Iuri Lombardi su “La cucina arancione” di Lorenzo Spurio

        La cucina arancione: quando la de-costruzione diventa un atto di verità

Di IURI LOMBARDI

 

 

cover_frontLa cucina arancione, la raccolta di racconti di Lorenzo Spurio edita nel 2013 da Tracce per la meta edizioni, oltre ad essere un libro interessante, pieno di spunti e di riferimenti, oltre ad essere una netta e chiara (inequivocabile) indagine di un mondo minuto, emarginato, nascosto, che alberga in noi oltre che ai margini prestabiliti dal sociale, è sopratutto un’opera post-moderna in cui Lorenzo (anche in questo caso chiamo per nome lo scrittore perché gli sono amico) si colloca a pieno in un filone preciso della letteratura contemporanea (a mio avviso l’unica possibile): quella del post-moderno. Filone che se in apparenza un critico può nutrire perplessità nel definirlo, ha tuttavia dei connotati precisi che di seguito vorrei esprimere in termini storiografici.

In primo luogo, la caratteristica principale del post-moderno è sicuramente la de-costruzione di ogni classica funzione che per secoli ha avuto la letteratura. E in primo piano, la de-costruzione del classico (de-mode e anti-storico) mette in luce non solo un mutamento di rotta sulla lingua (non più conservatrice), non solo nello stile, che diventa per forza di cose un catalizzatore di eventi linguistici e ipertestuali, ma compie una rivoluzione – e consentitemi di affermare gobettiana- nel porre come protagonista della propria storia l’emarginato, il prossimo del quotidiano, volendo l’uomo medio gonfio di solitudine e di paranoie, di paure e di fobie.

Questa è in primo luogo la caratteristica della Cucina arancione. Un libro rivoluzionario – in termini, ripeto, gobettiani della parola- che mai come adesso nel panorama editoriale italiano s’era visto. Infatti, in luce di quanto sostenuto sino ad ora, l’opera di Spurio è una indagine diretta, quasi un punto di osservazione continuo, una sequenza di storie apparentemente lontane dalla normalità che quasi al lettore medio creano scandalo.

Lorenzo si cala nei panni di un viaggiatore di un mondo sconosciuto, da noi tutto saputo ma celato per timore del pregiudizio, in cui lui stesso da scrittore è costretto, vuoi per piacere della scrittura, vuoi perché curioso, a narrarci questa realtà costituita solo da muri, da alte saracinesche di paure e fobie, di paranoie e di ripetizioni. Ripetizioni di gesti, di riti quotidiani che andando ad oggettivare la materia d’indagine diventano interessanti spunti su di un contesto o più contesti sommersi alla maggioranza delle persone. E la ripetizione dei gesti, delle paure che si rinnovano regolarmente in un tempo x sono parte integrante di una nostra forma mentis che il più delle volte allontaniamo da noi per paura. L’indagine di Spurio (notevole critico letterario e studioso di un certo tipo di letteratura psicologica) fonda sulla ripetizione la propria poetica, quasi avesse assorbito in pieno e in modo positivo e costruttivo la lezione dei funzionalisti francesi, in particolare di Deleuze e Derrida. Infatti tra le righe della cucina arancione si possono cogliere una serie di spunti che legano, volente o non, la narrativa alla questione del linguaggio psicanalitico. E questo viene fuori, emerge come un relitto dalle acque profonde del mare, quasi portato a galla dalle correnti di una volontà remota, non solo nei contenuti (in cui il protagonista è l’anti-eroe), ma in particolare nella lingua.

Una lingua che nell’atto della descrizione si fa distante e riesce ad oggettivare la cosa narrata quasi come se l’autore non volesse intaccare l’oggetto conferito con la propria emozione o personalità. Esperimento questo che somiglia molto alla lezione del romanzo scientifico dei naturalisti francesi, del Verga e del Capuana per un contesto agreste e italiano, per il teatro somigliante all’epicità di Brecht.

In altre parole, si tratta di una lingua diretta, senza inflessioni emotive, che racconta il narrato con scientificità e rigore assoluto, dando al lettore la possibilità di interagire all’interno della storia come figura protagonista. Figura che ha il compito di ultimare il racconto attraverso una riflessione che trova con l’ipertestualità del testo una propria alchimia. E questo è tipico del post-moderno.

 

Altro aspetto, direi non marginale, è il discorso dello spazio/tempo come nel racconto Jonny, in cui una realtà cela e si sovrappone ad un altra, per cui il tempo e lo spazio diventano un disegno teatrale, drammatico della nostra vita. Spazio/ tempo che si annida e si esplicita in più tempi e in più spazi attraverso riti quotidiani, paure, cose non dette. Questo aspetto svela in Spurio una cultura sociologica del vedere la letteratura, nello specifico la narrativa, in cui il pensiero di Durkheim[1] e di Debord[2] trapela come interrogativo mai risolto sul nostro tempo.

Quel senso di morte (fisica e simbolica) che si respira in Durkheim pare lambire, albergare nei personaggi della Cucina arancione, come se la vita di questi si alimentasse di uno spazio/tempo proprio, fosse costellata di suicidi violenti sia verbali che fisici. Si tratta in sostanza, di attentati verso il proprio essere continui che pare non trovino soluzione.

In secondo luogo, il contesto calato in un contesto altrettanto drammatico, allude o può ricordare la famosa società dello spettacolo di Debord, in cui l’idea dell’altro e della propria persona è minacciata dall’equivoco costante e continuo dei giornali e delle immagini. Ed eccoci al punto: la cucina arancione, pur essendo un libro di racconti, è una sequenza di scene drammatiche in cui la realtà di noi tutti trova il suo naturale palcoscenico. Si tratta di una scena dolorosa, piena di traumi e paure, di muri invalicabili, in cui l’osceno non avendo più pudore di sorta (e dico in termini letterari giustamente) balza in primo piano facendo dell’opera un teatro alla Artaud[3]. Si tratta della narrativa del crudele: dello svelamento della verità. Di una verità dolorosa, antipatica, sofferente che alberga nell’uomo, ad ogni livello o estrazione sociale, che fa della vita una esistenza ferita[4].

 

27.02.2014

                                                                                   Iuri Lombardi


[1]Durkheim, Il suicidio, Bur, 2013

[2]Debord, la società dello spettacolo, Baldini e Castoldi, 2011

[3]Artaud, il teatro e il suo doppio, Einaudi, 2000

[4]Moravia, l’esistenza ferita, Feltrinelli, 1999

“La cucina arancione” di Lorenzo Spurio presentata a Firenze il 20.09.2013

Il video integrale della presentazione del libro di racconti LA CUCINA ARANCIONE (TraccePerLaMeta Edizioni, 2013)

DI LORENZO SPURIO

avvenuta alla Biblioteca Pietro Thouar, a Firenze il 20 settembre 2013

 

RELATRICE: MARZIA CAROCCI, poetessa, scrittrice, critico

INTERVENTI DI:

MASSIMO ACCIAI, poeta, scrittore, direttore rivista Segreti di Pulcinella

SANDRA CARRESI, poetessa, scrittrice, vice-presidente Ass. Culturale TraccePerLaMeta

RITA BARBIERI, docente di lingua e letteratura cinese 

ANNAMARIA PECORARO, poetessa, scrittrice

 

LETTURE DI

LUISA BOLLERI, poetessa e scrittrice

 

“Il fuoco di Lorenzo” di Annalisa Soddu, recensione di Lorenzo Spurio

Il fuoco di Lorenzo
di Annalisa Soddu
Ilmiolibro, 2011
ISBN: 978-88-91003-24-9
Pagine: 46
 
Recensione di Lorenzo Spurio

Il fuoco di Lorenzo definAnnalisa Soddu è medico-psichiatra e scrittrice. Entrambe le due componenti a cui dedica ampio spazio nella sua vita sono racchiuse nel suo primo libro, “Il fuoco di Lorenzo” pubblicato nel 2011 con ilmiolibro.

Quello che il lettore si appresta a leggere aprendo questo libricino (le pagine non sono molte, ma di contro i contenuti sono ampi) è una fotografia sul mondo che ne rivela dettagli fastidiosi, a tratti sconvenienti e in via generale dolorosi. Si parla di patologie, ma più che di malattie concrete e riscontrabili all’occhio, di malattie insidiose, invisibili perché della mente umana. Nella silloge di racconti si spazia tra comportamenti problematici (l’anoressia, l’alcolismo, la perversione sessuale) che possono dar vita a episodi ulteriormente allarmanti e che sono sanzionati dalla Legge.

L’esperienza letteraria di Annalisa Soddu è interessante perché questi racconti, privati di toponomastiche e di riferimenti precisi, sono frutto della sua esperienza diretta di psichiatra con persone deboli, sofferenti o apparentemente sane ma che secernono i semi della follia.

Non c’è spazio per il giudizio e la morale: la Soddu presenta la realtà per come è, senza mitigarla, inserendosi in quelle lacune delle mente, negli inceppamenti del normale raziocinio, per vedere come gli affetti dalla patologia reagiscono se sottoposti a cure, i motivi dell’insorgenza del problema –nel caso sia possibile indagarne- e il clima familiare/sociale che circonda il malato.

Nella gran parte delle storie qui contenute, infatti, si osserva una struttura tripartita dei personaggi, di coloro che intervengono attivamente sulla scena:

  1. il malato (a volte consapevole del suo morbo, della      sua pazzia, altre volte inconsapevole; più spesso normale agli occhi di      tutti, ma profondamente tormentato internamente);
  2. il gruppo familiare (si parla spesso della figura      materna, ma anche di quella del padre e, invece, in altri casi di assenza      dei genitori. Alcuni dei disturbi, delle fissazioni che poi alcuni      personaggi avranno da adulti sarà motivato come conseguenza di un trauma      vissuto durante l’infanzia). Se decidiamo di allargare questo gruppo      possiamo, inoltre, inserire anche gli amici;
  3. lo psichiatra (che corrisponde alla stessa autrice      che interviene per colloquiare con i malati, capirli, fare la diagnosi e      prescrivere i medicinali da prendere per controllare la situazione).

Annalisa Soddu conduce il lettore mano nella mano nelle pieghe tortuose della psiche, tra gli sbalzi d’umore, le azioni violente e sconsiderate, l’indifferenza che spesso la società (il mondo esterno) ha nei confronti del ‘diverso’, tra intervalli di euforia e depressione che arrivano a manifestarsi come un vero e proprio annichilimento dell’anima e del corpo.

Annalisa-Soddu-Small-200x300La convinzione che il lettore si va facendo leggendo questa raccolta è che se una patologia esiste, se un personaggio ha una certa condotta, al di là dell’eziologia della patologia, ha di certo a che vedere con una realtà pregressa dove, pure, può trovarsi annidato un trauma, un episodio sconcertante che l’individuo non ha mai superato da solo e che lo ha portato poi a una sorta di autodifesa, adottando gesti/comportamenti sbagliati. Ma come si legge nel primo racconto, la Soddu sembra andare oltre le motivazioni di carattere prettamente psicologico, scienza che pure spesso non riesce con accuratezza a svelare le ragioni di siffatte anomalie della mente (“le cause di queste malattie maledette non si conoscono”, p. 11)  per osservare invece quasi sull’onda di un convincimento popolare che “Quando si nasce con la sfortuna addosso, è difficile scollarsela” (p. 9). Dunque intervengono anche delle ragioni che rispondono a un pensiero di tipo fatalista, idea che ritorna anche nel secondo racconto in cui nell’incipit viene nominata la “malasorte” (p. 13).

Il tormento può essere la conseguenza di uno stato di una condizione di solitudine dovuta a lutti e all’isolamento dominato da stati d’alternanza tra depressione ed euforia  come avviene nella seconda storia narrata; la pazzia, l’incontrollabilità delle azioni, può essere motivo di preoccupazione ulteriore quando si è madre e si deve supervisionare la crescita dei propri figli e proprio per questo la donna de “La signora G.” finirà per essere allontanata dalla sua famiglia con un TSO. Quello che si configura come un gravissimo disturbo alimentare può essere spiegato a livello psicologico ricorrendo a un episodio di violenza sessuale subito in tenera età. Episodi clinici quali l’incesto e la pedofilia sono spesso i più difficili da trattare all’interno dell’ampio panorama delle deviazioni sessuali, perché frequentemente la vittima si sente colpevole di quanto successo e si rifiuta quindi di denunciare l’uomo o di raccontare l’accaduto (“Si divertiva a farla sentire una puttana, per tenerla in pugno e indurla a stare zitta; ecco perché in lei c’è la più totale confusione, perché lei ha attribuito a se stessa la colpa di tutto, quando invece era una bambina, e lui un porco”, p. 25).

Il mondo che circonda chi ha subito un grave danno psichico o fisico (la famiglia, le amicizie, la società) può apparire spesso insensibile nel sondare un malessere nell’aria che consenta la confessione del malato, più spesso si denota una difficoltà da parte della società –anche nei familiari- nel “diagnosticare”, ossia nell’individuare dei segnali che andrebbero colti. In altre circostanze è la stessa società, per mezzo delle sue istituzioni e strutture, che sembra essere incapace di dare giusta accoglienza a chi ne avrebbe bisogno perché il sistema sanitario è debole: “Il Comune non ha soldi per trovargli una casa popolare; il servizio psichiatrico non lo può tenere che per pochi giorni, le case di cura qualche giorno in più, ma poi lo devono mandare via” (p. 35). C’è una velata polemica nei confronti dello Stato, che è tanto più dura per il fatto che l’autrice, psichiatra, conosce in prima linea tutto ciò che concerne il sistema d’accoglienza di menti pericolose.

Ma in queste fasi di blackout della mente, di sinapsi interrotte, di atteggiamenti deviati e condannabili, ciò che preme sottolineare è la sperimentazione da parte del malato di una realtà altra da quella odierna, a volte onirica, altre volte utopica. In tutti i casi il paziente malato si eclissa dalla realtà sana per costruire un suo mondo dove, però, finisce per essere lui/lei l’unico abitante. In simili circostanze la malattia, oltre a portare al deperimento del corpo (come nel caso dell’anoressia), conduce alla sperimentazione di una realtà finta, surrogata, ricreata, di quel microcosmo indotto dal trauma e dalla patologia stessa.

Doloroso il racconto “La moglie di Pietro” in cui la voce narrante è quella della povera Luisa uccisa dal marito perché geloso in maniera ossessiva e violento che in un raptus di follia arriverà ad uccidere la sua donna. La storia riecheggia i tanti casi di femminicidio che la Cronaca riporta e per i quali sembra che la legislazione italiana si stia finalmente movendo –sebbene con gravoso ritardo- ai fini di una maggiore salvaguardia della libertà della donna nei casi in cui l’ex marito o fidanzato dimostri atteggiamenti ossessivi e denigratori.

Annalisa Soddu con una prosa spigliata ed essenziale, senza ridondanze né descrizioni pedanti, riesce a cogliere l’essenza di ciascuna storia e lo fa in maniera sorprendentemente vivida perché l’autrice osserva il mondo del disagio psichico in almeno quattro modi diversi:

1)      quello dello psichiatra, del medico curante, di colui che deve intravedere terapie e un sistema di controllo della patologia;

2)      quello della cittadina italiana che si indigna nei confronti di episodi di emarginazione o che denuncia senza peli sulla lingua l’insoddisfacente legislazione e organizzazione nel gestire fasce della popolazione con patologie psichiche che necessitano di assistenza e monitoraggio continuo;

3)      quello della donna sensibile che non rimane impermeabile alle sofferenze degli altri, ai disturbi e al clima di desolazione che aleggia intorno a queste persone; ed infatti la psichiatra nei vari racconti fa quasi difficoltà a scindere il privato dal pubblico, il suo coinvolgimento emotivo dalla sua professione tanto che lei stessa in “Aveva la SLA” ricorda un simpatico invito di un dottore sotto il quale aveva fatto il tirocinio: “Giovincella, devi dominare le emozioni, i pazienti si spaventano!” (p. 40);

4)      quello della scrittrice che utilizza le vicende da lei sperimentate nella realtà per trasporle sulla carta cercando le giuste parole per far arrivare con schiettezza e senza tanti formalismi il suo pensiero su quanto narra.

Il risultato è sconvolgente: drammi, patologie, deliri, ossessioni, violenze subite e perpetuate, allucinazioni auditive e fenomeni di perdita d’identità campeggiano tra queste pagine. Il lettore dovrebbe tenere a mente, come si diceva all’inizio di questa recensione, che questi racconti sono anche e soprattutto delle cronache fedelissime di quanto avviene ogni secondo in ogni parte del mondo.

Tu che ne sai/ […] / Di un certo tipo di vita/ Tu che ne sai./ Della vita del cuore. Che ne sai”, conclude la scrittrice nella lirica dal titolo “Dedicata a loro”.

  

Lorenzo Spurio

 

Jesi, 28 Agosto 2013

“La cucina arancione” di Lorenzo Spurio, recensione di Rita Barbieri

LA CUCINA ARANCIONE
di Lorenzo Spurio
TraccePerLaMeta Edizioni, 2013
Link alla vendita 
 
Recensione di Rita Barbieri

1012655_10201459700837819_1376616163_nCerte volte la letteratura ha un compito difficile: non solo farci divertire, evadere dalle nostre realtà quotidiane e accompagnarci in mondi fantastici o onirici. Certe volte, la letteratura può servire a farci riflettere su quello a cui abitualmente, per vergogna, paura, imbarazzo non pensiamo mai.

Certe volte la letteratura può creare nuovi interrogativi, questioni, che ci spingono a trovare e disegnare limiti e confini. Tra quello che è permesso e quello che è vietato, tra quello che è accettabile e quello che non lo è affatto.

La raccolta di Lorenzo Spurio, intitolata “La cucina arancione”, si muove proprio su questo terreno grigio e friabile che si trova sul filo della frontiera. I protagonisti dei racconti sono personaggi talvolta apparentemente normali  ma mai ordinari, talvolta dichiaratamente strani o pazzi o addirittura pericolosi. Ognuno di loro ha un lato oscuro, negativo, difficile che trova sfogo in comportamenti antisociali, anormali, perfino violenti o aggressivi.

Per qualcuno esiste una cura, una salvezza, una soluzione almeno provvisoria che permetta il reinserimento nella società e nel mondo cosiddetto ‘civile’. Per altri no, esiste solo un baratro di dannazione e perdizione che si spalanca sotto i piedi, pronto ad accogliere e a risucchiare completamente.

I temi affrontati nei racconti sono i più svariati e sfiorano tabù come la pedofilia e la pornografia. Ma, sorprendentemente, la lettura di questi non genera nel lettore orrore, repulsione o disgusto: non ci sono descrizioni efferate o cruente, non c’è inutile spargimento di sangue o cacce al mostro e all’orco cattivo delle favole. Non c’è giudizio, né inganno di sorta.

I personaggi sono sempre isolati, presenti a sé stessi e mai agli altri, vivono realtà disagiate oppure no ma convivono con un lato ‘malato’ di cui sono spesso inconsapevoli. Realizzano la loro diversità solo attraverso il confronto con la società ‘normale’, normata e normante: nello ‘scontro’ con tutta quella serie di convenzioni scritte e non che rende possibile la vita in comune.

Per qualcuno, affetto da forme più leggere e ‘curabili’ di deviazione, l’incontro con la realtà è come un brusco risveglio da un sogno, che innesca un successivo processo di rimozione e crescita psicologica. Per qualcuno la realtà è invece  il trauma scatenante di reazioni imprevedibili e impreviste che condurranno inevitabilmente il personaggio fuori dai confini del lecito e del legale.

Altre volte è il medico, rassicurante presenza detentrice di certezze e sapere, a diagnosticare, rintracciare e rimuovere il ‘male’ dagli individui. È il medico a riportare il paziente sulla retta via, al riparo da comportamenti scorretti o inaccettabili: un censore  che ristabilisce equilibri e giochi di forza, pur senza indagare troppo sulle cause  e sulle conseguenze.

Infatti il ‘perché’ è il vero grande assente di questo libro. Le azioni, anche le peggiori, si compiono e basta: seguendo gli istinti del momento, senza interrogarsi, arrovellarsi, entrare in oscuri labirinti mentali in cui non esiste un filo rosso (o se ne è perso l’altro capo…). Le azioni sono fatti, non pensieri: sono concrete, reali, effettive, cambiano la vita dei personaggi coinvolti in modo definitivo e inatteso. Le azioni si possono toccare, vedere, osservare, sentire realmente e totalmente.

Le idee e i processi mentali, invece, no. Quelli rimangono un mistero profondo e impenetrabile anche per chi li produce e li subisce: ci sono esempi di personaggi che agiscono in maniera sorprendentemente spontanea, senza avvertire minimamente il senso del pudore, della vergogna, del pericolo. Personaggi un po’ come bambini, certo non innocenti e ingenui, ma neanche completamente ‘cresciuti’, socializzati, gerarchizzati.

Leggendo, non si può non pensare a Freud e alle sue teorie sul nostro Inconscio: un mare tempestoso di cui non conosciamo che una piccola parte che affiora con sogni e libere associazioni. Inconscio che viene rigidamente controllato, trattenuto e frenato da un’istanza censoria che si occupa di discernere bene e male, giusto e sbagliato, normale e anormale. Tra le due, una terza parte, che cerca di mantenere un equilibrio pressoché costante. Ma, quando questa vacilla, ecco presentarsi disturbi, manie, episodi inspiegabili.

In questi momenti di frattura, di scompenso, si manifesta apertamente l’Inconscio, privo di remore, inibizioni, costrizioni. L’Inconscio in tutti i suoi aspetti, compresi quelli più negativi, oscuri, primordiali che conduce a comportamenti spropositati, ingiustificati, anormali.

Ed è in questi momenti che Lorenzo cattura e descrive le storie che si dipanano in “La cucina arancione”: drammatiche,  difficili, fastidiose. Ma raccontate con eleganza e discrezione, senza sprofondare in toni morbosi o eccessivi: un regista imparziale che riprende dall’alto quello che vede. Un’inquadratura fuori campo, estesa eppure misurata e mai volgare.

Un libro che, nonostante la difficoltà dei temi trattati, si legge con la leggerezza di cui parla Calvino: quella che ci permette di prendere le distanze da trame brute e personaggi scomodi che però rappresentano e nascondono parti inespresse e segrete del nostro intricato Io.

RITA BARBIERI

Firenze, 25 Agosto 2013

QUESTA RECENSIONE VIENE QUI PUBBLICATA PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

“La cucina arancione” di Lorenzo Spurio, recensione di Susanna Polimanti

La cucina arancione
di Lorenzo Spurio
Ass. Cult. TraccePerLaMeta Edizioni, 2013
ISBN: 9788890719080
Pagine: 238
Costo: 10 €
Link diretto alla vendita
 

RECENSIONE DI SUSANNA POLIMANTI

1012655_10201459700837819_1376616163_nLa cucina arancione: la novità libraria di Lorenzo Spurio, edito da TraccePerLaMeta Edizioni, è una raccolta di venticinque racconti che reputo in tutta onestà,  altamente creativa e singolare, nonché priva di tratti comuni e contenuti banali. Lorenzo Spurio delinea i protagonisti di ogni suo racconto quali consapevoli di una realtà parallela, costruita con appassionante dialettica in una dimensione paradossale dove ognuno narra la sua storia con struttura  paralogica, un vissuto tra esasperazione del pensiero e delle proprie fobie, tra psiconevrosi, idee deliranti, ossessioni, paranoie ed anancasmi.  La silloge di  Spurio enfatizza contenuti emozionali ed istintivi che si annidano nei rapporti sentimentali, nelle relazioni familiari, sociali  e persino erotiche, risaltandone il senso di profonda inquietudine e tensione che conduce ad una vera e propria distorsione della realtà con atteggiamenti impudenti che passano dalla spensieratezza allo sprezzo, pur tuttavia fortemente agganciati all’attualità di una società “disagiata” dove cercano di sopravvivere  figure dai caratteri emblematici con fantasiose manipolazioni dell’identità.

Continua a leggere la recensione cliccando qui.

Obsession: gli autori selezionati

borderlineLa selezione dei racconti per l’antologia “Obsession” da me curata (qui il bando di partecipazione: https://blogletteratura.com/2012/08/22/selezione-dei-racconti-per-lantologia-obsession/ ) è ultimata.

Di seguito si riportano gli autori scelti che verranno pubblicati nell’antologia che sarà edita da Limina Mentis Editore (http://www.liminamentis.com/)

Informazioni sulle tempistiche e l’acquisto di detto volume verranno fornite non appena il progetto editoriale verrà preso in gestione.

Si richiede agli autori selezionati di inviare una loro biografia aggiornata da poter inserire nell’antologia.

Detta biografia dovrà:

-essere inviata in formato Word utilizzando carattere Times New Roman punti 12

– non essere più lunga di 25 righe (nel caso sia più lunga, sarà compito del curatore dell’antologia fare dei tagli a sua discrezione).

– essere inviata a questa mail: lorenzo.spurio@alice.it mettendo come oggetto “Obsession”

Grazie per l’attenzione.

Di seguito gli autori selezionati per il volume:

– AMOROSO ELISABETTA

– ARECCHI ALBERTO

– BISSON ELISABETTA

– CARCERERI FIORELLA

– CIANO MARTINO

– CRESCENTINI LORENZO

– DEIURI LISA

– DINI MONICA

– FRANCHETTO DAISY

– GOBBO SERENA

– MANGANI AZZURRA

– ORLANDI SANDRO

– PEDRETTA ALESSANDRO

– RIZZI STEFANO

(Questa comunicazione verrà inviata a mezzo posta elettronica a tutti i partecipanti alla selezione di racconti Obsession).

“Ossessioni” di Andrea Marzola

Ossessioni
di Andrea Marzola
Prospettiva Editrice
ISBN 978-88-7418-775-1
Pagg. 73
Prezzo € 12,00

copertinaSinossi: Quando la tua mente diventa il palcoscenico ideale per il teatro dell’assurdo, quando lunghi e appuntiti aghi si conficcano nel tuo già martoriato e sanguinante cervello e fuori tutti quanti non la piantano con la pentola della polenta, ciò significa che la tua
anima è posseduta dal demone dell’ossessione. Fissazione, assillo, tormento, angoscia, ansia, incubo, mania, paranoia, psicosi, ossessione, ossessione. Quindici racconti.

Chi è l’autore?

Andrea Marzola nasce il 27/06/1974 a Luino sulla sponda lombarda del lago Maggiore, dove già Piero Chiara aveva ambientato molti dei suoi romanzi e racconti. Quando è ancora in tenera età la sua famiglia si trasferisce a Baveno, sulla sponda piemontese. Non completa gli studi universitari, viaggia molto, si stabilisce anche per brevi periodi in Inghilterra e in Irlanda, per poi fare ritorno a Baveno, dove tutt’ora risiede. Da quando entra nel mondo del lavoro, cerca sempre occupazioni che gli concedano tempo ed energie per dedicarsi a ciò che ritiene essere più importante: creare e condividere, il suo modo di creare è scrivere.

“Preso nella rete” di Chiara Santoianni, recensione di Lorenzo Spurio

Preso nella rete

di Chiara Santoianni

Sesat Edizioni, 2012

ISBN: 978-88-97822-08-0

ISBN e-book: 978-88-97822-09-7

Pagine: 94

Costo: 8 €

 

 

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

 

Questo libro di Chiara Santoianni è una facile lettura da fare in poche ore, piacevole. Un testo principalmente diretto a un pubblico giovane; ce ne rendiamo conto dalle prime pagine con le quali entriamo direttamente nel “diario di Matteo”, una narrazione diaristica fatta di annotazioni come un muro bianco pieno di post-it. E’ il racconto di Matteo a cui viene regalato un computer che subito si tramuta in un amico molto importante per lui in virtù della varietà delle operazioni che con esso possono essere fatte: chattare, giocare, scaricare musica e tanto altro. Niente di strano, una storia completamente realistica se teniamo in considerazione quanto il pc, i videogiochi e la televisione, occupino il tempo di giovanissimi, spesso addirittura con effetti deleteri. Ma non è propriamente questo il messaggio che Chiara Santoianni vuol mandare, perché questo libro in fondo è una favola contemporanea, un racconto che, però, fa riflettere.

Il pc per Matteo è infatti il custode dei suoi pensieri dato che viene da lui utilizzato anche e soprattutto come “amico elettronico”. E’ semplicissimo: con una password si può occultare un mondo tutto personale, trasposto nel mezzo tecnologico, e rimanere intatto, sconosciuto a tutti. Un amico fedelissimo al quale con regolarità si sente il bisogno di raccontarsi, aggiornarsi, un custode prezioso, un catalogo che giorno dopo giorno si arricchisce. Ed è in questa prospettiva che veniamo a conoscere della vita scolastica del ragazzo: interrogazioni, amici secchioni e altri meno studiosi e Pamela, la ragazza della quale si sente innamorato.

Come si diceva poc’anzi ogni mezzo della nostra contemporaneità può essere utilizzato in vari modi: con un uso pratico e coscienzioso, con un uso ossessivo e perturbante, un abuso pericoloso che conduce alla mania. E’ il caso che Chiara Santoianni mette in luce: quanto un pc inizialmente pensato come ausilio allo studio, per le ricerche, ben presto si tramuti in  un gioco accattivante del quale non si riesce a fare a meno sino a un pericoloso gioco senza via d’uscita: il gioco d’azzardo. Tutto questo fa quasi sorridere se pensiamo che il protagonista è giovanissimo, quasi con la bocca ancora sporca di latte e che se questi sono i presupposti di crescita, non ci è dato immaginare cosa diventerà da grande.

La narrazione, però, non è fine a se stessa e nella parte finale Chiara Santoianni dedica un’ampia porzione del libro che assume una dimensione conoscitiva-didattica volta alla spiegazione di cosa è un virus e un antivirus, delle tipologie di programmi scaricabili, della terminologia utilizzata in internet, delle periferiche e delle componenti fondamentali per la buona padronanza del mezzo informatico. Questo sussidiario, di facile utilizzo, può essere utilizzato con praticità e concretezza con i più giovanissimi per permettere loro di avvicinarsi al computer, tenendo bene in considerazione quali possono essere i problemi ai quali ci si espone. Al chiudersi in sé, isolandosi dalla famiglia, a creare una vita parallela da quella di tutti i giorni, a minare pesantemente le relazioni sociali. Proprio ciò che succede con Matteo nella prima parte del libro.

 

Lorenzo Spurio

(scrittore, critico-recensionista)

 

Pamplona, 05-11-2012

 

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

 

 

Selezione dei racconti per l’antologia “OBSESSION”

Carissimi amici,

Sto organizzando un volume antologico tematico di racconti dal titolo “Obsession”, concessomi dalla direzione della Limina Mentis, che verrà da me curato e pubblicato nel 2013.

Il tema della raccolta di racconti è “Fobie, manie e perversioni”. Il volume sarà dedicato principalmente a scritti nei quali la componente intimistica e psicologica – biografica o inventata- ricopra un interesse particolare ai fini del racconto.

Il volume sarà composto da una determinato numero di racconti che risulteranno selezionati.

Chi fosse interessato a partecipare a questa iniziativa, di seguito si riportano tutte le informazioni:

 1. La partecipazione alla selezione dei materiali per l’antologia di racconti è totalmente gratuita. Agli autori presenti in antologia non verranno date copie omaggio, né verrà obbligato l’acquisto del volume che, comunque, è consigliato.

 2.Verranno accettati solamente testi nella forma del racconto e questi dovranno avere una lunghezza non superiore ai 50.000 caratteri (spazi inclusi).

3.Ogni autore può presentare un solo racconto.

4. I materiali devono essere inviati rigorosamente in formato Word, con il sistema di pagine numerate e dovranno essere dotati di un titolo. Invii di materiali con altri formati diversi da Word non saranno presi in considerazione. Si richiede di non inserire nel file immagini né di adottare caratteri colorati, grassetto o corsivo e si consiglia di utilizzare il carattere Times New Roman, punti 12, interlinea 1,5 paragrafo giustificato.

5. Si richiede di inviare, insieme al testo, un file contenente i dati personali (nome, cognome, indirizzo di residenza, e-mail, telefono, cellulare) e un curriculum bibliografico (facoltativo).

6. L’invio dei materiali deve essere fatto esclusivamente per e-mail a questo indirizzo:  lorenzo.spurio@alice.it riportando nell’oggetto “Obsession” entro e non oltre il 20 Dicembre 2012.

 7.Limina Mentis comunicherà a tutti i partecipanti -selezionati o no- l’esito della selezione e le informazioni circa la pubblicazione/acquisto del volume.

 Si richiede, inoltre, la gentilezza di far circolare questa notizia tra scrittori, esordienti e amanti della scrittura in modo da allargare al massimo il range di collaborazione, fino a includere tutt’Italia (o l’estero di lingua italiana).

 Sperando di fare cosa gradita, invio i miei

Cordiali saluti

 

Lorenzo Spurio

Collaboratore Limina Mentis Editore 

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