Anna Maria Balzano su “Chesil Beach” di Ian McEwan

Chesil Beach 

di  Ian McEwan

Einaudi, Torino, 2007

Recensione di ANNA MARIA BALZANO

9788806197681Una prosa limpida, bellissima. Non sempre leggendo opere di grandi scrittori stranieri consideriamo con il giusto e dovuto rispetto in che misura il traduttore  contribuisca al loro successo nel mondo. La traduzione di Chesil Beach di Susanna Basso nell’edizione Einaudi è davvero eccellente. Conoscere a fondo una lingua non vuole sempre dire sapere interpretare e rendere il pensiero d’un autore, i sentimenti dei suoi personaggi. Tradurre è un’arte che non s’impone con prepotenza e arroganza, è un’arte discreta, che tuttavia può essere determinante per l’affermazione e la diffusione di un’opera.

In questo romanzo McEwan affronta un tema che fu importante negli anni sessanta immediatamente precedenti la rivoluzione sessuale. Florence è una ragazza bella e delicata, studia  musica e ha un avvenire come concertista, Edward è un ragazzo onesto e studioso, anche lui con tanti sogni da realizzare. Sullo sfondo le loro famiglie, ciascuna con i suoi limiti e i suoi pregi. Tutto appare essere nella normalità più assoluta. Florence e Edward si amano, ma i pregiudizi e le inibizioni che hanno condizionato l’educazione dei giovani di quell’epoca, portano i due al matrimonio senza aver avuto precedenti esperienze. In realtà nessuno dei due conosce a fondo se stesso, non ha mai sperimentato le proprie reazioni di fronte a un rapporto sessuale completo: la loro prima notte di nozze diventa dunque il terreno su cui si realizzerà lo scontro più lacerante.

Come sempre nelle opere di McEwan la lettura viene proposta su due livelli.

A un primo livello, è chiara la critica a quella generazione di educatori che costringevano i figli, più specificamente le figlie, a rispettare il preteso valore della verginità, molto spesso con il fine tanto pratico quanto ipocrita di evitare fastidiose e ingombranti conseguenze. In questi casi ci si poteva trovare di fronte a vere e proprie patologie del tutto sconosciute, tanto difficili da affrontare nel momento in cui la coppia aveva  già iniziato una vita insieme. Il sesso è da sempre stato il  punto di incontro o di scontro, una carta da giocare nella riconciliazione o nella separazione. Il problema fondamentale si rivela quando l’amore che dovrebbe accompagnare il sesso non è abbastanza forte  da superare eventuali ostacoli.  Con la rivoluzione sessuale e la conseguente liberalizzazione dei rapporti uomo-donna, si è giunti a una conoscenza più approfondita di se stessi, del proprio corpo, e del corpo dell’altro, delle reazioni che esso manifesta in casi specifici. La conoscenza non è mai un fatto negativo, essa anzi aiuta a crescere: in questa prospettiva l’emancipazione dei costumi, quando non degeneri in inutile eccesso, è sempre auspicabile.

A un secondo, non meno interessante livello, McEwan crea, come già ho notato in modo particolare in “Espiazione”, un personaggio che si proponga come metafora dell’arte: la purezza di Florence  è la purezza dell’arte che non ammette contaminazioni. L’arte in tutte le sue forme, che sia musica, letteratura o arte figurativa deve mantenere la sua integrità, non può accettare di diventare funzionale a un fine che non sia se stessa. Ma è qui il vero quesito che, io credo, McEwan pone ancora una volta: è davvero giusto perseguire questo concetto decadente di un’arte fine a se stessa, o non è più giusto e attinente ai tempi moderni adeguare anche il concetto dell’arte alle esigenze del mondo moderno? Perché per esempio non un’arte con un fine sociale?  Chi è più funzionale oggi, un Wilde con la sua indiscutibile magia descrittiva o un Guttuso con la capacità di esprimere il dramma della società moderna? In realtà credo non sia neanche giusto dare una risposta, anche se personalmente tendo più verso Guttuso che verso Wilde. Non è giusto, perché l’arte è sempre arte, come la vuole l’artista, e se è in grado di esprimere concetti universali, il suo valore è sempre indiscutibile.

ANNA MARIA BALZANO

 

QUESTA RECENSIONE VIENE QUI PUBBLICATA PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

E’ SEVERAMENTE VIETATA LA DIFFUSIONE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.

“Chesil Beach” di Ian McEwan, recensione di Lorenzo Spurio

Chesil Beach, il fallimento della prima notte d’amore

DI LORENZO SPURIO

 

Ecco come il corso di tutta una vita può dipendere…dal non fare qualcosa. A Chesil Beach, Edward avrebbe potuto richiamare Florence, o seguirla. (p. 136)

 

Chesil Beach è il penultimo romanzo di Ian McEwan. Si è parlato poco di esso forse perché la data della sua pubblicazione è venuta a coincidere, grosso modo, con l’uscita della rappresentazione filmica di Atonement, film diretto da Joe Wright sull’omonimo romanzo di McEwan. Il film ha ottenuto in effetti un gran successo da parte di pubblico e critica, oltre a un incasso record nei botteghini.

Chesil Beach è un romanzo breve ma denso. Si legge bene, scorre via tra le pagine. Ma è complesso. La solita complessità di McEwan che si dibatte tra il tragico e il sensuale, tra l’orrendo e il grottesco. È il sesso il vero protagonista del romanzo. Un sesso inesistente ed impossibile nella prima notte di nozze tra due ragazzi dell’Inghilterra anni ’60. Tutto va come non dovrebbe andare. I due amanti sono impacciati e confusi, non sanno cosa fare. Si sbagliano continuamente e si accusano vicendevolmente per i loro insuccessi sessuali. I protagonisti sono buoni solo a scambiarsi carinerie e dichiarazioni di amore ma nella pratica sono completamente inetti e incapaci. Lui vorrebbe fare l’amore con lei mentre lei è continuamente senza voglia, non prova desiderio né comprende nella sua testa la necessità di farsi penetrare. Le loro conoscenze sulla questione sono di carattere manualistico e l’inesperienza e la forte titubanza sono le cause dell’insuccesso del loro primo rapporto sessuale. Un rapporto grottesco e goffo, che fa ridere ma che è vivido e mentre leggiamo quel passo del romanzo, il più suggestivo, l’immagine di quella scena raccontata non può fare a meno di sfilare davanti ai nostri occhi. Entrambi puntano molto su quella serata d’amore ma sarà un completo fallimento. A causa dell’eccitazione, dell’inesperienza e di un forte stato di ansia Edward non riuscirà a controllarsi ed eiaculerà dispiaciuto su una coscia di Florence. Lei rimarrà schifata e offesa, lui si sentirà maledettamente colpevole e idiota. Tutto cade a seguito di questo episodio e la coppia si spezza. I due si allontanano e non si rivedono più. McEwan sembra voler sottolineare come nella società contemporanea spesso si punta sul sesso e sulla componente materiale del rapporto uomo-donna e poco sulla comunanza di intenti e l’autenticità del rapporto amoroso. McEwan sembra suggerire che l’incapacità, il senso di vergogna e la timidezza dei due giovani, oltre a provenire dal loro essere vergini, deriva da una loro difficile situazione familiare alle spalle e soprattutto dalla società inglese del periodo dominata da obblighi e divieti:

E in che cosa consisteva l’ostacolo? Nelle rispettive personalità unite al passato, a ignoranza e paura, timidezza, pruderie, mancanza di fiducia in se stessi, esperienza e disinvoltura, più qualche strascico di divieto religioso, l’educazione britannica e l’appartenenza di classe, la Storia insomma.

Il romanzo tocca in più punti anche le problematiche politiche e sociali legate all’Inghilterra degli anni ’60. Dà un breve squarcio dell’Inghilterra sotto Harold Macmillan. Un’Inghilterra che combatteva tra il moralismo borghese e le nuove tendenze della gioventù ribelle, tra la pudicizia e la dissoluzione dei costumi, tra il perbenismo e l’apertura al tema del sesso. La storia s’inserisce dunque appieno nella vigilia delle lotte per la liberazione sociale e del femminismo. Quest’ultimo è un ulteriore aspetto del libro che va analizzato con rispetto e che non deve essere sottovalutato. Se McEwan avesse ambientato la stessa storia nella nostra società contemporanea e non negli anni ’60, il romanzo avrebbe avuto molto meno senso.

La parte centrale del libro è costituita interamente dall’episodio del primo e unico rapporto sessuale che è poi la causa stessa della lite finale e della separazione dei due giovani. Solamente una cosa rimane inalterata nel tempo e non viene investita da liti né separazioni, è il mare mosso e la spiaggia di Chesil Beach. Il fatto che sia mosso può far pensare che qualcosa che ha turbato la tranquillità del mare è successa e che quelle onde non sono dunque solo dei semplici moti ondulatori delle acque. Ed è il mare, nella sua accezione di entità indefinita ed estesa, che in ultima battuta rimarca la distanza infinita tra i due giovani dopo quell’esperienza traumatica.

 

LORENZO SPURIO

Scrittore, critico-recensionista

 

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