“L’evento”, poesia di Franca Berardi

L’evento

di FRANCA BERARDI

Appollaiato sta su un davanzale,
l’amore mio
e da ore e ore,
sta ad aspettare
che un evento…
lo venga a risvegliare.
Appollaiata anch’io
sto sulla mia abitudine
placida e tranquilla
sebben dispersa ed avvilita
dagli eventi avversi
che non m’han voluta
perché diversa.

 

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“Condomini e cattivi pensieri”, racconto di Franca Berardi

racconto di Franca Berardi

L’aveva notata già da diverso tempo ormai.
Lei arrivava sempre alla stessa ora, si sedeva allo stesso bar e sempre al solito tavolino di fronte al lungolago…beveva un caffè , fumava una sigaretta e poi andava via in tutta fretta senza scambiare mai una parola con alcuno.
Così, lui, decise di seguirla…; l’aveva già fatto altre volte ma non era mai riuscito a vederla bene in viso; lei era sempre di schiena, mentre fumava in silenzio e camminava a passo sostenuto.
Né mai lui avrebbe osato avvicinarsi a lei visto che era timidissimo ed impacciato oltremodo.
In un freddo mattino di dicembre, dunque, lui la seguì mentre lei ,quasi subito dopo, sparì tra un dedalo di stradine strette, per poi finire nel portone di una elegante palazzina, in stile liberty, posta nel centro storico della città…
Anche lui entrò ed iniziò a salire su per le scale dietro di lei…
La donna si fermò sentendo i passi di lui e si voltò a guardarlo. 
Era bellissima! Lui rimase senza fiato.
Per giorni e giorni ,ancora, aveva tentato di immaginare quel suo volto, ma ora che l’aveva finalmente visto, appariva ancor più sublime di quel che si aspettava, anzi più di quanto egli stesso potesse immaginare e sperare.
Lei lo osservò…, indugiò con lo sguardo che pareva avesse assunto un tono interrogatorio, visto che lui, non riusciva a smettere di fissarla.
Rosso in viso , dapprima, si scusò e aggiunse, con voce tremante, che stava cercando un signore ma non ricordava più a quale piano si trovasse poi, gli venne in mente un cognome che aveva letto frettolosamente sul citofono della palazzina quando per l’appunto , l’aveva più volte, pedinata nei giorni precedenti.
“Ah! –rispose lei- cerca il professor Milo? È sopra di me, secondo piano”…e, detto ciò, continuò a salire le scale senza aggiungere altro.
Lui ringraziò e riprese, come se nulla fosse, a seguirla, mentre il suo cuore pareva dovesse scoppiargli in petto da un momento all’altro.
Continuò così altre volte: la incontrava per le scale mentre fingeva di andare a prendere lezioni di matematica dal dottor Milo…e , finalmente, un giorno trovò il coraggio di chiederle se poteva offrirle un caffé, magari proprio in quel bar che lei ogni dì frequentava con assidua costanza.
Lei sorrise con estrema grazia…sembrava una donna d’altri tempi; così imbarazzata, timida e schiva , chiusa nel suo paltò grigio…ma anche compiaciuta dalle attenzioni di lui.
E così, iniziarono a frequentarsi con il fermo intento, però, di rimanere, comunque sia, amici e solo amici.
Ma si sa che ogni migliore proposito, chissà perché, poi …prende sempre un’altra piega e ,quindi, lei , dopo mille titubanze, lo invitò a salire a casa sua ma , giusto per bere un tè; non di più.
Ed, invece, così non fu forse perché la vita non va mai come si vorrebbe o forse perché si era venuta a creare un’intensa complicità tra loro due. 
Lei così timida e riservata, lui ormai un fiume in piena…
Iniziò una storia d’amore, ma prima di approdare a questa decisione, così a lungo elaborata e sofferta, ella gli dovette confessare che condivideva la casa con una sorella dispotica ed ostile che, con lei viveva non tanto per affetto quanto per pura convenienza visto che l’appartamento era intestato, ahimè, ad entrambe.
Dunque la sorella mal sopportava la presenza di quel ragazzo che si vedeva così costretto, ad incontrarsi con il suo grande amore in momenti fugaci e soprattutto lontano da certi occhi indiscreti ed impietosi…
Ma anche il loro vicino del piano di sopra ,tal professor Milo ,non se la passava bene…
Da diversi anni era separato dalla moglie che era andata a vivere in una città molto lontana , portandosi via i tre figli. 
Lui , colto dalla disperazione, aveva iniziato a bere poiché si sentiva fallito come marito , ma ancor più come padre poiché impossibilitato a vedere le proprie creature.
Aveva tentato più volte di contattarli, ma i parenti di lei non gliel’avevano mai concesso e così il poveretto, solo e sconfitto , iniziò a fare mille strane congetture…
Intanto, non disdegnava di andare a consolarsi dalle due sorelle che abitavano sotto di lui… 
In particolare, aveva fatto presa su quella più anziana che si sentiva molto attratta sia dalla sua penosa storia, sia dalla sua fisicità…a tal punto, che sognava di poterlo incontrare nel proprio appartamento, in separata sede, senza la presenza ingombrante della “sorellina” e del suo scomodo fidanzato.
A ben pensarci, le due donne avrebbero potuto trovare una soluzione alternativa e pacifica o qualche espediente più sensato, per dirimere la questione.
Ma, si sa ,che i parenti non sono mai molto propensi ad andar d’accordo; semmai più proclivi a complicarsi la vita per il gusto e il piacere acclarato di farsi del male.
E così, le due sprovvedute, continuarono a farsi mille dispetti e ritorsioni.
Ma, anche l’inquilina del primo piano aveva le sue gatte da pelare, visto che doveva badare alla anziana madre affetta da una incipiente forma di demenza senile…
La giovane donna, nel prosieguo del tempo, vedeva sfiorire sempre di più il suo grande sogno e cioè quello di andare a studiare all’estero.
Talora , nei momenti di maggiore crisi, veniva assalita da pensieri che non le facevano onore, mentre imboccava l’esagitata mamma o le cambiava il pannolone.
Il padre, nel frattempo, se la spassava con una ragazza della sua stessa età.
Anzi ,spesso e volentieri, il “tenero” papà rimaneva fuori a cenare, se così si può dire,…con la sua nuova compagna, incurante della tragedia familiare che lo circondava.
Forse egli voleva sfuggire al dolore…oppure non era pronto ad affrontare una situazione così difficile ma, comunque sia ed ipotesi a parte, egli continuava a fare il ragazzino di sessant’anni, lasciando così alla figlia ogni onere; a scapito anche della sua stessa salute mentale. 
La figlia, del resto,più volte si era ribellata a questa forzata prigionia; più volte aveva scongiurato il padre di ritornare alla ragione, ma senza esito alcuno…
E così, ella ormai si sentiva in preda alla disperazione ,in virtù del fatto che non vedeva più un futuro per sé.
Peraltro, intorno a lei, c’era la solitudine e solo quella, poiché, al momento, nessuno poteva sostenerla nel suo arduo compito.
Quindi, per quanto tempo ancora la giovane sfortunata avrebbe potuto reggere ad una situazione così pesante?
Intanto che badava alla madre, sempre più confusa, agitata e delirante, pensava che doveva passare al contrattacco con ogni mezzo e,…se prima pregava, ora iniziava a preparare inquietanti rappresaglie.
Del resto visto che, i suoi sogni non gli avrebbe mai potuti esaudire, sperava ,almeno, di patteggiarli con il consenso e la benedizione di qualche entità superiore che dall’alto dirigeva quella sua vita così tormentata e sfortunata.
All’ultimo piano della stessa palazzina, abitava una sciccosissima ed appariscente signora che spesso e volentieri soleva litigare con la figlia. 
C’è da dire che la matura donna, si era separata da molti anni ormai ed aveva iniziato una convivenza, alquanto discutibile, con un bellimbusto che sfruttava la sua ricchezza e non più la sua bellezza quasi del tutto sfiorita.
La figlia era ,ovviamente, preoccupata poiché sapeva che prima o poi, la madre avrebbe dilapidato ogni suo bene in quanto in preda ormai ad una folle storia d’amore che pareva più che altro molto simile ad una follia pura ove l’amore non c’entrava nulla.
Ormai, la povera donna, non riusciva più a gestire nulla in modo razionale.
Preponderante era per lei l’intento di accontentare le esose esigenze dell’amante che non disdegnava ,di certo, di essere trattato al pari di un principino.
La ragazza , invece, si era messa con un giovane di belle speranze ma che apparteneva , suo malgrado, ad uno status sociale molto basso, anzi quasi scadente. Anche lei, folle d’amore, come sua madre del resto, voleva aiutarlo a studiare, visto che egli era privo di mezzo alcuno per farlo. 
Ma la madre, obnubilata irrimediabilmente dalla passione, era troppo intenta a coccolare il bell’”Antonio” per potersi curare di lei… 
Talora, la povera ragazza, in preda alla disperazione, si rifugiava a piangere in cucina dopo l’ennesimo rifiuto della mamma di concederle un aiuto finanziario. Anzi vi è da dire che , oltre ciò , la sciamannata spendacciona, contestava in malo modo il fatto che la figlia frequentasse un plebeo.
Probabilmente agiva in tal modo, per giustificare il proprio operato e non sentirsi così in colpa…
Comunque sia , perseverava in questo suo atteggiamento ostile ed impietoso.
Intanto …al terzo piano dello stesso stabile, abitava una nobildonna decaduta da molto tempo ormai, sia nel corpo che nelle sostanze economiche e così , dopo anni di fasti, di lussi condivisi con il marito ed i figli, si era improvvisamente trovata in cattive acque.
Aveva ,dunque, deciso , suo malgrado ,di vendere la nuda proprietà di quello immobile tanto amato e pieno di ricordi…
Allorquando, per l’appunto, viveva felice ed orgogliosa del suo status sociale molto invidiato, peraltro, dal resto dei condomini, che spesso si lasciavano andare a commenti sgradevoli e discutibili.
Morto il marito, però, tutto era cambiato improvvisamente; i figli avevano sperperato oltre modo ogni loro bene senza che ella avesse trovato il tempo di rendersene conto…forse distratta da una vita fin troppo agiata e facile.
Pertanto, qualcosa era sfuggito al suo controllo, ebbra com’era , di una felicità che ,ormai ,era finita prima del previsto.
E così, la improvvida anziana, si vide costretta a vendere in primis i gioielli di famiglia ed alla fine, su consiglio di molti, anche la nuda proprietà.
L’acquirente , manco a farla apposta, era uno dei condomini , quello più ostile per il vero, che l’aveva sempre detestata ed invidiata.
Ora il suo rovinoso crollo economico, era per lui una rivincita morale di non poco conto, visto che, la signora , negli anni migliori, non si era mai neanche lontanamente degnata di prenderlo in considerazione.
Giusto , talora, gli elargiva un saluto frettoloso che suonava come un rifiuto cortese ma, al contempo, raggelante.
L’uomo, ormai, sapeva di averla in pugno e non vedeva l’ora di contraccambiarle la cortesia; ed , intanto, che assaporava il piacere della vendetta, aspettava il suo trapasso per occupare l’agognato appartamento.
Ma la signora, a dispetto di tutti, godeva di ottima salute ,nonostante i suoi ottant’anni suonati…
Invero, se li portava male, era vecchieggiante sì …ma con una invidiabilissima salute di ferro. 
Il suo sguardo si era spento , così come la sua alterigia, ma il cuore reggeva con ostinato orgoglio. 
E così, va da sé che il suo vicino le faceva mille dispetti e le lanciava maledizioni di ogni tipo e che , per il loro contenuto, avrebbero spaventato anche il più consumato esperto di magia nera.
E, intanto, un’altra piccola tragedia familiare si stava consumando al primo piano dello stesso stabile, ove alloggiava una vecchietta in totale solitudine.
Aveva ,però con sé, un cagnolino che pareva persino più vecchio di lei, tant’era secco, rugoso e spellacchiato…
In compenso possedeva delle corde vocali possenti ,a tal punto, che , appena percepiva i passi di qualcuno, iniziava a latrare al pari di un alano.
Ma, quella piccola creatura, rappresentava da anni ormai l’unico conforto per quella sfortunata signora dimenticata dai figli e dalla vita.
Sullo stesso pianerottolo abitava , invece, una coppietta che mal sopportava l’anziana donna; eppure c’era da notare che, gli spocchiosi inquilini , giovani e con figli, si erano sempre dichiarati di sinistra e peroravano la causa dei più deboli, degli emarginati…
Ma ,tra le mura domestiche, palesavano le loro bassezze interiori più autentiche…
L’anziana signora, non li commuoveva per niente, anzi la consideravano antipatica e maleodorante alla stessa stregua del suo povero cagnolino. 
E , come se non bastasse gli incongruenti sinistroidi…, incoerenti anche nell’animo e nella mente, si lasciavano andare a liti furiose che riguardavano l’educazione dei figli preludio questo , ad una separazione imminente.
E, sempre , in questo condominio così variegato ed animato, abitava un giovane che
soleva litigare spesso e volentieri con la madre poiché non accettava la presenza del nuovo convivente di lei…egli la minacciava continuamente di andar via alfine di raggiungere il padre che tanto vagheggiava ed idealizzava.
Forse perché quell’uomo, più non era con lui a condividere il quotidiano…
Ed un altro giovane del piano di sotto , non dava di sé un bello spettacolo.
Reclamava a viva voce i propri diritti e, le sue parole accese ,venivano udite da quasi tutti i condomini.
Si accendevano furiose diatribe poiché egli pretendeva di sposarsi e di aprire un negozio… dimentico però del fatto, che i genitori non potevano fronteggiare le sue richieste.
Ma lui non voleva aspettare né addivenire a più miti consigli…accecato tra l’altro, da una gelosia morbosa nei confronti del fratello maggiore che in effetti aveva ottenuto ciò che gli spettava…
L’altro, rancoroso più che mai, aveva totalmente tralasciato un piccolo particolare e cioè che il suo congiunto , tanto detestato, aveva risparmiato a lungo per consentirsi alfine una vita più agiata… mentre lui, aveva vissuto al di sopra delle sue possibilità.
Ed una giovane donna che, viveva in un bilocale da qualche anno , era in preda alla disperazione più assoluta poiché abbandonata dal marito.
Ella ,dunque, non poteva più onorare le spese condominiali, tra lo sconcerto e lo sdegno degli altri inquilini, che speravano che ella venisse sfrattata al più presto…
Nel frattempo, però, aveva accolto in casa sua, il fidanzato della figlia che, nel tempo, cercava di aiutarla con il suo lavoro molto precario.
Ma, intanto , il giovane si sentiva molto attratto dalla bellezza di quella donna tanto sfortunata e non lo nascondeva, né cauto si mostrava agli occhi della fidanzata che iniziava così a manifestare, in modo acceso , il suo disappunto…
Da quella palazzina, or dunque quasi tutti i giorni, si sentivano echeggiare le voci concitate di persone infelici, che sognavano di fuggire da situazioni dolorose e spiacevoli ed intanto, più in là, di fronte al lungolago s’intravedevano due giovani seduti al tavolo di un bar.
Si baciavano e sognavano un futuro migliore, tra un caffé ed una sigaretta, mentre l’acqua del lago, sotto un’algida luna, sembrava ancor più piatta, grigia ed indifferente.

 

Franca Berardi

RACCONTO PUBBLICATO SU QUESTO SPAZIO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

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“Hallò Buda”, un racconto di Franca Berardi

Hallò Buda

racconto di FRANCA BERARDI

Era un locale fumoso, tetro, ma in quel posto tutto sembrava 
perfetto.
I tappeti odoravano di tappeti, le moquette di moquette, e i parquet, fin troppo scuri e consunti, conferivano un aspetto ancor più triste all’ambiente.
Grandi candelabri di cristallo, ornati di gocce e fregi dorati, fin troppo sontuosi, gravavano e troneggiavano in ogni dove…nei saloni circostanti; ed, intorno, quadri, specchi dorati, mobili stile rococò e pesanti tendaggi color bordeaux.
Tutto traboccava di ricchezza e d’abbondanza stilistica ostentata a dismisura in quel sontuoso albergo fine ottocento.
Fuori, il bel Danubio era sempre blu sebbene imperasse ormai l’inquinamento ed, intanto, sulle sue gelide acque, passavano battelli luccicanti di colori, mentre, per strada s’udivano gli schiamazzi di giovani ubriachi.
Urlavano a squarciagola e qualcuno aveva tirato fuori un coltello;
la sua lama scintillava sotto una vivida luna.
Ma lui non ci faceva caso; osservava distratto abituato alla violenza e al caos di quella zona sempre più bazzicata da ubriachi o malfattori.
Di fronte, sul fiume, sostava un barcone sfavillante adibito a ristorante; era stracolmo di gente che ballava, beveva e chiacchierava ad alta voce.
Le loro risate, si mescolavano ai rumori di sedie e bicchieri alzati per brindare.
Si brinda sempre a qualcosa…ogni scusa è buona purché si beva.
Intanto, lo sguardo di quell’uomo, si posò , alfine, su due ragazze; erano sedute ad un tavolino e parlavano di lavoro.
Ridevano in modo sguaiato e si agitavano sculettanti sulle poltroncine; avevano dei seni dispettosi che parevano quasi parlare.
Freschi, sfrontati, quasi uscivano dalle scollature molto abbondanti.
Lui era proprio di fronte a loro sprofondato in un divanetto rococò,; sudato, accaldato alla visione di quelle ragazze fin troppo disinvolte e disinibite.
Le desiderava a tal punto, che le avrebbe possedute lì all’istante per far prevalere la sua supremazia virile.
Le avrebbe amate e riamate ancora espletando tutte le fantasie possibili che la sua mente conteneva… lasciandosi andare ad ogni perversione fino allo sfinimento totale.
Nulla di cui sorprendersi ed indignarsi; tutti gli uomini del resto hanno più o meno le stesse fantasie; ma gli insegnamenti della Chiesa, che aveva subito suo malgrado, lo avevano devastato definitivamente.
E, pertanto, trovò quanto mai disdicevole quello che stava immaginando di fare e così tentò di allontanare quei suoi pensieri peccaminosi da se tentando di concentrarsi il più possibile su suoi progetti futuri.
Ed intanto sorseggiava lentamente un caffé lungo e amaro…fin troppo, ma a lui piaceva così, mentre, ad occhi chiusi, suo malgrado, immaginava donne discinte che ricamavano su pesanti broccati i loro sogni proibiti.
Al posto delle due civettuole, si sedé una donnina bruna, delicata, accollatissima, che appariva fin troppo pudica e morigerata.
Lo sguardo di lui indugiò a lungo ,mentre la osservava ed ammirava il suo profilo stagliato contro la luce di una finestra che aveva accanto a se.
Lui continuò a scrutarla con estrema attenzione: aveva labbra carnose, umide, grandi occhi neri e un nasino all’insù.
Poteva essere d’origine caucasica -pensò- ; ne aveva viste poche in giro e così rimase ancora per un po’ incerto.
Finì il suo caffé e, dopo qualche attimo di esitazione, decise di ritirarsi nella propria camera che soleva prendere in affitto, per qualche giorno, quando si trovava lì a passare.
Lei lo seguì e gli chiese, con gli occhi bassi e una vocina flebile, se poteva dormire con lui.
Lui, quanto mai sorpreso, rispose con un:” perché”.
Lei a sua volta ribatté: con un” non so!”.
La sua voce era sommessa, quanto mai timida ed impacciata, ma una volta a letto, lei si avventò su di lui con la furia di una valchiria.
Poi, quando si esaurì l’atto amoroso, si ricompose, si rivestì e tornò ad essere quella donna composta e riservata che lui aveva conosciuto;anzi assunse un’aria da maestrina seriosa e fece l’atto di uscire.
Lui le fu addosso ancora tremante e confuso e le chiese, trattenendole un braccio:” Ci rivediamo?”.
“Non lo so” –rispose lei-elusiva…
“E perché no?” – insisté lui- sempre più pressante.
“Perché sono sposata”.
“Sei sposata?” –eccepì lui- sorpreso e quasi sconvolto.
“Un po’ si e un po’ no”- a dire il vero- sussurrò lei – “tra me e mio marito non c’è più nulla”.
“Ragione in più , dunque, per stare ancora insieme?” –incalzò lui-.
Ma lei , svanì senza aggiungere altro, sempre più sfuggente, mentre lui si rivestì, si sistemò il cappotto, e si ravvivò i capelli.
Tutto era avvenuto così in fretta quasi in modo surreale, che ancora non ci credeva…non si raccapezzava.
Decise di tornare a casa, ma l’immagine di lei lo tormentava ancora…la vedeva in camera con lui, mentre lo baciava con passione e si dimenava sul suo corpo.
Ormai era buio e Buda offriva il meglio di sé; splendidi palazzi sfavillanti ,illuminati a giorno, trionfavano sui bordi del Danubio.
A casa c’era sua madre e la sorella ad aspettarlo; ma lui era oltremodo seccato e scostante; per un istante, si era sentito, come violentato da quella strana donna che era entrata prepotentemente nella sua vita e lui non ci stava…certe cose non funzionano così –pensava-… 
Voleva averla ancora, ma come diceva lui! Era pur sempre un uomo, santo Cielo!
Entrò in casa, quanto mai nervoso e di pessimo umore.
Non voleva mangiare né scambiare parola alcuna con le due donne che lo osservavano in silenzio abituate ormai ai suoi sbalzi d’umore.
Entrò d’impeto nella sua camera, si buttò sul letto, e cercò nuovamente di immaginarla con gli occhi chiusi.
Non si era nemmeno spogliato, preso com’era da lei.
Ormai quella donna gli era entrata dentro, ma tutto si era consumato così velocemente, che quasi iniziava a pensare che , quella strana creatura, fosse solo il frutto di una sua fantasia.
Ed, invece, a distanza di qualche giorno, la rivide su un treno; era lei senza ombra di dubbio…abbracciata ad un uomo alto, distinto e
brizzolato.
Forse era il marito- pensò- o un amante occasionale.
La osservò ancora mentre lei si stringeva all’altro; poi fu lei a vederlo.
Rimase stupita e il suo visino arrossì di colpo, ma il suo sguardo era profondo, intenso, acuto come un dardo , come un invito, una promessa.
Lui, decise così di prendere quel treno.
Era affollatissimo, ma riuscì ,comunque sia, a raggiungerla…ormai nulla poteva più fermarlo.
Era sempre più vicino a lei, poteva toccarla, accarezzarla e lo fece spudoratamente ma con estrema delicatezza fin quasi a sfiorarla… mentre l’altro sembrava distratto o intento a tenera a bada la calca di gente che, sempre più incalzante, premeva per cercare posto.
Lui continuò a blandirla teneramente, le sussurrava parole d’amore; lei, intanto, sembrava percorsa da fremiti e sussulti.
Quasi pareva respirasse a fatica.
Alla fine lui scese soddisfatto, eccitato; sentiva con estrema sicurezza, che lei l’avrebbe seguito e così si sarebbero rivisti in quello albergo… come se le avesse ormai strappato una promessa, un consenso.
Tornando a casa, passò da Pest che le appariva ancor più bella, ammiccante e languida come una femme-fatal mollemente adagiata sul Danubio che dolcemente la lambiva.
Il giorno dopo tornò in quell’albergo tetro e fumoso ; affittò la solita camera ed aspettò per giorni e giorni ancora.
Ma lei non si fece viva e così, lui disperato, come in preda ad uno stato di pura esaltazione, si lasciò trascinare da ogni tipo di sentimento che poteva solo nuocere alla sua già precaria salute.
Iniziò a subdorare che forse qualcosa gli era sfuggito: magari un dettaglio, un abbaglio o un maledetto imbroglio…
Alla fine decise di andar via, mentre ancora dentro di sé, malediva quella donna e quello strano incontro che l’aveva inesorabilmente stregato.
Ma, mentre scendeva nella hall, sorpreso, la intravide seduta ad un tavolino con quello stesso uomo incontrato sul treno; anzi fu proprio lui che , con un cenno della mano, lo invitò a sedersi accanto a loro.
Sorridevano e bevevano un lungo caffé.
Dunque lo aspettavano- pensò- tremante…non era un caso!
Ogni ipotesi poteva essere plausibile, così come ogni ragionevole dubbio, ma lui avrebbe accettato qualsiasi cosa…sarebbe sceso a qualsiasi compromesso pur di averla.
Ormai , dunque, tutto poteva accadere, tutto si poteva compiere al di là di ogni possibile previsione in quella città piena di mistero, magia e pathos.

 

di FRANCA BERARDI

 

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