“Le assaggiatrici” di Rosella Pastorino, recensione di Gabriella Maggio

Recensione di Gabriella Maggio

9788807032691_quarta.jpg.444x698_q100_upscale.jpgLe assaggiatrici è il titolo del romanzo storico di Rosella Postorino, edito da Feltrinelli nel 2018. Sullo sfondo del nazismo s’inserisce la ancora poco nota vicenda delle donne che fanno da cavie a Hitler, assaggiando il cibo preparato per lui, da queste il titolo. La scrittrice si è ispirata alla storia di Margot Wölk, una delle assaggiatrici, morta poco prima di essere da lei intervistata.

Nella finzione narrativa la Postorino ricostruisce la storia di queste donne attraverso l’occhio della protagonista, Rosa Sauer berlinese, trasferitasi nel villaggio dei suoceri per sfuggire ai bombardamenti, e dove, invece di una relativa sicurezza e un recupero d’umanità, l’attende l’incredibile e scoraggiante ruolo di assaggiatrice. Sono le SS a reclutarle.

Il villaggio di Gross-Partsch si trova nella Prussia orientale, vicino alla Wolfsschanze, la Tana del Lupo, l’insieme di bunker seminascosto dalla foresta e dai Laghi Masuri, dove Hitler ha piazzato il comando del fronte orientale.

Rosa racconta la sua esperienza di assaggiatrice mescolandola con quella delle altre donne del gruppo con cui cerca con difficoltà di stabilire un qualche legame nell’ora che segue i pasti, in cui ciascuna aspetta di avvertire i sintomi dell’eventuale avvelenamento. Al presente si confondono ricordi del passato, della madre sarta, del padre ferroviere, del fratello minore a cui senza motivo ha morso una mano, dell’incontro e del breve matrimonio con Gregor, soldato sul fronte orientale, dichiarato disperso. Il tempo della narrazione frammentato dall’incastro tra passato e presente dà la misura dell’intermittenza della vita durante la guerra, tra bombe e veleni, tra assenza e speranza, tra annientamento e umiliazione e istinto vitale.

Si snoda prepotente il tema del senso di colpa della protagonista per il male compiuto direttamente ed indirettamente attraverso l’acquiescenza alla dittatura. Quella che l’aveva accomunato al suo popolo: Quella nazione gli si consegnava e lo dichiarava senza indugio …era il senso di appartenenza che rovesciava la solitudine nella quale chiunque nasca è confinato… Abbiamo vissuto dodici anni sotto una dittatura, e non ce ne siamo quasi accorti…Non c’era alternativa, questo è il nostro alibi…. Non sei immune da nessuna colpa politica, Rosa, le diceva il padre. Lavorare per Hitler, sacrificare la vita per lui: non era quello che facevano tutti i tedeschi?… Una morte da topi, non da eroi. Le donne non muoiono da eroi. Rosa non ha scelta nel diventare un tubo digerente per Hitler, ma l’ha nell’iniziare la relazione con l’ufficiale delle SS Albert Ziegler: Invece avevo camminato verso di lui perché ero una persona che poteva spingersi fino a lì, fino a quella vergogna…. niente alibi né giustificazioni, il sollievo di una certezza….Ogni eroismo mi sembrava assurdo, da anni.  

Le assaggiatrici, insignito del Premio Campiello e del Premio Rapallo per la donna, è coinvolgente, il ritmo serrato della scrittura essenziale e scarna, duttile nell’alternare narrazione, introspezione e dialogo, sollecita il lettore di pagina in pagina fino all’ultima intrigandolo emotivamente con la riflessione sulla responsabilità di ognuno di noi in ogni tempo e nella ricerca di quello che cementa il legame tra gli uomini.

Altrettanto interessanti i temi del cibo che da minaccioso pericolo diventa cemento di amicizia alla fine del libro e del canto consolatore, che Rosa intona in alcune occasioni.

GABRIELLA MAGGIO

 

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I morti sono morti: The Reader (2008)

«Cantami, o Diva, del Pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse…» é l’incipit dell’Odissea che è il filo conduttore del film The Reader del regista Stephen Daldry, adattamento cinematografico del romanzo di Bernhard Schlink. Hanna, la protagonista della pellicola, è analfabeta e si vergogna d’esserlo tanto da non dichiaralo alla Corte che la accusa di aver scritto il rapporto che poi la incriminerà della morte di oltre trecento ebrei nell’incendio di una chiesa. Già perché Hanna, impiegata alla Siemens, riceve una nuova proposta di lavoro come sorvegliante SS.

In occasione del processo, tra il pubblico, c’è il suo amore Michael che la rivede e rimane incredulo quando scopre che è stata un membro delle SS, una guardia a Auschwitz e che verrà accusata di crimini di guerra. Si erano conosciuti tempo addietro quando tornando da scuola Michael, allora quindicenne, si era sentito male ed era stato soccorso da Hanna. Misteriosa la scena del loro primo incontro che avviene al buio, nell’atrio di un portone e dei due all’inizio indoviniamo solo i profili senza distinguerli. La relazione tra Michael e Hanna, allora trentaseienne, è di breve durata ma tale da lasciare un segno indelebile nel cuore del ragazzo allora così giovane che da adulto sarà ancora ossessionato dal ricordo della donna. Hanna è condannata e in fondo il mistero del motivo delle sue azioni è sottolineato dalle inquadrature realizzate da dietro: di spalle, non vediamo il volto di Hanna. Accetta il suo castigo senza difendersi, dicendo che lasciare uscire i prigionieri sarebbe stato il caos, che il compito delle sorveglianti era ristabilire l’ordine e che erano responsabili del gruppo fino a domandare al giudice: «Lei cosa avrebbe fatto? Non avrei dovuto lasciare il posto alla Siemens?». Neanche Michael, che è al corrente del suo segreto, parlerà per salvarla perché non è la volontà della donna.

In carcere Hanna comincia ad imparare a leggere e a scrivere grazie a Michael che le invia cassette registrate con capolavori della letteratura perché in passato, quando si erano conosciuti, lui le faceva da lettore. Attraverso le pagine dell’Odissea di Omero, La Signora col cagnolino, L’amante di Lady Chatterley, Le Avventure di  Huckleberry Finn, Guerra e pace ecc. il legame tra i due riprende e tiene in vita Hanna dandole la forza di andare avanti.

Quando arriva il momento di uscire di prigione, come insegna la letteratura, specchio della vita, come avviene nell’Odissea che è soprattutto il libro in cui si sogna la casa, Hanna, che non avrà altra casa che la prigione, rivede Michael, ma lui la respinge, non sa e non può perdonarla. Alla domanda: «Hai ripensato al passato?» Lei risponde: «A noi?». «No» – incalza Michael, aspettando un pentimento, un senso di colpa. Ma Hanna replica – «A cosa dovevo pensare? I morti sono morti». «Cosa hai imparato?» chiede l’uomo: «Ho imparato a leggere».

Aveva detto anche «Nessuno deve chiedere perdono». E, dopo l’ultimo incontro con Michael, si uccide.

Non basterà alla figlia della donna (insieme erano state prigioniere nello stesso campo di concentramento di Hanna), che aveva testimoniato in Tribunale e che con il suo libro documento aveva avviato il processo, sapere che Hanna era analfabeta poiché ciò non la giustifica. Né le basterà il gesto di offerta da parte della donna della cifra messa da parte in prigione come risarcimento per il male compiuto. 

Film sull’Olocausto ma non solo. Film sulla lettura: quando Michael sta male dice della malattia che è noiosa, che non si riesca a fare nulla neanche leggere. Quindi leggere è vitale. Film sulla letteratura: la letteratura occidentale nasce dalla nozione principale di segretezza e il personaggio è colui che nasconde informazioni nobili o malvagie, film su Hanna quindi e sul suo segreto sulla capacità di “narrare” come ci dice Omero la vita delle persone. Film sul viaggio, come ci dice Omero, che è il viaggio della vita di Hanna. Film sul desiderio di ascoltare da parte di Hanna tanto che in campo di concentramento aveva delle preferite, delle giovani che obbligava a leggere per lei. Film sul desiderio di conoscenza che prosegue di pari passo con il desiderio sessuale, prima Michael leggerà qualcosa poi faranno l’amore. Hanna non sa né leggere né scrivere ma le piace ciò che ascolta, ne intuisce la forza e il richiamo, ne è commossa fino alle lacrime. Perché la parola detta è musica e la parola scritta è viatico nelle tenebre della vita. Hanna – ma perché poi solo lei deve pagare per quei delitti che riguardano la collettività? – riscatta, in parte, eleva la sua parte oscura, la sua parte ombra, la sua ottusità, la sua mancanza di morale con il bisogno di bellezza.

Tutte le sfumature del sentimento e non passano sul volto dell’indimenticabile Kate Winslet che quest’anno ha dominato gli schermi cinematografici anche con il bellissimo Revolutionary Road: stupore, vuoto, sorpresa, gioia, delusione, incredulità.

Vorrei sottolineare la recitazione del giovane tedesco David Kross ricca di sfumature e sul cui volto è possibile intravedere tutti i passaggi di sentimenti di un giovane adolescente dalla scoperta, conseguente accecamento del sesso, della bellezza di lei, al legame ossessivo finale.

Inquieto e soggiogato, Ralph Finnes dà credibilità al personaggio adulto di Michael. Alcune inquadrature belle e originali sottolineano momenti intensi della narrazione: la mano di Michael sul filo spinato quando si reca nel campo di concentramento è la rappresentazione del suo tentativo di cercare di capire; il posto ben ordinato e apparecchiato a tavola, piatto e posate ben squadrati, introducono il personaggio serio ed educato dell’avvocato interpretato da Finnes, oppure ancora i cerchi concentrici che il giovane Michael compie nuotando in acqua, cerchi inquadrati dall’alto dalla telecamera che si moltiplicano all’infinito come il senso della vita…

FAUSTA GENZIANA LE PIANE

Pubblicato sul suo blog il 15 Aprile 2011

FAUSTA GENZIANA LE PIANE è poetessa e traduttrice calabrese che vive a Roma. E’ iscritta all’Ordine dei giornalisti ed ha collaborato con Il Giornale d’Italia, la rivista Poeti e Poesia e Il Giornale del Lazio. E’ stata direttore editoriale della rivista Sabina-shire ed è attualmente direttrice della rivista Kenavò. Ha pubblicato varie raccolte di poesia tra cui Incontri con Medusa (2000), La notte per maschera (2003), La luna nel piatto (2004), Due per tre (2005), Non di solo pane..ma anche di poesia! (2009) e Gli steccati della mente (2009).

http://www.faustartepoesia.org/

faustagenzianalepiane@virgilio.it 

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