Restare nelle crepe delle cose
dove entra la luce
nelle cicatrici
dove trovano riparo le verità.
Restare nel sedimentare e nel redimere
nell’impossibilità del perdono
nella forza residua e testarda
di un antico suono.
Restare in quel vissuto
intenso, denso, assoluto
che è l’inizio di ogni cosa
In chi ti somiglia non negli occhi
Ma nel respiro.
Restare come destino
per chi custodisce come reliquie
avanzi di cibo e di vino.
Restare per avvertire il petricore
Una domenica mattina
sotto un cielo di teatro e di stupore
affacciato su questo nulla
E costretto all’essenziale.
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