Nuda di parole bussa alla porta dove è notte l’andare
Incede tra i rovi che il giorno carezza con le sue ore e vaga sulla pelle di tramonti dal profumo di lune
Brancola tra monti di versi nuovi e scivola a cercare stanze lontane
E infine prorompe dove l’orizzonte falcia
Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autrice ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro
Mi è capitato in passato di affermare che la poesia possiede i suoni della musica jazz la quale produce onde sonore elastiche che danno vita a emozioni-come-colori. La poesia accade nell’animo di chi la sa accogliere e si rannicchia in un angolo del corpo fino a che esplode nello spazio circostante. La poesia può fare molto rumore e può anche placare un animo in fermento. Immaginiamo il poeta, la poeta, come se fosse un equilibrista che, asta alla mano, cammina sul filo e, in bilico, ascolta la voce del vento che conduce a due passi dal sole dove è più facile asciugare le lacrime. In questo miracolo poetico vi è nascosto un segreto: il funambolo sa dove e come poggiare i piedi, egli attraversa a piccoli tentativi le emozioni su di un filo sospeso che è sì fragile, ma resistente; nel suo procedere si affida alla propria forza, al proprio coraggio e colma il vuoto – qui rappresentato dall’altezza e dalla sospensione -, prendendo energia dal sé-baricentro.
La poesia è capace di alleggerire le menti e di sollevare il corpo. Guardiamo, altresì, alla poesia come a una cordicella che lega noi agli altri: come se le parole fossero i minuscoli fili resistenti, compatti che compongono la corda. Scrivere fortifica: è un processo comune a chi, come noi, incide su carta le emozioni più profonde. E, scrivendo, affiorano sentimenti che appartengono a ognuno.
Mi reputo una lettrice esuberante: non riesco a stare lontana dalle parole di poeti e narratori. Tra l’altro ho fatto parte di giurie di concorsi letterari, ho recensito e presentato vari libri e ho ideato alcune rubriche letterarie nelle quali parlo e scrivo di autori sia classici che contemporanei. Questa premessa da parte mia è doverosa in quanto ho rilevato, già da tempo, che, in letteratura in generale e nella poesia in particolare, spesso chi scrive espone più o meno consapevolmente ciò che gli manca. Anche i grandi poeti hanno scritto per mancanza, per difetto, per sottrazione e alienazione. Il poeta desidera, anela con tutto se stesso a ciò che non ha, si tende verso l’oggetto del suo desiderio. Da lettrice a un certo punto mi sono chiesta: ma qual è il contrario di mancanza? Ed ecco che qui mi si è aperto tutto un mondo, perché mi è giunta, come un sussurro, la parola pienezza. Ma si può scrivere per pienezza? E cosa vuol dire? Quando lo si fa? E poi: si può scrivere contemporaneamente di mancanza e di pienezza?
Proverò ad analizzare tali mie domande e mi proverò a formulare alcune risposte. Parto dal presupposto che scrivere è riempire un foglio di parole, concetti e sentimenti per cui l’atto della scrittura è di per sé riempitivo; il concetto di scrivere per mancanza, quindi, appare come un controsenso, eppure pone le basi per una scrittura che seppure nell’esprimere un sentimento di dolore, di sofferenza, in ogni caso riempie l’animo, lo ripara addirittura, e il poeta si sente sollevato, ne ottiene beneficio poiché ha riempito quel vuoto interiore e ha trasferito il suo disagio in un foglio, ma soprattutto lo ha trasposto fuori da sé. Fin qui è tutto chiaro, è questo il percorso principe della poesia: un moto maieutico che si avvale degli strumenti emozionali ed espressivi per colmare le crepe interiori. La maggior parte dei poeti hanno scritto – e ancora scrivono, scriviamo – di ciò che tormenta, logora, addolora: la poesia si fa cura dell’animo nel narrare la drammaticità. Un moto nel quale essa stessa: prima abbisogna del vuoto per sondare il sentire più profondo, e quindi si dispiega, si apre, per divenire forma tridimensionale che unisce il detto e il non detto.
Possiamo affermare, dunque, che la poesia oscilla tra la mancanza e la pienezza anche dal punto di vista grafico: mi piace pensare alla poesia come una ragnatela di parole con gli spazi vuoti intervallati da versi e strofe, spazi che nascondono significati e celano più di quel che si dice.
Ma ritengo ci sia un aspetto più tecnico che attiene al contenuto della poesia la quale si fa contenitore di un messaggio: più in alto ci trasporta il messaggio più il vuoto si riempie. Ma cosa è il vuoto? Nell’immaginario collettivo è visto come abisso della solitudine, una condizione da rifuggire, tenere più lontano possibile: ma è davvero così negativo il vuoto? Se invece lo pensassimo come la nostra parte in ombra che attende di essere estratta e vista? So per esperienza diretta quanto la solitudine sia la molla che fa scattare il desiderio di comunicare, di creare, di interagire, di saltare verso…
Ma… com’è il vuoto? Io lo immagino come una sfera all’altezza dell’esofago che contiene già il sé più prezioso in viaggio verso l’esterno, affinché mani invisibili si aggrappino alla pienezza del vivere e la sfera trasli e raggiunga la vetta dell’anima, un’anima che, seppure piena di tagli, va verso la luce. È strano come ciò che ho appena detto mi riporti alla mia opera di Poesia Sculturata “Utero della terra-Marhanima” la quale ha, al suo interno, le preziosità più segrete: quelle che attengono all’anima. In “Utero della terra” la sfericità si fa contenuto e contenitore e al suo interno vi si accede con la reverenza di chi si predispone ad accoglierne il segreto: oltre la soglia, la sfera è completa, piena e si palesa quasi con sfrontatezza poiché essa sa, conosce ciò che è inconoscibile. Eppure è sufficiente saltare – con coraggio – nel vuoto per accedere alla luce. La poesia, quindi, me la figuro come un utero da riempire con le unicità del cosmo e… dell’uomo.
Il poeta ama il vuoto e si fa voce di un silenzio che non sta mai zitto, un silenzio che risiede già nelle cellule del corpo, ma anche nel tessuto sociale: si manifesta come coscienza del sé e come coscienza collettiva. Il corpo è uno dei veicoli che il poeta utilizza per trasmettere il suo messaggio: attraverso l’epidermide egli percepisce vibrazioni che poi esprime con le parole. Immagino il poeta-funambolo utilizzare l’asta come se fosse una sciabola di sillabe e innalzarla verso un ideale di armonia e bellezza, di amore e benessere.
Italo Calvino sosteneva che “bisogna elevarsi, alleggerirsi, rispetto alla pesantezza della realtà: planare sulle cose dall’alto e non avere macigni sul cuore”.Guardare dall’alto, quindi, permette di alleggerire. Alleggerire permette di creare spazio. Lo spazio riporta all’essenziale, al vuoto che eleva.
Poesia di pienezza è, secondo me, comunione tra la propria essenza, il divino e gli uomini; tra il sé e il tutto. Il tutto: ciò che l’uomo ha il privilegio di vedere, osservare, gustare, toccare, annusare. Quanti verbi! Eppure sono in linea con chi si affida ai sensi. La pienezza nella poesia accade quando il poeta si libera da ciò che è superfluo: dai suoni e dalle immagini che provengono dall’esterno e si concentra sull’armonia e… contempla. Il contemplare rigenera il vuoto, gli dà nuova forma e nuovo significato. Senza il vuoto non potrebbe esistere il pieno. E il pieno forse è semplicemente l’amore. Ascoltate cosa scrive Sàndor Màrai:
La vita, amore mio, è la pienezza.
La vita sono un uomo e una donna (… che sono) l’uno per l’altro,
ciò che la pioggia è per il mare:
l‘uno torna sempre a cadere nell’altro,
si generano a vicenda,
l’uno è la condizione dell’altro.
Da tale pienezza nasce l’armonia,
e in questo consiste la vita.
Una cosa rarissima fra gli esseri umani.
La poesia è l’arte creativa più nobile, quella che riesce a penetrare nel midollo delle cose. La poesia si lascia trovare solo da coloro che la cercano. Fosse anche il fruscio del vento, il ritmo della pioggia o un sorriso spontaneo: eccola la poesia è vista e ascoltata. Scriverla è forgiare le emozioni, è dare corpo alle sensazioni. La poesia di pienezza quindi è semplice ma profonda, sfida il consueto, oltrepassa il disamore per accedere all’amore, quello più alto, quello che niente chiede in cambio. Come un dialogo tra l’umanità, la natura e la fede. Un po’ come “affidare al vento il dolore, all’onda marina il pianto e tenere in braccio l’amore.”
*
Nota dell’autrice: Questo saggio breve è stato redatto per il convegno “La poesia: Quel poco che riempie il vuoto”, evento inserito ne “Il Maggio dei libri 2023”, promosso dall’Associazione Faro Convention of Citizen Europe, presso la Biblioteca Comunale di Villa Trabia di Palermo, relazionato il 29 maggio 2023.
Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autore/l’autrice ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.
Giovanna Fileccia è nata a Palermo dove ha vissuto fino all’adolescenza. Oggi risiede a Terrasini(PA). Ha frequentato l’istituto tecnico commerciale ma il suo amore per la letteratura l’ha portata verso materie umanistiche. Scrive poesia sia in italiano che in siciliano, è anche critico letterario e drammaturgo. Per la narrativa ha pubblicato il romanzo Oggetti in Terapia (2020), per la poesia ha all’attivo quattro pubblicazioni. Molte sue liriche sono state edite in varie antologie, volumi tematici e portate in scena in spettacoli teatrali diretti dal regista Riccardo Michelutti e recitate in vari luoghi e città d’Italia. In campo artistico va rilevato che è l’inventrice di una nuova espressione artistica, da lei stessa denominata (coniandone il relativo neologismo) Poesia Sculturata che consiste nell’allestimento di opere tridimensionali alle quale dà forma a partire dalle sue produzioni poetiche. Ha definito questo originalissimo approccio quale un suasivo e avvincente “mondo circolare e vasto, complesso e semplice, unico e sfaccettato”.
Per le sue opere tridimensionali generalmente utilizza materiali di recupero, materiali di risulta come peculiare della poor art, ma anche cartone, polistirolo, rame e stoffe (si veda la sedia “Imperia” esposta in più mostre personali) con prevalenza di elementi che si riconducono all’ecosistema mare (sabbia, alghe e conchiglie in primis). Con le sue opere plastiche ha tenuto molte mostre personali in vari contesti e la concretizzazione di queste sue ibridazioni tra i due codici espressivi è forte e percepibile leggendo il volume Marhanima (2017, con prefazioni del mai dimenticato Sebastiano Tusa e dell’architetto Alessandra De Caro, postfazione della psicoterapeuta Caterina Vitale) che contiene un testo poetico e le sue opere tridimensionali. Importante è il suo impegno sociale, lo testimonia la donazione della Poesia Sculturata dal titolo “Amore a due voci” tratta dall’omonima poesia, a “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” di Cinisi. È invitata di frequente a partecipare a convegni e incontri, anche nelle scuole, per parlare della sua creazione della Poesia Sculturata che richiama al rispetto dell’ambiente e al reimpiego dei materiali di scarto e di recupero, nonché al rispetto della Terra.
La Poesia Sculturata va nella direzione di una simbiosi attenta e istintiva che si crea tra parola e forma, tra suono e concretezza: le opere rappresentano il componimento poetico ma è anche vero che le opere scultore hanno una loro empatica didascalia nelle stesse liriche. Il procedimento sinottico e di ibridazioni tra arti e linguaggi apparentemente diversi fornisce risultati esaltanti e mai pronosticabili in partenza. L’artista Fileccia in questo modo fa del recupero e della conversione del residuale gli elementi di partenza per la creazione artistica dove è evidente anche il contenuto ecologico, e dunque il significato di empatia sociale e di salvaguardia ambientale. La concretizzazione del sentimento che è racchiuso nei versi e nelle strofe delle sue produzioni poetiche ben si esplica nelle azioni di plasmare, incollare, strutturare, comporre, levigare, intarsiare, sovrapporre, coniugare, ricondurre a un contesto dal chiaro significato oltre che di forte presa sul fruitore di quell’opera. Così lei stessa ha avuto modo di asserire nel corso di un’intervista: “La Poesia Sculturata mi offre, sia la possibilità di parlare ad ampio raggio della Terra, dell’ambiente, del riutilizzo, che di raccontare l’interiorità”[1].
Nel 2018 ha ideato e condotto il laboratorio artistico “Mandala: cerchio della vita” con annessa mostra di Poesia Sculturata ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo). Nel corso degli anni mostre personali, incontri in gallerie e biblioteche non sono mancati. Tra i progetti più recenti citiamo la mostra online a quattro mani “Fibre di piombo”, con opere di Tiziana Viola-Massa e poesie della stessa Fileccia, che dopo la pandemia verrà allestita anche in presenza. L’allestimento virtuale ha consentito di vedere una buona quantità di opere e di visionare e leggere i testi poetici in internet dove è presente una videopresentazione[2].
A febbraio di quest’anno, con un video caricato sul suo profilo personale YouTube[3], l’artista ha dato a conoscere quella che può essere considerata un’ulteriore evoluzione e aggiunta al suo grande progetto working-in-progress ossia la “Poesia Sculturata in cartoline da donare” che sarà realizzata nel corrente anno in collaborazione con i Comuni di Palermo e Partinico. Un’iniziativa volta a una maggiore presenza sul campo, intesa a una capillarità della sua opera sul territorio, pensata come momento di condivisione e di partecipazione collettiva. Si sa – come hanno ben posto in evidenza – alcuni tra i maggiori critici – tanto letterari che artistici – che la fruizione dell’opera non è mai qualcosa di univoco e deciso sin dalle origini: suggestioni, empatia, significazioni interpretative, dialoghi ed echi, pur diversificati tra loro, possono nascere e fruire copiosi dalla partecipazione attenta e sentita del pubblico – del fruitore dell’opera – dinanzi ad essa. Ecco perché la Fileccia nel summenzionato video invita coloro che, nei vari spazi delle città che collaborano a questo “attacco d’arte”, troveranno le sue “cartoline artistiche” di fornirle un commento, un’impressione sulla data opera ritratta. È dal confronto tra autore e fruitore, tra artista e pubblico che possono nascere – non solo rapporti umani più o meno seri e duraturi – ma anche ulteriori significati, direzioni e vibrazioni per le opere interessate.
Nel suo nutrito curriculum letterario figurano anche le opere Sillabe nel Vento(2021, con prefazione di Veronica Giuseppina Billone), La Giostra dorata del Ragno che tesse (2015, prefazione di Giuseppe Oddo e postfazione di Francesca Currieri), Seta sul petto, per Alessandro che Di Mercurio aveva la forza e l’empatia (2020, con introduzione della stessa Giovanna).
Numerosi i riconoscimenti ottenuti tra i quali quello alla Cultura “Silva Parthenia” conferitole a Partinico nel 2015 e l’Encomio alla Cultura “La Biglia Verde” conferitole a Marsala nel 2017, “Diploma La Gru News” conferitole dalle maestranze del Comune di Cinisi nel 2020. È stata membro di giuria in vari concorsi tra cui il Premio Regionale “Sicilianamente” e il Concorso fotografico “Giovanni Meli” tenutosi a Cinisi nel 2015.
Numerosi e qualificati critici letterari ed esperti d’arte e di cultura si sono occupati della sua arte poetica e della sua Poesia Sculturata tra cui Maria Elena Mignosi Picone, Maria Antonia Manzella, Salvatore Maurici, Mariantonietta Mangiapane, Lidia Vitale, Pino Manzella, Giovanni Impastato, Silvio Grisafi, Francesca Currieri, Rosanna Maranto, Vincenzo Corona, Calogero Catania, Sandra Guddo, Giovanni Matta, Rosanna Maranto, Vincenzo Corona, Valentina Grazia Harè, Francesco Ferrante, Veronica G. Billone, Pippo Oddo, Caterina Vitale, Maria Rita Mutolo, Anna Barone, Cinzia Finocchiaro, Maria Antonietta Sansalone, Martina Emanuele, Vinny Scorsone, Silvio Ruffino, Vincenzo Cusumano, Giacomo Randazzo, Salvatore Mirabile, Sebastiano Tusa, Alessandra De Caro, Salvo Galiano, Pippo La Barba, Palma Civello, Santa Franco, Evelin Costa, Patrizia Iovine, Federico Baldini, Sara Missaglia, Luca Calvino, Emilia Ricotti, Sara Favarò, Cinzia Romano, Rosario Sanguedolce, Domenico Sinagra, Adriana Fresina, Antonino Schiera, Rosario Loria, Chiara Fici.
LORENZO SPURIO
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