Sabato 17 ottobre alle ore 17:00 presso la Sede Provinciale dell’ARCI in Piazza de’ Ciompi 11 a Firenze si terrà la Conferenza dal titolo “Mario Luzi: l’uomo e il poeta” e a seguire il recital poetico in memoria del poeta. La manifestazione, ideata e promossa dai scrittori e poeti Marzia Carocci e Lorenzo Spurio, sarà organizzata dalla Ass. PoetiKanten in unione con la rivista di letteratura «Euterpe».
Durante l’evento sarà presentata e diffusa l’antologia dell’evento che conterrà gli atti dei relatori intervenuti durante la conferenza, le poesie presentate al recital e gli altri scritti appositamente inviati per l’evento.
La serata, sulla quale verranno date maggiori informazioni in merito alla partecipazione dei conferenzieri, si svolgerà con il seguente programma
Ore 16:30 – Saluto e ringraziamenti
Ore 16:45 – Conferenza
Interverranno: Caterina Trombetti (poetessa e docente), Ernesto Piccolo (pittore, già docente dell’Accademia di Belle Arti), Catia Migliori (docente dell’Università “Carlo Bo” di Urbino, Responsabile Centro Studi “Mari Luzi” d Montemaggiore al Metauro (PU).
Moderano Marzia Carocci e Lorenzo Spurio
Ore 18:00 – Recital poetico
Come partecipare al Recital poetico
I poeti che intendono partecipare al recital poetico dovranno inviare due poesie di massimo 30 versi l’una oche siano dedicate al poeta Luzi o che condividano o si rifacciano nei modi, nello stile e nelle immagini alla poetica luziana. Gli organizzatori confermeranno l’avvenuta ricezione dei materiali e l’ammissibilità al recital a mezzo mail.
I poeti che inviano i propri testi si impegnano a presenziare fisicamente all’evento in programma, fatte salvo le impossibilità sopraggiunte all’ultimo momento che dovranno, comunque, essere comunicate alla organizzazione.
Nel caso in cui parteciperanno molti poeti in sede di recital, i poeti provvederanno a dar lettura a un’unica lirica.
Gli organizzatori non daranno lettura alle poesie di persone assenti, nel caso il poeta voglia inviare un delegato per la lettura, dovrà comunque comunicarlo alla organizzazione.
Pubblicazione in antologia
A testimonianza dell’intero pomeriggio gli organizzatori hanno deciso di organizzare una antologia pubblicata da PoetiKanten Edizioni, disponibile durante l’evento, che conterrà i seguenti testi:
gli interventi critici degli organizzatori
gli atti dei conferenzieri
le poesie inviate per il recital poetico
gli articoli e i saggi di coloro che vorranno inviare contributi critici sull’opera di Mario Luzi e che, come per i poeti, si impegnano a partecipare alla serata. Durante l’evento provvederanno a dar lettura a un estratto del saggio o a sintetizzarne le idee di base.
Agli autori presenti in antologia non è obbligato l’acquisto, ma è consigliato.
Le poesie e i saggi presentati per la pubblicazione antologica potranno essere editi o inediti ma nel caso siano editi dovranno indicare dove sono apparsi per la prima volta, se in rivista o in volume indicando titolo, casa editrice, città, anno e numero di pagina.
Detti materiali debbono essere inviati, assieme ai propri dati personali nella necessità di un contatto più veloce (nome, cognome, mail, telefono) esclusivamente a mezzo mail all’indirizzo eventipoetici@gmail.com entro e non oltre giovedì 24 settembre.
«Mio nonno si chiamava Leonardo, come me; era un gran lombardo alla Vittorini dagli occhi azzurri. (Come io non sono) un settentrionale. Ho trovato suoi biglietti da visita: Leonardo Sciascia- Alfieri. Alfieri è un nome del nord, che aveva ereditato da sua madre insieme agli occhi azzurri, mentre Sciascia è un cognome propriamente arabo, che fino al 1860 sui registri anagrafici veniva scritto Xaxa, e che si leggeva Sciascia. In arabo, dice Michele Amari, vuol dire “velo del capo” e per indicare un’amicizia strettissima si parla di “due teste in una stessa sciascia”. Mio nonno era stato caruso, uno di quei ragazzini che nelle zolfare siciliane venivano adibiti al trasporto del materiale. Imparò a leggere e scrivere e fino a qualche anno fa molti lo ricordavano per le sue collere terribili, il suo rifiuto a scendere a patti con la mafia nonostante le minacce. “Tu sei Leonardo? Tuo nonno era una persona onesta».
(in Leonardo Sciascia, La Sicilia come metafora).
La copertina dell’antologia “Stile Euterpe vol. 1 – Leonardo Sciascia, cronista di scomode realtà” curata da Martino Ciano e pubblicata da PoetiKanten Edizioni (2015)
La figura del nonno, quell’onestà, “gran virtù soffocata di molti siciliani”, il rifiuto a scendere a patti con la criminalità organizzata sono punti fermi nel racconto “Nient’altro” in cui “eroe d’altri tempi” per gli uomini onesti è un uomo stanco e solo, un anziano con “radi capelli canuti, lisci” che si considera “un niente mischiato con nessuno”, ma che in realtà è un personaggio di spicco nella trama del racconto e persona degna di gran rispetto nella realtà vissuta.
“Mio nonno dice che a vossia dovrebbero fare il monumento; io lo metterei al centro di questa piazza… ma perché mio nonno dice che vossia è stato un eroe di altri tempi?”. Una moltitudine di ricordi agitò la mente di zi Ni mentre un’immagine si mescolava ad altre immagini in un crescendo di pathos emozionale. La promessa fatta al ragazzo s fece idea avvolgente dei suoi pensieri. “Cosa gli racconto?”, pensò l’anziano, “a me sembra di essere nato ieri o di non essere nato affatto” E forse era vero! La sue vicissitudini di uomo e di libero cittadino potevano essere raccontata con poche parole. Quello della sua vita era un racconto breve. Una narrazione con pochi personaggi e fatti scarnificati come parole messe ad essiccare nelle saline dei pensieri nel “paese del sale/che frana/dall’altipiano a una valle di crete”(L. Sciascia, Due cartoline dal mio paese) Alla luce degli accadimenti non c’era “Nient’altro” da raccontare, se non che dopo mezzo secolo di detenzione era tornato in libertà , una libertà duramente conquistata e che onorava suo nonno, ucciso per non aver voluto cedere a nessun tipo di ricatto. “Nell’inventar storie vere” è qualità innata di Sciascia ed egli ricerca, insegna, investiga, partecipa attivamente alla vita culturale e sociale italiana e soprattutto scrive libri di denuncia, mostrando il “baratro della storia”. “A ciascuno il suo”, titolo in cui è palese quella figura retorica, detta ellissi, nell’avere di ciascuno “traspare un dolore sommerso”.
“I bambini poveri si raccolgono silenziosi/sui gradini della scuola/addentano il pane nero/gli altri se ne stanno chiusi/ nel bozzolo caldo delle sciarpe” (L. Sciascia, Due cartoline dal mio paese). E se il sale “diventa morte,/ pianto di donne nere nelle strade,/fame negli occhi dei bambini?”(L. Sciascia, Due cartoline dal mio paese). Povertà, disuguaglianze di classe, abusi di potere, corruzione, marginalità, omicidi, rapine, attività lecite e illecite si consumano e si reiterano, come scriverà il giudice Giovanni Falcone come “Non frutto abnorme del solo sotto- sviluppo, ma prodotto delle distorsioni dello sviluppo”. E nel corso del tempo e nel ripetersi degli eventi “quella piovra/dal giorno della civetta/alla scomparsa di Majorana” continua, come scrive Bufalino, nella logica della “liturgia scenica (e) fra le sue mille maschere, possiede anche l’alleanza simbolica e fraternità rituale, nutrita di tenebra” e “uocchiu d’e gghenti”, l’occhio della gente, è anche l’occhio della civetta, animale dallo “sguardo scintillante”, dal grido acuto e stridulo ed anche simbolo di denaro. I glauks erano le monete ateniesi e la civetta di Minerva, dea della sapienza, è simbolo della conoscenza e della saggezza; gli occhi e il becco ricordano la lettera dell’alfabeto greco “fi”, ma è anche immagine controversa e contraddittoria perché, essendo un uccello notturno, richiama l’idea di morte, isolamento, solitudine, oscurità, come di miseria, di malefici, disgrazie e cattivi presagi.
Leonardo Sciascia
“Ridono gli altri uccelli tra le fronde/per la strana presenza del rapace/notturno in pieno giorno”, ossimorica presenza, antitesi tra buio e luce, contrasto tra suono e silenzio in una perifrasi narrativa che rimanda all’omicidio del sindacalista ad opera della mafia. Ma nel “giorno che irrompe ciarliero” gli uomini vanno verso i campi, obliando tutte le facoltà dei sensi e “con scarse propensioni di dignità” si chiudono nel più aspro silenzio. Intanto “i morti vanno, dentro il nero carro/incrostato di funebre oro, col passo lento dei cavalli” (L. Sciasci, I morti) mentre le donne al loro passaggio chiudono le imposte e i negozianti lasciano appena aperto uno spiraglio per poter spiare il dolore dei parenti. “Le cose dei morti, i pupi, la frutta di pasta di mandorle che i bambini la mattina del due novembre cercano e trovano in qualche angolo della casa . I morti che portavano i doni; i vivi che tra loro, a catena si ammazzavano” (L. Sciascia, Novembre a Palermo).Qua e là nei versi degli autori presenti in antologia, echeggiano i versi di Quasimodo “ride la gazza, nera sugli aranci”, “tra muschi grami, a supplizio/splende la pietra livida”, “dove mi hai posto/amaro pane a rompere”, come echeggiano quelli di Sciascia, “il silenzio è vorace sulle cose./S’incrina, se flauto di canna/ tenta vena di suono, e una fonda paura dirama” ma echeggiano anche quelli di Pavese “sei la terra e la morte./La tua stagione è il buio/ e il silenzio”. Il silenzio… parlare a cenni è arte che i siciliani inventarono a seguito della proibizione fatta da Jerone che, temendo qualche congiura, vietò ai siracusani di parlare fra loro. “Il parlar co’ cenni, con un moto del capo, della bocca, delle spalle, e soprattutto delle mani, è arte propria dei Siciliani che senza profferir parole, anche a notabil distanza, con un sol cenno spiegano i concetti della mente” scrive A. Mongitore in “Parlare a cenni”, “Il signor padre tutto fici per farti parlari portandoti cu iddu perfino alla Vicaria che ti giovava lo scantu ma non parlasti perché sei una testa di balata, non hai volontà…” dice D. Maraini in “Il silenzio di Marianna”. E di queste cose io stessa mi meravigliai, quando ancor bimbetta per volere del destino, passai dalle mie montagne innevate all’isola “arsa dal sol fecondo”. Fu allora che iniziai a respirare aria siciliana, che nacque la mia predilezione per le piante grasse, che imparai a sbucciare i frutti dei fichi d’India, che volli gustare ‘a manciata ‘i ricotta, la colazione di ricotta, che ascoltai quei “suoni greci arabi latini”e ancora adesso mi piace acquistare gli agrumi con le foglie e tenerli nel paniere di castagno come usano intrecciare in terra di Mugello.” Ci vuol coraggio a sbucciarli (i fichi d’India), rischiando di ferirsi con le spine”. Ricordo che gli uomini passavano intabarrati nei loro mantelli neri, con la coppola tirata sugli occhi, salutavano con un cenno del capo e i loro cavalli lasciavano impronte sulle trazzere assetate e nei vigneti . Spesso sentivo raccontare di brigantaggio e morti ammazzati e soltanto negli anni della mia autoformazione imparai il significato del termine “separatismo” e seppi della “rivolta del pane”, della tragedia dei carusi, “giovani fiori gialli tra pietre vendute ai padroni”, e dei fatti di Portella della Ginestra. Anni dopo i media mi mostrarono immagini crude e mi sentii derubata dall’usura del tempo lineare e dallo scempio del tempo ciclico. Sentivo la libertà quale elemento fondante di ciascun uomo; per questo anch’io volli contare i miei 100 passi e scrivere versi di pace mentre in via Notarbartolo lasciai un biglietto insieme ad altri biglietti su quell’albero, emblema di legalità e voglia di cambiamento. Ma di cosa è fatta quella “sicilitudine” di cui parla Sciascia in una realtà storica dove popoli diversi, non dissimili dai rapaci che volano “Sotto le rocce di Tindari”, si spartirono le bellezze dell’isola e la paura “storica” divenne paura “esistenziale”. Certo la posizione geografica dell’isola al centro del Mediterraneo è un punto strategico che la rende aperta ad ogni azione di conquista e come scrive ancora Sciascia “lo sbarco degli eserciti anglo-americani nell’isola, il 10 luglio del 1943, avveniva in condizioni quasi identiche a quelle dello sbarco degli arabi il 6 giugno dell’827 con l’isola come sempre sguarnita di difese, lo spirito pubblico prostrato da un’amministrazione rapace e corrotta”. E, se è vero che “a furca è fatta p’o poviru”, la forca è fatta per il povero, è anche vero che l’isola è chiusa nel guscio di se stessa e si lascia travolgere da idee che non affermano nessuna verità ed è sempre più assetata di certezze, sempre più affascinata dalle contraddizioni e dalla sofferenza come dalla simulazione e dalla maschera. Le fonti della sua passione intellettuale sono da ricercarsi in Demetra, Core e Aretusa, in Ciullo d’Alcamo e Giacomo da Lentini, nella pietra lavica del maestoso Etna, nei mosaici di Monreale e nel mito della roba come nelle “grotte aride (dove a volte) vengono rinvenuti corpi privi di anima”.
Bandiera e stemma della Trinacria (Sicilia)
“Già. Le due donne hanno reagito. Non sanno che da queste parti non si scherza…” perché in questa terra “più si fa finta di non sapere e meno si rischia la pelle” come è successo al notaio Manni, alla maestra Livato e a Michele che è tornato a casa , interrato in un vaso di fiori. “ma lo sguardo di Sciascia andava oltre” così tanto oltre da scrivere che “Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… E sale come l’ago di mercurio di termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già, oltre Roma”. In quelle “Isole nell’isola” esiste una radice di tristezza e quel senso tragico della vita che talvolta sfocia nel sentimento di solitudine che fa sentire stranieri in patria. “Diciam dunque che l’isola di Sicilia è la perla del secolo per abbondanza e bellezze… e vengono da tutte le parti i viaggiatori e ad una voce la esaltano” (Edrisi, Della Sicilia) e en esaltano ance la fiera bellezza delle donne, ne lodano il ruolo in seno alla famiglia, ne ammirano la posizione centrale nelle responsabilità sociali, donne che osano parlare con voce rude e misurarsi con gli uomini nel dramma popolare delle faide tra famiglie, del delitto passionale e gli amori impossibili, amori incarnati nel verismo di Alfio e Mena, di Gesualdo e Diodata.
Tuttavia c’è anche da dire, come ebbe a scrivere Gramsci, che “la Sicilia conserva una sua indipendenza spirituale e questa si rivela più spontanea e forte nel suo teatro (che) è vita, è realtà, è linguaggio che coglie tutti gli aspetti dell’attività sociale, che mette in rilievo un carattere di vitalità.
Della “questione” meridionale si continua ad avere l’impressione di una carte-souvenir e a prenderne nota a margine della pagina della partecipazione sociale.
“Sto a far camorra sulle cose, seduto/ al sole d’aprile che in me torna/a un suo azzardo di sentimenti e di inganni/Il paese, non lontano, sembra affondare/ nel verde: di là di questo gioco/pieno di voci, è solo un paese di silenzio” (L. Sciascia, Aprile). Scrive Lorenzo Spurio a riguardo delle “Favole della dittatura”: “Simile attestazione alle “favole” sciasciane secondo me vale di più di ciascun saggio, libro, studio, o guida di lettura sul testo in questione in quanto Pasolini con strepitosa chiaroveggenza e una disarmante predisposizione ermeneutica ne affresca il contenuto con onestà, connotandone anche la forma… Pasolini gioca con le parole “favole” e “dittatura” chiamando il lettore alla riflessione”, “Ecco allora che la scrittura rafforza l’amore per la democrazia, se pur ammalata da sistemi corrotti e devianti e non di ordine piramidale bensì di natura reticolare (in) un carnevale di maschere che dividono quell’esserci ontologico tra il subire e il fare, tra protagonismo e antagonismo”, conclude Iuri Lombardi nel suo saggio antologico mentre per Martino Ciano, curatore del volume, “c’è chi costruisce progetti che magari non finiranno sui tavoli dei baroni ma che danno testimonianza ai posteri che c’è altro.”
“Leonardo Sciascia. Cronista di scomode realtà”, sono convinta che si è sempre cronisti di scomode realtà allorché si coltivano idee di libertà, giustizia e uguaglianza e il potere della scrittura si fa denuncia; quando si dà ampio respiro a idee di vera fraternità, non si seguono mode e si diventa voci fuori dal coro; quando si ha paura e non si cede a vessazioni e ricatti; quando si è in stretto contatto con la nostra solitudine di Uomini reclusi nel gorgo dell’indifferenza; quando i nostri ideali sono macigni sul cuore per chi cuore non ha e le speranze fino allora coltivate sembrano svanire; quando si è lasciati soli nel presente; quando si è ben consapevoli che per la fede di onestà anche altri prima di noi sono stati lasciati soli e altri dopo di noi lo saranno ancora perché “la verità è (sempre) ai margini dove pochi la cercano”.
A confermare che la pièce teatrale d’esordio dello scrittore fiorentino Iuri Lombardi, La Spogliazione, non fosse che un velleitario esperimento bellettristico è la recente scrittura di due nuovi drammi. Drammi in sé atipici, particolari, che difficilmente rispettano quelle che classicamente sono le norme di definizione del dramma che –manuale di storia della letteratura in mano- è codificato per mezzo di alcune peculiarità. Il termine dramma viene comunemente adottato per riferirsi a un’opera pensata per il teatro, dunque per la rappresentazione scenica e può essere di argomento estremamente diverso: può avere una dimensione comico-burlesca oppure una dimensione tragica e in questi due casi sfocerà nelle varianti della commedia e della tragedia. Caratteristiche del testo drammatico sono quelle di permettere un’interrelazione tra soggetti per mezzo di cospicue parti dialogiche e di rifiutare in via generale la prosopopea monologica, interiore, dei singoli caratteri ed ancor più è il fatto che il dramma si centralizza per porre una situazione conflittuale tra le parti (non necessariamente bellica) ossia una situazione d’incomprensione dettata da uno scontro di qualche tipo.
Iuri Lombardi – Soqquadro
I drammi di Lombardi, nei limiti del possibile, si avvicinano molto di più ai drammi liturgici di età medievale che non al dramma inteso nei termini dell’Antica Grecia. Dramma liturgico perché Lombardi impiega sempre caratteri che appartengono alla sfera biblica o comunque alla tradizione religiosa anche se, ed è bene che questo venga detto subito, che se ne serve non per tracciarne agiograficamente le vicende di santità piuttosto per ribaltarne i protagonisti, abbassandoli alla schiera di uomini del popolo e facendone risaltare debolezze, vizi e peccaminosità che sono del genere umano tutto. È per queste ragioni che leggendo questo libro incontreremo un San Giovanni Battista che ha perso oramai la sua aurea di cristianità per divenire un affamato pederasta che non disdegna pratiche di cross-dressing (La Spogliazione), un gesuita represso e socialmente incompreso che non ha mai superato il processo di castrazione a cui, dandosi alla Fede, è stato relegato (La recita dei tiepidi) e una Giovanna d’Arco emblema di ribellismo femminile ma anche di immolazione per la causa comune (la donna venne proclamata Santa da Papa Benedetto XV nel 1920) che subisce negli istanti prossimi alla pena di morte su rogo un tentativo di approccio sessuale da un imprecisato ragazzo, tanto eccitato quanto irresponsabile (Nel nome di Giovanna). Chiaramente, come è facile intuire, c’è poco e niente anche del dramma liturgico del periodo medievale (mancano anche le tre unità, il coro, personaggi-comparse che incrementano il tessuto inter-dialogico) intessuto su di una profonda confessionalità e improntato alla divulgazione e all’encomio: Lombardi stravolge generi teatrali passati, ridicolizzando il classico, compiendo una coraggiosissima impresa di riscrittura popolaresca, attuale, corporea dei personaggi che nel passato sono stati elevati. Con Lombardi ci si incammina in un percorso volto alla distruzione di qualsiasi forma gerarchica al fine di ottenere un appiattimento democratico di personaggi tanto da trasferire il sacro nel perverso con un registro linguistico che non ha nulla dell’offesa né del compiacimento generale, ma è forte della difesa di una realtà inoppugnabile: la letteratura contemporanea è decodificazione e riscrittura.
Le opere teatrali di Lombardi non solo non rasentano la via “classica” del dramma che si sviluppa secondo canoni perlopiù definiti e caratterizzati, ma addirittura sembrano scostarsene con virulenza e profonda consapevolezza per almeno un paio di ragioni assai importanti: la prima è la connaturata carica ribellistica del Lombardi uomo che ne caratterizza un prototipo di intellettuale sui generis, poliedrico e imprevedibile che, seppur non dobbiamo correre il rischio di definire maudite, predilige di certo quali immagini di costruzione (non si tratta di un paradosso) proprio la rottura, l’eco indistinto, l’effetto di sorpresa e nondimeno la mera incongruenza. Elementi cementizi questi che determinano la cifra letteraria di Lombardi, prolifico poeta di tendenza civile e scrittore di narrativa breve e romanzi impegnati in un momento come il nostro in cui la letteratura sembra esser diventata poca roba e aver svilito, nel concreto, il suo significante più alto. Lo si è già visto in precedenza nella produzione breve dell’autore per la quale mi fregio l’onere di aver corredato le sue opere avanguardistiche con mie note critiche, che ciò che interessa l’autore non è tanto il mero concettismo, il viluppo contenutistico cioè la componente material-tematica degli intrecci, quanto piuttosto l’utilizzo di forme e modelli. Lombardi scrivendo ora un racconto, ora un poemetto, ora, come in questo caso, drammi in versi sciolti, dimostra di avere bene a cuore il discorso sul metro e sul genere. Si intenda bene e da subito, non si sta parlando con ciò di metrica poetica né di impiego di strutture retoriche (per la poesia) né di studiati ed ipersofisticati stratagemmi di resa delle immagini (narrativa breve) o delle scene (teatro), piuttosto del discorso interrogativo che Lombardi immancabilmente pone sulle forme di rappresentazione in campo letterario. Non è un caso che ne La recita dei tiepidi alcuni protagonisti interagiscono su tematiche quali la filosofia, la letteratura, la saggistica, la conoscenza in genere e l’ontologia, branca della filosofia cara a Lombardi che da sempre è portavoce autentico di un pensiero di risveglio della coscienza e di autodifesa di un sé personale fuori ed estraneo dall’Io soggetivizzante e iper-abusato.
Va da sé, in base a questi brevi accenni sul modus operandi del Nostro, che un’altra caratteristica dominante del Lombardi drammaturgo (anche se in realtà più che drammaturgo mi piace definirlo un “picaro da palcoscenico”) è la potenzialità di sperimentazione che in nuce ritroviamo in queste opere. L’anti-classicità, la tempestiva lettura e fruibilità, l’organicità delle forme unite alla componente dissacratoria che si nutre di messaggi subliminali da cogliere ne fa nel complesso un’opera aperta, in cui le epifanie (difficili da individuare) vengono talora denaturate e ipocaricate di significati, dunque minimizzate, tal altra trasferite da cicli di battute ad altre. Com’è nella letteratura postmodernista, di quella letteratura che ha trovato il suo terreno fertile nella società ferita e scissa del dopo 11 settembre in cui la paranoia e il delirio comunicativo ne fanno da padrona (Daniele Giglioli parla a questo riguardo della scrittura dell’eccesso[1]), Lombardi costruisce canovacci rappresentati scenicamente sulla carta e di possibile rappresentazione pratica su un palco, magari di un teatrino religioso per incentivarne la carica dirompente e blasfema, che se da una parte provvedono a fornire elementi importanti aprioristicamente (la costruzione di un incipit che dà forma a un prologo con le immancabili premesse della voce autoriale) di contro non dà tracce concrete, né segnali per l’individuazione di una conclusione auto-imponendosi di non traghettare il lettore verso determinati lidi piuttosto che altri. L’opera rimane dunque aperta, apparentemente non chiusa come magari un lettore tradizionalista la vorrebbe e lascia un sentimento di incomprensione e al contempo di nostalgia. Come i personaggi de La recita dei tiepidi rimangono sbigottiti dalla decisione finale di Bartolomeo d’Amico-alter ego di un Casanova da farsa di metter fine a quel siparietto prima tanto voluto al quale poi finisce per negarne l’importanza, il lettore condivide quel rimanere attonito sulla scena, lo stesso deluso abbandono e sconforto, una incomprensione cocente che, piuttosto che motivare una risposta corale attiva e coscienziosa di ripresa, sfocia nell’assunzione apatica di una atarassia dissonante al carattere virulento e dissacrante della trama stessa.
Iuri Lombardi durante la Premiazione del III Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” a Firenze nel novembre 2014, dove era parte della Commissione di Giuria
Ma per non dilungarsi troppo in questo apparato critico introduttivo, convinto assertore delle tesi woolfiane[2] che la grandezza e la qualità di un’opera, se vi sono, non sono mai date né accresciute da chi ne compila una introduzione critica o di presentazione, è bene però soffermarsi su altri elementi talmente centrali e determinanti nella produzione del Nostro che in queste opere vengono alla luce in maniera tanto chiara quanto evocatrice chiamando, però, a una riflessione più attenta e circostanziata. Elementi che, per il fatto di ritornare spesso in modi e forme diverse alludendo però a sfere tematiche care all’autore e nevralgiche nella sua scrittura, prenderò qui a chiamare lombardismi con una nota anticipatoria d’utilizzo: essi consacrano e contrassegnano la presenza di Lombardi nella letteratura sin alla data attuale per mezzo delle sue pubblicazioni avute sin qui e che, nel qual caso il lettore leggerà queste opere col passare degli anni, quei lombardismi tipicizzanti la sua scrittura andranno riletti per forza di cose alla luce della sua produzione più recente dato che, essendo la sua scrittura un immenso cantiere, un working-in-progress, le asserzioni critiche che qui si fanno hanno validità concreta e diretta ma non universale, cosa che, per quanto si conosca l’autore e si possa adottare un metro il più obiettivo e analitico possibile, è irrealizzabile alla data presente. Essi concernono:
la questione del sé e dunque il grado di rappresentazione e di analisi della coscienza. Nel prologo di La recita dei tiepidi è impossibile non scorgere nelle attestazioni di Bartolomeo D’Amico l’anima pulsante del Lombardi uomo e pensatore, per altro già espressa con esiti impareggiabili nel racconto-manifesto Iuri dei Miracoli: «Io sono perché sono adesso, presenza che occupa/ uno spazio e di conseguenza un tempo. Altri,/ altro da me non voglio essere. E anche il passato/ a nulla vale se non il presente in cui vivo, amo,/ affermo la mia posizione blasfema o ordinaria che sia».
la mistificazione religiosa o dissacrazione che è congenitamente presente in tutte le opere più recenti di Lombardi. Già in Iuri dei Miracoli (un racconto) si sottolineava l’attitudine di Lombardi di ricorrere con perseveranza ad immagini e simboli legati alla confessione cristiana e l’aspetto è ancor più evidente nella Spogliazione dove il Battista è abbassato tanto da divenire un sodomita, ne La recita dei tiepidi in cui il gesuita oltre che grande studioso dei testi sacri è un approfittatore e un mistificatore e in Nel nome di Giovanna dove, invece, poco ci è detto della grandiosità dell’animo ribelle e delle ragioni del martirio della donna (già note ai più) per prediligere un canovaccio intimistico con un ragazzo che cerca di possederla. Il personaggio di Donna Pia ne La recita dei tiepidi è quello che sembra essere più staccato ed estraneo al complesso caratteriale del dramma: ogni volta che la vediamo entrare in scena è severamente vestita di nero intenta a pregare o ad invocare il bisogno di pregare tanto che nel dramma viene a configurarsi una polarità della donna nelle sue estremizzazioni di puttana (Bianca Maria) e Madonna (la vecchia perpetuamente orante).
l’universo sessuale. Già definito in precedenza il “Don Giovanni della letteratura”, Lombardi è profeta di un modo di vivere la sessualità che fa dell’autenticità e del rigetto del pettegolezzo la norma dominante. Le scene topiche nelle opere di Lombardi, e anche qui nei tre drammi, si realizzano proprio in circostanze in cui le pulsioni sessuali dei soggetti si accrescono in maniera imprevedibile realizzando incontri ed agnizioni scioccanti che determinano profondamente la trama. Si pensi alla sola volontà di Lombardi di riferirsi ne La recita dei tiepidi al Casanova, grande seduttore veneziano e ancor più al Don Giovanni in Iuri dei Miracoli: espressioni vigorose di una sessualità improntata all’eccesso e all’esibizione che hanno una loro tradizione teatrale molto sviluppata. Se nella Spogliazione il condom rotto del Battista in uno dei suoi fugaci amplessi con donne discutibili può dar modo alla rinascita di quel ciclo delle acque (sacre, amniotiche, ma anche stagnanti come quelle dei Navigli in cui battezza), in Nel nome di Giovanna il ragazzetto voglioso con pene eretto che offre vita nella carne alla povera Giovanna che di lì a poco andrà a morire, può rappresentare a sua volta l’esigenza di un atto fisico, salvifico solo nel mondo reale e non eternante, capace di compiere il mistero della vita.
il meta-teatro: la rappresentazione della rappresentazione. Già nel prologo Bartolomeo D’Amico, gesuita del Meridione del quale poco si conosce tranne che ha lasciato una serie di testi e che si sia occupato in particolare della dottrina di Epicureo, tornato di riflesso nella nostra età contemporanea di smartphones e web 2.0 ci tiene a sottolineare che la farsa che ha in mente di mettere in atto è relativa al personaggio di Casanova. Ci troviamo dinanzi a un sistema meta-letterario in cui il teatro parla di un altro teatro e in cui l’intera storia è data dalla complessa interrelazione che si istaura tra queste matriosche progressive e compenetranti l’un l’altra. Bartolomeo D’Amico, infatti, che è il personaggio principale del dramma, dunque è sulla scena della rappresentazione, con l’artificio della finzione si maschera a Casanova con l’intenzione di ricalcarne un tratto della sua esistenza e di produrne una rappresentazione giocosa. Il rapporto tra le voci è questo: Lombardi autore (ri)crea Bartolomeo D’Amico e lo consacra personaggio del dramma, Bartolomeo D’Amico a sua volta (ri)crea Casanova mediante la farsa che ha in mente di portare in scena con la sgangherata compagnia di personaggi apatici. Si tratta di una autocelebrazione del teatro in cui, però, la componente drammatica finisce per prevalere nettamente su quella comica: non ci sarà, infatti, nessuna farsa o, meglio, nessun tentativo di farsa all’interno dell’opera perché l’autore-capocomico D’Amico non sarà in grado di reggerne il progetto di «nascondersi dietro Casanova [per ottenerne]/ il riscatto voluto» perché, come confesserà tormentato nelle ultime lucide battute: «Facile è dirigere gli altri, le navi al proprio porto/ restando al posto di guida, ma quando tocca a te…/tutto è diverso».
la riscrittura come forma creativa. Lombardi non è nuovo a opere in cui opera la rivisitazione di personaggi religiosi adoperando uno stratagemma di riscrittura originale e molto efficace: l’abbattimento dell’aurea del personaggio, la de-sacralizzazione sino alla provincializzazione e alla marginalizzazione. Nel prologo di La recita dei tiepidi la voce fuori campo di Bartolomeo D’Amico osserva: “la storia consente di recuperare, di ritornare un altro,/ di reinventarsi uomo quale sono: solo un uomo”.
La recita dei tiepidi impone al cauto lettore anche una doverosa analisi del titolo: da una parte la recita ci immette subito nel mondo della finzione e della rappresentazione scenica, ossia del doppio che è tipico del teatro, dall’altra la presenza di quelli che Lombardi denomina ‘tiepidi’ consente delle riflessioni. Nella Bibbia si parla di tiepidi in relazione a coloro che difettano di un’azione pratica, di una chiara volontà di pensiero e che finiscono per mostrarsi inetti, inconcludenti, passivi, o per dirla alla Dante, ignavi. Ce ne rendiamo subito conto leggendo l’opera che tutti i personaggi sono subdolamente sottoposti alle volontà e alle decisioni di Bartolomeo D’Amico che, in pratica, li comanda a bacchetta e li gestisce come vuole tanto da costringerli ad occupare ciascuno un determinato ruolo nella farsa che ha in mente di inscenare. Sono personaggi molli, apatici e inconsistenti, privi di un temperamento proprio che finiscono per farsi maneggiare con semplicità da un uomo che è più potente di loro solamente perché ha il dono della conoscenza.
La conclusione dell’opera mostrerà però come Bartolomeo D’Amico, pur essendo un dotto, un conoscitore delle Sacre Scritture, un intellettuale e un saggista, in realtà non sia capace neppure lui di dar forma a un progetto, per altro scaturito dalla sua mente, e al pari degli altri risulterà anch’esso un manichino che non sa autodeterminarsi e decidere da sé. Per queste ragioni, Bartolomeo D’Amico, grande luminare dell’esegesi religiosa e conoscitore delle Lettere, finisce per essere il più ignavo, il più ignorante e indefesso tiepido di tutta la storia. Lo sconcerto che gli altri protagonisti nutrono dinanzi a Bartolomeo D’Amico che, di punto in bianco a causa di un senso d’oppressiva moralità che non è capace di scavalcare sentenzia la fine della farsa, è rivelatore di questa incapacità di saper coniugare lo scibile (la conoscenza, il rapporto con il mondo e gli altri) e la propria interiorità (la Fede, la morale).
Echi pirandelliani sono avvertibili distintamente nella presenza umanoide della marionetta in Nel nome di Giovanna che rimanda al mondo delle maschere e delle messe in scena travisate ma anche nell’impalcatura esistenzialista dei drammi dove le personalità, già labili e sbiadite, vengono sostituite dalle parti da recitare creando un universo intricato di prese di coscienza, sdoppiamenti e personaggi nei quali immedesimarsi.
Nella tiepidezza o ignavia che dir si voglia difficile non respirare anche il torpore di molti personaggi pesanti e inconsapevoli a partire dagli indifferenti moraviani che, un po’ meno grottescamente di quanto avviene in Lombardi, anche lì son spesso accerchiati da manifestazioni estreme e non preventivabili della sfera sessuale. Si pensi, tanto per evocare il tema del conflitto determinante nel genere drammatico di cui si diceva all’inizio di questa nota, della confusione che, di colpo, si viene a creare ne La donna leopardo di Moravia in cui una serie di segnali piuttosto evidenti di tradimento all’interno di una coppia darà vita a un fenomeno ossessivo di gelosie e ripicche con adulteri incrociati e vere e proprie unioni scambiste.
Ma se l’estraniamento derivante dall’obbligo di assumere una personalità altra («Sono stanco d’essere io!» sembra urlare D’Amico), nell’atto della finzione teatrale e per il tempo richiesto per la messa in scena salvo poi riacquisire la propria congenita identità, è visto qui come costrizione perché fa fede alla volontà di D’Amico e generalmente nel teatro comporta la creazione di intrecci interessanti e curiosi in cui nessuno sa bene chi è l’altro perché sotto mentite spoglie, il travestimento e il trasferimento d’identità è vissuto in maniera critica da parte della prostituta: «Ho paura,/ timore perché non conosco questa mia reale/identità e non vorrei che nel calarmi nei panni/ altrui perda la faccia ed il cavallo...». Proprio lei che dovrebbe essere contenta di vivere, seppur nella farsa, un ruolo diverso dalla sua vera identità di meretrice, si fa dei problemi e teme che questo mascheramento possa condurla poi a un annebbiamento della sua identità della quale, con la poca erudizione del mondo che ha, è fiera e conosciuta.
Ne Nel nome di Giovanna, infine, assistiamo alla de-costruzione del mito di Giovanna D’Arco, ribelle francese che poi venne messa a morte dagli inglesi nel corso della Guerra dei Cent’anni. Lombardi, secondo la sua tecnica oramai puntuale e chiara negli intenti opera una de-mitizzazione della donna sconfessandone le realtà insopprimibili della figura eroica. Quale “pulzella” come viene ricordata ossia sembianza di verginità e candore, Lombardi fa vorticare nella mente della donna in attesa della sua imminente morte, pensieri lubrici di desideri sessuali. La necessità di sentirsi abbracciata ed amata, riscaldata e protetta, l’esigenza di dono di quel fiore della castità sempre conservato con perspicacia e caparbietà trova spazio in una più palpabile esigenza di benessere: «Solo come ultimo desiderio nutro di darmi all’altro/ come una rondine al tetto. Solo il darsi al calore/ di un corpo, intrecciarsi ad esso, mi fa credere/ancora donna e non legno da ardere, straccio/ da bruciare/ Ho desiderio di un uomo come ogni altra donna,/ desiderio di darmi per vivere in uno sputo di tempo/ quell’ebrezza che per la verità in me ho ammutolita».
Non sappiamo se effettivamente ci sarà il giusto tempo affinché Giovanna possa unirsi sessualmente al giovane con il quale ha imbastito un dialogo sull’esistenza intimandola a cogliere l’attimo e a vivere quel momento di condivisione. Ancora una volta Lombardi mette in atto il suo stratagemma di voluta mancanza di una conclusività certa della storia. La conclusione del dramma non sta tanto nella donna arsa viva secondo quanto riporta la tradizione storiografica, piuttosto nel viluppo delle considerazioni sulla morte e sull’esigenza di una dimensione sociale dove si respiri libertà. Il nerbo fondante degli ultimi istanti da viva della donna sta allora proprio nell’incontro verbale (ma intuiamo anche carnale) che ha con il giovane, presenza ultima di una Provvidenza laica che reclama un decisivo, accorato e implorante bisogno d’amore.
Con questa trilogia drammatica Lombardi ci consegna due sacrosante realtà che hanno senso tanto nella letteratura, ossia nel mondo di carta, della finzione e proiezione del vissuto, quanto nel mondo concreto di esseri che vivono più ruoli al contempo scambiandosi maschere più o meno piacevoli e battendosi per l’osservanza dei diritti inalienabili. La prima è quella che recita «Volevo apportare qualcosa di nuovo. Un intellettuale/ se non fa i conti con il reale non vale niente. Niente» ed è quello che Lombardi ha fatto egregiamente e con onestà con la stesura di questi brani teatrali. L’altra è tutta dedicata alla fumosità e alla impalpabilità del genio creativo e artistico, impossibile da contenere e difficilmente ravvisabile se non si utilizzano le lenti del cuore: «L’ingegno il più delle volte è una scrittura sull’acqua/ del fiume». Quello di Lombardi è per nostra fortuna impresso in questo volume.
[2] Virginia Woolf ebbe modo di parlare dell’argomento in più circostanze; ne troviamo traccia soprattutto nelle annotazioni dei suoi diari personali e in qualche epistola del suo immenso carteggio conservato, tra cui in una di esse leggiamo: «Quando anni fa Bernard Shaw si disse disposto a scrivere una prefazione a un libro di mio marito, rifiutammo; perchè se un libro è degno di essere pubblicato, è meglio che si regga sulle proprie gambe» (Estratto di una lettera di Virginia Woolf alla signora Easdale datata 8 gennaio 1935, pubblicata in Virginia Woolf, Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura, a cura di Federico Sabatini, Minimum Fax, Roma, 2014, p. 105.
L’Associazione Culturale Poetikanten in unione con la rivista di letteratura “Euterpe” e Deliri Progressivi organizza il 2° Concorso Nazionale di Letteratura “Ponte Vecchio”.
Il concorso è articolato nelle seguenti sezioni
A) Poesia in italiano o in dialetto a tema libero
(Nel caso di invio di testi in dialetto si dovrà inviare anche la relativa traduzione in italiano)
B) Racconto breve in italiano a tema libero
C) Saggio-Articolo si può partecipare con articoli e saggi di filosofia, letteratura, linguistica e di ogni altra branca delle scienze umane.
D) Recensione si partecipa con una recensione di un libro di qualsiasi genere e periodo con l’accortezza di indicare all’inizio queste informazioni: titolo del libro, autore, casa editrice, anno.
I testi presentati al concorso non dovranno aver ottenuto un riconoscimento da podio (1°, 2°, 3° premio) in un precedente concorso letterario.
Per la sezione poesia, si potrà partecipare con un massimo di 3 poesie, rigorosamente non superiori ai 30 versi ciascuna.
Per la sezione racconto si potrà partecipare con 1 solo racconto che rientri nella lunghezza massima di 4 cartelle (1800 battute spazi inclusi a cartella).
Per la sezione saggio-articolo-recensione si potrà partecipare con 1 solo testo che rientri nella lunghezza massima di 4 cartelle (1800 battute spazi inclusi a cartella).
Per la sezione recensione si potrà partecipare con 1 solo testo che rientri nella lunghezza massima di 4 cartelle (1800 battute spazi inclusi a cartella).
Quale tassa di partecipazione è richiesto il pagamento di una tassa di 10€ a sezione. È possibile partecipare a più sezioni corrispondendo per ciascuna la relativa quota di partecipazione.
Per la corretta partecipazione, è richiesto di inviare entro e non oltre il 30 novembre 2015 solo in forma digitale (in formato Word) all’indirizzo internetpremiopontevecchio@gmail.com i propri testi anonimi, corredati della scheda di partecipazione compilata in ogni sua parte e la ricevuta del pagamento effettuato.
Il pagamento dovrà avvenire con una delle seguenti modalità:
Bollettino postale: CC n° 001014268401
INTESTAZIONE: Iuri Lombardi CAUSALE: 2° Premio di Letteratura “Ponte Vecchio”
INTESTAZIONE: Iuri Lombardi CAUSALE: 2° Premio di Letteratura “Ponte Vecchio”
La ricevuta del pagamento dovrà essere inviata insieme ai propri testi e al modulo di partecipazione.
Non verranno accettate opere che presentino elementi razzisti, denigratori, pornografici, blasfemi o d’incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione di ciascun tipo.
La Commissione di giuria è composta da poeti, scrittori, critici ed esponenti del panorama culturale e letterario:
I presidenti hanno diritto di voto a tutte le sezioni del concorso.
Il giudizio della Giuria è ultimo, definitivo e insindacabile.
Verranno premiati i primi tre vincitori per ciascuna sezione. Il Premio consisterà in:
Primo premio: targa, diploma con motivazione della giuria e 100€.
Secondo premio: targa, diploma con motivazione della giuria e libri.
Terzo premio: targa, diploma con motivazione della giuria.
La Giuria procederà inoltre a nominare delle Menzioni d’Onore, delle Segnalazioni e dei Premi Speciali come ulteriori riconoscimenti ad altrettanti scrittori delle quattro sezioni.
La Giuria si riserva di non assegnare i tre premi consecutivi per le sezioni che non avranno avuto una soddisfacente partecipazione quantitativa, predisponendo laddove se ne ravvisi la necessità all’attribuzione di Menzioni d’Onore o Segnalazioni.
I vincitori sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione per ritirare il premio. In caso di impossibilità, la targa/coppa e il diploma potranno essere spediti a casa dietro pagamento delle spese di spedizione, mentre i premi in denaro non verranno consegnati e saranno incamerati dagli enti organizzatori per future edizioni del Premio.
Tutti i testi dei vincitori, dei selezionati e dei menzionati a vario titolo saranno pubblicati nel volume antologico che sarà presentato nel corso della premiazione.
La cerimonia di premiazione si terrà a Firenze in un fine settimana nella primavera del 2016. A tutti i partecipanti verranno fornite con ampio preavviso tutte le indicazioni circa la premiazione.
Come per la passata edizione del Premio, parte dei proventi derivanti dalla vendita dell’antologia del premio saranno destinati a finanziare la ricerca scientifica e verranno donati alla Fondazione dell’Ospedale Meyer di Firenze.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione di tutti gli articoli che compongono il bando. Il partecipante acconsente all’autorizzazione al trattamento dei dati personali; si garantisce che questi saranno utilizzati esclusivamente ai fini del concorso e nell’ambito delle iniziative promosse dalla Associazione Poetikanten per la legge 675 del 31/12/96 e D.L. 196/03
Marzia Carocci Lorenzo Spurio
Presidente del Premio Presidente di Giuria
2° PREMIO DI LETTERATURA “PONTE VECCHIO”
Scheda di partecipazione
La presente scheda compilata è requisito fondamentale per la partecipazione al concorso. Alla scheda va, inoltre, allegata l’attestazione del pagamento della relativa tassa di lettura e il tutto va inviato a premiopontevecchio@gmail.com entro e non oltre il 30-11-2015.
Firma________________________________ Data ______________________________
□ Acconsento al trattamento dei dati personali qui riportati in conformità a quanto indicato dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali (D. Lgs. 196/03) e solo relativamente allo scopo del Concorso in oggetto.
□ Dichiaro che il/i testi che presento è/sono frutto del mio ingegno e che ne detengo i diritti a ogni titolo.
Firma_________________________________ Data _____________________________
Sinossi: La presente antologia, primo volume dell’iniziativa lanciata dalla rivista di letteratura “Euterpe” per una nuova cultura, volta a dedicare ogni anno una edizione collettanea a un dato autore, è stata dedicata a Leonardo Sciascia e porta quale sottotitolo “cronista di scomode realtà”. Il volume si apre con una nota di Martino Ciano (redattore di “Euterpe” e curatore del volume) alla quale segue la prefazione del poeta e scrittore Nazario Pardini.
Nella sezione poesia sono raccolti testi di Emanuele Marcuccio, Daniele Barbisan, Giorgina Busca Gernetti, Lucia Rita Carfagno, Osvaldo Crotti, Michela Zanarella, Sebastiano Impalà, Valentina Sensi, Maria Antonietta Filippini, Leonardo D’Amico, Catello Di Somma, Davide Lucarelli; nella sezione racconto sono presenti testi di Pasquale Faseli, Samuele Mazzotti, Corrado Calabrò, Sebastiano Plutino, Francesco Paolo Catanzaro, Luisa Bolleri, Nicola Giannini, Enrica Santoni, Giuseppe Barcellona; per la sezione saggistica interventi di Luca Rachetta, Lorenzo Spurio e Iuri Lombardi.
Il volume si chiude con una preziosa nota critica del poeta e scrittore Antonio Spagnuolo.
Domenica 19 aprile 2015 a Bagheria (PA) presso Palazzo Cutò, ospiti della Associazione Bagnera, si presenterà il volume antologico dedicato a Leonardo Sciascia. L’evento è libero al pubblico che è caldamente invitato a partecipare e intervenire. Durante la serata sarà possibile acquistare il summenzionato volume.
RISVEGLI: Il pensiero e la coscienzaTracciati lirici di impegno civile.
La poesia contempla al suo interno, da quando è nata, una infinità di generi e di forme espressive che sono state coltivate da autori che hanno reso grande la letteratura nazionale e mondiale e che hanno dato viva testimonianza di come il sentimento, pur mesto e indignato, possa trovare manifestazione concreta nelle parole. La poesia civile nasce in tempi lontanissimi con le prime epigrafi ed attestazioni dei poeti greci di cui si tramandano per lo più frammenti e con il passare del tempo, salvo pochi autori quasi mai di spessore editoriale ma contenutistico, ha vissuto tempi alterni di fama e di discredito perché spesso la si è voluta stringere in maniera indecorosa dentro schemi ideologici che hanno affossato autori all’interno di determinate schiere politiche. Crediamo che la poesia civile, se ben fatta e se pensata con una finalità unica che è quella di declamare una realtà denunciandone i difetti, le mancanze e le storture, possa avere anche nel nostro oggi un significato. Non un elemento di compatimento generale né di un pacifico sit-in di parole, piuttosto un velo di Maya che viene squarciato e che permette agli occhi più restii, quelli meno sensibili e filantropici, di vivere non solo il dramma personale, ma quello della collettività. La collettività è l’espressione plurale di un sentire singolo, soggettivo, privato che vive la necessità di un raffronto, un colloquio, una considerazione. PoetiKanten Edizioni ha voluto lanciare l’iniziativa di una antologia di poesia civile la cui partecipazione alla selezione di materiale è regolata dal presente bando di partecipazione.1. Si partecipa alla selezione inviando unicamente testi di poesia a tematica civile che abbiano, cioè, un chiaro interesse sociale e che dimostrino un interesse verso fatti di cronaca accaduti, situazioni di disagio, marginalità ed indigenza, crisi economica, ingiustizia, forme di sopraffazione e tutto ciò che può rientrare all’interno di un interesse civico ed etico dell’uomo nel mondo. 2. Si partecipa alla selezione di poesie gratuitamente. Coloro che poi verranno selezionati per la pubblicazione saranno tenuti all’acquisto di tot copie a prezzo fisso secondo le modalità di seguito elencate. 3. Ogni poeta potrà inviare un massimo di 3 poesie in formato Word (ciascuna poesia non dovrà superare i 30 versi di lunghezza, eccettuati spazi tra le strofe e il titolo), accompagnate da un proprio profilo bio-bibliografico di massimo 25 righe Times New Roman p.t 12 e con un file contenente i propri dati personali (nome, cognome, indirizzo di residenza, numero di telefono, mail e l’autorizzazione contenuta al punto 4 del presente bando). 4. L’autorizzazione da includere nella scheda dei dati è la seguente: “Dichiaro sotto la mia responsabilità che i presenti testi sono frutto del mio unico ingegno e che, pertanto, sono io l’unico autore. Dichiaro, inoltre, che detengo i diritti sui presenti testi ad ogni titolo”. 5. I materiali dovranno essere inviati a mezzo posta elettronica all’indirizzo poetikantenedizioni@gmail.com entro il 10 giugno 2015. 6. L’antologia verrà pubblicata da PoetiKanten Edizioni nel corso del 2015 e presenterà un numero di autori non inferiore a 30. La curatela del progetto sarà dei poeti e scrittori Marzia Carocci, Lorenzo Spurio e Iuri Lombardi. 7. Gli autori che verranno selezionati per l’antologia verranno contattati a mezzo mail a partire da Settembre 2015 e agli stessi verrà richiesto di sottoscrivere un modulo di liberatoria che acconsenta alla pubblicazione delle poesie assieme all’attestazione di impegno di acquisto di 3 copie della antologia a prezzo complessivo di 30 € (spese di spedizione con raccomandata incluse). 8. È richiesto di inviare materiale moralmente responsabile, ossia che non offenda l’etica, la religione e che non sia portavoce di discriminazioni di ciascun tipo. 9. L’antologia, dotata di regolare codice ISBN verrà messa sul mercato e diffusa anche attraverso i siti di vendita dei libri. Sarà cura dell’organizzazione far sapere agli autori presenti in antologia le indicazioni inerenti alla presentazione del volume al quale sono caldamente invitati a partecipare. 10. La partecipazione alla selezione di materiale per l’antologia in oggetto è regolata dal presente bando di concorso che, chi vi partecipa, ha letto e sottoscrive integralmente.Info: poetikantenedizioni@gmail.com
La segnalazione della IV edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” sul blog della poetessa e scrittrice Valentina Meloni (giurata nello stesso). Grazie!
L’Associazione Culturale PoetiKanten in collaborazione con la rivista di letteratura “Euterpe”, Deliri Progressivi con l’Alto Patrocinio della Universum Academy – Switzerland e il Patrocinio della Regione Marche, della Provincia di Ancona, dei Comuni di Ancona, Jesi e Senigallia, bandisce la IV edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” che destinerà parte dei fondi alla Fondazione “G. Salesi” Onlus di Ancona che supporta l’attività di ricerca relativa al bambino ospedalizzato.
La partecipazione è articolata dal presente bando.
Il concorso è articolato in due sezioni, entrambe a tema libero:
Sez. A – poesia in lingua italiana
Sez. B – poesia in dialetto (accompagnata da relativa traduzione in italiano)
Le poesie potranno essere edite o inedite, ma non dovranno aver ottenuto un primo premio in un precedente concorso.
Si partecipa con un massimo di tre poesie per ciascuna sezione e ognuna non dovrà superare il limite dei 30 versi (eccettuato gli spazi tra le strofe e il titolo).
Quale tassa di partecipazione è richiesto il pagamento di 5€ per ciascuna poesia presentata. Il pagamento dovrà avvenire con una delle modalità descritte al punto 6 del bando.
Il partecipante deve inviare entro e non oltre la data di scadenza fissata al 15 maggio 2015 alla mail arteinversi@gmail.com le poesie con le quali intende concorrere (rigorosamente in formato Word), il modulo di partecipazione compilato e la ricevuta del pagamento.
In alternativa, l’invio di detto materiale potrà essere effettuato in cartaceo, mediante posta ordinaria, e dovrà essere inviato a:
IV Premio Naz.le di Poesia “L’arte in versi”
c/o Dott. Lorenzo Spurio
Via Toscana 3
60035 – Jesi (AN)
Per l’invio mediante posta tradizionale farà fede la data del timbro postale.
Il pagamento potrà avvenire con una delle seguenti modalità:
Bollettino postale:CC n° 1014268401
Intestato a IURI LOMBARDI – Causale: IV Premio di Poesia “L’arte in versi”
Intestato a IURI LOMBARDI – Causale: IV Premio di Poesia “L’arte in versi”
Non verranno accettate opere che presentino elementi razzisti, denigratori, pornografici, blasfemi o d’incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione di ciascun tipo.
La Commissione di Giuria è composta da esponenti del panorama letterario nazionale:
Lorenzo Spurio (scrittore, critico letterario, Direttore Rivista di letteratura Euterpe), Iuri Lombardi, (poeta e scrittore, presidente dell’Ass. PoetiKanten), Annamaria Pecoraro (poetessa, scrittrice, Direttrice di Deliri Progressivi), Marzia Carocci (poetessa e recensore), Michela Zanarella (poetessa, scrittrice e giornalista), Susanna Polimanti (scrittrice e recensore), Emanuele Marcuccio (poeta e curatore editoriale), Salvuccio Barravecchia (poeta e scrittore), Martino Ciano (scrittore e giornalista), Lella De Marchi (poetessa e scrittrice), Valentina Meloni (poetessa, scrittrice e recensore), Elvio Angeletti (poeta) e Giuseppe Guidolin (poeta).
Verranno premiati i primi tre poeti vincitori per ciascuna sezione. I premi consisteranno in:
Primo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e 200€
Secondo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e 100€
Terzo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e libri.
La Giuria inoltre procederà a individuare ulteriori premi che saranno indicati quali “Premi alla Carriera Poetica”, “Menzione d’onore” e “Segnalati dalla Giuria” per la buona qualità delle loro opere ai quali verrà riconosciuto apposito diploma o targa. La Universum Academy – Switzerland che patrocina l’iniziativa culturale fornirà una targa in oro 24k che verrà donata a un partecipante che si sarà distinto per particolare merito nella presente edizione del Premio.
La cerimonia di premiazione si terrà sabato 14 novembre 2015 a partire dalle 17:30 nella Sala Maggiore del Palazzo dei Convegni di Jesi (AN) in Corso Matteotti 19 (Centro Storico). A tutti i partecipanti verranno fornite con ampio preavviso tutte le indicazioni circa la premiazione.
I vincitori sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione per ritirare il premio. In caso di impossibilità, la targa/coppa e il diploma potranno essere spediti a casa dietro pagamento delle spese di spedizione, mentre i premi in denaro non verranno consegnati e saranno incamerati dagli enti organizzatori per future edizioni del Premio. La targa in oro messa a disposizione dalla Universum Academy – Switzerland dovrà essere necessariamente ritirata il giorno della Premiazione.
Tutti i testi dei vincitori, dei menzionati e dei segnalati dalla Giuria verranno pubblicati nel volume antologico regolarmente dotato di codice ISBN che sarà presentato nel corso della premiazione.
Il Premio di Poesia “L’arte in versi”, da sempre sensibile alle tematiche sociali, devolverà parte dei proventi derivanti dalla vendita delle antologie alla Fondazione “G. Salesi” Onlus di Ancona che supporta l’attività di ricerca relativa al bambino ospedalizzato, con particolare riferimento alle problematiche psicologiche e psicopedagogiche, al miglioramento della qualità di vita del periodo di degenza ospedaliera dei bambini e delle loro famiglie, all’attuazione di tutte le iniziative volte a favorire i contatti tra l’ospedale e l’ambiente esterno.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione di tutti gli articoli che compongono il bando.
□ Acconsento al trattamento dei dati personali qui riportati in conformità a quanto indicato dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali (D. Lgs. 196/03) e solo relativamente allo scopo del Concorso in oggetto.
□ Dichiaro che il/i testi che presento è/sono frutto del mio ingegno e che ne detengo i diritti a ogni titolo.
Firma____________________________________ Data _________________________________
Come previsto dal bando di partecipazione della III Edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, la cui premiazione si è svolta lo scorso 15 nov. a Firenze, si è provveduto ad inviare alla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) in versamento mediante bollettino postale i fondi raccolti derivanti dalla vendita della antologia con le poesie vincitrici, menzionate e segnalate.
A continuazione la foto del versamento effettuato e la lettera di accompagnamento che verrà inviata in cartaceo alla FISM con copia della antologia.
Per chi fosse interessato ad acquistarne una copia, il costo è di 15 € comprensivo di spese di spedizione a mezzo raccomandata e deve scrivere a arteinversi@gmail.com
Ricordiamo che l’iniziativa concorsuale era patrocinata dai Comuni di Roma, Brescia, Jesi (AN) e Dronero (CN).
Vi aspettiamo a Gennaio con la nuova edizione del Premio!
Lorenzo Spurio
Presidente del Premio Naz.le di Poesia “L’arte in versi”
Verranno conferiti inoltre medaglie e diplomi alle Menzioni d’Onore e ai Segnalati le cui poesie saranno pubblicate nella antologia del premio. I proventi derivanti dalla antologia del Premio saranno donati alla Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM).
L’Associazione Culturale Poetikanten in unione con la rivista di letteratura “Euterpe” e Deliri Progressivi organizza il 1° Concorso Nazionale di Letteratura “Ponte Vecchio”.
2. Il concorso è articolato in due sezioni a tema libero (poesia e racconto) e una a tema imposto (articolo/saggio):
a) Poesia in lingua italiano o in dialetto (accompagnata da relativo testo tradotto in italiano)
b) Racconto breve in italiano o in dialetto (accompagnato da relativo testo tradotto in italiano)
c) Articolo / Saggio breve in italiano su un autore/opera contemporaneo/a della letteratura italiana o straniera (Si considera contemporaneo in questo senso a partire dai primi del ‘900 ad oggi).
I testi presentati al concorso potranno essere inediti o editi, ma non dovranno aver ottenuto un riconoscimento in un precedente concorso letterario.
Per la sezione poesia, si potrà partecipare con un massimo di 3 poesie, rigorosamente non superiori ai 30 versi ciascuna.
Per la sezione narrativa si potrà partecipare con 1 solo racconto che rientri nella lunghezza massima di 4 cartelle (1800 battute spazi inclusi).
Per la sezione articolo/saggio breve si potrà partecipare con 1 solo testo che rientri nella lunghezza massima di 4 cartelle (1800 battute spazi inclusi).
Quale tassa di partecipazione è richiesto il pagamento di una tassa di 10€. E’ possibile partecipare a più sezioni corrispondendo per ciascuna sezione la relativa quota di partecipazione.
Per la corretta partecipazione, è richiesto di inviare entro e non oltre il 30 novembre 2014solo in forma digitale (in formato Word o Pdf) all’indirizzo internet premiopontevecchio@gmail.com i propri testi corredati della scheda di partecipazione compilata in ogni sua parte e la ricevuta del pagamento effettuato.
Il pagamento potrà avvenire con una delle seguenti modalità:
Bollettino postale: CC n° 001014268401
INTESTAZIONE: Iuri Lombardi – CAUSALE: 1° Premio di Letteratura “Ponte Vecchio”
INTESTAZIONE: Iuri Lombardi – CAUSALE: 1° Premio di Letteratura “Ponte Vecchio”
La ricevuta del pagamento dovrà essere inviata insieme ai propri testi e al modulo di partecipazione.
Non verranno accettate opere che presentino elementi razzisti, denigratori, pornografici, blasfemi o d’incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione di ciascun tipo.
La Commissione di giuria è composta da poeti, scrittori, critici ed esponenti del panorama culturale e letterario:
Sez. Articolo/Saggio: Jacopo Chiostri, Rita Barbieri, Francesco Martillotto, Fabio Fratini.
10. Verranno premiati i primi tre poeti vincitori per ciascuna sezione. Il Premio consisterà in:
Primo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e 100€.
Secondo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e libri.
Terzo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria.
La Giuria si riserva di non assegnare i tre premi consecutivi per le sezioni che non avranno avuto una soddisfacente partecipazione quantitativa.
La Giuria inoltre procederà a nominare dei selezionati e dei menzionati speciali per la buona qualità delle loro opere ed ulteriori premi potranno essere attribuiti a discrezione del giudizio della Giuria.
11. I vincitori sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione per ritirare il premio. In caso di impossibilità, la targa/coppa e il diploma potranno essere spediti a casa dietro pagamento delle spese di spedizione, mentre i premi in denaro non verranno consegnati e saranno incamerati dagli enti organizzatori per future edizioni del Premio.
12.Tutti i testi dei vincitori, dei selezionati e dei menzionati a vario titolo saranno pubblicati nel volume antologico che sarà presentato nel corso della premiazione.
13. La cerimonia di premiazione si terrà a Firenze in un fine settimana di Marzo 2015. A tutti i partecipanti verranno fornite con ampio preavviso tutte le indicazioni circa la premiazione.
14. Parte dei proventi derivanti dalla vendita dell’antologia del premio saranno destinati a finanziare la ricerca scientifica e verranno donati alla Fondazione dell’Ospedale Meyer di Firenze.
15. La partecipazione al concorso implica l’accettazione di tutti gli articoli che compongono il bando. Il partecipante acconsente all’autorizzazione al trattamento dei dati personali; si garantisce che questi saranno utilizzati esclusivamente ai fini del concorso e nell’ambito delle iniziative promosse dalla Ass. Poetikanten per la legge 675 del 31/12/96 e D.L. 196/03
Marzia Carocci – Presidente del Premio
Lorenzo Spurio – Presidente di Giuria
1° PREMIO DI LETTERATURA “PONTE VECCHIO”
Scheda di Partecipazione
La presente scheda compilata è requisito fondamentale per la partecipazione al concorso. Alla scheda va, inoltre, allegata l’attestazione del pagamento della relativa tassa di lettura e il tutto va inviato a premiopontevecchio@gmail.com entro e non oltre il 30-11-2014.
con il/i testo/i dal titolo/i__________________________________________________ ________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Firma____________________________ Data __________________________
□ Acconsento al trattamento dei dati personali qui riportati in conformità a quanto indicato dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali (D. Lgs. 196/03) e solo relativamente allo scopo del Concorso in oggetto.
□ Dichiaro che il/i testi che presento è/sono frutto del mio ingegno e che ne detengo i diritti a ogni titolo.
Firma____________________________ Data __________________________