N.E. 01/2023 – “Lo sguardo nudo. Le novelle di Luigi Pirandello come specchio della vita”. Saggio di Cinzia Baldazzi

A Claudio e Adriano, pirandelliani come me

Non vorrei essere intesa in termini realistici se consiglio (un invito che formulo dall’adolescenza) di utilizzare le pirandelliane duecentoquarantasei Novelle per un anno da specchio della vita quotidiana, giorno per giorno, con il suo intricato contesto moltiplicato in un macrocosmo di fatto infinito, perché coinciderebbe con il ricordare quanto l’esistenza sia un travaglio, un’avventura faticosissima, una lotta ininterrotta. Tuttavia questa raccolta, tra i risultati più eminenti della narrativa, se percepita come proiezione metaforico-letteraria della dimensione reale, immanente, appare in grado di mostrare lo sconforto ma, al tempo stesso, le vie di uscita operative (non alludo, in tal senso, alla “follia”) alla realtà di per sé contraddittoria: comprensiva com’è di una famiglia succube di incombenze e responsabilità schiaccianti, hic et nunc preferito di finzioni, norme sociali, impegni di lavoro alienati, ciclici, deprimenti, poco apprezzati, mal retribuiti.

In un ambito del genere è corretto anche valutare l’input implicito nella catena della violenza, espressa in svariate manifestazioni: ad esempio in Cinci[1] (1932) – composta nella maturità, provvista di un impianto veristico – dove lo splendore della disperata vicenda conduce alla certezza ricavata dalla scoperta dell’Inconscio offerta dalla psicoanalisi (lo sappiamo bene: Luigi Pirandello la conosceva) nonché della sua aura onirica: ciò a cui assistiamo – non solo nel racconto – è vero o falso? È opera del Conscio o dell’oscurità dell’Inconscio inaccessibile? Una simile domanda, circa cento anni dopo, pur nelle diverse ipotesi create dalla scuola freudiana e dalla psicologia analitica junghiana, attende ancora risposta.

Proprio all’interno delle sue soluzioni aperte, dunque, scaturisce la proposta di percorrere un iter dell’οὐ-τόπος (utòpos) che consista nell’accogliere le metafore dell’angoscia esistenziale – tanto centrale in questi racconti – nella loro matrice cognitiva, liberatoria, all’altezza di smascherare in chiave maieutica la strategia fatale del teatro delle Maschere nude, le medesime da indossare in ogni luogo o nei confronti di chiunque sia. Come riuscire nell’intento? Svelando, in compagnia del Maestro, i messaggi principali – pericolosi, magari cruenti, attivi e ingombranti – nella dicotomia che separa la nostra concreta entità del Super-Io dalla relativa immagine impressa nello specchio della vita collettiva, pubblica e privata, sentimentale e razionale.

L’iterazione dei criteri regolativi, il ripetersi della norma a cui siamo abituati viene sconfitto dall’arte pirandelliana in quanto, spiega l’autore, «la singolarità vera e nuova, l’originalità, non è cosa che si procacci di fuori; si ha dentro o non si ha; e chi l’ha veramente non sa neppure di averla e la manifesta con la maggiore semplicità, ed è nuovo sempre»[2]. Di un analogo sguardo inedito, all’altezza di infrangere il confine tra la morte e la vita, rimane testimonianza esemplare il Colloquio con la madre (1915), inserito nella cornice dei Colloquii coi personaggi. Il brano è inaugurato e scandito da una sorta di “anafora in prosa”, dalla ripetizione della domanda «Ma come, Mamma? Tu qui?», quasi all’improvviso il figlio, con un’interiorità esclusiva, la scorgesse come in effetti non l’avesse mai veduta: «È seduta, piccola, sul seggiolone, non di qui, non di questa mia stanza, ma ancora su quello della casa lontana, ove pure gli altri ora non la vedono più seduta e donde neppur lei ora, qui, si vede attorno le cose che ha lasciato per sempre, la luce d’un sole caldo, luce sonora e fragrante di mare […] è voluta venire per dirmi quello che non poté per la mia lontananza, prima di staccarsi dalla vita». [3]

Se introduciamo lo specchio in un discorso – non solo critico, piuttosto associativo – sulla poetica pirandelliana, allora immediato appare il sistema referenziale del romanzo Uno, nessuno e centomila. Il main character Vitangelo Moscarda, rilevando un’insospettata autonomia della sua immagine riflessa, a parere dello studioso Francesco Baccega diventa campione modellare della suddivisione proposta dallo psicologo sociale Hugh Christopher Longuet-Higgins il quale parlava di una tripartizione interiore: il sé attuale (ciò che io penso di me stesso), il sé ideale (ciò che voglio essere in futuro), il sé imperativo (ciò che gli altri vogliono io sia e come mi rappresentano).

In aree semantiche analoghe, Pirandello espande con il romanzo l’intelaiatura logico-intuitiva della suddivisione del Sé (Es, Io o Semi-conscio, Super-Io): le loro discrepanze causano depressione e ansia sociale, ma si presentano unite a un’articolata metodica per oltrepassarle. Il protagonista, infatti, osservandosi continuamente allo specchio alla ricerca di difetti prima ignoti, cerca di distruggere le immagini che la gente ha di lui; sviluppa così un’altissima consapevolezza capace di persuaderlo a combattere l’austero relativismo presente in se stesso e negli altri: allontana la moglie Dida, vende la propria banca a dispetto degli avidi soci Firbo e Quantorzo, investe il denaro per fondare il suo “nuovo mondo” costruendo un «ospizio di mendicità» dove si ritira a vivere. Insomma, spiega Baccega: «Per combattere l’ansia sociale che scaturisce da questa pluralità di rappresentazioni di Vitangelo, il Moscarda decide di contraddire le stesse visioni di sé negli altri»[4]. Appagato infine in uno status spirituale di carità e rinascita, in un progress assiduo il protagonista dichiara: «Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro trèmulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero, nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo».[5]

Poiché Pirandello amava l’esoterismo, ricordiamo che tra i simboli di uno stato di cose assoluto è compreso l’albero della vita e dell’immortalità, all’orizzonte supremo: «Il centro è la zona del sacro per eccellenza, quella della realtà assoluta», spiega lo studioso rumeno Mircea Eliade: «Ugualmente, tutti gli altri simboli della realtà assoluta si trovano anch’essi in un centro. La via che conduce al centro è una “via difficile” (in sanscrito, dūrohaṇa) e questo si verifica a tutti i livelli del reale: […] smarrimenti nel labirinto, difficoltà di chi cerca il cammino verso il sé, verso il “centro” del suo essere, ecc».[6] Il bancario pirandelliano non sembra, di conseguenza, un fallito simile a tanti altri o un benestante irretito dalla noia al punto di smarrire di colpo la ragione convenzionale. Anche per lui, in analogia ai modelli delle società arcaiche studiate da Eliade nei loro riscontri attuali, sembra necessario un «rito di passaggio» capace di condurlo «dall’effimero e dall’illusorio alla realtà e all’eternità». Per l’anti-eroe di Pirandello la trasformazione radicale equivale (utilizzo ancora le parole di Eliade) «a una consacrazione, a un’iniziazione; a un’esistenza ieri profana e illusoria, succede ora una nuova esistenza, durevole ed efficace».[7]

E poiché, in questo sdoppiamento dell’arte rispetto alla vita nella poetica di Luigi Pirandello, ho fatto riferimento a un romanzo, ricordo che il plot di Uno, nessuno e centomila aveva avuto origine dalla novella Stefano Giogli, uno e due[8] (1909) presente nell’Appendice al secondo volume delle novelle. In un articolo uscito sul periodico “Le Grazie di Catania” nel 1897, Pirandello delineava con grande lucidità alcune funzioni tipiche dei diversi generi narrativi, spiegando come la novella sia vòlta a raffigurare il “grado zero”, cui la narrazione giunge nel suo sforzo designatorio di oggetti, personaggi e situazioni; ed essa si realizza solo quando tutti questi elementi non sono suscettibili di ulteriore sviluppo narrativo e devono essere mostrati in un Essere che sta diventando un Esserci. A differenza del romanzo, la novella non enfatizza le origini, gli stadi emotivi e le passioni, cioè «le relazioni di quelle con i molti oggetti che circondano l’uomo […], ma solo gli ultimi passi, l’eccesso insomma».[9] Lo scrittore organizzava la struttura semiologico-semiotica delle proprie short stories per proiettare all’estremo il significato dell’esserci.

Sono sempre stata convinta della misura in cui Pirandello stesso usufruisse per primo del principio di moltiplicazione conoscitiva e sentimentale della sua novellistica in termini, in senso lato, di intervalli quasi quotidiani, poiché ne scrisse poco meno di trecento nell’arco di mezzo secolo: dall’esordio adolescenziale con Capannetta (1884), pubblicata su “La Gazzetta del Popolo della Domenica”, sino all’età matura con Effetti d’un sogno interrotto (1936), apparsa sul “Corriere della Sera” il giorno precedente alla morte.

Giovanni Macchia rimarcava come il nostro novelliere non disdegnasse in alcuni punti di collocare, accanto alla narrazione in sé, digressioni speculative, ragionamenti di ordine filosofico, ad esempio la riscrittura della gnoseologia bergsoniana rappresentata dalla figura di Socrate, il servitore di Leone Gala ne Il giuoco delle parti (1918): commedia tratta anch’essa, al pari di gran parte della produzione teatrale, da una novella, in particolare Quando s’è capito il giuoco[10] (1913). L’approccio speculativo non comportava però assiomi astratti, né teorici, bensì carichi di una ποιητική τέχνη (poietiké tècne) esplicita in atto. Macchia descrive «acquazzoni filosofici o pensieri polemici, temi insistenti e “concetti” che rimbalzano come palle elastiche da un’opera all’altra, a volte con le stesse parole e non sempre personali. Frasi di Binet, di Séailles, di Blondel vengono scaricate senza molti complimenti in pagine di romanzo, in battute di commedie, anche famose». [11]

All’interno di questa indubbia disinvoltura nel gestire al meglio dentro la propria Weltanschauung il pensiero e il volere artistico altrui, è lecito presupporre un’affinità dell’atmosfera esistenziale pirandelliana con la citata psicologia analitica di Carl Gustav Jung: «La vostra visione», scriveva il medico svizzero, «diventerà chiara solo quando guarderete nel vostro cuore. Chi guarda all’esterno, sogna. Chi guarda all’interno, apre gli occhi». Dunque, la τύχη (tiùche), la sorte benigna, parente stretta dal χάος (càos) dove le ceneri di Pirandello sono state disperse, potrebbe avvisare – con quella novella pubblicata il giorno prima della scomparsa – quanto la morte dello scrittore abbia coinciso con il perpetuare una imperitura visione terrena delle cose, sebbene proiettata e immersa nell’interminabile sviluppo della civiltà, nel continuo flusso della memoria.

In un tale campo referenziale, torniamo alle ricerche di Mircea Eliade, il quale evidenziava «l’impotenza della memoria collettiva a conservare gli avvenimenti e le individualità storiche, se non nella misura in cui essa le trasforma in archetipi».[12] La morte conclude la storia dell’individuo, ma il ricordo post mortem di questa “storia” è limitato: le passioni, gli avvenimenti, l’individualità propriamente detta, vengono a dissolversi insieme all’esistenza terrena. Quindi, spiega Eliade, «soltanto la possibilità e la memoria legata alla durata e alla storia possono essere chiamate una sopravvivenza».[13] Nel macrocosmo di Pirandello la θάνατος (thànatos) svolge un ruolo fondamentale nella funzione di verifica utopica dell’esistenza, di replay perenne, riproduzione continua: ma essa trattiene le “categorie” e disperde gli “avvenimenti”, tramanda gli “archetipi” e non i “personaggi”.

Tra le svariate novelle attinenti lo sdoppiamento consentito dal messaggio artistico alla vita attraverso l’alternativa metaforica della morte, rammento La vita nuda[14] (1907), posta all’inizio dell’omonima raccolta del 1910 e oggetto della mia tesi di laurea in Storia della Critica Letteraria dal titolo Organicità e dialettica nella poetica pirandelliana.[15] Lo sguardo esegetico contenuto nel titolo pirandelliano La vita nuda, nonché la vicenda raccontata, rievocano il Gorgia (Γοργίας-Gòrghias) di Platone, niente affatto ignoto a uno studioso del mondo classico come il Maestro: «Al tempo di Crono, e ancora nei primi anni del regno di Zeus, viventi giudicavano altri viventi ed emanavano la sentenza nel giorno stesso in cui ciascuno doveva morire. […]. Disse però Zeus: “Non giusti sono i giudizi e questo per il fatto che al momento del giudizio chi viene giudicato è vestito, essendo giudicati mentre sono ancora vivi. Molti, che posseggono un’anima malvagia, sono rivestiti di bei corpi, di nobiltà, di ricchezza […] Avviene che giudici si lascino impressionare da questo apparato; non solo, ma essi stessi si giudicano essendo vestiti, avendo l’anima velata dagli occhi, dagli orecchi, da tutto l’insieme del corpo”». Come superare l’ostacolo? La soluzione del Gorgia accomuna il filosofo greco allo scrittore siciliano: donne e uomini «dovranno essere giudicati da morti, cioè spogli da tutti questi ostacoli, e nudo, cioè morto, dovrà essere anche il giudice». [16]

Lascio la conclusione alle parole dello svizzero-francese Georges Piroué: «Come i maestri che si è dato, Pirandello ha lo sguardo nudo. Il mondo che gli si offriva, egli si è rifiutato di scoprirlo quale gli altri lo avevano modellato col potere dei loro discorsi. Appartenere a quegli uomini di cultura che per secoli hanno riposto nel guardaroba dell’eloquenza [N.d.R., titolo di una novella del 1909] di che abbigliare le loro sensazioni, gli ripugnò sempre. “Dove non c’è la cosa, ma le parole che la dicono; dove vogliamo esser noi per come le diciamo, c’è, non la creazione, ma la letteratura”».[17]

Un ringraziamento, che è anche un ricordo, ai professori della Facoltà di Lettere de “La Sapienza” che mi hanno seguito nella tesi di laurea: Mario Costanzo Beccaria, ordinario di Storia della Critica Letteraria, e Adriano Magli, ordinario di Storia del Teatro e dello Spettacolo.

Un pensiero affettuoso alla famiglia Devenuto-Mariti per l’immagine di copertina della mia tesi.


[1] Cinci, in “La lettura”, Milano, giugno 1932, ora in Novelle per un anno, vol. II, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, VI ed, 1966, pp. 807-812.

[2] “La camminante”, in “Gazzetta del Popolo”, Torino, 17 gennaio 1909, ora in Saggi, poesie, scritti varii, a cura di Manlio Lo Vecchio-Musti, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, IV ed. 1977, p. 992.

[3] Colloquio con la madre, in “Giornale di Sicilia”, Palermo, 11-12 settembre 1915, ora in Colloquii coi personaggi, II, in Novelle per un anno, vol. II, cit., pp. 1190-1191.

[4] Francesco Baccega, Guardarsi allo specchio e vedersi centomila può portare alla depressione o all’ansia sociale, 13 dicembre 2019, https://www.ilsuperuovo.it/guardarsi-allo-specchio-e-vedersi-centomila-puo-portare-alla-depressione-o-allansia-sociale/

[5] Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, in Tutti i romanzi, a cura di Corrado Alvaro, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, I ed., 1957, p. 1416.

[6] Mircea Eliade, Il mito dell’eterno ritorno. Archetipi e ripetizioni, trad. Giovanni Cantoni, Torino, Lindau, 2018, p. 31.

[7] Il mito dell’eterno ritorno, cit., p. 32.

[8] Stefano Giogli, uno e due, in “Il Marzocco”, Firenze, 18 aprile 1909, ora in Novelle per un anno, vol. II, cit., pp. 1166-1173

[9] Romanzo. Racconto. Novella, in “Le Grazie”, Catania, 6 novembre 1897.

[10] Quando s’è capito il giuoco, in “Corriere della sera”, 10 aprile 1913, ora in Novelle per un anno, vol. II, cit., pp. 839-846.

[11] Giovanni Macchia, Pirandello o la stanza della tortura, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1981, p. 27.

[12] Il mito dell’eterno ritorno, cit., p. 62.

[13] Il mito dell’eterno ritorno, cit., p. 63.

[14] La vita nuda, in “Novissima. Albo d’arti e lettere”, albo 1907, Roma, ora in Novelle per un anno, vol. I, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, VI ed. 1966, pp. 247-260.

[15] Cinzia Baldazzi, Organicità e dialettica nella poetica pirandelliana, relatore Mario Costanzo Beccaria, correlatore Adriano Magli, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, anno accademico 1977-1978.

[16] Platone, Gorgia, trad. Francesco Adorno, in Opere complete, vol. V, Bari, Laterza, 1975, pp. 249-250.

[17] Georges Piroué, Pirandello, trad. Alfonso Zaccaria, introduzione di Leonardo Sciascia, Palermo, Sellerio, 1975, p. 23.

*

Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

N.E. 01/2023 – “La visione in maschera e pessimistica di Luigi Pirandello”. Articolo di Sergio Camellini

Il pessimismo che permea tutta la concezione che ebbe Luigi Pirandello della vita, si fonda su un’originale visuale della nostra esistenza. L’uomo è costretto a vivere condizionato dal suo ambiente, dalle sue abitudini, dalla sua educazione. Per cui l’uomo, secondo Pirandello, deve controllare i suoi interessi, dominare i suoi impulsi ed i propri desideri fino a vivere interpretando una parte che gli è stata assegnata.  Se cerca di uscire da questa finzione, l’uomo si trova in un’altra realtà diversa dalla prima, ma ugualmente fittizia e del tutto falsa; è costretto ad assumere una maschera dietro la quale deve nascondere, anche se stesso, la propria identità. Identità che in sostanza muta di momento in momento, per cui l’individuo non può essere compreso dagli altri per quello che è effettivamente e, paradossalmente,  non può essere compreso  nemmeno da se stesso. Infatti, ciascuno di noi mentre mostra una certa personalità, successivamente si trova ad agire in modo da assumere una personalità diversa da quella precedente. Da questa concezione deriva il problema dell’incomunicabilità e dell’incomprensibilità che angustia l’essere umano e tormenta l’esistenza. Tale insoddisfazione in “maschera” è un tema che Pirandello ha sviluppato nei suoi romanzi, nelle sue novelle e nel suo teatro.  L’uomo cerca di sfuggire una vita angusta e priva di soddisfazione, ma questo rifiuto della vita, di una certa vita, è esso stesso amore per la vita, per una vita che ognuno cerca affannosamente di costruirsi. Per esempio, Il tentativo di evasione di Mattia Pascal fallisce in pieno e lo ricaccia in una nuova situazione mutata in peggio, in cui egli si trova senza la sua famiglia, senza i suoi amici, senza i suoi affetti. Il dramma dell’uomo è quello di non poter avere una propria individualità, perché ognuno diventa uno sconosciuto per sé e per gli altri.

La visione della vita che Pirandello ebbe,  ispirò le vicende dei suoi personaggi: “Io penso che la vita è una molto triste buffonata; perché abbiamo in noi, senza sapere, né conoscere, né da chi, la necessità di ingannare di continuo noi stessi, con la spontanea creazione di una realtà, una per ciascuno e non mai la stessa per tutti, la quale di tratto in tratto si scopre vana e illusoria”. Di fronte alle concezioni di Pirandello la critica è stata molto divisa. Alcune critiche hanno fatto scaturire un sistema filosofico che è espressione dell’angoscia dell’uomo moderno e del suo mondo. Altre hanno tolto ogni valore a quelle idee e, tra tutti, Benedetto Croce vede nell’ideologia di Pirandello: “Espressioni di uno stato d’animo scettico, pessimistico, desolato, esasperato, di un uomo che si sente avvolto in tenebre non diradabili e vede cedere e sfuggirgli ogni punto sul quale tenta, o potrebbe tentare di appoggiarsi”. Al di là del pensiero di Croce, Pirandello fu un grande innovatore sia come drammaturgo che come  poeta e, non a caso, fu insignito del Premio Nobel per la letteratura; tant’è…

*

Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

“Pirandello nell’era digitale: riflessioni sull’identità, la realtà e la comunicazione nell’epoca della tecnologia”, saggio di Francesco Scatigno

Di Francesco Scatigno

Luigi Pirandello, nato nel 1867 e morto nel 1936, è uno dei più importanti drammaturghi e scrittori italiani del XX secolo. La sua opera è caratterizzata da una profonda riflessione sulla natura dell’identità e della realtà soggettiva. Un elemento distintivo del suo lavoro è la concezione dell’umorismo[1] di Pirandello, inteso come un modo per esplorare la complessità della condizione umana. Attraverso i suoi lavori, Pirandello ha esplorato le complesse dinamiche dell’individuo nella società e le sfide legate alla comunicazione e alla comprensione reciproca.

Identità e realtà

La riflessione di Luigi Pirandello sull’identità e la realtà soggettiva costituisce uno dei pilastri centrali della sua opera. Pirandello sottolinea che l’identità di un individuo è fluida e mutevole, spesso influenzata da molteplici fattori come il contesto sociale, le aspettative degli altri e le maschere che ognuno indossa nella vita quotidiana.

Nelle sue opere, come ad esempio nell’opera teatrale “Sei personaggi in cerca d’autore” Pirandello esplora il concetto che ciascun individuo ha molteplici sfaccettature e che la sua identità può variare a seconda del ruolo che assume in una data situazione. Questa prospettiva è particolarmente rilevante nella società contemporanea, in cui le persone sono spesso chiamate a interpretare diversi ruoli nella vita di tutti i giorni, sia online che offline.

La realtà soggettiva, secondo Pirandello, è altrettanto complessa. Egli suggerisce che ogni individuo percepisce il mondo in modo unico, influenzato dalle proprie esperienze, emozioni e convinzioni. Questa idea può essere collegata all’era moderna in cui le informazioni vengono filtrate attraverso le lenti personali dei social media e delle narrazioni digitali, creando realtà soggettive diverse per ciascun individuo.

In sintesi, l’analisi di Pirandello sull’identità e la realtà soggettiva ci invita a riflettere su come le persone si definiscono e interpretano il mondo che le circonda. Questi concetti sono ancora oggi rilevanti per comprendere la complessità delle identità individuali e delle prospettive nella società contemporanea.

Crisi della comunicazione

La “crisi della comunicazione” è un tema fondamentale nell’opera di Luigi Pirandello, che risuona in modo significativo nell’attuale panorama mediatico e sociale. Pirandello riflette su come la comunicazione tra individui spesso sia compromessa dalla difficoltà di comprensione reciproca, dall’uso di maschere sociali e dalla mancanza di comunicazione autentica.

Nelle sue opere, come nel romanzo “Uno, Nessuno e Centomila” Pirandello mette in scena situazioni in cui i personaggi non riescono a comunicare le loro vere emozioni e intenzioni. Questo problema è oggi amplificato dalla crescente dipendenza dalle piattaforme digitali e dai social media, dove spesso si comunicano versioni idealizzate o distorte di sé stessi.

La “crisi della comunicazione” di Pirandello riflette anche il concetto di “fake news” e di disinformazione che affligge la società moderna. La difficoltà nel distinguere la verità dalla finzione è una sfida crescente, con importanti implicazioni per la società e la politica contemporanea.

Inoltre, la sua analisi sulla comunicazione mette in luce quanto sia complesso per gli individui comprendere veramente gli altri e se stessi, un tema che rimane estremamente rilevante nell’era dell’iper-connessione e della sovrabbondanza di informazioni.

La “crisi della comunicazione” di Pirandello è un richiamo a riflettere sulla qualità e l’autenticità della nostra comunicazione in un mondo sempre più dominato dalla superficialità e dalla complessità delle interazioni sociali e digitali.

Identità e maschere sociali

Nelle opere di Luigi Pirandello, la questione dell’identità e delle maschere sociali è un tema centrale. Pirandello osserva come gli individui siano spesso costretti a indossare maschere sociali per adattarsi alle aspettative e alle convenzioni della società, nascondendo spesso la loro vera identità dietro queste facciate.

Questo tema è particolarmente rilevante oggi, dove la pressione sociale e l’omologazione sono molto presenti nelle dinamiche sociali. Molte persone si sentono obbligate a conformarsi a ideali o standard imposti dalla società, dai media o dai social media, spesso a scapito della loro autenticità. Questo può portare a una sensazione di alienazione e insoddisfazione.

Le maschere sociali, come quelle rappresentate da Pirandello, sono visibili anche nell’era digitale, dove le persone possono creare identità virtuali che differiscono dalla loro vita reale. Questo solleva domande sulla genuinità delle interazioni online e sulla difficoltà di distinguere ciò che è autentico da ciò che è costruito.

Inoltre, l’opera di Pirandello suggerisce che le maschere sociali possono portare a conflitti interiori e dissonanza cognitiva. Questa dissonanza può essere ancora più pronunciata in un mondo in cui le aspettative sociali possono essere in conflitto con i valori personali o le convinzioni.

Crisi esistenziale

Nelle opere di Luigi Pirandello, emerge spesso un profondo senso di crisi esistenziale nei personaggi, una sensazione di smarrimento e alienazione rispetto al mondo che li circonda. Questa tematica della crisi esistenziale è straordinariamente importante nell’attuale contesto sociale.

La modernità ha portato con sé una serie di cambiamenti rapidi e una crescente complessità nella vita quotidiana. Questo può portare a una profonda riflessione sul significato della vita, sul proprio posto nel mondo e sul senso della propria esistenza. La sensazione di essere intrappolati in una realtà che sembra priva di senso o di autenticità è una sfida con cui molti si confrontano oggi.

Secondo Pirandello, la crisi esistenziale spesso deriva dalla mancanza di una “verità” oggettiva o di un significato stabile nella vita. Questa idea può essere interpretata in vari modi nella società contemporanea, dove le convinzioni tradizionali spesso vengono messe in discussione, e le persone cercano di trovare un senso in un mondo in rapido cambiamento.

La crisi esistenziale può anche essere vista come una conseguenza delle sfide dell’individualismo moderno. Mentre la società offre un maggiore spazio per l’autonomia individuale, questo può anche portare a una sensazione di isolamento e alla necessità di definire il proprio scopo senza il supporto di norme sociali rigide.

Questi interrogativi rimangono al centro del dibattito filosofico e culturale contemporaneo, mentre le persone cercano di dare significato alle loro vite in un mondo in costante evoluzione.

L’Influenza dell’individualismo

L’influenza dell’individualismo è un tema centrale nelle opere di Luigi Pirandello e ha rilevanza continua nell’attuale panorama culturale e sociale. Pirandello esplora l’individualismo attraverso personaggi che si scontrano con la società e cercano di affermare la propria individualità, spesso in modi radicali o estremi. Questo tema può essere analizzato in relazione al mondo contemporaneo in vari modi.

Nella società attuale, l’individualismo è una forza motrice significativa. Le persone cercano sempre più di affermare la propria unicità e autonomia, spingendosi a sfidare norme sociali tradizionali e a perseguire i propri obiettivi personali. Questo può portare sia a una maggiore libertà che a una maggiore alienazione. Alcuni individui possono sentirsi isolati o in conflitto con la società mentre cercano di trovare il proprio cammino.

Inoltre, l’avvento della tecnologia e dei social media ha amplificato ulteriormente l’individualismo. Le persone possono creare e curare le proprie identità online, esplorare interessi di nicchia e collegarsi con altri individui che condividono le loro passioni. Tuttavia, questo può anche portare a una sorta di isolamento digitale, in cui le interazioni faccia a faccia e le relazioni reali sono spesso trascurate.

Pirandello mette in guardia contro gli eccessi dell’individualismo, sottolineando come la totale autonomia possa portare all’alienazione e alla perdita del contatto con la realtà. Questo richiama l’importanza di trovare un equilibrio tra l’affermazione dell’individualità e l’appartenenza a una comunità più ampia.

Le maschere nell’era dei social media

Il concetto delle maschere, così dominante nelle opere di Luigi Pirandello, trova un terreno fertile nell’era dei social media, dove la rappresentazione di sé e l’identità digitale sono diventate parte integrante della vita quotidiana. Pirandello ha come le persone indossino maschere sociali per adattarsi alle aspettative della società, nascondendo spesso la loro vera natura. Questo tema è estremamente rilevante nel contesto dei social media moderni.

I social media offrono un palcoscenico virtuale dove le persone possono creare e proiettare le proprie identità secondo il desiderio. Ogni profilo sui social media è una sorta di maschera, mostrando solo ciò che l’utente vuole che gli altri vedano. Questo può portare a una distorsione della realtà, in cui le vite delle persone sembrano più perfette, felici o interessanti di quanto non siano in realtà. Le maschere digitali possono nascondere le sfide personali, creando una percezione distorta della vita degli altri.

Inoltre, i social media hanno introdotto il fenomeno della “comparazione sociale”, in cui le persone valutano se stesse in base a ciò che vedono online negli altri. Questo può portare a una pressione costante per apparire migliori, più attraenti e di successo di quanto si è realmente. Le maschere digitali possono quindi creare un ciclo di insicurezza e competizione.

Tuttavia, l’uso delle maschere digitali può anche avere un aspetto positivo. Possono essere uno strumento di espressione creativa e di connessione con persone che condividono interessi simili. Può essere importante ricordare che ciò che vediamo online spesso rappresenta solo una parte della storia.

Comunicazione nell’epoca digitale

Nell’epoca digitale, la comunicazione ha subito una trasformazione senza precedenti, e questo fenomeno richiama in modo evidente alcune delle tematiche affrontate da Luigi Pirandello nei suoi lavori, in particolare quelle legate all’ambiguità dell’identità e all’illusione della realtà.

Le nuove tecnologie digitali, come internet e i social media, hanno reso la comunicazione più accessibile, ma allo stesso tempo più complessa. Gli individui possono ora comunicare con chiunque, ovunque nel mondo, in tempo reale, ma questa accessibilità ha anche portato a una sovrabbondanza di informazioni e a una frammentazione dell’attenzione. La distinzione tra realtà fisica e virtuale è diventata più sfumata, e le persone possono creare identità digitali multiple attraverso avatar, nickname e profili online.

Questo scenario richiama le opere di Pirandello, dove i personaggi spesso indossano maschere sociali per adattarsi alle aspettative degli altri. Nel mondo digitale, le persone creano maschere digitali attraverso i loro profili sui social media, proiettando immagini selezionate di sé stesse. Queste rappresentazioni digitali possono essere parziali, distorti o idealizzati, e talvolta nascondono la complessità della realtà umana.

Inoltre, la comunicazione digitale è stata spesso criticata per la sua superficialità e la mancanza di approfondimento. La rapidità delle interazioni online e la tendenza a condividere informazioni superficiali possono portare a una percezione distorta della realtà, dove il contenuto viene semplificato per adattarsi agli algoritmi dei social media.

In sintesi, nell’era digitale, la comunicazione è diventata un terreno fertile per esplorare le maschere, l’identità e la complessità della realtà, temi cari a Pirandello. È importante sviluppare una consapevolezza critica quando si naviga in questo ambiente, riconoscendo che ciò che vediamo online può essere solo una parte della storia e che la realtà è spesso molto più sfaccettata di quanto appaia in un feed di social media.

L’influenza della tecnologia

L’influenza della tecnologia nell’opera di Luigi Pirandello e nella comprensione della realtà contemporanea è un aspetto di notevole rilevanza. La tecnologia, in particolare l’era digitale, ha introdotto una serie di dinamiche che richiamano le tematiche pirandelliane, sfidando e ridefinendo la nostra percezione della realtà.

Una delle principali influenze della tecnologia è la creazione di identità multiple. Pirandello esplorava l’idea che ogni individuo può avere molteplici “maschere” sociali e identità che emergono in diverse situazioni. Nell’era digitale, le persone gestiscono spesso profili online su diverse piattaforme, ciascuno dei quali può rappresentare una sfaccettatura diversa della loro personalità. Questo concetto di identità frammentata è profondamente radicato nell’opera di Pirandello e si riflette nelle nostre interazioni online.

Inoltre, la tecnologia ha reso possibile l’accesso istantaneo a una quantità straordinaria di informazioni. Questo accesso illimitato alla conoscenza può creare una sensazione di “sovraccarico informativo”, simile all’ansia che Pirandello ha descritto nei suoi personaggi. Le persone si trovano spesso a dover discernere tra informazioni veritiere e false, simili al tema della realtà soggettiva nell’opera di Pirandello.

Nell’era della comunicazione digitale, caratterizzata dalla velocità delle interazioni su piattaforme di messaggistica istantanea e social media, le comunicazioni possono apparire più rapide, ma talvolta risultano anche più superficiali. Questa sfida nella comunicazione online rispecchia in modo sorprendente le tematiche affrontate nelle opere di Luigi Pirandello, dove i personaggi spesso si scontrano nel tentativo di comunicare in modo efficace tra loro.

Infine, la tecnologia ha dato vita alla realtà virtuale e alla realtà aumentata, dove le linee tra il mondo fisico e quello digitale si fondono. Questo solleva domande sulla natura stessa della realtà, richiamando il concetto di realtà soggettiva di Pirandello.

Conclusioni

In conclusione, l’opera di Luigi Pirandello continua a essere di straordinaria rilevanza nell’analisi e nella comprensione del mondo contemporaneo, in particolare nell’era digitale. Le sue riflessioni sulla natura dell’identità, della realtà soggettiva e della comunicazione hanno acquisito nuovi livelli di complessità e rilevanza nell’epoca moderna, in cui la tecnologia ha trasformato radicalmente la nostra percezione del mondo e di noi stessi.

La tecnologia ha reso possibile la creazione di molteplici identità online, richiamando il concetto di “maschere sociali” pirandelliane. Inoltre, l’accesso illimitato alla conoscenza e la diffusione delle informazioni attraverso la rete richiamano il tema della realtà soggettiva, poiché dobbiamo costantemente discernere tra verità e falsità in un mondo digitale ricco di informazioni contrastanti.

La comunicazione digitale ha introdotto nuove dinamiche nelle nostre interazioni sociali, spesso creando sfide simili a quelle affrontate dai personaggi pirandelliani nella loro lotta per comunicare efficacemente. Infine, l’avvento della realtà virtuale e aumentata solleva domande fondamentali sulla natura stessa della realtà, richiamando il tema centrale della realtà soggettiva nell’opera di Pirandello.

FRANCESCO SCATIGNO

L’Autore del presente testo ha liberamente autorizzato la pubblicazione su questo sito senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in seguito.

È severamente vietato riprodurre il presente testo in formato integrale e/o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore.


[1] Per un maggior approfondimento su questo tema si rimanda al saggio del medesimo autore dal titolo “L’umorismo di Luigi Pirandello e differenza con comicità e ironia” pubblicato sul sito “Il Mago di Oz” il 25/01/2023, link: https://www.magozine.it/lumorismo-di-luigi-pirandello-e-differenza-con-comicita-e-ironia/

Al Teatro Valle di Chiaravalle va in scena “Il berretto a sonagli” per la regia di Paolo Bucci

Teatro  Locandina Berretto a sonagli Chiaravalle-page-001.jpg

Dopo i successi di pubblico e di critica ottenuti a Marzocca e a Montemarciano, Venerdì 31 Maggio 2019 ore 21 verrà replicata al Teatro Valle di Chiaravalle la Commedia “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello. Il berretto a sonagli è una delle più note e divertenti commedie di Pirandello, ambientata nella Sicilia degli anni ’20: toccando i temi della maschera, della pazzia e delle convenzioni, sciorina una riflessione lucida e sarcastica sul paradosso dell’esistenza umana, dove il consueto incontro/scontro tra realtà ed apparenza coinvolge il senso dell’onore, tra l’essere e il fingere, e dove occorre salvare le apparenze per mettere a tacere lo scandalo in un mondo fatto di ipocrisia e di falso perbenismo.

IMG-20190203-WA0020.jpg

La Compagnia Teatrale UNITRE di Montemarciano da parecchi anni, sotto la guida del regista Paolo Bucci, presenta con successo Commedie nei principali teatri della provincia di Ancona, alternando spettacoli brillanti del filone francese Vaudeville (George Feydeau, Charles-Maurice Hennequin, Pierre Veber), di autori come Molière, Carlo Goldoni, Anna Bonacci, con spettacoli più impegnati (Luigi Pirandello, Oscar Wilde, Arthur Miller).

 

Due appuntamenti al teatro con “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello per la Compagnia dell’Unitre di Montemarciano (AN)

Segnaliamo due appuntamenti teatrali, in provincia di Ancona, relativi alla messa in scena di “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello eseguito dalla Compagnia Teatrale dell’UNITRE di Montemarciano. Il primo di essi si terrà domenica 3 febbraio alle 17 presso il Centro Sociale Adriatico di Marzocca di Senigallia mentre l’altro sabato 9 febbraio alle 21 presso il Teatro Alfieri di Montemarciano.

L’ingresso è ad offerta libera e volontaria e gli incassi saranno devoluti in beneficenza.
A Montemarciano si può prenotare telefonicamente perché i posti sono numerati.
A Marzocca, invece, non sono prenotabili ed occorre presentarsi con un certo anticipo il giorno della rappresentazione, perché i posti sono limitati.

La Compagnia Teatrale UNITRE di Montemarciano da parecchi anni, sotto la guida del regista Paolo Bucci, presenta con successo Commedie nei principali teatri della provincia di Ancona, alternando spettacoli brillanti del filone francese Vaudeville ( George Feydeau. Charles-Maurice Hennequin, Pierre Veber), di autori come Molière, Carlo Goldoni, Anna Bonacci, con spettacoli impegnati ( Luigi Pirandello, Oscar Wilde, Arthur Miller).

“Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello è una delle sue più note Commedie, ambientata nella Sicilia degli anni ’20 e tocca i temi della maschera, della pazzia e delle convenzioni, e sciorina una riflessione lucida e sarcastica sul paradosso dell’esistenza umana; dove il consueto incontro/scontro tra realtà ed apparenza coinvolge il senso dell’onore, tra l’essere e il fingere, dove occorre salvare le apparenze per mettere a tacere lo scandalo in un mondo fatto di ipocrisia e di falso perbenismo.

Teatro Locandina Il berretto a sonagli Marzocca-page-001.jpg

Loc.na berretto a sonagli MM (1)-page-001.jpg

Un sito WordPress.com.

Su ↑