INTERVISTA A SUSANNA POLIMANTI
autrice del romanzo “Penne d’aquila”
a cura di LORENZO SPURIO
LS: In questo libro si ripercorrono le vicende della protagonista Virginia a partire dalla sua infanzia fino alla maturità soffermandosi in maniera particolare sulla psicologia del personaggio. C’è sempre una grande attenzione alla componente psicologica, intimista, di Virginia, e si evince la tua volontà di dirci in maniera esatta in che maniera il personaggio ha vissuto/sperimentato determinate esperienze. In questo –ma posso sbagliare- ho intuito un’ampia volontà di auto-rappresentazione, quasi come una sorta di diario trasfigurato in fiction. E’ così o sono sulla strada sbagliata?
SP: Hai colto nel segno, Lorenzo. Questo romanzo è una biografia romanzata. Affidare la narrazione ad una terza persona, la protagonista Virginia per l’appunto, è stata volutamente una mia scelta. Ritengo che Virginia possa rappresentare ogni donna, in ogni fase del suo vissuto. In realtà la vita di Virginia è semplice e complicata, esattamente come la vita di tutti noi. Il vero messaggio, l’essenziale è nascosto dietro ogni evento, in particolare “come” e “cosa” determinati avvenimenti generano nell’interiorità di ogni individuo.
LS: Il viaggio, inteso come momento di pausa e come intrattenimento, o come esperienza universitaria vissuta fuori di casa, o come trasferta lavorativa o, ancora, -e forse più importante di tutti- come ritorno alla città natale, sono espressioni di graduali momenti di ricerca e al contempo di forme di esperienza che consentono la crescita e l’acquisizione di una più concreta conoscenza del mondo. Quanto sono effettivamente importanti i viaggi per Virginia? E quanto lo sono per Susanna?
SP: I viaggi sono molto importanti per la protagonista Virginia, l’immaginazione si ferma laddove una valigia si posa, perché toccare le altrui realtà vuol dire divenire “consapevole” dell’esistenza di un intero universo che non si limita all’orticello di casa nostra. Io Susanna, ho sempre viaggiato molto e spero di poterlo ancora fare in futuro.
LS: La tua città natale, Foligno, nel romanzo è volutamente non nominata con il suo nome, ma nel riferimento al suo fiume Topino è facilmente individuabile. Conosco abbastanza bene la città dato che quando studiavo a Perugia ho spesso perso la coincidenza del treno ed ho così avuto occasione di visitarla, passeggiarci e rimanere incuriosito dal dialetto del luogo. Quanto sei legata alla tua città natale? Vivendo da molti anni nel sud delle Marche, ti senti più umbra o marchigiana?
SP: È molto difficile rispondere a questa domanda, perché le mie origini sono sia umbre che marchigiane. Mia madre è umbra e mio padre era marchigiano, eppure, senza ombra di dubbio più di una metà del mio cuore appartiene all’Umbria. Vivo nelle Marche ormai da anni, ad essere sincera di questa regione amo il suo mare e i tanti paesini dell’entroterra, in particolare il paese natio di mio padre.
LS: Il finale del romanzo, chiaramente aperto e possibile alle interpretazioni, lascia il lettore con un velato senso di incompletezza, nel senso che si auspica un suo seguito o una sorta di chiarimento di quel paragrafo finale che –credo- hai espressamente voluto caricare di ambiguità. Parlando della metamorfosi nel temperamento avvenuta nel corso degli anni e dei vari avvenimenti vissuti da Virginia, nel romanzo concludi con un animo pacificato: “Qualcuno stava traghettando la sua zattera del labirinto della mente a quei luoghi appartati della sua anima per mostrare il coraggio, la saggezza, la consapevolezza e ogni altra risorsa interiore per superare qualunque sfida”. Mi sono arrovellato su quel “qualcuno”: esso è da intendere con Dio, con una ritrovata forza interiore o, invece, è personificato ed è rappresentato da un nuovo “ingresso” nella vita della protagonista?
SP: Quel “qualcuno” è unicamente la presenza divina nel quotidiano di Virginia, il nostro stesso io spirituale, che s’identifica con tale presenza. Dietro una finta realtà oggettiva esiste molto di più, Virginia arriva a comprendere il valore del suo vissuto complicato, si affida e continua il suo viaggio terreno, in attesa di raggiungere l’evoluzione finale che, con l’aiuto della sua fede riuscirà ad elevarla e condurla verso l’unica vera vita, dove solo il cuore e la sua anima si sentiranno finalmente liberi.
LS: Nella nota introduttiva al romanzo viene sostanzialmente spiegato il significato dell’aquila che hai voluto nel titolo, quale espressione di un animale maestoso ed intelligente che nelle varie culture ha avuto le più ampie accezioni. Un primo richiamo al volo è presente a pagina 23 quando Virginia afferma “ero sicura di aver volato già”. Questo “volo” io l’ho inteso anche nel tipo di prospettiva utilizzata nel tipo di scrittura che hai adottato: da una parte sembrerebbe esserci una tecnica modernista con una grande attenzione ai sentimenti e agli stati d’animo, dall’altra, invece, ho intuito una esplicita componente descrittiva, paesaggistica, ritrattistica (di città, paesi) come se la narrazione avvenisse dall’esterno e addirittura dall’alto. Aerea, insomma. Che cosa ne pensi?
SP: È esattamente come tu stesso hai interpretato: Virginia si evolve giorno dopo giorno, scopre di avere un dono che le permette di guardare ogni realtà intorno a lei dall’alto, con gli occhi della sua anima e non più con il solo sguardo umano. L’incontro con il suo più intimo io le permette di valutare gli eventi, le persone e ogni paesaggio intorno, dall’esterno. Virginia riesce a far tacere la mente affidandosi unicamente alle sue percezioni e cercando la risposta ad ogni perché, solo dentro il suo cuore. Siamo tutti troppo abituati a credere che il nostro cervello sia la chiave di tutto ma l’essere umano non è costituito di solo cervello, l’anima e lo spirito sono le parti più antiche, è lì che risiede la vera conoscenza.
LS: Quali progetti legati al mondo della letteratura attualmente ti vedono coinvolta? Stai lavorando a una nuova pubblicazione? E se sì, puoi gentilmente anticiparci qualcosa?
SP: Ci sto lavorando, purtroppo, vari impegni lavorativi e familiari mi concedono poco tempo per dedicarmi alla stesura del mio prossimo romanzo. Posso soltanto anticipare che si tratterà di un romanzo ambientato in un castello. Non abbandono mai la scrittura anche se finora ho soltanto scritto e terminato racconti vari. Ho molto materiale da parte e troverò senz’altro il modo di organizzarmi in futuro.
Sono parte attiva di varie associazioni culturali e, leggendo molto, mi dedico volentieri a recensioni di vari autori. M’interessa tutto ciò che ha a che fare con cultura e tradizioni.
Grazie per avermi concesso l’intervista.
Lorenzo Spurio
06-06-2013
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