ORESTE A ELETTRA[1]
DI EMANUELE MARCUCCIO
Oh quale dolore provasti
per la tua
trista sorte:
reietta, percossa, disprezzata!
Ma ora,
felicità insperata
giunge
alle tue pupille stanche:
tuo fratello,
creduto morto,
giunto è alfine
a liberarti,
ad abbracciarti,
dolce sorella;
quanto hai sofferto…
aspra guerra…
quale battaglia…
fosti risoluta!
Come montagna
che giammai trema
sotto le sferze del ciclone,
come cascata,
che vasta
erompe precipite,
non t’arrestasti!
Pronta eri
anche a morire,
cara sorella…
pronti erano
a seppellirti viva,
pur di
serrarti la bocca…
una bocca che nacque
ad indorare baci
quando sposa…
casta fanciulla,
ambra di rose…
non soffrir più…
riposa
sul mio cuor…
non soffrir più…
non soffrir più…
[1] Ispirato da un episodio dell’Elettra di Sofocle. Scritta il 9 ottobre 1996, poi edita in Emanuele Marcucio, Per una strada, SBC, 2009, pp.72-73, viene presentata in una seconda versione riveduta del 4 dicembre 2016. [N.d.A.]