N.E. 02/2024 – “Quiete di pane e famiglia”, poesia di Carla Maria Casula

È sera di pane e famiglia 

nel rosso lieve di un abbraccio

– di ritrovo e promesse –

e ascolto respiri d’attesa

nel silenzio che nutre il silenzio 


e nel silenzio sgrano rosari solitari

di voci

di pagine

di ombre

come un’Ave di ieri – azzurra- 

e un Pater di oggi – opaco –


E sono una giostra muta 

le vocali in controluce

– spicchi d’agrumi inconsistenti –

mentre danzano intorno al mosto 

di un fuoco taciturno

che ombreggia la mano quieta 


nell’ora affacciata alla penombra 

– le tende di miele e inchiostro –

Estranea di risa

osservo il sapore discreto 

di un lembo di fiamma 

riflesso nel bicchiere 


con la treccia sciolta a metà 

tra il rosso di pane e famiglia

e l’ultima rima della notte


Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autore/l’autrice ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

“Pane raffermo”, romanzo di Massimiliano Città

“Pane raffermo” di Massimiliano Città

Pane raffermo copertinaPane raffermo racconta la cosiddetta “strage del pane”.  Un episodio di storia siciliana accaduto a Palermo durante il secondo conflitto mondiale. Una Storia composta da storie, minori, misere, quotidiane. Vicende che si incrociano allo scoccare di una data: il 19 ottobre 1944.
Palermo è piegata, dalla disperazione, dall’acqua che manca, dalle derrate sempre più rare da reperire, anche al mercato nero. Palermo è sfregiata, dalle bombe cadute a grappoli, esplose sopra teste ignare, innocenti e inermi. Bombe lanciate a colpire rifugi diventati ben presto sarcofagi di massa. Eppure la vita viene fuori, e s’alza, prova a farlo, durante una guerra.
Tutto sotto gli occhi impotenti di chi è stato chiamato a governare, e tiene al guinzaglio la popolazione, scuotendo il bastone affinché nessuno possa urlare. Tra le maglie del disagio della gente affamata s’insinuano abili traffichini, affaristi, gente senza scrupoli che mira al proprio obiettivo, sia questo il mantenimento del potere o la scalata ad esso. Moti separatisti borbottano e alimentano scioperi e rivoluzioni di quartiere, lungimiranti progetti politici iniziano a disegnare assetti che per anni governeranno realmente l’isola.
E i bambini per le strade tenuti dalle madri, occhi spenti, cuori stanchi, inseguono i passi dei loro uomini che senza lavoro chiedono la dignità di un pezzo di pane a chi dovrebbe loro dare l’opportunità di guadagnarselo.

Chi è l’autore?

Nasco in quel di Cefalù (chè Castelbuono, dove la famiglia risiede, non ha ospedali e le levatrici hanno smesso d’esser tali) in un’afosa giornata di luglio del 1977 e da quel giorno viaggio.
Cresco artisticamente lento e pigro, e lo faccio nel gruppo Kiroy, accolita palermitana di scrittori, pittori e musici. Negli anni che vanno dal 2002 al 2003 mi inducono ad esibirmi con lo stesso gruppo Kiroy in serate folk-blues. Mi ritrovo anche ad organizzare una serie di allestimenti pittorico/musicali.
Nell’inverno del 2003, dopo un grottesco viaggio che rimarrà impresso nella memoria (di cui potete leggere qui una breve cronaca), partecipo al “Sulmona Festival, Memorial Augusto Daolio”, con la band DorianGray. E suonando e cantando accade anche d’ottenere ottimi riscontri e una segnalazione per il testo della canzone “Bambino Umile, Bambino fragile”.
Nel 2004 mi nascondo ufficialmente sotto lo pseudonimo di VagabondoEbbro e pubblico, per la CUT-UP Edizioni di La Spezia, il mio primo racconto lungo “Delirio di un Assassino”, inserito nella raccolta “Lost Highway Motel”.
Alla fine del 2004 entro a far parte come voce solista della blues Band “The freely chip’s band” con la quale giro la Sicilia fino al 2007. Contemporaneamente partecipo nel ruolo di lead vocal al trio acustico “Benzedrina Blues”.
Nell’estate del 2005 scrivo il saggio “Viaggio immaginario di un musico ateniese” che vale la laurea con lode in D.A.M.S., indirizzo musica, presso l’ateneo palermitano. (Da questo momento alterno varie e prolungate fasi di fancazzismo puro, scritture e poche ore di lavoro malpagate).
Nell’inverno dello stesso anno riesco anche a concludere la prima raccolta di racconti “Delirio di un Assassino e altri racconti”.
Nel 2007 in un accesso di furore creativo progetto la realizzazione dell’album scritto qualche anno prima “Ritratti di un Vagabondo Ebbro”, (di cui alcuni pezzi possono essere ascoltati al link Vagabondoebbro oltre alla traccia “Bambino umile bambino fragile” selezionata per la compilation digitale I.M.C Music 2008) e nell’ambito della realizzazione di questo progetto musicale, nell’estate del 2008, ri-fondo la band Dorian con la quale mi esibisco alla 3° Edizione di “Indigena – Gruppi emergenti castelbuonesi” e al “Music Tourfest 2008”.

Nel 2009 una piccola casa editrice salentina pubblica il mio primo romanzo Keep Yourself Alive, edito da Lupoeditore, appunto.

Nel 2012 esce l’ebook della raccolta di racconti “Il funambolo” edito da ePubblica.

Nel 2015 esce l’ebook del romanzo storico “Pane Raffermo” edito da Edizioni il Pavone.

Altri racconti sono stati pubblicati presso diversi siti (Il paradisodegliorchi Landmark motor Hotel, Spifferi –  Malicuvata.itYou gotta pay the dues if you wanna sing the blues, Ossa di cristallo,Eleonor e le gardenie, In volo oltre la polvere  Progetto Babele Ho amato fino a morirne – Segnalato dalla giuria in occasione della IIa edizione del concorso letterario Unibook, E di questo nessuno parla, – Opifice.it Un diamante senza luce)

“Fornarino” di Diego Vian, recensione di Lorenzo Spurio

Fornarino
di Diego Vian
Albatros, Roma, 2011
ISBN: 9788856739589
Pag. 323
Costo: 17,50 €
 
Recensione di Lorenzo Spurio

 

copUn libro interessante e leggermente fuori dai canoni formali della letteratura che si produce oggigiorno, questo di Diego Vian che, sotto il titolo simpatico quanto enigmatico di Fornarino, condensa un’intera storia generazionale.

Lo sfondo delle vicende ha chiaramente un riferimento storico-antropologico alla vita nella campagna veneta tra la fine degli anni ’40 ed i primi anni ’50. A Croce del Campo, un paesino del trevigiano, prendono piede le vicende iniziali di questo excursus dell’esistenza del protagonista dell’intero romanzo: il giovane Vanni. Assistiamo al difficile scenario della cronaca di guerra di quegli anni terribili con il conseguente razionamento dei beni alimentari e una vita di austerità e incertezza che poi lascerà il posto all’età della ricostruzione, momento delicatissimo della storia del nostro Paese. All’interno di questa cornice che Vian descrive con attenzione e meticolosità nei dettagli abitudinari della gente popolana in quel periodo, del mondo fatto dalle piccole cose vissuto alimentando una sempre più fervida speranza di un mondo di pace, le vicende della storia biografica di Vanni vengono ad intessere quella che ben presto si svelerà come il tema predominante attorno al quale tutto (eventi, personaggi e momenti di riflessione) finisce per allacciarsi.

In questo esperimento Vian dimostra una particolare enfasi emotiva nel dipingere la realtà popolare di un mondo di provincia, arretrato ma felice del suo poco avere, dove sono spesso i pregiudizi, le dicerie e la considerazione degli altri a rappresentare degli spauracchi con i quali misurarsi giorno dopo giorno. Ci capacitiamo della difficoltà delle condizioni alimentari e anche di quanto complicato potesse essere in una “famiglia di sole donne” vivere aspettando il ritorno di un fratello, di un figlio o del marito; dal punto di vista medico si tratteggia brevemente anche l’alta incidenza in questo periodo della mortalità infantile e delle donne partorienti. Come in ogni storia di paese ci troviamo in uno mondo retrogrado ma genuino nel quale sembra instaurarsi una sorta di contrasto tra natura e cultura che possiamo vedere ad esempio nell’uso del dialetto e della lingua standard, nella grande massa di analfabeti e dall’altra nella presenza limitatissima di persone acculturate (il dottore e il parroco) la cui cultura viene resa a disposizione della comunità tutta.

Della famiglia di Vanni si tratteggiano gioie e dolori, il più grande dei quali è la morte della sorella Gisella pochi giorni dopo della nascita, episodio che il Nostro personaggio sentirà in un certo senso quasi come colpa privata, benché non ne esistano le ragioni.

L’allontanamento di Vanni dall’universo prettamente domestico-familiare si realizza solamente nel momento in cui abbandona la scuola e comincia a lavorare nella bottega di Beppone, il prepotente e cinico fornaio della città. Lì Vanni imparerà a sfruttare una dote segreta con la quale era nato, un’eccezionalità del personaggio che non mi sento di svelare in questo contesto ma che è di certo il motore dal quale l’intera narrazione prende le pieghe. Da inesperto, Vanni passa a conoscere con piacere, entusiasmo e praticità i misteri che regolano la produzione di un buon pane, ottenendo anche una segnalazione di merito a una sorta di kermesse per i fornai che vengono da tutta Italia. L’occasione di un nuovo lavoro, questa volta non più in Provincia e non più vessato e sfruttato da Beppone, consente l’ulteriore evoluzione e miglioramento del personaggio che, una volta a Venezia grazie a quella che ben presto si convertirà nella sua sincera benefattrice, gli è finalmente riconosciuto il valore della sua persona le capacità professionali.

Ed è in questa maniera felice, ma per nulla banale (chi leggerà il romanzo se ne renderà ben conto) che mi piace chiudere questa mia riflessione sulla storia di un povero ragazzo, sfortunato e bistrattato, che grazie alla fede in sé stesso e mediante dei buoni consiglieri è capace di scegliere la sua vita e prendere atto del suo cammino percorso. Una sorta di moderno Lazarillo de Tormes che giunge a compimento di un itinerario difficile e dominato dal dramma della morte della sorella. In tutto ciò Vian ha reputato necessario inserire una folta componente misterica che rende alcune parti del romanzo leggermente più noir, psicologiche, riflesso di un mondo a tinte fosche dove domina il maleficio, la maledizione con accenni qua e là più espliciti a un personaggio femminile reietto dalla comunità e da tutti considerato come pericolosissima strega, capace, però, nell’ostica realizzazione delle vicende di Vanni, di anticipare piccole verità e, soprattutto, di far riflettere il giovane.

Ne consiglio la lettura soprattutto a quelle persone che credono in scritture-cocktail come questa, come mi piace definire questo esperimento di scrittura in cui forme  strutturali diverse della narrativa (il romanzo con una cornice storica, il romanzo di formazione, il romanzo di suggestione-misterico) vengono coniugate con abilità in un unicum con la finalità di permettere, da più punti di vista e secondo varie prospettive interpretative, la comprensione della vera natura psicologica di Vanni.

 

Lorenzo Spurio

 

 Jesi, 03-09-2014

“Il lavandino insanguinato”, poesia di Lorenzo Spurio

Il lavandino insanguinato

poesia di LORENZO SPURIO  

9469753-flusso-di-sangue-nel-lavandinoPensavo ai manigoldi d’altri tempi,
ma la mente si lambiccava con quelli
della monotonia dell’odierno.
Le comete si sgretolavano
come il grano dorato
mietuto
seccato
polverizzato
fino a scomparire.
Mangiavo un pane scuro
cotto al forno, forse troppo
perché spesso feriva le fresche gengive,
ma il suo sapore m’invitava.
Sangue sul lavandino
e il giorno dopo
anche la mollica era roccia
e le briciole sembravano
croste di pelle essiccate
di un mostro cattivo,
morto per vecchiaia
senza dover combattere.

DI LORENZO SPURIO(C)

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