Nel 1930 Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista italiano, definito “caffeina d’Europa” per la sua effervescenza culturale e per il profondo eclettismo e dinamismo delle idee proposte nei vari manifesti programmatici del movimento pubblicò un singolare manifesto futurista, quello della Cucina Futurista. Il manifesto non deve stupire in quanto il futurismo, similmente alle varie avanguardie storiche, era intenzionato a trasmettere i propri ideali in ciascun campo del sapere e ad influenzare ciascun ambito della vita dell’uomo: letteratura, pittura, scultura, architettura, cinema, fotografia, cucina e cosi via.
Altra cosa che non deve stupire il lettore del manifesto è il carattere innovativo, trasgressivo, dirompente dei contenuti che Marinetti e i futuristi propongono. Da ricordare sono i proclami interventisti e militaristi in cui la guerra veniva definita «sola igiene del mondo» o «regina di tutte le cose» o l’invito diretto dei futuristi di andare a distruggere i musei definiti «cimiteri» della cultura. Il linguaggio dissacrante, polemico e provocatorio dei proclami e dei manifesti è proprio una delle caratteristiche dei futuristi. I futuristi intendono far arrabbiare, polemizzare, creare una risposta indignata, animare le masse, scioccare, incrementare i sentimenti di odio, vendetta e violenza. Si ricorderà a questo punto le grottesche “serate futuriste” che vennero organizzate in vari teatri italiani in cui sostanzialmente venivano lette alcune poesie futuriste o altri testi e poi venivano fatti dei discorsi contro il popolo in sala, contro il comune che li ospitava, alimentando critiche, polemiche, scontri verbali e fisici e le famose scazzottate durante le quali anche gli stessi futuristi vennero spesso coinvolti riportando ferite.

Nel Manifesto della Cucina Futurista l’aspetto più dissacrante e dirompente è l’invito di Marinetti a non consumare la pasta, alimento ampiamente diffuso e di largo consumo che addirittura contraddistingue in tutto il nostro paese. La pastasciutta è considerata da Marinetti come un alimento grasso e pesante, al quale contrappone un’alimentazione più semplice e rigorosa che consenta di mantenere il forma l’organismo. Marinetti parla della necessità dell’abolizione della pastasciutta che definisce «assurda religione gastronomica italiana». In realtà non è così assurda considerando l’ampio consumo nelle famiglie italiane. L’Italia non solo è il paese che più di ogni altro consuma pastasciutta ma anche quello che più ne produce. La definizione di religione gastronomica in fondo risulta azzeccata. La pasta, continua Marinetti, è un alimento che non si mastica ma si ingozza e questo è sinonimo di fiacchezza, pessimismo e neutralismo. In che modo è possibile vedere in un piatto di pasta fumante e profumato il sintomo di neutralismo? Stiamo navigando tra il comico e il paradossale, ovviamente. Ma l’idea di abolizione della pastasciutta dalla gastronomia italiana ha per Marinetti anche motivazioni di carattere economico: «L’abolizione della pastasciutta libererà l’Italia dal costoso grano straniero e favorirà l’industria italiana del riso».
Il pranzo futurista ideale deve avere caratteristiche organolettiche (odore, sapore, colore, forma). Marinetti propone anche delle singolari ricette che si basano sulla composizione di ingredienti diversi che vengono assemblati insieme nel formare un tutt’uno in quelli che definisce «complessi plastici saporiti e tattili». Le stranezze non sono finite e Marinetti annuncia l’abolizione della forchetta e del coltello ed invita a mangiare le pietanze direttamente con le mani per stabilire un rapporto tattile con il cibo. Questa prescrizione si configura però come un chiaro segno d’incivilimento e imbarbarimento dell’uomo contemporaneo.

A tavola è prescritta l’abolizione dell’eloquenza e della politica mentre è permessa, seppur in maniera limitata, quella della poesia e della musica. Traducendo in termini pratici ed attuali potremmo interpretare in questa prescrizione la negazione della televisione accesa durante il pasto e di qualsivoglia dialogo tra i commensali.
A dispetto della rigidità e dell’intransigenza delle nuove regole della cucina dettate dai futuristi lo stesso ideatore fu ben presto immortalato nel ristorante “Biffi” di Milano nell’atto di mangiare un bel piatto di spaghetti. Seguì l’ovvia critica e derisione popolare che utilizzò soprattutto una frase «Marinetti dice basta, messa al bando sia la pasta. Poi si scopre Marinetti che divora gli spaghetti». Morale della favola, non togliete la pasta agli italiani!
Testo completo del manifesto della Cucina futurista: http://www.allimaca.com/public/prova/manifesto-c.futurista.pdf
LORENZO SPURIO
20-03-2011
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