“Lettere mai lette” di Susanna Polimanti, recensione di Lorenzo Spurio

Lettere mai lette
di Susanna Polimanti
Kimerik, Patti (ME), 2010
Pagine: 71
ISBN: 978-88-6096-548-6
Costo: 12 €
 
Recensione di Lorenzo Spurio

  

Ma la vita ti riserva grandi gioie e grandi dolori e per ogni momento felice che ci regala ce ne riserva altrettanti tristi. (p. 59)

 untitledSusanna Polimanti, amica, bibliofila e scrittrice, ha esordito nel mondo della letteratura attiva con la pubblicazione di “2 Cuori…una cuccia!!” (Lulu, 2009) ed ha pubblicato poi “Lettere mai lette” (Kimerik, 2010) e il romanzo ampiamente autobiografico “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011).

“Lettere mai lette”, di cui mi occuperò in questa recensione, è un libro particolare nel senso che sembrerebbe un tentativo dell’autrice di rompere il legame tra privato e pubblico nel suo percorso di crescita. L’opera, infatti, si costituisce di una serie di lettere che Susanna ha scritto in diversi momenti della sua vita ed indirizzate a varie persone dalle quali traspaiono sentimenti, tormenti interiori, una profonda solitudine, ma anche l’amore per la vita, per la semplicità, per gli affetti sinceri. Chiaramente i destinatari non sono indicati espressamente, ma chi ha conosciuto da vicino Susanna non farà difficoltà a comprendere a chi erano dedicate queste missive.

La scrittura si configura –come lei stessa ha modo di osservare spesso nei suoi scritti- come una necessità dominante alla quale non si può sottrarre e questo si evince anche dalla presente raccolta epistolare che, appunto, dimostra quanto il legame tra Susanna e la penna non sia qualcosa di recente, ma di profondamente radicato già a partire dall’infanzia. Chi scrive qualcosa può avere in mente qualsiasi cosa, può trasporre il vero, cioè quello che ha realmente vissuto e sperimentato sulla sua pelle, può trasfiguralo o addirittura fingere, camuffare e inventare di sana pianta. Non è mai dato al lettore sapere quanto l’autore abbia lavorato di fantasia, quanto si sia dedicato alla costruzione di fiction piuttosto che incanalare tra le righe semplici esperienze realmente appartenutegli, dunque questo discorso vale anche per questa opera di Susanna. È senz’altro lecito chiedersi se la Susanna protagonista delle lettere che si caratterizza per grande attaccamento alla figura paterna, sincerità, animo profondamente generoso, adolescenza a tratti sprofondata in momenti di tormento e solitudine, sia manifestazione diretta della Susanna donna. È una questione che al lettore non deve importare più di tanto, ma ciò che deve tenere in considerazione, da subito, da quando cioè apre il libro e si tuffa in questa lettura interessante e senz’altro piacevole, è capire che queste lettere, come indica il titolo dell’opera, non sono mai state lette.

Perché? Perché il momento in cui la protagonista vive non si sente talmente coraggiosa di comunicare certi messaggi agli altri e quello che scrive rimane dunque muto? Perché spesso è preferibile sfogarsi con se stessi, stendere nero su bianco i propri tormenti, per ricavarne un lenitivo e fare pace con se stessi? Oppure non sono state lette nel senso che il messaggio recondito delle missive in realtà è stato mandato a quei destinatari, ma per un qualche motivo non è stato colto? Le possibilità qui evocate possono coesistere e, ad ogni modo, ciò che preme sottolineare è che queste lettere, mancando del destinatario, finiscono per essere delle pagine di un diario personale di cui l’autrice ci fa confessione.

Tra le varie lettere ritroviamo l’amore indiscusso per il padre, il dolore per la perdita dell’amica e anche per quella dell’amico a quattro zampe Strauss, a cui è dedicato interamente il primo libro di Susanna, alcuni episodi della vita universitaria e lettere d’amore, altre di rifiuto a proposte d’amore. Tra le righe si legge una grande devozione a Dio e la considerazione della famiglia quale ricchezza terrena e baluardo di difesa; l’amore e l’amicizia sono le torri imperscrutabili dell’universo di Susanna sulle quali si ergono due vessilli che sventolano con forza: la generosità e il vitalismo.

A questo punto chiedo al lettore di scusarmi se posso sembrare contraddittorio con quanto ho testé detto, ma posso assicurare che entrambi questi vessilli che sventolano alti in questo cielo metaforico non sono altro che due delle sfaccettature dell’animo di Susanna. È in quel cielo che a tratti sa essere terso, altre volte nebbioso o addirittura in rivolta, che la protagonista-autrice anela a perdersi: “Vorrei essere un’aquila per volare più in alto, per far piovere su di te la mia calda energia, piena di affetto per te” (47). E l’aquila, che pure ritroviamo –non a caso- nell’ultima produzione letteraria di Susanna, il romanzo dal titolo “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011), è forse immagine-metafora della stessa autrice, una donna forte e dalla tempra battagliera, che è lì in alto, ad osservare imperscrutata, a volteggiare nel cielo godendosi la sua libertà.

L’operazione fatta da Susanna con la raccolta di missive è coraggiosa ed encomiabile, perché queste lettere, ripulite da nomi dei destinatari, riferimenti toponomastici e date, tornano a vivere e a trasmettere significati e sentimenti che sono universali.

Riaprire un cassetto e ripescare qualcosa del passato è sempre un’azione positiva. Il processo intellettivo della memoria, azionato da immagini e suggestioni, è in grado di far strada battuta al veloce carro delle emozioni.

 

Lorenzo Spurio

-scrittore, critico letterario-

  Jesi, 18 Agosto 2013

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONFERE E/O PUBBLICARE LA PRESENTE RECENSIONE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

Cinderella theme: due storie a paragone

Elisa di Rivombrosa (2003) e Pamela (1740) hanno ben poco in comune.  La regista Cinzia T.H. Torrini ha espressamente riconosciuto che la sua serie televisiva per Mediaset intitolata Elisa di Rivombrosa e trasmessa nel 2003 era basata sul personaggio di Pamela dell’omonimo romanzo di Samuel Richardson (1689-1761). Ci sono varie comunanze tra i due personaggi femminili e tra le due storie narrate ma sono allo stesso tempo molto diverse tra loro.  Il primo elemento d’unione, il più vistoso e quello che salta all’occhio più velocemente, è che entrambe le donne sono delle serve. Entrambe appartengono ai bassi strati della società e sono impiegate come membro della servitù al servizio di un signore: il conte Fabrizio Ristori in Elisa di Rivombrosa e Mr. B. in Pamela. Entrambe le storie presentano il Cinderella theme (tema di Cenerentola) ossia un’iniziale situazione d’impostura tra un uomo potente e nobile e una donna povera o serva che passa poi alla ricompensa finale contraddistinta dall’unione amorosa dei due.

Un altro elemento di contatto tra le opere è che ci troviamo di fronte a due donne modeste, remissive ma che cercano di preservare in maniera accanita la loro virtù più grande, ossia la verginità.

In Elisa di Rivombrosa, Elisa Scalzi rinominata dalla servitù della tenuta di Rivombrosa come Elisa di Rivombrosa è al servizio dei Ristori, i nobili della tenuta. In maniera particolare Elisa si occupa dell’anziana contessa Agnese e è la sua dama di compagnia. Il figlio della contessa, il conte Fabrizio Ristori, rimane affascinato dalla sua bellezza e di tutta prima crede che sia un membro dell’aristocrazia. S’interessa a lei ma quando scopre che è una serva della sua tenuta, cerca di ottenerla non in modo romantico ma con la forza, tentando più volte di stuprarla. Secondo il conte Ristori, tutto ciò che è racchiuso dal fastoso palazzo di Rivombrosa gli appartiene: le stanze, la biblioteca, l’aria, la servitù e quindi anche lei.  Nella serie televisiva vengono presentate varie vicende tra le quali la morte della contessa Agnese, la corruzione del marchese Alvise Radicati, cognato del conte Fabrizio e la congiura dei nobili piemontesi contro il re. Nel corso di queste vicende, parallelamente, viene descritto il rapporto tra Elisa e il conte Fabrizio che, partito da un’iniziale astio e odio, si tramuta in interessamento fino ad arrivare all’amore. La serie televisiva mette in scena la storia d’amore tra Elisa e il conte Fabrizio.  Le serie televisive successive: Elisa di Rivombrosa – II stagione (2005) e La figlia di Elisa (2007) sono dei sequel della prima serie e spostano l’attenzione ad altri avvenimenti che seguono alla morte del conte Fabrizio Ristori.

 

Il romanzo di Samuel Richardson (1689-1761) Pamela, porta come sottotitolo The Virtue Rewarded ossia la virtù premiata e venne pubblicato nel 1740. Si tratta di un romanzo epistolare cioè che si basa sullo scambio di una serie di lettere, la maggior parte delle quali scritte dalla stessa Pamela Andrews.

Pamela è una ragazza molto bella che lavora come serva per Lady B. e alla morte di questa passa al servizio di suo figlio Mr. B. Similmente a Fabrizio Ristori, Mr. B. è molto attratto da Pamela e cerca di averla con la forza, cercando di stuprarla in più di un’occasione. Quando Mr. B. capisce che non l’avrà mai con la violenza, comincia a corteggiarla dolcemente e ben presto Pamela s’innamora di lui.  Mr. B. riuscirà a sposare Pamela solamente dopo due richieste di matrimonio fattole.[1]

Al termine della storia i due si sposano e vivono felici e contenti. Pressappoco come avviene in Elisa di Rivombrosa. Entrambe le spose, ex serve e di umili origini, vengono inoltre accettate dall’ambiente dell’epoca (dalla nobiltà piemontese in Elisa, dall’ambiente aristocratico anglosassone in Pamela).

Queste le due storie e i punti di contatto. Elisa di Rivombrosa sembra essere una storia molto più patinata, con la presenza di una sfarzosa e potente nobiltà[2], fastosi palazzi, congiure di palazzo contro la monarchia ed inganni. In effetti la coppia Elisa-Fabrizio Ristori godrà di un brevissimo periodo di pace dopo il loro matrimonio perché ben presto si presenteranno nuovi conflitti, odi, rancori, congiure e contrasti militari nei quale il conte Fabrizio Ristori, nobile ligio al dovere e alla monarchia e per questo scomodo a molti nobili spregiudicati e irrispettosi della Corona, sarà coinvolto e dove troverà la morte.

Va inoltre ricordato che le due storie hanno ambientazioni temporali e spaziali estremamente differenti. Elisa di Rivombrosa è ambientato in Piemonte alla fine del 1700, sotto il regno di Carlo Emanuele III mentre Pamela è ambientato in Inghilterra, nel Bedfordshire, in un periodo di tempo imprecisato ma individuabile puritanesimo del  XVIII secolo.

La regista Cinzia T.H. Torrini ha sapientemente elaborato la storia creata da Richardson nel lontano 1740 fornendoci una storia accattivante, interessante e ricca di intrighi, congiure e colpi di scena che fanno da contorno alla storia d’amore di Elisa e il conte Fabrizio Ristori.

 

LORENZO SPURIO

13-02-2011

 

 


[1] Va notato che anche Jane Eyre nell’omonimo romanzo di Charlotte Brontë (1816-1855) del 1847 acconsente a sposare Mr. Rochester solamente dopo due richieste di matrimonio. Questi romanzi mettono in risalto quanto il matrimonio fosse importante all’epoca e quanto una decisione di questo tipo necessitasse una grande fiducia nei confronti l’uomo oltre ad una completa convinzione. Non era dunque infrequente che la donna rifiutasse la prima richiesta di matrimonio. I rifiuti di matrimonio della donna, più che dei veri rifiuti, erano in effetti un modo per poter avere più tempo a disposizione per comprendere se era ciò che realmente voleva e, al tempo stesso, un modo per preservare la sua innocenza e verginità.

[2] Nell’opera la nobiltà piemontese è molte importante. Oltre alla famiglia dei Ristori, vengono presentati numerosi altri nobili (il conte Giulio Drago, il marchese Maffei, il Marchese Alvise Radicati, la marchesa Lucrezia Van Necker,..) e dei nobili si sottolineano pregi e difetti, vizi e virtù.