N.E. 02/2024 – “Dare respiro al sacro”. Intervista al poeta Luigi Carotenuto. A cura di Francesca Del Moro

La poesia di Luigi Carotenuto[1] si caratterizza fin dai suoi esordi come un cammino spirituale, che nella sua ultima pubblicazione, Farsi Fiori (gattomerlino, 2023), approda a una calma e luminosa maturità. Ne parliamo con lui in questa breve intervista.

Partiamo dal titolo del tuo nuovo libro. È tratto da una poesia che si caratterizza, come molte altre, per una sintesi epigrammatica fulminante: Farsi fuori / per / farsi fiori. Come mai proprio questo titolo? Devo ammettere che Farsi fuori mi ha subito fatto pensare a una scelta drammatica; che cosa significa per te questo “fuori”?

Farsi fiori per essere essenziali, lasciare che di noi stessi vi sia l’espressione dello sbocciare, dell’aprirsi alla vita. Farsi fuori perché, per essere veramente, bisogna rinunciare alle identificazioni. Morire al mondo, all’amor saeculi, come lo chiamava Ildegarda, per accostarsi all’amor caelestis. Forse, anche se apparentemente paradossale, per incontrare veramente gli altri, nella loro intima essenza, bisogna rinunciare a qualunque forma di attaccamento, di personalità, non in un senso nichilista però, bensì per raggiungere quella forma di purificazione che rende possibile l’evitamento di meccanismi proiettivi, investimenti sull’altro, frutto di paure, egoismi, illusioni.

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Il tuo libro è ricco di simboli, che diventano parole-chiave, cardini intorno ai quali ruota la tua poesia – penso per esempio al cerchio, alla luce – ed espliciti richiami a filosofie orientali, come l’enso, il mudra. Quali sono i principali riferimenti spirituali della tua scrittura?

La Bhagavadgita, Il sentiero della non-dualità o Advaita Vedanta, i libri di Raphael, Meister Echkart, i Vangeli, la filosofia perenne, gli gnostici, il Tao Te Ching, i Padri del deserto, Il Libro tibetano dei morti, Steiner, Scaligero, tra gli altri, un elenco che non può essere esaustivo, perché molte verità passano da incontri inattesi e trasversali, di libri e gesti, i quali è bene custodire, e spesso lasciare riposare nel silenzio che è forse lo spazio più profondo per dare respiro al sacro.

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Quale definizione daresti di “spiritualità”?

Definire rischia in qualche modo di intrappolare, arginare, il concetto di spiritualità, che porta in sé lo spirito aereo, il soffio, nel suo nome, e non può rimanere stretto nelle gabbie del linguaggio. Ha in sé l’inesauribile delle possibilità, ben oltre la dimensione di spazio e tempo. Mi rendo conto dell’insufficienza espressiva, nella dimensione umana la spiritualità dovrebbe portare l’infinito e l’invisibile nel quotidiano e quindi cambiare completamente la prospettiva dell’individuo che vi si accosta e la coltiva, quello stato di metanoia in termini filosofici. In una traduzione in rete di un passo dal Tao Te Ching ho trovato l’espressione “coltivare l’eterno”: ecco, forse questa potrebbe essere l’idea di spiritualità da cui partire.

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Riconosco ai tuoi libri una forte valenza politica, nel senso soprattutto di una contrapposizione ai “rumori”, altra parola chiave, della società moderna, alla sua ricerca di beni materiali e soddisfazioni effimere. Sintetizzando, quali sono i disvalori, i mali della contemporaneità e quali valori possiamo contrapporvi?

Ai rumori contrapporre i sussurri, alle grida il canto tenue. Siamo fatti per la musica delle sfere, non soltanto per i clangori. Ma forse, più che contrapporre (anche se il controcanto fa parte della partitura in musica), che presuppone un altro, spesso nemico, il quale ci fa rimanere nella dualità, per unificare bisogna essere. C’è un libro di Thích Nhất Hạnh dal titolo Essere pace. Semplicemente essere, incarnare, ciò che si desidera, è il modo per non tradirlo, in un mondo di parole che sono il contrario delle azioni, e gesti che tradiscono le vere intenzioni. Comprendere e compatire la dimensione d’ombra in noi e negli altri, in tutte le sue sfaccettature, vale a dire accostarsi all’enigma del cuore umano senza essere né persecutori né fintamente caritatevoli.

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Nel tuo libro, a volte usi la prima persona ma principalmente il “tu”. Come mai questa scelta?

Probabilmente, il tu a cui mi rivolgo è quella sorta di maestro interiore, la parte più saggia di noi stessi. Nell’attraversamento di testi e conversazioni spirituali, gli autori che più mi hanno convinto sono proprio quelli che riportano il lavoro a sé stessi e non a guru esterni. Anche nel lavoro psicologico, terapeutico, clinico, analitico, l’analista non può fare il cammino al posto dell’altro, può però percorrere parte del tragitto, stare al fianco, lasciare che l’altro si possa rispecchiare aiutandolo a constatare di sé stesso lati, risvolti, aspetti, di cui non si era accorto. Il tu, forse, nella scrittura del sottoscritto, rappresenta una funzione dialogica che risulta necessaria per l’indagine introspettiva e per avviare in determinate direzioni il processo creativo. 

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Uno scatto del poeta intervistato, Luigi Carotenuto

Nei versi di questo come dei tuoi libri precedenti ti riferisci spesso ai bambini. E qui un bambino è un interlocutore ricorrente. Che cosa rappresenta per te il mondo dell’infanzia?

Mi interrogo spesso su questo, dandomi risposte che trovo molto parziali, carenti, forse perché ho un’aspettativa alta, idealistica, rispetto al mondo dell’infanzia. Hillman dice che «qualunque cosa diciamo sui bambini e sull’infanzia in realtà non riguarda mai i bambini e l’infanzia». Per tornare alla tua domanda, qui il bambino e il sapiente si fondono, il bambino diventa il sapiente per quel potenziale di espressività che porta con sé, in divenire e nel presente. Il bambino rappresenta anche quella parte interiore a cui dare voce, quindi è un dialogo sì, con il bambino, i bambini, incontrati a scuola, ma anche un auto-dialogo con il puer interno.

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Nei versi ricorre spesso la morte e si percepisce un tentativo di inquadrarla in un percorso pieno di senso e di fiducia, mentre nei tuoi libri precedenti percepivo una dose maggiore di conflittualità con riferimento al tema della perdita. Come si è evoluto il tuo pensiero riguardo alla morte, e come si inquadra in un cammino spirituale?

Hai ragione, in questo libro vi è la calma percezione, fatta di qualcosa di tangibile, anche se sottile, che la morte sia soltanto un passaggio, che non coincida come si ritiene comunemente con l’annullamento e la fine dell’esistenza. Di questa visione si fanno portavoce numerose tradizioni spirituali, sentirla però dentro come verità cambia di molto lo sguardo sugli eventi e dovrebbe sostanziarci di compassione. Il dolore dei viventi, a prescindere dal grado di consapevolezza o stato di coscienza in cui si trovano, può essere misura e banco di prova per testare quella umanità di cui siamo o meno portatori. Riguardo al passato, ai libri precedenti, sento di essere pervenuto su questo tema a un’accettazione pacificata, rimanendo aperto agli accadimenti, alle possibilità di scoperta, senza certezze e senza l’ansia di voler risolvere gli enigmi o rivendicazioni rispetto al percorso biografico.

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I termini “sottrazione”, “calma” e “levità” si adattano perfettamente alla tua poesia ma anche al percorso di vita che auspichi nei tuoi versi in generale e in particolare in questa pubblicazione. Come lavori sulla parola e sulla visione della vita per perseguire questo senso di pace, per arrivare a una leggerezza ed essenzialità di stile e di pensiero?

Cercando di tenere viva la curiosità per la conoscenza e tenendomi fuori più che posso dal banchetto duale e, questo sì, davvero antisociale, del buono e cattivo, della vittima e del carnefice, tanto praticato sui mezzi di iper-comunicazione dei tempi odierni, che negano la vera possibilità di comunicare e ascoltare sé stessi e gli altri, attraverso il silenzio e la misura. Il pensiero della morte, ad esempio, mi aiuta a constatare l’illusorietà di certe dinamiche, il «lutto di tutto» (mi pare sia di Zanzotto, vado a memoria). Partendo dalla fine, insomma, trovo la misura del gesto, almeno negli intenti. Sulla scrittura, non saprei, è qualcosa che avviene in buona misura inconsapevolmente, spesso sento e ho sentito, nella stesura di testi precedenti, di non avere una forma né una scrittura delineate, prestabilite, come se ogni volta partissi da una tabula rasa per iniziare un libro. Ma dallo stato di vuoto, di vacuum, può farsi spazio il molteplice delle possibilità creative: questo è il lato promettente della faccenda, che mi dona sempre nuovi stimoli.


[1] Luigi Carotenuto (Giarre, CT, 1981) è poeta, compositore e educatore. Ha pubblicato i libri di poesia L’amico di famiglia (Prova d’Autore, 2008), Ti porto via (Prova d’autore, 2011), Krankenhaus (gattomerlino, 2020) e Farsi Fiori (gattomerlino, 2023). Un suo poemetto inedito in volume, Taccuino olandese, è apparso sul n. 48 – Anno 2015- di «Gradiva». Nel 2021 è uscito in Francia, per le Éditions du Cygne, Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits, curato e tradotto in francese da Irène Dubœuf. Figura nell’antologia di poeti siciliani tradotti in lingua inglese, a cura di Ana Ilievska e Pietro Russo, Contemporary Sicilian Poetry. A multilingual Anthology (Italica press, 2023). Collabora con «l’EstroVerso» di Grazia Calanna e cura la rubrica “Particelle sonore” per la rivista «Niederngasse» di Paola Silvia Dolci. 


Questa intervista viene pubblicata nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionata dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autrice ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

Sabato 22 ottobre a Jesi un evento a scopo benefico tutto sui fiori. Poesia, musica e immagini. Targa di Socia Onoraria ad Anna Maria Trane Quaglieri (Fondatrice IOM Jesi e V.)

Sabato 22 ottobre a Jesi (AN) presso Palazzo Bisaccioni a partire dalle ore 16:30 si terrà l’evento culturale “Fiori di Poesia. Poesie e immagini di infiorate ed erbe disubbidienti” voluto e organizzato dall’Associazione EUTERPE APS di Jesi con il patrocinio morale della Regione Marche, della Provincia di Ancona e del Comune di Jesi.

L’iniziativa vedrà la presentazione al pubblico del volume antologico di poesie “Fiori di Poesia” stampato da Euterpe APS nei mesi scorsi al quale hanno preso parte poeti da tutta Italia con lo scopo di sostenere l’instancabile attività benefica dello IOM (Istituto Oncologico Marchigiano) di Jesi e Vallesina.

Il pregevole volume contiene le riproduzioni a colori di acquerelli dell’artista locale Manuela Testaferri e una foto dell’artista e performer recanatese Amneris Ulderigi.

La presentazione del volume è inserita all’interno di un contesto più ampio e articolato in vari interventi tesi ad approfondire, secondo varie angolature, l’affascinante mondo dei fiori.

Dopo i saluti di benvenuto di Lorenzo Spurio (Presidente di Euterpe APS) e quelli istituzionali di Luca Polita (Presidente del Consiglio Comunale di Jesi) si terranno gli interventi del professore Fabio Taffetani dell’Università Politecnica delle Marche e di Cristiano Dellabella, Consigliere di Euterpe APS, in veste di portavoce del Gruppo Infioratori di Cupramontana.

Il prof. Fabio Taffetani, Ordinario di Botanica sistematica dell’Università Politecnica delle Marche, supportato da un percorso visivo in forma di diapositive, terrà un intervento dal titolo “Erbe disubbidienti” nel corso del quale presenterà esempi del vasto campionario di erbe considerate “infestanti”, “erbacce” o “malerbe” il cui utilizzo potrebbe rappresentare un cambiamento radicale del nostro rapporto con l’ambiente e ricevere notevoli e inaspettati benefici per la nostra salute e la sostenibilità.

Cristiano Dellabella, scrittore e versatile artista, in qualità di portavoce del Gruppo Infioratori di Cupramontana, terrà un intervento su “Le infiorate e gli infioratori” dando accenni e curiosità su una tradizione particolarmente radicata nella nostra Regione, quella delle infiorate. Momenti di collante sociale nei quali i fiori risaltano per le loro lucenti tinte e per gli efficaci accostamenti grazie alla laboriosa manualità degli infioratori.

Durante la serata, come da deliberazione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS, verrà conferita la nomina di Socia Onoraria alla dott.ssa Anna Maria Trane Quaglieri, fondatrice della sezione dello IOM di Jesi e Vallesina per la sua importante presenza sociale nel nostro territorio locale e per l’indiscussa e ingente attività umana e di sostegno che l’Istituto da molti anni porta avanti a beneficio e in supporto di realtà difficili e di dolore.

Ad arricchire la serata saranno alcune letture poetiche estratte dal volume antologico a scopo benefico che saranno fatte da Rosella Canari e gli interventi musicali di Valentina Rossini e Riccardo Lunardi della Scuola Musicale “G. B. Pergolesi” che, assieme a InfiorItalia – Associazione Nazionale delle infiorate artistiche e lo Iom – Istituto Oncologico Marchigiano Jesi e Vallesina, hanno offerto la loro collaborazione e il patrocinio all’iniziativa.

L’evento si terrà a Jesi sabato 22 ottobre a partire dalle 16:30 alla Sala Conferenze del secondo piano di Palazzo Bisaccioni (Piazza Colocci) con entrata da Via Francesco di Giorgio Martini n°5/b.

Info:

ass.culturale.euterpe@gmail.com

www.associazioneeuterpe.com

“Quotidiano rifiorire” di Michela Zanarella tradotta in arabo

Quotidiano rifiorire

 di Michela Zanarella

 

Mi ripeto che la vita
è un quotidiano rifiorire,
come un miracolo senza pudore.
Esulto al suo genuino calore,
a questa luce avuta in dono
al primo respiro.
Tra il corpo e superfici di cielo,
piena di senso,
annuncio la mia volontà
a trasformare ogni croce
in amore

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Traduzione di  Saber Mahmoud Abdelmontaleb


قصيدة “إزهار يومي” للكاتبة الإيطالية ميكيلا زاناريللا*

 

من ديوان “تأملات على الطريقة النسائية”

 

وأكرر أن الحياة
إزهار يتجدد كل يوم،
كمعجزة بلا حياء.

إزهار يبهج بحرارته الأولي،
بهذا النور الذي يهديه
مع أول تنهيدة.

وبين جسدي وأسطح السماء،
وأنا يملؤني الأحساس،
أعلن عن رغبتي
في أن أحول كل ألم
إلى حب

* ميكيلا زاناريللا: شاعرة إيطالية ولدت بمدينة “بادوفا” Padova الإيطالية عام 1980. حصلت على دبلوم المعهد الفني التجاري “جاتشينتو جيراردي” Giacinto Girardi عام 1999. بدأت كتابة الشعر عام 2004 حيث صدر لها عدة دواوين أهمها: “أعتقد” ِCredo،
“صحوة” Risvegli،
“الحياة .. اللانهاية ..الفردوس ” Vita..Infinito..Paradiso،
“أحاسيس: شعر الحب والمحبوب” Sensualità: poesie d’amore e d’amare،
و”تأملات علي الطريقة النسائية” Mediazioni al femminile

“Poesie tra le orchidee” di Massimo Grilli, prefazione a cura di Lorenzo Spurio

Poesie tra le orchidee
di Massimo Grilli
Ilmiolibro, 2012
 
Prefazione a cura di Lorenzo Spurio

Link diretto all’acquisto del libro

In queste notti di attesa
mi sdraio accanto a te
nei giardini dei sogni,
come un aquilone
la mia presenza sarà leggera.
(da “Come un aquilone”)

 

367505_copertina_frontcover_iconE’ un libro ricco di profumi e fragranze questo di Massimo Grilli, giovane poeta che, proprio come me, è marchigiano. Già a partire dal titolo e dalla copertina respiriamo un odore soave e dolciastro che ci accompagnerà per tutto il corso della lettura della silloge. Massimo Grilli è una di quelle persone –rare nella nostra contemporaneità- a cui piace ritirarsi in uno spazio tutto suo per osservare a distanza il mondo, viverlo sulla sua pelle e rendere immortali con i suoi versi quello che invece nella vita, purtroppo, è immancabilmente sottoposto allo scorrere del tempo. E’ una poesia d’istinto, pura, priva di grande elucubrazioni di carattere epistemologico od ontologico che va invece a fotografare la realtà multicolore, eterogenea e camaleontica del vivere metamorfico dell’uomo. I fiori – e quindi le orchidee del titolo del libro- sono la rappresentazione più alta e incontaminata di questo mondo vivido e pulsante, variegato ed esteticamente allettante quasi che la poetica di Massimo Grilli possa essere inserita in una corrente di tipo modernista-floreale, se questa è mai realmente esistita. Non ha senso, infatti, oltre che sarebbe un errore inestimabile, ingabbiare un poeta d’oggi all’interno di una etichetta delimitativa e troppo limitante. La storia della letteratura è già stracolma di “catalogazioni” di siffatta forma che non hanno molto interesse se non l’unica utilità di una più semplice analisi e un più sistematico studio della materia a un pubblico neofita del settore. 

“Prima con il cuore, lasciando libera un’emozione, poi con la penna, così nasce una poesia” è il pensiero che apre la silloge di Massimo Grilli e questo enunciato privo di una struttura in versi è da intendere come il manifesto della poetica di Grilli: la poesia è espressione di autenticità e di spontaneità; è solo “lasciando libera un’emozione” che questa può dar luogo a una celebrazione lirica della vita, sulla carta. In “Parola si fa luce” Massimo Grilli sottolinea la necessità che abbiamo di poesia e allo stesso tempo di poeti-vati che portino la propria parola perché “abbiamo bisogno della magia/ della parola che si fa luce/ tra le pieghe del mare sospese nel cielo”.

La semplicità tematica è una caratteristica che non si coniuga con la poetica di Massimo Grilli e così la Notte di San Lorenzo tipicamente assunta dai giovani amanti o dagli studiosi di astrologia come serata speciale, finisce per essere un’inaspettata nottata “senza stelle cadenti”, perché in fondo la vita è così: è l’irrealizzabile che si realizza o l’abituale che cessa di esser tale per diventare straordinario. E la stessa notte di San Lorenzo nella lirica di Grilli, lungi dall’essere sinonimo di meraviglia, è emblema di stanchezza e apatia che porta il poeta a preferire di guardarsi dentro di sé piuttosto che fuori da sé.

Massimo Grilli fa della Natura il punto di partenza di molte delle sue liriche che condividono un’evidente fascinazione per le bellezze naturalistiche (i fiori, l’acqua) e spesso l’elogio alla natura è fatto in maniera simbolica o in riferimento alla donna, come avviene in “Passione” dove il lettore ha quasi l’impressione che il poeta stia vagheggiando un rapporto con la sua donna, ma anche con l’intera Natura del quale è parte. “Nei tuoi occhi la notte” il poeta ci consegna, invece, una lirica profondamente caratterizzata da un punto di vista cromatico e tattile ma è allo stesso tempo un canto d’amore dal sapore agrodolce al quale il poeta si abbandona dopo un evento destabilizzante tra lui e la sua amata tanto che conclude accomiatandosi apparentemente senza nostalgia, rilanciando ancora una volta il suo status di uomo umile e sensibile:So solo scrivere poesie,/ ma ci metto il cuore, forse troppo poco per te”. Circondato dalla natura, da quella “campagna marchigiana” tanto amata dall’autore, il poeta si scopre un viandante per percorsi ancora da tracciare, un essere in balia degli eventi che aspetta solo di trovare un vero senso nel suo vivere: “Sfioro fili d’erba,/ siedo sulle pietre,/ disegno arcobaleni/ aspettando un’emozione/ che cambi la vita”.

Il tempo fa capolino in numerose liriche qui contenute come in “Comincio senza tempo” dove il martellante cadere della pioggia (che mi ricorda lo scenario di “A Cesena” di Marino Moretti) segna il ritmo della poesia e con esso il veloce incedere del tempo. Le foglie che il poeta calpesta, però, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, sono in grado di evocare “emozioni piene di colori”, di riportare dunque il poeta a momenti migliori, a primavere vissute e mai dimenticate. E’ forse questo il motivo dell’andatura affannosa e affrettata del poeta che sembra non avere una meta in particolare tanto che alla fine –illuminato da un qualcosa che non ci è dato sapere- se ne rende conto e si appoggia a un lampione, alla ricerca di un rapporto stretto con il mondo materiale dal quale fino a quel momento aveva cercato di fuggire.

In “Il mare non aspetta” Massimo Grilli ci consegna una poesia dedicata e ispirata alla stagione primaverile con curiose gemme di ciliegio che frementi stanno nascendo e faranno i ciliegi degli alberi vanitosi, per la bellezza dei fiori rosa, così vanitosi “come le donne al teatro”. Ma la primavera è anche l’invito a inaugurare una nuova stagione delle propria vita alla quale il poeta è tecnicamente pronto e preparato, se non fosse che attende l’arrivo della sua amata. La poesia di Grilli trasuda di un grande lirismo e di un amore incontaminato per la donna, è una poesia romantica –mai erotica- suadente, ricca di sentimenti nella quale si ravvisa quasi sempre il ricordo di qualcosa che poi non è accaduto, una attesa, una speranza per il futuro, una esortazione: “Sarà dolce la vita,/ anche quando il sole si spegne e si fa dura,/ ma due anime unite sanno combattere”.

Il ricordo fa capolino in varie liriche, a volte è doloroso, e poco positivo o intermittente e con squarci più cupi come avviene nella lirica dedicata al Natale, momento comunemente vissuto come felice, in riunione tra familiari che il poeta, invece, vive internamente in maniera desolante: “Torna nei giorni di Natale/ quel senso di nostalgia/ per tanti momenti sognati/ mai vissuti, ma ascoltati/ nei racconti degli amici e fatti miei,/ forse è per questo/ che a Natale non sorrido/ ma lascio che il cuore/ cerchi un’emozione/ riempia pagine bianche”. In “19 marzo” il poeta lascia andare sulla carta emozioni e il ricordo infelice della sua infanzia dovuto a un abbandono e contestualmente alla mancanza d’affetto e cure. Il poeta non sembra essersi riconciliato con quell’uomo che gli ha fatto tanto male e che non ha conosciuto e non può che concludere: “E’ troppo chiamarti padre/ forse io/ sono troppo figlio per esserlo”.

Questo libro è piacevole e profumatissimo. Per il lettore sarà come passeggiare per un giardino botanico tra varietà di fiori più o meno comuni: girasoli, viole, rose, orchidee e tante altre specie. L’insieme delle fragranze –dolci, aromatizzate, penetranti, soavi- è l’essenza stessa di questa silloge.

 

Lorenzo Spurio

(scrittore e critico)

 

Pamplona, 10 Settembre 2012

 

BOOK TRAILER DEL LIBRO

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE IL PRESENTE TESTO IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

“Giravolta colorata”, poesia di Monica Fantaci

Giravolta colorata

DI MONICA FANTACI

Sull’ombra di un fiore
c’è qualche colore,
gioco di luci
in un chiaro-scuro
che disegna a matita
quel che si riflette dalla vita,
il colore si sparge…
anzi… si vuol spargere
nel bianco muro.
Allora trabocca
spinto dal suo movimento
che striscia sul pavimento,
colora il suo stesso cammino.
Chiari-scuri in riflessione
all’ombra di un giardino
che ancora…una volta..
danno spazio alla loro giravolta
per lasciarsi afferrare
dai colori di una fioritura raccolta.

Monica Fantaci

QUESTA POESIA VIENE QUI PUBBLICATA PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

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