Recensione di “Tacchi a spillo”, a cura di Lorenzo Spurio

Tacchi a spillo

Titolo originale: Tacones lejanos (1991)

Regia di Pedro Almodóvar

Paese: Spagna

RECENSIONE DI LORENZO SPURIO 

Un film di Almodóvar di una ventina di anni fa e poco conosciuto in Italia, Tacones lejanos venne tradotto con Tacchi a spillo. La storia in esso contenuta è particolarmente intricata com’è nella migliore tradizione del regista spagnolo.

Rebecca (Victoria Abril) è una giornalista che lavora nell’edizione serale di un telegiornale del quale suo marito, Manuel (Féodor Atkine)  è il proprietario. La loro relazione matrimoniale è oramai giunta ad un punto morto; a Madrid giunge la madre di Rebecca, Becky del Páramo (Marisa Paredes), famosissima cantante. Becky del Páramo scopre così che il marito di sua figlia non è altro che una sua vecchia fiamma e, proprio con l’arrivo della donna, Manuel decide di chiedere il divorzio a Rebecca.  La sera dell’arrivo della madre Rebecca, Manuel e Becky del Páramo vanno in un locale ad assistere ad uno spettacolo del trasformista Femme Letal, un uomo che sul palco, vestito da donna intona una canzone in onore a Becky del Páramo.

Nei camerini l’insoddisfatta Rebecca si abbandona a un rapporto sessuale con l’uomo. Intanto Manuel è intenzionato a riprendere il vecchio rapporto con Becky del Páramo ma quest’ultima non accetta.

Una sera Manuel viene trovato assassinato nel suo chalet e il giudice Domínguez (Miguel Bosé) si occupa del caso. Tra gli assassini sospetti ci sono Rebecca, la madre e un’altra donna che aveva ricevuto un posto come giornalista dietro un rapporto sessuale con Manuel. Durante un telegiornale Manuela, dopo aver riportato dei fatti del giorno, parla della morte di suo marito riconoscendosi la colpevole dell’assassinio. Il giudice la fa arrestare ma non è convinto della sua colpevolezza e comincia ad indagare anche sulla madre. Veniamo a sapere che il giudice ha una doppia vita e, una volta calati gli abiti formali dell’ispettore di giustizia, non è altro che lo stesso Letal che si traveste di notte.

In carcere Manuela scopre di essere incinta ma dopo alcuni mesi viene concessa la sua liberazione per la mancanza di prove nell’omicidio di suo marito. A questo modo comincia ad essere indagata la madre che, proprio durante una sua performance, ha un attacco di cuore e viene trasferita in ospedale.

Lì, a sole, la madre pur sapendo che è stata veramente la figlia ad uccidere Manuel decide di attribuirsi tutte le colpe. Becky del Páramo si fa raccontare dalla figlia tutti i dettagli dell’assassinio in modo che possa dirli al giudice e possano inchiodarla e si fa portare la pistola in modo che possa lasciare su di essa le sue impronte. Il film si conclude con la Becky del Páramo le cui condizioni si sono aggravate e la figlia, attorno a lei che parla ricordando di quando da piccola non aspettava altro che sentire i suoi tacchi. Quando sentiva i tacchi sapeva del suo arrivo a casa ed era felice. La madre muore e il film si conclude con il pianto di Rebecca.

Amore e morte, tradimenti e pistole si fondono in questo dramma in piena regola che, se pensiamo alla produzione successiva di Almodóvar non possono non richiamare il film Carne trémula dove, benché la storia sia completamente diversa, anche lì le pistole e gli spari fanno da protagonisti. Qui è disponibile la mia recensione a questo altro film.

La famosissima Becky del Páramo, inizialmente presentata come una persona austera ed algida solo attenta al suo lavoro di cantante, nel corso del film viene mostrata nella sua debolezza fino all’ultima scena in cui un infarto la colpisce proprio mentre sta recitando. Alla fine deciderà di salvare sua figlia, alla quale da bambina aveva sempre promesso più tempo e più attenzioni senza poi mai riservargliele. Decide di salvare la figlia in punto di morte pur sapendo della sua colpevolezza nell’omicidio. Non le importa del fatto che quando la notizia si diffonderà il suo nome aureo verrà irrimediabilmente macchiato. Il prendersi la colpa è la normale “pena” che deve pagare per una vita effimera e lontana dalla figlia che invece avrebbe avuto bisogno di lei. Dall’altra parte il povero Manuel non avrà giustizia perché il colpevole, Rebecca, non verrà incarcerato e, la giustizia rappresentata per mezzo del giudice si mostrerà clamorosamente incapace nel gestire il caso e nel distinguere il falso dal vero.

Una storia che di continuo va alla ricerca della verità, l’unica vera e che invece si imbatte in vari intoppi e menzogne che non permettono di giungere ad essa. Almodóvar vuole suggerire, credo, come la mente umana sia capace di raggiungere i suoi scopi, sovvertendo le leggi dell’animo e quelle della giustizia. Potrebbe essere un film dal quale si potrebbe costruire un singolare sequel ma la compattezza e il dramma psicologico dei personaggi verrebbe perso. La morte di Becky del Páramo suggella l’intera storia.

LORENZO SPURIO

23-04-2011

 

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE LA PRESENTE RECENSIONE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

Pistole e tradimenti in Carne trémula (1997)

Pedro Almodóvar è sicuramente il regista spagnolo più innovativo e trasgressivo degli ultimi venti anni. Ha portato in scena personaggi e storie scomode: la transessualità di Todo sobre mi madre (1999) e in La mala educación (2004), l’eutanasia in Hable con ella (2002), la paraplegia in Carne trémula(1997).

I suoi film si caratterizzano per presentare molti personaggi le cui storie, le cui vite, giungono a intrecciarsi in maniera stupefacente durante vari piani temporali. Nella gran parte dei film di Almodóvar c’è infatti un prima e un dopo e spesso iniziano proprio dal dopo, dall’attualità, raccontando la storia com’è in quel momento e solo in un secondo momento con flashback, racconti e retrospezioni si passa a raccontare il passato, proprio come avviene in Hable con ella.  Si tratta sempre di un passato difficile, dove domina una vita da emarginati, da reietti o dove più spesso si sono sviluppate vere e proprie tragedie familiari, lutti, assassini e crimini in piena regola. Non è un mondo felice quello che ci presenta Almodóvar ma è sicuramente molto verosimile ed attuale. Infondo, anche il mondo nel quale viviamo non è per niente felice.

In questi mesi, secondo quanto ha rivelato la stampa spagnola, il regista manchego sta girando le riprese dell’ultimo film che uscirà, probabilmente a Settembre di quest’anno. Si intitola La piel que habito; nella storia Almodóvar si è rifatto direttamente del romanzo Tárantula di Thierry  Jonquet pubblicato nel 1995. Il regista ha dichiarato in un’intervista: «Es una historia durísima de venganza, con chicos y chicas y un personaje muy diabólico que me está costando ponerme en su piel». Staremo a vedere che tipo di film ha ideato questa volta il grande regista.

Intanto, visionando le sue meno recenti películas mi sono soffermato suCarne trémula, un film uscito nel 1997 e poco conosciuto in Italia. Il titolo è molto forte e la ‘carne’ a cui si fa riferimento nel titolo richiama la debolezza della carne, i peccati carnali dell’uomo. In tutto il film dominano infatti una serie di tradimenti che porteranno poi a delle vere e proprie tragedie.

La storia inizia nel gennaio del 1970 a Madrid quando una donna dà alla luce su un autobus in piena notte un bambino. Poi si cambia piano temporale e ci troviamo sempre a Madrid nel 1990 dove Victor (Liberto Rabal), il bambino che venti anni prima era nato proprio su un autobus si trova a vagare per la notte su di un autobus fino a che non scopre dove vive Helena (Francesca Neri), la ragazza con la quale ha avuto il suo primo rapporto sessuale in una discoteca. Victor sale in casa della donna la quale è particolarmente nervosa proprio perché è in astinenza dalla droga e chiede a Victor di andarsene. Tra di loro c’è un litigio e la donna spara un colpo di pistola che però non raggiunge Victor. Nel frattempo una vicina di casa dà l’allarme alla polizia. Sul posto giungono due poliziotti: Sancho (José Sancho), depresso perché consapevole che sua moglie lo tradisce e dedito all’alcool e David (Javier Bardem).

I poliziotti entrano nell’appartamento e Victor, per difendersi sebbene non abbia fatto niente, viene trovato con la pistola nella mano e quindi creduto colpevole. C’è uno scontro corpo a corpo tra Sancho e Victor mentre David riesce a mettere in salvo Helena. Dalla pistola di Sancho parte un colpo che colpisce il collega David. Victor viene arrestato e viene mandato in prigione mentre David a seguito di una lesione del midollo spinale causato dallo sparo sarà costretto a vivere per sempre su di una sedia a rotelle.

Quattro anni più tardi, nel 1994, Victor esce di prigione ereditando il denaro che la madre morendo gli ha lasciato. Si reca al cimitero per visitare sua madre e lì vede, non visto, Helena con David, oramai sposati, che stanno prendendo parte al funerale del padre di lei. Victor si avvicina a Helena a farle le condoglianze e lei lo riconosce ma di tutta prima non dice niente al marito. Intanto, al cimitero il ragazzo conosce Clara (Ángela Molina), una signora insoddisfatta dalla vita e che si innamorerà del giovane, iniziandolo al sesso.

Victor ora che è libero è deciso a ricostruire il suo rapporto con Helena e la cerca sul luogo di lavoro, un asilo per bambini maltrattati e lì, dopo iniziali asti, Helena lo assume come maestro per bambini. Quando il marito David viene a conoscenza del fatto si arrabbia molto e va a cercarlo nella sua casa malandata per metterlo in guardia a lasciar perdere sua moglie.

Intanto veniamo a sapere che Clara non è altro che la moglie del poliziotto Sancho e che la loro relazione è ormai agli sgoccioli. Lui sta tentando di ricostruire il legame ma Clara ormai gli si è allontanata troppo e lui è consapevole che lo tradisce. Lui è violento e la picchia. Capiamo che Sancho quella sera della sparatoria aveva premuto il grilletto contro David (anche se dello sparo era stato poi condannato Victor) perché sapeva che sua moglie lo tradiva con il collega David.

Clara si innamora di Victor ma lui gli dice che non deve farlo perché lui è interessato ad Helena e così la donna lascia casa sua molto abbattuta.

Si capisce che il matrimonio tra Helena e David più che dettato da vere motivazioni d’amore è stato dettato da un sentimento di compassione di Helena nei confronti di David che aveva perso l’uso delle gambe proprio a causa sua e, una sera si abbandona a una notte di sesso con Victor. Quando Helena rifiuta il marito dicendogli che è stanca perché ha fatto sesso tutta la notte con Victor l’uomo medita la vendetta. Si reca dal collega Sancho al quale mostra delle foto che ha fatto e in cui sua moglie si trovava in compagnia e in casa di Victor. David aizza Sancho a compiere un insano gesto nei confronti di Victor per liberarsi di lui. In questo modo, scoperto chi è l’uomo con il quale la moglie lo tradisce, Sancho si reca a casa di Victor. Lì trova Clara la quale ha appena terminato di scrive una lettera d’addio a Victor, prima di volersi suicidare. Le pistole compaiono un’altra volta. Clara punta una pistola contro Sancho e quest’ultimo la punta contro di lei. Clara ha ormai deciso di lasciarsi morire perché la sua vita non ha più senso e Sancho, abbattuto dai tradimenti della moglie, non ha più voglia di vivere così l’uno spara all’altro. Clara cade subito a terra morta mentre quando Victor torna a casa Sancho è ancora vivo. Sancho tenta di sparare verso Victor.

La storia termina con David che ha abbandonato la moglie alla quale scrive una lettera e con Victor ed Helena che sono finalmente uniti. L’ultima scena del film, di Helena che accompagnata da Victor su di un taxi sta partorendo, si ricollega alla scena iniziale del film. Un finale moderatamente dolce se si prende in considerazione la sequela di spari e tradimenti che si dispiegano lungo tutta la storia.

Un’affascinante storia di amore e morte, tipicamente almodovariana, in cui i destini dei personaggi si legano casualmente per formare un’intricata rappresentazione della vita nella quale non domina il bello e il semplice ma il peccato e la corruzione dell’animo umano.

Buona visione.  


QUI E’ DISPONIBILE LA MIA RECENSIONE A “TACONES LEJANOS”, altro film di Pedro Almodovar.

 

LORENZO SPURIO

02-05-2011

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