“Versi in-versi” di Ciro Imperato, commento del poeta E. Marcuccio

Versi in-versi di Ciro Imperato

TraccePerLaMeta Edizioni, 2014, pp. 110

ISBN: 978-88-98643-21-9

 

Commento di Emanuele Marcuccio[1]

130_Versi_in-versi_900Poesia dal ritmo spezzato ma ricca di respiro quella di Ciro Imperato. In questa sua silloge di esordio, la punteggiatura è ridotta all’osso assurgendo a funzione espressiva e non semplicemente di pausa sintattica. Frequenti sono le strofe in monoverso, a volte anche con incipit in monosillabo, a sottolineare un dolore sommerso, come di un cuore spezzato, come nel “Tu,” di “Assassino!”, incipit in monosillabo della seconda strofa.

Tra i numerosi titoli presenti, vorrei qui ricordare la lirica che dà l’avvio all’intera raccolta, “A mio padre morente”, la quale ho già avuto modo di leggere ed apprezzare, non conoscendone ancora l’autore, durante i lavori di giuria del concorso “Libera Verso”.

Poesia che l’autore scrive ricordando gli ultimi istanti di vita dell’amato padre.

In questa lirica il dolore, quasi un leitmotiv dell’intero libro, giunge al suo culmine, nel momento in cui leggiamo “e con il cuore stretto in una morsa,”, termine della terza strofa e vertice emozionale dell’intera lirica, se non vertice letterario dell’intera silloge. Procedendo, Imperato opera un’operazione magistrale di sintesi e di respiro, consapevole che l’anima della poesia è la sintesi, nessun verso in più né uno in meno che pregiudichi il suo respiro. Sì, è essenziale che una poesia abbia respiro, senza respiro essa soffoca nelle secche della discorsività o, peggio, nelle sabbie mobili del luogo comune e della banalità.[2]

In “A mio padre morente”, Imperato, come è solito fare, spezza il ritmo in un dolore singhiozzante, inserendo ben cinque strofe in monoverso e giungendo alla chiusa con un ritmo ostinato: “doloroso tramonto.”, in cui il suono scuro della vocale “o” perdura, interrotto solo per un attimo dal suono chiaro della vocale “a”, siglando così una composizione commossa e ricca di pathos.

 

Emanuele Marcuccio

 

Palermo, 25 giugno 2014

[1] Il commento, espressamente richiesto dallʼautore a Marcuccio, è edito con il titolo di “Analisi critica” in Imperato, Ciro, Versi in-versi, TraccePerLaMeta Edizioni, 2014, pp. 95-96.

[2] Penso alla strofa in monoverso, “a doppia mappa” di “Echi infiniti”, un inciso avverbiale notevole per invenzione letteraria, ottenuto tramite un procedimento neologico per parafonia della consolidata locuzione avverbiale di modo, “a doppia mandata”.

Uno sposalizio di cultura e impegno sociale: l’antologia di “Autori e Amici di Marzia Carocci”

L’antologia “Autori e Amici di Marzia Carocci” contiene i testi (poesie, aforismi, racconti) e i materiali grafici (foto, foto di sculture e pitture) che tanti amanti dell’arte hanno inviato nell’occasione del 12° evento di Autori e Amici di Marzia Carocci, celebre poetessa e scrittrice fiorentina che annualmente raccoglie attorno a sé artisti che provengono da tutta Italia.

Quest’anno l’iniziativa si ingrandisce ulteriormente prevedendo un’intera giornata dedicata a questo lodevole evento poiché unisce l’amore per la cultura e il desiderio di aiutare l’altro: i ricavi che ci saranno dalla vendita dell’antologia promossa e pubblicata da TraccePerLaMeta Edizioni, infatti, verranno donati alla Lega del Filo d’Oro, ente assistenziale importantissimo per l’aiuto ai pluriminorati sensoriali.

Il volume, che si apre con una lettera aperta di Marzia Carocci ai suoi amici ed autori, è seguito da una nota di prefazione del critico letterario Lorenzo Spurio che ha curato l’intero volume e che domenica 12 ottobre assieme alla promotrice, Marzia Carocci e le poetesse Laura Faucci e Annamaria Pecoraro, presenterà la serata. Per l’occasione il direttivo dell’Associazione Culturale TraccePerLaMeta (Anna Maria Folchini Stabile – Presidente; Sandra Carresi – Vicepresidente; Paola Surano – Tesoriere; Lorenzo Spurio – Responsabile PR; Laura Dalzini – Art Director) sarà presente al completo.

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L’evento, che avrà luogo a Sesto Fiorentino (FI) domenica 12 ottobre, presso il Centro “Querceto” (Via Napoli) con il Patrocinio Morale del Comune di Firenze, si svolgerà secondo il seguente programma: ore 11:00 – Presentazione della Antologia e Vendita; ore 13:00 – Pranzo conviviale; ore 15:30 – Inizio evento con la chiamata dei vari artisti.

Sarà presente il Presidente del Consiglio di Firenze, Eugenio Giani,  e per la Regione Toscana, Massimo Rollino; i musicisti Andrea Gamanossi e Fabrizio Innocenti allieteranno la serata con intermezzi musicali.

I testi presenti in questa antologia tematica, testimone di un grande e raffinato lavoro editoriale, saranno declamati durante la serata, momento nel quale l’antologia potrà essere acquistata.

Per quanti non saranno presenti, l’antologia sarà disponibile a partire dal giorno successivo dell’evento, sullo Shop online di TraccePerLaMeta Edizioni o mettendosi in contatto con l’Associazione alla mail info@tracceperlameta.org

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Raffaella Amoruso su “La cucina arancione” di Lorenzo Spurio

LA CUCINA ARANCIONE
Di Lorenzo Spurio
TraccePerLaMeta Edizioni, 2013
 
COMMENTO DI RAFFAELLA AMORUSO

Biella 3 settembre 2014

DSC00500Lorenzo Spurio è senza dubbio un autore fantastico e capace,  che sa rivelare interamente senza reticenze, con ironia e coraggio con schiettezza e semplicità, l’essere Umano.  Interessante e inusuale romanzo “La cucina arancione” dove il lettore viene trasportato in storie diverse; dove i protagonisti sgomentano, incuriosiscono, appassionano.
Racconti fantastici, ma non troppo, per altrettanti stati d’animo che albergano nella profondità dell’Uomo, rispecchiando in fondo, la vita.
Perché non vi è nulla di “normale”, nulla di lineare; la vita di ognuno di noi è fatta di momenti, paure, angosce, manie, desideri. Siamo tutti un po’ folli : “La follia è solo una maggiore acutezza dei sensi – diceva Alda Merini”. Alda Merini”.
Tutti noi possiamo banchettare tranquillamente, nella cucina arancione … da leggere!

Raffaella Amoruso

La voce di ventuno poeti sotto lente critica in “La Lampada di Aladino”, opera critico-antologica del poeta e critico letterario, Luciano Domenighini

Comunicato stampa

 10588670_10204421577366649_831852198_nTraccePerLaMeta Edizioni ha appena pubblicato La Lampada di Aladino. Annotazioni critiche su poeti contemporanei,[1] opera critico-antologica di Luciano Domenighini, poeta e critico letterario bresciano, e sotto la cura editoriale del poeta e aforista palermitano, Emanuele Marcuccio, ivi presente con sette titoli.

Luciano Domenighini nell’introduzione scrive: «[I]l poeta, come tutti gli artisti, ha un ruolo scenico, istrionico, un ruolo sociale di intrattenitore, inteso allo svago, al piacere di un pubblico proteiforme e giudicante, casualissimo e disimpegnatissimo. D’altra parte si vuole che al poeta sia concesso il lusso della sincerità nel manifestare la propria indole e i propri moti interiori. A me […] piace invece pensare che egli sia, oltre che glorificatore asservito o impudico teatrante di se stesso, anche libero custode della parola. La Lampada di Aladino si occup[a] di venti poeti italiani contemporanei, sconosciuti o emergenti, dilettanti o “professionisti”.

[…] Se la poesia, fatto salvo, volta per volta, il grado della sua caratura formale, è, in definitiva, un atto d’amore, anche la critica, pur tanto nell’arida pedanteria dei suoi schematismi analitici quanto, per contro, nella barbara e supponente arbitrarietà che così spesso si arroga, quando non divaga in digressioni vanesie e narcisistiche ma si rivolge esclusivamente all’oggetto artistico, la critica, dicevo, nel suo approccio conoscitivo, nel manifestarsi come volontà di comprensione, può essere anch’essa un atto d’amore.»

Nell’opera figurano le poesie dei seguenti autori: Emanuele Marcuccio, Giorgia Catalano, Marco Nuzzo, Giovanni Amato, Rosa Cassese, Lorenzo Spurio, Silvia Calzolari, Giuseppe Cristini, Sandra Carresi, Paola Surano, Maria Rita Massetti, Annamaria Pecoraro “Dulcinea”, Anna Maria Folchini Stabile, Anna Alessandrino, Michela Zanarella, Raffaella Amoruso, Anna Bonarrigo, Margherita Calì, Annamaria Stroppiana Dalzini, Matteo Cotugno, Luciano Domenighini.

  

Info:  wrww.tracceperlameta.org – info@tracceperlameta.org 

 
SCHEDA DEL LIBRO
 
TITOLO: La Lampada di Aladino
SOTTOTITOLO: Annotazioni critiche su poeti contemporanei
AUTORE: Luciano Domenighini
CURATORE: Emanuele Marcuccio
PREFAZIONE: Francesco Martillotto
EDITORE: TraccePerLaMeta Edizioni
GENERE: Critica Letteraria
PAGINE: 304
ISBN: 978-88-98643-22-6
COSTO: 13 €
Link diretto alla vendita

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Chi è Luciano Domenighini…

 Luciano Domenighini (Malegno – BS, 1952). È poeta, critico letterario e critico musicale. Ottenuta la maturità classica si laurea in Medicina e inizia la professione medica quale medico di Medicina Generale, attività che svolge tutt’ora. Negli anni universitari collabora, per tre anni, con una radio locale a Parma in qualità di critico musicale per la musica operistica.  Nel 2000, a Bologna, ottiene il primo riconoscimento letterario, una segnalazione a un premio di poesia. Nel 2003 vince il premio internazionale “Provincia di Trento” per la poesia “Canzone”. E nel 2004 al Vittoriale di Gardone Riviera gli viene assegnato il premio internazionale “Gabriele d’Annunzio” per la poesia “Esercizio di rima”. Sempre nel 2004 pubblica la sua prima raccolta di versi “Liriche esemplari”. Collabora nel frattempo saltuariamente con giornali locali come critico letterario. Nel 2004 ottiene il 4° posto al premio Nazionale di Poesia “Il graffito d’Oro”, riservato a Medici e Farmacisti letterati, con la poesia “Dalla spiaggia” e due anni dopo nel 2008, sempre al “Graffito d’oro”, vince il premio speciale della giuria con la poesia “Al figlio”. Ancora nel 2008 ottiene una segnalazione alla XXI edizione del premio Nazionale Città di Corciano con la poesia “Mottetto”. Nel 2010 redige un breve commento critico ad alcune poesie di giovani poeti siciliani fra cui quindici titoli della raccolta «Per una strada» di Emanuele Marcuccio. Ha scritto la prefazione al romanzo, Il dio sordo di Antonio Scotto Di Carlo, sua opera prima. Nel 2012 è stato membro di giuria del concorso letterario internazionale “TraccePerLaMeta”. Ha curato le prefazioni degli ultimi due libri di Emanuele Marcuccio. Ha in progetto un Volume di traduzioni di celebri poeti francesi, dall’Ottocento ad oggi.

[1] Il libro si chiuderà con un’appendice in cui Domenighini commenterà criticamente cinque poesie di celebri poeti della nostra letteratura: “A Zacinto” di Ugo Foscolo; “La Pentecoste” di Alessandro Manzoni; “La siepe” di Giovanni Pascoli; “Immagini del viaggio e della montagna”, “Il Canto della Tenebra” di Dino Campana.

Luciano Domenighini su “Memorie intrusive” di Ilaria Celestini

“Memorie intrusive” di Ilaria Celestini

 TraccePerLaMeta Edizioni, 2014

 

Commento critico di LUCIANO DOMENIGHINI 

 

E’ un atto di coraggio, di soccorso, di difesa, prima ancora che una silloge poetica la recente raccolta di Ilaria Celestini “Memorie intrusive”.

L’argomento trattato, l’abuso a sfondo sessuale, è insolito per un’opera di poesia e questo non tanto perché i poeti non affrontino, di tanto in tanto, qualche argomento scabroso e “scomodo” che si discosta dal repertorio da loro più frequentato, quanto perché i poeti tendono a trattare i temi prescelti partendo da un punto di vista egocentrico, centripeto, ponendo se stessi e il proprio vissuto al centro del mondo o, se vogliamo, al centro del problema.

Anche se uno spunto autobiografico compare, tuttavia, in quest’opera la prospettiva è estensiva, altruistica, universalizzante.

Ilaria Celestini cover libroLa poetessa, più che dolersi di una condizione propria ed esclusiva, enfatizzandola, sembra voler dar voce al dolore di chi voce non ha più, divenendo testimone e apostolo di una religione che tutela le ragioni e i diritti di ogni vittima della violenza.

I mezzi letterari impiegati sono semplici assai:

si tratta di una prosa lirica “frammentata” in versi in modo spontaneo, istintivo e quasi casuale, senza preordinamenti strutturali di ordine retorico o metrico.

Nondimeno il dettato poetico ha grande limpidezza, spiccata valenza comunicativa e se a tratti cede all’enfasi sentimentale,  procede costantemente sull’ala di una sensibilità, di una misura, di un gusto tutt’altro che ordinari.

Queste qualità di equilibrio e di grazia, d’altra parte, sono necessarie e irrinunciabili in quanto l’autrice, trattando il tema dell’abuso e, per esteso, di ogni forma di prevaricazione, condizione che si riduce sempre a una dinamica diretta, interpersonale, pone l’argomento, non già come ci si aspetterebbe, sempre in un aprioristico e deliberato atteggiamento  di condanna e di deplorazione, ma, dimostrando grande coraggio e intelligenza, affrontandolo talora ( v. “Ci sono giorni”, “Finiscimi” oppure “Fino alla disperazione”) in un’ottica “borderline”, lungo quella linea di confine, ambigua e misteriosa, che sta tra vitalismo e incoscienza,  affidamento e dipendenza, bisogno affettivo e degradazione, scelta, più o meno conscia, e destino.

Relativismo quindi? E quindi “comprensione”, “giustificazione” della violenza, come componente inevitabile della natura umana, come “mistero naturale” immanente e necessario?

No certo, perché a fare da spartiacque fra libertà e crimine, fra sessualità e abominio, Ilaria pone, sacro e irrinunciabile, riservato non solo all’infanzia ma a tutte le età della vita, il concetto di un amore integrale, generoso, inteso soprattutto come tutela della dignità della persona amata.

 Quest’opera quindi non è solo un commosso e solidale tributo a tutte le vittime di ogni tipo di sopraffazione ma lo spirito che la sostiene e la alimenta è principalmente e profondamente etico  invocando quel “buon senso” che fra tutti i sensi umani, se non appare come il più esaltante sovente risulta , in definitiva, quello più opportuno e prezioso.

Alla delicatezza eufemizzante, tutta femminile, talora floreale, talaltra sognante, che  contrassegna la strofa conclusiva di alcune di queste liriche (v. “Questo cielo sommerso”, “Nascerà”, “Addio piccolo sogno”), alla sincera commozione e alla empatica condivisione del dolore, sovente si affiancano il coraggio e la speranza di riscatto e di rinascita, metafora della vita che non vuole finire, che non vuole arrendersi, che non vuole nascondersi e annullarsi nella vergogna e nella sconfitta.

I trenta titoli di questa raccolta sono in realtà un’unica, ininterrotta lirica, un discorso continuo sul bisogno d’amore, sulla sua forza ineluttabile, sui suoi martirii e sulle sue catarsi e trovano forse la loro sintesi e la loro realizzazione poetica più compiute nelle tre terzine, intense e struggenti, de’ “I miei ricordi”.

 “Memorie intrusive”, questa a un tempo disinibita e serena elegia  dell’innocenza tradita, al di là del suo valore strettamente letterario, è un’opera carica di tensione interiore, vera, autentica, che tocca il cuore.

 

 

 Luciano Domenighini

 

Travagliato, 9 giugno 2014

 

Lorenzo Spurio intervista la fiorentina Marzia Carocci

LS: In una sua poesia intitolata “La cena degli artisti” ha concretizzato una sorta di proclama della nuova arte richiamando gli animi sensibili, gli artisti, a tramandare la loro arte perché forma insopprimibile delle proprie coscienze: «A voi che ci credete/ artisti del mio tempo,/ pittori consumati/ di notti mai concluse,/ e a quei poeti stanchi/ di carte spesso bianche/ per chi non sa vedere/  quei sogni dentro il cuore».[1] La poesia appare come una sorta di manifesto avanguardistico, se non programmatico, sicuramente d’incitamento alla buona creazione, alla felice ispirazione e come una vivida esortazione a squarciare quell’atmosfera stagnante, di silenzio e oppressione, di falsità a cui spesso la cultura è soggetta: «Urliamo quel silenzio,/ quel mondo chiuso dentro/ ed imbrattiamo i muri/ con l’anima che sorge».[2] Come è nata questa poesia?

MC: Questa mia poesia, nasce esclusivamente dal piacere che in primis traggo da ogni forma artistica. Un’esortazione dunque, affinché l’artista insista nonostante i problemi, gli ostacoli, gli ostruzionismi a esternare la propria introspezione attraverso l’arte che più gli aggrada. Il nostro è un mondo distratto, dove la stasi culturale e l’indifferenza degli addetti alla diffusione artistica, preclude a una chiusura che rischia di incatenare le menti costruttive. Ho scritto questa mia poesia più come forma di protesta che come lirica usuale, un incipit  a una vera e propria “battaglia culturale” dove l’artista diventi l’eroe del suo tempo forte di una libertà di espressione senza né limiti né catene, sia di pensiero che di manifestazione.

 

LS: Molti poeti hanno trovato nel crepuscolo, nella sera e soprattutto nella notte, dei momenti di pace con sé e con il mondo, di tranquillità e di confessione, che gli hanno consentito di ricevere ispirazione e coinvolti dal pensiero sul mondo. In altri termini, sono forse questi le parti della giornata che per varie ragioni possono essere considerate le più produttive per un poeta. Anche per Lei è così? E se sì per quale motivo?

MC: Non esiste, almeno per quanto mi riguarda, un periodo o un momento particolare per esprimermi in poesia. Vi sono giorni e a volte addirittura mesi nei quali questo “bisogno” non mi cerca, non mi tormenta, altri invece nei quali, uno stato particolare, mi riempie il cuore, le viscere, il pensiero ed è la poesia a cercarmi, “obbligandomi” alla scrittura. Credo che la poesia sia un’elaborazione che si forma nel profondo della propria coscienza ed esce come “parto” emotivo nel momento in cui, un certo processo emozionale viene maturato. Mi viene in mente una pagina teorica di Arthur Rimbaud dove egli definisce la poesia «una sofferta ricerca del proprio sé». Ecco, io la penso esattamente come lui.

 

 

LS: Wisława Szymborska (1923-2012), poetessa di origini polacche recentemente scomparsa, è considerata una delle più grandi scrittrici del nostro secolo. Vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996, la sua produzione poetica è molto ampia e dà manifestazione di una grande capacità della donna nel destreggiarsi con il verso. La poetessa ha inoltre dimostrato di essere un’attentissima cronista della realtà per mezzo di una serie di liriche nelle quali ha incarnato preoccupazioni di tipo etico e ha affrescato momenti cruciali della storia dell’uomo. Un esempio di questo tipo di poesia è “Fotografia dell’11 settembre”[3] che, come richiama il titolo, fornisce al lettore un vivido fotogramma del tragico attentato di New York avvenuto nel 2001. Gliela sottopongo per avere un suo commento:

 

Sono saltati giù dai piani in fiamme –
uno, due, ancora qualcuno
sopra, sotto.
 
La fotografia li ha fissati vivi,
e ora li conserva
sopra la terra verso la terra.
 
Ognuno è ancora un tutto
con il proprio viso
e il sangue ben nascosto.
 
C’è abbastanza tempo
perché si scompiglino i capelli
e dalle tasche cadano
gli spiccioli, le chiavi.
 
Restano ancora nella sfera dell’aria,
nell’ambito di luoghi
che si sono appena aperti.
 
Solo due cose posso fare per loro –
descrivere quel volo
e non aggiungere l’ultima frase.

 

MC: Wisława Szymborska, poetessa osservatrice e donna che attraverso  la scrittura ha sottolineato le difficoltà, i dolori, le abnegazioni, di fatti e tempi  che l’hanno vista attenta spettatrice. Ella  ci porta in questa sua bellissima lirica “fotografia dell’11 settembre” ad essere noi stessi, spettatori di una riflessione ch’ella sottolinea con fotogrammi al “rallentatore”.  Il tutto, viene  reso forte e crudo nella considerazione di  quella spinta osmotica che passa dalla vita alla morte che è  resa visiva grazie a versi che rende scatti fotografici: la caduta/paura, la scesa/dolore, il sangue/morte e la materialità inutile di oggetti che non hanno più valore: soldi e chiavi. Bella la chiusa dove la poetessa per rispetto descrive  e per lo stesso rispetto non evoca parola quando visiva è ormai la morte.

 

  

LS: L’idea di questa intervista è quella di poter diffondere le varie interpretazioni sulla Poesia e in questo percorso ho ritenuto interessante proporre a ciascun poeta il commento di due liriche di cui la prima è di un poeta contemporaneo vivente e ampiamente riconosciuto dalla comunità letteraria e un’altra di un poeta contemporaneo, esordiente o con vari lavori già pubblicati, per consentire l’articolazione anche di una sorta di dibattito tra poeti diversi, per esperienza, età, provenienza geografica, etc. e di creare una polifonia di voci e di interpretazioni su alcune poesie appositamente scelte. La prima che Le propongo per un’analisi è la seconda lirica[4] tratta da La gioia e il lutto (Marsilio, 2001) del poeta Paolo Ruffilli[5]:

 

Così ridotto e
devastato: lui, reietto
perduto per la strada,
lui drogato. Perso, adesso,
anche dentro il letto
accartocciato
nel lenzuolo bianco
smunto e arreso là,
riverso sopra il fianco.
Diventato la metà e meno
di se stesso,
rinsecchito dentro i panni
fatto vecchio e cadente
nel fiore dei suoi
anni, nel pieno di una
vita già appassita.
Inerte ormai a tutto
e senza presa intorno
neppure sulla
luce pallida del
giorno. Sangue del suo
ventre, carne della carne,
mentre siede china
sul fagotto muto,
gli giace presso
tesa a farne oggetto
finalmente della pace.
«Figlio amato, qualunque
tu sia stato», il gemito
tenuto e poi lasciato
nel silenzio che
precede la rovina.

MC: Il poeta riesce a inquadrare perfettamente un’immagine che inchioda, e ci rende spettatori impotenti di fronte  alla drammaticità di una fine che non perdona. Paolo Ruffilli, uno dei più grandi  esponenti della poesia contemporanea, sa perfettamente portare il lettore dove la sua introspezione indaga; egli, attraverso una poetica di forte impatto emotivo e con una costruzione perfetta dei versi, ci rende l’immagine e il dolore elementi che entrano nella nostra testa, corpo, respiro fino quasi a vedere ciò che lui costruisce con idiomi perfetti e perfette figure retoriche.

 

Perso, adesso,
anche dentro il letto
accartocciato
nel lenzuolo bianco
smunto e arreso là
riverso sopra il fianco.

Ecco che un quadro si apre e la nostra immaginazione vede oltre, mentre il trasporto emotivo si fa riflessione e pensiero attento; scrittura che ci ricorda vagamente Montale con le sue metafore che acuiscono i sensi del lettore «accartocciato nel lenzuolo bianco smunto», pare di vedere il corpo diventato friabile come carta, accucciato all’interno di un bianco che è quasi contrasto con la figura che accoglie. Una lirica che è maestria  pura dove il detto diventa visibile così come diventa palpabile la sofferenza/liberazione della madre che attende e nello stesso tempo ama quel suo figlio fino alla rassegnazione/attesa della morte.

 

 

LS: Di seguito, invece, Le propongo la poesia “La vita, in sottofondo”[6] che dà il titolo all’omonima silloge della poetessa varesina Paola Surano[7] sulla quale sono a chiederLe un suo commento:

 

Quando il giorno si fa scuro
e la notte si avvicina,
in quell’ora sospesa
in cui il mondo sembra fermo
e la vita cambia ritmo,
in quell’ora un po’ mi manca
il calore di una voce,
la stretta di una mano
uno sguardo –quello sguardo-
un po’ complice un po’ assassino
un sorriso, il silenzio
perfino, ma condiviso.
Musica jazz in sottofondo.
 
Quando invece il giorno inizia
il sole si alza lento
e illumina la stanza
sai, un po’ mi manca
il buon giorno sussurrato
una risata soffocata
il caffè bevuto insieme
un bacio lieve per saluto.
 
In sottofondo il giornale radio delle 8.
E la domenica. La domenica
lungo il fiume sotto casa
tra la gente che prende il sole
la domenica, forse, un po’ mi manca
passeggiare per mano insieme a te.
Chiacchiere e risate in sottofondo.
 
Ma le giornate, per fortuna,
sono piene di tante cose
da fare, da vedere e imparare
e di parole ascoltate, dette scritte
o inviate con un clic…
La vita, in sottofondo.

 

MC: Bella e intensa lirica di Paola Surano, dove la poetessa ricerca attraverso la rimembranza attimi vissuti di qualcosa che appartiene ormai al passato, quel passato che rivive attraverso il ricordo; gli odori, i rumori e le abitudini di un tempo, di un amore che è stato, mentre prende coscienza che tutto ciò più non è. Una consapevolezza di donna che nella ricerca e nell’abbraccio di un vissuto ormai remoto, si rimette in gioco certa che i suoi passi nel futuro avranno altre possibilità, così come si esprime nell’ultima strofa della sua lirica:

 ma le giornate, per fortuna,
sono piene di tante cose
da fare, da vedere e da imparare
e di parole da ascoltate, dette, scritte
o inviate con un clic…
La vita, in sottofondo.

 

Un messaggio di luce, di speranza, di voglia ad essere ancora donna che vive, che comunica, che spera.

 

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LS: Negli ultimi tempi la componente erotica nella letteratura, che in passato era a suo modo legata alla sfera emotiva-sensoriale, è andata acquisendo una sua indipendenza, priva di legami affettivi o di riferimento a una chiara dimensione di condivisione di sentimenti. Di questo ce ne rendiamo conto se consideriamo la sequela di romanzi che negli ultimi tempi hanno utilizzato il sesso in maniera da produrre sul lettore shock, spiazzamento, disturbo e allo stesso tempo di attrarlo e coinvolgerlo. Neppure la poesia può dirsi “salva” da queste tendenza degli ultimi tempi tanto che sono molto diffuse le poesie e le sillogi che utilizzano linguaggi coloriti, espressioni “volgari” e immagini forti chiaramente con l’intento di creare un disagio (anche il disagio, come il ribrezzo, è una forma di risposta) nel lettore. Che cosa ne pensa di questa tendenza? Crede che la poesia per quanto i tempi corrano debba mantenere un suo “pudicismo” e ragguardevole rispetto nei confronti dei Padri che, invece, l’hanno onorata?

MC: La poesia, a mio parere, è la forma letteraria che non dovrebbe avere mai come messaggio una provocazione verbale e quindi, anche quella di  esternare  una volgarità. L’arte poetica, come sappiamo, è una ricerca di idiomi che dovranno, insieme al ritmo, alle metafore e alla musicalità, creare quella forma letteraria di condivisione emotiva. Proviamo ad immaginare una lirica dove, attraverso la lettura a voce alta, ad un certo punto inseriamo vocaboli volgari o non consoni a un messaggio universale… sarà  come sentire una nota stonata o uno schiaffo; il linguaggio poetico perderebbe d’emozionalità creando a un “certo tipo” di pubblico, imbarazzo e negazione. Rigettare le parole non è creare l’intimità introspettiva che la poesia deve dare, è invece provocare una reazione, una violenza, un obbligo all’ascolto. Nella prosa e nella letteratura, è una cosa ben diversa, il tipo di linguaggio sarà certamente più articolato, e lo scrittore potrà avere necessità di inserimenti anche erotici dal momento che la narrativa è lo specchio più “esterno” della vita stessa. Riepilogando quindi, l’interiorità della poesia è evocazione introspettiva/emotiva riflessiva in una ricercatezza della parola per dare un messaggio globale a tutti, la narrativa è il riferire la vita di ogni giorno raccontata attraverso i processi di tutti i sensi dell’uomo, compresa la sessualità, l’erotismo e le sue devianze. La mia non è pudicizia, sono dell’idea che l’autore non debba MAI avere catene all’espressione, ma la poesia è e deve restare messaggio universale, dove il lettore di ogni età e sensibilità, possa attingerne il pensiero.

 

LS: Nelle riflessioni introspettive di molti poeti, sia attuali che passati, si riscontra spesso la presenza insormontabile del destino, a volte personificato nelle tre divinità delle Parche o espresso mediante costruzioni retoriche. Il fato spesso viene visto come destino ultimo già scritto al momento della nascita (predestinazione), altre volte come punto finale di un percorso costruito dall’uomo mediante le sue scelte (libero arbitrio); molte altre volte il fato è visto come un nemico addirittura della divinità perché anch’essa può sembrare soggiogata da esso. Parlare di destino e credere in un progetto pre-divino ineluttabile significa, in una certa misura, distanziarsi da quello che è il messaggio cattolico. Che cosa ne pensa a riguardo? Quanto secondo Lei il tema del destino viene usato nella poesia?

MC: Il fato, il destino e la coincidenza, sono tre fattori diversi fra loro; la coincidenza rappresenta una dicotomia fra il fato (quindi anticamente stabilito fin dalla nascita) al caso fortuito, il destino è ciò che a un uomo potrebbe accadere in conseguenza alle proprie scelte (libero arbitrio)  e il fato, quel Dio Fato (cieco) che impone  e sottomette a qualsiasi azione e situazione l’uomo. Nella Grecia Classica, il fato era invincibile e a lui tutto era sottomesso, uomini, Dei e cosmo e tutta la letteratura e il teatro greco sono intrise di concetti che riportano a questo, ma dietro vi era tutta una cultura e una credenza ben precisa. Credo, invece, che il poeta moderno anche facendo riferimento al fato e al destino, non porti con sé un concetto di logica/pensante nel momento in cui scrive, ma che si lasci istintivamente trasportare da una concezione ben radicata nel suo essere dietro a esperienze o a ragionamenti più istintivi che logici, la ricerca di un destino solo per costruire un’evocazione lirico-poetico per trasferire così, le proprie responsabilità a qualcosa per il quale non hanno la possibilità o la forza di cambiare. Sappiamo che nel cristianesimo, non esiste il Fato come forza invincibile poiché Dio si è rilevato come unico sovrano, ma non credo che il poeta si lasci condizionare da concetti o da dogmi ben precisi. Osho Rajneesh sosteneva che accettare l’esistenza del fato comporta un suicidio, in quanto toglie ogni libertà dell’essere e quindi l’esclusione del libero arbitrio. Ecco, questo in sintesi è anche il mio pensiero

  

 

LS: Lo scrittore francese Antonin Artaud (1896-1948) in uno dei sui sagaci e al contempo eloquenti pensieri parlando di scrittura rivelò senza peli sulla lingua: «Ogni scrittura è una porcata. Chi esce dal nulla cercando di precisare qualsiasi cosa gli passi per la testa è un porco. Chiunque si occupi di letteratura è un porco, soprattutto adesso». Al di là del linguaggio dissacrante, l’autore trasmette un’ accusa di tipo morale. Cosa crede che il poeta voglia realmente intendere? Perché rintraccia il letterato, soprattutto d’oggi, nel “porco”?

MC: Sicuramente Antonin Artaud è stato sempre molto provocatore e definito anche a causa di alcuni suoi libri, “eretico e blasfemo”, appassionato da sempre dei “poeti maledetti”, grande lettore quindi di Rimbaud, Baudelaire, Verlaine e Mallarmé dai quali certamente ha attinto in qualche modo i pensieri e le vedute. Un surrealista che a causa dei suoi eccessi anche con droghe ed altro, lo portò a forme ossessive e in continue sperimentazioni oltre che a trattamenti psichiatrici ospedalieri. Un genio sicuramente e come tutti i geni, la loro visione spesso è alterata dalla propria veduta. Lo scrittore/poeta/commediografo ha sempre asserito che il pensiero emotivo veniva in qualche modo tramutato nella materializzazione dello scrivere e che quindi questa trasformazione rendeva sfalsato il pensiero stesso; era alla continua ricerca del suo essere intellettuale e non sopportava la “leggerezza” con la quale i  letterati scrivessero senza acuire i significati dei loro elaborati. Ha spesso espresso sull’inutilità della letteratura. Nella lettera che scrisse a Jean Paulhan (scrittore/editore e critico letterario) disse che nella scrittura aveva sempre espresso della propria sofferenza attraverso i tormenti del proprio corpo e della propria anima. Ecco, credo che Antonin Artaud intendesse proprio questo della letteratura; il trasmettere nello scrivere ogni verità, senza compromessi sia politici che religiosi, il non vendersi e il non arruffianarsi e “approfittare” invece, della letteratura per comunicare la verità nella parola/essenza senza il timore di non piacere  o di non essere quello che si è; usare la scrittura quindi per la trasformazione, la costruzione e per uscire dalla velata presenza di antiche forme obsolete. Certamente un grande artista e come ogni eccelso artista, non compreso da tutti.

  

 

LS: Lei è alacremente attiva da anni, soprattutto in quel di Firenze, per la promozione e la diffusione della cultura letteraria e non solo attraverso la partecipazione a giurie di concorsi, presentazioni di libri e promozione di esordienti. Attorno a Lei si è creato un ampio circolo di lettori-autori che lei annualmente “chiama a raccolta” a Firenze per celebrare un evento dove si dà spazio a ciascun partecipante per mezzo della lettura di poesie, racconti, segnalazioni di libri ed esposizioni di quadri. Questo è di certo un’attività lodevole che manifesta il suo grande amore per l’Arte nelle sue varie derivazioni. Che cosa ne pensa delle nuove generazioni che cercano di “venire allo scoperto”? Tra i tanti scrittori che Le propongono letture, recensioni e commenti crede di avvertire la presenza di autori realmente validi?

MC: Quando ho creato su Facebook il gruppo denominato “Autori e amici di Marzia Carocci”, è stato per riuscire a rendere “reale” il “virtuale” di questo social network. Il mio desiderio era quello di vedere confluire più autori possibili a Firenze per  condividere un momento che ci vedesse uniti nel pensiero. Credo fermamente che ogni forma di  arte (pittura, poesia, musica, scultura), abbiano come base lo stesso messaggio, e cioè quello di esprimere il mondo interiore, la voglia di comunicare  quella creatività che nasce esclusivamente dall’introspezione umana. Ci sono giovani artisti che hanno ottime capacità e se non si creano momenti di aggregazioni con chi li sa ascoltare, con chi comprende quel tipo di messaggio, (e chi più di un’artista?) molte cose andranno perdute. Il nostro è un periodo storico-culturale dove si ascolta poco, dove il tutto si trasforma in materialismo e incompiutezza. Ricevo bozze di libri o di silloge ogni giorno, recensisco per la maggior parte del mio tempo e sono pienamente convinta di dire e di affermare  che ci sono autori esordienti-emergenti molto validi purtroppo spesso “soffocati” da scribacchini della domenica che a causa di una grossa mole di questi, vengono occultati i talenti reali.

  

 

LS: Il panorama editoriale italiano, molto variegato e sofferente della crisi attuale, è una vera giungla. Lo è nel senso che i pericoli in cui il giovane esordiente, inesperto, può incappare sono molti e insidiosi. La questione qui sarebbe ovviamente troppo lunga da trattare e su questo ci si potrebbe scrivere un intero libro, se già qualcosa del genere non è stato fatto. Quali sono secondo Lei i principali problemi, disguidi e incomprensioni che un novello scrittore può incontrare nel momento in cui si rapporta a una realtà editoriale e quali consigli si sente di dare?

MC: Questa domanda potrebbe avere mille risposte, tante sono le “insidie” che un giovane esordiente può incontrare prima di pubblicare. Innanzitutto il giovane autore, ma non solo, non deve aspettarsi mai niente dalla pubblicazione stessa. Purtroppo molti libri non hanno e non avranno  alcuna diffusione; le cause sono molteplici. E’ chiaro anche se non giusto, che nessuno andrà mai in una libreria a comprare un volume di poesie di una certa “Maria Rossi”, questo perché un nome sconosciuto, non attirerà mai l’acquirente così come il genere stesso è di “nicchia”, almeno nel nostro paese. Questo è uno dei motivi per il quale anche se la casa editrice manderà i libri del proprio autore a una certa libreria, questa si rifiuterà di accatastare libri che resteranno invenduti. Lo stesso vale per i libri di narrativa, troppe pubblicazioni, troppi scrittori, troppe case editrici che pur di stampare pubblicano di tutto anche quello che non andrebbe pubblicato. Ai giovani autori vorrei dire che prima di pubblicare a pagamento, se credono fermamente nella loro opera, di  provare a mandare la bozza del loro libro a più case editrici (saperle scegliere è fondamentale), insistere fino a quanto possono e di  non arrendersi ai primi no. Voglio ricordare loro, inoltre, che il cammino letterario è molto irto e faticoso, dove le ingiustizie nell’editoria si ripetono continuamente, ma è vero anche che è un settore dove la crisi ha fatto i suoi danni. Domandiamoci perché vendono e distribuiscono facilmente le storie autobiografiche di criminali, perché i nomi di artisti famosi (attori, calciatori, veline) fanno record di vendite e allora potremmo comprendere che la richiesta del pubblico è spesso dettata da curiosità e voyeurismo che non hanno nulla di intellettuale e di culturale. Vi sono più scrittori che lettori, siamo quasi al paradosso. Attenzione anche a quei concorsi letterari che promettono pubblicazioni gratuite nel caso di vincita; ce ne sono di veri e seri, ma ci sono anche specchietti per allodole. Ai giovani esordienti dico di leggere sempre bene, molto attentamente prima di firmare ogni contratto e soprattutto dico con affetto a questi giovani di scrivere comunque, di farlo principalmente per sé stessi e se son rose….

  

Firenze, 2 giugno 2013

 

[1] Marzia Carocci, Némesis, Torino, Carta e Penna, 2012, p. 14.

[2] Ibidem

[3] Wisława Szymborska, Elogio dei sogni, Milano, RCS per Corriere della Sera, 2011, p. 211.

[4] Paolo Ruffilli, La gioia e il lutto. Passione e morte per Aids, Marsilio, 2001, p.

[5] Per maggiori informazioni sul poeta si legga la sua biografia nel capitolo-intervista a lui dedicato.

[6] Paola Surano, La vita, in sottofondo, Terni, Agostino Pensa Editore, 2011, pp. 10-11.

[7]Paola Surano è nata a Busto Arsizio (VA) nel 1952. In quella città ha svolto per trentacinque anni la professione di avvocato. Scrive poesie e racconti dagli anni del liceo classico e ha “avuto il coraggio” di togliere le sue poesie dal cassetto solamente negli anni ‘90. Di poesia ha pubblicato Alla luce di un’unica stella (Ibiskos, 2000), La vita, in sottofondo (Pensa, 2011) e I giorni, le ore (Liberia Editrice Urso, 2012), La rosa in scatola (Libreria Editrice Urso, 2013) e di narrativa la raccolta di racconti Nell’anima/ nel mondo (Oceano Editore, 2000). Partecipa a vari concorsi di carattere nazionale, ottenendo lusinghieri riconoscimenti. E’ socia delle Associazioni “Amici dell’Umbria”, “Penna d’Autore” e “TraccePerLaMeta”. 

Un Premio per opere edite di poesia intitolato alla poetessa milanese Antonia Pozzi

strip evento FB

I PREMIO LETTERARIO NAZIONALE PER OPERE EDITE DI POESIA “ANTONIA POZZI”

L’Associazione Culturale TraccePerLaMeta in collaborazione con la Rivista di Letteratura “Euterpe” organizza la I Edizione del Premio Letterario Nazionale “Antonia Pozzi” per opere edite di poesia.

 

Oh, tu bene mi pesi
l’anima, poesia:
tu sai se io manco e mi perdo,
tu che allora ti neghi
e taci.
 
Poesia, mi confesso con te
che sei la mia voce profonda:
….
Poesia che ti doni soltanto
a chi con occhi di pianto
si cerca
oh rifammi tu degna di te,
poesia che mi guardi.
 
(ANTONIA POZZI, da “Preghiera alla Poesia”)

 

REGOLAMENTO

 

1)     Il Premio Letterario è aperto a tutti i poeti -italiani o stranieri- che abbiano pubblicato una silloge poetica in lingua italiana. Uniche escluse alla partecipazione sono le sillogi poetiche pubblicate da TraccePerLaMeta Edizioni.

 

2)     La silloge poetica dovrà essere stata pubblicata a partire dal 2000 e dovrà essere regolarmente dotata di codice identificativo ISBN (non verranno accettate opere pubblicate da tipografie senza l’attribuzione di detto codice).

 

3)     Si partecipa con una sola opera per autore, da inviare in 3 copie con allegata scheda di partecipazione compilata in ogni sua parte (in calce al presente bando) e la ricevuta della quota di partecipazione (vedi punto 4).

 

4)     Quale quota di partecipazione è richiesto un contributo di 20€ che dovrà essere inviato secondo le modalità descritte al successivo punto 6.

 

5)     Il contenuto delle opere deve essere moralmente responsabile; non deve offendere i valori etici, culturali e religiosi, pena l’immediata eliminazione.

 

6)     La quota potrà essere pagata secondo una delle seguenti modalità (in ogni caso la ricevuta del pagamento andrà inviata assieme al plico con i libri):

 

Bonifico bancario – IBAN: IT 76 I 03488 22800 000000035330

INTESTAZIONE: Associazione Culturale TraccePerLaMeta

CAUSALE: “Premio Letterario Nazionale Antonia Pozzi”

 

Bollettino postale – C/C POSTALE: 1004217608

INTESTAZIONE: Associazione Culturale TraccePerLaMeta

CAUSALE: “Premio Letterario Nazionale Antonia Pozzi”

 

Paypal – Mail: postmaster@tracceperlameta.org

CAUSALE: “Premio Letterario Nazionale Antonia Pozzi”

 

7)     Le opere inviate non verranno restituite. Al termine del concorso esse verranno donate ad alcuni centri penitenziari italiani e rese disponibili alla lettura e al prestito all’interno di dette strutture. Saranno indicati in un secondo momento le destinazioni specifiche previste per i libri in oggetto.

 

8)     La Giuria del Premio, composta da una rosa di poeti, scrittori e critici letterari i cui nominativi saranno resi noti il giorno stesso della cerimonia di premiazione, nominerà un primo, secondo e terzo vincitore assoluto. A sua discrezione, la Giuria potrà altresì individuare altri riconoscimenti quali menzioni d’onore e segnalazioni particolari.

 

9)     La scadenza per poter partecipare al concorso è fissata improrogabilmente per il giorno
30 luglio 2014. Per l’invio dei libri farà fede il timbro postale.

 

10)   L’organizzazione del Premio declina ogni responsabilità per disguidi, smarrimenti, furti e ogni altro tipo di disagio imputabile al servizio postale. Al corretto ricevimento delle proprie opere, la segreteria del Premio invierà, comunque, una e-mail di corretta ricezione del materiale.

 

11)   Le opere, assieme al foglio contenente i propri dati personali e la ricevuta del pagamento, andranno inviate a:

 

Premio Letterario Nazionale “Antonia Pozzi”

Associazione Culturale TraccePerLaMeta

Casella Postale n.29

21018 Sesto Calende (VA)

 

12)   I premi consisteranno in:

1° premio: diploma, targa e pubblicazione gratuita di un nuovo libro di poesia (60 facciate, 50 copie) con TraccePerLaMeta Edizioni.

2° premio: diploma, targa e pubblicazione gratuita di un nuovo libro di poesia (massimo 30 poesie) in formato e-book.

3° premio: diploma, targa e buono di 50€ di spesa nel negozio online di TraccePerLaMeta Edizioni.

 

13)   I premi dovranno essere ritirati personalmente o con delega dai vincitori. In mancanza del vincitore o di un suo delegato i soli diplomi e targhe potranno essere spediti a domicilio previo pagamento delle relative spese di spedizione.

 

14)   Tutti i partecipanti al concorso avranno diritto a ricevere il loro attestato di partecipazione il giorno della premiazione. Lo stesso potrà essere inviato per posta, dietro pagamento delle relative spese di spedizione.

 

15)   La cerimonia di premiazione avverrà nel mese di Novembre 2014. Data e luogo saranno tempestivamente comunicati ai vincitori e saranno avvisati tramite e-mail tutti i partecipanti al concorso. Tutte le altre comunicazioni inerenti le operazioni di valutazione della Giuria saranno inviate ai partecipanti a mezzo posta elettronica, con l’invito di seguire anche il sito dell’Associazione al suo indirizzo http://www.tracceperlameta.org

 

16)   La partecipazione al Concorso implica la completa accettazione del relativo regolamento in ogni sua parte.

 

Info: info@tracceperlameta.orghttp://www.tracceperlameta.org

 

 

  

I PREMIO LETTERARIO NAZIONALE PER OPERE EDITE DI POESIA “ANTONIA POZZI”

 Scheda di Partecipazione al Concorso

 

La presente scheda compilata è requisito fondamentale per la partecipazione al concorso. Alla scheda va, inoltre, allegata l’attestazione del pagamento della relativa tassa di lettura e il tutto va inviato nel plico assieme ai libri.

 

Nome/Cognome _____________________________________________________

Nato/a ________________________________ il ___________________________

Residente in via _________________________Città________________________

Cap __________________ Provincia ________________Stato________________

Tel. _______________________Cell.____________________________________

E-mail ________________________Sito internet: _________________________

 

Partecipo al Concorso con la silloge poetica dal titolo

 

________________________________________________________

 

Pubblicata nel __________ da _________________________________

 

Numero di pagine ______________ codice ISBN ___________________

 

 

 

 

Firma______________________________ Data _______________________

 

 

 

□ Acconsento al trattamento dei dati personali qui riportati in conformità a quanto indicato dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali (D. Lgs. 196/03) e solo relativamente allo scopo del Concorso in oggetto.

 

 

 

Firma______________________________ Data __________________________

Sabato 17 maggio “La cucina arancione” di Lorenzo Spurio a Civitanova Marche

locandina Civitanova-page-001

 

 

 

 

A Recanati il 10 maggio la Premiazione del 2° Concorso Lett. TraccePerLaMeta e un reading di poeti marchigiani

Nel pomeriggio di sabato 10 maggio nella prestigiosa Sala Foschi del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati (MC) si terrà un importante evento culturale organizzato e promosso dalla Associazione Culturale TraccePerLaMeta e dalla rivista di letteratura “Euterpe”.

La serata si aprirà con i saluti introduttivi della Presidente della Ass. Culturale TraccePerLaMeta (Anna Maria Folchini Stabile) e a seguire quelli del Sindaco di Recanati (Francesco Fiordomo) e del Presidente del Centro Nazionale Studi Leopardiani (Fabio Corvatta).

L’evento centrale del pomeriggio sarà la premiazione del 2° Concorso Letterario Nazionale “TraccePerLaMeta” che in questa seconda edizione si apriva con i versi di un estratto di una lirica di Leopardi alla quale era possibile ispirarsi.

Da ogni parte d’Italia arriveranno i vari vincitori e menzionati a vario titolo (per le due sezioni di partecipazione: poesia e racconto) e altri partecipanti i cui testi saranno pubblicati in un’opera antologica che verrà diffusa nella stessa serata.

l pomeriggio letterario, appoggiato moralmente dalla Regione Marche, dalle Province di Ancona, Macerata, Pesaro-Urbino, Fermo, Ascoli e dai Comuni di Macerata e Recanati proseguirà con un reading con alcune voci di poeti locali che leggeranno proprie poesie.

Ad arricchire ulteriormente la serata sarà un intervento dal titolo “La modernità nella poetica di Leopardi” della poetessa e scrittrice Annamaria Pecoraro e le musiche di Luca Mengoni (violino) e Federico Perpich (violoncello) della Civica Scuola “Beniamino Gigli” di Recanati.

La S.V. è invitata a prendere parte al pomeriggio culturale secondo il programma in locandina.

Ingresso gratuito.

Info: info@tracceperlameta.orgwww.tracceperlameta.org

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programma estratto dalla locandina