“Sulla personalità caratteriale di Federico García Lorca: un avvicinamento astrologico”, saggio di Isabella Michela Affinito

A cura di ISABELLA MICHELA AFFINITO

Se si sfoglia a caso una crestomazia poetica di Federico García Lorca è inevitabile la visione di termini che vertono al concetto della “morte” e ciò risulta alquanto singolare, antitetico per una persona che come lui ebbe un’infanzia cosiddetta ‘dorata’ attorniato dal calore dei tre fratelli, Francisco, Conchita e Isabel, e dei due genitori nel contesto del solido benessere economico basato sulle proprietà terriere paterne.

Allora il motivo è da ricercarsi altrove e precisamente inseguendo le tracce della posizione del suo pianeta Plutone – il regnante dell’Oltretomba e degli inesplicabili enigmi sommersi, vieppiù dell’altra dimensione priva della materia corporea – al momento della sua nascita. Ebbene, si trovava nel Segno dei Gemelli in Casa Terza (corrispondente al settore della comunicazione, dei viaggi, dei fratelli e degli studi) in congiunzione col Sole, quindi, col risultato di un Io particolarmente rafforzato di magnetismo e altamente espansivo, inciso d’impenetrabilità.

Federico García Lorca nacque sotto il Segno d’Aria maschile dei Gemelli, con l’Ascendente nel Segno d’Acqua femminile dei Pesci: Aria+Acqua quale accostamento piacevole e d’inafferrabile comprensione, ancora tuttora per chi tentasse di voler includere il poeta spagnolo nel quadrante caratteriale specifico, dato che la personalità ‘diafana’ come la sua ha fruito e godrà ad oltranza dell’amabile sfuggevolezza riconducibile alle leggendarie nove Muse greche guidate dal dio Apollo.

Sì, García Lorca era indefinito e indefinibile, inafferrabile come l’elemento gassoso l’elemento liquido summenzionati, dall’individualità che non accettava ‘barriere’ o limiti perché voleva spaziare ovunque; tuttavia si sentiva ‘inseguito’ dal fantasma con la falce in mano talché in quello che più gli piaceva fare, ovvero scrivere insieme al suo spiccato istrionismo, c’era lui, Plutone, a tingere di nero e di rosso (i colori prediletti da Plutone) i suoi propositi e i suoi lavori letterari.

Nella sua Casa Terza vigeva il raggruppamento di Sole, Mercurio e Plutone, per cui non c’è da meravigliarsi della favorita sua riuscita (nonostante la breve esistenza e i tempi storici di travaglio nazionale in cui visse) nel campo delle lettere, dell’oratoria (frequentò corsi universitari di Lettere e Giurisprudenza senza però laurearsi) e della creazione del proprio personaggio-attore in giro per la Spagna perlopiù misconosciuta e ai margini della cultura, per diffondere quel teatro spagnolo così fortemente imbevuto di tradizioni, di forte senso dell’onore e di passioni oltremisura dove il liquido scarlatto (il sangue) faceva inesorabilmente da sfondo alla trama.

«[…] Il Mercurio-Gemelli, soprattutto, ascolta, e certi suoi interventi verbali un po’ precipitosi non dipendono dalla smania di sopraffare l’interlocutore, ma dall’eccessiva prontezza con cui ha afferrato ciò che l’interlocutore intende dire. Infine, è il suo gusto per il teatro che lo induce a volte ad assumersi il ruolo di prim’attore.» (Dal volume Lezioni di astrologia – La natura dei Segni di L. Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, Anno 1989, p. 85).

Comunque Egli possedeva determinazione, oltre all’imprendibilità, in quanto ebbe la Casa Prima (specchio rimandante i tratti salienti di ciò che si è veramente) tra il Segno dei Pesci e il Segno di Fuoco dell’Ariete, quest’ultimo così impulsivo e a tratti spericolato.

Un indizio riguardo alla sua tragica conclusione esistenziale (morte per fucilazione) potrebbe celarsi nel suo pianeta Marte (della guerra e della violenza) collocato proprio nel Segno dell’Ariete, che nell’ordinario è già governato da Marte, per cui si sono amplificate le forze marziali che sono state per lui micidiali. Avvalendosi dell’arte teatrale, versificatoria e quant’altro, lui abbracciò la causa dei più deboli come le persone di colore, i gitani, gli ultimi della società messi all’angolo dal diffuso razzismo che riscontrò soprattutto nel Nuovo Continente americano quando ne varcò la soglia durante il viaggio, di cui rimase negativamente impressionato per le insormontabili differenze col suo paese d’origine, dalla primavera 1929, l’anno del crollo di Wall Street inducente molte persone al suicidio, alla primavera 1930, mentre imperversavano le grandi migrazioni di folla che dal Vecchio Continente partiva sui vecchi bastimenti solcanti per settimane l’Oceano Atlantico in cerca di qualsiasi lavoro. Per l’occasione in cui visitò gli Stati Uniti, García Lorca compose diverse toccanti liriche tra cui “L’aurora”: «L’aurora di New York ha/ quattro colonne di fango/ e un uragano di negre colombe/ che guazzano nelle acque putride.// L’aurora di New York geme/ sulle immense scale/ cercando fra le lische/ tuberose di angoscia disegnata.// L’aurora viene e nessuno la riceve in bocca/ perché non c’è domani né speranza possibile./ A volte le monete in sciami furiosi/ trapassano e divorano bambini abbandonati. […] La luce è sepolta con catene e rumori/ in impudica sfida di scienza senza radici./ Nei sobborghi c’è gente che vacilla insonne/ appena uscita da un naufragio di sangue.» (Dal volume monografico n°5 Federico García Lorca – Poesie, Collana “La Grande Poesia” del Corriere della Sera, Supplemento al quotidiano del “Corriere della Sera”, RCS Quotidiani S.p.A. di Milano, 2004, pp. 259-261).

Con Venere nel Segno del Cancro in Casa Quinta Federico si distinse per una bellezza esteriore fuori della norma, genuinamente risaltata dal colore di pece della sua mossa e abbondante capigliatura, dal continuo bisogno di sentirsi amato e protetto, collezionando storie affettive una dopo l’altra anche non volendolo e soprattutto con la volontà di non soffrire troppo alla loro conclusione. Provava passività e un grande romanticismo nell’esprimere i propri sentimenti quasi avesse posseduto un delicato animo femminile, da cui probabile l’attrazione per lo stesso sesso. Pianse come un bambino smarrito mentre lo portavano per essere giustiziato.

Il suo Saturno in Casa Nona (del lontano e delle esplorazioni anche in terre straniere) corrispose alla stessa posizione, purtroppo, che ebbero Giulio Cesare, Abraham Lincoln, Mahatma Gandhi, ovvero illustri personaggi storici che vennero assassinati e così fu pure per lui, a soli trentotto anni da parte di una ‘squadraccia’ del nuovo regime dittatoriale di Francisco Franco (1892-1975) da poco instauratosi anche in Andalusia, la quale, dopo l’arresto del poeta, procedette alla fucilazione senza neanche una forma di processo.

Con Urano altrettanto in Casa Nona Federico si sentiva un vero anticonformista, innovatore di qualcosa che doveva ancora affacciarsi alla ribalta sociale non solo del suo territorio spagnolo e gli venne naturale porgere interesse sin dal principio alla corrente francese del Surrealismo del XX secolo, teorizzata dal medico-scrittore André Breton, ch’era intrecciata ai sogni, alla scrittura automatica, alla psicoanalisi, alle azioni dissociate dalla logica, ai desideri inconsci e alle allucinazioni, quest’ultime tipiche dei quadri del suo connazionale, Salvador Dalí, di cui fu amico fraterno.

«[…] Ispira inoltre la capacità di tagliare i ponti con il passato non soltanto ideologico, ma anche legato all’esperienza di vita del soggetto, pronto a balzare verso nuove situazioni operative o mentali senza curarsi di “quel che dirà la gente”, ossia senza curarsi delle mode e degli snobismi espressi dalla casa terza. Altrettanto disinvolto e cangiante l’atteggiamento in campo sociale.» (Dal volume Lezioni di astrologia – La natura delle Case di L. Morpurgo, I manuali Longanesi & C. di Milano, 1983, p. 211).

Infine osserviamo la Luna nel Segno di Terra del Capricorno (nel tema natale di García Lorca scarseggiano di molto gli influssi provenienti dall’elemento Terra, quindi Egli provava un tenue senso della materialità) e in Casa Decima (quella dell’emancipazione, del desiderio di lasciare la famiglia d’origine per soddisfare una personale sete d’ambizione), cosicché Federico fu alquanto ambizioso, fin da subito avvertente in sé di dover e voler scalare le fatidiche “montagne” pur di raggiungere la fama anelata specialmente in campo recitativo.

Il suo fu un «[…] Teatro esemplare e quindi popolare nel senso più alto del termine; regionale nella sua cornice, universale nella sostanza; barbaro nei miti e nelle passioni in esso scenificate, ma civilissimo in quanto prodotto genuino di poesia e culmine cosciente e coerente di una delle migliori esistenze poetiche del Novecento europeo.» (Dal volume n°5 Collana editoriale Le Muse – GedeaGrande Dizionario Critico di Arti visive, Letteratura, Musica e Teatro, Istituto Geografico De Agostini di Novara, 2004, pp. 284-285). 

Indubbiamente – la Luna in tema maschile rappresenta la figura materna – la madre, seconda moglie del padre, la maestra Vicenta Lorca Romero (1870-1959), deve avergli trasmesso molto di più dell’amore per la musica e le arti in genere, infondendogli la voglia di diventare qualcuno insieme ai valori del rispetto umano universale. È stata la stessa posizione lunare, in Casa Decima, della pittrice messicana Frida Kahlo (1907-1954), una delle ‘artiste-pioniere’ entrata a far parte a tutti gli effetti della nutrita storia dell’arte mondiale, anch’ella inserita nella corrente surrealista coi suoi quadri riproducenti a tappe la sua ‘spinosa’ autobiografia, tra differenti autoritratti e situazioni incresciose di salute.

«[…] È una madre-padrona, a volte inequivocabilmente dura, a volte invece posseduta da un autentico interesse affettivo per il figlio che tuttavia, e sia pure in buona fede, tende a dominare. In linea generale essa si presenta agli occhi della prole come una donna forte, dalla quale non si può prescindere. […] Per un uomo, privato della scenografia necessaria alla fase edipica, i problemi sono più gravi e rischiano di compromettere i rapporti con la donna in generale, contribuendo alla omosessualità.» (Dal volume Lezioni di astrologia – La natura dei Segni di L. Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, 1989, p. 293).

ISABELLA MICHELA AFFINITO

Fiuggi (FR), 02/03/2023

Il presente testo viene pubblicato su questo blog su autorizzazione e con il consenso dell’autrice senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

Rivista “Nuova Euterpe” n°01/2023 – Lista delle opere

COMUNICATO DI SELEZIONE OPERE

RIVISTA «NUOVA EUTERPE» N°01/2023

La Redazione della Rivista «Nuova Euterpe» – composta da Lucia Bonanni, Luigi Pio Carmina, Antonio Corona, Lucia Cristina Lania, Francesca Luzzio, Emanuele Marcuccio, Francesco Martillotto, Lorenzo Spurio, Laura Vargiu e Michela Zanarella – ha letto attentamente le numerose opere giunte, per ciascuna sezione di riferimento, per la selezione di opere per il primo numero della rivista che proponeva quale tema a cui rifarsi, pur liberamente, “I libri: lo specchio dell’io” e, considerando i parametri tecnico-formali e contenutistici della Redazione, ha deciso di selezionare le opere di seguito indicate per la pubblicazione del primo numero della rivista.

Con la finalità di non pregiudicare la selezione di opere ritenute molto buone e in linea con la partecipazione della rivista, la Redazione ha deciso di riconoscere una deroga in merito ai limiti massimi di lunghezza previsti nelle sopracitate “Norme”, garantendo così ad alcune opere di essere ugualmente inserite in questa selezione.

Le opere, pubblicate in prima battuta sul sito internet della Rivista (www.nuovaeuterpe.com), a seguito di una revisione del progetto e della dismissione del predetto sito, sono state trasmigrate all’interno delle pagine del sito www.blogletteratura.com a Febbraio 2024, spazio dove, pure, verranno pubblicate le opere selezionate dei successivi numeri.

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AFORISMI

FUSCO LORETTA – Aforisma nr. 1 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-astrazione-aforisma-di-loretta-fusco/

MAGLI SIMONE – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-aforisma-di-simone-magli/

PACI GABRIELLA – Aforisma nr. 1 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-il-potere-della-lettura-aforisma-di-gabriella-paci/

PELLINO MARIA – Aforisma nr. 1 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-aforisma-di-maria-pellino/

ROMANO TOMMASO – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-aforisma-di-tommaso-romano/

TONINI CLAUDIO – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-emozioni-un-aforisma-di-claudio-tonini/

VARGIU LAURA – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-libri-un-aforisma-di-laura-vargiu/

VESCHI MICHELE – Aforismi nr. 1,2, e 3 – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-tre-aforismi-di-michele-veschi/

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POESIA

ALEXANDRU ELENA DENISA – “Gli affetti” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-gli-affetti-poesia-di-elena-denisa-alexandru/

BALDI FABIA – “[Sempre più lento]” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-sempre-piu-lento-poesia-di-fabia-baldi/

BLUNDA ANTONIO – “Breve fiaba dell’Ade” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-breve-fiaba-dellade-poesia-di-antonio-blunda/

BONSANTE MATTEO – “Seid Visin” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-seid-visin-sento-gli-sguardi-schifati-per-la-mia-pelle-poesia-di-matteo-bonsante/

BORSCI CATERINA – “Trame” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-trame-poesia-di-caterina-borsci/

CANAPINI FRANCA – “Il bacio” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-il-bacio-poesia-di-franca-canapini/

CARLI BALLOLA RICCARDO – “Possibilità ipotetiche” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-possibilita-ipotetiche-poesia-di-riccardo-carli-ballola/

CARMINA LUIGI PIO – “Euterpe” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-euterpe-poesia-di-luigi-pio-carmina/

CARRABBA MARIA POMPEA – “Quei nudi ruderi di storia” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-quei-nudi-ruderi-di-storia-poesia-di-maria-pompea-carrabba/

CASATI ROBERTO – “Ai margini dell’oceano” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-ai-margini-delloceano-poesia-di-roberto-casati/

CORONA ANTONIO – “Un foro nella roccia” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-un-foro-nella-roccia-poesia-di-antonio-corona/

DE FELICE SANDRA – “Tracce di inchiostro” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-tracce-di-inchiostro-poesia-di-sandra-de-felice/

DE ROSA MARIO – “Il popolo del libro” – https://blogletteratura.com/2024/02/02/n-e-01-2023-il-popolo-del-libro-poesia-di-mario-de-rosa/

DEMI CINZIA – “Labirinto” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-labirinto-poesia-di-cinzia-demi/

FERRERI TIBERIO TINA – “All’ombra della luna” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-allombra-della-luna-poesia-di-tina-ferreri-tiberio/

FUSCO LORETTA – “Introspezione”; “Passaggio interiore” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-introspezione-e-paesaggio-interiore-due-poesie-di-loretta-fusco/

GAGLIARDI FILOMENA – “A chi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-a-chi-poesia-di-filomena-gagliardi/

GRECO GABRIELE – “Quasi un addio” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-quasi-un-addio-poesia-di-gabriele-greco/

GUILLAUME GIAN LUCA – “Ricordi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-ricordi-poesia-di-gian-luca-guillaume/

KOSTKA IZABELLA TERESA – “Catarsi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-catarsi-poesia-di-izabella-teresa-kostka/

LANGIU ANTONIETTA – “La tua voce” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-la-tua-voce-poesia-di-antonietta-langiu/

LANIA CRISTINA – “Pagine” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-pagine-poesia-di-lucia-cristina-lania/

MANCA SANDRA – “Una voce come il vento” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-una-voce-come-il-vento-poesia-di-sandra-manca/

MAUTHE UGO – “C’è stata battaglia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-ce-stata-battaglia-poesia-di-ugo-mauthe/

MONTICELLI ALESSANDRO – “Restare” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-restare-poesia-di-alessandro-monticelli/

NAPOLITANO GIUSEPPE – “Un fiammifero nel buio” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-un-fiammifero-nel-buio-di-giuseppe-napolitano/

PACI GABRIELLA – “Scrivo le mie parole” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-scrivo-le-mie-parole-poesia-di-gabriella-paci/

PASERO DARIO – “Le tragedie” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-le-tragedie-a-son-pi-paressante-ancheuj-che-n-sle-stagere-datene-poesia-di-dario-pasero/

PATTACINI WANDA – “Il dono della poesia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-il-dono-della-poesia-poesia-di-wanda-pattacini/

PIERANDREI PATRIZIA – “Riflessione” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-riflessione-poesia-di-patrizia-pierandrei/

QUINTAVALLA MARIA PIA – “L’anima, questo dura” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-lanima-questo-dura-poesia-di-maria-pia-quintavalla/

RICCIALDELLI SIMONA – “Quel povero io” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-quel-povero-io-poesia-di-simona-riccialdelli/

RUFFILLI PAOLO – “Libro” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-libro-poesia-di-paolo-ruffilli/

RUSSOTTI JOSE’ – “Ardeva nella casa” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-ardeva-nella-casa-poesia-di-jose-russotti/

SANTARELLI ANNA – “Un libro” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-un-libro-poesia-di-anna-santarelli/

SEGHETTA ANDREOLI EVARISTO – “Libri” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-libri-poesia-di-evaristo-seghetta-andreoli/

SERPENTINI ELSO SIMONE – “Tappeto di foglie” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-tappeto-di-foglie-poesia-di-elso-simone-serpentini/

SICA GABRIELLA – “Diario Mille novecento novanta nove di Zeichen” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-diario-mille-novecento-novanta-nove-di-zeichen-poesia-di-gabriella-sica/

SIDOTI MARIA GIULIA – “Un alito di vento” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-un-alito-di-vento-poesia-di-giulia-maria-sidoti/

SPAGNUOLO ANTONIO – “Sere” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-sere-poesia-di-antonio-spagnuolo/

STANZIONE RITA – “Liberi” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-liberi-poesia-di-rita-stanzione/

TONINI CLAUDIO – “Sorte di un poeta”; “Riflessi di malinconia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-sorte-di-un-poeta-e-riflessi-di-malinconia-due-poesie-di-claudio-tonini/

TRIVAK BOGDANA – “I libri. Lo specchio dell’io” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-i-libri-lo-specchio-dellio-poesia-di-bogdana-trivak/

VETTORELLO RODOLFO – “Illuminazione, sentire prima di capire”; “Le verità provvisorie” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-le-verita-provvisorie-e-illuminazione-sentire-prima-di-capire-due-poesie-di-rodolfo-vettorello/

ZANARELLA MICHELA – “Nel giardino di Sophia” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-02023-nel-giardino-di-sophia-poesia-di-michela-zanarella/

ZANIBONI LUCIO – “Alichino” – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-alichino-poesia-di-lucio-zaniboni/

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ARTICOLI

CAMELLINI SERGIO – “La visione in maschera e pessimistica di Luigi Pirandello” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-visione-in-maschera-e-pessimistica-di-luigi-pirandello-articolo-di-sergio-camellini/

DAVOLI VITO – “La “Lucania” di Davide Trufelli: il senso dell’appartenenza senza alcun possessivo” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-la-lucania-di-mario-trufelli-il-senso-dellappartenenza-senza-alcun-possessivo-articolo-di-vito-davoli/

FERRERI TIBERIO TINA – “Il libro, manifestazione dell’essere” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-il-libro-manifestazione-dellessere-articolo-di-tina-ferreri-tiberio/

INNOCENZI FRANCESCA – “Annamaria Ferramosca, poeta del primigenio presente” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-annamaria-ferramosca-poeta-del-primigenio-presente-articolo-di-francesca-innocenzi/

LINGUAGLOSSA GIORGIO – Nuove tendenze estetiche. La poetry kitchen. Che cos’è?” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-nuove-tendenze-estetiche-la-poetry-kitchen-che-cose-articolo-di-giorgio-linguaglossa/

MAGGIO GABRIELLA – “Simona Lo Iacono Versus Anna Maria Ortese” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-simona-lo-iacono-versus-anna-maria-ortese-articolo-di-gabriella-maggio/

PARDINI NAZARIO – “Il poeta e la poesia (Ai ragazzi del Liceo Classico “Galileo Galilei” di Firenze)” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/il-poeta-e-la-poesia-ai-ragazzi-del-liceo-classico-galileo-galilei-di-firenze-articolo-di-nazario-pardini/

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SAGGI

BALDAZZI CINZIA – “Lo sguardo nudo. Le novelle di Luigi Pirandello come specchio della vita” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-lo-sguardo-nudo-le-novelle-di-luigi-pirandello-come-specchio-della-vita-saggio-di-cinzia-baldazzi/

BONANNI LUCIA – “Risonanze emotive e cognitive nel romanzo. Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-risonanze-emotive-e-cognitive-nel-romanzo-tutto-chiede-salvezza-di-daniele-mencarelli-saggio-di-lucia-bonanni/

CATALANO ETTORE – “Divagazioni letterarie tra peste e guerra” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-divagazioni-letterarie-tra-peste-e-guerra-saggio-di-ettore-catalano/

DAVOLI VITO – “Un ramo, un affluente, un bagliore. Percorsi lirici: cinque passi nella poesia di Alfredo Pérez Alencart. Una lettura possibile” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-un-ramo-un-affluente-un-bagliore-percorsi-lirici-cinque-passi-nella-poesia-di-alfredo-perez-alencart-saggio-di-vito-davoli/

DE ROSA GIUSI MANUELA – “Tommaso Landolfi, l’odioso pronome e lo specchio opaco dell’autobiografismo” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-tommaso-landolfi-lodioso-pronome-e-lo-specchio-opaco-dellautobiografismo-saggio-di-giusi-manuela-de-rosa/

DE STASIO CARMEN – “Una scrittrice nata. Impressioni allo specchio. Lettura dei molteplici “io” nei libri di Virginia Woolf – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-una-scrittrice-nata-impressioni-allo-specchio-la-lettura-dei-molteplici-io-nei-libri-di-virginia-woolf-saggio-di-carmen-de-stasio/

DI SORA AMEDEO – “Il “libro” teatrale della Grecia Antica” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-il-libro-teatrale-della-grecia-antica-saggio-di-amedeo-di-sora/

ENNA GRAZIELLA – “La lacrima e il sorriso: Ortis e Didimio Chierico” –

https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-la-lacrima-e-il-sorriso-ortis-e-didimo-chierico-saggio-di-graziella-enna/

FERRARIS MARIA GRAZIA – “I libri: lo specchio dell’Io. Guido Morselli e l’ultimo romanzo Dissipatio H.G.”https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-i-libri-lo-specchio-dellio-guido-morselli-e-lultimo-romanzo-dissipatio-h-g-saggio-di-maria-grazia-ferraris/

FOLLACCHIO DILETTA – “Per l’alto mare aperto. Una rilettura del canto XXVI dell’Inferno” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-per-lalto-mare-una-rilettura-del-canto-xxvi-dellinferno-saggio-di-diletta-follacchio/

LADOLFI GIULIANO – “La concezione di arte nell’Età Globalizzata” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-concezione-di-arte-nelleta-globalizzata-saggio-di-giuliano-ladolfi/

LE PIANE FAUSTA GENZIANA – “La memoria del cuore. Albert Camus, “il primo uomo”: come una luna solitaria e vibrante, destinata a spezzarsi all’improvviso e per sempre”. – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-la-memoria-del-cuore-albert-camus-il-primo-uomo-come-una-lama-solitari-e-vibrante-destinata-a-spezzarsi-allimprovviso-e-per-sempre-saggio-di-fausta-genziana-le-piane/

MAFFIA DANTE – “Follia e poesia” – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-follia-e-poesia-saggio-di-dante-maffia/

MARTILLOTTO FRANCESCO – ““Maggiori testimoni del vero”. La dialettica tra “vita” ed “opere” in Torquato Tasso attraverso le Lettere” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-maggiori-testimoni-del-vero-la-dialettica-tra-vita-ed-opere-in-torquato-tasso-attraverso-le-lettere-saggio-di-francesco-martillotto/

PASERO DARIO – “Quando una lingua non basta: Beppe Fenoglio e La malora” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-quando-una-lingua-non-basta-beppe-fenoglio-e-la-malora-saggio-di-dario-pasero/

SCARTAGHIANDE GINO – “Il paradigma cristologico nella poesia di Amelia Rosselli” – https://blogletteratura.com/2024/02/01/n-e-01-2023-il-paradigma-cristologico-nella-poesia-di-amelia-rosselli-saggio-di-gino-scartaghiande/

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RECENSIONI

BIOLCATI CRISTINA – Recensione di Lo sguardo deluso degli specchi di Luca Gamberini – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-recensione-a-lo-sguardo-deluso-degli-specchi-di-luca-gamberini-a-cura-di-cristina-biolcati/

FERRAMOSCA ANNAMARIA – Recensione di En cada ventana de azul / Ad ogni finestra d’azzurro di Claudia Piccinno (traduzione di Elisabetta Bagli) – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-en-cada-ventana-de-azul-ad-ogni-finestra-dazzurro-di-claudia-piccinno-recensione-di-annamaria-ferramosca/

FERRAMOSCA ANNAMARIA – Recensione di Ogni respiro un mondo di Tiziana Colusso – https://blogletteratura.com/2024/02/04/n-e-01-2023-recensione-di-ogni-respiro-un-mondo-di-tiziana-colusso-a-cura-di-annamaria-ferramosca/

MAGAZZENI LOREDANA – Recensione di Amatissime di Giulia Caminito – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-nostra-casa-sono-i-libri-che-amiamo-libri-da-leggere-libri-che-ci-hanno-formato-libri-amatissimi-e-speciali-come-quello-di-giulia-caminito-amatissime-recensione-di-loredana/

MAUGERI ANGELO – Recensione di Brezza ai margini di José Russotti – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-alternanza-lirica-tra-vita-e-silenzio-brezza-ai-margini-di-jose-russotti-recensione-di-angelo-maugeri/

PELLINO MARIA – Recensione di Lockarmi e curarmi con te di Zairo Ferrante – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-lessenza-dellessere-pensiero-anima-e-ragione-recensione-a-lockarmi-e-curarmi-con-te-di-zairo-ferrante-a-cura-di-maria-pellino/

SIDOTI MARIA GIULIA – Recensione di È già mattina di Alberto Samonà – https://blogletteratura.com/2024/01/31/e-gia-mattina-storia-di-alessandria-la-bambina-che-visse-due-volte-di-alberto-samona-recensione-di-giulia-maria-sidoti/

SPURIO LORENZO – Recensione di La rosa segreta. Velate assenze d’armoniche rime di Paolo Ottaviani – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-rosa-segreta-velate-assenze-darmoniche-rime-di-paolo-ottaviani-recensione-di-lorenzo-spurio/

VARGIU LAURA – Recensione di La ragione della polvere di Luca Pizzolitto – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-la-ragione-della-polvere-di-luca-pizzolitto-lestrema-fragilita-del-vivere-recensione-di-laura-vargiu/

VINCITORIO ANNA – Recensione di Solchi nel bianco di Franco Manescalchi – https://blogletteratura.com/2024/01/31/n-e-01-2023-recensione-a-solchi-nel-bianco-di-franco-manescalchi-a-cura-di-anna-vincitorio/

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N.E. 01/2023 – “Un ramo, un affluente, un bagliore. Percorsi lirici: cinque passi nella poesia di Alfredo Pérez Alencart”. Saggio di Vito Davoli

Articolata e complessa è la poetica di Alfredo Pérez Alencart, nutrita nel contempo di profondità filosofica e di delicatezza descrittiva, di apparente semplicità strutturale (che in un’ideale evoluzione temporale sembra definirsi secondo uno schema di “contrazione” che non è certo quantitativo: non si tratta insomma del numero dei versi) e di profondità di pensiero (che tende al sacro nel senso più classico del termine e ne assume le “perimetralità” al di là della confessione in senso lirico ma ben radicata nella fede cristiana in senso umano e umanistico). Una affascinante dualità che fornisce o forse eredita la ricchezza dei germogli culturali radicati in due diversi emisferi del globo ai quali entrambi evidentemente il poeta appartiene, radici e rami, fiume e affluente, lucciola e lampo.

Fatto cento del supporto ideale e filosofico fondante la poetica di Alencart, non si vuole qui svelarne i percorsi generali in un tentativo di sintesi definitiva della stessa, per la quale invece si rimanda alle numerose letture che del poeta peruviano-salmantino sono state elaborate da più parti in tutto il mondo, certamente utili ad entrare nell’universo poetico del Nostro. Non ultime le pregevoli letture di José Luis Ochoa[1] e soprattutto la “grandangolare” rassegna di Yordan Arroyo sulla poetica Alencartiana[2], focalizzate sulla più recente pubblicazione dell’ultima fatica letteraria del poeta, dal titolo El sol de los ciegos, per i tipi del prestigioso editore Vaso Roto.
Senza intaccare i due valenti contributi appena citati, ai quali si rimanda comunque per una opportuna lettura d’insieme della poesia di Alencart, si vuole qui piuttosto evidenziare uno dei tanti possibili percorsi battibili, passeggiando attraverso i versi del Poeta, secondo come essi stessi ne suggeriscono la fruizione, l’elaborazione e l’assimilazione estetica e contenutistica, attraverso la selezione di alcune poesie seguendo le quali si è maturata la presente riflessione.

Ci sembra tratto distintivo di questo possibile percorso, un “sentiero” caratterizzato da alcuni dettagli, strutturali e non solo, nella composizione di una lirica, a cui l’Autore affida rimandi e richiami rendendo compartecipi del messaggio tutti gli elementi, anche appunto strutturali, che la compongono. Si veda per esempio, come utile punto di partenza, in una sorta di cammino al contrario, il tenero componimento Año nuevo recentemente composto per l’amata Jaqueline:

AÑO NUEVO   La orquídea que te ofrezco hoy, brotó el año pasado, princesa.   Es flor cuidada en el invernadero de mi corazón.   Acéptala. No importa que otros la estimen cosa de instantes.   También la aurora lo es, pero renace siempre,   como el amor que te entregué el siglo pasado, princesa.ANNO NUOVO   L’orchidea che oggi ti offro sbocciò l’anno passato principessa.   È fiore ben curato dentro la serra del cuore mio.   Accettala. Non importa che altri la considerino cosa passeggera.   Lo è pure l’aurora però rinasce sempre   come l’amore che ti ho dedicato nel secolo passato, principessa.

Qui il titolo definisce in maniera chiara un locus temporale che lascia poco spazio a fughe diverse: è il nuovo anno! Eppure Alencart, attraverso la semplice evocazione del dono di un fiore e in meno di venti “semplici” versi, stabilisce legami temporali (e non solo!) che disvelano una continuità che è insieme di tempo, appunto, e sentimentale a dispetto della percezione del tempo ordinariamente considerato tale. Pare quasi che stia disegnando, con tratti estremamente delicati, un percorso di eternità che non può che essere il contesto privilegiato del sentimento d’amore, sancendolo attraverso due semplici richiami: el año pasado e el siglo pasado. Entrambi sono legati e sottolineati – casomai al lettore distratto sfuggisse – dalle uniche due invocazioni/identificazioni del destinatario della poesia: princesa. E la chiave interpretativa della poesia sta tutta nella parola instantes, al centro del componimento (qui tradotta con passeggero): non importa che gli altri considerino un fiore cosa passeggera. Lo è anche l’alba eppure sempre rinasce, stabilendo così quel continuum filosofico e sentimentale che travalica e trascende tutto ciò che definisce ordinariamente la condizione umana, percepita tale – come si diceva sopra – da “tutti gli altri”. E in questo senso stabilisce anche l’unicità del rapporto con l’amata – Jaqueline, ovviamente, per chi segue e conosce il poeta – sancito anche solo dalla semplice scelta dell’orchidea come oggetto del dono.

Nella tradizione occidentale, infatti, questo fiore, oltre ad essere simbolo di bellezza, eleganza e armonia, è anche il dono privilegiato riservato all’unica persona che sappiamo corrispondere l’amore e la passione con cui viene donato (l’etimo del nome del fiore la dice lunga sul valore “polisemico” di un simile dono) così come l’atto del dono stesso si configura, nella simbologia del fiore, come un devoto ringraziamento per la concessione dell’amore ricevuto.

Questa reciprocità e questo rapporto unico e unitario si pone, nella prospettiva di questa lirica, al di là del tempo, al di là dello spazio (en el invernadero / de mi corazón) e al di là della condizione umana, come legame fra anime che non possono che abitare l’eternità. Pare quasi voglia sottintendere che un fiore sbocciato nell’anno precedente stia a significare come, dal passato (rafforzato dalla presenza perfino del siglo, appunto, pasado) rifiorisca puntualmente come un’aurora fa ogni giorno, quasi a pesar del año nuevo, quasi nonostante il nuovo anno. Ed è splendida la forma con la quale Alencart racchiude all’interno di così pochi versi e così apparentemente semplici, un impianto di pensiero e di sentimento che frantuma la retorica abusata dell’amore, affidando mirabilmente l’originalità dell’elaborazione alla struttura e alla composizione stessa del testo poetico.

Oltretutto, il richiamo all’eternità, all’unione eterna, alla “vita” eterna non è solo dimensione lirica di un contesto d’amore ma pare arricchita, anche solo allusivamente, da un supporto ben più consistente, secondo un ottica che scopriremo più avanti. È nell’eternità che si compie il senso umano del passaggio sulla terra, sembra voler dire il poeta. «No es casual que el lenguaje de Pérez Alencart contenga un matiz religioso, y se nutra asimismo de la Biblia y la mística española para establecer un sistema de correspondencias y/o afinidades» (David Cortés Cabán)[3].

Ma pensare che l’apporto da un lato filosofico e dall’altro spirituale sia l’unica matrice della poesia di Alencart sarebbe completamente fuorviante. La capacità di fondere registri mantenendo vividi quei dettagli che consentono all’uno di fornire la cornice all’altro e viceversa, sembra quasi essere prerogativa del labor alencartiano.

Nella poesia che segue dal titolo Perfume, inclusa nella più recente silloge del Nostro, El sol de los ciegos (Vaso Roto, 2021), è impossibile non avvertire un afflato di sensualità vivida eppure delicata, coinvolgente e mai straripante, contenuta e mai smodata che incornicia richiami di natura diversa e possibilità interpretative, ermeneuticamente e direi perfino culturalmente (non a caso Juan Marez apre il suo commento con un richiamo geografico netto al Perù, terra natale di Alencart) ben più ampie dei soli testo e intertesto – esiste anche un metatesto, del tutto spalancato – qui così strettamente intrecciati. Una sensualità che “pretende” di stimolare perfino l’olfatto attraverso la parola e il linguaggio e che nel contempo lascia orizzonti spaziali immaginifici completamente “aperti” anche strutturalmente.

Consideriamo per qualche istante il bel commento, particolarmente lirico, a questa poesia, del colombiano Juan Marez che così scrive: «Himeneos de cantos antiguos amando la belleza, la que brota del alma y no se atrapa en el cuerpo. Dos estados diferentes para la amada eterna. “De cuerpo y alma”, vegetación de efluvios»[4].

Ancora una volta, contratti in un’affascinante fusione, elementi di natura diversa interagiscono su piani interpretativi differenti mantenendo intatta la semplice fruizione del verso in quanto tale. Non è difficile immaginare i due amanti stesi l’uno accanto all’altro attraverso pochissime semplici parole che evocano la scena senza descriverla, perimetrandola in una concretezza che slarga solo nel momento in cui vengono chiamati in causa i sogni, quel “luogo” fin dove il poeta ardisce a spingersi pur di raggiungere l’amata e dal cui momento in poi le immagini perdono concretezza per ampliarsi, mantenendo l’allusività, in voli di farfalle da selve lontane fino a diluirsi nella delicata percezione olfattiva e a rendere quasi evanescente il tutto senza mettere un punto, senza definire alcunché. Perché è un componimento che resta aperto, grazie a quel mientras la noche… la cui sapiente iterazione sul finale sorprendentemente chiude il cerchio strutturale della lirica lasciando aperti gli orizzonti ermeneutici della stessa. Ancora una volta significati e significanti giocano e compartecipano, a un livello diverso e più alto, alla costruzione minuziosa (ecco il senso della contrazione alencartiana! Che più consapevolmente ora possiamo definire concentrazione) dei tasselli ideali che si intersecano a rappresentare l’universo di Alencart.

PERFUME   Reconozco ese aroma próximo a mi almohada, en tu cuello, mientras la noche…   Te alcanzo a cada respiración y me sumo a ti hasta en tus sueños,   allí donde estamos a pie de vida, juntos, como dos mariposas que volaron desde selvas lejanas.   El olfato también roza, meintras la noche…PROFUMO   Riconosco quest’aroma prossimo al mio cuscino, sul tuo collo, mentre la notte…   Ti raggiungo in ogni tuo respiro e mi unisco a te fin dentro i tuoi sogni,   lì dove stiamo percorrendo la vita, insieme, come due farfalle che hanno volato da selve lontane.   L’olfatto pure sfiora, mentre la notte…

La contrazione del significato dentro una struttura di significanti particolarmente ricca è ancora più evidente nella lirica del 2002 Presagios, appartenente alla silloge Madre Selva, dello stesso anno.

In questo caso Alencart non crea ex-novo una struttura di significanti come nel caso dell’orchidea del año nuevo ma parte da un’immagine la cui ricchezza simbolica deve essere data per assunta se si vuol godere a pieno della miglior comprensione della lirica. Il colibrì, infatti, ha un valore particolarmente pregno nelle culture latino-americane che hanno ereditato la “simbologia” di questo magnifico piccolo uccello dall’antica tradizione Maya poi arrivata fino a noi. In altri termini: se in año nuevo l’orchidea con tutto il suo apparato simbolico può rimanere anche un non-significante senza che sia compromesso (certo, impoverito) il senso ultimo della lirica che trova altri sbocchi e altre strade (quelle sopra citate) per giungere al medesimo risultato, senza il colibrì e il suo apparato allegorico, questa lirica Presagios che segue, resterebbe invece quasi completamente oscura. Sarà opportuno sintetizzare la leggenda antica e alla luce di quella rileggere i versi che seguono per riottenerne una intensità del tutto diversa.

Secondo i Maya, infatti, il colibrì aveva il potere di infondere gioia e amore negli umani al punto da essere ritenuto capace di poteri di guarigione e perciò stesso sacro.

«La leggenda Maya del colibrì inizia quando gli dei crearono ogni singolo animale con un compito specifico da svolgere sulla terra. Una volta finita la distribuzione, si resero conto che mancava un lavoro molto importante: serviva un messaggero per trasportare i loro pensieri e desideri da un luogo ad un altro. Ma non c’era più materiale per creare un nuovo animale.

Così gli dei, creatori del possibile e dell’impossibile, decisero di fare qualcosa di più speciale. Presero una pietra di giada e scolpirono una freccia, che simboleggia il viaggio.

Trascorsi un paio di giorni, soffiarono così forte che la freccia volò attraverso i cieli fino a diventare un bellissimo uccello multicolore. Così nacque x ts’unu’um , vale a dire il colibrì.

Il colibrì iniziò a trasportare pensieri e desideri, senza che gli uomini se ne rendessero conto. Ma a un certo punto questi iniziarono a catturare il bellissimo uccello, ammaliati dalla bellezze delle sue piume»[5].

Per quest’atto di hybris dell’uomo rispetto alla sacralità dell’uccello, gli dei si adirarono al punto di lanciare il proprio anatema: chiunque avesse catturato un colibrì sarebbe stato punito con la morte! Ma proprio perché sacro agli dei, il colibrì mantiene intatto il suo carico di positività giacché quando si vede un colibrì qualcuno – si dice, non a caso – da lontano manda auguri e amore. Foriero dunque di buona novella (buena nueva) e fausti presagi.

PRESAGIOS    A lo lejos, a la altura de las ramas estremecidas por el vuelo silencioso del colibrí, ofrecen su buena nueva los presagios.    Crece algo así como un humo que el viento no voltea.    Leo en el gran cielo un mensaje hecho de miel y de ceniza.    Enardecidos amaneceres abren senderos para el retorno emprendido.   Por mis venas ahora vuela el colibrí.PRESAGI    Lontano dall’alto dei rami tremanti al tacito volo del colibrì, offrono buone novelle i presagi.   Così cresce qualcosa come fumo che il vento non mulina.   Leggo nel cielo immenso un messaggio di miele e di cenere.   Albe infuocate svelano sentieri per il ritorno intrapreso.   Per le mie vene vola adesso il colibrì.

Si recuperino pertanto tre dati importanti relativi a questo mito: il colibrì è messaggero del divino ed è così strumento di sacralità; è impossibile afferrarlo a meno che sua sponte non si approssimi ed anzi, catturarlo scatenerebbe le ire del divino; se avvistato il colibrì è portatore di auguri e buoni presagi. È evidente come la lirica abbia necessità di assunzione di questi dati per rivelare tutto il suo potenziale polisemico e tutta la sua carica spirituale. Rileggendola alla luce di questi sembra aprirsi ad orizzonti particolarmente carichi di quei significati che restano gli stessi fondamentali costituenti la poetica alencartiana.

Particolarmente affascinante il ritorno dell’immagine dell’alba. Se nella prima lirica era un semplice termine di paragone rispetto all’orchidea, ad indicare la possibilità della rinascita, qui è elemento attivo e didascalico, illuminante. È l’elemento della luce di questa lirica, che entra a svelare e chiarire percorsi già intrapresi quasi alla cieca, mostrandone in chiaro l’intera geografia. Così in qualche modo, la chiusa della poesia sembra confermare, col suo presagio positivo, che quella intrapresa è la strada giusta: il colibrì appartiene al poeta ormai come elemento intrinseco, fin nelle vene. E la maledizione divina è scongiurata dal fatto che non è l’uomo ad averlo catturato ma esso stesso a volargli – magnifica immagine – nelle vene.

Eppure proprio la chiusa mantiene un affascinante alone di ambivalenza che in qualche modo non esclude un umanissima riflessione rispetto alla morte, comprensibile ed ineludibile ma che, ancora una volta, lascia aperta la lirica e le possibilità di riflessione senza mettere un punto di chiusura oggettivo ma mantenendo integra la soggettività della posizione del poeta.

Un impianto elaborato in questo modo e orchestrato in una struttura particolarmente densa, esprime il meglio della propria carica emotiva ed intellettuale non tanto nella dilatazione polisemica del testo quanto piuttosto, al contrario – e parrebbe un paradosso ma cos’è la poesia se non anche un gioco che tende a stravolgere sistemi consolidati anche sul piano tecnico e strutturale? – nella concentrazione semantica del significante che meglio consente – e in questo senso la sinteticità dei testi diviene necessaria e al contempo ottimale – schemi immaginifici quasi a definire il percorso dell’acquisizione del significato da parte del lettore. Il poeta cioè si fa anche guida generosa nell’iter lirico delineato dai propri versi. Non è certo una pedante premura didattica: direi piuttosto una generosa preoccupazione contenutistica.

Il poeta Alfredo Pérez Alencart

Di tutt’altra temperatura la poesia Luciérnagas, sempre del 2002 nella medesima raccolta Madre Selva. La inseriamo in questo contesto proprio per evidenziare un controcanto allo sviluppo di una poetica che parte da lontano rimanendo capace di registri differenti al punto, come in questo caso, da essere quasi completamente scevra da strutture significanti necessarie alla comprensione della lirica. Qui il testo sembra non essere più solo evocativo o per lo meno il registro preponderante non pare più solo questo. Né semplicemente descrittivo. Ricorda piuttosto la fascinazione sorpresa e sorprendente delle atmosfere di Juan Ramon Jiménez e il sapore dello stupore lorchiano, il bagliore quasi improvviso, l’incanto che non richiede neppure di essere compreso se non probabilmente solo goduto. L’intento didascalico si sfuma  fino a divenire impercettibile quanto più il fermo-immagine definisce nel tempo e nella storia (anche la propria storia) una situazione connotata da dettagli che la identificano. Sebbene vada pure sottolineato che altrove la luciernaga si fa qualcosa di più nell’universo poetico alencartinao. Ma la luce… quella è tornata anche in questa lirica. E non a caso il tratto distintivo di questa poesia è proprio la luce che, nell’elaborazione stilistica del Nostro ridefinisce i contorni di una percezione attraverso una misura che restituisce il poeta, quasi “automaticamente”, di colpo, all’improvviso, al tiempo de la infancia. Non il contrario.

LUCIÉRNAGAS   Me acerqué al encantamiento. Vi farolas al crepúsculo, mecheros encendidos como fuegos aleteados. Dádivas volando, centellas delante de mis ojos. Fue en el tiempo de la infancia. Fue cuando se tejen asombros ante la luz de las luciérnagas.LUCCIOLE   Fui prossimo all’incanto. Al crepuscolo vidi lampioni, accendini infuocati come fiamme tremanti. Volavano doni, scintille davanti ai miei occhi. Fui nel tempo dell’infanzia. Era quando s’intrecciano stupori davanti alla luce delle lucciole.

E quando si perde anche l’incanto? In questo mio breve e modesto percorso critico “discendente” (non certo in senso qualitativo se si continua a tener presente il punto di partenza di questa riflessione in riferimento alla produzione del poeta peruviano-salmantino, né certamente quantitativo, come si spera di dimostrare in chiusura) si giunge all’essenzialità dell’espressione poetica che non richiede più didascalie e spiegazioni, suggerimenti o indicazioni di percorsi intrapresi che solo “l’alba infuocata” restituisce alla vista e all’appropriazione.

Nella poesia Campo de refugiados si ha quasi l’idea di una dirittura d’arrivo, come una deriva che per un momento cede allo sconforto di una domanda insieme tragica e retorica: «quale guerra perdono certi bambini senza averla neppure provocata o voluta?». Si susseguono, così, dettagli su dettagli, estremamente concreti quasi tangibili, madri che sotterrano i corpi dei figli, anziani immobili quasi confusi al fango e alle polveri nelle quali giacciono, infermi che hanno perso persino la voglia di raccontare, di tramandare le proprie esperienze. È un panorama di desolazione tragico e assoluto, quasi come scena di una tragedia antica dove un autentico dolore è racchiuso magnificamente nella descrizione di una faida al centro del cuore, come se il poeta ne avvertisse i pugni. Eppure l’ultima strofa, pur non intaccando affatto le tinte fosche di questo scenario apocalittico, apre una feritoia ermeneutica in quel mea culpa la cui sola citazione, nonostante il sin entonar addita e mostra chiaramente (non è un caso che siano proprio le ultime parole nella chiusa della lirica, quelle che alla fin fine più restano) la strada, la via d’uscita, sebbene in questo contesto del tutto inattesa. Mette in atto Alencart un espediente che attraverso la negazione, tira invece in ballo proprio ciò che si sta negando, ciò che apparentemente resta occluso, nascosto, negato. Ripeterà questo stesso espediente letterario anche – e  non solo – nella splendida poesia Incendios, a cui si rimanda a titolo esemplificativo. Intanto in un campo profughi…

CAMPO DE REFUGIADOS   Y estos niños ¿qué combate perdieron sin haberlos provocado?    Mujeres que sólo esperan para enterrar a sus criaturas.    Pues yo miraba ancianos entre el polvo o el barro de esos laberintos,    hombres enfermos que ya ni cuentan lo que han vivido.    Otra vez la gente agolpándose en el centro de mi corazón,    otra vez la humanidad sin entonar su mea culpa.CAMPO PROFUGHI   E questi bimbi che guerra hanno perduto senza provocarla?   Donne che aspettano soltanto di sotterrare le proprie creature.   Così osservavo anziani fra la polvere e il fango di questi labirinti,   uomini infermi neppure più raccontano quello che hanno vissuto.   Di nuovo la gente s’accalca nel centro del cuore mio,   l’umanità di nuovo senza intonare i suoi mea culpa.

Alencart batte su diversi registri, suona diverse corde e, come un direttore d’orchestra, sa suonarle tutte e soprattutto sa armonizzarle in una sinfonia che declina in diverse stagioni un medesimo sentire e nella stessa stagione sentimenti diversi. Mi piace pensare a un sotteso dualismo che diviene ricchezza essenziale della poetica alencartiana nella preminente traduzione dell’opposizione fra l’essenza della luce e l’assenza di luce, la ceguera, che, citando nuovamente il più recente lavoro del Nostro, El sol de los ciegos, così efficacemente esprime Amarù Vanegas sulla rivista Nueva York Poetry: Alfredo Pérez Alencart «nos lleva al centro esencial de la poesía y nos enseña que las transformaciones se gestan en la luminiscencia a la que preceden las sombras, una experiencia donde el aprendiz se alumbra solo después de pasar por la ceguera para salir de allí “con las pupilas alucinadas»[6].

È sintomatico e quasi naturale che questo percorso porti inevitabilmente all’ultima opera di Alencart, maturata negli anni e che forse non a caso trova compimento solo ora. Il punto d’arrivo, cioè, di un percorso che fonde insieme questi registri attraverso i quali il poeta si è mosso durante tutta la sua lunga carriera letteraria. Ed è inevitabile che la sintesi di questo iter traduca proprio nella luce tanto gli intenti evocativi quanto quelli descrittivi, tanto gli intenti allegorici quanto i dati di denuncia più concretamente sociale. Non è un caso che il titolo dell’opera sintetizzi questo percorso in modo straordinariamente efficace: “il sole dei ciechi” lascia un evanescente quanto affascinante alone di ambiguità – che è pure l’anima stessa di quella luce – tra l’ambizione alla luce e l’alternativa alla luce per un cieco. Ma è pure sconfinamento di ambivalenza, mai alternativa sul senso stesso della cecità in quanto incapacità, impossibilità o mancanza di volontà a vedere. Ecco come anche l’intento didascalico rientra prepotentemente in gioco in una silloge da godere profondamente su tutti i livelli di fruizione che la stessa propone e con la quale si propone.

Si veda ancora una volta la poesia Incendios, per la prima volta in italiano (come tutte le poesie qui citate[7]) dove già dai primi versi tutti questi elementi trovano ordine quasi dichiarativo nella prima strofa: «Este mundo / es un incendio al que / muchos avientan / sal / con las manos / ahuecadas». Sono chiamati in causa elementi assolutamente realistici e tangibili a sintetizzare la metafora del mondo come elemento sociale, attraverso immagini di azioni concrete particolarmente affascinanti a descrivere gli effetti dell’azione umana tanto sul pianeta (non è una poesia ecologista) quanto sul mondo inteso come umanità. Ed ecco esplodere (anzi, direi implodere) la metafora della luce subito dopo, piegata ‘sta volta a farsi negazione di se stessa laddove quella presenza non è che sentenza, condanna che lascia il mondo nell’oscurità: «Este mundo / es morada oscura, / aunque / tenga hogueras listas / para sentencia». È certo un panorama sconfortante, anche di dolore, eppure… la poesia di Alencart non è mai nutrita da un pessimismo irreversibile: quei falò, quei fuochi, alzano un fumo (ricordate quel algo como humo della poesia Presagios?) al di là del quale, quasi senza voce, soffocano necessità di suppliche e quella luce non può che farsi essa stessa voce che denuncia e sancisce in qualche modo proprio quella necessità racchiusa e denunciata nelle parole se acallan afónicas. Un gioco ermeneutico, quello della doppia negazione (anche semantica), a cui Alencart ci ha già abituati e istruiti.

INCENDIOS[8]   Este mundo 
es un incendio al que
muchos avientan
sal
con las manos
ahuecadas. Este mundo
es morada oscura,
aunque
tenga hogueras listas
para sentencia.  Tras el humo
se acallan
afónicas súplicas de
purificación.
INCENDI   Questo mondo
è un incendio sul quale
molti spargono
sale
con le mani
a coppa. 
Questo mondo
è dimora oscura
sebbene
abbia roghi pronti
alla condanna. 
Al di là del fumo
soffocano
afoniche suppliche di
purificazione.

Sintesi di luce, dunque, che pure sul piano letterario trova nobili radici che opportunamente ed acutamente Yordan Arroyo evidenzia nel suo bel saggio sopra citato: «punto importante de este mismo pasaje de la Divina Comedia que se conecta con el poemario de Alencart se encuentra entre los versos 67, 68 y 69: “La luz la tienen los ciegos apagada: / y así a estas sombras, en su noche oscura, / de los cielos la luz está negada” (Trad. Bartolomé Mitre)». Allora non risulta più così complesso comprendere il valore di quella luce lungo tutto il percorso Alencartiano se possiamo considerare la Commedia una chiave d’accesso all’elaborazione lirica del sentire del Nostro: basti pensare al valore che “quella Luce” ha nel Paradiso dantesco. E forse –partendo da lì – non solo in quello.


[1] J. L. OCHOA, La luz salvífica, presente en ‘El sol de los ciegos’ in «TIBERIADES, Red iberoamericana de Poetas y Criticos Literarios Cristianos»

https://tiberiades.org/?p=5973&fbclid=IwAR0Rs0kvbsBeU1LjReL-VqjlAyEcCElmicfmplG3wHTYBR3mBJd-17u56ME

[2] Y. ARROYO, Sobre la poesía de Alfredo Pérez Alencart. Texto de Yordan Arroyo in «CÍRCULO DE POESÍA, Revista electrónica de literatura»

https://circulodepoesia.com/2021/12/sobre-la-poesia-de-alfredo-perez-alencart-texto-de-yordan-arroyo/?fbclid=IwAR3gJaDK2YTkuNPAD63D_0Cnc1WL2Vg3AU6vftSrHic0L_ezdoTGNUupj-w

[3] «Non è un caso che il linguaggio di Pérez Alencart contenga una sfumatura religiosa e si nutra perciò stesso della Bibbia e della mistica spagnola per stabilire un sistema di corrispondenza e/o di affinità»: D. C. CABÁN, Un corazón, una historia: la poesía de Alfredo Pérez Alencart in «LETRALIA, Tierra de letras» del 29/11/2020.

https://letralia.com/lecturas/2020/11/29/encumbra-tu-corazon-alfredo-perez-alencart

[4] «Imene di antichi canti che amano la bellezza, quella che scaturisce dall’anima e non è intrappolata nel corpo. Due stati diversi per l’eterna amata. “Di corpo e anima”, vegetazione di effluvi».

[5] R. RAGNI, La leggenda Maya del colibrì in «Greenme» del 14/03/2017

https://www.greenme.it/vivere/mente-emozioni/leggenda-maya-colibri

[6] «A.P.A. ci riporta al centro essenziale della poesia e ci mostra che le trasformazioni si covano nella luminescenza alla quale si arriva dall’ombra, un’esperienza nella quale l’apprendista si illumina solo dopo essere passato per la cecità per risalire da lì “con le pupille allucinate”»: A. VANEGAS, El sol de los ciegos, Alfredo Peréz Alencart in «NUEVA YORK POETRY, Review» del 11/01/2022

http://www.nuevayorkpoetryreview.com/Nueva-york-Poetry-Review-3424-53-el-sol-de-los-ciegos-alfredo-perez-alencart?fbclid=IwAR0cV2p-c_bBYTd4g2STk3EXOCmzwyLY-45RPzfNVTI7ulA9Vfs3I9N5tYQ

[7] Tutte le poesie di Alfredo Pérez Alencart presenti in questo saggio, sono state qui tradotte per la prima volta in italiano ad eccezione della poesia Perfume che gode pure di una pregevole traduzione italiana precedente del poeta ed editore romano Beppe Costa edita in A. PÉREZ ALENCART, Encumbra tu corazon, Ed. Tiberiades – PellicanoLibri 2020, pp.46-47.

[8] L’ultima fatica letteraria del Nostro consta di ben 100 poesie, selezionate dall’autore all’interno di una produzione di oltre 200 componimenti di «temperatura affine» scritti nell’arco di oltre un decennio fino alla settimana precedente la pubblicazione. Riservandosi comunque per gli anni a venire la pubblicazione completa e definitiva de El sol de los ciegos.

Il suo nuovo poemario, è dedicato a Jaqueline, moglie e compagna di vita recentemente scomparsa, che da tempo insisteva affinché il poeta salmantino di origini peruviane accettasse di pubblicare con una casa editrice così prestigiosa. «E così feci – dichiara Alencart al periodico La Razón – solo poche ore prima della sua dipartita, dall’ospedale dove accompagnai i suoi ultimi istanti di vita. Però la porto sempre con me, allora e oggi, e anche per il futuro».

«Non é solo la fede cristiana ad unirci – aggiunge il poeta – quanto il fatto di percepirla davvero in una realtà altra dove nessuno può compromettere i desideri e le affinità. Oggi posso confermare la teoria di Platone per la quale dentro una caverna, attorno a un fuoco, gli astanti percepiscono solo le ombre di una realtà apparente».

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Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

N.E. 01/2023 – “En cada ventana de azul / Ad ogni finestra d’azzurro” di Claudia Piccinno. Recensione di Annamaria Ferramosca

É con grande gioia che attraverso questa ultima raccolta di Claudia Piccinno, innanzitutto guardando alla bellissima intesa dell’autrice con l’amica poeta e sua straordinaria traduttrice Elisabetta Bagli, intesa che continua il dialogo intessuto dalle due amiche nella precedente intensa raccolta a quattro mani, dal titolo Versos Cruzados (Editorial Dunken, 2021).

Questa corrente empatica che porta a realizzare un dialogo poetico oppure, come in questo libro, a offrire le proprie poesie in traduzione, mi conferma l’efficacia comunicativa di una modalità di incontro tra poeti che riflette un profondo scambio emozionale, ma che si spinge al di là della solita dilatazione della parola oltre un confine linguistico. Leggiamo infatti questo scambio come qualcosa che, attestando l’incontro  tra due sensibilità, si oppone alla possibile deriva egoica e spesso autoreferenziale di una scrittura individuale tout court.

Ma cerchiamo di entrare nelle stanze di questa raccolta che nel titolo dichiara l’apertura all’azzurro, elemento cromatico collegato da sempre, oltre che alla spiritualità, alla profondità e alla vastità. Chi legge avverte infatti subito l’aprirsi di un largo cielo visionario che attraversa realtà e memoria, natura e mito, ma che diventa anche un mare, il mare della vita personale e collettiva, le cui onde sono gli infiniti e pure inaspettati eventi da affrontare, le ferite ricevute, l’incessante ripetersi di naufragi collettivi per gli errori umani, ma anche il resistere ostinato della speranza.

In questo vasto azzurro i testi si stagliano nella loro concisione e limpidezza, come a indicare l’urgente necessità di una sincera comunicazione volta ad un rigenerarsi collettivo, nonostante le rare gioie e le più frequenti amarezze oscurino l’intensità dell’azzurro con l’ombra del disincanto.

Così accade che la percezione degli eventi nel mondo e la riflessione sull’esistenza si mescolino di continuo dando vita a scene ed epifanie in un mosaico visivo e simbolico costantemente caratterizzato da un’incisiva impronta etica.

E percorrendo dall’inizio i testi notiamo subito come la prima urgenza comunicativa  sia stata quella di salvare la sacralità degli affetti fondamentali, sottraendo per sempre dalla evanescenza la memoria dei genitori scomparsi (Ad ogni finestra d’azzurro; A mio padre).

Sono queste prime finestre ad aprirsi e lo fanno in modo invertito, non aprendosi all’esterno, ma nel proprio cielo interiore, a indicare il senso profondo di un sentimento assoluto, incrollabile, dispiegato attraverso percezioni uditive (la voce materna che chiama dal cortile dei giochi), olfattive (il profumo delle arance raccolte dal padre), simboliche (la piuma, il vento, le corone d’alloro). Qui subito si evidenzia la cifra poetica di Claudia Piccinno nella forma e nel ritmo, con l’andamento libero e armonioso di un racconto-fabula in versi, a volte scosso dal battere delle anafore, spesso chiuso da un finale epifanico.

Un’altra finestra di grande delicatezza psicologica, che si apre nell’azzurro della memoria è quella che dice di un’altra mancanza, così crudele perchè avvenuta durante l’infanzia (Compagno di scuola), quando si è disarmati, tanto da sentirsi “in castigo” , per chissà quali piccole colpe ingigantite dalla perdita (quanti tra i lettori si riconosceranno in questa dimensione!).

L’esercizio incessante dello sguardo porta poi inevitabilmente l’autrice a notare le colpevoli incongruenze della contemporaneità, il mancato progresso sociale ed etico, se ancora  non solo non si è raggiunta la vera parità di genere (giacché la donna è ancora oggi paragonabile alla sapiente Aspasia di Mileto, non riconosciuta nel suo valore perfino dallo stesso Pericle che l’aveva amata), ma anche perché ancora l’umanità persevera nell’errore, non annullandosi l’assurdità di guerre e violenze. Sono, queste, le domande centrali dell’oggi, cui ogni poeta non può sottrarsi. Sono domande che sottendono il senso universale profondo dell’esistere, mentre si continua a percepire il correre della vita come un insulso girare a vuoto, anzi come solo “ rumore “, privo com’è della luce dell’incontro vero (Nel codice alfanumerico).

E l’autrice reagisce ad ogni deriva dichiarando di non poter che “predisporsi al silenzio”, come in una rassegnazione muta, che trova sollievo solo nella contemplazione e nell’ascolto della natura. Sì, perchè in natura perfino le pietre, con le loro soluzioni di saggezza geologica millenaria, ci parlano di un equilibrio tra materia vivente e non vivente ancora possibile (La rupe; Le pietre di Sardegna). Se sappiamo ascoltarlo, vi è un intero continente fuori di noi che ci parla: voci di rocce acque piante a indicarci, semplicemente coabitando in vantaggio reciproco, una dimensione armonica di salvezza.

Per Claudia Piccinno vi è anche un’altra soluzione di resistenza, che sale dal profondo della sua interiorità: è il fermo proposito di conservare intatta la propria schiettezza, non tener conto del disconoscimento altrui del proprio valore, di ogni ingratitudine, anche se è doloroso veder montare la disillusione e cadere l’entusiasmo.

Ci rendiamo allora conto che queste riflessioni di Claudia Piccinno sono anche le nostre, anzi riconosciamo, come sempre accade in poesia, il senso universale che investe questa parola poetica nel nostro tempo di deriva, tempo del disincontro, che scorre tra virtuale e tecnologia, tra indifferenza e superficialità. Claudia Piccinno, come altri poeti contemporanei (posso citare Jorie Graham, Cristina Bove, Laura Liberale, Giuseppe Yussuf Conte), sta lanciando un alert in poesia, che è la nostra fiera ribellione contro la disumanità che avanza con il suo corredo di potere, alienazione, mancanza di solidarietà. E dunque accogliamo la sua indicazione nel voler restare “vetro”, che sopravvive in virtù della propria limpidezza (Plastica nelle vetrine); soluzione di semplicità cristallina, non affidata a formule, ma al proprio istinto che, decidendo di sottrarsi ad ogni pesantezza da pensieri dolorosi o da urti ricevuti, cerca solo la levità, l’onestà, la benevolenza, l’incontro e il continuo stupore (L’arte del sottrarre).

Questa scrittura di donna non poteva poi escludere l’esperienza di madre tormentata, come lo sono tante madri, che però lascia sempre aperta la porta alla fiducia nel futuro, purchè sia costruita con il legno del coraggio e mai della resa (Lente le ore), con la consapevolezza che ogni esperienza, anche la più dolorosa, è riserva di forza e sempre di sovrabbondante voglia di donare (Il dolore che mi porto dentro).

 La scrittura ritorna poi a trasmettere le voci autentiche dell’umanità abbattuta e violentata nel passato, il grido di sangue versato nei conflitti che giunge da luoghi e immagini significative (Cracovia, il Piave, l’olivo di Fossoli giunto da Israele), per ricordare ancora una volta l’insensatezza della morte per-uomo (Zio Tore; Ciao Gazzella).

Non sono poi da tralasciare le poesie raccolte a fine libro nella sezione Frammenti di vita, dove l’autrice mostra la sua ricchezza visionaria unita alla sapienza nel mescolare immagini, colori e sensazioni e alla sua straordinaria padronanza del ritmo (Ragnatele cremisi e segg.).

Poesia profondamente civile e dunque profondamente contemporanea, pure poesia coraggiosa, che prende le distanze da ogni eventuale giudizio smaccatamente letterario-estetico, preferendo dichiarare la propria fede aperta alla parola della speranza: quella di un’inversione di rotta dell’umanità verso l’etica dei comportamenti, la sola dimensione che fa umano l’essere umano (E tu nascesti, nasci e nascerai).

Per queste ragioni sento questi versi costeggiare la Parola assoluta, divenire segno umano degno di memoria.

E per queste ragioni invito caldamente i lettori in due lingue a leggere queste pagine.

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Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

“Tra gli aranci e la menta. Recitativo dell’assenza per F.G. Lorca” di Lorenzo Spurio. Recensione di Isabella Michela Affinito

Recensione di ISABELLA MICHELA AFFINITO

«[…] Lungo una strada va/ la morte incoronata/ di fiori d’arancio appassiti./ Canta e canta/ una canzone/ sulla chitarra bianca,/ e canta, canta, canta.// Sulle torri gialle/ tacciono le campane.// Il vento con la polvere/ compone prore d’argento.» (Dalla poesia Clamore di Federico García Lorca, tratta dal libro monografico n°5 Federico García Lorca – POESIE, Collana “La Grande Poesia – Corriere della Sera”, Edizione speciale per il Corriere della Sera, RCS Quotidiani S.p.A. di Milano, Anno 2004, pag.49).

L’omaggio poetico che il saggista scrittore critico letterario della provincia di Ancona, Lorenzo Spurio, ha voluto dedicare a uno dei più importanti personaggi della letteratura spagnola del primo Novecento, Federico García Lorca (1898-1936), assomiglia alla magistrale e temeraria entrata dell’abile surfista nella galleria d’acqua provvisoria dell’onda ‘perfetta’, fino a percorrerla tutta prima del suo rovescio sulla superficie marina.

Gli aranci sono in riferimento alle terre calde che li producono, terre assolate dove gli inverni sono miti come la nostra Italia del Sud, le regioni mediterranee, piuttosto che la Spagna dove sul finire dell’Ottocento nacque, nei pressi di Granada in Andalusia (zona della Spagna meridionale) colui che divenne il poeta e non solo, Federico García Lorca, della vita con tutte le sue inquietudini soprattutto imbevuta di pianto e di sangue, di paesaggi coi suoi fiori frutti e plurimi colori, di giustizia mancata e di surrealismo che s’andava affermando in quegli anni del secolo moderno – lo scrittore andaluso fu amico fraterno dell’artista catalano inquieto e stravagante surrealista, Salvador Dalì, a cui destinò la sua prosa poetica titolata Ode a Salvador Dalí.

La menta perché probabilmente in mezzo a tanta inclemente arsura di terre infuocate dai raggi solari, essa come erba aromatica rappresenta la freschezza dei luoghi umidi dove nasce e così la figura eroica-letteraria dello stesso Lorca si staglia dal gruppo dell’oltre la decina di liriche che il poeta Lorenzo Spurio ha composto per Egli, morto prematuramente all’età di trentotto anni e che fece parte della memorabile “Generazione del ‘27” all’indomani dell’instaurazione del regima franchista contro la Repubblica dando il via alla guerra civile durata fino all’aprile 1939; cosicché il 19 agosto 1936 venne crudelmente fucilato il poeta Lorca dai sostenitori del dittatore Generale Francisco Franco (solo dopo la morte di quest’ultimo nel 1975 finalmente la produzione letteraria di García Lorca ha potuto meritare la divulgazione e il mondiale riconoscimento) a qualche chilometro da Granada, allacciandosi idealmente al celebre dipinto del precedente artista spagnolo ritrattista della famiglia reale di Carlo V, Francisco Goya, del 1814 titolato Fucilazioni del 3 maggio.

Dicevamo della rassomiglianza con l’immagine del provetto surfista perché i versi di Lorenzo Spurio diffondono un equilibrio perfetto in sintonia con quelli di Federico García Lorca: nel versificare la territorialità, gli ambienti caldi andalusi di Lorca il poeta delle Marche s’è unito all’universale respiro letterario ardente lorchiano fatto di attimi stillanti musicalità, dramma, simbolismo, surrealismo, ermetismo, passione lacerante e lacerata da improvvisi colpi di scena tra cui, fra i tanti, la morte per ferimento alle cinque della sera durante l’esibizione tipica spagnola, la corrida, dell’altro suo carissimo amico torero Ignacio Sánchez Mejías, a cui dedicò una lunghissima struggente poesia (1935), divisa in quattro parti, carica di valori correlati alla vita stessa fatta di dolore e di lotte.

Così ha composto il poeta Spurio in relazione a quell’episodio: «[…] Nelle tribolazioni invereconde e nella polvere/ paraventi di luna che fugge alla notte/ incunaboli di dolore in tabernacoli di pianto/ il fluido rosso fondamento di sacrificio.// Nelle cuevas gitane l’umidore sembrò placarsi;/ quella sera la luna non si presentò/ talmente impaurita preferì nascondersi/ ma alle cinque, tu, dov’eri? » (Dalla poesia La luna si nasconde, pagg.18-19).

Per comprendere appieno i testi poetici della silloge in questione dell’autore iesino, bisogna prima conoscere la breve eppure complessa esistenza del poeta Federico García Lorca, che crebbe in una famiglia dove non c’erano problemi economici dato che il padre era un ricco possidente terriero e la madre, seconda moglie, era insegnante ma di salute cagionevole per cui il piccolo Federico venne allattato dalla moglie del responsabile di un’azienda agricola, che aveva il compito di controllare i subalterni, e forse soprattutto per questo il poeta da adulto divenne il propugnatore del concetto d’uguaglianza tra gli uomini: dai gitani ai negri, agli ebrei, alla gente più umile…

La madre lasciò l’insegnamento per dedicarsi con cura all’educazione del figlio, trasmettendogli l’amore per la musica (il pianoforte) e stimolandogli una grande sensibilità, anche perché Federico García Lorca nacque sotto il Segno zodiacale d’Aria dei Gemelli, il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, votato alla parola, ai viaggi, alla curiosità, al protagonismo con già una platea interiore pronta ad applaudirlo, all’amicizia, alla novità sotto tutti i punti di vista.

La corrente surrealista, in ambito artistico e letterario, si fece largo dopo il primo decennio del Novecento in Francia, a proposito del poeta scrittore critico d’arte, Guillaume Apollinaire (1880-1918), che usò per primo il termine sur-réalisme e man mano entrarono a farne parte le teorie inerenti l’inconscio grazie specialmente alla psicoanalisi di Sigmund Freud, l’immaginazione liberata dalla ragione, la casualità, il sogno e in Spagna uno dei più importanti pittori surrealisti fu, appunto, Salvador Dalí, ammiratore sin dall’epoca universitaria di Lorca, il quale prima si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza poi passò a quella di Lettere, insieme al regista Luis Buñuel e un’altra importante amicizia di García Lorca fu quella col poeta cileno Pablo Neruda, più giovane di lui di sei anni e che visse fino al 1973, conosciuto a Buenos Aires e rivisto a Madrid nell’ultimo paio d’anni della sua breve esistenza.

Federico García Lorca fece anche molto teatro – andò in giro per i villaggi sperduti della Spagna con la compagnia teatrale ambulante La Barraca – scrivendo opere ispirate agli usi e costumi della sua Spagna fortemente legata alle tradizioni punzonate dalla condizione di subalternità della donna, le tragedie familiari dovute anche alla difesa dell’onore, le promesse da mantenere, l’amore contrastato e la morte sempre in agguato, che poi negli ultimi tempi evolse in una drammaturgia difficile da rappresentare perché assorbito dal mulinello surrealista.

«[…] La mia dimora è l’ambiente, l’anziano ulivo,/ l’oliva e la screpolata corteccia, la radice/ magnifica e atroce e la foglia a forma di lancia:/ cercatemi là, non lontano dal limoneto nauseante/ dove sosto ad abbeverarmi del nettare acido/ per tornare a vagare nei dintorni confusi/ e abitare smanioso ogni luogo del campo. » (Dalla poesia Non lontano dal limoneto, pagg.49-51).

Isabella Michela Affinito

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L’Autrice del presente testo ha autorizzato alla pubblicazione delle recensione su questo spazio senza nulla a pretendere all’atto della pubblicazione né in seguito.

Una serata sul poeta Federico García Lorca, tra musica e poesia sabato 10 dicembre a Castelfidardo (AN)

Sabato 10 dicembre a partire dalle ore 17:30 presso la Sala Convegni a Castelfidardo (Via Mazzini n°7) si terrà l’evento “Tra gli aranci e la menta”, una serata interamente dedicata al poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca (1898-1936), il poeta “con il fuoco nelle mani” che trovò la morte, giovanissimo, nell’agosto del 1936 agli albori del conflitto civile che avrebbe imperversato in Spagna dal 1936 al 1939 e che avrebbe gettato il paese in una delle dittature più spietate e lunghe dell’intera storia contemporanea, il franchismo.

Organizzata dall’Associazione Cultura Euterpe APS di Jesi (AN) con la collaborazione e il patrocinio del Comune di Castelfidardo (AN) che ha inserito l’evento all’interno del ricco contenitore di iniziative per il Natale 2022, la serata vedrà alternarsi un connubio di poesia e musica grazie alla presenza di professionisti di pregiata caratura che si dedicheranno agli interventi musicali.

Il saluto introduttivo sarà dato da Ruben Cittadini, Assessore alla Cultura del Comune di Castelfidardo. Si proseguirà poi con l’intervento del poeta e critico letterario Lorenzo Spurio (autore di numerosi saggi, contributi critici, testi, anche poetici di lettura e approfondimento sul poeta spagnolo) che parlerà in particolare dei principali pregiudizi storici (in parte ancora vivi) sulla figura di Lorca e la sua stigmatizzazione sociale e della sua importante esperienza di viaggio Oltreoceano che per nove mesi, tra il 1929 e il 1930, lo vide “cittadino” americano (a New York prima e Cuba poi). Esperienza, quella della Grande Mela, che ebbe sul poeta una grande influenza e che lo portò a scrivere varie opere (tra cui le poesie di “Poeta a New York”, dal gusto surrealista) e gli valse l’occasione di importanti incontri artistici, collaborazioni e gli permise di avvicinarsi al Teatro sperimentale del periodo.

Nel corso della serata il chitarrista anconetano Massimo Agostinelli assieme alla mezzosoprano Chiara Guglielmi eseguirà brani del repertorio musicale di Lorca (“Los cuatro muleros”, “La tarara” e “Sevillanas”) assieme ad altre composizioni dalle dolci e cadenzate sonorità andaluse.

Oltre ad alcuni testi lorchiani tratti dalla sua produzione popolare, per la quale è maggiormente noto, la dicitrice Chiara Guglielmi darà lettura ad alcune poesie del periodo americano nelle quali Lorca denunciò con toni quasi apocalittici il delirio e la frenesia dell’uomo in una società troppo macchinizzata e spersonalizzante. La stessa lettrice darà lettura a qualche componimento di Lorenzo Spurio dedicato a Lorca pubblicato nel 2016 nella plaquette “Tra gli aranci e la menta”, nell’occasione dell’ottantesimo anniversario dalla sua morte.

La S.V. è invitata a partecipare. L’evento è liberamente aperto al pubblico.

Lorenzo Spurio (Jesi, 1985), poeta, scrittore e critico letterario. Per la poesia ha pubblicato Neoplasie civili (2014), Tra gli aranci e la menta. Recitativo dell’assenza per Federico García Lorca (2016; 2020), Pareidolia (2018) e Il restauro delle linee (2021). Intensa la sua attività quale critico letterario con la pubblicazione di vari saggi in volume: La metafora del giardino in letteratura (2011), Cattivi dentro: dominazione, violenza e deviazione in alcune opere scelte della letteratura straniera (2018), Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca (2020) e Inchiesta sulla Poesia (2021). È riconosciuto come uno dei maggiori studiosi e saggisti lorchiani nel nostro Paese. Ha tradotto dallo spagnolo, tra gli altri, racconti di César Vallejo e poesie di Federico García Lorca, Rafael Alberti, Luis Cernuda, Miguel Hernández, Antonio Machado,

Chiara Guglielmi, mezzosoprano, nata a Luino, residente a Milano, si è diplomata in canto presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma, perfezionandosi successivamente con il M° Giovanna Canetti. Laureata in Lettere e Filosofia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha vinto tre terzi premi in Duo nella sezione di musica da camera, e ha tenuto numerose conferenze-concerto. Ha ricoperto i ruoli nelle opere “Cavalleria rusticana”, “Madama Butterfly”, “Il trovatore”, “La traviata” e altri; attiva nella musica sacra, ha eseguito come solista “Israel in Egypt”, “Judas Maccabaeus”, “Messiah” e altri. Si è esibita in Brasile e in Francia in chiusura di convegni scientifici con repertori di musica rinascimentale e napoletana; recenti i concerti con l’ensemble Baschenis a Carpi, Milano, Pavia e Como. In duo con la chitarra si è esibita recentemente nelle principali città italiane ed in Spagna, Norvegia e Montenegro.

Massimo Agostinelli è considerato uno dei principali esperti del repertorio dell’Ottocento per chitarra. Ha al suo attivo oltre mille concerti solistici e cameristici nelle principali città italiane ed europee, quattordici realizzazioni discografiche in prima mondiale, per chitarra sola, di opere di Matiegka, Sola, Monzino, Paganini, Giuliani, Molitor e Mertz, per le etichette Agorà Musica, Urania e Veermer di Milano. Laureatosi in chitarra presso il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, ha dato inizio alla sua attività professionistica nel 1982, risultando vincitore di vari concorsi di chitarra. È direttore artistico dell’Associazione Musicale Ottocento. Ha predisposto la catalogazione analitica delle musiche per chitarra dell’Ottocento nelle biblioteche italiane ed europee. Impegnato nel campo della saggistica, scrive regolarmente nelle principali testate giornalistiche per chitarra. Nel dicembre del 2021 è stato premiato a Bergamo per l’evento “Segovia Day”, per le sue qualità artistiche, organizzative e di ricercatore storico della chitarra.

“Battute d’arresto” di Julio César Pavanetti Gutiérrez: il noto poeta uruguaiano tradotto in italiano

Articolo di Lorenzo Spurio

Venerdì 29 aprile a partire dalle ore 18 a Roma presso l’Enoteca Letteraria (Via San Giovanni in Laterano n°81) si terrà la presentazione del nuovo libro del poeta e scrittore Julio César Pavanetti Gutiérrez, Battute d’arresto (deComporre Edizioni, Gaeta, 2021). Interverrà la poetessa e giornalista Michela Zanarella che presenterà al pubblico l’opera di questa importante voce poetica e non solo.

Julio César Pavanetti Guitérrez (Montevideo, Uruguay, 1954) è poeta e organizzatore culturale. Nel 1977 ha lasciato l’Uruguay nel contesto di una situazione socio-politica molto difficile. Da allora e fino al 2013 ha vissuto a Benidorm, nella provincia di Alicante (Spagna), attualmente risiede a Villajoyosa, sempre nell’alicantino. La sua produzione in volume è vastissima. Citiamo alcune opere: La spirale del tempo/Spirala timpului, bilingue spagnolo-rumeno (2012), Attenzione! Può contaminare (2012), Cantare alla vita (2015), Mërgimi dhemb (Il dolore dell’esilio) pubblicato in albanese (2021) e Battute d’arresto, pubblicato in italiano (2021).

Nella prefazione del libro la poetessa Claudia Piccinno osserva: «La poetica di Julio Pavanetti si colloca tra il canto d’amore per le proprie radici e la propria terra e le rivendicazioni di diritti civili, sulla scia del mio amato Neruda. […] Questa raccolta rappresenta un viaggio verso il ricordo, un mare di ricordi… Resta come inconscia paura la ricerca di un posto, anche là dove il posto non c’è, permane in questi versi, l’eco di un vento lontano che ricorda le origini e la terra natia, ma il poeta sa aprirsi anche al mistero di una canoa che levita sul lago di Como ed è in questa straordinaria capacità di stupirsi ch’Egli trova la forza di neutralizzare il dolore».

Julio César Pavanetti Gutiérrez ha un profilo letterario e accademico di lunghissimo corso e di ampio prestigio. Fondatore e Presidente dell’Associazione Internazionale di poeti “Liceo Poético de Benidorm”, Accademico associato dell’American Academy of Modern Literature, Direttore del Festival Internazionale di Poesia “Benidorm & Costa Blanca” (FIPBECO), Membro onorario dell’American Academy of Modern Literature, del Circolo degli Scrittori del Venezuela, dell’Associazione degli Scrittori e Artisti Spagnoli (AEAE), dell’Associazione Collegiata degli Scrittori della Spagna (ACE) e del World Poetry Movement. Ha partecipato, in rappresentanza della Spagna e/o dell’Uruguay, a numerosi festival, summit ed eventi internazionali di poesia. È stato inserito in oltre ottanta antologie nazionali e internazionali sia su carta che in digitale. Ha scritto prefazioni, introduzioni e commenti critici per numerosi libri. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale sia per il suo lavoro poetico che per il suo lavoro culturale. Recentemente ha vinto il 1° premio per poeti stranieri dell’VIII Edizione del Premio d’Eccellenza Internazionale “Città del Galateo – Antonio De Ferraris” (2021). È stato presidente e membro della giuria di vari concorsi di poesie e racconti nella provincia di Alicante e Murcia, in Spagna, e membro della giuria del Poetry Slam organizzato dalla Lega Italiana Poetry Slam (LIPS), Associazione “G. Carducci” di Como (2015). Le sue poesie sono state tradotte in inglese, italiano, siciliano, catalano, arabo, francese, rumeno, portoghese, croato, azero, polacco, islandese, tedesco, olandese, giapponese, cinese, bulgaro, slovacco, serbo, bosniaco, turco, malese, bengalese, greco e sono state pubblicate su innumerevoli quotidiani e riviste internazionali.

Una foto che ritrae il poeta

Battute d’arresto è arricchito da una nota critica di Giampaolo Mastropasqua. Le opere contenute nell’opera sono il frutto della meticolosa traduzione di Daniela Sannipoli, Laura Garavaglia e Carla Zancanaro. Nulla è lasciato al caso in questa pregiata pubblicazione che conta anche un significativo apparato iconografico rappresentato dai disegni di Carlo Naos Beltrán. Quattro le sezioni che compongono il volume che sono così rappresentate (ricorriamo alle parole di Mastropasqua): «La prima è dominata dal sentimento del duende, […] le battute d’arresto hanno a che fare proprio con il battito degli antenati, col mistero che giunge quando s’intravede una possibilità di morte, sono poesie notturne e magnetiche, luoghi d’intimo dialogo lorchiano e goethiano. […] Nella seconda [l’Autore], citando Whitman (“Eravamo insieme / il resto l’ho dimenticato”) apre la sezione dell’amore, dell’origine, del ricordo che passa come un vento leggero. […] La “passione” pavanettiana è anche passione per gli ideali, viaggio nell’etica della vita che incontra l’altro da sé, passione è indignarsi e non divenire mai schiavi dell’indifferenza, è provare vergona e orrore per l’appartenenza ad un genere umano che spesso si macchia di delitti. […] [Nella terza parte] Pavanetti incontra il canto generale di nerudiana memoria introiettandolo e personalizzando, tra le spire sudamericane della fatica quotidiana, una donna che emblema di tutte le Donne entra come una figura eroica nella sopravvivenza del tempo». Ben rimarcata è questa vena prettamente civile dell’Autore come ha ben messo in luce Mastropasqua quando parla di quel sentimento autentico che con gran forza anima il singolo a sentire su di sé i drammi del mondo: «[Pavanetti] giunge a una visione panica delle cose e del mondo, dove ogni dolore umano benché lontano geograficamente ci riguarda come un figlio». La quarta sotto-sezione si riferisce a una poesia di stampo esistenziale, come la definisce la Piccinno nella sua nota richiamando alcuni versi del Poeta: «È che per caso sono un altro quando scrivo? / O è solo allora che io sono me stesso?».  

LORENZO SPURIO


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“Desiderio di evasione, vagabondaggio ed erranza: suggestioni, simbolismi e messaggi”, è uscito il n°34 della rivista “Euterpe”

Pochi giorni fa è stata diffusa la notizia della recente pubblicazione del nuovo numero della rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”, esattamente il n°34 della rivista che proponeva quale tematica alla quale era possibile ispirarsi e rifarsi: “Desiderio di evasione, vagabondaggio ed erranza: suggestioni, simbolismi e messaggi”.

Hanno collaborato e contribuito con proprie opere a questo numero della rivista (in ordine alfabetico) gli autori: ALBASINI Teresa, ALEXANDRU Elena Denisa, APOSTOLOU Apostolos, ARIEMMA Angelo, BALDI Fabia, BARBERA Michele, BARDI Stefano, BARRACATO Antonio, BARTOLUCCI Maria, BELLANCA Adriana, BELLUCCI Massimo, BIANCHI MIAN Valeria, BIOLCATI Cristina, BISUTTI Donatella, BONANNI Lucia, BUFFONI Franco, CALABRO’ Corrado, CAMELLINI Sergio, CARLI BALLOLA Riccardo, CARMINA Luigi Pio, CARRABBA Maria Pompea, CASADEI Valentina, CASCELLA LUCIANI Anna, CAUSI Antonino, CHIARELLO Maria Salvatrice, CHIARELLO Rosa Maria, CIMINO Annalena, CINNERELLA Pasqualino, COMITINI Marcello, CORIGLIANO Maddalena, CORONA Antonio, CURZI Valtero, DEFELICE Domenico, DE FELICE Sandra, DE ROSA Mario, DE STASIO Carmen, DEL MORO Francesca, DOMENIGHINI Luciano, ENNA Graziella, FELICETTI Maria, FERRARIS Maria Grazia, FERRERI TIBERIO Tina, FIAMENI Nicole, FILECCIA Giovanna, FIORENZONI Fiorella, FIORI Antonio, FLORIO Antonietta, FOLLACCHIO Diletta, FUSCO Loretta, GAGLIARDI Filomena, GRASSELLI Denise, GUILLAME Gianluca, INNOCENZI Francesca, LANIA Cristina, LE PIANE Fausta Genziana, LENTI Maria, LENTINI Giuseppe, LUZZIO Francesca, MAFFIA Dante, MAGGIO Gabriella, MAGLI Simone, MANNA CLEMENTI Anna, MARCUCCIO Emanuele, MARIGO Adriana Gloria, MARTILLOTTO Francesco, MAUTHE Ugo,  MINORE Renato, NANINI Elisa, NARDI Lucia, NOVELLI Flavia, PACI Gabriella, PAGNI Alessandro, PASERO Dario, PELLEGRINI Stefania, PIERANDREI Patrizia, PIERGIGLI Matteo, PISANA Domenico, POLVANI Paolo, PRINCIPI Simone, PROIETTI Cinzia Maria Adriana, PUSTERLA Fabio, RAGGI Luciana, RICCIALDELLI Simona, ROMANO Nicola, RUFFILLI Paolo, RUSSOTTI José, SABATO Adriana, SIVIERO Antonietta, SPAGNUOLO Antonio, SPURIO Lorenzo, STANZIONE Rita, STRINGA Teresa, TOFFOLI Davide, TOMMARELLO Laura, TODARI Arianna Shephali Margherita, TONINI Claudio, VANNI Antonio, VARGIU Laura, VENEZIANI Antonio, VESCHI Michele, VINCITORIO Anna, VITALE Carlos, ZANARELLA Michela.

Di particolare interesse è la sezione saggistica del presente volume che si compone dei seguenti contributi:

ARTICOLI

RENATO MINORE – “Io passeggio per passeggiare”

MASSIMO BELLUCCI – “Andarsene a piedi”

ANTONIETTA SIVIERO – “Evasione, sogno, fantasia, un quid in più della mente umana”

SERGIO CAMELLINI – “Nell’infanzia, la stagione dei perché dà felicità o infelicità?”

ANNA VINCITORIO – “Errare alla ricerca dell’isola”

ANGELO ARIEMMA – “Viaggi letterari”

LORETTA FUSCO – “Bukowski: nato per essere”

VALERIA BIANCHI MIAN – “Horreur du domicilie e altri mostri”

ANTONINO CAUSI – “La cultura hobo”

MARIA LENTI – “Dove ti trovo per ritrovarti?”


SAGGI

LUCIA BONANNI – “Erranze emotive, percezioni e messaggi nel romanzo Stoner di John Williams. Lettura critica”

FRANCESCA INNOCENZI – “Il mito di Ulisse nella poesia del Novecento: Pascoli, Kavafis, Saba”

GRAZIELLA ENNA – “L’erranza come ricerca inesausta di se stessi: dal trascendente all’immanente, dal sacro al profano. Esempi in Petrarca e Ariosto”

APOSTOLOS APOSTOLOU – “Il gioco del mondo come evasione. Il filosofo Kostas Axelos e l’affascinato amaro gioco del mondo come evasione”

FAUSTA GENZIANA LE PIANE – “Arthur Rimbaud, un vagabondo nato”

MARIA GRAZIA FERRARIS – “Desiderio di evasione, vagabondaggio ed erranza: il caso di Jack Kerouac”

LUCIANO DOMENIGHINI – “Vagabondaggio ed erranza. Appunto sulla parola “errare”

STEFANO BARDI – “Dal tramonto all’alba: Bruck, Schiavoni e Puglisi”           

VALTERO CURZI – “Desiderio di evasione, vagabondaggio ed erranza: suggestioni, simbolismi e messaggi”

LORENZO SPURIO – “Maledettismo e nomadismo in Raymond Carver. Un avvicinamento al geniale scrittore americano attraverso la lettura di padre Antonio Spadaro”

DOMENICO DEFELICE – “Wanderer del paesaggio, ma più della parola e dello spirito: Emerico Giachery”

DENISE GRASSELLI – “Evasione e introspezione nel Notturno indiano di Tabucchi”

FILOMENA GAGLIARDI – “La dialettica fra errare e ritrovarsi come essenza di tutte le storie: da Ulisse a Herman Hesse”

FRANCESCO MARTILLOTTO – “Torquato Tasso “peregrino errante””

DILETTA FOLLACCHIO – “Evasione, erranza e vagabondaggio da e nella esistenza”

CARMEN DE STASIO – “Le misure creative dell’erranza”


Il nuovo numero può essere letto e scaricato in formato PDF cliccando qui.

Esso può, inoltre, essere scaricato e letto anche sugli altri formati:

Azw3 per Kindle

Mobi

Epub

ISSUU/Digital Publishing

Per coloro che sono interessati, ricordiamo altresì i link per poter raggiungere:


Con l’occasione si fa presente che il tema e la scadenza d’invio dei materiali per prendere parte al successivo numero verranno indicati sui nostri canali (sito Associazione e pagine FB Associazione e Rivista) nelle prossime settimane.

Michela Zanarella poetessa internazionale. Esce “La verdad a la luz”, silloge in spagnolo

Segnalazione di Lorenzo Spurio

Pochi giorni fa è uscito il primo volume in lingua spagnola della poetessa Michela Zanarella, La verdad a la luz per i tipi di Papel y Lapiz, casa editrice colombiana diretta dal promotore culturale Aaron Parodi Quiroga. La pubblicazione va ad aggiungersi a un ricco repertorio di libri di poesia che la Zanarella, poetessa e giornalista veneta nata a Cittadella (PD) nel 1980 ma residente e attiva da molti anni nella Capitale, ha pubblicato nel corso degli anni. Il suo repertorio poetico è risultato particolarmente apprezzato anche nel contesto internazionale e ciò è evidente dalla pubblicazione di sue poesie, tanto su riviste che in antologie, in numerose lingue tra cui l’inglese, il francese, lo spagnolo, l’arabo, il rumeno, il serbo, addirittura il cinese, il giapponese e l’hindi. In precedenza, inoltre, ha dato alle stampe un selezionato corpus della sua opera in volume tanto in rumeno con la pubblicazione Imensele coincidenţe edita da Bibliotheca Universalis nel 2015, quanto in inglese con la pubblicazione Meditations in the Femine del 2018 con la Bordighera Press e anche in arabo con il libro bilingue italo-arabo Infinito celeste pubblicato con Universitalia di Roma nel 2021.

Michela Zanarella – apprezzata recensionista e membro di spicco di giurie di prestigio nel vasto panorama di concorsi letterari nazionali e non – è strenuamente convinta che la poesia sia canto universale e che, come tale, essa abbia la capacità (ma anche il dovere) di abbracciare il mondo. Indistintamente. Da questa fiera convinzione è nata la nuova raccolta poetica in lingua spagnola, La verdad a la luz, con traduzioni della poetessa Elisabetta Bagli, autrice a sua volta e riconosciuta promotrice culturale tanto nel nostro Paese quanto in Spagna, dove vive da vari anni nella capitale madrilena. Contribuiscono ad arricchire il volume, già di per sé particolarmente saporito e allettante, la nota di prefazione a firma della docente e autrice Brunhilde Román Ibáñez. Esponendosi sulla cifra stilistica e contenutistica della pregevole poesia della Zanarella, così quest’ultima ha avuto modo di esprimersi: “è un viaggio in un universo di materia attraversata dalla luce. Questa luce è essa stessa il tema, la metafora e la causa ultima del libro”.  Ed è proprio la luce, quale tema concreto e possibile traccia da intraprendere, a dominare tra le pagine, a far risplendere le emozioni, a ricalcare i sentimenti. Anche l’opera di copertina si affida a questa proiezione di fiducia completa nel colore e nella potenzialità del vibrato di cromatismi. In essa campeggia la riproduzione di un’opera grafica della pittrice Tatyana Zaytseva che il lettore pregusta con particolare entusiasmo e, al termine della lettura del volume, non può che associare in maniera precipua ed empatica al percorso stesso delle liriche. Luce e verità, dunque, i due elementi legati indissolubilmente tra loro che primeggiano in maniera spontanea nell’opera della Zanarella. Sono elementi inscindibili eppure così particolarissimi nelle loro caratteristiche distintive, offerti in una riuscita chiave sinottica ricca di omogeneità e di significati molteplici, trasposizioni e riverberi. Elementi che diventano non solo utili e rivelatori a sondare un sentimento altro, ma in qualche modo efficaci ed essenziali per accedere nei testi e nell’anima della poetessa, che traduce in versi l’amore, i sogni, le speranze, senza mai fingere. Così il lettore viene avvolto da un turbine intimo e cosmico, sincero e potente, in cui la poesia è meta e rifugio, la stanza in cui restare per ascoltare il proprio io e dipingere il mondo vagliato dalla propria interiorità.

Lorenzo Spurio

Jesi, 05/02/2022

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“Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca” a cura di L. Spurio – Recensione di Franca Canapini

Recensione di FRANCA CANAPINI

Il 2 gennaio scorso su www.granadahoy.com è apparso un articolo molto interessante del giornalista e scrittore spagnolo Andrés Cárdenas, intitolato De García Lorca se hablará siempre”. Contiene una premessa in cui l’autore riflette sul rapporto simbiotico tra Granada e Lorca e, a seguire, ci racconta vari fatti tra i quali una storia molto intrecciata riguardante Agustin Penón, un americano che, recatosi a Granada tra il 1955 e il 1956, aveva raccolto una valigiata di informazioni su Federico García Lorca, pensando di scriverci un libro. Ma era morto e la valigia era passata di mano in mano, mentre Penón, che alla sua ricerca aveva sacrificato anche parte delle sue sostanze, era stato dimenticato.

Questo per dire come e quanto il Poeta granadino sia stato e sia ancora un lievito potente per gli intellettuali di tutto il mondo: ¡De García Lorca se hablará siempre! Non ci dobbiamo dunque stupire della nascita nel 2020 di Il canto vuole essere luce (Bertoni, Perugia). Un libro di vari autori italiani, curato da Lorenzo Spurio e tutto dedicato a Lorca, artista eclettico e uomo di grande impegno sociale.  

Il curatore ci tiene a farci sapere che, pur avendo il libro la forma del saggio scritto a più mani, è di più, molto di più; è un atto d’amore e di riverenza verso uno dei maggiori intellettuali che la letteratura mondiale ha mai visto: il poeta spagnolo Federico García Lorca”. Tanto che il titolo, consistente in un verso di Lorca, assume significato simbolico: il libro è il canto corale con il quale s’intende illuminare almeno in parte l’opera del Poeta.

Nel 2016 Lorenzo Spurio aveva riacceso il fuoco dell’interesse per Lorca, dando alle stampe Tra gli aranci e la menta, una plaquette di sue poesie dedicate al Granadino. Da quel momento, tramite contatti spontanei, altri poeti amici hanno aggiunto ottima legna al suo fuoco. E il fuoco è divampato in un’offerta corale di contenuti esegetici, di ritratti e di poesie. Il testo, infatti, è illustrato con ritratti del Poeta eseguiti dal Maestro Franco Carrarelli “L’Irpino” ed è diviso in due parti.

La prima riporta i saggi con i quali gli aficionados indagano su molti aspetti del fenomeno Lorca.  Francesco Martillotto ci presenta il Lorca amante della musica e ottimo pianista, buon conoscitore della musica classica e della musica popolare che mette sullo stesso piano e riflette sull’interscambio felice tra musica e poesia nelle sue opere poetiche e di teatro.

Lucia Bonanni ci mostra il Lorca amante delle tradizioni popolari della sua Andalusia, che saranno di fertile ispirazione per le poesie e il teatro. Affascina, anche nell’analizzare il surrealismo dell’opera teatrale El público, la sua ricerca dei significati metaforici e del valore dei simboli nella Parola del Poeta.

Cinzia Baldazzi cerca di penetrarne in profondità le peculiarità del linguaggio poetico: “…Immortale…è il loro mondo semantico e logico: immenso, popolato di ombre illimitate a latere di luci accecanti, provenienti da un’arcana fonte senza inizio e senza fine…”.

Lorenzo Spurio ci porta dentro “Tamar e Amnon” del Romancero gitano, indicandoci la denuncia sociale che sottende l’opera; ma anche in Poeta a New York dove la parola poetica s’incupisce nel denunciare la disumanità della metropoli, mettendone in risalto gli aspetti negativi. E per finire ci conduce nelle opere teatrali più importanti per analizzare i temi ricorrenti: la violenza, il disagio degli emarginati, la condizione della donna e i suoi diversi atteggiamenti nella lotta contro la sopraffazione variamente esercitata dal maschio.

 Ugualmente interessante la seconda parte che assomiglia a un’antologia poetica ripartita in due sezioni. Nella prima sono raccolti alcuni dei compianti, odi e elegie scritti, subito dopo la tragedia dell’assassinio, da Antonio Machado, Rafael Alberti, Pablo Neruda e da vari esponenti della Generazione del ‘27, quasi tutte strazianti e bellissime a partire dal grido di Machado: “…que fue en Granada el crimen – sabed – ¡pobre Granada! – ¡en su Granada!…” fino allo sperdimento di Rafael Alberti che se lo vede tornare vivo in sogno: “Has vuelto a mí más viejo y triste en la dormida / luz  de un sueno tranquilo de marzo…”.

La seconda sezione accoglie voci di poeti contemporanei suggestionati dalla Parola del Poeta. Un florilegio di voci diverse che incuriosisce, commuove, rende vivo Federico, ne canta la tragedia, ne interpreta le sfumature dell’anima colte sia direttamente nei suoi testi poetici, sia indirettamente negli atteggiamenti dei personaggi del suo teatro. Testimonianza forte dell’amore che ha saputo generare e di quanto la sua parola può ancora incantare. 

Il canto vuole essere luce è un libro che offre molte informazioni di approfondimento sulla persona e gli interessi culturali, artistici e civili di Lorca; senza contare l’ampia bibliografia a cui attingere nel caso volessimo continuare a conoscerlo. Un libro tutto da “patire” per chi desidera entrare più a fondo nel suo universo delicato e sapiente, gioioso e drammatico, etico e propositivo.

FRANCA CANAPINI

Arezzo, 10/01/2022

La rivista «Euterpe» celebra i primi dieci anni d’attività con un volume-archivio

Nell’occasione dei dieci anni di attività della rivista di poesia e critica letteraria «Euterpe» – fondata da Lorenzo Spurio nell’ottobre 2011 con la scelta del nome della poetessa palermitana Monica Fantaci, traendolo da una sua poesia – l’Associazione Euterpe, nata nel 2016 e che ha integrato all’interno delle sue varie attività anche la rivista, ha deciso di dare alle stampe un volume collettivo.

Il volume, in elegante veste grafica, si compone di 264 pagine e si articola in vari percorsi atti a presentare l’universo di questa rivista letteraria – esclusivamente aperiodica, digitale e gratuita – che è giunta a celebrare i primi dieci anni di presenza nello scenario culturale e che ha visto l’adesione di più di 600 autori, compresi dall’Estero.

Lo stesso Spurio, direttore della rivista, ha inteso curare questo volume che si apre con una preziosa nota critica del poeta partenopeo Antonio Spagnuolo, collaboratore instancabile della rivista con suoi contributi poetici e non solo che così annota nel suo egregio preambolo critico: «Riordinare con certosina pazienza e accorta catalogazione dieci anni di attività editoriale non credo sia lavoro da accettare con leggerezza e senza la dovuta attenzione che una tale revisione richiede. […] [Questo libro è] un vademecum di enorme spessore […] Un lavoro ineccepibile che aspira a una prospettiva ampia, capace di dare un senso alla realtà poetica e a portare luce al simbolo segmentato disincanto delle immagini, del non visibile, del non razionale, condividendo infine in processo creativo di centinaia di autori che con illuminata originalità hanno dato il via a un aperiodico preciso e unitario».

Nell’ampia introduzione di Spurio si tracciano le origini, vale a dire gli incontri fondativi che hanno permesso la costituzione della stessa, come è stata strutturata, gli avvicendamenti e le modifiche, le introduzioni e le novità che man mano, nel corso della sua attività, l’ha vista mutare per giungere sino a quello che è oggi.

In queste pagine si dà testimonianza anche di quella che è stata l’attività di promozione culturale mediante l’organizzazione di reading, presentazioni di libri, convegni e attività editoriale che gravitò attorno alla rivista «Euterpe» nei primi anni dalla sua attività.

Opportune sezioni del libro danno conto della strutturazione della redazione della rivista nel corso del tempo, della molteplicità di rubriche e settori che l’hanno riguardata sino a giungere, in termini più recenti e dopo un riammodernamento del progetto, a una rivista aperta solamente a contributi inediti afferenti ai generi della poesia (compresa quella dialettale e gli aforismi) e alla critica letteraria (con articoli, saggi e recensioni).

Vi è poi l’elencazione dei vari numeri della rivista che sono usciti, ripartiti per periodo di pubblicazione e tematica di riferimento proposta con l’indicazione, quale numero attualmente “in lavorazione” dell’uscita dedicata agli “Amori impossibili tra arte, storia, mito e letteratura”.

Seguono tutti gli editoriali che nel corso della pubblicazione dei trentadue numeri usciti sono stati diffusi (la gran parte a firma dello stesso Spurio, ma altri redatti da Monica Fantaci e Martino Ciano) e l’archivio storico con tutti i riferimenti delle opere pubblicate in base all’ordine alfabetico degli autori. Sulla rivista hanno scritto nomi di primo piano del panorama letterario nostrano tra cui Valerio Magrelli, Fabio Pusterla, Franco Buffoni, Elio Pecora, Lucio Zinna, Guido Zavanone, Dante Maffia, Corrado Calabrò, Paolo Ruffili, Maria Pia Quintavalla, Donatella Bisutti, Anna Santoliquido, solo per citarne alcuni.

A chiudere il volume è un commento riepilogativo del poeta e critico letterario Nazario Pardini – presenza assidua della rivista – che così annota: «Sarebbe veramente lungo ricordare tutte le manifestazioni, i nomi, e gli impegni della rivista. La sua storia. Possiamo comunque dire che con essa si copre, a livello storico, una bella fetta della vita nazionale, con tematiche di estrema attualità. Leggere «Euterpe» significa restare aggiornati, ricevere notizie calde e intricanti per noi che siamo affezionati a tutto ciò che concerne la poesia e la cultura».

Per info/contatti sul volume: rivistaeuterpe@gmail.com

Esce il volume critico-poetico su F.G. Lorca “Il canto vuole essere luce” a cura di Lorenzo Spurio

Nelle ultime settimane e dopo più di due anni di ricerca, lavoro, approfondimento, studio e coordinazione, è stato pubblicato – per i tipi di Bertoni Editore di Perugia – il volume collettaneo dal titolo Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca” a mia cura.

Il volume si compone di tre parti: una prima parte con interventi critici sull’opera letteraria (poetica e drammaturgica) di Federico García Lorca scritti da me, Lucia Bonanni, Cinzia Baldazzi e Francesco Martillotto.

Nella seconda parte stono presenti vari testi poetici di autori classici – coetanei e amici di Federico García Lorca – che gli dedicarono poesie e composizioni commemorative. Vengono riportati testi in lingua originale (e tradotti in italiano) di Rafael Alberti, Manuel Altolaguirre, Luis Cernuda, Miguel de Unamuno, Miguel Hernández, Antonio Machado e Pablo Neruda.

Nella terza e ultima sezione, invece, sono presenti una serie di poesie scritte da autori contemporanei ispirate/dedicate a Federico García Lorca (vi sono testi di Lucia Bonanni, Luisa Ferretti, Emanuele Marcuccio, Michela Zanarella, Daniela Raimondi, Giorgio Voltattorni e del sottoscritto). Non meno influente, per chi è appassionato dell’universo lorchiano, è una nutrita bibliografia sulla sua vita e opera, utilizzata nel corso della stesura del presente volume e alla quale si rimanda per eventuali e ulteriori approfondimenti.

Un ringraziamento particolare per alcune delle traduzioni presenti nel volume a cura di Lucia Cupertino e Hebe Munoz e all’artista campano Franco Carrarelli “L’Irpino” che già, con alcuni suoi schizzi a china, aveva impreziosito con sue illustrazioni grafiche sul mondo lorchiano la mia plaquette “Tra gli aranci e la menta. Recitativo per l’assenza di Federico García Lorca (PoetiKanten, Sesto Fiorentino, 2016) e che anche questa volta non ha fatto mancare la sua importante collaborazione (il disegno che compare in copertina, assieme a vari altri all’interno del volume è suo). Grazie anche al poeta e critico letterario Antonio Spagnuolo che ha curato la prefazione e, chiaramente, a Jean Luc Bertoni, l’editore, per aver concretizzato il tutto.

Ringrazio tutti gli autori delle varie componenti, che felicemente hanno preso parte al progetto, collaborando attivamente nel corso di questi due anni, dandoci appuntamento – presto – per una presentazione del volume… virtuale e – speriamo altrettanto presto – in presenza.

Per chi fosse interessato può trovare le informazioni nel sito dell’Editore a questo link

Un sito WordPress.com.

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