Corrado Calabrò insignito della medaglia Damião de Góis dall’Università di Lisbona

L’ambito premio Damião de Góis dell’Università Lusofona di Lisbona si va ad aggiungere ai tanti riconoscimenti in ambito culturale e poetico (Premio Camaiore anno 2001, Premio Rhegium Julii anno 1980, Premio Internacional de Poesia Gustavo Adolfo Béquer anno 2015, solo per citarne alcuni) che Corrado Calabrò, originario della Calabria ma da decenni naturalizzato romano, ha ricevuto nel corso degli anni.

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Con alle spalle un’intensa attività professionale nel campo della Magistratura, Calabrò è stato Presidente dell’Associazione Magistrati del Consiglio di Stato (1999-2001) e Presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni (2005-2012).

In campo letterario, intensissima la sua attività di poeta per la quale esordisce nel 1960, per i tipi di Guanda, con l’opera d’esordio Prima attesa. Ad essa hanno fatto seguito  Agavi in fiore (1976); Vuoto d’aria (1979); Presente anteriore (1981); Mittente sconosciuta (1984); Deriva (1990); Il sale nell’acqua (1991); Vento d’altura (1991); La memoria dell’acqua (1991); Rosso d’Alicudi (1992); Le ancore infeconde (2001); Blu Maratea (2002); Qualcosa oltre il vissuto (2002); Una vita per il suo verso (2002); A luna spenta (2003); Poesie d’amore, (2004); La stella promessa (2009); T’amo di due amori (2010); Dimmelo per sms (2011); Password (2011); Rispondimi per sms (2013); Mi manca il mare (2013).

Moltissime le traduzioni delle sue opere in varie lingue: oltre le traduzioni di poesie singole, sono stati pubblicati sei libri in spagnolo, quattro in svedese, quattro in inglese; due in francese, russo, ungherese, ucraino; una in tedesco, rumeno, serbo, greco, polacco, danese, ceco, portoghese.

13590351_689648031186585_6625560848699662439_nIl 30 giugno 2016 il poeta Calabrò ha ritirato all’Auditório Armando Guebuza dell’Università di Lisbona, presso la locale università, l’importante Premio Damião de Góis, intitolato alla memoria di uno dei maggiori intellettuali portoghesi. Figura di spicco della cultura lusofona che tanto si impegnò per favorire un clima culturale rinnovato dallo spirito umanistico europeo a costo della sua stessa vita (secondo la storiografia, infatti, venne processato dagli organi dell’Inquisizione).

Al solenne evento sono intervenuti il dr. Mário Moutinho (Rettore dell’Università di Lisbona di Scienze Umane e Tecnologiche), S.E. Giuseppe Morabito (Ambasciatore della Repubblica Italiana in Portogallo) e numerosi professori e cattedratici della locale università.

I miei vivissimi complimenti al caro amico Corrado per questo ulteriore segno di riconoscimento verso la sua importante attività di letterato che dà lustro non solo il nostro Paese ma l’Europa tutta.

La corrida: A tourada (la corrida portoghese) 10/10

Con questo articolo si conclude il lungo ed interessante (spero) percorso nel mondo della tauromachia.

Il Portogallo condivide alcune delle pratiche taurine che sono impiegate in Spagna ma ne ha alcune proprie. Nelle praças de touros i tori non vengono uccisi e la lotta tra l’uomo e l’animale non è cruenta e basata sull’uso delle armi ma è una lotta ragionata che preferisce il gioco d’abilità (rejoneos) o della forza (forcados). Gli unici spettacoli taurini che sul territorio portoghese permettono l’uccisione del toro secondo la legge avvengono a Barrancos, nell’Alentejo. Il centro taurino più importante in Portogallo è la regione di Ribatejo.

L’elemento che differenzia maggiormente la corrida portoghese da quella spagnola è il fatto che il toro, pur sfidato e torturato durante la corrida, non viene ucciso sotto gli occhi della gente nella praça de touros ma ucciso in un secondo momento quando il toro è stato immobilizzato in delle gabbie. Se questo può indurci a credere che la corrida portoghese sia meno violenta di quella spagnola non dobbiamo cadere in questo inganno poiché il toro in entrambi i casi viene torturato ed ucciso. Poco cambia se venga ucciso nella praça o in sordina. E’ difficile dire quale delle due varianti (quella spagnola, o quella portoghese) sia più cruenta.

In Portogallo ci si riferisce alla corrida con il nome di tourada (da touro, toro), il luogo dove viene effettuata si chiama praça de touros, equivalente della plaza de toros spagnola e il torero è chiamato toreador. Nella foto a destra la Praça do touros do Campo Pequeno di Lisbona.

Così come avviene nella corrida spagnola il toro viene tenuto al buio per le 24 ore precedenti al momento in cui verrà liberato per far aumentare in lui l’ansia e la preoccupazione ed incrementare la sua aggressività. Prima che venga rinchiuso gli viene posta un’imbracatura di cuoio attorno al collo che ne limita i movimenti sia durante la sua permanenza al buio che dopo durante la corrida. Una volta che viene liberato il toro è nervosissimo e giunge nell’arena particolarmente furente ed energico.

Se nella corrida spagnola la finalità è quella di uccidere il toro in quella portoghese invece è di placcare il toro. Anche nella corrida portoghese il toro viene stancato ma non crudelmente attraverso la lanza de picar, ma attraverso le faticose corse che fa dietro il cavallo.

La tourada portoguês si compone di due parti: a lide a cavalo (lotta a cavallo) e poi a pega (l’acchiappo o la presa). La prima parte è attuata da un cavaleiro (cavaliere) che prende il nome di fidalgo (è l’equivalente del picador spagnolo). Il fidalgo attraverso la sua maestria si fa inseguire, provocando il toro e poi evita le ripetute cariche e cornate del toro. Solo quando il toro si avventa per caricare il cavallo con le corna ben dritte allora il fidalgo gli pianta le farpas (l’equivalente delle banderillas spagnole).

Una volta che il fidalgo ha sfiancato il toro esce di scena ed entrano i forcados, otto uomini che in fila indiana, tenteranno di immobilizzare il toro. Il capo forcado (forcado de cara) provoca il toro con urla, gesti, insulti e movimenti bruschi . Il toro si infuria e fa per caricare il capo forcado. Dietro di lui in fila indiana sono disposti gli altri sette forcados. Il capo forcado nell’impatto cerca di buttarsi tra le corna del toro per tenerlo in pugno; gli altri si gettano tra le gambe del toro, gli saltano sul collo e lo afferrano per la coda.

A volte i forcados non ci riescono e il toro fa filotto, facendo sbalzare a terra gli otto uomini.  Quando si rialza da terra il capo forcado ha il volto e il vestito imbrattato di sangue ma non si tratta del suo bensì quello del toro fuoriuscito dalle ferite delle farpas.

Solitamente i forcados non riescono a immobilizzare il toro dopo almeno quattro o cinque azioni di questo tipo. Quando uno dei forcados riesce ad afferrare il toro per la coda (rabillador) il traguardo è stato raggiunto.

La corrida portoghese termina quando l’animale termina di lottare. Al termine, stremato viene collegato a quattro buoi che lo trascinano via. In alcuni casi l’animale è già morto o, se così non fosse, viene ucciso in una stanza poco distante. 

 LORENZO SPURIO

30-05-2011

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