A Pasturo una tre giorni di eventi all’interno del mistero delle “Parole” di Antonia Pozzi

Segnalazione di Lorenzo Spurio

Si terrà a Pasturo, piccolo centro del lecchese che guarda l’imponente Grigna, una tre giorni fittissima di incontri (dal 13 al 15 maggio p.v.) interamente dedicata alla celebre poetessa milanese Antonia Pozzi (1912-1938) che lì era solita trascorrere i periodi estivi.

Antonia Pozzi dal 1918 cominciò a trascorrere le vacanze a Pasturo. Amò molto la montagna. Nel 1930 s’iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia dove si laureò nel 1935 con una tesi dedicata al francese Gustave Flaubert. Poesia e fotografia sono il luogo più vero della sua vocazione artistica. Morì, per sua scelta, nel 1938. Ampia è la bibliografia degli studi critici sulla sua vita e produzione letteraria.

 Proprio a Pasturo si conserva la casa dove visse, oggi divenuta un museo ricco di libri, foto, ricordi e di quell’aria di un tempo che sembra essersi fermata ad allora, a quando la giovane poetessa attraversava quelle stanze. Il ciclo di eventi si terrà all’interno del titolo-contenitore “Antonia Pozzi: L’età delle parole è finita per sempre?” sotto la direzione di Gianni Criveller di Monza che, pure, ha ideato l’iniziativa. Fornisce la sua collaborazione Fara Editore di Alessandro Ramberti di Rimini, oltre al patrocinio morale del Comune di Pasturo. Il ritratto della Pozzi, impiegato nei materiali di diffusione, è opera dell’artista Maurizio Caruso.

Nella breve descrizione di questa serie di incontri, dove prenderanno parte insigni esponenti del panorama culturale e letterario nazionale tra poeti, scrittori, saggisti e critici letterari, si legge: “Parole è un tema fondamentale della vita e dell’opera di Antonia Pozzi, una delle più alte espressioni della poesia del Novecento. Se le parole non salvarono la sua giovane vita, è proprio grazie alle sue ritrovate parole poetiche che, quasi miracolosamente, Antonia ci è stata restituita. Un numero sempre crescente di persone l’incrociano e, dopo averla conosciuta, non se ne distaccano più. La kermesse e l’evento pubblico sull’eredità poetica, fotografica e saggistica di Antonia Pozzi, si soffermano sui fallimenti e i miracoli delle parole, nella vita della poetessa milanese e nella nostra, suoi lettori”.

L’inizio della kermesse sarà venerdì 13 maggio con un ritrovo alle ore 19 presso la Casa Raggio di Sole (Via Provinciale 17 di Pasturo) dove l’ideatore e regista della kermesse, lo scrittore, teologo e sinologo Gianni Criveller (Treviso, 1961) farà il suo saluto introduttivo. A seguire si terrà la cena. Si prosegue alle 20:45 con l’intervento dell’editore Alessandro Ramberti (Santarcangelo di Romagna, 1960) dal titolo “Uno sguardo dall’altro”; alle 21:00 il regista Marco Ongania (Lecco, 1977) introduce il film Il cielo in me. Vitta irrimediabile di una poetessa (2014) di cui è co-regista assieme a Sabrina Bonaiti. Quest’ultima curerà un intervento di “dopo-film” a conclusione della proiezione della pellicola.

La seconda giornata della kermesse, il 14 maggio, vedrà uno spostamento in montagna, con interventi brevi di alcuni poeti: “Cento modi per chiamare o nessuno. Il grido della parola e il suo silenzio” con la poetessa Raffaela Fazio (Arezzo, 1971); “Parole” con Stefano Bianchi (Rimini, 1972); “Il cielo di Lombardia” con Giuseppe Carlo Airaghi (Legnano, 1966); “Se io capissi. Verso il non detto” di Nadia Chiaverini (Pisa); “Quel desiderio di montagna” con Nicola Scodro; “Letture” con David Aguzzi (Rimini); “Quel giorno una benedizione” con Gianni Giacomelli. Ci si interromperà alle ore 12:30 per il pranzo e si riprenderanno i lavori alle 15:30 con l’importante incontro con Suor Onorina Dino dal titolo “Incontro con le parole di Antonia Pozzi” che si terrà al Cineteatro “Bruno Colombo” di Pasturo (Via A. Manzoni n°16). Suor Onorina Dino ha conservato a lungo l’Archivio Antonia Pozzi di Pasturo, ora collocato presso il Centro Internazionale Insubrico “G. Cattaneo” e “G. Preti” di Varese. Ha curato con altri varie edizioni delle opere pozziane e, personalmente, Poesia mi confesso con te. Ultime poesie inedite (1929-1933) (Viennepierre 2004), Antonia Pozzi – Tullio Gadenz. Epistolario (1933-1938) (Viennepierre, 2008). Con Graziella Bernabò ha curato Poesia che mi guardi (Luca Sossella, 2010) e poi ancora Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938 (Ancora, 2014), Parole. Tutte le poesie (Ancora, 2015), Mi sento in destino. Diari e altri scritti (Ancora, 2018), A cuore scalzo. Poesie scelte 1929-1938 (Ancora, 2019). Ci saranno poi gli interventi “Le parole ritrovate di Antonia Pozzi” a cura di Graziella Bernabò, “Parole: dalle edizioni Mondadori all’edizione definitiva” a cura di Davide Puccini (Piombino, 1948) e “Natura, alpinismo, silenzio in Antonia Pozzi” a cura di Marco Dalla Torre (Milano, 1966). Le letture saranno eseguite da Aglaia Zannetti, fondatrice della compagnia teatrale “Khorakané”. Alle 19:30 si sospende per la cena e si riprende alle 21:00 a Villa Pozzi con i contributi “Di parole per Diremore” con Marco Bottoni (Castelmassa, 1958), “Poesia che mi guardi” con Valeria Raimondi; “Io, bambina sola: Antonia Pozzi e l’infanzia nella poesia e nelle lettere” a cura di Antonella Giacon (Padova); “Guardami sono nuda” con Sara Pennacchio.

Domenica 15 maggio la serie di appuntamenti si aprirà alle 9:00 con Guido Agostini, Presidente dell’Assemblea dei Sindaci del Distretto di Lecco e già sindaco di Pasturo, promotore del progetto “Sulle tracce di Antonia Pozzi – il percorso poetico di un territorio” che condurrà i partecipanti a effettuare un percorso sui luoghi pozziani di Pasturo: dallo studio della poetessa, alle vie del paese, sino alla tomba nel locale cimitero. Alle ore 11:00 padre Gianni Criveller celebrerà la Santa Messa con l’omelia ispirata al tema della kermesse. Nel corso delle varie tappe interverranno Rosa Elisa Giangoia (Genova) con un intervento dal titolo “Diciamo ancora parole…”, Suor Mariangela De Togni (Savona) con un intervento dal titolo “Nell’inverno ho visto sollevarsi le allodole” e Adalgisa Zanotto (Marostica) con un intervento dal titolo “Siamo come l’erba dei prati”. Si interrompe la kermesse alle 12:30 con il pranzo finale e i saluti di rito.

“Nel fruscio feroce degli ulivi” di Angela Caccia, recensione di Lorenzo Spurio

Nel fruscio feroce degli ulivi
di Angela Caccia
prefazione di Davide Rondoni
Fara Editore, Rimini, 2013
ISBN: 978-88-97441-23-6
Pagine: 91
Costo: 12€
 
Recensione di Lorenzo Spurio

 

 

Il tempo è un oceano inclemente
separa la battigia dall’orizzonte (p. 38).

 

imagesChe cosa si nasconderà tra quel “fruscio feroce degli ulivi”? E’ la primissima cosa che mi sono domandato, libro alla mano, prima di avventurarmi in questa curiosa lettura. E, soprattutto, perché il fruscio è “feroce”? Ho immaginato scenari paesaggistici estremi dove la natura si manifestava con forza ed energia tanto da motivare un fruscio “feroce”, qualcosa del tipo rintracciabile in passi di romanzi di Thomas Hardy o Jack London. Il percorso interpretativo, però, era sbagliato.

Questo libro, che si apre con una preziosa nota introduttiva scritta da Davide Rondoni, si compone di sessantatré poesie che, pur condividendo un progetto concettuale che le unisce, possono essere suddivise in vari sotto-temi: si notano, infatti, poesie dal chiaro intento sociale e che si focalizzano, quindi, su comportamenti/usi diffusi nella nostra contemporaneità (“Facebook”) e di eventi storicizzati (“Anno 2012”, “Lettera alla mafia”, “A Giovanni Paolo II”), c’è poi una attenzione sull’atto poetico (quei “coriandoli di idee”, p. 24) come creazione dove la poetessa confida il legame che la unisce alla letteratura, alle aspirazioni e  influenze (“Autobiografia”, “Ho letto Borges”) e in ogni caso il tutto è condito da elementi che riconducono alla natura, soprattutto vegetale (l’ulivo, ad esempio) e la natura nel suo divenire (l’alba e il crepuscolo), ma che richiamano anche il mito classico come nel caso di “L’eco”. Gli accurati e mai pedanti riferimenti paesaggistici hanno di certo un legame stretto della poetessa con la sua terra originaria, che in queste liriche viene affrescata talvolta in maniera colorata, altre volte con un cromatismo sbiadito: “Vivo l’oggi e/ il passato è già un magnete/ il paesello natio a cui si torna” (p. 22). Una sorta di manifesto della poetica della donna è contenuto il “Parole in fuga” il cui titolo sembrerebbe un rimando alla poetica avanguardistica di inizio secolo del ‘900, in realtà qui Angela Caccia esplica il suo rapporto con la Parola: “Parole parlanti le tue/ parole scritte in fuga// corrono scalze/ su frescure di sabbia tersa” (p. 19). Il linguaggio è a tratti evocativo, a tratti volutamente scarnificato e acuminato (“fruscio feroce”, p. 13; “ossario di parole”, p. 14).

La natura ne esce come quel luogo che attornia l’uomo, ma che lo guarda di sottecchi, quasi in maniera infingarda e la poetessa, dall’animo sensibile, ne avverte un leggero timore, consapevole che è Essa che comanda tutte le nostre esistenze. Ed è per questo che il fruscio è “feroce”, che si fa violento e sconsiderato e che “il vento […] si spera [sia] amico” (p. 16) e il ciottolo è “assetato di sale” (p. 17): sembra che la natura –anche quella inanimata- si umanizzi e inveisca contro l’uomo. Se ci chiediamo perché, la poetessa non ci illumina su questo e possiamo sentirci liberi nell’interpretare: perché l’uomo ha sfruttato la natura? perché la contamina e la oltraggia? E’ una lettura possibile.

Le introspezioni continue della poetessa si realizzano attorno a una analisi che potremmo definire toponomastica degli spazi geografici: spesso vi è il contrasto tra centro e periferia: “Vivo la mia periferia/ nell’insana nostalgia del centro/ – dice il Cuore” (p. 17); “Poesia/ mistero e maledizione// infermiera del pensare/ e ripensare// cammino verso il centro/ o procedo in tondo…” (p. 26).

Una silloge di ampia caratura dove è la vasta gamma dei sentimenti umani ad essere tracciati con pennellate che lasciano il segno: liriche cupe e riflessive (“La morte/ sbuccia ogni giorno/ una scorza d’umano/ conia l’orfano/ la vedova// ma sventrata d’un figlio/ come si chiamerà la madre?”, p. 54), poesie critiche nei confronti della società (“sconfessa il fasullo del mondo”, p. 42; “un quotidiano che/ forgia uomini di pietra”, p. 62), ma estremamente lucide, manifesto di una poetessa che ha molto da dire e che lo fa nel migliore dei modi. C’è poi spazio per liriche dolorose pensate come commemorazione di gravi calamità naturali quali il terremoto in Emilia e gli allagamenti sofferti dalle Cinque Terre descritti come “una pioggia impietosa [che] ha tumulato la/ Liguria” (p. 71)

Questo libro ci fa viaggiare in terre verdi e profumate, ai bordi di mari, ci fa sentire il rumore delle fronde degli ulivi e ci fa bagnare della guazza delle felci. La poetessa ci accompagna mano nella mano e a piedi scalzi su queste terre tutt’ora inviolate e dove la Natura manifesta ancora la sua incorrotta potenza.

   

a cura di Lorenzo Spurio

(scrittore, critico-recensionista)

 Jesi, 06-05-2013

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