e di canti  e formule orali della tradizione amerinda autoctona debbono essere conservati perché sono patrimonio comune di cui il primo ambientale e culturale al contempo e il secondo immateriale e, pertanto, forse ancor più esposto alle intemperie della contemporaneità e del generale disinteresse. Márcia Theóphilo anche in questo senso fornisce un contributo molto importante, degno di osservazione e di una più ampia conoscenza.

LORENZO SPURIO

Jesi, 15/06/2020

E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. 

[1] Tratto dal sito della Mondadori, casa editrice che ha pubblicato l’opera. https://www.oscarmondadori.it/libri/amazzonia-verde-dacqua-marcia-theophilo-2/

Premio alla Carriera a Márcia Theóphilo, la motivazione del conferimento avvenuto il 16/11/2019

A continuazione viene riportata la motivazione di conferimento del Premio Speciale “Alla Carriera” attribuito alla poetessa, scrittrice e saggista brasiliana Márcia Theóophilo conferitole in data 16 novembre 2019 a Jesi (AN) presso la Sala Maggiore del Palazzo dei Convegni in seno alla premiazione della VIII edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, ideato e presieduto da Lorenzo Spurio e organizzato dall’Ass. Culturale Euterpe di Jesi:

Márcia Theóphilo, poetessa, scrittrice, saggista e antropologa di origine brasiliane, vive da molti anni a Roma dove ha conosciuto ed è stata amica di intellettuali di prim’ordine tra cui Alberto Moravia, Dario Bellezza, Amalia Rosselli, Rafael Alberti e tanti altri ancora. Ha conosciuto, tra gli altri, Ferlinghetti, Corso, Ginsberg, esponenti centrali della stagione beat e di controtendenza nella letteratura. Ha dedicato i suoi interessi, ricerche, studi e approfondimenti all’Amazzonia della quale – a ragione – può essere definita come una delle sue voci più distinte. Ha narrato i riti della foresta, ci ha descritto specie animali e arboricole particolari, dal nome difficile e intraducibile nel nostro idioma, per il semplice motivo che qui da noi non esistono. Ha espresso pensieri, inquietudini e percorso dilemmi della comunità indigena, affrontando l’ampio tema sia da un punto di vista antropologico, sociologico, sociale e ambientale. Candidata al Premio Nobel e vincitrice del noto premio Letterario “Città di Vercelli” (attribuito negli anni anche ad Adonis, Evthushenko) per la poesia civile, Márcia Theóphilo è uno degli esempi più vividi nella nostra contemporaneità di connubio inscindibile tra poesia e impegno, tra cultura e denuncia sociale. Le sue battaglie per la difesa ambientale, per la salvaguardia della biodiversità, per i diritti civili delle popolazioni indigene, il suo animalismo e preoccupazione per la situazione ambientale globale la fanno una poetessa seriamente schierata e risoluta il cui verso fluido è stato prodotto in portoghese, italiano e, in traduzione, in inglese, spagnolo, svedese e numerose altre lingue. Testimonial di prestigio delle questioni inerenti alla sostenibilità, il suo ricco e apprezzato repertorio di testi poetici, narrativi, saggistici e di critica sociale ne fanno un’intellettuale unica nel suo genere e di cui la nostra società ha bisogno. È un onore poterla avere oggi in questa circostanza e riconoscerle il Premio “Alla Carriera”.

Lorenzo Spurio

Presidente del Premio 

 

 

Una scelta di testi poetici dell’autrice sono stati pubblicati nella antologia del Premio assieme alla summenzionata motivazione del Premio e alla nota bio-bibliografica che segue.

 

Marcia Theóphilo (Fortaleza, Brasile, 1941) è poetessa e antropologa, scrittrice e giornalista. Dal 1986 rappresenta l’Unione Brasiliana di Scrittori in Italia (U.B.E.).

Come si legge dal suo sito personale: “la sua infanzia è stata influenzata dalla nonna paterna – che viveva in Acre, Amazzonia – che è stata la prima persona che le ha raccontato i miti della foresta, le grandi visioni del fiume, le voci del vento, le metamorfosi della luna, mettendola in sintonia con la polifonia delle voci della natura”.

Ha eseguito gli studi in Brasile e a Roma dove si è laureata in Antropologia. Nel 1972 ha lasciato il Brasile per sottrarsi, alla dittatura militare in corso che impediva di studiare, scrivere ed esprimersi sperimentando la condizione di esule per diritti civili. Ritornerà nel suo paese d’origine a dittatura terminata, vivendo a intervalli tra Rio de Janeiro e Roma.

Ha dedicato il suo studio, i suoi interessi e il suo lavoro a dipingere la situazione naturalistica, ambientale e socio-antropologica dell’Amazzonia alla quale ha dedicato numerosi volumi, sia in italiano che in portoghese, tra poesia, racconti brevi e saggi di approfondimento.

A Roma, grazie all’amicizia col poeta brasiliano Murilo Mendes (1901-1975), conosce Rafael Alberti (1902-1999) con il quale stringerà un forte rapporto, testimoniato anche da una serie di lettere, scritti critici e note di accompagnamento vergate da Alberti (che con lei condivise l’esperienza dell’esilio) alle sue opere stampate.

Partecipa a recital e incontri collettivi di scrittori e artisti e conosce, tra gli altri, Lawrence Ferlinghetti (n. 1919), Evgenij Evtušenko (1932-2017), Allen Ginsberg (1926-1997), Gregory Corso (1930-2001) e l’ermetico Mario Luzi (1914-2005).

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Numerose le conferenze, gli incontri e i programmi di interscambio tra Brasile e Italia dove risulta importante la figura dell’autrice, come co-organizzatrice o partecipanti, tra di essi si ricordano l’esposizione di artisti italiani e brasiliani “Per la democrazia in Brasile” che si tiene al Museo Sant’Egidio di Roma nel 1982 e i recital “Incontro con la poesia brasiliana” a Roma nel 1983 e la manifestazione della Biblioteca Centrale di Roma “Voci di vita” nel 1989.

Ha pubblicato numerosi libri tra i quali Os convites (1969), Bahia terra marina (1980), Catuete curupira (1983), O Rio, O Passaro (1987), Io canto l’Amazzonia (1992), Amazon Sings (2003), Amazzonia respiro del mondo (2005), Amazzonia madre d’acqua (2007), Ama + Zonia, Ogni Parola un essere… (2018),…

Alcune sue poesie figurano su alcune riviste di cultura e letteratura tra cui Euterpe e sono state pubblicate in numerose antologie tra le quali: Quel dio che non avemmo – 20 poeti dell’Europa e del mondo (1999), Poesie d’amore. In segreto e in passione (1999), Antologia de Poetas Brasileiros (2000), Antologia da Poesia Brasileira (2001), Per amore (2002), …

Nel 2011 al Salone del Libro di Torino ha tenuto una Lectio magistralis presso lo stand del Senato della Repubblica dal tema “Natura e nuova economia”. E’ stata presente nel giugno dello stesso anno all’Expo di Rio de Janeiro con il suo libro Ama+Zonia e conseguentemente, nel 2015, all’Expo di Milano.

Testimonial dell’iniziativa “Per una Cultura della Biodiversità”, promossa dalla Commissione Nazionale Italiana UNESCO nell’ambito della campagna di educazione allo sviluppo sostenibile (DESS). Ha ricevuto da Fulco Pratesi il “Panda” come testimonial biodiversità del WWF Italia. È candidata al premio Nobel.

Fra i numerosi premi ricevuti: “Nactional de Contos Editoria” (1969), “Minerva” (1983), “Città di Roma” (1992), “Premio Fregene per la Poesia” (1996), “Nuove Sant’Egidio” (2000),  “Premio Nazionale Histonium” (2003), “Carsulae: Prix international E.I.P. Jacques Muhlethaler” (2005), “I diritti umani e la natura”, “Leggere per conoscere-Un libro per la Scuola, un Autore per domani” (2006), “Un bosco per Kyoto” e “Comitato Foreste Per Sempre” (di quest’ultimo dal 2009 ne è membro della giuria), “Premio Green Book” (2010), Premio alla Carriera “Il senso di una vita”, Premio alla Carriera al “LericiPea” (2011), “Premio Montale Fuori porta” (2012), Premio alla Carriera al “Festival Internazionale di poesia civile – Città di Vercelli” (2015).

Sulla sua produzione hanno scritto: Rafael Alberti, Mario Luzi, Grazia Francescato, Ruggero Jacobbi, Armando Gnisci, Saverio Tutino, Dante Maffia, Dacia Maraini. 

 

BIBLIOGRAFIA

 

In doppia lingua portoghese/italiano

Poesia

Siamo pensiero, Cooperativa Guado, Milano, 1972

Basta! Que falem as vozes / Basta! Che parlino le voci, Roma 1974

Bahia terra marinha/Bahia terra marina, Roma 1980

Catuetê Curupira, La Linea, Roma, 1983

O Rio o passaro as nuvens / Il fiume l’uccello le nuvole, Rossi & Spera, Roma,1987

Io canto l’Amazzonia / Eu canto Amazonas, Edizioni dell’Elefante, Roma 1992

I bambini giaguaro/Os meninos jaguar, Edizioni De Luca, Roma 1995

Amazzonia respiro del mondo, Passigli, Firenze, 2005

Amazzonia madre d’acqua, Passigli, Firenze, 2007

Ogni parola un essere, Iride, Roma, 2018

Amazzonia è poesia, Alpes Italia, Roma, 2018

 

Teatro

Arapuca – “Poemateatrodocumento” (Trappola), I manoscritti del Ciclope, Roma 1979

 

In lingua portoghese

Narrativa

Os convites, Universidade de São Paulo, San Paolo, 1969

 

In lingua italiana

Poesia

Kupahúba, Albero dello Spirito Santo, Tallone Editore, Torino, 2000

Foresta mio dizionario, Edizioni Tracce, Pescara, 2003

 

Saggistica

Il massacro degli indios nel Brasile d’oggi, Eunno, Enna 1977

Gli indios del Brasile, Nuove edizioni romane, Roma 1978

 

Teatro

Dica a quelli che è da parte di Dulce, Franco Valente, Roma 1981

 

In altre lingue

Poesia

Canções de Outono / Canzoni d’autunno, Il Manoscritto, Roma 1977 (portoghese/spagnolo)

Amazônas canta / Amazon Sings, Abooks, São Paulo, Brasile, 2003 (portoghese/inglese)

Pjesme/Poemas, P.E.N. CENTRE, Zagreb, Croazia 2006 (portoghese/croato)

Amazonas världens andetag, 2 Kronors förlag, Höör, Svezia, 2009 (portoghese/svedese)

 

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