“Una luce perenne contro l’oscurità”. Il saggio-traduzione di Franca Canapini sul celebre discorso lorchiano sui libri del 1931

La poetessa e scrittrice toscana Franca Canapini ha recentemente pubblicato, per i tipi di Helicon di Arezzo, un importante lavoro letterario tra poesia, traduzione e saggio. Si tratta della rilettura commentata, oltre che della traduzione, del celebre testo del poeta Federico García Lorca (1898-1936) letto nel settembre 1931 all’atto dell’inaugurazione della Biblioteca Pubblica di Fuente Vaqueros, suo luogo natale, nei dintorni di Granada.

L’opera, che ho avuto il piacere e l’onore di poter leggere in anteprima e in progress durante il suo sviluppo e che mi ha dato la possibilità di stilare la prefazione, è uno studio attento e meticoloso, ricco di riflessioni della Nostra sul mondo dei libri, dell’importanza della cultura e della comunicazione a partire dalla alocución del Granadino che, se non è tra i testi maggiormente noti e citati del suo ampio repertorio, merita senz’altro una particolare attenzione.

La Canapini ha individuato nelle varie parti che costituiscono questo brano le parole chiave, i punti cruciali di svolta del pensiero lorchiano e, mediante una fertile attività esegetica e interpretativa, ne ha costruito un libro in cui non solo legge l’autore spagnolo – nel contesto della guerra civile che l’avrebbe visto, indirettamente, coinvolto e una delle più celebri vittime – ma lo rilegge in relazione al contesto odierno, alla società globalizzata nella quale viviamo. La nuova contestualizzazione dell’opera nello scenario odierno è funzionale a far emergere in maniera ancor più decisiva i temi fondanti del discorso lorchiano. Puntuali note a piè di pagina forniscono ulteriori approfondimenti su date, momenti decisivi o persone – tra amici e intellettuali – con le quali Lorca fu in contatto ma anche – in un’ottica più ampia e generale – a tutta la storia della scrittura (che è storia della civiltà) passando attraverso le fasi della trasmissione del libro nelle sue varie forme, all’editoria come scienza e soffermandosi anche sul valore del libro come oggetto prezioso, per contenuti ma anche per fattura e tradizione.

La scomposizione del testo di Lorca in vari capitoli facilita questo lavoro di studio e lettura di Franca Canapini dei tanti elementi degni di essere presi in esame, approfonditi, sviscerati[1]. La successione delle varie parti, con la traduzione in italiano (importante il supporto e la supervisione dell’argentina Cecilia Casau in questo) e il relativo commento, sono di particolare utilità anche per chi non ha padronanza della lingua spagnola e potrà, in tal modo, usufruire di un mezzo molto efficace, preciso, attento a ogni approccio. Non di minore importanza è la scelta dell’apparato fotografico che correda in maniera proporzionata e visivamente adeguata la componente testuale. Tra le immagini uno scatto del 1914 di un giovanissimo Lorca in compagnia dell’amata sorella Isabel (1909-2002) mentre le insegna a leggere ma anche uno scatto del 1976, nel quarantennale dell’uccisione del poeta, per il primo evento-omaggio Cinco a las cinco (che da allora annualmente si tiene in sua memoria) a Fuente Vaqueros. Nella prima fila, del foltissimo pubblico presente all’aperto (6.000 persone, riportano le cronache) di questo spettacolo corale (uno dei primi eventi pubblici in cui fu possibile partecipare ed esprimersi con la riappropriata libertà dopo il buio della dittatura), si distingue l’allora sessantasettenne sorella Isabel al centro e poco lontano, alla sua destra, probabilmente Antonina Rodrigo, l’unica donna della “Commissione dei 33” che organizzò l’evento celebrativo.

Particolarmente rilevanti risultano, tra i tanti, i capitoli 6 e 7 dell’opera che contengono lo studio di quelle parti di testo di Lorca forse più note e da Canapini contraddistinti con i titoli che richiamano le sue stesse parole “Non solo di pane vive l’uomo” e “Libri! Libri! Orizzonti, scale per salire sulla vetta dello spirito e del cuore”.

Lo scritto di Lorca, mediante la circumnavigazione delle vicende dell’oggetto-libro, è una storia condensata della cultura dell’uomo, delle vicende proto-editoriali che hanno contraddistinto l’evoluzione delle tecniche di stampa, nella convinzione che il libro sia un potente fattore di conoscenza, cultura e di socialità, ben al di là della mera erudizione. Ed ecco perché il tono impiegato dallo spagnolo è quello di un oratore lieto e soddisfatto: con la fondazione della Biblioteca non si prende parte a una cerimonia istituzionale ma a una festa collettiva, un momento di felice condivisione tra chi (come lui che tanto lesse e altrettanto scrisse) ama i libri e ne difende l’importanza. Riconosce e consacra la libertà del singolo e delle masse.  La tutela e la promozione del libro, in qualsiasi modo si realizzino, attengono a un fenomeno di spiccata rilevanza poiché garantisce “unica salvezza dei popoli”. Libertà d’espressione e riconoscimento di diritti che di lì a poco sarebbero stati duramente messi al bando dall’oppressione fascista nel duro conflitto civile (1936-1939) e poi del dominio dittatoriale franchista (1936-1975) che, come ogni dittatura, introdusse una dura attività di censura preventiva e organizzò indici di libri proibiti.

Il capitolo che chiude l’opera, il ventottesimo, contiene l’estremo omaggio di Lorca in difesa di quel mondo di libertà e di conoscenza per il quale sempre si impegnò nel corso della sua breve vita e ha la forma anche di un riconoscimento verso coloro che, a vario titolo, hanno difeso nel corso del tempo le medesime libertà. Qui troviamo, in un climax lirico che non può rimanere inavvertito, il senso compiuto dell’intera alocución che è e permane, in fondo, il suo testamento universale:

E un saluto a tutti. Ai vivi e ai morti, giacché vivi e morti compongono un paese. Ai vivi per augurargli felicità e ai morti per ricordarli con affetto perché rappresentano la tradizione del popolo e perché è grazie a loro se siamo tutti qui. Che questa biblioteca doni pace, inquietudine spirituale e allegria a questo paese e non dimenticate questo bellissimo detto che scrisse un critico francese del secolo XIX: Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei”.

Lorenzo Spurio

Matera, 05/04/2025

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L’autrice

Franca Canapini è nata a Chianciano Terme (SI), risiede ad Arezzo dal 1975. Laureata in Materie Letterarie presso l’Università degli Studi di Perugia, è stata docente di Lettere nella Scuola Secondaria di primo grado. Ha pubblicato nove raccolte di poesia: Stagioni sovrapposte e confuse (2010), Tra i solstizi (2011), Il senso del sempre (2013), Viaggio nella poesia (2014), Gente in cammino (2014), La bellezza tragica del mondo (2016), Semi nudi (2021), Haiku per un anno (2022), Misteri d’amore – Poema ispirato al Simposio di Platone (20249. Al suo attivo ha anche un romanzo (Un giorno, la vita, 2017) una raccolta di favole (Favolette per grandi e per piccini, 2017), un romanzo breve (Melina – Una storia surreale, 2019) e un racconto di memorie (Dal fondo – I miei primi dieci anni, 2019). Ha ricevuto premi e riconoscimenti per la sua opera poetica e narrativa. Per la saggistica ha pubblicato: Una luce perenne contro l’oscurità. Alocución al pueblo de Fuente Vaqueros di Federico García Lorca (2025). È stata Consigliere e Vice Presidente dell’Associazione degli Scrittori Aretini “Tagete” dal 2013 al 2023, nonché membro di giuria in alcuni premi letterari.


[1] L’autrice ha dedicato anche un interessante articolo a questo libro di Lorca focalizzando l’attenzione sull’importanza della lettura come “buona pratica”: Franca Canapini, “Dalla Alocución al pueblo di Fuente Vaqueros di Federico Garcia Lorca del 1931 alla necessità odierna di creare una consuetudine con il libro, «La casa del vento», 16/03/2025, Link: https://tinyurl.com/ypz3a8jz (Sito consultato il 05/04/2025).


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The King’s Speech (Il discorso del re)

 

Il film The King’s Speech (Il discorso del re), recentemente uscito nelle sale italiane (regia di Tom Hooper, paese: Regno Unito/Australia) pone al centro della sua trama un aspetto poco conosciuto o che la storiografia tende a tralasciare. Ci narra la vita di re Giorgio VI d’Inghilterra non in termini cronachistici e biografici, nel senso che non ci descrive le diverse fasi della sua vita (infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia) ma si focalizza su un suo difetto di pronuncia, le balbuzie, che, una volta diventato re, lo mise di fronte a problemi molto importanti: l’impossibilità di comunicare degnamente alla nazione e la conseguente cattiva immagine del regnante agli occhi del suo popolo come “re debole” o addirittura “re silente”.

Le immagini che seguono si riferiscono a scene tratte dal film.

1. Re Giorgio VI

Il principe Albert (1895-1952) era il secondogenito di Re Giorgio V d’Inghilterra (1865-1936) e della Regina Mary di Teck (1867-1953). Come secondogenito del sovrano a Giorgio (soprannominato Bertie in famiglia[1]), venne affidato il titolo di Duca di York. Suo fratello maggiore, invece, il principe Edoardo (1894-1972) in qualità di principe ereditario ottenne il titolo di Principe di Galles.

Alla morte di Re Giorgio V, nel 1936, il regno passò al suo primogenito, il principe Edoardo, che venne incoronato come Re Edoardo VIII. Tuttavia la personalità del monarca fu molto discussa: non aveva ancora una moglie e questo non era una buona garanzia per il futuro della monarchia. Oltretutto era accompagnato con una signora americana, Wallis Simpson (1895-1986)[2], la quale aveva alle spalle due divorzi. La relazione era malvista dalla corte e addirittura dal popolo inglese. Alla fine re Edoardo VII dovette fare una scelta tra amore e trono e scelse di abdicare a favore di suo fratello. Nello stesso anno, al trono salì il principe Albert che, per dare una certa linea di continuità con il padre, assunse il nome di Re Giorgio VI.

Non ci interessa far riferimento alla vita familiare del re e alle sue azioni diplomatiche, basterà ricordare che il re prese direttamente voce all’interno dello scenario della seconda guerra mondiale, dichiarando, con il discorso del 1936, l’entrata in guerra degli inglesi contro il nazifascismo. Va inoltre ricordato che Re Giorgio VI si sposò con la contessa Elizabeth Bowes-Lyon (1900-2002) che con la sua unione divenne la Regina Elisabetta. Siamo soliti ricordarla come la Queen Mum, la Regina Madre, scomparsa nel 2002 alla veneranda età di 102 anni. L’attuale regina Elisabetta II non è che la figlia di Re Giorgio VI e della Regina Madre.[3]

2. Il film

Il film si apre nel 1925 con un discorso scritto dal re padre che il principe Albert sta leggendo per la chiusura dell’Empire Exhibition al Wembley Stadium di Londra. Il principe è impacciato, affaticato e soffre di balbuzie. Non riesce a leggere in maniera sciolta il discorso, che risulta essere asfittico e intermittente. La nazione apprende della deficienza del figlio del re.

L’intero film affronta i vari tentativi del logopedista Lionel Logue[4] nel cercare di migliorare le balbuzie del principe, facendogli fare ogni sorta di esercizi linguistici e fisici. Inizialmente queste prove non sembrano dare gli esiti sperati e il principe è deluso dall’ennesima terapia. Con un lavoro molto rigoroso e continuo il dottor Logue riuscirà a far forza sui problemi del principe e, pur non riuscendo a risolverne completamente le sue balbuzie, riesce a migliorare il suo disturbo. Il film non sembra darci risposte precise alle origini del disturbo del principe ma allude a varie cause: l’atteggiamento severo del re padre e la predilezione della tata per suo fratello.

Il film si basa dunque su una serie di sedute a cui il principe si sottopone ma non manca di rappresentare anche i momenti più cari alla nazione inglese: la morte di Re Giorgio V, l’intronizzazione del fratello, il Re Edoardo VIII e la sua abdicazione, fino all’intronizzazione del principe che diviene Re Giorgio VI.

Il film si conclude con il discorso che il re fa alla nazione in occasione dell’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania hitleriana. Dopo un’iniziale titubanza verbale il nuovo re riesce a leggere il suo discorso senza intoppi. E’ il segno che il lavoro del dottore Logue è andato a buon fine.

A conclusione del film, alcune frasi esplicative ricordano che da quel momento il dottor Logue fu sempre presente con il Re nei momenti dei discorsi alla nazione, che i due divennero grandi amici e che il Re lo nominò cavaliere del regno.

3. I discorsi del re

Sebbene il titolo del film faccia riferimento al “discorso del re” in realtà nel corso della storia i discorsi del re sono molti. Il titolo sottolinea ed enfatizza l’ultimo discorso del re, quello felice, quello in cui le balbuzie sembrano averlo abbandonato, che viene fatto nel 1939, in occasione dell’entrata in guerra dell’Inghilterra. Se decidiamo di leggere il film sulla base dei vari speeches ne possiamo analizzare molteplici: il discorso iniziale del principe Albert per celebrare la chiusura dell’ Empire Exhibition, i vari discorsi (o meglio, conversazioni) che il principe, inizialmente riluttante, scambia con il dottore, i discorsi con la sua famiglia (con l’anziano re padre, con il fratello libertino e con l’amorevole moglie), il discorso della cerimonia dell’intronizzazione nella cattedrale di Westminster (che tuttavia non viene riportato nel film) sino all’ultimo discorso, quello dell’entrata in guerra dell’Inghilterra. La vita di re Giorgio VI viene mostrata in questo film attraverso una serie di discorsi, attraverso un processo di riacquisto dell’indipendenza linguistica. La riabilitazione linguistica sotto questo punto di vista viene a significare che il re ha completamente accettato e si è impossessato del ruolo che deve ricoprire.

Un film interessante, che investiga un aspetto curioso e di debolezza di un grande della storia inglese. La morale che ne possiamo trarre è che, chiaramente, anche un re può soffrire di disturbi e avere deficienze. Non gli è tollerato però mostrarle in pubblico e deve necessariamente combatterle. La concezione dei due corpi del re di Ernst Kantorowicz[5] (il corpo fisico, mortale, deperibile e comune a tutti i mortali e il corpo regale, unto dal balsamo di Dio) ci suggerisce proprio che il re è un mortale come tutti noi, che soffre debolezze e mancanze anche se l’aurea di regalità ce lo fa immaginare divino, prescelto da Dio e superiore ai comuni mortali.

 

LORENZO SPURIO

10-02-2011

 


[1] Era diffusa al tempo l’attitudine di impiegare soprannomi per i membri della famiglia reale che però venivano utilizzati solo all’interno dell’ambito familiare. La principessa Elisabetta, attuale regina, era Lillibet, mentre sua sorella, la principessa Margaret era Margot.

[2] Wallis Simpson fu un personaggio chiaramente in rotta contro la casa reale: non aristocratica, con due divorzi alle spalle, dalla condotta eccentrica e dispendiosa e addirittura vicina ai regimi nazisti.

[3] Nel film la moglie del re è una presenza costante. E’ continuamente al fianco del marito, condivide con lui il suo problema e la sua sofferenza e gioisce al termine della storia quando capisce che suo marito ha vinto la battaglia. Nel film ci sono varie scene che riguardano anche le due figlie della coppia, le principesse Elisabetta e Margaret.

[4] Il logopedista Lionel Logue (1880-1953) fu un medico di origini australiane che visse a Londra. Sebbene nel film la terapia del dottor Logue inizi in un periodo prossimo al 1936 ossia alla morte di Re Giorgio V, nella realtà, il principe Albert fu in cura da lui dal 1926. Per quanto concerne le conversazioni tra il dottore e il principe Albert, la descrizione delle loro sedute e gli esercizi che Logue faceva fare al principe, il film si basa su fonti storiche molto attendibili: il libro che Mark, nipote di Logue, scrisse assieme a Peter Conradi sul rapporto tra suo nonno e il monarca: The King’s Speech: How One Man Saved the British Monarchy.

[5] Ernest Kantorowicz, The King’s Two Bodies. A Study in Mediaeval Political Theology, Princeton, Princeton University Press, 1957.

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