“Una brezza mediterranea tra poeti italiani e turchi” a cura di C. Piccinno e M. Şenol. Recensione di Lorenzo Spurio

Recensione di LORENZO SPURIO

È una raccolta interessante, dettata da esigenze polifoniche e di condivisione culturale, quella che la salentina Claudia Piccinno – poetessa e fluente traduttrice nella nostra lingua di poeti sparsi in vari angoli di mondo – ha prodotto negli ultimi tempi. La struttura è volutamente tripartita ovvero, con la finalità di poter arrivare a un pubblico più vasto e in consonanza del progetto interculturale, le poesie qui raccolte si presentano in tre diverse lingue: l’italiano, l’inglese e il turco.

Il volume, che porta come titolo Una brezza mediterranea tra poeti italiani e turchi / A Mediterrean Breeze among Italian and Turkish Poets / Türk ve İtalyan Şairlerin Akdeniz Esintisi (Il cuscino di stelle, Pereto, 2020), raccoglie così una selezionata scelta di autori nostrani, “versati” prima in inglese, quale lingua intermedia – a sua volta di ampio accoglimento – per poter poi trovare un’ulteriore versione nella lingua turca. Stesso procedimento, ma secondo un andamento contrario, è stato fatto per i poeti turchi che sono stati inseriti.

Questo volume è un potenziale ponte tra popoli, identità culturali, religiose, atto ad avvicinare i gruppi umani facendo forza sulle loro comunanze, propensioni parallele, circostanze ed elementi agglutinanti piuttosto che sulle discrepanze e divergenze di visioni.

Nella puntuale nota di prefazione stilata da Deborah Mega si legge: “Va a questo punto ribadita, una volta di più, l’importanza e il rigore delle traduzioni, che non devono annientare le specificità di ciascuna lingua in modo tale da garantire il trasferimento di quello scrigno di segreti linguistici, tesoro di ogni lingua nazionale e fonte di arricchimento reciproco e di curiosità per le differenze. Ne deriva un clima interculturale che abbatte le barriere linguistiche e, aprendo nuovi orizzonti, crea visioni transnazionali, veri e propri ponti tra comunità solidali e dialoganti”.

Nell’opera sono antologizzati la mugellana Annamaria Pecoraro in arte “Dulcinea” (classe 1981, nata a Reggello), nota promotrice culturale; la compianta Bruna Cicala, genovese, collaboratrice del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, poetessa molto apprezzata che ha lasciato un grande vuoto; la nota poetessa, saggista e giornalista del Basso Lazio Carmen Moscariello, Fondatrice e Presidente del prestigioso Premio Letterario “Tulliola – Renato Filippelli” le cui premiazioni si tengono presso il Senato della Repubblica Italiana; la stessa curatrice del volume, Claudia Piccinno, poetessa leccese, strenua collaboratrice di varie piattaforme interculturali a livello mondiale; il professore Domenico Pisana di Modica (SR), eccellente teologo e saggista prolifico con studi sulla poesia degli Iblei e monografie sul conterraneo Salvatore Quasimodo; Elisabetta Bagli (romana classe, 1970 naturalizzata madrilena) autrice di sillogi poetiche e racconti per l’infanzia; Emanuele Aloisi di Cosenza di professione medico e Presidente dell’Associazione Culturale Itaca “Dal Tirreno allo Jonio”; Enzo Bacca di Larino (CB) vincitore di copiosi riconoscimenti letterari; la tarantina Ester Cecere, ricercatrice di Biologia marina, autrice di poesie e racconti particolarmente apprezzati; Giampaolo Mastropasqua dirigente medico del reparto Psichiatrico ATSM del Carcere di Lecce; Michela Zanarella, poetessa e giornalista, redattrice di varie riviste e Presidente dell’Associazione Le Ragunanze di Roma; la poetessa-haijin Valentina Meloni (romana, classe 1976, naturalizzata umbra) curatrice di pagine e riviste haiku; finanche il decano della poesia il professor Nazario Pardini, Ordinario di Letteratura Italiana in quiescenza, fertile autore di poesia e critica letteraria, contemporaneo Virgilio di tanti poeti, tra esordienti, affermati, più o meno maturi.

Per gli autori turchi, invece, troviamo: Deniz Ayfer Tüzün impegnato anche nella recitazione e nel campo della drammaturgia; la giovane Deniz İnan che ha all’attivo varie pubblicazioni poetiche tra cui Mor Mahzen (2018); Dilek İşcen Akişik, poetessa di lungo corso nata a Smirne e collaboratrice di numerose riviste; Emel İrtem, poetessa originaria di Eskişehir, nel nord-ovest della Turchia, medesimo luogo della poetessa e musicista Funda Aytüre; Emel Koşar, poetessa e critico letterario; Hilal Karahan poetessa che proviene da una professionalità medica e poi Kalgayhan Dönmez; il curatore della parte turca, Mesut Şenol, editore e traduttore; Nuray Gök Aksamaz nativa di Istanbul (classe 1963) di professione ingegnere chimico; la conduttrice televisiva Sabahat Şahin; Osman Öztürk e Volkan Hacioglu.

Dal momento che numerose e assai variegate risultano le tematiche oggetto delle varie liriche contenute nel volume reputiamo che non sia consono lo spazio di questa breve segnalazione parlarne perché una lettura meticolosa dei contenuti imporrebbe l’analisi mediata e approfondita di ciascuna poetica. Riteniamo, inoltre, che per potersi esprimere in maniera abbastanza centrata in merito alle tante poetiche ivi raccolte i pochi testi presentati per ciascun poeta inserito non possono, né pertanto debbono, ritenersi sufficienti per un’analisi di questo tipo che, diversamente, apparirebbe sciatta e pressappochista.

Valevole e di spessore, invece, rimane il progetto nella sua interezza e per gli alti propositi che i curatori, quali onesti mediatori culturali, hanno inteso lanciare e difendere strenuamente. Ecco perché questo volume – come già detto – è un valido ponte di passaggio tra spazi apparentemente diversi e distanti, un elemento utilissimo che permette una confluenza e un travaso troppe volte ritenuti impossibili o, addirittura, perigliosi. Esso, pertanto, va letto anche alla luce delle vicende storico-sociali che hanno descritto, non sempre in maniera fausta, le relazioni diplomatiche, di apparente cordialità e vicinanza tra i due popoli, le due nazioni, i due contesti.

Iniziative del genere, che nascono dalla volontà di istituire un cammino di dialogo e rispetto reciproco dovrebbero essere intensificate e duplicate, in vari contesti e non solo quelli editoriali; Piccinno e Şenol, quali veri ambasciatori di pace, hanno dimostrato che, qualora si voglia e realmente ci si crede, è sempre possibile deporre il primo mattone. È chiaro che le fondamenta per dare robustezza alla costruzione necessitano la partecipazione attiva – e la convinzione – di tanti che, assieme a speranza, rispetto, mutua compartecipazione e spirito di lealtà, possono senz’altro fare la differenza. Questo perché, se la parola in passato è stata spesso adoperata per aizzare violenze, denunciare, inveire, creare dissidio, incitare alla lotta, è pur vero che essa non può rinnegare la sua funzione primigenia che non ha a che vedere – proprio come la poesia – con la cesura e la lotta, ma con l’esaltazione dell’unione e la difesa della creazione.

LORENZO SPURIO

Jesi, 22/05/2021

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“In ordine sparso. Commenti critici sulla scrittura di Claudia Piccinno”, recensione di Lorenzo Spurio

Recensione di Lorenzo Spurio

In una pregiata veste grafica, per le edizioni di Cuscino di Stelle, è stata recentemente pubblicata una raccolta di testi critici – tra lettere, commenti, recensioni e veri saggi – sull’ampia attività letteraria della poetessa e scrittrice pugliese, ma bolognese d‘adozione Claudia Piccinno. Il libro, dal titolo tanto onnicomprensivo quanto evocativo, recita “In ordine sparso”; il volume è stato curato da Armando Iadeluca. Non passa assolutamente inosservata la raffinata copertina che riporta un acquarello assai efficace che ritrae un colibrì pensato in movimento, opera particolarmente avvincente in grado di trasmettere un senso di levità, firmata dall’artista Florisa Sciannamea.

Il libro, che è ben più di un repertorio di testi critici, semmai un vero e proprio saggio, nella ricchezza delle vedute, nell’ampiezza delle interpretazioni e degli squarci ermeneutici dei tanti critici che via via si susseguono, si apre con un apparato dedicato alle “recensioni sulla poetica”. La pagina incipitaria è vergata dal breve e partecipe messaggio di un nume tutelare della critica letteraria nostrana, il professore Giorgio Bàrberi Squarotti, che nel suo mirabile ed esatto intervento critico, così enuclea il piglio attento della Nostra e l’efficacia del suo dettato lirico: “La sua poetica alterna una liricità commossa e luminosa a riflessioni e pensieri di vita con efficaci giudizi sull’attualità nel dolore della storia”. In questa frase sembra contenuto un mondo: un periplo attorno al profilo letterario della Nostra che, in chiave sinottica e tra rifrazioni di simboli, ben serve per addentrarsi all’interno delle pagine di questo volume.

Non sarebbe giusto né opportuno fare “la critica della critica”, se teniamo in considerazione che anche il sottoscritto è orgogliosamente presente nel volume; al contrario, la volontà di questo breve testo è di presentare – pur per sommi tratti – la composizione del volume e accennare ai molteplici contenuti. L’operazione editoriale di Iadeluca è, infatti, da considerare assai rilevante – non solo per la spiccata autorevolezza delle voci inserite, il prestigio di altre, la notorietà di altre ancora – ma perché ricostruisce in maniera fedele il percorso letterario della Nostra che si snoda tra le varie pubblicazioni in volume, tanto per la poesia che per la saggistica. Il fatto che un poeta contemporaneo, della nostra età, possa contare su di un volume saggistico monografico su di lui – com’è appunto questo – non è qualcosa di dubbia o minima rilevanza. Al contrario è il segno tangibile – che rimane a testimonianza – di una stagione florida, promettente e indiscutibile nell’attività letteraria della Nostra, così ben strutturata, contestualizzata e, com’è giusto che sia, meritatamente riconosciuta, fatta oggetto di analisi, di considerazioni estetiche e contenutistiche.

Nel volume compaiono testi di (cito in extenso e non ad libitium) Andrea Marrone, Ignazio Gaudiosi, Fabrizio Mugnaini, Evaristo Seghetta Andreoli, Teresa Gentile, Arrigo Pareschi, Agron Shele, Nicola Maselli, Mauro Montacchiesi, Francesco Potenza, Marina Atzori, Lorena Guarascio, Carmen Moscariello, Antonio Spagnuolo (il grande poeta campano, presente nel volume con molteplici letture critiche, lunghe lo spazio di una paginetta appena, eppure così incisive e capaci di vestire le opere della Piccinno in maniera così confortevole e adeguata), Emanuele Aloisi, Alessandro Ramberti, Stefano Valentini, Grazia Procino, Domenico Pisana (con le sue recensioni assai particolareggiate nelle quali dà una doppia vita ai versi, che cita abbondantemente per poi far “respirare” il testo attraverso le sue puntuali piste investigative sui significati), Vittoria Nenzi, Maria Luisa Tozzi, Maria Rizzi, Sabina Guidotti, la recentemente scomparsa Bruna Cicala, Paola Bisconti, Nazario Pardini (presenza ineluttabile della critica alla poesia italiana contemporanea, commentatore attento di tanti poeti, artefice di chiose che sono ornamento estetico e scavo ontologico), Angela Caccia, Milica Lilic (altra presenza, dopo Shele, che testimonia l’interesse dell’attività poetica della Nostra anche in intellettuali dell’altra sponda dell’Adriatico), il sottoscritto, Fiorella Franchini, Ester Cecere, Alessandra Peluso, Bartolomeo Bellanova, Raffaella Tamba, Ninnj Di Stefano Busà, Giovanni Invitto, Angioletta Masiero (presente con due suoi commenti scritti quali motivazione per dei premi speciali conferiti alla Piccinno in seno a vari concorsi letterari), Deborah Mega, Brunello Gentile, Ugo Piscopo (uno degli ultimi veri “decani” della poesia nostrana), Massimo Massa, Paolo Pozzi, Rossella Maggio, Piero Lo Iacono, Rosanna Bonafede, Antonella Griseri, Patrizia Romio, Marco Errico, Itala Cappello, Fabrizio Bregoli ed Elisa Silvatici.

Dunque giornalisti, critici, professori universitari, ma anche poeti, com’è facile recepire da alcuni nomi piuttosto noti e ampiamente stimati (non solo in Facebook, chiaramente, che sarebbe ben poca cosa) ed è questo che – a mio avviso – appare particolarmente interessante. La critica – non tanto il giudizio secco e perentorio, inflessibile e obiettivo – di quella accademica (pure presente in alcuni brani nel volume) ma dell’universo spensierato e smagato dei poeti, di quei creatori silenziosi capaci di sviscerare emozioni che sono di tutti, interloquire con le possibilità finanche col dubbio, di sorvolare su aree inesplorate pur sapendo rimanere, al contempo, con i piedi ben ancorati al suolo. Una critica mimetica ed empatica, dove il poeta che legge un altro poeta è come se si ritrovasse (o non ritrovasse, pur avendo piacere disquisirne), come se ritrovasse parti di sé (o tentasse di farlo), annodando fili di un’imprecisata matassa che è quella dell’esistenza, la medesima con la quale – con i linguaggi che possono pure essere diversissimi – anche lui ha a che fare e alla quale si trova avvinto. Ecco perché queste letture – con la particolarità di alcune autrici femminili e con sole poche eccezioni – sono così intime e ridenti, delle vere confessioni o dei conversari tra vecchi amici. Si nota, infatti, e lo si apprezza in maniera così istintiva, il fascino e la piacevolezza che questi autori (persone, prima; poeti, poi) hanno sperimentato nel corso della lettura delle opere della Piccinno, la loro immedesimazione e partecipazione, la loro vicinanza a un sentire che è forse comune ma la cui esplicitazione su carta è data ai pochi, a coloro che – citando Federico García Lorca – hanno “il fuoco nelle mani”.

Ci sono testi anche in lingua straniera, com’è il caso dell’albanese di Agron Shele e questo mette in luce anche un’altra delle caratteristiche del percorso letterario della Piccinno che la vede particolarmente connessa ad altre lingue e culture, a universi geografici particolarmente distanti con i quali dialoga, interagisce in uno scambio mutevole di conoscenze ed esperienze. Notevole è, a tal riguardo, il suo costante impegno nell’universo della traduzione. Operazione, questa, che va meritevolmente richiamata – il saggista prof. Domenico Pisana l’ha inserita tempo fa in un suo volume Inserita in “Pagine critiche di poesia contemporanea” (Il cuscino di stelle, 2019) che è un ponte tra culture apparentemente lontane – se teniamo in considerazione la nostra società multiculturale e sfaccettata, che sempre più reclama confronti e travasi d’esperienze umane e letterarie. Il sapersi (anzi, il volersi, che è cosa diversa) relazionarsi a un contesto più ampio di quello della provincia italiana che, invece, guarda all’internazionalità, diventa, infatti, prerequisito quasi fondamentale per una completa e più attenta coscienza collettiva, finanche per una responsabilità che proprio in quell’incontro, in quel dialogo tra pari, fa intravedere motivi di crescita, consapevolezza e, non da ultimo, di umanità. Rientrano in questa stagione d’impegno nell’interpretariato una serie di opere tra le quali le traduzioni in italiano di opere del peruviano Oscar Limache (“Volo d’identità. Poesie 1979-1986”, Il cuscino di stelle, 2018), della turca Ilal Karahan (“Angoli della notte”, Il cuscino di stelle, 2019), del tedesco Gino Leineweber (“Ciao oscurità”, Il cuscino di stelle, 2019), dell’arabo Raed Anis Al-Jishi (“Gabbiani sanguinanti. Guarda, senti, vola”, Il cuscino di stelle, 2018) e il recente volume “Una brezza mediterranea tra poeti italiani e turchi / A Mediterrean Breeze among Italian and Turkish Poets” a cura di Claudia Piccinno e Mesut Şenol (Il cuscino di stelle, 2020).

I tanti contributi critici raccolti nel volume permettono, così, di avvicinarsi ad alcune opere della Piccinno, che vengono proposte in un percorso à rebours, partendo dalla più recente spostandosi progressivamente alle precedenti pubblicazioni in ordine, dunque, anacronologico che tende, nel percorso a ritroso, all’evidenza di un percorso diluito nel tempo. Qui, infatti, vari autori di recensioni e commenti parlano di questi suoi libri: “La nota irriverente” (Il Cuscino di Stelle, 2019), “Rime sparse. Il suono di due voci del Mediterraneo” (CreateSpace Independent Publishing Platform, 2018 – opera a quattro mani col poeta albanese Agron Shele), “Ipotetico approdo” (Mediagraf, 2017), “Ragnatele cremisi” (Cuscino di stelle, 2017), “Il soffio. Cortometraggi d’altrove” (2013), “Potando L’euforbia” (inserita nel volume collettaneo “Transiti diversi”, Rupe Mutevole, 2012), “La sfinge e il Pierrot. Una voce in due tempi” (Aletti, 2011). A questo punto – di colpo – si cambia genere e vengono riportati commenti e recensioni su un recente volume della Piccinno di carattere saggistico che porta come titolo “Asimov: un volto inedito. L’umorismo di Isaac Asimov tra realtà e fantasia” (Il cuscino di stelle, 2020) interamente dedicato al celebre scrittore russo, pietra miliare del genere fantascientifico e creatore delle tre leggi sulla robotica con particolare attenzione alla sua raccolta di racconti “Azazel” (1982). Particolarmente pregevole e ben orchestrato, tra gli altri, è l’intervento del poeta brianzolo Fabrizio Bregoli.

Il volume si chiude – seguendo un’ideale percorso ovoidale – nelle prossimità di dov’era iniziato, ovvero ai nostri giorni, al 2020 da poco lasciatoci alle spalle, con la fresca pubblicazione “Tintenflügel / Ali d’inchiostro” (Ed. Verlag Expeditionen, 2020) che propone in doppia lingua tedesco-italiano una scelta di poesie della Nostra (la versione in tedesco è di Gino Leineweber) e “In nomine patris” (Il cuscino di stelle, 2018) opera di poco precedente.

Questa polifonia di voci qui raccolte che promanano dall’attenta lettura delle opere della Piccinno è così diversificata – per linguaggi, punti di vista, sistemi di perlustrazione e tanto altro – che l’opera risulta avvincente e l’interesse dell’ipotetico lettore mai viene meno. La combinazione dei testi, nelle loro diversificate analisi, fa sì che il lettore si senta incuriosito a ricercare e leggere determinate opere della Nostra anche per poter vedere quale potrebbe essere il nostro personale giudizio, determinato dall’effetto che l’opera ha prodotto in noi. Le risposte – infatti – sono molteplici, tutte a loro modo valide e confacenti all’opera della Nostra e tale polifonia – che è una ricchezza che si autoriproduce – non può non far pensare a quel che Pedro Salinas – poeta dell’amore e della poesia pura per antonomasia – ebbe ad osservare: “Quando una poesia è scritta è terminata, ma non finisce; comincia, cerca un’altra poesia in se stessa, nell’autore, nel lettore, nel silenzio”.

LORENZO SPURIO

Jesi, 12/02/2021

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