“Il grido della terra” di Fabio Clerici, recensione di Lorenzo Spurio

Il grido della terra 
di Fabio Clerici
TraccePerLaMeta Edizioni, 2013
 
Recensione di Lorenzo Spurio 

grido-della-terra-fabio-clericiQuesto libro è un chiaro esempio di come la letteratura non debba e non possa essere meramente per diletto e volta all’intrattenimento, ma debba essere mossa da ragioni di carattere sociale e da un intento solidaristico che ha necessità di essere diffuso con attenzione e rispetto. Il libro di Fabio Clerici che il lettore si approssima a spaginare e a fruirne il contenuto è un resoconto di un “viaggio” un po’ particolare, particolare perché ha in sé solo un elemento tipico del viaggio, ossia quello dello spostamento fisico di una persona dal suo luogo originario. Non si parlerà di visite, fotografie e bisbocciate ma, al contrario, sarà una spedizione umanitaria spinta da un chiaro intento di aiuto, sostegno in una realtà drammatica dettata da Madre Natura. Si susseguono nel libro le descrizioni puntigliose con riferimenti ad orari, toponimi, durate, percorsi le vicende –trattate quasi in maniera cronachistica- come lo farebbe un reporter, un inviato sulla scena in questione, di un uomo che ha preso parte a una missione d’amore e di coraggio nei confronti dei suoi simili.

Il luogo dove si svolgono le vicende narrate è quello della zona emiliana attorno a Rovereto, Finale Emilia e Mirandola dove nel Maggio del 2012 la rabbia della natura scatenò una serie di scosse di importante magnitudo seminando morte, distruzione e abbattendo gli animi della gente: “Il disperato volo di due civette da un cornicione crollato, una folata di vento gelido che colpì alle spalle gli uomini in divisa e un violentissimo boato, furono il prologo di alcuni, interminabili secondi, ove la terra iniziò a sussultare, indietreggiando e avanzando”.

Nella narrazione, dove pure si sottolineano alcuni seri disagi che possono intercorrere in casi di dopo-sisma, come il bieco fenomeno dello sciacallaggio tra i ruderi delle case crollate e l’importanza e al contempo la pericolosità di mettere in salvo persone a mobilità ridotta, anziani e addirittura animali, il testo vira nella parte finale verso una ricerca delle cause, delle concause, come se l’autore voglia mettere sotto processo la natura. La natura che ci ha messo al mondo è benevola ed edenica, ma sa anche essere beffarda e irragionevole colpendo l’uomo alle spalle, lì nei piccoli borghi di provincia, di notte, come una tremenda sterminatrice che risucchia al suo interno per mezzo delle spaccature della terra. La possibilità che il sisma emiliano abbia potuto avere una correlazione con il poco noto fenomeno geologico di sfruttamento delle profondità terrestri da parte dell’uomo, denominato fracking, viene presa in considerazione.

Ma intorno a tanta desolazione, ai paesi spazzati via dall’onda d’urto, rimane la grande dignità del popolo che sa rimboccarsi le maniche e che vuole continuare a lavorare per un futuro: il protagonista assieme alla sua squadra (e a quelle di moltissime altre divisioni e dipartimenti giunte da tutta Italia) darà sostegno e protezione a rischio della propria vita e contribuirà ad inaugurare una nuova fase per la vita di quei luoghi che immancabilmente potrà iniziare solo con l’ordine di abbattimento degli edifici pericolanti.

Ci sarà la ricostruzione delle case e delle chiese e lentamente anche quella degli animi.

Nulla si dimenticherà e quelle ferite che la madre terra ha prodotto sugli edifici e sul terreno, dividendo l’unità e la coesione di cui sempre era stata figura, rimarranno nei cuori di chi ha vissuto quella tragedia. Ferite che non si rimargineranno mai come osserva una ragazza che ha vissuto sulla sua pelle il terrore di quel terremoto nelle lettere finali dove si susseguono frasi paurose e al contempo pregne di dolore in grado di far stringere il cuore al lettore tranquillo sulla sua poltrona mentre sta leggendo. Perché eventi come questi cambiano la vita e la prospettiva dell’uomo con il mondo: “Ritenetevi fortunati perché non collocate gli avvenimenti prima e dopo il terremoto […] Sorridete perché scrivendo su Google immagini il nome del vostro paese non usciranno foto di case crollate”.

L’esperienza di Fabio Clerici ci è utile per avere una prospettiva diversa sulle gravi condizioni di un dopo-terremoto, su uno scenario simile all’apocalittico The Waste Land di T.S. Eliot. Ma non si tenderà al nulla, alla vanificazione di tutto e alla pietrificazione della disperazione: dal misto di sangue, sudore, calcina, acqua, fango, dolore e terrore, ci si incamminerà verso una ricostruzione che, come tutte le ricostruzioni, non sarà facile né lenta. Di certo Fabio Clerici con questa opera consente di aggiungere un mattone in più in quel processo di riedificazione materiale delle città distrutte e contribuisce con un tiepido conforto a sostenere coscienze sopraffatte dalla tragedia.

Lorenzo Spurio

“Il grido della terra” di Fabio Clerici, recensione di Marzia Carocci

“Il grido della terra” MISSIONE EMILIA
 di Fabio Clerici
 TraccePerLaMeta Edizioni, 2013
Recensione a cura di Marzia Carocci
GRIDO-~1Fabio Clerici ha passato tre mesi in missione di soccorso in Emilia, dopo il tragico evento del sisma che ha distrutto, terra, famiglie e quotidianità di una vita normale.
Un libro che attraverso i suoi tredici racconti ,  le sue testimonianze , le fotografie,  diventa un autentico  reportage che attira il lettore in qualcosa che porta alla riflessione e alla consapevolezza di quanta violenza  può produrre una natura che dovrebbe amare i suoi figli.
Un libro che commuove, che ci fa sentire testimoni di uno scempio contro il quale non si può fare nulla se non ricostruire, tassello dopo tassello ogni piccola cosa, ogni   quotidiano gesto, ogni bisogno di normalità perduta.
L’autore, attraverso i suoi personaggi , uomini e donne in divisa, attraverso la loro sensibilità e caparbietà nell’aiutare, ci mostra uno sfondo surreale, dove ha importanza anche una semplice foto, un sorriso e un grazie, dove si respira l’essenza di chi ha subìto, un’essenza fatta di coraggio, di speranza dove le lacrime non servono, ma è utile l’aiuto, la comprensione, la tenacia di esistere e persistere nonostante  la terra tremi e spesso faccia sentire il suo latrare continuo .
Racconti di testimonianze dove tutto è utile; il servizio antisciacallaggio,come supporto alle vittime del terremoto,  quel cancro del male che non teme il dolore altrui, ma anzi, cerca di trarne vantaggio sporcando e infangando una terra già martoriata e denigrata; c’è bisogno di psicologi per aiutare i bambini a recuperare e assorbire l’impatto con il terrore e il cambiamento repentino di vita, ormai lontana dall’essere infanti,poi  serve la mano, l’abbraccio, la pacca sulla spalla, la parola all’anziano e a chi ha perduto irrimediabilmente ciò che è stato della propria vita.
La scrittura di Fabio Clerici è fluida, ricca di particolari e nonostante l’ambientazione, la situazione e la crudeltà dell’accaduto, egli non indurisce l’idioma, anzi ne fa quasi carezza come se volesse usare  una sensibilità particolare alla descrizione di tanto male, egli infatti sottolinea anche passaggi molto commoventi, come l’importanza di una foto per una donna che ormai non ha più niente, la foto di un figlio deceduto giovanissimo, così come descrive la riconoscenza della gente, ricordando i sorrisi, il rispetto, l’educazione.
Dal libro viene fuori un quadro ricco di colori dove non prevale solo il nero, ma tante sfumature di rosa che fanno parte della speranza, della voglia di farcela , il cuore pulsante  di una popolazione coraggiosa, forte, esemplare: quella degli Emiliani, uomini e donne  che nonostante la terra e le sue scosse, l’abbiano inginocchiati, graffiati, insultati, violentati, hanno saputo rimboccarsi le maniche nonostante tutto.
 Grazie all’aiuto fondamentale di gente straordinaria come Fabio Clerici e tutti i volontari del servizio civile e gli agenti di Polizia Locale , questa popolazione non si è arresa e forse sono loro, proprio loro, il GRIDO DELLA TERRA più forte e imponente , l’urlo della difesa alla vita e alla normalità dell’essere umano!
MARZIA CAROCCI

“Ombre di macchia” di Roberta Borgianni, recensione a cura di Lorenzo Spurio

Ombre di macchia

di Roberta Borgianni

con prefazione a cura di Anna Intartaglia

e postfazione a cura di Carmine Valendino

Onirica Edizioni, Milano, 2011

ISBN: 978-88-96797-28-0

Prezzo: 9,50 Euro

 

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

La poesia che apre la raccolta, “Ombre di macchia”, è anche quella che dà il titolo all’intera raccolta. Da subito ci si rende conto, che la poetica della Borgianni è ricca di colori e sfumature, come pure di riferimenti al mondo della natura. La poetessa arricchisce le sue liriche di elementi che appartengono alla grande Dea Madre per evidenziare, forse, la grandezza e la complessità di essa. E’ una poetica dolce e intimistica, a tratti sensuale, dalla quale traspare un forte legame tra la donna intesa come essere umano e la madre terra intesa, invece, come la Natura incontaminata e primigenia. Le descrizioni naturalistiche della Borgianni, i dettagli dell’ambiente, le tinte di fiori e piante, sono tutti elementi che convergono con l’unica intenzione di dare un’immagine vivida e pulsante di quello che c’è attorno a noi tutti i giorni, anche se raramente ce ne rendiamo conto. La sua scrittura “fauvista” – per citare un termine utilizzato dalla Intartaglia nella prefazione – , lo è a mio avviso nell’utilizzo della tecnica (quello delle pennellate veloci con tinte sgargianti e spesso dai colori caldi e brunastri) ma non nell’effetto finale. Le sue poesie, infatti, al termine della lettura si configurano come quadretti naturalistici quasi arcadici, in parte utopici, i cui colori per nulla stridono, e non generano ansia o smarrimento. Tutt’altro. Danno, invece, un’immagine fotografica, spesso realistica di quello che c’è attorno a noi e che solo occhi e menti sensibili ed attente riescono a percepire. Conservando la metafora della Intartaglia, mi azzarderei a definire la poetica della Borgianni come quella di un fauvista addolcito, dai componimenti strutturati e materici e da un animo puro, suscettibile allo spettro dei colori.

In “La sposa del mare” la poetessa offre un parallelismo molto ben costruito tra il mare spumoso e la sposa basandolo sulla comunanza del colore immacolato dei due e conclude magistralmente: “Sulle nere bordure di scoglio/ l’onda rincalza la schiuma/ e poi d’improvviso ricade…/ come pizzo strappato/ all’abito della sua sposa”. Lodevole anche “La Venere e il geco” in cui la Borgianni fonde in un testo unico una sorta di preghiera laica a un divertente avvistamento sul muro di un giardino di notte. E nell’attenta descrizione botanica che la Borgianni fa delle numerose varietà di piante ed erbe è la vegetazione mediterranea ad essere sovrana (timo, croco, menta, capperi, salvia, basilico, mirto, quercia).

Nella parte finale della silloge sono riportati vari esperimenti poetici della Borgianni a quattro mani con altrettanti poeti tra cui Carmine Valendino, Daniela Cattani-Rusich, Leonarda De Cristoforo, Luciano Tarasco, Michele Biglia e Gianmaria Ghillani Sforza.

I versi della Borgianni si susseguono tra scenari campestri, agresti, silvani e il tutto rimanda a una completa e continua identificazione panteistica della poetessa con la natura che la circonda. Una sorta di panismo per nulla forzato ma che, anzi, si rinnova inconsapevolmente senza ridondanze pagina dopo pagina. Ma è anche un chiaro invito a lasciarsi andare, a sapersi prendere poco sul serio e a scoprirsi giorno per giorno, lasciando fare al caso quello che vuole, per sorprenderci e farci cambiare percorsi. Non da ultimo, è un modo per proiettarsi in spazi altri, per farci spaziare e sognare ad occhi aperti, renderci pianta o animale, acqua o acero. “Se passeggi tra le nuvole/ troverai anche la luna” conclude in “Mele cotogne”.

 A CURA DI Lorenzo Spurio


Chi è l’autrice?

Roberta Borgianni è una poetessa toscana. Ha pubblicato Labirinti (Onirica Edizioni, Milano, 2010) e Ombre di macchia (Onirica Edizioni, Milano, 2011). E’ socia fondatrice dell’Associazione Culturale LunaNera e partecipa a reading letterari e poetici.

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