Il cantautore Andrea Del Monte esce con un ricco omaggio al poeta di borgata Pier Paolo Pasolini

Articolo di Lorenzo Spurio

Il nuovo libro del musicista Andrea Del Monte, Puzzle Pasolini (Ensemble, Roma, 2022) come ben recita il titolo è un concentrato di testi e musica in omaggio di uno dei più grandi intellettuali del Belpaese, il poeta di borgata Pier Paolo Pasolini, l’uomo che fece dell’inchiesta sociale uno delle sue principali scandagli della società italiana.

Il volume, che come la stampa ha sottolineato è un “libro ascoltabile”, è interamente dedicato al celebre poeta friulano artefice impareggiabile di opere sceniche quali La ricotta, Mamma Roma e l’allora considerato disdicevole e inopportuno Teorema.

Del Monte, originario di Latina, ha dato alle stampe per i tipi della nota Ensemble Edizioni della Capitale il libro Puzzle Pasolini in concomitanza con le numerose attività e progetti che in questo 2022, in cui ricorre il centenario della sua nascita, imperversano, tanto in ambiti accademici e istituzionali, quanto autoriali com’è appunto questo il caso.

Il connubio artistico Del Monte-Pasolini non è affatto nuovo se solo diamo uno sguardo all’intenso profilo artistico del giovane latinese. Chitarrista, cantautore e compositore nel 2016 ha musicato e cantato la poesia “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini. L’anno prima era uscito il disco Caro poeta, caro amico. A Pier Paolo Pasolini dove raccolse in un diorama di grande impatto emotivo dodici canzoni (testi di Renzo Paris, Antonio Veneziani, Tullio De Mauro, Walter Siti, Susanna Schimperna, Giancarlo De Cataldo, Ninetto Davoli e altri) dai lui musicati, cantati e registrati, eseguendoli poi anche dal vivo in alcuni eventi. Del Monte ha esordito nel 2007 con il singolo Il giro del mondo (brano ispirato dal film Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin), col quale si è aggiudicato il Premio della critica al Festival “Il Cantagiro”. Al suo primo omonimo EP hanno collaborato John Jackson, storico chitarrista di Bob Dylan e l’etnomusicologo Ambrogio Sparagna. Con questo disco raggiunse la Top 20 di iTunes. Tra i lavori più recenti si segnala il disco-libro Brigantesse. Storie d’amore e di fucile, in cui l’album si apre con la lettura di una brano da parte di Sabrina Ferilli.

I contributi di Puzzle Pasolini si collocano seguendo un percorso suggestivo in cui il lettore è come se venisse chiamato a raccogliere e costruire con esattezza le tante tessere di un puzzle, proprio come recita il titolo. La campitura che si forma a completamento del posizionamento di tutte le tessere è sorprendente e al contempo assai stimolante perché Pasolini viene raffigurato in vari modi e soprattutto sono i diversi codici, quello testuale e musicale in primis, a ricordarcelo, a rendercelo ancor più uno di noi, vicino ai dimenticati, parte di un sentimento collettivo che riscopre l’autenticità dei bisogni dell’altro, attento all’ascolto.

Questo volume di Del Monte è senz’altro un omaggio sentito e particolarissimo, unico nel suo genere, che s’inserisce in quella letteratura della postmodernità che intenta fare i conti con i modi del narrare. Si va ben oltre alla spicciola narrazione e all’argomentazione non volendo essere il volume un saggio di approfondimento – come tanti ne esistono, pullulano e continuano ad essere partoriti sul controverso autore di Ragazzi di vita – ma è un libro dinamico, un’opera aperta, multidisciplinare, volutamente sfaccettata e, pertanto, polifonica e versatile: per essere letta e approfondita, ma anche ascoltata, riprodotta e musicata, elaborata su spartiti non solo musicali ma emozionali.

Si è detto che è un libro musicale. Non lo è solo in termini eufemistici e metaforici, ma è una vera e propria opera dotata di uno sviluppo uditivo, piacevole alla fruizione sonora. Difatti le undici canzoni si possono ascoltare scannerizzando l’apposito QR-code sulla nota piattaforma musicale “Spotify”, codice che si trova riprodotto nella bandella della quarta di copertina dello stesso libro o dai QR code messi sotto i testi delle stesse canzoni.

Tali tracce sonore, vere e proprie canzoni, non sono altro che le poesie scritte da altrettanti poeti che Del Monte, grazie alle sue doti artistiche e con uno speziato tocco d’ingegno, ha poi musicato e cantato. Alla realizzazione delle musiche hanno collaborato John Jackson, che nei suoi trascorsi vanta una lunga collaborazione con Bob Dylan, e Roberto Cardinali, chitarrista nel film Loro di Paolo Sorrentino.

Il cantautore Andrea Del Monte

Per quanto attiene, invece, alle interviste, queste sono state rilasciate da circa una quarantina fra scrittori, attori, registi e ricercatori di chiara fama e riconosciuta carriera artistica, alcuni dei quali hanno conosciuto direttamente e personalmente Pier Paolo Pasolini o hanno lavorato con lui. Altri, invece, che non hanno avuto la fortuna di un incontro fisico con l’io lirico di Poesie a Casarsa, lo hanno studiato per i suoi romanzi, per i suoi film o per i suoi scritti corsari. Le loro parole, i loro ricordi, gli aneddoti e le curiosità degli incontri con l’autore friulano, contribuiscono a delinearne la controversa e complessa figura e lasciano sulle pagine del libro tracce che possono trovare ulteriore approfondimento. Brani che arricchiscono e di molto l’idea spesso generale – quando anche molto generalizzante – che si possiede di Pasolini, che non hanno la pretesa d’iscriverlo in particolari pagine della storia della letteratura italiana, semmai di raccontarcelo com’era come uomo, nella sua spontaneità di spirito libero, tracciando alcuni momenti curiosi e importanti della sua permanenza nell’ambiente letterario: le sue intuizioni e polemiche, le sue scoperte e le sue condanne. Un concentrato, quello del puzzle di Del Monte, assai incisivo perché fornisce – proprio come le tessere di un puzzle che concepiamo potenzialmente infinito – assaggi di letture, vedute, interpretazioni, riflessioni attorno alla vita dell’uomo Pasolini.

Sono raccolte nel volume le interviste che sono state condotte a Enrique Irazoqui, Ninetto Davoli, Federico Bruno, Alessandro Golinelli, Giuseppe Pollicelli, Franco Grattarola, Citto Maselli, David Grieco, Walter Siti, Maria Borgese, Igor Patruno, Alcide Pierantozzi, Fulvio Abbate, Lucia Visca, Susanna Schimperna, Pino Bertelli, Giancarlo De Cataldo, Tullio De Mauro, Emanuele Trevi e Renzo Paris. Di questi va sottolineato che Siti e Trevi hanno entrambi vinto il noto Premio Strega, rispettivamente nel 2013 e nel 2021.

Questi sono, invece, gli autori delle poesie/canzoni: Renzo Paris, Alberto Toni, Giovanna Marini, Fernando Acitelli, Giulio Laurenti, Titti Rigo de Righi, Antonio Veneziani e Tiziana Rinaldi Castro, Claudio Marrucci, Ignazio Gori e Clea Benedetti

Il progetto editoriale risulta essere una nuova versione, rivista e implementata, di un libro che era precedentemente uscito nel 2015 in occasione del quarantennale della morte di Pasolini pubblicato col titolo Cari poeta, caro amico. Ad arricchirlo, rispetto alla prima edizione, sono tre racconti: “Un uomo generoso” di Franco Tovo, “La sua passione per il calcio” di Silvio Parrello e “La sua solitudine” di Renzo Paris. Franco Tovo è stato uno degli attori del film Mamma Roma, mentre Parrello è “Er pecetto” del romanzo Ragazzi di vita. I tre ricordano in particolare i loro incontri con il poeta. Scrive Renzo Paris: «Pier Paolo mi voleva bene, sapeva delle mie origini sottoproletarie e temeva che prima o poi sarei diventato un “mostro” come i suoi borgatari».

Si tratta, in definitiva, di un libro e di un album per capire meglio Pasolini perché a cento anni dalla sua nascita, continua a rappresentare un enigma da risolvere, un rompicapo nella storia della cultura italiana, un “puzzle” i cui incastri sono resi difficoltosi dalla sua immagine sfaccettata e dai misteri che ha lasciato irrisolti.

Nel 1981 uscì per Mondadori il libro Morte di Pasolini di Dario Bellezza, un poeta che era stato proprio Pasolini a scoprire e valorizzare e che, dopo il massacro dell’Idroscalo di Ostia, continuò a compiangere con dolore l’assenza del  suo mentore-amico. Di quel libro Domenico Porzio (“Panorama”, 14 dicembre 1981) rilevò “la perentoria felicità con cui un poeta legge un poeta: lo legge con una rabbia, con una ingordigia e con una violenza che forse non chiedono di essere condivise, ma che enucleano verità le quali, altrimenti, non sarebbero state estratte dal doloroso corpo dell’opera di Pasolini”. Un coinvolgimento emotivo e viscerale che traspare anche dal libro Ricordo di Pasolini, uscito postumo nel 2009 per le edizioni Via del Vento di Pistoia, e anche dai testi che “Pagine corsare” ha pubblicato nel 2009. Si tratta di una testimonianza in prosa e di due poesie, una delle quali scritta nel 1976, un anno dopo la morte di Pasolini.

Il poeta romano Dario Bellezza, che prese parte e animò la cosiddetta “Scuola romana”, attorno alla quale Pasolini gravitò e partecipò, come tanti intellettuali che lo conobbero lasciò un suo ricordo – a suo modo (si ricordi la natura volutamente ambigua e polemica di Bellezza) affettuoso – nel quale scrisse: «Proiettavo, identificavo su Pasolini una figura grosso modo paterna e anche materna. Il padre, diciamo così, era l’ideologia, era l’intelligenza, era la sapienza. La madre, invece, era la poesia. […] La vita di un poeta è la vita di chi arricchisce la collettività. […] [S]’è perso, però, il senso di che cos’e un poeta e che cos’è la poesia. […] non c’è riuscito nessuno a spiegare cosa sia la poesia. Son cose che o si sentono o non si sentono». Pare ragionevole citare anche Bellezza che, morto nello sprezzo e nel disinteresse generale nel 1996 dopo una vita di dissipazione e reale dannazione, è stato ingiustamente dimenticato e immotivatamente sottratto dai fasti della letteratura italiana contemporanea. Lui che – un po’ come Pasolini, su una scia abbastanza similare che qualcuno ha voluto descrivere come identica, in maniera semplicistica e distorta – visse la periferia, conobbe gli abitatori della notte, amò e seppe farsi amare con intensità, privo di quel pudore che divenne ragione privilegiata e ricorrente nell’attacco – anche spietato e dalle tinte offensive – mosso dalla classe borghese. La medesima che Pasolini con le sue opere e l’atteggiamento critico pose sullo sfondo delle vicende di alcune delle sue opere maggiori.

Lorenzo Spurio

Jesi, 01/04/2022


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“Paragrafi per ricordare il poeta romano Dario Bellezza: polemico e irruento, icona contestata degli anni ’80” – Di Stefano Bardi

Articolo di STEFANO BARDI  

Il 1968 fu un anno importante per l’Italia: tanti giovani si riversarono sulle strade con le parole e con i bastoni, per cambiare il loro futuro. Cambiamenti che riguardarono pure la nostra letteratura, portando alla “morte” della Neoavanguardia e alla nascita della cosiddetta letteratura postmoderna, dove non è più possibile intravedere le linee letterarie di rilievo, le precise muse ispiratrici, né le poetiche letterarie del passato, bensì un linguaggio e una grammatica, che non hanno nessuno scopo investigativo o psico-sociale. Anche la poesia ebbe i suoi cambiamenti, che durarono, però, fino agli anni Ottanta, poiché molti poeti di quel tempo trattarono tematiche troppo legate alle proteste giovanili sessantottine e al boom economico italiano, senza riuscire ad andare fuori da questi due binari. Tematiche che per l’appunto videro molti poeti essere dimenticati e “schiacciati” negli anni Ottanta, dalla resurrezione della novella e, in particolar modo, dalla resurrezione del cosiddetto romanzo commerciale.

Eppure non tutti i poeti si adeguarono a quella poesia e alla trattazione di quelle tematiche, creando così una nuova lirica denominata neo-orfica o neoermetica che dir si voglia, proiettata verso l’esaltazione magica della poesia, verso la forza della parola immaginaria ancora in grado di scoprire legami e messaggi oceanici della realtà e verso la divulgazione di poesie “eterne” attraverso lessemi sublimi, “divini”, e vigorosi. Una poesia, questa, che ebbe la sua massima espressione attraverso il poeta, scrittore e drammaturgo Dario Bellezza (Roma, 5 settembre 1944-Roma, 31 marzo 1996). Uno scrittore che purtroppo è per lo più dimenticato ai giorni nostri, sembrerebbe non per motivi letterario-ideologici, bensì per motivi di carattere privato: la sua omosessualità e la sua morte per AIDS. Elementi, questi, che fecero vedere quest’autore a molti critici del suo tempo come uno scrittore osceno e scandaloso.

La poesia di Dario Bellezza può definirsi coma una lirica senza lustrini e brillanti, una poesia realistica in cui sono liricizzati i ragazzi amati velocemente dal poeta, che non appartenevano al mondo dell’amore sentimentale, ma a quello della prostituzione e del sesso mercenario. Amori veloci e puramente sessuali che erano volutamente ricercati dal poeta romano, poiché lui medesimo, per tutta la sua esistenza, ebbe uno legame ambiguo con il suo corpo, concepito come un universo colmo di rabbia, ansia, animosità ed esecrazione. La sua poesia può essere vista come un’infinita rampogna composta da lessemi inaciditi, amari, arroganti, eccitanti, come un sistema composto da stonati “frammenti” musicali.

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Dario Bellezza

Il 1971 fu l’anno della raccolta poetica Invettive e licenze, dove possiamo vedere i temi che caratterizzeranno la sua intera opera, ovvero l’ambiguità sessuale e la dipartita, temi vissuti dal poeta romano con straziante rimorso e mancanza di coraggio. Più nel dettaglio sembra giusto osservare che il sesso sia da lui concepito come un mondo composto di peccati e dissolutezze, che fanno nascere nello spirito del poeta un sentimento di vergogna, per gli amori incoerenti da lui vissuti e sperimentati. La dipartita, invece, simboleggia una notte colma di oscurità, paure e consapevolezze etico-esistenziali. Opera dai toni biografici, poiché nei testi qui raccolti, Bellezza ci mostra se stesso nella sua vicenda umana, nella sua angoscia e nei suoi calorosi amori all’interno di una quotidianità che vorrebbe distanziare, ma in cui dimora senza soluzione e senza trovare una nuova strada esistenziale. Opera nella quale si può toccare con mano la viscida autenticità intima del poeta, liricizzata attraverso due vie: quella di una lacerante e nobile compassione e quella di una eccitata narrazione lanciata verso il tragico, per mezzo dell’uso di una densa enfasi. Quest’opera può definirsi come una raccolta dell’estrema disubbidienza, rappresentata dal poeta attraverso una sintassi e una grammatica giornaliera, con tematiche che proiettano nella mente del lettore immagini feroci ed estreme, attraverso liriche corporali che si trasformano in poesie maniacalmente ansiose.

Nel 1982 venne pubblicato Libro d’amore in cui ritorna il tema del sesso, del voyeurismo cadaverico e della dipartita. Temi che sono affiancati mediante le immagini dei castighi corporali del poeta, che si fondono con la sua gentile e orgogliosa voce che fortemente declama lo spregevole e il divino fino a creare delle vere e proprie scene poetiche teatrali. Anche la giovinezza perduta e consumata è presente in questa raccolta. Una giovinezza che è rimembrata dal poeta come un’età dolce e luminosa, della quale purtroppo rimane ai suoi giorni una folle notte e la dipartita. Temi che sono espressi dal Nostro, attraverso un linguaggio esplicito.

Il 1990 fu l’anno della raccolta Libro di poesia, opera dal perfetto equilibro melodico conquistato grazie all’utilizzo di registri medio-elevati che ben si fondono con le tematiche dell’ardente fuoco passionale, della sconfitta sociale, dell’emarginazione etico-spirituale, della falsità umana e del rimorso della gioventù perduta. Anche in questa raccolta ritorna il tema dell’erotismo, non più visto come qualcosa di perverso, ma come qualcosa di puro, aulico, dolce. Una scrittura, questa, che può definirsi come una scrittura corporale e che evidenzierà gli aspetti più trasgressivi e barocchi della sua vita autolesionista.

Nel 1996 venne data alle stampe la raccolta Proclama sul fascino che può essere vita come l’opera della maturità del poeta romano, poiché le poesie presenti in questa raccolta sono colme di consapevolezza e sapienza, essendo il frutto della probità poetica e dell’ansia morale vissute in prima persona. Liriche che trattano temi intimi e privati del Bellezza come per esempio lo strazio esistenziale, la vitalità, la puerilità e la consumata fanciullezza, infine la dipartita, che dalla prima alla sua ultima raccolta è sempre presente. 

STEFANO BARDI

Bibliografia di Riferimento:

Della Bella, Sacro e diverso. Percorsi genettiani nell’opera di Dario Bellezza, Bologna, Il Lavoro Editoriale, 1990.

Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1992, 2 vol., Tomo II.

Niglio, Dario Bellezza, Roma, Altrimedia Edizioni, 1999.

Lorenzini, La poesia italiana del Novecento, Bologna, Il Mulino, 1999.

Asor Rosa, Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, Torino, Einaudi, 2000.

Lorenzini, Poesia italiana del Novecento, Roma, Carocci, 2002, 2 vol., Tomo II – Dal secondo dopoguerra a oggi.

Cucchi – S. Giovanardi, Poeti Italiani del Secondo Novecento, Milano, Mondadori, 2002, 2 vol., Tomo II.

Raffaeli – F. Scarabicchi, Dario Bellezza: album, Ancona, Centro Studi Franco Scataglini, 2002.

 

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Lorenzo Spurio intervista il partenopeo Luciano Somma

LS: A che periodo della sua vita risale la prima poesia e quando si accorse che la letteratura era una buona chiave di volta per confidare i suoi pensieri?

LS: Ho iniziato a scrivere i miei primi versi a 13 anni, un po’ ingenui ma comunque dettati dall’ispirazione che non mi ha mai più abbandonato. Mi sono accorto della chiave di svolta qualche anno più tardi.

 

LS: Il suo curriculum letterario è molto ampio e in esso si ravvisano interessi diversi che spaziano dalla narrativa, alla poesia, fino alla canzone. Negli ultimi anni è stato considerato come uno degli artisti italiani più presenti in rete –soprattutto in Youtube- con un’intensa attività di letture poetiche. Quanto secondo Lei è importante Internet nella nostra società? Si può prescindere da esso o il suo utilizzo è necessario?

LS: Ritengo internet un veicolo ormai indispensabile per arrivare al grande pubblico, comunque la  mia presenza sul web risale alla fine degli anni ‘90 e già nel 2000 Il Giornale aveva, in un suo articolo specifico, sottolineato ed evidenziato che ero il poeta più presente in internet. Appena venti anni fa sarebbe stato impensabile farsi conoscere in tutto il mondo attraverso un mezzo di diffusione che negli anni si è centuplicato ed ormai si può dire che non c’è famiglia che non abbia almeno due pc collegati…

 

 

LS: La sua ultima opera, Da Napoli con amore (Photocity, 2013), curata da Gioia Lomasti e Francesco Arena, è una ricca antologia della sua produzione divisa in due parti: una prima sezione dedicata alle poesie in napoletano e una seconda parte sotto il titolo di “Brividi di ricordi” che si compone di poesie in italiano e prose. Solo negli ultimi anni anche i concorsi letterari stanno mostrando un certo interesse nei confronti della letteratura in dialetto. Quanto è importante secondo lei la poesia in vernacolo e perché?

LS: Ho pubblicato quest’opera spinto dalla collaborazione grafica di Gioia e Francesco. Negli anni ‘70 ho partecipato a molti concorsi di poesia napoletana classificandomi spesso al primo posto. Per me la parlata della città, o paese, di nascita è molto importante, sono però del parere che la napoletana è una lingua e non si può classificare come dialettale per il semplice motivo che si parla un po’ in tutto il mondo grazie al fenomeno emigratorio iniziato nei primi anni del secolo scorso. Non dimentichiamo poi le canzoni napoletane, come ad esempio “ ‘O sole mio”, che hanno contribuito, in modo determinante e moltissimo alla diffusione del napoletano nel mondo.  

 

 

LS: Dario Bellezza (1944-1996), poeta controverso e osteggiato, fu esponente di spicco di una poesia romana degli anni ’70 caratterizzata dall’irriverenza e dalla trasgressione. Nella sua poesia si ravvisa un certo mal di vivere e una desolazione che deriva dalla pesantezza degli sguardi/opinioni della società su una serie di condotte da lui attuate che per i tempi erano fortemente stigmatizzate (l’omosessualità, la dedizione alla droga). Le presento una sua lirica dal linguaggio particolarmente potente che farebbe pensare a sprazzi di avanguardismo; in realtà Bellezza fu un fenomeno raro nella sua eterogeneità che rende impossibile una qualsiasi collocazione poetica di riferimento. Le chiedo un suo commento su questa lirica intitolata “Andiamo a rubare”[1]:

 

Andiamo a rubare: il furto si addice a un poeta!
Nessuno veramente sa che cosa sia, intero,
un poeta! Un grande sapiente o veggente?
Magari! O soltanto un criminale! Un ladro
di lumi, di vite clandestine vissute
nel silenzio dei giorni tutti uguali.

 

LS: Dario bellezza è morto a 52 anni. Più che poeta io lo considero un verseggiatore, la differenza è abbastanza riscontrabile, non è stato tanto osteggiato per la sua manifesta omosessualità bensì per osannare il suo status, che sarebbe stato più tollerato se vissuto senza enfasi, e lo stesso dicasi per la dedizione alla droga. Comunque alcuni versi sono interessanti anche se non condivisi. Deve anche molto alla sua popolarità per alcune trasmissioni televisive che lo hanno fatto conoscere  al grande pubblico.

 

 

LS: Il giovane poeta svizzero Oliver Scharpf[2] in uno dei suoi uppercut presenti in una recente opera antologica dal titolo Di soglia in soglia[3] sulla poesia si esprime in modo innovativo e dissacratorio:

 

non se ne può più della poesia
ma anche della poesia autentica
se è per questo
non si può più fare della poesia, con la poesia
basta con i libri di poesia
se proprio si vuole
allora deve essere qualcosa che si avvicini
a un nome scritto sull’inguine di una spiaggia
un attimo prima che la lingua di spuma
lo lecchi via.

 

LS: Come spesso accade ad alcuni giovani la volontà di farsi comunque conoscere li porta fuori dai canoni  e purtroppo non sempre in maniera brillante e razionale. Più che in modo innovativo io direi molto dissacratorio è il suo modo di esprimersi e di porsi, basta leggere l’inutilità contenutistica degli ultimi versi, ritiene vano scrivere poesie ma se proprio qualcuno volesse continuare a farlo, ma intento lui lo fa,  scriva ciò che pensa su una spiaggia così il mare lo porterà subito via, ma allora caro Oliver Scharp, pseudo poeta Svizzero, che cavolo scrivere a fare se ciò che fai viene cancellato dall’onda? Tanto vale che te li tieni nella mente i tuoi pensieri e ti risparmi così di partecipare a premi, vorrei veramente conoscere le motivazioni dei giurati del premio Montale per farmi una ragione, sul premio a lui assegnato nel 1997, e capire quali sono stati i valori di ciò che ha scritto e che messaggio ha lasciato quale orma da seguire…    

 

 

 LS: L’idea di questa intervista è quella di poter diffondere le varie interpretazioni sulla Poesia e in questo percorso ho ritenuto interessante proporre a ciascun poeta alcune liriche di validi poeti contemporanei viventi, ampiamente riconosciuti dalla comunità letteraria e dalla critica per richiedere un proprio commento-interpretazione. La prima poesia che Le propongo è “Un carillon”[4] di Franca Alaimo:

 

Adesso abito uno spazio incenerito
dove ogni cosa è quel che era prima di esistere,
dove si può dire “fonte”, prima che la sua goccia iniziale
le dia il nome che l’inchioda all’acqua.
Là io, non questa me, navigo
come il primo uccello dell’Eden stupito dell’aria
e del mistero delle sue ali.
Ho sempre con me un giocattolo dorato
che è stato il primo dono di Dio:
un carillon di suoni che giorno e notte
mi distrae dal domandargli
com’è che cominciato tutto questo dolore.

 

LS: Indubbiamente in questi bei versi, molto profondi e di alta caratura, vi sono oltre a delle belle immagini poetiche anche qualcosa che suscita nel lettore un desiderio di riflessione su questa nostra condizione umana spesso afflitta ed appesantita da un doloroso bagaglio, il suo interrogativo a Dio è pienamente da me condiviso.  

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 LS: Di seguito, invece, Le propongo una poesia di chiaro intento sociale scritta dal poeta palermitano Emanuele Marcuccio[5] intitolata “L’inquinamento”[6], sulla quale sono a chiederLe un suo commento:

 

Forse, quando l’inquinante
all’aere duro involverà
tutto il suo cielo,
l’umana terra,
unico lustro fra i pianeti,
non potrà più vivere,
non ci sarà più vita:
e il sole non sparmierà
i suoi dardi infocati,
sulle umane genti
la sua collera piomberà;
per il suo agire insensato
le terrestri cose spariranno:
gli animali e le piante.
Sì ché dal nucleo si sprigioneranno
funeste vampe,
ché alla lava dei vulcani
non scemeranno
il funesto errare.

 

LS: Al di là dell’intento sociale, da meditare, vi è però in questi versi arcaici un’apocalittica visione del futuro, un pessimismo senza ombra di speranza, come un tunnel buio dal quale non si uscirà più. Funeste vampe, scrive l’autore, funesto errare, io aggiungo funesti versi. Il poeta anche se vede tutto scuro da qualche parte dovrà pur trovare almeno un barlume di luce, dove c’è l’ombra da qualche parte ci deve essere il sole o viceversa, se vede tutto nero allora vi è qualcosa nel suo “io” che sicuramente non vive in sincronia col resto del mondo.  

 

 

 LS: Nella poesia “Perdonateci”[7] individua l’animo ribelle che contraddistingue o che dovrebbe contraddistinguere il poeta: colui che non ha paura ed osa, colui che non si assoggetta alla norma e spesso “alza la voce”, ma egli è anche l’unico sensibile a cogliere le sottigliezze della realtà che lo circonda per costruire sogni e svelarli al lettore. Lei scrive, infatti:

 
Che razza strana
siamo noi poeti
specie che spesso va
controcorrente
volando verso cieli tersi
liberi
perdonateci
per questo nostro osare.

 

Perché il poeta sente il bisogno di inginocchiarsi e chiedere perdono per questo suo fare-osare che lo contraddistingue dalla massa? Perché parlando con il cuore in mano si finisce per dire la verità, anche quando essa può nuocere o infastidire?

 

LS: Il poeta resta sempre, e comunque, un po’ bambino anche se arriva ad un’età avanzata, purtroppo chi non ama la poesia, o addirittura la ignora, non potrà mai capire il dramma esistenziale che spesso è dentro a chi scrive, per fare un elementare paragone è come chi vive sempre in ottima salute non riesce a capire né a compenetrarsi, MAI, nelle sofferenze d’un malato. La corrente dell’umanità è sempre andata, e viaggia, alla conquista del denaro e della vita facile ed agiata. Ecco perché il poeta va spesso controcorrente, lui non scrive per denaro, mi riferisco alla quasi totalità, bensì per esternare i propri sentimenti d’amore, di voglia di serenità, di malessere, di dolore, e dunque è chiaro che non ha paura di ciò che possono pensare gli altri ed allora osa, chiedendo però perdono se magari questo suo modus operandi non è parzialmente o totalmente condiviso.   

 

 

 LS: Lei figura come membro di giuria nel Premio di Poesia “L’arte in versi” giunto quest’anno alla seconda edizione. Trovandosi a leggere e a valutare molti testi poetici e avendo quindi una panoramica generale delle varie tendenze ed espressioni poetiche, che cosa ne pensa del livello qualitativo della poesia che oggigiorno circola? Essere un poeta significa semplicemente scrivere un testo in versi?

LS: Ho letto e valutato centinaia di poesie anche in questo concorso. A parte poche eccezioni la maggior parte degli elaborati erano monotematici e presentavano rarissime originalità sia di stesura che contenutistiche. Chi scrive un testo poetico, a mio avviso, non può certamente essere considerato un poeta, non basta conoscere la metrica o mettere una parola sull’altra, che abbia o meno sonorità per potere essere considerato un poeta. La poesia è un’elevazione, è qualcosa che deve, una volta scritta, coinvolgere i fruitori, i recensori i quali se saranno colpiti emotivamente dai contenuti e dalla forma allora potranno apprezzarne e determinarne la validità. E’ seminare poesia che sarà poi raccolta come spunto per i posteri,  in mancanza vi è non solo  il vuoto assoluto ma assenza completa d’arte poetica.     

 

 

 LS: La città partenopea e la Campania in generale hanno dato i natali ad altri indiscussi poeti della seconda metà del Novecento e della nostra contemporaneità tra cui Ugo Piscopo, Antonio Spagnuolo, Tina Piccolo ed altri. E’ in contatto con alcuni di essi o con altri da me non citati e quanto è importante secondo Lei la collaborazione tra artisti?

LS: Conosco Ugo Piscopo di nome, con Antonio Spagnuolo vi è stato qualche volta, uno scambio di messaggi via e-mail. Con Tina Piccolo ho collaborato una sola volta essendo stato chiamato ad esprimere un mio giudizio su un concorso, da lei bandito, sulla poesia napoletana. Confesso che non credo nelle scuole di poesie, nessuna scuola potrà mai insegnare i sentimenti da esternare, potrà magari suggerire delle forme, più o meno innovative, ma io resto consolidato nella  mia opinione sull’unicità delle caratteristiche poetiche individuali e non credo nelle collaborazioni. Ben diverso è invece un testo musicale laddove sono spesso accettati dei coautori perché più idee potranno senz’altro migliorare il prodotto, rendendolo magari più  popolare, ma questo è naturalmente tutto un altro discorso.          

 

 

Napoli, 11 Luglio 2013

 

 

 

[1] Dario Bellezza, Poesie 1971-1996, Milano, Mondadori, 2002.

[2]Oliver Scharpf è nato a Lugano nel 1977. Premio Montale nel 1997 per le poesie inedite, poi pubblicate nell’antologia del premio da Scheiwiller. Diploma in scrittura drammaturgica alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano. Ha scritto tre libri. Collabora con una rubrica bimensile per il settimanale Azione.

[3] AA.VV., Di soglia in soglia. Venti nuovi poeti della Svizzera italiana, a cura di Raffaella Castagnola e Luca Cignetti, Lugano / Lusone, Biblioteca Comunale di Lugano / Edizioni Le ricerche, 2008, p. 135.

[4] Franca Alaimo, La Recherche, 31-10-2011.

[5]Emanuele Marcuccio è nato a Palermo nel 1974. Ha pubblicato la raccolta di poesie Per una strada (SBC Edizioni, 2009) e di aforismi Pensieri minimi e massime, (Photocity Edizioni, 2012). Ha curato l’antologia poetica Diphtycha. Anche questo foglio di vetro impazzito c’ispira (Photocity Edizioni, 2013). Dal 1990 sta scrivendo un dramma epico in versi liberi, ambientato al tempo della colonizzazione dell’Islanda. Collabora alla rivista di letteratura online Euterpe; ha curato prefazioni a sillogi poetiche e varie interviste ad autori emergenti ed è consigliere onorario del sito “poesiaevita.com”. Partecipa a concorsi letterari di poesia ottenendo buone attestazioni e la segnalazione delle sue opere in varie antologie. E’ membro di giuria nel Premio di Poesia “L’arte in versi”.

[6] Emanuele Marcuccio, Per una strada, Ravenna, SBC, 2009, p. 14.

[7] Luciano Somma, Da Napoli con amore, Pozzuoli (NA), Photocity, 2013, p. 51.