In questi giorni è stata diffusa la notizia della creazione di una nuova casa editrice, Taut Editori, con sede a Milano, su progetto e direzione del poeta e critico letterario Alberto Pellegatta. Nel comunicato stampa del lancio si legge: “Taut Editori nasce da una visione chiara della qualità letteraria. Dietro al marchio […] c’è un comitato scientifico internazionale composto da poeti, scrittori e filosofi, tra cui Carlo Sini e Jack Underwood, inglese del ‘86 pubblicato da Faber&Faber. Taut indagherà le nuove voci inserendole in un contesto storicizzato: le uscite dei giovani autori saranno sempre affiancate da volumi di maestri contemporanei o del passato, per sostenere un’idea di letteratura come cammino collettivo. […] Taut editori mette al centro il lettore, e lo fa proponendo in presa diretta ciò che si sta scrivendo in Italia e all’estero”.
La prima pubblicazione del nuovo marchio è l’antologia Planetaria – 27 poeti del mondo nati dopo il 1985, a cura di Massimo Dagnino e Alberto Pellegatta (p. 228, € 13, ISBN: 978-88-945100-1-0) la cui presentazione al pubblico si terrà sabato il 15 febbraio alle ore 17 presso lo Studio d’Arte del Lauro – Via Mosè Bianchi 60 a Milano.
Gli autori antologizzati sono introdotti da una scheda bio-critica a cura di poeti già consolidati come David Keplinger, Jack Underwood e Erika Martinez. In queste pagine si passerà dai malagueños Cristian Alcaraz e David Leo alla poetessa siciliana Dina Basso. All’ironia anfibia di Alessandro Biddau (1995) e Manuel Micaletto (1990) risponde quella scoperta e iperbolica di Augusto Ficele (1992). L’inglese Ella Frears riesce a neutralizzare la finta combinazione dei ruoli nelle dinamiche emotive. Autori che si sono affacciati recentemente per mezzo di convincenti opere prime, come l’umbro Simone Burratti e il fiorentino Lorenzo Cianchi. Presente un gruppo romano cui appartengono Gabriele Galloni e Antonio Merola, entrambi attivi nella prosa. Il volume spazia dal giovanissimo Mario Gennatiempo, che vive a Salerno ed è nato addirittura nel 2000, a Federica Gullotta di Faenza e Michele Lazazzera, nato a Matera ma cresciuto a Roma e ora architetto in Belgio. E non manca il russo Aleksandr Malinin che indaga l’inquietudine «ottusa» e meccanica del corpo dentro al sentimento. Unici milanesi sono Iacopo Pesenti (1990), pittore già noto agli addetti ai lavori, Gerardo Masuccio – nome tutt’altro che ignoto nell’editoria italiana, per la sua partecipazione alla resurrezione di un marchio storico come Bompiani –, l’outsider Riccardo Zippo e il celebre artista Diego Marcon, qui alla sua prima prova in versi. Tra le conferme degli anni ‘80 troviamo il bergamasco Luca Minola e il nocerese Francesco Maria Tipaldi. Il venezuelano Adalber Salas Hernández, newyorchese d’adozione, propone invece una personalissima forma di epica mentre, a chiudere la rassegna, sono la poetessa cambogiano-statunitense Monica Sok, «cresciuta tra i campi di granoturco e le carrozze amish di Lancaster, in Pennsylvania», il portoghese Tomás Sottomayor (1994), tradotto da Roberto Maggiani, e la poetessa asturiana Sara Torres. Anche il tema dello sradicamento è quindi presente: in Sok, diventa eco del paesaggio abbandonato dai genitori per fuggire ai khmer. Un trauma ereditario che altera la sua percezione del mondo.
I giovani poeti invitati sono: Cristian Alcaraz (Spagna, 1990), Dina Basso (Scordia, CT, 1988), Alessandro Biddau (Genova, 1995), Simone Burratti (Narni, TR, 1990), Riccardo Canaletti (Macerata, 1998), Lorenzo Cianchi (Certaldo, FI, 1985), Davide Cortese (Genova, 1994), Augusto Ficele (Terlizzi, BA, 1992), Ella Frears (Inghilterra, 1991), Gabriele Galloni (Roma, 1995), Mario Gennatiempo (Cinquefrondi, RC, 2001), Federica Gullotta (Faenza, 1991), Michele Lazazzera (Pisticci, MT, 1995), David Leo (Spagna, 1988), Aleksandr Malinin (Russia, 1991), Diego Marcon (Busto Arsizio, VA, 1985), Gerardo Masuccio (Battipaglia, SA, 1991), Antonio Merola (Roma, 1994), Manuel Micaletto (Sanremo, 1990), Luca Minola (Bergamo, 1985), Iacopo Pesenti (Milano, 1990), Adalber Salas Hernández (Venezuela, 1987), Monica Sok (USA, 1990), Tomás Sottomayor (Portogallo, 1994), Sara Torres (Spagna, 1991), Francesco Maria Tipaldi (Nocera Inferiore, SA, 1986), Riccardo Zippo (Gagliano del Capo, LE, 1992).

Il 1994 è l’anno del romanzo Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Una maestosa storia d’amore e di rock parrocchiale; vi è raffigurato un tipico scenario degli anni Novanta, uno spazio in cui gli adulti sono accentuate nella loro condizione di emarginazione. Gli amori vissuti sono perennemente tristi e la vita è immensamente illuminata. All’interno di questo mondo c’è il giovane diciassettenne Alex D. del quale è narrata la storia attraverso un lungo flash-back mediante una voce onnisciente. Alex, dopo varie peripezie, riuscirà a consumare un’esistenza “anarchica” e oltre il “piccolo mondo facile”, che i suoi genitori hanno creato attorno a sé. Punto vitale del romanzo è la storia d’amore platonico, fra il giovane Alex D. e Adelaide, che è una storia a sua volta colma di rimandi melodici e cinematografici collocati all’interno di una scenografia composta da accadimenti quotidiani, dell’età dei protagonisti (scuola, ore d’aria amici, vacanze-studio, litigi genitori-figli). Una storia d’amore che è consumata dai due ragazzi, senza nessuna cornice precettistica, ma unicamente con un pungente sarcasmo studentesco. Un Alex D. che è in realtà un finto ragazzo vestito da “hardcore boy”, al tempo stesso è anche un ragazzo coraggioso, millantatore, dolce e maledettamente punkettaro. Ci troviamo dinanzi a un ragazzo con un “io” ben affermato, che non riesce a imporsi universalmente ma per frammenti. Ben diversa, invece, è Adelaide, rappresentata da Brizzi come una ragazza borghese indossatrice di vestiti trasgressivi e follemente innamorata della letteratura zen. Un altro punto fondamentale all’interno del romanzo in questione è rappresentato dal suicidio di Martino (amico di Alex), che si è tolto la vita poiché scoperto come drogato. Questo suicidio apparirà agli occhi del suo miglior amico come un gesto per l’affermazione totale della sua autonomia e della sua identità. L’unico lato oscuro dell’opera brizziana è rappresentato dalla famiglia di Alex, rappresentata come una pesante ombra antisociale, come una piatta e scialba realtà etico-umana e come una creatura relegata ai confini del romanzo. Una rappresentazione famigliare quella del Brizzi, che è creata dall’autore come un forte atto di denuncia contro i protagonisti del ’68 che, dopo aver abbandonato i valori e i principi rivoluzionari, si rintanarono nell’oscura intimità collettiva, che prende ancora oggi il nome di famiglia. Tale giovane, metafora di un’ampia generazione, desidera follemente scappare e svincolarsi da tutto ciò che significa omologazione, per poi rinascere e vivere un’esistenza in nome dell’insicurezza, dell’ineguaglianza, dell’indifferenza, dell’assenza di valori programmati,