“La metafora del giardino in letteratura” di Lorenzo Spurio e Massimo Acciai, recensione a cura di Anna Maria Folchini-Stabile
di Lorenzo Spurio e Massimo Acciai prefazione a cura di Paolo Ragni
Faligi Editore, 2011 Genere: Saggistica/Critica letteraria ISBN: 978-88-574-1703-5 Costo: 20 € Recensione a cura di Anna Maria Folchini-Stabile
Da sempre la storia dell’ uomo si affianca all’immagine di un giardino meraviglioso, incantato, perduto, segreto, fonte di delizie e di rimpianti.Lorenzo Spurio e Massimo Acciai nel loro saggio intitolato “La metafora del giardino in letteratura” analizzano un certo numero di testi letterari che parlano di giardini descritti nella storia della letteratura.
Non di certo tutti, perché altrimenti l’opera sarebbe stata enciclopedica e non sarebbero state sufficienti le 230 pagine di testo e le 10 di bibliografia.
Ciò che interessa di questo originale lavoro, e’ il modo In cui gli Autori hanno affrontato l’analisi partendo dalla considerazione di come nelle diverse epoche l’uomo occidentale abbia respirato il rapporto con la natura che lo circonda e come abbia vissuto il rapporto con il giardino che diventa l’immagine della natura “addomesticata” e portata vicino al cuore e all’anima a simboleggiare ordine o disordine, sogni o speranze, successi o delusioni.
Nella premessa iniziale Lorenzo Spurio afferma che “<il giardino é> un universo esteso e difficile da indagare … Raccontare i giardini significa cercare di interpretare la vita … La grande abbondanza di riferimenti al giardino in vari romanzi, racconti e poesie ci ha costretto a fare un’ampia cernita…”.
Non ci troviamo, quindi, davanti alla pretesa di enciclopedismo, come precisa Massimo Acciai nella sua postfazione, tipico di altre epoche, ma al desiderio di vedere come, da Adamo ed Eva fino ai giorni nostri, dal giardino dell’Eden, cioè, l’uomo abbia aspirato ad avere un luogo tutto suo e lo abbia descritto, se ne sia sentito parte o se ne sia sentito prigioniero, lo abbia vagheggiato o ne sia fuggito.
La lettura agevole e la scrittura apparentemente leggera sottintendono, invece, un lavoro di analisi e documentazione che spazia nella storia letteraria e testimonia in modo colto quanto nelle opere oggetto di analisi è scritto.
Non è , quindi, un’opera semplice, ma è un’opera di facile consultazione, un florilegio, un grande giardino, appunto, di cui gli Autori sono abili giardinieri.
a cura di Anna Maria Folchini-Stabile
LA PRESENTE RECENSIONE VIENE PUBBLICATA SU QUESTO SPAZIO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE. E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.
Sempre ad Est, di Massimo Acciai
Sempre ad Est di Massimo Acciai
di prossima pubblicazione presso Faligi Editore
Recensione di Lorenzo Spurio[1]
Che cos’è un surypanta? E’ la prima domanda che il lettore del nuovo romanzo di Acciai si fa immergendosi nella lettura. Non ci sono particolareggiate descrizioni di questo tipo di animale, sappiamo che è di piccole dimensioni, che miagola e che trova particolare piacere nell’essere accarezzato sulla testa. Non è un gatto. E’ inutile indagare a quale animale possa avvicinarsi perché stiamo parlando di un romanzo fantastico, quindi in ciascun modo vi figurate questo animale, non avrete sbagliato.
Il romanzo non è altro che la storia della ricerca difficile e disperata dei surypanta che sono stati rubati da un potente mago. L’intera narrazione ci informa delle varie peripezie che l’ “eroe” deve sopportare per riappropriarsi ciò che è suo e in questo andamento non è difficile scorgere il canonico schema proppiano della fiaba. Siamo in grado infatti di individuare almeno sei delle trentuno unità fondamentali dello schema compositivo proppiano[2]: 1. la situazione iniziale ( [i] ), 2. l’allontanamento (e), 3. la partenza (), 4. la presenza del donatore o aiutante magico (D), 5. la lotta (L), 6. la vittoria (V). La conclusione del romanzo non è però affidata alle canoniche funzioni del ritorno dell’eroe nella sua terra (¯) o delle nozze finali (N), ma andiamo per gradi.
Il recente romanzo di Acciai, Sempre ad est, è una narrazione affascinante che ci fa viaggiare attraverso terre intricate ed oscure, ricche di mistero e sulle quali domina la magia nera di un potente mago noto come il Raccoglitore. Per sfidare questo potente wizard che con le sue doti oscure è riuscito a rubare tutti i surypanta della zona ci vengono narrate le gesta di Hynreck che, più che un valoroso guerriero, ci viene presentato come un viandante sfortunato, inetto e particolarmente istintivo, «una di quelle persone che si arrabbiano due volte la seconda per essersi arrabbiati» (53). Nella sua vorticosa ricerca del suo surypanta Saj, Hynreck è accompagnato dal cavallo Frumgar che, diversamente da quanto ci si aspetterebbe, non è un cavallo parlante.
L’impresa particolarmente ardua prenderà una piega diversa nel momento in cui Hynreck incontrerà Sara, una ragazza che è stata appena depredata del suo esemplare di surypanta. L’iniziale divinazione del mago buono Sering e la conoscenza degli oracoli da parte di Sara permetterà alla coppia fortuita di trovare la fortezza dove risiede il potente mago Raccoglitore. Così Hynreck, Sara e Linda, un’altra donna che Hynreck inizialmente credeva implicata nel furto dei surypanta, si imbarcano su una grande nave diretta al piccolo porto di Ladymirail, dall’altra parte dell’oceano vivendo momenti di panico per le condizioni sfavorevoli del mare. Ma la storia non è aliena a colpi di scena: nella tormentata rotta in mare infatti Hynreck crede che il capitano sia il padre del ragazzino che ha precedentemente ucciso per legittima difesa. Così, nella notte i tre fuggono su di una scialuppa approdando all’isola di Falbroth.
L’isola ha una lunga storia alle spalle e si trova praticamente divisa in due parti che rispondono a due diverse dominazioni, ha due città-capoluogo, due porti, due popoli e la cosa curiosa è che ha anche una dimensione sotterranea, un mondo sommerso altrettanto vitale e attivo. L’altra parte dell’isola invece, che risponde alla città di Perio, si è sviluppata in maniera completamente opposta: ci sono dei palazzi molto alti come dei grattacieli che si stagliano verso l’alto, pensati per sopperire alla limitata superficie di quella metà dell’isola. Acciai è un maestro nel generare una sorta di spaesamento che deriva dal cambio improvviso degli spazi (città, bosco, osteria, nave, città sotterranea) e questo contribuisce ad accrescere un senso di claustrofobia che incrementa quella suspense che nella storia è sempre mantenuta. Dopo alterne vicende lo sfortunato trio riesce ad arrivare alla fortezza di metallo nella quale vive il mago Raccoglitore dove seguono una serie di duelli a spada. Inizialmente la sorte è sfavorevole a Hynreck che pure rimane ferito ma poi i tre riescono ad uccidere il potente mago e a mettere in salvo centinaia di surypanta, tra cui quelli loro.
Nella storia ci sono le premesse anche per la nascita di un amore che invece non si svilupperà e nell’epilogo del romanzo, Acciai sembra voler dare una nuova grande svolta alla storia parlandoci di navicelle spaziali e di colonizzazione della galassia, temi che non possono non farci pensare all’ampia produzione fantascientica di Asimov.
Se da una parte alcuni nomi dei protagonisti ci richiamano personaggi anglosassoni leggendari (Hynreck, Hykrion, Hydorn fanno pensare a Hygelac e a Hydg, rispettivamente re e regina dei Geati nel poema epico Beowulf) i nomi delle donne, Linda e Sara, richiamano invece direttamente un’origine tutta mediterranea. Gran parte dei toponimi sono anglicizzati pensati forse per darci l’idea di trovarci in territori leggendari scandinavi o tipicamente tolkieniani. Il toponimo di Gaweeck, città d’origine di Hynreck, fa pensare per assonanza a Gatwick, piccolissima città del Surrey e il nome di un importante aeroporto londinese. Il nome del cavallo, Frumgar, è un chiaro riferimento ad uno dei personaggi di Tolkien, quarto Lord di Éothéod, nipote di Forthwini mentre il mago Sering fa molto pensare a un druido, al simpatico e sbadato Merlino e addirittura al celeberrimo Albus Silente della saga di Harry Potter. In ciascun caso è un mago buono che fornisce all’eroe gli strumenti necessari per vincere e per guarirsi nei momenti in cui viene ferito.
Acciai fonde sapientemente in questo romanzo gesta epiche, fantasiosi scenari folklorici nordici, ed elementi chiaramente favolistici che creano un’atmosfera affascinante e curiosa, così com’è nell’avventuroso e asfittico viaggio per mare di Hynreck, Linda e Sara. Sono molti e improvvisi i momenti epifanici che contribuiscono a sostenere l’intere gesta narrate e a rendere questo viaggio intricato e pericoloso un percorso surreale ma che vorremmo non finisse mai. Un percorso tutto indirizzato verso est.
LORENZO SPURIO
30-04-2011


