“Trent’anni dalla scomparsa della cantante Mia Martini (1947-1995)”, articolo a cura di Isabella Michela Affinito

Rammemorare la grande interprete musicale Mia Martini (nata il 20 settembre 1947 a Bagnara Calabra, provincia di Reggio Calabria e morta il 12 maggio 1995 a Cardano al Campo, in provincia di Varese), all’anagrafe Domenica Rita Adriana Bertè, implica un doveroso rispetto in stretta correlazione alla sua dignitosa riservatezza da lei conservata fino alla fine, purtroppo, della breve vita, conclusasi prima di compiere cinquant’anni – fu paragonata all’indimenticabile cantautrice francese, Édith Piaf (1915-1963), scomparsa a soli quarantotto anni.

Anche se nacque in terra calabra, terra d’origine del padre che era professore di Latino e Greco nelle scuole Superiori, Giuseppe Radames Bertè, trasferitosi in seguito presso un liceo di Ancona in qualità di preside, la piccola Mimì trascorse, appunto, con la sua famiglia contornata da quattro sorelle (compreso lei), l’infanzia nel paese che fu del poeta Giacomo Leopardi, a Porto Recanati nelle Marche.

Del Segno zodiacale della Vergine, di Terra, e con l’Ascendente in Sagittario, di Fuoco, Mia Martini – dalla bellezza mediterranea ornata di capelli mossi scuri e indole malinconica – era tendenzialmente portata a svolgere ogni cosa con serietà, con precisione, tipico del Segno della Vergine che vuole programmare ogni cosa e conserva tutto con cura, aggiungendovi del senso critico e qualche dose di diffidenza, perché prima di aprirsi all’amicizia e ai legami in genere ha bisogno questo Segno di capire chi ha di fronte. Fu una brava custode, appunto, per natura e ci sono state sue bellissime canzoni, incise agli arbori dei suoi successi musicali, che sono rimaste chiuse ‘nel cassetto’ per decenni vuoi per motivi di censura, vuoi perché non ci furono le dovute autorizzazioni, e che solo più tardi sono state apprezzate.

L’esistenza di Mia Martini sembra sia stata suddivisa per distinte fasi, non molte poiché morì a soli quarantasette anni, durante le quali l’artista ha avuto modo di manifestare volti e stili d’abbigliamentosempre rinnovati, nel senso che ha subìto metamorfosi esteriori (corrispondenti a quelle interiori, allorquando ha attraversato periodi di malattia che hanno messo persino a rischio la sua voce) e anche a seconda delle mode del tempo: negli anni ’70 del Novecento è stata una donna amante del guardaroba andaluso fatto di scialli, gonne lunghe, anelli, collane e cinture borchiate in sintonia coi cosiddetti ‘figli dei fiori’, perché si lottava a favore dell’emancipazione femminile e imperversavano le rivoluzioni studentesche, e tutto aveva il sapore della novità, del riscatto sociale sotto tutti i punti di vista. Si fece notare nell’ambito del trio che aveva formato insieme alla sorella, Loredana Bertè (più piccola di tre anni) e a Renato Fiacchini, noto come Renato Zero, quando iniziarono a cantare a Roma dove si era trasferita insieme alla madre, Maria Salvina Dato (1925-2003) – che deve essere stata una donna propensa alla sottomissione in riferimento alla Luna in Casa Dodicesima di Mimì, la stessa ch’ebbe il poeta francese ‘maledetto’, Arthur Rimbaud (1854-1891), vissuto soli trentasette anni – rimasta sola dopo che il marito, un bel giorno, non era più rincasato poiché trasferitosi a Milano per rifarsi un’altra vita. Quindi, dalla figura paterna sbagliata, scappata via senza dire nulla – confermata dal Sole in Casa Nona imprimente il ‘marchio’ della lontananza – Mia ha ricevuto quella immagine dell’uomo inaffidabile e incapace di proteggere il vessillo della famiglia.

Uno dei suoi primi brani interpretati, Padre davvero del 1971, dall’enfasi piuttosto ‘viscerale’, descrisse proprio il non-facile legame con la propria figura paterna, andando incontro all’inevitabile censura dell’epoca. È stata una cantante che si preoccupava più di piacersi che di piacere agli altri, spinta dal suo ordinamento interiore che la faceva costantemente essere prudente, metodica, attenta ai dettagli pur d’accontentarsi di un’esistenza monotona ma sicura. E, invece, quelle certezze, affettiva ed economica, non ci sono mai state nella vita di Mia Martini e lo attesta il pianeta Urano, posizionato secondo la sua data di nascita nel Segno dei Gemelli in Casa Settima (dei rapporti con gli altri, del matrimonio, del bisogno del prossimo) in perfetta quadratura con Venere e con il Sole. Così risultò essere insofferente ai vincoli di qualsiasi genere, anche per il fatto che improvvisamente potevano succedere colpi di scena capaci di mandare tutto all’aria e questo spiega la fine dei rapporti con le diverse case discografiche con cui lavorò, da cui le forti penali che dovette pagare per la mancata osservazione dei relativi contratti.

La quadratura Sole-Urano ha contribuito a farla apparire originale, camaleontica per certi aspetti nel presentarsi al pubblico tra un periodo e l’altro in cui incideva i nuovi dischi e quando le sono accaduti malanni anche seri, come quello agli inizi degli anni ’80 rimasta muta per un anno a causa delle corde vocali compromesse, così lei ritornava in auge in versione differente dalla precedente. C’è stata una Mia Martini prima maniera, durante il decennio Settanta, e una seconda Mia Martini, dopo essere stata operata negli anni Ottanta, più ridimensionata nell’aspetto di donna particolarmente ricercata e sobria, sofisticata e androgina al contempo.

Trascorse un periodo non del tutto felice col cantautore ligure, Ivano Fossati, fino a quando non venne messa all’angolo dal mondo dello spettacolo per via d’un pregiudizio nei suoi confronti, che si trasformò in spietata e insensata superstizione inflittale come una condanna. Questa infausta situazione è riconducibile alla quadratura di Giove, nel Segno dello Scorpione in Casa Dodicesima (delle prove, dell’anormalità, del sentirsi esclusi) con Saturno in Leone in Casa Ottava (il rischio, il nascondimento, la paura dell’abbandono): da un giorno all’altro si verificò la perdita di prestigio e delle amicizie con la problematica possibilità di risalita, ovvero le costò moltissimo riprendersi successivamente o forse non si riprese mai più come prima. Anche la quadratura Giove-Plutone è stata negativamente fatale per lei, in quanto il brillio, lo sfarzo e l’abbondanza di Giove andarono a urtarsi con le forze nascoste e micidiali di Plutone, per cui il successo ottenuto in un primo momento scivolò irrimediabilmente nel misterioso baratro-sabbie mobili degli anni successivi.

Con la Luna in Sagittario, ma soprattutto con Mercurio in Casa Decima (del distacco dalla famiglia, dell’indipendenza, della voglia di arrivare al successo) le piaceva spesso viaggiare per sentirsi libera e godere di sorprendenti inconsueti spazi; sperimentò la vita avventurosa degli hippy, prima dei trent’anni, raggiungendo luoghi come Katmandu e l’Oriente.

Dicevamo di Giove in Scorpione che determina «[…] Una persona eccezionalmente percettiva, infatti, anche se presto o tardi impara a tacere i suoi giudizi, ne lascia pur sempre trasparire qualcosa, se non altro telepaticamente, creando intorno a sé un campo magnetico di diffidenza o addirittura di repulsione». (Dal 3° vol. Lezioni di Astrologia – La Natura dei Segni di Lisa Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, Anno 1989, pag.245).

Il suo straordinario talento artistico musicale è venuto fuori non solo dalla congiunzione Sole-Venere e dalla congiunzione Mercurio-Nettuno, ma soprattutto dallo stellium nel Segno d’Aria della Bilancia in Casa Decima contrassegnante il raggiungimento della celebrità – Segno governato da Afrodite/Venere quale Signora della Bellezza per antonomasia in tutte le declinazioni – con la presenza di ben tre pianeti importanti, Venere Mercurio e Nettuno, anche se, poi, le summenzionate quadrature hanno pesato sfavorevolmente sull’altro piatto del bilanciere esistenziale della grande Mia Martini, che di fatto ricordiamo a trent’anni dalla sua incomprensibile e inaspettata morte sopraggiunta nel maggio 1995.

ISABELLA MICHELA AFFINITO


Il presente testo viene pubblicato su questo blog dietro autorizzazione da parte dell’Autrice. La riproduzione, in formato integrale o di stralci, non è consentita senza il permesso da parte dell’Autrice.

Addio a Little Tony. Il ricordo di Gilbert Paraschiva

Fra i miei “CANTANTI IN PARADISO” ora

anche ANTONIO CIACCI (Little TONY)

di Gilbert Paraschiva

 

Dieci anni e cinque giorni meno di me (lui del 9 Febbraio del ’41 ed io del 4 Febbraio del ’31) entrambi appartenenti al segno dell’Acquario (segno in prevalenza appartenente a persone pie e generose con tendenza artistiche di varia natura: musica, poesia, pittura, astrologia ecc.) (Paolo Fox me lo confermi?)

Questo bravo cantante il cui nome era Antonio Ciacci, fu scoperto a Milano (lui era un sanmarinese, ma nato a Roma), nel corso di uno spettacolo teatrale, da un impresario inglese che lo convinse a seguirlo a Londra dove gli fu dato (con gran sua soddisfazione) il nome d’arte di Little Tony.

Tornato in Italia cantò, con il supermolleggiato Adriano Celentano, al Festival di San Remo del 1961 piazzandosi secondo con “24 mila baci”; ma tante furono in seguito le canzoni che poi portò al successo, da “Riderà” a “Cuore matto” che un po’ perché è stato il suo cavallo di battaglia e un po’ perché il suo cuore era realmente impazzito nel corso di un suo spettacolo sette anni fa  in Canada, gli avvalse il soprannome di “Cuore matto” di nome e di fatto!

Questa volta il cuore ha funzionato ed il suo malore non è stato dovuto al cuore, ma ad un tumore (dicono alle ossa) dove ultimamente era ricoverato in una Clinica romana, anche se ho la mia impressione che se fosse stato ricoverato in un Ospedale francese (il “Gustave Roussy” per esempio) qualcosa in più (forse) si sarebbe potuto fare.

L. Tony, Rita e Mino

(da sinistra Little Tony, Rita Pavone e Mino Reitano)

In Canada se l’è scampata bella ma ora, probabilmente, lui stesso forse voleva raggiungere  i nostri colleghi: “Cantanti in Paradiso” per lasciare un buon ricordo sulla Terra.

Non va dimenticato che Little Tony ed il suo amico Bobby Solo, un po’ per l’abbigliamento ed un po’ per il loro stile vocale di rock moderno erano definiti gli Elvis Presley italiani.

Sono certo che quest’ultimo, alla notizia della morte dell’amico, sarà scesa altro che “Una lacrima sul viso” come è scesa d’altronde anche a me che ho avuto il piacere a più di una Festa di Piazza in Campania.

Mi ricordo come fosse ieri, quarant’anni fa, in uno spettacolo ad Arzano, mentre Little Tony cantava, si alzò stridente una voce femminile che gridò a squarciagola:  “Si’ bello Tony, te vasasse pure ‘e pere anco si ‘e tene spuorche!” (Sei bello Tony, ti bacerei i piedi pur se fossero sporchi!”)

Ma forse quella ragazzina, in cuor suo, sapeva che Antonio Ciacci, oltre ad essere sempre elegante, bravo e bello era pulito dentro e fuori.

Il giorno della sua morte, avendo saputo del suo trapasso ancor prima del Telegiornale, volli dare la notizia agli amici di Face Book scrivendo queste parole:

“Ieri sera é volato in Cielo per raggiungere l’altro mio amico e sosia MINO REITANO, il non meno celebre astro della Musica Leggera: LITTLE TONY! L’ho presentato più volte in Spettacoli e Feste di Piazza! Ora é andato a raggiungere i “miei” “CANTANTI IN PARADISO!” Addio Tony o forse, per me, é meglio dire: “ARRIVEDERCI, A FRA NON MOLTO!!!”

Si è levato un coro di proteste da parte dei miei fans per la mia ultima frase: “Gilbert, tu devi stare su questa terra per noi!…”

Ma io certe volte mi domando: “A che fare?” I miei colleghi presentatori amici (Corrado, Tortora e Bongiorno) se ne sono andati, i miei colleghi cantanti (Reitano, Modugno, Murolo, Dalida, Vanna Brosio, Mia Martini) pure, i miei colleghi

musicisti coi quali ho avuto il piacere di suonare con loro (Renato Carosone, Don Marino Barreto, Marino Marini, Romano Mussolini) se ne sono andati per cui che ci resta a fare sulla Terra… “L’ultimo dei Mohicani”? Se James Fenimore Cooper, deceduto nel 1851, tornasse sulla terra per scrivere anche la mia storia, allora continuerò a prendere le mie 7 compresse salvavita al giorno e non direi a Dalla, Jannacci, Califano ed, in ultimo Little Tony: “Arrivederci, a fra non molto!”  

Gilbert Paraschiva

Gilbert Paraschiva in memoria di Jannacci e Califano

Altri due “grandi” si aggiungono ai miei “Cantanti in Paradiso”

Enzo Jannacci e Franco Califano

di Gilbert Paraschiva

A distanza di un sol giorno l’uno dall’altro, ci hanno lasciato sotto Pasqua, ENZO JANNACCI e FRANCO CALIFANO, per una tournée in Cielo e festeggiare Pasquetta con gli Angeli del Paradiso.

Che dire di questi due stravaganti ma grandi e, soprattutto, amati artisti?!?!…

Il primo medico chirurgo, specializzato in cardiologia, che ha continuato la professione, anche quanto baciato dal successo, e che avrebbe potuto vivere anche soltanto coi Diritti d’Autore, ha continuato a fare l’Artista e,  il secondo, Franco Califano, che pur avendo avuto (a suo dire) ben oltre un migliaio di donne, ha preferito vivere da solo coi suoi quaranta gatti!

JannacciQuando sono partiti per questa loro ultima fantastica tournée, avrei voluto dir loro: “VENGO ANCH’IO!” ma sono certo che sarebbe intervenuto JANNACCI per dirmi: “NO, TU NO!!!” per cui non ho insistito e mi son detto: “Sia fatta la volontà di Dio”!

Ora son certo che sono felici ed in particolare ENZO perché è andato a trovare il nostro grande amico GIORGIO GABER cui lui era davvero molto ma molto affezionato!

Il 3 Giugno JANNACCI avrebbe compiuto 78 anni mentre il CALIFFO, il 14 Settembre, ne avrebbe compito 74. Entrambi, di poco, ma sempre più giovani di me, a dimostrare che la morte non guarda in faccia a nessuno!

Franco, pur essendo concepito a Tripoli, nacque nel Cielo della capitale libica; potrei dire: Venuto dal Cielo e tornato in Cielo ma fermamente convinto che tornerà sulla Terra perché, grossomodo, è questa è la frase che avrebbe voluto fosse scritta sulla sua tomba: “TORNERO’ PRESTO!” Non è certa la realizzazione di questo suo desiderio  ma è certo invece che ben presto ad una strada romana verrà dato il suo nome: Via Franco Califano!

Franco-Califano-mortoEbbi il piacere di presentarlo  più di una volta in Concerti, Spettacoli e Feste di Piazza ma di conoscerlo più intimamente nel 1989 al matrimonio di Diego Armando Maradona quando regalai ad entrambi una mia musicassetta incisa da me e Peppe Russo dal titolo “5 + 5” dove da un lato Peppeniello, se ben ricordo, fra i 5 brani italiani, era registrata una canzone appunto di Franco Califano mentre dall’altro, fra le cinque canzoni in francese vi era la mia “Le vrai amour” (la versione in francese di “’O VERO AMMORE”) che per quanto dedicata ad una donna, per noi artisti, (alludo ad Enzo Jannacci, il nostro grande comune amico Giorgio Gaber, Franco Califano, Peppe Russo e, con immodestia, aggiungo Gilbert Paraschiva, l’unico vero nostro grande amore (LE VRAI AMOUR) rimane sempre e soltanto la musica: “TUTTO IL RESTO E’ NOIA!”   (g.p.)

QUESTO TESTO VIENE QUI PUBBLICATO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTORE. E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE IL PRESENTE TESTO SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

                                                                 

Un sito WordPress.com.

Su ↑