Pistole e tradimenti in Carne trémula (1997)

Pedro Almodóvar è sicuramente il regista spagnolo più innovativo e trasgressivo degli ultimi venti anni. Ha portato in scena personaggi e storie scomode: la transessualità di Todo sobre mi madre (1999) e in La mala educación (2004), l’eutanasia in Hable con ella (2002), la paraplegia in Carne trémula(1997).

I suoi film si caratterizzano per presentare molti personaggi le cui storie, le cui vite, giungono a intrecciarsi in maniera stupefacente durante vari piani temporali. Nella gran parte dei film di Almodóvar c’è infatti un prima e un dopo e spesso iniziano proprio dal dopo, dall’attualità, raccontando la storia com’è in quel momento e solo in un secondo momento con flashback, racconti e retrospezioni si passa a raccontare il passato, proprio come avviene in Hable con ella.  Si tratta sempre di un passato difficile, dove domina una vita da emarginati, da reietti o dove più spesso si sono sviluppate vere e proprie tragedie familiari, lutti, assassini e crimini in piena regola. Non è un mondo felice quello che ci presenta Almodóvar ma è sicuramente molto verosimile ed attuale. Infondo, anche il mondo nel quale viviamo non è per niente felice.

In questi mesi, secondo quanto ha rivelato la stampa spagnola, il regista manchego sta girando le riprese dell’ultimo film che uscirà, probabilmente a Settembre di quest’anno. Si intitola La piel que habito; nella storia Almodóvar si è rifatto direttamente del romanzo Tárantula di Thierry  Jonquet pubblicato nel 1995. Il regista ha dichiarato in un’intervista: «Es una historia durísima de venganza, con chicos y chicas y un personaje muy diabólico que me está costando ponerme en su piel». Staremo a vedere che tipo di film ha ideato questa volta il grande regista.

Intanto, visionando le sue meno recenti películas mi sono soffermato suCarne trémula, un film uscito nel 1997 e poco conosciuto in Italia. Il titolo è molto forte e la ‘carne’ a cui si fa riferimento nel titolo richiama la debolezza della carne, i peccati carnali dell’uomo. In tutto il film dominano infatti una serie di tradimenti che porteranno poi a delle vere e proprie tragedie.

La storia inizia nel gennaio del 1970 a Madrid quando una donna dà alla luce su un autobus in piena notte un bambino. Poi si cambia piano temporale e ci troviamo sempre a Madrid nel 1990 dove Victor (Liberto Rabal), il bambino che venti anni prima era nato proprio su un autobus si trova a vagare per la notte su di un autobus fino a che non scopre dove vive Helena (Francesca Neri), la ragazza con la quale ha avuto il suo primo rapporto sessuale in una discoteca. Victor sale in casa della donna la quale è particolarmente nervosa proprio perché è in astinenza dalla droga e chiede a Victor di andarsene. Tra di loro c’è un litigio e la donna spara un colpo di pistola che però non raggiunge Victor. Nel frattempo una vicina di casa dà l’allarme alla polizia. Sul posto giungono due poliziotti: Sancho (José Sancho), depresso perché consapevole che sua moglie lo tradisce e dedito all’alcool e David (Javier Bardem).

I poliziotti entrano nell’appartamento e Victor, per difendersi sebbene non abbia fatto niente, viene trovato con la pistola nella mano e quindi creduto colpevole. C’è uno scontro corpo a corpo tra Sancho e Victor mentre David riesce a mettere in salvo Helena. Dalla pistola di Sancho parte un colpo che colpisce il collega David. Victor viene arrestato e viene mandato in prigione mentre David a seguito di una lesione del midollo spinale causato dallo sparo sarà costretto a vivere per sempre su di una sedia a rotelle.

Quattro anni più tardi, nel 1994, Victor esce di prigione ereditando il denaro che la madre morendo gli ha lasciato. Si reca al cimitero per visitare sua madre e lì vede, non visto, Helena con David, oramai sposati, che stanno prendendo parte al funerale del padre di lei. Victor si avvicina a Helena a farle le condoglianze e lei lo riconosce ma di tutta prima non dice niente al marito. Intanto, al cimitero il ragazzo conosce Clara (Ángela Molina), una signora insoddisfatta dalla vita e che si innamorerà del giovane, iniziandolo al sesso.

Victor ora che è libero è deciso a ricostruire il suo rapporto con Helena e la cerca sul luogo di lavoro, un asilo per bambini maltrattati e lì, dopo iniziali asti, Helena lo assume come maestro per bambini. Quando il marito David viene a conoscenza del fatto si arrabbia molto e va a cercarlo nella sua casa malandata per metterlo in guardia a lasciar perdere sua moglie.

Intanto veniamo a sapere che Clara non è altro che la moglie del poliziotto Sancho e che la loro relazione è ormai agli sgoccioli. Lui sta tentando di ricostruire il legame ma Clara ormai gli si è allontanata troppo e lui è consapevole che lo tradisce. Lui è violento e la picchia. Capiamo che Sancho quella sera della sparatoria aveva premuto il grilletto contro David (anche se dello sparo era stato poi condannato Victor) perché sapeva che sua moglie lo tradiva con il collega David.

Clara si innamora di Victor ma lui gli dice che non deve farlo perché lui è interessato ad Helena e così la donna lascia casa sua molto abbattuta.

Si capisce che il matrimonio tra Helena e David più che dettato da vere motivazioni d’amore è stato dettato da un sentimento di compassione di Helena nei confronti di David che aveva perso l’uso delle gambe proprio a causa sua e, una sera si abbandona a una notte di sesso con Victor. Quando Helena rifiuta il marito dicendogli che è stanca perché ha fatto sesso tutta la notte con Victor l’uomo medita la vendetta. Si reca dal collega Sancho al quale mostra delle foto che ha fatto e in cui sua moglie si trovava in compagnia e in casa di Victor. David aizza Sancho a compiere un insano gesto nei confronti di Victor per liberarsi di lui. In questo modo, scoperto chi è l’uomo con il quale la moglie lo tradisce, Sancho si reca a casa di Victor. Lì trova Clara la quale ha appena terminato di scrive una lettera d’addio a Victor, prima di volersi suicidare. Le pistole compaiono un’altra volta. Clara punta una pistola contro Sancho e quest’ultimo la punta contro di lei. Clara ha ormai deciso di lasciarsi morire perché la sua vita non ha più senso e Sancho, abbattuto dai tradimenti della moglie, non ha più voglia di vivere così l’uno spara all’altro. Clara cade subito a terra morta mentre quando Victor torna a casa Sancho è ancora vivo. Sancho tenta di sparare verso Victor.

La storia termina con David che ha abbandonato la moglie alla quale scrive una lettera e con Victor ed Helena che sono finalmente uniti. L’ultima scena del film, di Helena che accompagnata da Victor su di un taxi sta partorendo, si ricollega alla scena iniziale del film. Un finale moderatamente dolce se si prende in considerazione la sequela di spari e tradimenti che si dispiegano lungo tutta la storia.

Un’affascinante storia di amore e morte, tipicamente almodovariana, in cui i destini dei personaggi si legano casualmente per formare un’intricata rappresentazione della vita nella quale non domina il bello e il semplice ma il peccato e la corruzione dell’animo umano.

Buona visione.  


QUI E’ DISPONIBILE LA MIA RECENSIONE A “TACONES LEJANOS”, altro film di Pedro Almodovar.

 

LORENZO SPURIO

02-05-2011

Una sconfinata giovinezza (2010)

Il film Una sconfinata giovinezza (2010) del regista Pupi Avanti affronta la storia di Lino (Fabrizio Bentivoglio) e Francesca (Francesca Neri), una coppia sentimentalmente affiatata che viene destabilizzata dall’insorgenza del morbo dell’Alzheimer che colpisce Lino.

Lino Settembre scrive articoli sportivi per il giornale Il Messaggero mentre sua moglie Francesca è professoressa  universitaria di filologia romanza. Il film non si sofferma tanto a dipingere la storia d’amore della coppia e i suoi momenti felici e spensierati ma piuttosto sottolinea come la malattia degenerativa di Lino venga a significare un chiaro elemento di rottura della coppia.

Il film si apre con Francesca che accompagnata da un taxi si reca in un posto in campagna nella provincia bolognese per cercare qualcuno. E’ inverno e la giornata è particolarmente fredda, Francesca, triste ed invecchiata, si ferma ad osservare la campagna. Non sappiamo che cosa sia successo e chi stia cercando.

La storia si sviluppa su di diversi piani temporali che comprendono il tempo presente della relazione tra Lino e Francesca che viene minata dalla malattia di Lino e il tempo passato, la rievocazione del passato e dell’infanzia di Lino.

Nel film Lino perderà progressivamente la memoria, non riuscirà più a mantenere il suo lavoro di giornalista sportivo, e diventerà aggressivo nei confronti degli altri, compreso con sua moglie che da lui viene picchiata. Il film vuol mettere in luce come una coppia un tempo felice e spensierata possa trovarsi a fare i conti con una malattia non mortale ma che porta progressivamente alla perdita della memoria e quindi del ricordo e degli affetti.

Francesca decide di rimanere vicina al marito lungo questo percorso anche se le sue condizioni vanno peggiorando di giorno in giorno. Quando la malattia porta Lino ad usare la violenza su di lei Francesca decide che è meglio lasciare la casa e va a vivere momentaneamente da sua sorella. Lino viene accudito da due badanti.

Con ampie retrospezioni veniamo a conoscenza della vita precedente di Lino, della sua infanzia. I suoi genitori morirono quando lui era ancora molto piccolo in un tragico incidente stradale dal quale si salvò solo il cane, Perché. Il fratello del padre tenne per un periodo il ragazzo, accompagnandolo poi da sua zia materna, in campagna bolognese, a Sasso Marconi. Lì visse per un periodo, stringendo amicizia con due ragazzi del luogo dopodiché venne indirizzato agli studi.

C’è un buco, una grande ellissi tra l’infanzia di Lino e la sua relazione pluridecennale con Francesca che sappiamo essere stato coperta solo dal suo lavoro giornalistico e dall’amore verso Francesca. La coppia non ha mai avuto figli.

La malattia di Lino si fa sempre più grave e, superata ormai la fase aggressiva e violenta, si ritrova a compiere azioni e comportamenti caratteristici dell’infanzia: studia le tabelline, gioca con dei tappi su di una pista disegnata sul pavimento. Quando Lino scrive una lettera a sua moglie, ricordandola vagamente, lei va a visitarlo e decide di ritornare a vivere con lui. Se prima Lino era stato violento e pericoloso anche nei suoi confronti, ora è completamente inerme e docile, come un bambino. E’ l’occasione di Francesca per considerarsi madre di quel bambino che non ha mai avuto e di prendersi cura di lui in maniera materna: lo fa giocare, lo aiuta con le tabelline. E’ proprio qui che risiede il significato del film, di quell’eterna giovinezza che caratterizza Lino il quale ha perso la sua identità, il suo presente e l’unica cosa che gli consenta di sentirsi veramente qualcuno è il passato, gli sprazzi indistinti della sua infanzia. Per questo il film parla di una sconfinata giovinezza, di un’età infantile che si protrae, a causa della malattia, a dismisura fino alla maturità ed oltre. Questo può richiamare alla mente il film Il curioso caso di Benjamin Button dove mentre le persone normali si invecchiano con il passare del tempo, Benjamin Button, nasce vecchio, con vari disturbi tipici di un’età avanzata (artrosi, sordità, etc) e con il passare del tempo diventa sempre più giovane, ripercorrendo le varie fasi di crescita ma secondo un ordine inverso.

Quando alcuni ricordi confusi dell’infanzia fanno capolino nella mente caotica di Lino, decide di ritornare sul luogo della sua infanzia, a Sasso Marconi. Affronta il viaggio da solo senza comunicarlo a nessuno; prima va in treno e, una volta alla stazione di Bologna, prende un taxi che lo accompagna fino a Sasso Marconi. Lì cerca quelli che erano stati i suoi compagni e il suo cane che aveva dovuto abbandonare quando aveva iniziato gli studi. Nessuno se lo ricorda, lui è profondamente malato. Alla fine Francesca riesce a rintracciarlo a Sasso Marconi e si mette in viaggio assieme al fratello per andarlo a cercare. In questa maniera si conclude il film, ricollegandosi con la scena d’apertura. Lino, malato di Alzheimer, si è perso e nessuno riesce a trovarlo.

Un film molto appassionato e strutturato che riesce a tenere saldi capi di matasse diverse, quella dell’amore e della sua fragilità, quella della malattia, quello della perdita di memoria, d’identità e dei ricordi e quello della mancanza di maternità. Un film che dipinge magistralmente una condizione disperata e particolarmente realistica che potrebbe svilupparsi in una qualsiasi famiglia, addirittura con lo stesso finale d’incertezza e d’inquietudine per l’amato scomparso.

 

 

LORENZO SPURIO
11-03-2011

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