“Dolce al soffio di De André” di Gioia Lomasti, la nuova edizione

Gioia Lomasti  presenta la sua nuova Opera  Dolce al soffio di De André di Gioia Lomasti – Riedizione Ottobre 2012 Rupe Mutevole Edizioni

COMUNICATO STAMPA

 
Si inaugura la riedizione di “Dolce al soffio” di Gioia Lomasti, al Milano Book Fair – Ottobre 2012, opera poetica dedicata al cantautore Fabrizio De André ed ispirata alle sue canzoni, che ne sottolinea i passaggi in tintura e in vernissage particolari, provocazioni al piatto sentimento che si concretizzano nella Poiesis, nella costruzione della Femina Faber, la Lomasti, appunto, che assurge fra distici, terzine edenjambement, concretizzando il sogno di De André in quella “Direzione ostinata e contraria“, seppur restando nella propria sublimità di una quasi impercezione. Non siamo di fronte ad un esercizio di metrica, ma è interessante il verso nell’abituare il lettore al canto intimato, mai forzato eppur scorrevole e ritmico.

Un must per gli amanti del Cantautorpoeta e per chi ha piacere nella lettura della poesia di valore.

Ad impreziosire ulteriormente questa seconda ristampa, partecipano Stephen Alcorn per la concessione delle linoleografie in copertina e all’interno libro, Norman Zoia, paroliere/coautore di Pino Scotto e dei Vanadium, Mariano Brustio, memoria storica del Faber, il giornalista e critico Alessandro Spadoni, Alessandro D’AngeloMarco Nuzzo e Marcello Lombardo per la Direzione d’opera.

L’opera include la bibliografia dell’autrice a cura di Emanuele Marcuccio, la biografia curata da Marcello Lombardo e la sezione progetti a cura di Francesco Arena.

Dolce al soffio di De André Opera edita da Rupe Mutevole edizioni, e’ inserita nella collana Sopralerighe diretta da Gioia Lomasti.

Di Marco Nuzzo e Marcello Lombardo

 

DALLA PREFAZIONE

La poesia è liberazione dell’anima, capacità di andare oltre il reale per raggiungere quell’indefinita sfera del nostro essere che è l’inconscio. È un’operazione complessa, autentica, inimitabile se condotta con l’unico fine di comprendere l’umanità nascosta in ciascuno di noi e quelle spinte interiori che ci muovono e ci rendono unici e irripetibili. È un viaggio difficile, mai sicuro, e che non sempre paga. Molti sono coloro che si sono perduti o hanno preferito rinunciare e affidarsi al tecnicismo modaiolo che oggi imperversa in ogni ambito della cultura. Pochi hanno tenuto duro con costanza e abnegazione raggiungendo il cuore più profondo del “fare poesia”. Non c’è alcuna ricompensa, se non quella di aver tentato di dare un senso alle dinamiche oscure che ci circondano, di aver messo in luce quel sublime assurdo impasto di passioni, istinti, egoismi che identificano la nostra anima. In questo Gioia Lomasti è certamente una navigatrice esperta che ha saputo unire alla melodia del verso la più profonda capacità di muoversi attraverso i gorghi dei sentimenti umani per renderli manifesti al lettore nella loro drammaticità e intensità. L’impegno della poetessa ravennate va oltre il compiacimento estetico della parola e si concentra su quella musicalità dolente e densa di significato che affonda le sue radici nella più genuina e spontanea espressione delle problematiche umane. A questo si unisce la riflessione sulla lezione del grande cantautore Fabrizio De André che ha non solo influenzato la prosa metrica della Lomasti, ma ha anche definito l’ossatura di un pensiero poetico che si è sviluppato e concretizzato nella sua profondità di intenzione e ragionamento. Lungo il delicato fraseggio della sua poetica si scorge la “delicatezza” di un’anima che intende andare incontro all’altro, comprenderlo, amarlo. Nessun giudizio, nessuna pretesa di imporre una propria visione dell’esistenza che è sempre particolare, soggettiva, imperfetta, ma un autentico desiderio di far nascere nel lettore passioni inaspettate che le mettano in condizioni di riflettere sul proprio agire quotidiano, sui propri errori e di porvi in qualche modo rimedio. In questa azione “maieutica” di rimessa in discussione delle proprie certezze fa da sponda una padronanza assoluta del linguaggio metrico, della parola evocativa che scardina i sigilli dei nostri segreti per arrivare al nocciolo della nostra esistenza, del nostro “esserci qui ed ora” con tutte le fragilità, le differenze, le debolezze che ci caratterizzano e ci rendono così meravigliosamente umani. La lettura è diretta, rapida, ma, al tempo stesso, di sconvolgente complessità in modo tale che nulla è dato per scontato e il significato va recuperato solo al termine della lettura. Un libro che non va soltanto letto, ma afferrato nella sua autenticità, nella sua bellezza, nella sua sensibile emotività.

A cura di Alessandro Spadoni
Giornalista e critico letterario

 

 

DIRITTI IMMAGINI LINOLEOGRAFICHE

STEPHEN ALCORN

©2012 THE ALCORN STUDIO & GALLERY

www.alcorngallery.com

 

Gioia Lomasti nasce nel luglio 1973 a Ravenna dove vive e lavora in ambito culturale Promotrice di scrittura.
Redazione e rassegna stampa presso vetrinadelleemozioni.blogspot.com, direzione di collane editoriali dedite alla poesia-prosa-narrativa, direzione di antologie AA.VV. Coordina assieme a Marcello Lombardo e al suo Staff di collaboratori il sito vetrinadelleemozioni.com quale canale per un supporto di promozione artistica dedita agli autori. Cura centinaia di pagine nel web e su Facebook ponendo in risalto autori emergenti di talento. Opera nel sociale, crede nel valore dell’amicizia, fonte di vita e condivisione.

Link di riferimento: www.poesiaevita.com

 

Info ordini info@vetrinadelleemozioni.com
Quest’opera sarà immagine d’impegno per la realizzazione di progetti benefici

Intervista a Mario Fiori a cura di Max Dakota

 Gioia Lomasti mi trasmette questa intervista al cantautore Mario Fiori “Suonatore Faber” fatta da Mak Dakota, permettendomi di pubblicarla e divulgarla:

-Quando hai scoperto di avere qualità artistiche?

Mah, in realtà sono gli altri ad attribuirmi tali qualità, diciamo che fin dalla prima adolescenza coltivai la passione di mettere parole in rima e poi giocare con esse. La grande svolta arrivò in seguito quando alle rime cominciai ad unire quei quattro accordi di chitarra come accompagnamento, quello fu il momento in cui realizzai che la canzone era la forma d’espressione che più mi si addiceva, per essere più pratici il mio primo brano fu scritto a dodici anni.

-C’è stato qualche motivo importante che ti ha mosso in questa direzione?


Sicuramente la voglia di dire, sono un inguaribile logorroico ed egocentrico, tutte qualità che servono a chi decide di intraprendere questa strada. Francesco Guccini in una sua canzone disse “…che sempre l’ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte”  quindi amo combattere l’ignoranza raccontando quel poco che so sul mondo e sulla vita non sono un professore anzi tutt’altro, sono dell’idea che un libro, un dipinto, una poesia o una canzone possano insegnare molto di più di un vecchio signore in camicia e cravatta seduto dietro una cattedra.
-Secondo te, che significato ha la musica?
La musica è il linguaggio più antico e universale del mondo, la musica è un filo di seta che unisce tutte le persone che in quel momento ascoltano quelle note, poi la musica sa accompagnare ogni nostro stato d’animo è camaleontica, cioè basta sposta una “terza ” di un semitono avanti o indietro per ottenere un accordo dalle sonorità allegre o totalmente tristi, la musica è come dicevo prima anche un grandissimo mezzo d’informazione tantissime sono le iniziative che hanno visto artisti musicali donare le proprie note per fini lodevoli, io non credo che la musica possa cambiare questo mondo, credo piuttosto che la musica possa smuovere le coscienze di chi può cambiarlo. Poi in termini molto più personali ed egoistici posso semplicemente dire che per me la musica è la mia vita.
-Immaginando di descrivere la tua arte in parole semplici, comprensibili a tutti, come la definiresti?

Amichevole, Familiare…
Quando ho tempo, minimo due volte al giorno prendo la chitarra e suono… canzoni mie cover… suono di tutto perché ne sento il bisogno,così come sento il bisogno di mettermi le cuffie e ascoltare musica minimo 5 volte al giorno. Fino ad ora il mio pubblico è composto da amici genitori e il mio gatto ma se un giorno avrò il piacere di vedere molti più visi davanti a me il mio rapporto con loro non cambierebbe, alla fine solo qua semplicemente a raccontare storie, con un ipotetico camino acceso e del buon vino rosso.
-Qualcuno pensa che fare il mestiere di artista sia una strada da “fannulloni”che non porta a nulla, secondo te?
Di fannulloni nel nostro paese ce ne sono tanti,il problema è che prendono migliaia di euro al mese per dormire in comode poltrone nei palazzi del centro di Roma. A parte gli scherzi, la vita di un artista non è semplice, sei spesso lontano da casa e dai tuoi cari ma alla fine questo passa quasi in secondo piano se comunque c’è la passione.  Ogni tanto penso che un poeta un cantautore ecc vendono parole e nulla più, quindi mi sembrerebbe quasi di rubare, ma poi ripenso a tutte le volte che le frasi alcuni grandissimi artisti mi hanno dato la forza di uscire da momenti neri e li capisco che i soldi per l’arte son soldi benedetti.
-Le conoscenze in questo campo sono indispensabili per emergere? 

Purtroppo si, la meritocrazia in questo paese ormai è svanita. Io sono nato nel 1990 quindi tardi, ma negli anni 70 a Roma c’èra il folk studio dal quale poi sono usciti artisti del calibro di Venditti De Gregori, Rino Gaetano ecc. Il folk studio riservava uno o due giorni a settimana all’ascolto dei nuovi artisti cosa che oggi non avviene più. Il problema è dovuto anche ai tantissimi “talent show” che spopolano in giro, prima il cantante cantautore ecc non era quasi considerato un mestiere serio, quindi solamente chi lo sentiva dentro provava a farlo. Oggi ci provano tutti quelli che vogliono avere visibilità, a loro non importa se le canzoni vengono scritte da altri o addirittura se cantano in playback. Purtroppo qui non si parla quasi più di arte ma di mercato. C’è tantissima offerta e la domanda è solo di un certo tipo e di conseguenza chi ha grandi qualità ma poca commerciabilità viene tagliato fuori. Mentre chi ha il simbolo del dollaro al posto delle pupille tramite conoscenze va a fare un mestiere che non è il suo, rubando all’artista il posto di lavoro.
-E’ cambiato qualcosa nel tuo mondo, interiormente?
E’ cambiato moltissimo, sono successe molte cose in questi mesi che mi hanno trattenuto nel fondo di un mare nero come il petrolio. Vivo una situazione molto difficile, la mia malattia, quella dei miei,il fatto di rischiare la casa, ma la botta più brutta che ho avuto è stata la morte di nonna. Ho vissuto con le per 18 anni circa, ed è stata la persona che sempre e comunque ha creduto in me. Sono diventato un po’ più forte forse, ma ho anche capito di quanto possa fare schifo a volte quella bestia che chiamiamo uomo… ho provato sulla mia pelle la pura cattiveria di un signore di 60 anni che si divertiva a farmi star male… è stata una cosa terrificante… li ho capito di quanto possano far schifo alcune persone.
-Che genere di pubblico ti segue?
Un pubblico di amici. Un pubblico che comunque si rispecchia nelle mie idee e nelle mie rime che con me sorride e piange, spero con le mie canzoni di esser “la voce di nessuno” ovvero di tutte quelle persone che non hanno la forza di urlare e farsi sentire, una sola cosa è certa, non sto con il più forte, sto con chi soffre con chi piange con chi però nonostante i momenti brutti sa imbracciare una chitarra e lasciarsi andare ad una canzone per citare Faber potrei dire che sto con tutta la gente che viaggia “In direzione Ostinata e Contraria”.
-Hai un esempio artistico che apprezzi maggiormente?
Assolutamente si. Ognuno di noi ha dei genitori, ovvero coloro che tramite rapporto sessuale lo hanno messo al mondo ma essere genitori non equivale a essere padri e madri. Io dico sempre che i miei genitori mi hanno dato la bicicletta, ma non mi hanno mai detto ne come pedalare ne che strada seguire, ecco per queste indicazioni ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada tre persone in particolare, Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber e Francesco Guccini. Tre persone simili ma allo stesso tempo differenti. Tre poeti che con le loro parole fuori dal tempo sono riusciti a darmi tanto. Io non ringrazio loro tre per avermi fatto diventare il cantautore che sono oggi li ringrazio invece per aver creato il carattere dell’uomo che sono.
-Faresti della tua arte una professione?
E’ il mio sogno. Come detto prima io amo stare su un palco, amo parlare, ma in questa vita oltre gli ideali ci vuole il pane. Vorrei davvero farlo per mestiere perché credo sia il mestiere più bello del mondo. Non voglio far successo, o meglio voglio fare il mio di successo. Vorrei poter guadagnare quel che mi basta per crearmi una famiglia, e far star bene anche la mia. Comprarmi una casa che sia tutta mia, se un giorno sarò riuscito a raggiungere questi obiettivi potrò dire che i miei giorni li ho vissuti.
-Qual è la migliore qualità in un artista?
Sicuramente L’umiltà. L’artista deve essere umile e non sentirsi mai superiore a colui che osserva la propria arte. Non deve mai sentirsi arrivato,deve sempre cercare un punto più alto deve saper ascoltare, perché spesso il pubblico ha richieste che vanno soddisfatte, ma credo che un artista per definirsi tale debba saper sognare, poi lo dite a me che sono un anarchico… io sono 21 anni che sogno un mondo migliore.
Ti ringrazio Mario per questa intervista.
A cura di Max Dakota
Editing Gioia Lomasti

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“Dolce al soffio di De André” di Gioia Lomasti

Dolce al soffio di De André   di GIOIA LOMASTI

Rupe Mutevole Edizioni, 2009, pp. 143

ISBN: 9788896418321

Recensione di LORENZO SPURIO

Il libro della Lomasti non è solamente una silloge di poesia arricchita da una grande ispirazione cantautoriale, è molto di più. E’ un mosaico di frammenti tessuti assieme, è un riuscitissimo esperimento letterario che coniuga la parola alla nota, la poesia con la musica. Perché, come si evidenzia già dal titolo, la raccolta è fortemente influenzata, anzi addirittura ispirata da un grande della musica italiana, un cantautore la cui fama, come spesso succede per uomini pubblici troppo lungimiranti o fastidiosi, viene riconosciuta solo dopo la morte. Il cantautore è il genovese Fabrizio De André, voce di temi sociali, ingiustizie, guerre. E’ curioso come molti dei titoli delle liriche della Lomasti non siano altro che i titoli di alcune canzoni dell’anarchico cantautore (Cantico dei drogati, Ballata degli impiccati, Bocca di rosa, La guerra di Piero, Preghiera in gennaio,…). Come nelle canzoni del grande Faber, nelle poesie della Lomasti si respira un’atmosfera di malinconia e di velata tristezza associata però a una grande consapevolezza di se stessi e di ciò che ci circonda e a una grande voglia di dire le cose come stanno, senza tanti fronzoli. La mia lettura e analisi delle poesie della Lomasti però ha il difetto di non poter essere troppo approfondita e accurata, come spesso mi piace fare, proprio per la mia scarsa conoscenza del grande cantante, delle sue canzoni e dei suoi temi. Ciò che colpisce dell’intera silloge non è solo come la Lomasti riesca ad omaggiare Faber di un preziosissimo tributo ma a coniugare arti diverse, la poesia e la canzone. Molti testi di canzoni, se ci prendessimo la briga di sviscerarli dalle colonne sonore, dagli arrangiamenti musicali, spesso non sono altro che delle poesie, dei componimenti condensati, allegorici e altamente evocativi, altre volte criptici, chiusi e di difficile comprensione. Ma è vero anche il contrario. La poesia potrebbe essere accompagnata da una melodia più o meno cadenzata, da un arpeggio o qualcosa del genere e gli effetti delle due arti non striderebbero ma creerebbero un connubio sorprendente. E’ ciò che accade con le liriche della Lomasti che scivolano via veloci nella lettura, sfuggenti, come un andamento musicale di alti e bassi mentre altre ondeggiano lievemente, sono più morbide e si adagiano su musiche lente e dall’andamento pressoché uniforme. Le poesie della Lomasti ci fanno danzare, correre, ondulare, muoverci a ritmo. Al termine di ogni lirica si cambia musica, così come Faber cambiava arpeggio a conclusione di ogni canzone.

 Recensione a cura di Lorenzo Spurio

29 Agosto 2011

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