“Eppure ancora i nespoli. Dissertazioni sullo haiku” di Antonio Sacco – Recensione di Lorenzo Spurio

In data 04/08/2020 sulla testata online “Culturelite” diretta dal prof. Tommaso Romano è stata pubblicata la lunga recensione di Lorenzo Spurio al nuovo libro del poeta e haijin campano Antonio Sacco, Eppure ancora i nespoli. Dissertazioni sullo haiku (Nulla die Edizioni, Piazza Armerina, 2020) di cui a continuazione un estratto.

Sacco2020OKISBNLa nuova opera letteraria del poeta, articolista e soprattutto haijin Antonio Sacco (nato a Vallo della Lucania, nel Salernitano, nel 1984, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento), uscita da pochi giorni per le Edizioni Nulla Die di Piazza Armerina (Enna), porta come titolo Eppure ancora i nespoli. In copertina, sul fondo di un cielo chiaro che trasmette l’idea di pulizia, sospensione ma anche di tranquillità emotiva e universale, si staglia una pianta di nespole in fiore. La conformazione dell’apparato floreale, nel suo candore e voluttuosità nell’aria, ci fa immaginare con facilità, un’atmosfera dolce e speziata che non verrà mai meno nel corso della lettura del volume.
Antonio Sacco, che ha dato alle luce in precedenza un altro volume, ovvero In ogni uomo un haiku (Arduino Sacco Editore, Roma, 2015) giunge ora, con questa nuova produzione, ad affrontare l’universo della poesia orientale haiku (ma non solo) da una molteplicità di punti di vista. Si tratta senz’altro di questo approccio diversificato e prospettico nei confronti del genere haiku (ma, dovremmo dire, di una sensibilità empatica ed olistica, influenzata di certo dalla filosofia orientale) uno dei punti di forza di questo libro agile e curioso, importante e pregno di nozioni.
Nella nostra contemporaneità di haijin se ne contano a decine, al punto tale che sono nati – in ritardo, certo, rispetto all’universo anglofono ma non per questo meno importanti – anche nel nostro Paese vari “contenitori”, vale a dire di situazioni dove l’haiku viene richiesto, pubblicato, diffuso e fruito. Riviste di settore, ma soprattutto blog specifici sull’argomento o con determinate rubriche che ne consentono un oggetto di trattamento e discussione privilegiata, finanche competizioni letterarie che non possono più far finta che lo haiku non rappresenti una sfaccettatura, una componente importante della poesia contemporanea di qualsivoglia letteratura europea.
Antonio Sacco fa di più: non è solo un haijin, vale a dire un produttore di haiku, ma è anche un attento studioso del genere, delle sue forme, manifestazioni, influenze e ambienti nei quali prende piede e si sviluppa. Lo ha studiato, e continua a studiarlo, di certo per approfondire meglio la sua ricerca ma anche – ed è notevole osservarlo – per renderlo maggiormente comprensibile e fruibile anche agli altri. È di appena pochi giorni fa un suo interessante articolo[1] che, con l’adozione di una logica privativa (atta a descrivere ciò che è un haiku a partire da ciò che non fa un haiku) fornisce nozioni in maniera semplice e persuasiva, alla portata di tutti, rendendo il genere haiku da “troppo lontano” e a noi estraneo, come spesso viene percepito, a qualcosa di ordinario.

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“Com’era la voce di Federico García Lorca?” Un saggio di Lorenzo Spurio traccia il “sempre attuale” argomento

In data 19 giugno 2020 la rivista di cultura online “Culturelite”, diretta dal prof. Tommaso Romano di Palermo, ha dato pubblicazione a un articolato saggio critico di Lorenzo Spurio dal titoloVoz ausente: il perdurante mistero attorno alla voce di Federico García Lorca (che c’è, ma non si trova)”.

Ad oggi, infatti, a più di ottanta anni dalla morte del celebre poeta e drammaturgo andaluso, non sono stati rinvenuti nastri con registrazioni della sua voce. Questo, nel tempo, ha animato investigatori, critici e studiosi, a ricerche di vario tipo e ad articolare considerazioni utili per poter comprendere meglio come effettivamente il Poeta parlasse, la sua lingua personale, il tono e il timbro.

Il poeta spagnolo Federico García Lorca

A continuazione si riporta un breve estratto, fornendo in chiusura il link di rimando per poter leggere il saggio integralmente.

Un articolo di qualche tempo fa dello scrittore e giornalista Alejandro González Luna apparso sulla rivista dominicana Global[1] ha riportato in auge un discorso – un quesito si dovrebbe dire da subito – importante e che, nel corso della storia, da più parti, è apparso e riapparso dando, ogni volta, motivo di sperare. Purtroppo, sino alla data in cui sto scrivendo, ogni ricerca mossa da studiosi, critici e investigatori, finanche storici e artisti, si è rivelata fallimentare. Mi riferisco al mistero che aleggia attorno alla voce del poeta spagnolo Federico García Lorca. Sembra assurdo credere – e l’irlandese Ian Gibson, suo maggiore biografo, è di questa schiera di pensiero – che non esista nessuna registrazione audio della voce del poeta mentre legge qualche sua poesia, impronta una battuta dei personaggi teatrali da lui creati, produce una nenia gitana o semplicemente parla con amici, interviene alla radio, pronuncia una conferenza. A fronte della grande quantità di materiali sulla sua vita, sulle sue frequentazioni con artisti e poeti non solo spagnoli ma di vari paesi, massiccia quantità di corrispondenza, articoli su giornali, interventi alle radio (numerosissimi quelli durante la sua permanenza a New York nel 1929 e soprattutto a Buenos Aires nel 1933-1934), sembra impossibile credere che non vi sia traccia della sua voce.

Leggi il saggio per intero.