The royal wedding

Oramai mancano pochi giorni per il matrimonio dell’anno, il tanto atteso royal wedding del principe William d’Inghilterra con la borghese Catherine Middleton, soprannominata dalla stampa Kate. I notiziari, le testate giornalistiche italiane (al pari quelle di ogni altro paese europeo) ci hanno bombardato negli ultimi mesi delle varie notizie, curiosità e spoilers di quello che è considerato il matrimonio regale che avrà il maggior numero di riflettori puntati su di sé. Le notizie che ci sono arrivate sulla coppia sono molto eterogenee: dalle ipotesi sulla sartoria che ha commissionato l’abito di Kate ai dubbi e perplessità sulla sua probabile anoressia, se William indosserà o no l’abito militare e addirittura questioni totalmente futili e che denotano il delirio monarchico degli inglesi: di che colore sarà il cappellino della sovrana? Il tempo permetterà di utilizzare per il corteo reale la carrozza scoperta?

E poi il recente acquisto di uno stemma nobiliare da parte della famiglia Middleton nel quale domina il colore d’oro in onore alla madre della sposa che di cognome fa Goldsmith e le tante voci che circolano per l’imbarazzo della famiglia reale per la presenza alla cerimonia di familiari di Kate rissosi e scomodi come il pluritatuato e donnaiolo zio materno o lo stesso fratello della sposa.


Intanto Londra prepara le sue misure per blindare la città, vietare lo spazio aereo, sigillare i tombini e cercare di prevenire le manifestazioni contro il governo che pure sono attese nel giorno più bello per la monarchia. Gran parte dei notiziari hanno spesso sottolineato la vicinanza tra Kate e la compianta Lady Diana, una somiglianza non tanto fisica ma di modi e di apprezzamento del pubblico. A mio modo di vedere si tratta di un parallelismo del tutto fuori luogo, montato ad arte, forzato. Le due donne non hanno niente in comune se si eccettua il comune affetto ed amore verso il principe William. Credo anzi, che oltre ad essere pretestuosi tali avvicinamenti tra due persone tanto diverse (per origini, per carisma, per ruolo, per impegno umanitario) finiscano invece per addebitare alla giovane neo-sposa e futura principessa di Galles un carico troppo pesante. Chi guarda lei crede di rivedere Diana ma nella realtà vede una persona totalmente diversa da lei. Kate dovrà dare una sua immagine personale e non rifarsi (come ha già abbondantemente fatto, forse casualmente, forse no) a quella che, se il fato non l’avesse voluto, oggi sarebbe stata sua nuora.


Alla vigilia del matrimonio reale la televisione italiana trasmette il film William e Kate, una favola moderna (William and Kate: A Modern Day Fairy Tale), del regista Mark Rosman. Il film che verrà trasmesso da Rai 1 mercoledì 27 Aprile in prima serata dipinge la relazione tra William e Kate sino all’ufficializzazione del loro fidanzamento. Si tratta, assieme a tazze con le foto degli sposini, gadget, bandiere con i loro volti, stendardi e poster di una delle tante manifestazioni dell’esaltazione della monarchia inglese che, chi non è inglese o non vive in uno stato retto da una monarchia, trova difficile da comprendere.

Nel film il principe William è interpretato da Nico Evers-Swindell, mentre Kate dall’attrice  Camilla Luddington. Tra gli altri personaggi ci sono Ben Cross che interpreta il principe Carlo e Justin Hanlon che invece interpreta il principe Henry, fratello del principe William.

Per domani l’appuntamento con questa ricostruzione della relazione amorosa tra il principe William e la bella Kate e a venerdì il vero grande appuntamento con il matrimonio reale. Solo allora saremo in grado di fugare tutti i dubbi e di verificare le anticipazioni che in questi giorni hanno circolato ridondanti e contrastanti. La diretta da Londra sullo speciale Rai Uno dalle 11,30 (all’interno il tg1 delle ore 13,00) che proseguirà poi per tutto il pomeriggio. GOD SAVE THE QUEEN

LORENZO SPURIO

26-04-2011

The King’s Speech (Il discorso del re)

 

Il film The King’s Speech (Il discorso del re), recentemente uscito nelle sale italiane (regia di Tom Hooper, paese: Regno Unito/Australia) pone al centro della sua trama un aspetto poco conosciuto o che la storiografia tende a tralasciare. Ci narra la vita di re Giorgio VI d’Inghilterra non in termini cronachistici e biografici, nel senso che non ci descrive le diverse fasi della sua vita (infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia) ma si focalizza su un suo difetto di pronuncia, le balbuzie, che, una volta diventato re, lo mise di fronte a problemi molto importanti: l’impossibilità di comunicare degnamente alla nazione e la conseguente cattiva immagine del regnante agli occhi del suo popolo come “re debole” o addirittura “re silente”.

Le immagini che seguono si riferiscono a scene tratte dal film.

1. Re Giorgio VI

Il principe Albert (1895-1952) era il secondogenito di Re Giorgio V d’Inghilterra (1865-1936) e della Regina Mary di Teck (1867-1953). Come secondogenito del sovrano a Giorgio (soprannominato Bertie in famiglia[1]), venne affidato il titolo di Duca di York. Suo fratello maggiore, invece, il principe Edoardo (1894-1972) in qualità di principe ereditario ottenne il titolo di Principe di Galles.

Alla morte di Re Giorgio V, nel 1936, il regno passò al suo primogenito, il principe Edoardo, che venne incoronato come Re Edoardo VIII. Tuttavia la personalità del monarca fu molto discussa: non aveva ancora una moglie e questo non era una buona garanzia per il futuro della monarchia. Oltretutto era accompagnato con una signora americana, Wallis Simpson (1895-1986)[2], la quale aveva alle spalle due divorzi. La relazione era malvista dalla corte e addirittura dal popolo inglese. Alla fine re Edoardo VII dovette fare una scelta tra amore e trono e scelse di abdicare a favore di suo fratello. Nello stesso anno, al trono salì il principe Albert che, per dare una certa linea di continuità con il padre, assunse il nome di Re Giorgio VI.

Non ci interessa far riferimento alla vita familiare del re e alle sue azioni diplomatiche, basterà ricordare che il re prese direttamente voce all’interno dello scenario della seconda guerra mondiale, dichiarando, con il discorso del 1936, l’entrata in guerra degli inglesi contro il nazifascismo. Va inoltre ricordato che Re Giorgio VI si sposò con la contessa Elizabeth Bowes-Lyon (1900-2002) che con la sua unione divenne la Regina Elisabetta. Siamo soliti ricordarla come la Queen Mum, la Regina Madre, scomparsa nel 2002 alla veneranda età di 102 anni. L’attuale regina Elisabetta II non è che la figlia di Re Giorgio VI e della Regina Madre.[3]

2. Il film

Il film si apre nel 1925 con un discorso scritto dal re padre che il principe Albert sta leggendo per la chiusura dell’Empire Exhibition al Wembley Stadium di Londra. Il principe è impacciato, affaticato e soffre di balbuzie. Non riesce a leggere in maniera sciolta il discorso, che risulta essere asfittico e intermittente. La nazione apprende della deficienza del figlio del re.

L’intero film affronta i vari tentativi del logopedista Lionel Logue[4] nel cercare di migliorare le balbuzie del principe, facendogli fare ogni sorta di esercizi linguistici e fisici. Inizialmente queste prove non sembrano dare gli esiti sperati e il principe è deluso dall’ennesima terapia. Con un lavoro molto rigoroso e continuo il dottor Logue riuscirà a far forza sui problemi del principe e, pur non riuscendo a risolverne completamente le sue balbuzie, riesce a migliorare il suo disturbo. Il film non sembra darci risposte precise alle origini del disturbo del principe ma allude a varie cause: l’atteggiamento severo del re padre e la predilezione della tata per suo fratello.

Il film si basa dunque su una serie di sedute a cui il principe si sottopone ma non manca di rappresentare anche i momenti più cari alla nazione inglese: la morte di Re Giorgio V, l’intronizzazione del fratello, il Re Edoardo VIII e la sua abdicazione, fino all’intronizzazione del principe che diviene Re Giorgio VI.

Il film si conclude con il discorso che il re fa alla nazione in occasione dell’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania hitleriana. Dopo un’iniziale titubanza verbale il nuovo re riesce a leggere il suo discorso senza intoppi. E’ il segno che il lavoro del dottore Logue è andato a buon fine.

A conclusione del film, alcune frasi esplicative ricordano che da quel momento il dottor Logue fu sempre presente con il Re nei momenti dei discorsi alla nazione, che i due divennero grandi amici e che il Re lo nominò cavaliere del regno.

3. I discorsi del re

Sebbene il titolo del film faccia riferimento al “discorso del re” in realtà nel corso della storia i discorsi del re sono molti. Il titolo sottolinea ed enfatizza l’ultimo discorso del re, quello felice, quello in cui le balbuzie sembrano averlo abbandonato, che viene fatto nel 1939, in occasione dell’entrata in guerra dell’Inghilterra. Se decidiamo di leggere il film sulla base dei vari speeches ne possiamo analizzare molteplici: il discorso iniziale del principe Albert per celebrare la chiusura dell’ Empire Exhibition, i vari discorsi (o meglio, conversazioni) che il principe, inizialmente riluttante, scambia con il dottore, i discorsi con la sua famiglia (con l’anziano re padre, con il fratello libertino e con l’amorevole moglie), il discorso della cerimonia dell’intronizzazione nella cattedrale di Westminster (che tuttavia non viene riportato nel film) sino all’ultimo discorso, quello dell’entrata in guerra dell’Inghilterra. La vita di re Giorgio VI viene mostrata in questo film attraverso una serie di discorsi, attraverso un processo di riacquisto dell’indipendenza linguistica. La riabilitazione linguistica sotto questo punto di vista viene a significare che il re ha completamente accettato e si è impossessato del ruolo che deve ricoprire.

Un film interessante, che investiga un aspetto curioso e di debolezza di un grande della storia inglese. La morale che ne possiamo trarre è che, chiaramente, anche un re può soffrire di disturbi e avere deficienze. Non gli è tollerato però mostrarle in pubblico e deve necessariamente combatterle. La concezione dei due corpi del re di Ernst Kantorowicz[5] (il corpo fisico, mortale, deperibile e comune a tutti i mortali e il corpo regale, unto dal balsamo di Dio) ci suggerisce proprio che il re è un mortale come tutti noi, che soffre debolezze e mancanze anche se l’aurea di regalità ce lo fa immaginare divino, prescelto da Dio e superiore ai comuni mortali.

 

LORENZO SPURIO

10-02-2011

 


[1] Era diffusa al tempo l’attitudine di impiegare soprannomi per i membri della famiglia reale che però venivano utilizzati solo all’interno dell’ambito familiare. La principessa Elisabetta, attuale regina, era Lillibet, mentre sua sorella, la principessa Margaret era Margot.

[2] Wallis Simpson fu un personaggio chiaramente in rotta contro la casa reale: non aristocratica, con due divorzi alle spalle, dalla condotta eccentrica e dispendiosa e addirittura vicina ai regimi nazisti.

[3] Nel film la moglie del re è una presenza costante. E’ continuamente al fianco del marito, condivide con lui il suo problema e la sua sofferenza e gioisce al termine della storia quando capisce che suo marito ha vinto la battaglia. Nel film ci sono varie scene che riguardano anche le due figlie della coppia, le principesse Elisabetta e Margaret.

[4] Il logopedista Lionel Logue (1880-1953) fu un medico di origini australiane che visse a Londra. Sebbene nel film la terapia del dottor Logue inizi in un periodo prossimo al 1936 ossia alla morte di Re Giorgio V, nella realtà, il principe Albert fu in cura da lui dal 1926. Per quanto concerne le conversazioni tra il dottore e il principe Albert, la descrizione delle loro sedute e gli esercizi che Logue faceva fare al principe, il film si basa su fonti storiche molto attendibili: il libro che Mark, nipote di Logue, scrisse assieme a Peter Conradi sul rapporto tra suo nonno e il monarca: The King’s Speech: How One Man Saved the British Monarchy.

[5] Ernest Kantorowicz, The King’s Two Bodies. A Study in Mediaeval Political Theology, Princeton, Princeton University Press, 1957.

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