Presentazione di “Le oscure presenze” di Luca Rachetta

Domenica 7 aprile 2013, alle ore 18.30, presso la Libreria Iobook di Senigallia in Via F.lli Bandiera n.33, si terrà la presentazione dell’ultimo libro di Luca Rachetta dal titolo Le oscure presenze, pubblicato per i tipi della Edizioni Creativa.

Cop_Oscure_presenze_per_webLuca Rachetta, che ha già dato alle stampe il saggio Vitaliano Brancati. La realtà svelata, le raccolte di racconti Dove sbiadisce il sentiero e La teoria dell’elastico, il racconto lungo La torre di Silvano,  i romanzi La guerra degli Scipioni e La setta dei giovani vecchi e l’ebook La missione di San Silvestro, propone questa volta il romanzo Le oscure presenze, già presentato al Pisa Book Festival del novembre scorso, alla fiera del libro di Roma “Più libri più liberi” nel mese di dicembre  e presso la Biblioteca Comunale Antonelliana di Senigallia all’inizio del 2013. Le oscure presenze, secondo il critico Gian Paolo Grattarola,  “è il nuovo romanzo breve di uno dei più interessanti autori di quella nuova generazione di narratori contemporanei che stanno riportando, in questi anni, l’attenzione del lettore sui preziosismi della buona scrittura, senza per questo distoglierlo dal coinvolgimento della trama. Le oscure presenze, come già i libri precedenti di Luca Rachetta, ha il merito di saper coniugare con intelligenza la riflessione sulla realtà sociale – mai dichiarata, ma indotta dai comportamenti e dai discorsi dei suoi personaggi – con toni ironici e grotteschi che nulla tolgono alla serietà dei temi trattati. “

L’incontro  sarà condotto da Gian Paolo Grattarola, che curerà l’intervista all’Autore, mentre a Mauro Pierfederici sarà affidata la lettura di alcuni passi dell’opera. In conclusione Luca Rachetta accoglierà gli eventuali commenti e risponderà alle domande del pubblico.

Lo scrittore marchigiano Luca Rachetta presenta il nuovo libro “Le oscure presenze”

Giovedì 24 gennaio 2013, alle ore 17.30, presso la Sala Conferenze della Biblioteca Antonelliana di Senigallia, si terrà, nell’ambito della rassegna “Sognalibro”, la presentazione dell’ultimo libro di Luca Rachetta dal titolo Le oscure presenze, pubblicato per i tipi della Edizioni Creativa.

Luca Rachetta, che ha già dato alle stampe il saggio Vitaliano Brancati. La realtà svelata, le raccolte di racconti Dove sbiadisce il sentiero e La teoria dell’elastico, il racconto lungo La torre di Silvano,  i romanzi La guerra degli Scipioni e La setta dei giovani vecchi e l’ebook La missione di San Silvestro, propone questa volta il romanzo Le oscure presenze, già presentato in anteprima al Pisa Book Festival del novembre scorso e alla fiera del libro di Roma “Più libri più liberi”, svoltasi nel mese di dicembre. Nel libro di Luca Rachetta il protagonista, Andrea Bardi, assume i tratti dell’uomo contemporaneo, in bilico tra sogno e pragmatismo, alle prese con dubbi, paure, sensi di colpa e allo stesso tempo animato da uno slancio vitale inestinguibile, che lo porta a misurarsi con le oscure presenze che lo circondano e lo inquietano per conquistarsi così la sua piccola oasi di serenità.

La serata sarà condotta da Fabrizio Chiappetti, che curerà l’intervista all’Autore, mentre a Mauro Pierfederici sarà affidata la lettura di alcuni passi dell’opera. In conclusione Luca Rachetta accoglierà gli eventuali commenti e risponderà alle domande del pubblico. 

 

Rachetta locandina

 

 

“Il mito nel Novecento letterario” a cura di Antonio Melillo, recensione di Lorenzo Spurio

Il mito nel Novecento letterario

di AA.VV.

a cura di Antonio Melillo

Limina Mentis Editore, Villasanta (MB), 2012

ISNB: 978-88-95881-60-7

Pagine: 347

Costo: 22€

 

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

Collaboratore di Limina Mentis Editore

Il mito è un racconto. Ma cosa racconta? E’ il tentativo di raccontare il senso dell’esserci, è l’interpretazione dell’esistenza del vero che parla al singolo individuo (p. 10).

 

 

Questo libro è un testo di saggistica e di critica letteraria ricchissimo di contenuti che spazia dalla letteratura italiana contemporanea (Pavese, Brancati, Pasolini), alla letteratura inglese modernista (T.S. Eliot) sino al mondo classico (Ovidio, Platone) con numerosi incursioni nella poesia del nostro secolo (Pontiggia, Damiani, Marina Moretti). Il filo rosso del libro, come indica il titolo stesso, è il mito.

Nell’ampia nota di prefazione a cura di Antonio Melillo, il curatore dell’intero volume, traccia in via analitica l’origine, il significato, il valore e l’importanza che il mito ricopre oggi nella nostra società sottolineando da subito il fatto che il mito è una creazione umana, un qualcosa a cui crediamo e a cui non potremmo fare a meno ed è allo stesso tempo un qualcosa che ha sempre accompagnato l’uomo (si pensi l’antico mito della caverna descritto da Platone o il mito del buon selvaggio di Rousseau). Melillo dà le linee guida per riconoscere ciò che è un mito da ciò che non lo è. Il mito, infatti, non va confuso con la leggenda né tantomeno con la favola. La trascrizione e il racconto spesso fanno apparire somiglianze tra di loro, ma sono tre identità super-caratterizzate e ben definite.

Il mondo consumistico e dei mass media con il quale si identifica la nostra società super-sviluppata è un grande contenitore di miti (miti mitologici come quelli di Ovidio e miti contemporanei come Marilyn Monroe, Lady Diana o Batman) tanto che il processo di mitizzazione e di filiazione di miti è nell’attualità un qualcosa d’inarrestabile. Bisogna fare attenzione anche nel non confondere il mito con la storia: il primo è una sorta di aneddoto –non necessariamente vero o realistico- che ha influenzato o presenziato la storia, quest’ultima è il racconto delle nostre vite e quelle dei nostri antenati. Il mito è e allo stesso tempo non è un eroe. Batman, dunque è un eroe o un mito? Melillo offre una attenta chiave di lettura che ci aiuterà a far luce sulla questione. Il mito inoltre ha immancabili riferimenti e legami alla religione, alla filosofia, alla cosmologia e alla poesia perché in fondo –come più volte viene sottolineato- il linguaggio del mito è un linguaggio lirico, cadenzato, strofico e l’atmosfera che evoca lo è altrettanto. La prefazione di Melillo sfocia poi in un’ampia parte che più propriamente fa riferimento alla filosofia e all’epistemologia del mito che può risultare interessante agli studiosi di tali dottrine.

Il libro si compone di una buona quantità di saggi e studi critici di carattere monografico: Gianfranco Lauretano nel saggio dal titolo “Il mondo abitato del mito in alcune esperienze di poesia contemporanea italiana” affronta la poetica di alcuni poeti dei nostri giorni (Giancarlo Pontiggia, Claudio Damiani, Salvatore Ritrovato e Marina Moretti), procedimento impiegato anche da Anna Maria Tamburini con il saggio “Il mito nella letteratura del Novecento” che analizza alcuni aspetti dell’opera poetica di Cristina Campo, Agostino Venenazio Reali, Margherita Guidacci). Neil Novello arricchisce questo testo con il suo saggio dal titolo “Mitopoesia di Gesù. Pasolini-Vangelo secondo Matteo”.

Per chi è, invece, un grande affezionato del modernismo inglese si consiglia vivamente la lettura del saggio di Daniele Gigli, un’ampia ed eterogenea analisi fatta da più punti di vista sul poemetto filosofico The Waste Land (La terra desolata) del britannico Thomas Stearn Eliot dal titolo “The Waste Land. Dalla parola mitica alla parola incarnata”. Uno degli aspetti che contraddistinguono questa pietra miliare della letteratura contemporanea è il totalizzante uso dell’intertestualità per mezzo della citazione e il riferimento che T.S. Eliot fa ad altrettanti testi letterari, popolari e incluso la Bibbia tanto che il suo libro finisce per essere un mosaico di citazioni. Citare non è mai un processo completamente negativo perché è un mezzo per richiamare dell’altro o celebrare un grande autore del passato. Ovviamente la sovra-citazione non deve mai diventare sinonimo di mancanza di originalità, imitazione o addirittura plagio letterario. L’altra componente chiaramente caratteristica di The Waste Land è l’affollatissima presenza di personaggi vivi, morti, reali o mitici che tra le pagine del poemetto vengono descritti, uno tra tutti il profeta cieco Tiresia che in Ovidio è anche manifestazione dell’ermafroditismo e più in generale di metamorfosi.

Matteo Veronesi nel suo saggio “Dal Novecento agli antichi. Volti e riflessi del mito di Narciso” studia, invece, un mito arci-noto, quello di Narciso, del bel giovane aitante innamoratosi di sé che, per incapacità di guardarsi al di fuori di sé, finisce per morire annegato in un ruscello dove stava specchiandosi. Il narcisismo è un comportamento che in taluni casi può configurarsi come patologico e dunque provocare un vero e proprio problema psicotico come Freud sottolineava già nei Tre saggi sulla sessualità (1905). Parlare di Narciso porta indissolubilmente a parlare anche del mito di Eco al quale appunto Narciso è legato nella narrazione che Ovidio fa.  Veronesi analizza come il mito di Narciso e la stessa parola ‘narcisismo’ sono stati impiegati in letteratura nel corso del tempo; curioso è il riferimento ai poeti crepuscolari: “E, nei crepuscolari, il Narciso che si specchia è ormai un fiore pallido, esangue, estenuato. ‘Rassegnato come uno specchio,/ come un povero specchio melanconico’ (Corazzini), ‘Come uno specchio vano si moltiplica’ (Gozzano)” (p. 208).

Il libro ha un contenuto ricchissimo ed estremamente vario. Si prosegue con il saggio a cura di Giancarlo Micheli dal titolo “Thomas Mann, il nutritore. Il mito realista del Novecento e il realismo mitico di un ex-impolitico”. Un grande omaggio alla letteratura spagnola è contenuto invece nel saggio a cura di Cinzia Demi dal titolo “Don Giovanni ripensa se stesso. Dal rovesciamento del grande mito moderno del Don Giovanni di Sicilia di  Brancati al Don Juan di Tirso de Molina al Dom Juan di Molière, al Dissoluto punito di Mozart-Da Ponte” nel quale il critico analizza mediante stralci tratti dalle varie opere – in prima persona- la differenza sostanziale che si respira tra i diversi libri che trattano di un’unica storia, quella di Don Giovanni, mettendo in luce come il processo di rivisitazione e di riscrittura –motivato da differenze geografiche, temporali, personali- sia determinante nella costruzione di varianti del mito.  Si passa così dal Don Giovanni “originario” di Tirso De Molina per arrivare a quello di Vitaliano Brancati nel quale il personaggio ha ormai perso gran parte delle caratteristiche tipiche del Don Giovanni (libertinaggio, spregiudicatezza, blasfemia, violenza) per diventare un personaggio semplice, forse un po’ troppo bonaccione ed inetto.

Il saggio di Andrea Muni si rivolge alla riscoperta della classicità del mito, un’indagine stessa sulla nascita di questa forme d’espressione e di modalità per rapportarsi/conoscere il mondo nel saggio dal titolo “Il mito come luogo della libertà. Edda Ducci e il mito della caverna di Platone” dove la critica, docente universitaria e filosofa, sottolinea l’importanza del mito della caverna da lei definito “filosofia dell’educazione” per poter comprendere attentamente l’intera filosofia platonica. Il mito della caverna viene analizzato da varie ipotesi interpretative e la Ducci al termine del saggio fornisce una serie di temi importanti (come quello della libertà o il tema della persona) che secondo lei scaturirebbero proprio da questi. Seguono poi altri saggi tra cui “Il mito classico nella poesia di Margherita Faustini” scritto da Rosa Elisa Giangoia che analizza l’ampia e instancabile opera poetica della poetessa genovese scomparsa nel 2009 e “Il mito come distanza. Una lettura pavesiana” di Antonio Melillo, il curatore dell’intero progetto.

 L’opera, come già detto, offre vedute multiple e variegate su un’ampia quantità di materiale letterario, poetico e filosofico per cercare di farci entrare a pieno nello studio del mito. Il mito e la mitologia non sono la stessa cosa come dichiara Antonio Melillo nella prefazione. Il processo di miticizzazione e l’importanza di miti classici nel nostro oggi può essere compreso a pieno solo se si fa un’attenta lettura a questo testo con ricchi apparati di bibliografia che offrono numerosi spunti per ulteriori analisi e studi sul tema.

 

Lorenzo Spurio

scrittore, critico-recensionista

Collaboratore di Limina Mentis Editore

 

30/08/2012

 

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

 

 

La guerra degli Scipioni, di Luca Rachetta

La guerra degli Scipioni di Luca Rachetta

L’Autore Libri, Firenze, 2009

Recensione di Lorenzo Spurio

A dispetto del titolo il romanzo breve di Luca Rachetta, professore di scuola secondaria con varie opere alle spalle, non tratta di guerra, né di storia e neppure ha niente a che fare con Scipione l’Africano. Il libro narra invece le vicende dell’inquieto animo di Giovanni Scipioni, professore in una scuola della sua città, riferimento autobiografico del Rachetta. Altro riferimento autobiografico presente in Giovanni Scipioni è il fatto che sia un amante della cultura, viene detto che progetta romanzi e che in gioventù era un «aspirante poeta» (33). C’è una particolare attenzione nel dipingere i vari personaggi che ci vengono presentati non solo nel loro aspetto fisico e come appaiono agli occhi degli altri ma anche negli scandagli della personalità, facendo riferimento alle loro ossessioni, frustrazioni o debolezze.

La scelta di un narratore onnisciente in terza persona, che tutto sa della storia, può apparire inizialmente un po’ fastidioso e rimandarci alla lettura di romanzi ormai antiquati ma grandi classici della letteratura, dove pure il narratore interveniva direttamente per anticipare o informare il lettore di ciò che si apprestava a leggere. Non è un vizio di forma, ma la tecnica che il Rachetta fa sua per questa narrazione suggestiva, che non cade mai nella banalità e che riesce a mantenere alto il coinvolgimento del lettore.

Attraverso il personaggio di Giovanni Scipioni siamo in grado di vedere il mondo della scuola, delle lezioni e dello studio non tanto attraverso gli occhi di un giovane insoddisfatto ma attraverso quelli di un docente capace, stimato, il cui unico difetto, forse, è quello di essere un po’ troppo all’antica. Così, dopo una breve descrizione della sua giornata lavorativa alla scuola, il primo giorno dell’anno scolastico e l’attentissima caratterizzazione dei colleghi (tra cui l’affascinante docente di storia dell’arte e la tremenda direttrice) veniamo catapultati nella sua famiglia: la moglie Elsa e la figlia Beatrice, adolescente che sta crescendo troppo velocemente agli occhi del genitore e che, com’è tipico nella nostra società, è assoggettata dalle “mode” più in voga. C’è una scena curiosa nelle primissime pagine del libro in cui Giovanni si sente attratto da una ragazza appariscente che vede per la strada e poi entrare nel suo stesso condominio e, solo in un secondo momento, si accorge che si tratta di sua figlia. Forse è presente in Giovanni Scipioni un qualche lieve e vago riferimento a un altro Giovanni della letteratura italiana, ossia Giovanni Percolla, protagonista di Don Giovanni in Sicilia di Vitaliano Brancati, autore quest’ultimo che Rachetta ha studiato attentamente e di cui ha pubblicato un’opera di critica letteraria dal titolo Vitaliano Brancati. La realtà svelata (Maremmi Editore, Firenze, 2006). Come nel personaggio di Brancati, Giovanni Scipioni è affascinato dal gentil sesso, pur avendo in questo caso una famiglia e addirittura una figlia ed entrambi i Giovanni non mancano di guardare affascinati ragazze e donne in giro per la città.

Tra gli altri personaggi troviamo i due fratelli di Giovanni, diversissimi tra loro ma, ad ogni modo, ognuno affetto da qualche problema. Antonio è celibe ed è sempre propenso a parlare di politica, della necessità di meritocrazia e dei mali della società contemporanea. L’altro fratello, Paolo, sta invece facendo i conti con un matrimonio che sta finendo perché è diventato semplicemente un insieme di rituali che vengono ripetuti. E’ però a Giovanni che tutti ricorrono per parlare dei loro problemi come se in realtà lui fosse scevro da ogni inquietudine. E così pian piano su di lui si riversano tutte queste preoccupazioni («Ci si erano messe anche quelle due zavorre dei fratelli», 32), che gli altri, nell’intenzione di alleviare, gli hanno esposto e vanno a sommarsi alla pesantezza del suo essere docente. Non è però un romanzo di adulti carichi di problemi ma una narrazione che potremmo definire “generazionale” o, per utilizzare un linguaggio più accademico, di formazione in quanto sono descritti sia fisicamente che psicologicamente gli studenti, in maniera particolare alcuni ragazzi un po’ ambigui nel contesto scolastico: il secchione sempre ansioso e il taciturno pensieroso.

L’insofferenza di Antonio nei confronti di alcuni colleghi non così ligi al loro lavoro come lui lo porta a barricarsi direttamente nella stanza del primo cittadino, dove cerca di far valere le sue ragioni basate su idee nevrotiche ma la sua azione finisce per ridicolizzarlo e, ormai bollato da tutti come pericoloso e pazzo, si congeda dal suo lavoro. Non soddisfatto della sua condizione e ormai chiaramente fuori di senno, tenta di mettersi in contatto con altre sfere del potere pubblico avanzando sempre le stesse pretese: scrive una lettera al presidente della Repubblica e incontra un vescovo. Entrambe le situazioni non sortiscono nessun effetto e, anzi, l’incontro con il vescovo si configura come un grottesco siparietto e noi, in qualità di lettori, ci rendiamo conto, mai come in precedenza, che Antonio ha ormai superato il limite della ragione ed è pericoloso per la società. Per suo fratello Giovanni non è che un ulteriore fardello e preoccupazione di cui occuparsi.

Si fa viva nel corso del romanzo la convinzione che ogni personaggio sbagli, o perlomeno confonda, il vero destinatario delle sue inquietudini: il nevrotico Antonio più che appellarsi al sindaco, al presidente della repubblica o al vescovo avrebbe, forse, bisogno di un consulto psicanalitico o addirittura psichiatrico; Paolo riversa la sua titubanza e sofferenza circa la decisione o meno di lasciare sua moglie sul fratello Giovanni piuttosto che confrontarsi direttamente con la moglie e anche Giovanni, appesantito dall’eccessivo rigorismo della scuola e intimorito dall’austera figura della direttrice finisce per non avere mai la parola sulle sue inquietudini. Rachetta ci fornisce un attentissimo e vivido spaccato tutto contemporaneo di una famiglia che apparentemente sembrerebbe fuori dagli schemi ma che, a una rilettura più attenta, si configura invece come una realistico labirinto di sofferenze, pensieri, inquietudini e comportamenti maniacali. Molti sono i personaggi-tipo che tratteggia con particolare cura: il professore sposato, forse un po’ snobbato e che deve fare i conti con la figlia adolescente con la quale spesso è in disaccordo («Doveva accettare i cambiamenti della figlia, della società, dei costumi. Erano finiti i tempi del Dolce Stil Novo. Restava solo di farsene una ragion», 58), l’uomo ossessionato dalle sue convinzioni che agli occhi di tutti si configura come pazzo, l’uomo un tempo innamorato e ora vacillante nei suoi sentimenti, indifeso e tra i personaggi femminili quello che meglio è tratteggiato è sicuramente Beatrice, la figlia trasgressiva secondo il bigottismo paterno mentre Elsa e Eleonora sono personaggi un po’ sfocati.

Un curiosissimo intrico di pensieri che va di pari passo a una certa passività dei personaggi che fa quasi pensare ai famosi indifferenti dell’omonimo romanzo di Moravia ma che mettono in luce le problematiche e le inquietudini tutte contemporanee dell’uomo nel dover vivere la vita di tutti i giorni.

LUCA RACHETTA è  nato a Torino ma risiede oggi a Senigallia (An) dove lavora come insegnante in una scuola media. Ha studiato con particolare attenzione l’opera narrativa di Vitaliano Brancati e ha pubblicato nel 2006 il saggio Vi­taliano Brancati. La realtà svelata con la Maremmi Editore di Firenze.  Con la stessa casa editrice ha pubblicato sillogi di racconti: Dove sbiadisce il sentiero (2006), La teoria dell’elastico (2008), il racconto lungo La torre di Silvano (2008) e il romanzo La guerra degli Scipioni (2009). Per settembre prossimo è prevista l’uscita del nuovo romanzo dal titolo La setta dei giovani vecchi. L’autore ha un suo sito personale:  www.lucarachetta.it 

LORENZO SPURIO

09-07-2011

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