Lorenzo Spurio su “Amazzonia verde d’acqua” della brasiliana Márcia Theóphilo

Sulla rivista online “Kmertro0” è stato pubblicato nella giornata di oggi l’intervento critico di Lorenzo Spurio sul nuovo libro della poetessa brasiliana Márcia Theóphilo, voce indiscussa dei diritti delle popolazioni indigene, Amazzonia verde d’acqua uscito per Mondadori nei mesi scorsa. L’approfondita analisi è stata pubblicata sotto il titolo di “Io canto il verde che va difeso. Márcia Theóphilo contro le barbarie dell’uomo che distrugge la sua unica dimora”.

Márcia Theóphilo, già vincitrice – tra gli altri – del Premio alla Carriera del Premio “Città di Vercelli – Festival di Poesia Civile” e del Premio di Poesia “L’arte in versi” di Jesi.

A continuazione un estratto di questo testo: “L’ultimo libro della poetessa brasiliana Márcia Theóphilo, Amazzonia verde d’acqua (Mondadori, 2020), può essere considerata la summa della sua opera letteraria dal momento che prosegue in un percorso iniziato ormai decenni fa, se si pensa che i primi libri pubblicati dalla poetessa e antropologa nativa di Fortaleza e da molti anni in Italia, vennero pubblicati negli anni Settanta. Il nuovo volume – non una vera opera omnia – presenta al suo interno alcuni testi già letti altrove, in sillogi precedenti, in lavori che hanno avuto ampio apprezzamento e diffusione se si pensa che, a tutt’oggi, la Theóphilo è tradotta in numerose lingue, tra le quali anche lo svedese, oltre alle maggiori lingue del ceppo neolatino. Il volume si presenta corposo al tatto ma di agevole fruizione nelle tante liriche che lo compongono, adeguatamente provviste della loro versione in portoghese-brasiliano (non è dato sapere se sono nate direttamente in questa lingua e poi “versate” nel nostro idioma o il contrario, ma tant’è); i materiali sono divisi in alcune sotto-sezioni che in qualche modo “anticipano” e agglutinano le varie simbologie e campi concettuali che la Poetessa intende far prevalere”.

Per leggere l’intero saggio di approfondimento cliccare qui.

Esce “Amazzonia verde d’acqua”, l’enciclopedia poetica della salvaguardia ambientale della poetessa brasiliana Márcia Theóphilo

Articolo di Lorenzo Spurio 

978880472744HIG-310x480 (1)Esce domani, 16 giugno 2020, per i tipi di Mondadori, nella serie “Lo Specchio”, il nuovo libro della nota poetessa brasiliana Márcia Theóphilo. Poetessa, scrittrice e antropologa tanto in portoghese, sua lingua d’origine, che in italiano, nel corso degli anni ha visto le sue opere poetiche venire tradotte in varie lingue straniere, dall’inglese allo svedese, dal francese allo spagnolo. Particolare attenzione va riposta verso la sua fluente produzione poetica e letteraria, interamente incentrata sull’impegno per la difesa ambientale dell’Amazzonia. La Theóphilo ha ottenuto numerosi premi letterari, alla cultura e alla carriera, com’è il caso del prestigioso Premio Letterario “Città di Vercelli”, in seno al Festival della Poesia Civile (premio che, negli anni precedenti, è andato, tra gli altri, ad Adonis, Lawrence Ferlinghetti e Eugenij Evthushenko), il Lerici-Pea e, recentemente, il Premio alla Carriera in seno all’ottava edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” di Jesi, presieduto dal sottoscritto e con Michela Zanarella quale presidente di Giuria. L’articolo di tale conferimento, congiuntamente alla motivazione critica, possono essere letti cliccando qui.

Márcia Theóphilo è nata nella città brasiliana di Fortaleza nel 1941. Vive da vari anni a Roma. La sua ingente opere letteraria si dispiega nei vari generi anche se sembra essere la poesia il suo vero canto d’anima. Influenzata dai canti oriundi e dalla sapienza popolare della nonna, la Theóphilo ha fatto dell’Amazzonia, oltre che il suo destinatario principale d’amore, il suo maggiore contesto di studio e approfondimento, dedicandogli tutto il tempo e la sua energia. L’Amazzonia viene dalla Theóphilo studiata in termini naturalistici, con un tuffo completo nella fauna e flora così tipiche di quello spazio, dai lessemi spesso intraducibili nella nostra lingua, ma anche in termini miticosimbolici in quella ritualità di sapienza misterica ed esoterica delle popolazioni indigene, in chiave sociologica, antropologica e tanto altro ancora. Celebre, tra le altri, la sua lirica “Boto”, al delfino rosa. Tra le opere poetiche in italiano vanno ricordate (varie di essi con note di presentazioni del fiorentino Mario Luzi del quale fu grande amica) Siamo pensiero (1972), Basta! Che parlino le voci (1974), Catuetê Curupira (1983), Il fiume l’uccello le nuvole (1987), Io canto l’Amazzonia (1992), I bambini giaguaro (1996), Kupahúba. Albero dello Spirito Santo (2000), Foresta mio dizionario (2003), Amazzonia respiro del mondo (2005), Amazzonia madre d’acqua (2007), Amazzonia. L’ultima Arca (2013), Nel nido dell’Amazzonia (2015), Ogni parola un essere (2017) e Amazzonia è poesia (2018).

Il nuovo volume, Amazzonia verde d’acqua, della Theóphilo, che è stata amica e frequentatrice di Dario Bellezza, Amelia Rosselli e Rafael Alberti (solo per citarne alcuni) vanta una nota critica di prefazione stilata dal poeta Maurizio Cucchi. Nelle note di accompagnamento e di presentazione del volume che compaiono in rete sui siti che rendono l’opera acquistabile, è possibile leggere questo: “Nel vortice e nell’incanto di queste pagine si realizza al livello più alto il grande canto dell’Amazzonia di Márcia Theóphilo, che nei decenni ha composto un disegno epico articolatissimo, una narrazione in versi che è poesia di fantasmagorica atmosfera. Con strenua vitalità, ci parla di un mondo dove la natura – di cui gli umani sono semplice parte – «lavora senza posa», e dove agisce un’energia diffusa e inarrestabile, nel movimento di un continuo rinascere. La poesia di Márcia Theóphilo, nota fin dagli esordi in ambito internazionale, si impone per una rara ampiezza di respiro, che le consente di convocare sulla pagina umani personaggi e figure mitologiche, in un vorticare prodigioso degli elementi, dove «non solo gli animali ma tutto in natura ha un’anima», o dove operano senza sosta «memorie di verdi immensità». In questa esoticissima realtà troviamo la dea Giaguaro, che «si trasforma in tutte le cose / che vivono sulla terra / piante e animali / fiumi e piogge», mentre anche «gli alberi raccontano la loro storia». Ma è l’io stesso dell’autrice a mescolarsi alle molteplici presenze di un reale magico e immenso, fatto di «impensate foreste senza fine / di fiori e frutti tropicali / e cuori di antichi animali», su cui la nostra ormai plurisecolare “civiltà” opera con colpevole indifferenza o ottuso disprezzo. Ed ecco, allora, il suggestivo spargersi di Márcia Theóphilo nei suoi versi e il continuo rigenerarsi della sua opera, in simbiosi intatta con l’habitat delle sue radici, con l’orizzonte naturale in cui da sempre si esprime e ci comunica la sua inconfondibile, preziosissima, testimoniale presenza poetica”[1].

Un approfondito e avvincente articolo-recensione di Roberto Galaverni uscito sulle pagine de Il Corriere della Sera di oggi anticipa la fortunata uscita del volume. Nell’appropriato occhiello introduttivo si legge: “Il canto della brasiliana Márcia Theóphilo è colmo di onomatopee: lascia parlare impetuosamente la natura in due lingue (portoghese e italiano) e rilancia il legame imprescindibile tra cose e parola. Lì c’è l’anima di tutto e di tutti”. Per riferirsi alla nuova opera poetica Galaverni parla di “specialissima lirica corale” ad intendere questo linguaggio allargato e condiviso, partecipe, tra io poetico e natura, nelle sue molteplici e variegate manifestazioni.

La poesia della Theóphilo, così ben capace a dipingere nelle sue venature e speziate fragranze una realtà a noi lontana, quella appunto della foresta dell’Amazzonia, il più grande “polmone verde” del Pianeta, immancabilmente chiama nella mente dell’attento lettore le notizie amare di qualche mese fa relative ai gravi casi di incendio che hanno colpito vari parti di quel territorio naturalistico decretando inquinamento, sottrazione di terreni boschivi e seria minaccia per le popolazioni indigene che lì vivono. Ha, al contempo, permesso di farci ragionare sull’importanza della biodiversità e la salvaguardia del Pianeta, tematiche imprescindibili dalla poetica della Nostra e sempre così ben individuabili nelle sue opere. Vale a dire sulla minaccia che riguarda tutti e non solo i brasiliani e gli amerindi: quella della battaglia ecologica che va combattuta con serietà e impegno per consentire la custodia e la preservazione dell’ecosistema in cui viviamo, unico per tutti: la Terra. Ecco perché le poesie dell’Amazzonia e sull’Amazzonia della Nostra, al di là dell’accentuato colorismo locale, dell’esotismo frizzantino della natura variegata e beata di quelle terre, della fertilità del Río grande che fluisce impetuoso, vanno lette in tal senso: come un’invocazione all’impegno, a darsi da fare, a comprometirse – per dirla in spagnolo (altra lingua in cui la sua opera è tradotta) – in una questione che è di tutti.

La salvaguardia del boto, il delfino rosa, come pure di specie arboricole particolarissime e di canti  e formule orali della tradizione amerinda autoctona debbono essere conservati perché sono patrimonio comune di cui il primo ambientale e culturale al contempo e il secondo immateriale e, pertanto, forse ancor più esposto alle intemperie della contemporaneità e del generale disinteresse. Márcia Theóphilo anche in questo senso fornisce un contributo molto importante, degno di osservazione e di una più ampia conoscenza.

LORENZO SPURIO

Jesi, 15/06/2020

E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. 

[1] Tratto dal sito della Mondadori, casa editrice che ha pubblicato l’opera. https://www.oscarmondadori.it/libri/amazzonia-verde-dacqua-marcia-theophilo-2/

VII Ragunanza di Poesia, narrativa e pittura: i risultati del concorso

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VERBALE DI GIURIA

La VII edizione del Premio Internazionale “Le Ragunanze”, dedicato alla Poesia, Narrativa e Pittura, quest’anno 2020 costringe, per ragioni inerenti il covid-19, noi ideatori, organizzatori e giurati, a proclamare per mezzo diffusione rete telematica, i premiati.

Ci riserviamo pertanto di organizzare, nei tempi e nei modi opportuni alla salvaguardia della salute individuale, la cerimonia di premiazione, che avverrà come di consueto nel rispetto storico dei dettami arcadici, nella suggestiva cornice di Villa Pamphilj.

La giuria, presieduta da Michela Zanarella, presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “Le Ragunanze” e dal vicepresidente Giuseppe Lorin, con il presidente del Premio Internazionale Roberto Ormanni, seguiti dalla schiera di giurati composta da: Antonella Capponi (pittura), Serena Maffia, Fiorella Cappelli, Lorenzo Spurio, Vinicio Salvatore Di Crescenzo, ha assegnato:

OPERA PITTORICA

1° – “Preferisco il mare” di Bruna Milani (Roma)

2° – “Tempo” di Tatyana Zaytseva (Roma)

3° – “Natura ferita” di Giacomo Minella (Roma)

Menzione d’onore – “I miei colori” di Iolanda Morante (Avellino)

 

NARRATIVA – LIBRO EDITO 

1° – “La sacralità del sacro” di Oscar Esile (Udine)

2° – “I piani inferiori della luna” di Michele Manna (Roma)

3° – “Arktikos” di Bruno Scapini (Trieste)

Menzioni d’onore – “Il quaderno del fato” di Edoardo Guerrini (Torino); “Finalmente!” di Flavio Dall’Amico (Vicenza); “Chissà se al Liga fischiarono le orecchie” di Anna Pasquini (Roma); “Come anime scelte che si ritrovano” di Gianni Verdoliva (Torino); “Ippocampo” di Renzo Piccoli (Bologna); “La stanza dei pensieri” di Giulia Porena (Roma); “Human” di Alberto Spartaco Umbrella (Roma)

 

POESIA – LIBRO EDITO

1° –  “D’artista” a Fadi Nasr (Milano)

2° – “Come cenci stesi al vento” a Roberta Mezzabarba (Viterbo)

3° – “Il filo quotidiano” a Teresa Murgida (Catanzaro)

Menzioni d’onore: “Linee emozionali” di Lucia Izzo (Roma); “Concerto per grafemi” di Alberto Alessandri (Venezia); “Il canto del cuore” di Cinzia Manetti (Siena); “Sulle ali della poesia” di Corrado Cioci (Latina); “Le brughiere parlanti” di Carmelina Ciaccio (Roma); “Colore di donna” di Liliana Manetti (Roma); “Scintille” di Saverio Caivano (Salerno)

Per la sezione “Libro edito di poesia” sono stati assegnati due trofei:

Trofeo Euterpe per il libro “Amori trovati per strada” di Antonio Gerardo D’Errico (Milano)

Trofeo EMUI EuroMed University per il libro “Domina” di Maria Morganti Privitera (Messina)

 

POESIA A TEMA NATURA

1° –  “Salsedine” di Cristina Biolcati (Padova)

2° – “Oggi canto te” di Mario De Rosa (Cosenza)

3° – “Fiorire fuori stagione” di Laura Tommarello (Roma)

Menzioni d’onore: “Sono una barca” di Lucia Lo Bianco (Palermo); “La terra si ribella” di Maurizio Bacconi (Roma); “I colori del Peloponneso” di Giovanni Battista Quinto (Matera); “Mediterraneo” di Luisa Rega (Roma); “Polvere di zolfo” di Mario Pizzolon (Treviso); “In tempi non sospetti” di Carla Abenante (Napoli); “Dio…e folle vento” di Gianluca Lorenzini Collodi (Firenze)

Targa “Anastasia Sciuto 2020” a Giulio Corso, diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”.

Nelle precedenti edizioni la Targa Anastasia Sciuto è stata assegnata a: Enoch Marrella e a Sara Putignano i quali avranno a loro disposizione, così come il nuovo premiato, gli spazi di Palazzo Fani a Tuscania per una loro rappresentazione da concordare nei tempi e nei modi con il presidente dell’A.C.T.A.S.

 

N.B.: I premi sopra elencati, verranno consegnati personalmente nel Maggio 2021 ad apertura della Cerimonia di Premiazione per la VIII edizione del Premio Internazionale “Le Ragunanze”.

Per la VIII Ragunanza di Poesia, Narrativa e Pittura il bando sarà disponibile sul sito dell’associazione o richiesto alla mail apsleragunanze@gmail.com

Ricordo di Zavanone e inediti di Gianni Milano; esce il nuovo numero di “Euterpe” con poesie di E. Pecora, F. Pusterla, M.P. Quintavalla e haiku di M. Bettarini

Esce il n°30 (importante traguardo!) della rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”, aperiodico tematico di letteratura online, ideato e diretto da Lorenzo Spurio e rientrante all’interno delle attività culturali promosse dall’Ass. Culturale Euterpe di Jesi.

Tale numero proponeva quale tematica alla quale era possibile ispirarsi e rifarsi: “L’uomo di fronte alla natura: descrizioni, sublimazioni e terrore”.

La prima parte è dedicata al poeta e pedagogista piemontese Gianni Milano. Lorenzo Spurio nel lungo articolo rintraccia i momenti cruciali della vita dell’uomo e della sua intensa produzione letteraria, con una selezionata scelta di inediti da alcune sillogi scritte nel corso degli anni da Milano. Fa seguito un articolo a firma della poetessa e critico letterario Rosa Elisa Giangoia dedicato al ricordo del poeta Guido Zavanone (1927-2019) recentemente scomparso.

Hanno collaborato e contribuito con proprie opere a questo numero della rivista (in ordine alfabetico) gli autori: Abenante Carla, Argentino Lucianna, Baldazzi Cinzia, Bardi Stefano, Bello Diego, Bettarini Mariella, Bianchi Mian Valeria, Biolcati Cristina, Bonanni Lucia, Buffoni Franco, Bussi Alfredo, Calabro´ Corrado, Carmina Luigi Pio, Carrabba Maria Pompea, Cascella Luciani Anna, Casuscelli Francesco, Chiarello Maria Salvatrice, Chiarello Rosa Maria, Cimarelli Marinella, Consoli Carmelo, Corigliano Maddalena, Cortese Davide, Curzi Valtero, D´Errico Antonio G., Dante Daniela, De Maglie Assunta, De Stasio Carmen, Di Iorio Rosanna, Di Palma Claudia, Di Salvatore Rosa Maria, Di Sora Amedeo, Enna Graziella, Ferraris Maria Grazia, Ferreri Tiberio Tina, Fiorenzoni Fiorella, Fiorito Renato, Flores d´Arcais Alessandra, Follacchio Diletta, Fratini Antoine, Fusco Loretta, Gabbanelli Alessandra, Giangoia Rosa Elisa, Giorgi Simona, Kemeny Tomaso, Kostka Izabella Teresa, Langiu Antonietta, Lania Cristina, Lubrano Rossella, Luzzio Francesca, Maggio Gabriella, Malito Antonietta, Marcuccio Emanuele, Milano Gianni, Minerva Gianni, Minore Renato, Mongardi Gabriella, Pardini Nazario, Pasero Dario, Pecora Elio, Pellegrini Stefania, Pierandrei Patrizia, Polvani Paolo, Porri Alessandro, Pusterla Fabio, Quintavalla Maria Pia, Raggi Luciana, Riccialdelli Simona, Saccomanno Mario, Scalabrino Marco, Seidita Antonella, Sica Gabriella, Silvestrini Maria Pia, Siviero Antonietta, Spagnuolo Antonio, Sponticcia Andrea, Spurio Lorenzo, Stanzione Rita, Stefanini Anna Maria, Strinati Fabio, Vargiu Laura, Veschi Michele, Zanarella Michela, Zavanone Guido.

Il nuovo numero può essere letto e scaricato cliccando qui e, a seguire, nei vari formati:

Visualizzazione in ISSUU/Digital Publishing adatta per smartphone e tablet

E-book: Azw3 per Kindle – Mobi – Epub

 

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Di particolare interesse è la sezione saggistica del presente volume che si compone dei seguenti contributi:

ANTOINE FRATINI – “L’importanza dei paesaggi dal punto di vista psicologico”

VALERIA BIANCHI MIAN – “Accendere la luce della coscienza nel collettivo, ovvero due parole sulla ricerca animale a partire dai macachi di Torino e Parma”

ALFREDO BUSSI – “La deriva poetica della promozione territoriale”

FRANCESCA LUZZIO – “Il roditore della natura”

RENATO MINORE – “Le immagini e la voce del calcio”

DILETTA FOLLACCHIO – “Uomo, letteratura e natura. Dalla natura sacralizzata all’«arido vero»

VALTERO CURZI – “Natura Madre nel pensiero romantico”

AMEDEO DI SORA – “Il Paese d’Anima di Tristan Corbière”

STEFANO BARDI – “Natura, magica natura. La poesia di Francesco Scarabicchi”

GRAZIELLA ENNA – “Il paradiso perduto: alcune interpretazioni e variazioni del topos dell’età dell’oro dal periodo classico al Cinquecento”

MARIA GRAZIA FERRARIS – “Il parco della “contemplazione e della riflessione”

TINA FERRERI TIBERIO – “La Natura tra Filosofia e Scienza”

LUCIA BONANNI – “Il mito del changeling come spiegazione di malattie misteriose, rapimenti e scambi di bambini anche in relazione ai fenomeni naturali”

CARMEN DE STASIO – “La distopica sublimazione. Il movimento vorticoso di Il Secondo Avvento di William Butler Yeats”

CINZIA BALDAZZI – “L’uomo e la ragione contro l’«empia natura». Riflessioni sulla Ginestra leopardiana”

 

Ricordiamo, inoltre, che il tema del prossimo numero della rivista al quale è possibile ispirarsi sarà

“L’ “io” in letteratura. Individualità e introspezione”. I materiali dovranno essere inviati alla mail rivistaeuterpe@gmail.com entro e non oltre il 20 Aprile 2020 uniformandosi alle “Norme redazionali” della rivista (http://rivista-euterpe.blogspot.it/p/norme-redazionali.html). È possibile seguire il bando di selezione al prossimo numero anche mediante Facebook, collegandosi al link: https://www.facebook.com/events/823533098100301/

 

“La metafora del viaggio nelle poesie di Paolo Maria Rocco”. Analisi di “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” a cura di Marco Labbate

A cura di Marco Labbate

Su gentile richiesta dell’autore del volume, si pubblica a continuazione la ricca analisi critica di Marco Labbate all’opera poetica Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie di Paolo Maria Rocco (Ensemble, Roma, 2019, pp. 98), opera in doppia lingua italiano-bosniaca con traduzioni a cura di Nataša Butinar.

 

    9788868813970-323x500.jpegAl principio l’Arcangelo annuncia, nella nebbia, il porto. È con l’approssimarsi a un nuovo approdo che si apre il secondo bel libro di poesie di Paolo Maria Rocco Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie. Il viaggio ha inizio in modo emblematico non solo perché la nebbia è rivelazione – nel percorso circolare del nostoi (ricerca di conoscenza e veicolo d’esperienza) – ma anche perché la funzione dell’Arcangelo (Capo degli Angeli) è di avvertire che qualcosa, come fosse voluta da una presenza intangibile, sta per accadere vegliata dal sacro, il viaggio della vita, tra realtà e sogno.

       I primi versi con i quali si apre questo libro alludono, quindi, ai temi del distacco, della perdita, dell’allontanamento da sé e del ritorno da un percorso eccentrico condotto nell’ignoto. Tra buio e bagliore prendono forma gli specchi della solitudine di un’anima che si volge verso ciò che è inconosciuto, in un viaggio reale, fisico e allo stesso tempo metaforico, si spinge in nuove visioni fino al centro delle cose e della poesia. L’ingresso è un moto di avvicinamento ad uno spazio di autenticità che impone di rielaborare la realtà in forma di racconto, di mito: «Sono a Spalato che m’è venuta incontro…» – «Una parola muta, dici/ è ciò che poi rimane, intimidita/ come fosse storia increata, vita/ umana denudata, e sfarzo/ del lacerto prima della forma/, materia (…)».

    S’innalzano e s’interrano queste visioni nella levità rarefatta di un’inquadratura dall’alto dei luoghi (perché è necessario anche imporre una distanza per elaborare un discorso sull’esistere), come da una ricognizione aerea, sulle aspre dorsali delle Alpi dinariche, per poi gettarsi a capofitto fin nelle pieghe della terra, nello scavo della Neretva, il fiume il cui nome – come i nomi di tutti i più importanti corsi d’acqua della Bosnia Erzegovina – è declinato dai bosniaci sempre al femminile: la Bosna, la Neretva, la Miljacka… perché il fiume, la sua acqua, è il «ventre da cui tutto ha inizio». E se la Neretva apre l’evocazione di un altrove, l’immagine si connota del suo legame con la memoria, quando in prossimità di quel fiume si consumava una guerra in uno di quegli spartiacque che mutano la Storia.

    Ma è di un’altra storia, così ancor oggi vivida, che ci parlano le poesie dell’Autore: appena il salto di una generazione, e deflagra nel cuore dell’Europa, devastante nella regione dei Balcani, in un registro di parole che ci porta in medias res e ci offre anche, subito, la cifra della diversa prospettiva della quale s’informa questa scrittura poetica nel corso del suo processo di elaborazione che conduce verso direzioni stilistiche nuove rispetto al suo primo libro I Canti.

    Queste poesie si costituiscono come viaggio iniziatico, topos della scoperta di un esule nella contemporaneità che disumanizza e parcellizza l’esistenza. Non è uno spazio di fuga, allora, ma di autentica libertà nel corpo a corpo con la coscienza della crisi della nostra epoca, e spazio di verità nel tentativo di ridestare – come ha scritto con una felice intuizione Al J. Moran nella presentazione del primo libro dell’Autore I Canti – la scintilla di sacro che è in ognuno. Parola, paesaggio, pensiero si aprono al disvelamento e il viaggio diventa metafora della vicenda umana, laddove non c’è naufragio, non c’è sconfitta finché l’uomo riesca a ritrovarsi.

    È così che, tra storia e visione, in questa perlustrazione portata dentro se stessi, lo Stari Most appare all’improvviso: «il guizzo di una piuma, il flettere d’un’ala…». L’immagine dei giovani che si tuffano dall’inarcarsi del dorso del ponte di Mostar acquista un ulteriore significato: assumono forma di ali come anche i due bracci del ponte ottomano. Ali spezzate che franano al suolo quando l’artiglieria croata colpisce il simbolo innocente della Mostar musulmana. Una delle immagine più note della guerra protrattasi dal 1992 al 1996, una di quelle immagini alle quali la memoria rimane sospesa, in un senso di colpevole indifferenza che rimane confitto cuore dell’Europa: « (…) ti dice / che una parola sullo Stari Most tacque / dell’altra nell’avvitarsi d’Halebija a Tara /  dell’onda sopra l’onda, e se poi guardi / nell’abisso, che ha la sua lingua / pure il fiume, il suo moto / che non indulge e non ha sosta».

    Repentino, fraterno un grido di dolore echeggia dalla città di Zenica: «Vorrei così vedere la nube,/ nel tempo che ora viene, dilaniata nel cielo che avvelena/ questa terra, con la fame atavica del lupo brado dei monti,/ e dell’inconciliabile diversità dell’etnia sterminata/ con i denti anche l’idea inculcata, che infiamma gli animi,/ e insieme lo spregevole impresario che mercanteggia/ nelle miniere morti e miserie». Ha il volto di Azra, la voce di un popolo, di più popoli in uno. Si alza, assorda, si placa in una nuova ferialità: il tramestio di un bar, la Bosna appena adombrata, come un nume «(…) vibra l’impiantito/ vecchio del bar sul Bulevar Ezhera/ Arnautovića e nel telaio l’opaco/ drappo sintetico s’agita come della finestra/ un vetro rotto. Guardo il fiume dalla terrazza/ sospesa sulla Bosna: un poco scorre/ contrariato, il vento alza un tappeto/ di minute onde trasversali (…)».

    Come se nei Balcani, più che in ogni altra Regione, valga di più la legge universale secondo cui i luoghi non possono essere esperiti senza considerare la loro storia, perché tra passato e presente non c’è una relazione soltanto, ma una continua compresenza che l’Autore sottolinea nel: «far rigenerare la storia/ e il passato nel fiammeggiare del presente». È un tempo che procede in maniera sincopata, che frena e di nuovo incalza, torna indietro e poi si ripresenta insieme con le vite che ha infranto, colte in un coraggioso quanto doloroso tentativo di rigenerazione e di riconciliazione con se stessi e con il mondo, che si impone anche visivamente con un repentino cambio di scena: «(…) un’età inesorabile e violenta che vedi incisa/ in un sommesso sguardo, o nell’esposta dignità/ di un occhio fermo, che si misura col sangue/ nelle fosse, nel fischio osceno dei mortai/ sopra le case, nel pianto dell’innocenza profanata// (…) si eleva a perdifiato una voragine/ che la lena inghiotte, un grido giocoso e cristallino/ di ragazzi… il vorticare corrisponde al suono/ che rigenera lo spirito nell’intelletto, (…) e dentro l’armonia/ del fiume in piena è condizione dell’animo (…)».

    Non si tratta solo dell’impressione che suscita lo sguardo su ferite ancora aperte nelle carni e dalle voragini ancora scavate dai proiettili. Si tratta di quel presente politico che cristallizza il passato in un’armatura, attuale, di «checks and balances», pesi e contrappesi, e nel quale presente così liricamente narrato si svela ciò che detta parole d’amore a questo diario di viaggio, la persistente volontà di riconoscere, sopra tutto, ciò che – al di là di ogni cieco furore – può conservare la Bellezza della presenza umana in una regione martoriata: è, certo, un sensibile omaggio alla Bosnia e ai suoi abitanti, all’homo civicus, che non è cliente né suddito, e alla sua etica di cittadino, questo percorso in cui ci guidano le poesie dell’Autore. È alla Bosnia incarnata nei suoi simboli vitali (cultura, tradizione, mito) che s’ispira la poesia di questo percorso affrontato dall’Autore nei luoghi fisici e nell’elaborazione del linguaggio poetico: l’oppressione della sopraffazione si placa nell’armonia delle acque del fiume, identità con il paesaggio interiore di chi ha vissuto quella ferita. Perché esiste nella poesia errante di Paolo M. Rocco un’altra dimensione del passato, dove sembra possibile una tregua dal dolore, il passato che sconfina nel tempo ancestrale, quello che dà il nome alle cose: «Jalija, gelsomino d’impercepita opalescenza/ della pianta del sicomoro ha l’incanto, della fenice/ feconda e nutrice: questo, ora mi dicono, dev’essere/ il suo vero nome, ché dall’ampia chioma riluce/ un’avvenenza e antica quando la scioglie nella Bosna».

    Rispetto al passato recente – la pietra scabra contro cui si scontra il quotidiano – questo passato è una porta aperto verso l’onirico, là dove si apre lo spazio all’incanto dei sensi, alla meraviglia, al ristoro che diventa inesausta contemplazione nutrita della nostalgia (dal greco, nostalgia è composta da: nostos/ritorno e algia/tristezza) non del ritorno in patria ma dell’accesso all’esperienza: «Il cielo/ dalla mia parte, che tu lo sappia, gronda/ un sospetto di pioggia/ (…) ora la volta/ è una brocca inclinata che versa di gocce/ un’armata. Sul litorale la sabbia è un mantello/ stellato che ondeggia nella brezza/ e si fa pensiero alato nei pressi dell’approdo».

     Ma non si tratta di un sogno che deve essere sciolto. Il ritorno riprende lineamenti definiti.     L’ultimo sguardo si muove da quel mare, altro, abbandonato all’inizio e che, nell’ultimo indugio, sembra voler abbracciare tutto ciò che ha raccolto. Il congedo, E altri altrove, è una visione da conservare come un cimelio nel quale quello che s’è vissuto ricorre in una voluta d’arabesco: una donna con il suo strumento a corda, la giovane venditrice, un uomo che cammina: «(…) com’è stato/ che lo squillo della voce sia diventato un canto/ di gabbiani, dall’altro mare vedo uno strumento/ a corda nelle mani di una donna nel mercato/ delle stoffe, e della giovane nel chiosco/ della trafika un disegno che indulge/ all’andamento del passante sulla strada/ e al desiderio: s’accede/ da quegli occhi generosi nelle volute/ arabescate sull’acqua della Bosna».

     A quella terrestre, materica si affianca una seconda dimensione del viaggio, non geografica, senza luogo. La poesia sembra quasi proporsi come manuale del viaggiatore in una tensione che è insieme lirica e metafisica. In questa dimensione visionaria l’hic et nunc – in un andirivieni di riprese e di rimandi al testo – diventa strada all’everywhere, ad uno spazio immaginifico che si apre con la seconda sezione del libro, “Altre poesie”: «Di forme intersecate un nudo patchwork, un modo/ per corrispondere del viaggio ad una pianta/ grafica l’insolito messaggio, il benvenuto. Un tempo/ altro prendono gli accordi, il calore sprigionato/ dalla spiaggia, il volo che innalza mulinelli/ di gabbiani sopra il ponte, l’acqua che sembra dissipare/ in un tremulo vapore il colore dei ricordi, l’onda/ che prende poi la forza e diventa una tempesta// Nel mare senza mappa, un punto di passaggio/ aperto per l’ignoto sulla cui cresta s’agita/ il pensiero di rompere l’indugio».

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Una vista di Mostar, capoluogo della regione dell’Herzegovina con il caratteristico ponte Stari Most, precedentemente distrutto e ricostruito. – Fonte foto: http://www.zanconatoviaggi.it/evento/1934/

    Il carattere iniziatico del viaggio nasce da una riduzione all’origine che ha nell’acqua, come dicevamo, il suo elemento primario: «il traghetto mi partorisce dalla stiva»; e il fiume, abbiamo visto, è «ventre da cui tutto ha inizio». C’è un valore emblematico dell’andare per mare o sul fiume, su una zattera o su un cargo malandato, cercando di domare le rapide o le onde: è la ricerca dell’essenza della vita, della genuina bellezza, è la ricerca di ciò che si avverte perduto che guida verso la verità «: ben potenti ho scavallato flutti/ di mondi che si potessero solcare/ nessuno avrebbe detto, il lato/ aperto di uno spazio che ho sbrigliato/ con una carezza sul dorso lanciato/ del puledro (…)»; valore emblematico hanno il remo del passatore che non tocca mai la stessa acqua, il battello fatiscente che -identificandosi con l’Autore- resiste alla tempesta e solca i marosi come la procellaria che «(…) adusa al largo/ mare ad ali spiegate riprendo il volo a raso/ e non di un asilo cerco il luogo ameno, il valico/ nel tempo col bruno della mia livrea, col bianco/ delle vele ridesta il cielo alla memoria e piango».

     Allo stesso modo, il passo del viandante non ha direzioni da imporre a se stesso se non penetrare in profondità nelle cose e nella loro memoria sedimentata; accetta persino l’inciampo, come inevitabile presa di coscienza del terreno, di un qui e ora trasfigurati dallo sguardo del pensiero che è accesso ad una dimensione atemporale: «Passeggiare prediligo sulla sponda, rapida/ a volte con il pensiero che s’accorda, hai detto/ per le sue motili forme al passo, e incrociare/ il cammino dei viandanti per immedesimarmi/ nel caos delle mie stanze, perché amo incespicare/ nei suoi riverberi come della fronda il fitto intreccio/ s’avviluppa su se stesso per ritrovarsi/ ancora smarrito (…)».

    Ecco come, nelle poesie di Paolo Maria Rocco, sul piano prettamente linguistico suono del fonema e sua qualità acustica si relazionano con il significato della parola che essi stessi traducono. In questo senso il fonosimbolismo del termine incespicare raccoglie una forza dell’esplorazione che è, ancora una volta, anche potere della lingua: il suono definisce una consistenza che conferisce alle parole peso. Di volta in volta emerge questa qualità nell’asprezza o nella musicalità del ritmo e del riverbero sonoro che innervano i versi e testimoniano di una intensità che assegna ancor più potenza alle parole, un surplus di significato nelle sue metafore e simboli: «Le parole, mi hai detto/ si possono ascoltare/ non i pensieri, quelli/ se ne vanno direi nel silenzio/ dissigillato dallo sciabordìo/ del mare colmo dei sensi: Idea/ Spirito, Materia allora ritornano/ a parlare come mai prima/ fosse accaduto nella lingua/ di un mondo dal moto perpetuo/ nell’intimo sommosso, inaudita» e anche: «mette in guardia// Dall’ingresso nel bosco: è sorvegliato/ hai detto il testo, nondimeno allarma che si vesta/ d’ombre sovrapposte, e a un dipresso che sbocci/ dalla linea perimetrale delle felci il modo d’intendere/ l’onda di nere bacche note di una partitura».  La parola diventa spazio sensoriale e forma alla conquista dei sensi: «I sensi, i sensi… ti dico, che tessono/ i sensi? Del tempo che ordiscono/ che già noi non percepiamo? Del mondo che appare/ son taciti e della materia a ogni richiamo?… Vediamo:/ cosa vediamo che c’è?».

    La voce di questa dimensione altra del viaggio si erge a voce universale, voce della «terrestre crosta»: è la voce della natura, non della realtà, per inoltrarsi lungo «un percorso ancora ignoto» che se «altro di sé non mostra che il moto» dispone ad una più precisa percezione dell’esplorazione nel significato della lotta condotta tra tenebra e luce. È, questa nuova dimensione, nel mito controverso – ci spiega l’Autore – dei Dioscuri, figli di Zeus e di Leda, guerrieri e protettori dei naviganti, stravaganti divinità che partecipano di due nature, una mortale l’altra immortale, attratte dall’Ade e dal Cielo in un movimento di assoluto vitalismo capace di rovesciare l’ordine del mondo, in un anticonformismo che fa strame dell’ipocrisia col gesto bello che è gesto di verità: «Io vado laddove non c’è posto per l’onda/ che s’arrotola in spumeggianti piroette (…)/ (…) ma solo dove non m’assale/ l’irrilevanza sordida di certo perbenismo/ parolaio, avariata merce da rigattiere/ o da corsaro (…)/ (…) non lo conosco un altro modo di nutrire amore e idee/ che io misuro in ere per quanto nel mare/ vi è di sacro e nel suo letto (…)». In questi passaggi di Altre poesie, le nette connotazioni geografiche del viaggio vissuto si perdono in scorci indistinti che sono un invito a percepire una verità celata e che alla precarietà di una desolante condizione umana traghettata nel principio del mare o di un fiume o di un canale, accompagna il bagaglio di memorie, sentimenti, pensieri del viaggiatore che tenta di uscire dalla finitezza della realtà per tornare all’infinito. Le descrizioni si rarefanno come se recuperassero un viaggio lontanissimo o cercassero materia per il viaggio che deve venire e nel quale c’è spazio anche per un attraversamento della Iulia Fanestris, la città di Fano tra storia antica e contemporaneità, e del paesaggio nel quale si specchia, che pare ascoltare se stessa, interrogarsi sul proprio destino, come in una rivendicazione di libertà. Che sia l’anima, dunque, dell’essere e del mondo, a rianimare l’elaborazione di un pensiero sull’esistenza, e sulla natura e sul mito. Ma anche nel momento in cui la potenza sensoriale si sublima in un’astrazione – conoscibile, come idea/noumeno, solo attraverso l’azione dell’intelletto e del pensiero – essa non perde l’àncora del suo legame con il mondo: «(…) dai passi sordi/ nel loggiato Malatesta a ciò che resta di vero/ delle Mura romane poi il tempo, hai detto, pesta/ il talento di rigenerare in fiamme il sentimento/ , la visione di uno squillo di trombe augustee/ che innalza la storia nell’ora severa. Riecheggia/ così il corso del fiume che si snoda dall’Alpe/ della Luna alla Fanestris Iulia (…)» e, in un’altra poesia: «Neppure un’ombra il rudere dispensa, il sauro/ striscia compiaciuto tra una roccia e un detrito/ pericolante di muraglia. Il sole a perpendicolo/ registra un picco che si staglia dall’aria cocente/ e sulla terra in frusta, resiste male all’acuto/ l’arida sterpaglia nell’ora verticale pietrificata/ en attendant…».

    Nelle poesie di Paolo M. Rocco non è possibile viaggio senza incontro, che si condensa in un assiduo dialogo. Vi è un tu che segue gli spostamenti, un tu femminile, sensibile e sensuale, guida che rivela le parole che mancano al poeta, figura una e molteplice, che si manifesta e si dissolve. Il viaggio dell’Autore non è conquista solitaria, ma scambio reciproco tra la meraviglia della scoperta e il bisogno di essere condotto da chi ha del luogo un possesso diverso «Qualcosa rimarrà di tuo nell’acqua/ che i piedi bagna di Jajce, nel salto/ sonoro del Pliva e del Vrbas, qualcosa/ dell’amata kasaba rimane alla radice/ che si eleva dopo la caduta». Il tu diventa un prestarsi gli occhi l’uno con l’altra, un raggiungere uno sguardo che sia dialogico e comune: «Tu, spettatrice/ della stessa tua vacanza, una visione/ sei chiamata del mondo a evocare, rigorosa/ come fosse della luce un’alternanza/ speculare, o dei tuoi occhi».

     In questa duplice dimensione, negli spazi intersecati dal viaggio vissuto e da quello astratto, nei cortocircuiti temporali, nel ritorno all’acqua si compie l’approdo: l’emozione del sentimento come unico sguardo da rivolgere al futuro: «Pare sia il futuro/ invalicabile, un cancello dai battenti schiusi/ le palpebre degli occhi tuoi sorpresi/ di trovare dove non pensavi vi fosse il fuoco/ di un amore. Uno strappo dell’anima oscillante/ qualcosa di più dello strapiombo di una cataratta/ quest’acqua che sovrasta il tempo».

 

Marco Labbate

 

L’autore del presente testo acconsente alla pubblicazione su questo spazio senza nulla pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. Il curatore del blog è sollevato da qualsiasi pretesa o problematica possa nascere in relazione ai contenuti del testo e a eventuali riproduzioni e diffusioni non autorizzate, ricadendo sull’autore dello stesso ciascun tipo di responsabilità.

“Le orme dei giorni” di Antonio Damiano. Recensione di Lorenzo Spurio

Recensione di Lorenzo Spurio

Antonio Damiano è nato nel comune di Montesarchio, nel Beneventano, ma da anni vive e Latina. Si è laureato in Lettere e Filosofia e, in quanto alla sua passione poetica, ha pubblicato sinora quattro libri: Come farfalle(Montedit, Melegnano, 2013),Come le foglie(Ass. I due colli, Torre Orsina, 2015), Versi d’autunno(Genesi, Torino, 2016) e il recente Le orme dei giorni (Stravagario, Minturno, 2018). Ampiamente apprezzato dalla critica e dall’ambiente letterario ha all’attivo circa trecento premi tra podi e premi speciali conseguiti in altrettanti concorsi letterari nazionali. Nell’aprile 2018 gli è stato attribuito il “Premio alla Carriera” da parte dell’Associazione GueCi di Rende (CS)presieduta dalla poetessa Anna Laura Cittadino.

48371642_314313059179175_4729821035229085696_n.jpgParticolarmente attento alle dinamiche socio-civiliche interessano il nostro oggi (ma non solo, come vedremo a seguire), Damiano nel corso degli ultimi anni si è imposto nello scenario ampio e variegato dell’universo delle competizioni letterarie quale anima sensibile verso ciò che accade non solo nella realtà di Provincia e nel Belpaese, ma nel mondo tutto, dimostrando capacità di analisi non indifferenti e un sentimento umanitario che lo rende vero cittadino di questo scapestrato mondo. I versi di Damiano non sono mai tesi a denunciare in maniera reproba i mandanti, gli esecutori diretti e chi ordisce il Male e alimenta le violenze, semmai a leggerle con occhio compassionevole e attento, a sottolinearne la gravità, a indagarne le ragioni e, ancora una volta, a solidarizzare con il represso, colui che viene battuto o cacciato. […]  Per parlare di questo nuovo libro di Damiano non si può prescindere dai ricchi ed esaustivi apparati critici in apertura e chiusura di cui esso è dotato, brani esegetici che arricchiscono di per sé la caratura del volume e del Poeta di Latina permettendocene una lettura e un approfondimento radicali e persuasivi che ci consentono di avvicinarci all’opera e di gustarla in maniera ancor più saporosa. La poetessa Patrizia Stefanelli dedica pagine particolarmente apprezzabili sottolineando il forte realismo e pregnanza della lirica di Damiano parlando, al contempo, di una “odeporica essenza” (4) che si realizza in quell’intendimento spontaneo atto a esperire la poesia, e la scrittura tutta, come un viaggio.  […] Il critico Cinzia Baldazzi, con una gamma variegata di riferimenti a intellettuali a lei amati nei quali ravvisa “consonanze” con alcuni versi di Damiano, si focalizza su un altro aspetto dominante del volume da lei definito nei termini di “cosalità dei significati quotidiani” (108) a intendere quel legame forte e spontaneo, sentito e immanente, che l’uomo ha con l’universo oggettuale che lo circonda, il contesto abitativo e sociale, finanche le pratiche rituali e celebrative che appartengono a quel dato “essere” nell’ hic et nunc

 

L’intera recensione è stata pubblicata in data 20/12/2018 su “Telescopio News” e può essere raggiunta cliccando qui.

“Mi ricordo quand’ero chiarore”: la comunione con l’ambiente nella poesia di Alessandra Gabbanelli

A cura di Lorenzo Spurio  

 

18920488_815008342010622_7082056571005294854_nAlessandra Gabbanelli (Loreto, 1976) vive e lavora a Porto Recanati (MC) presso un negozio di famiglia di pelletteria, accessori e valigeria. È laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Macerata in letteratura russa con la tesi “La narrativa di Fazil’ Iskander”.

Ama tutto ciò che concerne la natura e gli animali, la letteratura, la musica, in particolare la lirica e quella classica. Ricorre alla poesia per esprimere le sue emozioni. Si occupa anche della stesura di recensioni di libri e di opere liriche all’interno della Associazione Culturale Villa InCanto.

La sua poesia dal titolo “Misterica essenza” è stata pubblicata sul blog letterario “Il mondo di Ut”; attualmente sta collaborando con il sito di cultura e attualità “Specchio Magazine” (www.specchiomagazine.it) della Associazione Culturale Lo Specchio di Recanati (MC). Alcuni suoi componimenti sono presenti nel blog “Nel giardino odoroso” (www.nelgiardinoodoroso.blgospot.it)

 

PANISMO

Cullare dentro

il soffio del vento

che sollecita le membra

e le fa rabbrividire.

Abbandonarsi

al raggio del sole

che trafigge

e riscalda

e inonda di vita.

Saper ascoltare

la voce degli elementi

e comprendere

il linguaggio muto delle piante.

Immergersi

in umidi occhi animali

e naufragare

nelle emozioni e nel dolore

che li fanno vivi.

Sfiorare,

con pudore e umiltà,

le corde arcane dell’esistere

per giungere all’essenza

e, a quella melodia,

danzare lo stupore e l’estasi.

 

 

MI RICORDO

Velo maculato

di roseo sembiante

si adagia sul manto celeste.

E mi ricordo quand’ero chiarore

e i tuoi occhi vi si immergevano

come in lago di pace.

 

Voli geometrici

di vocianti gabbiani.

E mi ricordo quand’ero coraggio

e il tuo slancio mi raggiungeva

con ampi e sornioni sorrisi.

 

Pioggia odorosa

si insinua e dilaga.

E mi ricordo quand’ero conturbante mistero

e il tuo grido di creatura notturna

confortava la tenebra.

 

Crepitio di foglie

raggiunte da raggi ardenti.

E mi ricordo di essere vita pulsante,

bruciante inquietudine,

viandante mai paga di cammino.

 

 

ECHI D’INVERNO

 Mi risveglio in terra impervia

e ricomincio a danzare.

Danzo pensieri notturni

fluttuanti nel vento.

Danzo abissi di luce

e lampi di oscurità.

Danzo mille frammenti

che mai si ricompongono.

E danzo, madida, sogni disgregati,

parole luminose e abusate

in lontana eco perdute.

 

 

METEORA

 Ti trovai senza volerlo.

E senza saperlo,

come pioggia leggera,

fecondasti i miei giorni.

Sfumasti, piano,

come iride che scolora.

Svanisti, inesorabile,

come lampo che squarcia

e va a nascondersi nel blu.

 

MISTERICA ESSENZA

Profumo di te fra le mie dita,

negli afrori del mio corpo,

nella mia immaginazione ardente.

La mancanza di te

mi percuote

e mi scaglia

in stretto tunnel.

Mi ritraggo

come tremulo fiore sferzato

da gelidi soffi.

Un aroma sottile

di bramosie incognite

si insinua insolente,

deliziosa e misterica essenza,

effluvio indiscreto

di conturbanti preludi.

Mi ridesto,

turgido bocciolo

inondato di luce,

simile a bocca dischiusa

su invitanti elisir d’ambrosia.

 

Commento di Lorenzo Spurio

La poetica della Gabbanelli si dispiega tra gli arcani di un mondo silvestre, tra i lembi di arbusti sfiorati dalla brezza non distanti dalla costa Adriatica di cui è originaria dove non di rado si intuisce o si palesa la presenza vivida di curiosi cucali – per dirla nel locale vernacolo. Animali che col mare condividono tutto e che sorvolano l’ambiente con perspicacia e orgoglio, sempre circospetti e lesti nello scattare per allontanarsi se indisturbati dall’uomo che si avvicina loro.

Poesie nelle quali il sentimento risulta disciolto nel lucore ambientale, nella natura, locus primigenio di riflessioni e considerazioni intime nonché cornice privilegiata degli istanti da vivere con pienezza. Il sentimento panico, vale a dire di efficace sincretismo con l’elemento agreste nonché di vera e propria diluizione in esso, è evidente: non è solo il titolo della prima lirica ad anticiparci questa predisposizione della Gabbanelli; ogni singolo verso è un’immersione suadente e pacifica in quel mondo in cui è possibile percepire, nelle fragranze della natura che cresce, “la voce degli elementi” e approfondire quell’assenza scostante che è della società liquida e indisturbata refrattaria alla solidarietà con l’elemento naturale. La poetessa, per usare un’immagine da lei impiegata con particolare efficacia, anela a un colloquio corale con l’elemento silvestre, quasi un parlamento di piante, arbusti e fiori che inaugura una loquela fatta di codici misteriosi eppure capaci di trasmettere messaggi.

In mezzo a questa natura che la Nostra osserva con incanto e vicinanza nel suo lento mutamento, affiora a galla anche il ricordo di momenti, di età forse in qualche modo perdute e dunque lontane: natura sorella che sostiene e aiuta a comprendere se stessi, natura alla quale confidare, culla di beatitudine, fonte d’accoglienza e di compiutezza. “E mi ricordo quand’ero chiarore”, segnala la Nostra, evidenziando come il percorso di conoscenza, riflessione e di comprensione di ciò che accade sia possibile anche per mezzo di quella cornice arboricola che è antro di energie mitiche e inesauribili: “E mi ricordo di essere vita pulsante”. Scoprirsi viva, essere non solo raziocinante ma entità in continuo movimento, crescita e maturazione, è il bersaglio ultimo di un percorso di auto-riflessione, nell’incanto e nella freschezza della natura selvaggia e innocente, che accoglie i nostri pensieri. Lì prendono forma anche quei “sogni disgregati”, quelle proiezioni ardimentose del pensiero, quelle forme della nostra esistenza, ora vorticose ora fosche, che non riusciamo ben a comprendere e a ponderare. Si tratta di ripensamenti, ripiegamenti e, ancor più, di volontà auree che s’imbattono con l’incertezza, la frenesia o semplicemente con l’inatteso venir meno di quelle condizioni che una volta avevano permesso la nascita o l’irruenza del dato esperimento onirico. Quella vita edenica e spensierata, quella volontà di sperare trova felice sbocco in quel desiderio sentito fautore dell’anelito a ricordare l’età che fu.

La Gabbanelli, in maniera non molto diversa dai romantici anglosassoni, si serve degli elementi della natura, non solo per definire un ambiente e per tratteggiarlo con esaustiva visività nonché con pregnanza materica da restituircelo distinguibilissimo, ma per calare l’ampiezza del sentimento interiore, lo scandaglio della sua anima profonda. Ecco allora che essa può essere anche il punto ambito di una ricerca difficoltosa per cercare di esorcizzare una solitudine sofferta, per sopperire a quella mancanza necessitante un dato contesto che permetta una più concreta interiorizzazione dell’accaduto recente.

La “misterica essenza” ha, dunque, la forma di qualcosa di indicibile, di un sentimento frastagliato, un percorso della coscienza che scende negli anfratti, un’anabasi intellettiva nel suo etimo originario (spostamento dalla costa verso l’interno), investigazione che travolge un’entità, un essere con il suo bagaglio di essenze e di memorie. In questo scenario dove gli elementi naturali sembrano essere fari necessari per sviare la burrasca della vita e orizzontarsi nel mare magnum della quotidianità, la Nostra riflette su se stessa, amplia, nel suo privato, il raffronto tra sé e gli altri, tra sé e l’assenza, tra sé e ciò che reputa importante, sia nel presente, che nella rievocazione del già esperito.

Lorenzo Spurio

Jesi, 30-10-2017

 

L’autrice dei testi poetici qui riportati dichiara, sotto la sua unica responsabilità, di essere frutto del suo unico ingegno e di non riprendere in tutto o in parte testi di terzi tutelati da DD.AA.

L’autrice acconsente alla libera pubblicazione dei suoi testi su questo spazio digitale senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro al gestore del blog.

La riproduzione del commento critico, in forma parziale o integrale, potrà avvenire solo mediante richiesta scritta a cui farà seguito l’eventuale consenso.

“Ritorno al bosco: sinestesie morali” di Francesco Ganzetti

Ritorno al bosco: sinestesie morali di Francesco Ganzetti

SEGNALAZIONE VOLUME

Sinossi:

uIn questo saggio morale si riprende il tema della waldgang Jungeriana e si cerca di declinarla secondo gli attuali temi ecologici e della sostenibilità.
L’autore prima ci accompagna attraverso le sue esperienze sinestetiche per ciascuna essenza arborea, cercando di fonderle agli elementi del mito classico 
e nordico da un lato, alle evidenze scientifiche dall’altro, per ricongiungersi al rapporto morale che l’uomo intrattiene con gli alberi nella vita economica e sociale. 
Si affronta poi il tema del bosco tout court come luogo altro, dove è la comunità a guidare l’individuo, ed il tempo circolare prevale su quello lineare delle religioni monoteiste da un lato,  e della nostra civiltà dei combustibili fossili dall’altro. Nella ultima parte, a maggiore ortodossia filosofica, si riprende la figura del dio dei boschi per eccellenza, Pan,  ripercorrendone la svalutazione cristiana nella figura di un Diavolo sofferente.L’orizzonte poi si allarga sulla teoria di Gaia, ormai evidenza scientifica da una trentina di anni,  come corroborazione della necessità di una morale di comunità che guidi, e quando necessario sovrasti, le necessità di una morale basata precipuamente sull’individuo,  su cui si imperniano tanto i monoteismi che la dottrina liberale classica. Il saggio termina con l’invito sinestetico ad accompagnarci, durante la nostra esplorazione del bosco, con famose composizioni sinfoniche sulle ninfe:  quando intuiremo la presenza di Pan saremo certi di aver intrapreso la giusta via morale.
Alcuni estratti:
“Mi capitò di sedermi dove le piante secche e spinose a fine estate, tipiche della fascia sub-mediterranea,  erano meno frequenti, e di riposare lo sguardo  verso un piccolo pertugio sulla città. Mi fu impossibile non abbandonare ogni tensione alla danza acustica delle tachinidae, piccole mosche a loro modo danzanti, e contemporaneamente, fatto questo sì che mi sorprese, riconoscere fisicamente l’effetto doppler nei loro percorsi erratici: la matematica ci aiuta a spezzettare bellezze troppo complesse per essere colte intere in pezzettini alla nostra misura, visto che le scale fisiche e soprattutto temporali, i tempi lunghissimi dell’evoluzione, non sono immediatamente alla portata della nostra comprensione. “
“Qual è il prezzo che i monaci devono pagare e che ci hanno fatto poi pagare? É difficile resistere alla bellezza del bosco: “il bosco ha orecchie”, come diceva il clero francese, ed è facile invece essere assaliti dalla paura di perdersi nella bellezza diffusa nel bosco: è il così detto attacco di panico, perché Pan, il signore dei satiri e rappresentazione della forza vitale spermogonia, spaventerà così profondamente i primi evangelizzatori nelle foreste, da prenderlo a modello per la rappresentazione del Diavolo, con le corna e le gambe caprine tipici fin dall’iconografia pre-ellenistica. “

IV Ragunanza di poesia e fotografia: come partecipare

ragunanza-logo

IV Ragunanza Internazionale di Poesia e Fotografia

indetta dalla Ass. Culturale “Le Ragunanze” – Roma

L’A.P. S. Le Ragunanze in collaborazione con Magic BlueRay, Turisport Europe, Golem Informazione, Associazione culturale Euterpe, Le Mezzelane Casa Editrice e Da Ischia l’Arte – DILA, promuove la Quarta Ragunanza con l’obiettivo di diffondere la poesia, l’arte della fotografia,  il rispetto per l’ambiente e la condivisione tra gli autori.  La partecipazione alla QUARTA Ragunanza Internazionale di “POESIA & FOTOGRAFIA” è aperta a tutti coloro che, dai 16 anni in su – per i minorenni è necessaria l’autorizzazione dei genitori o di chi ne fa le veci -senza distinzioni di sesso, provenienza, religione e cittadinanza, accettano i tredici (13) Articoli qui specificati. La frase sopra menzionata “per i minorenni è necessaria l’autorizzazione dei genitori o di chi ne fa le veci“, vuol dire che chi non ha compiuto 16 anni può partecipare alla QUARTA RAGUNANZA, previa l’autorizzazione scritta e firmata da entrambi i genitori che dovranno allegare alla loro autorizzazione la fotocopia della loro carta d’identità. I nostri GIURATI, i cui nomi saranno resi noti solo a conclusione della votazione, valuteranno gli scritti pervenuti e le fotografie spedite per e-mail, a loro insindacabile giudizio.

Il REGOLAMENTO per la IV Ragunanza di POESIA & FOTOGRAFIA, prevede quattro sezioni:

I sez.: POESIA “NATURA”

II sez.: SILLOGE DI POESIA “A TEMA LIBERO”

III sez.: FOTOGRAFIA “NATURA”

IV sez.: FOTOGRAFIA “A TEMA LIBERO”.

La tematica della POESIA “NATURA”, trattandosi di “ragunanza”, termine in uso nell’Arcadia di Christina, dovrà almeno contenere dei riferimenti alla natura che ci accoglie. Per la I sezione, la POESIA “NATURA”, che sarà da Voi scritta, dovrà ricordare i dettami dell’Arcadia, il valore della natura, filtrati dagli eventi attuali che coinvolgono, modificano, distruggono i quattro elementi della nostra madre Terra e lo spirito di tutti coloro che si prodigano per la salvezza ed il recupero dell’ambiente e che troppo spesso immolano la loro vita per il bene comune.

Per la II sezione, la SILLOGE DI POESIA EDITA “A TEMA LIBERO”, che sarà da Voi già stata pubblicata (o da Casa Editrice o in proprio) e si presenta quindi come un libretto, potrà contenere qualsiasi riferimento essendo “A TEMA LIBERO” e potrà spaziare su temi alti dell’esistenza, su temi universali che abbracciano il genere umano.

Per la III sezione, la FOTOGRAFIA “NATURA”, che sarà da Voi scattata e proposta all’insindacabile giudizio dei nostri giurati, dovrà ricordare i dettami dell’Arcadia, il valore della natura, filtrati dagli eventi attuali che coinvolgono, modificano, distruggono i quattro elementi della nostra madre Terra e lo spirito di tutti coloro che si prodigano per la salvezza ed il recupero dell’ambiente e che troppo spesso immolano la loro vita per il bene comune.

Per la IV sezione, la FOTOGRAFIA “A TEMA LIBERO”, che sarà da Voi scattata e proposta all’insindacabile giudizio dei nostri giurati, potrà raffigurare qualsiasi soggetto essendo “A TEMA LIBERO” e potrà spaziare su temi alti dell’esistenza, su temi universali e filosofici che abbracciano il genere umano. È questo l’intento e l’obiettivo della rinnovata “ragunanza” nell’ambiente bucolico di Villa Pamphilj a ricordo dei raduni, delle adunanze, organizzati da S.A.R. Christina di Svezia.

Art.1 Si richiede per la IV Ragunanza  di POESIA & FOTOGRAFIA, che il testo, la POESIA, sia compreso in un massimo di una (1) pagina word e scritto in Times New Roman, a carattere 12 o 18 e che si rispettino in tutto i 13 Articoli, che specificano le norme, i diritti, i requisiti e le leggi di questo regolamento.

Art.2 La POESIA della sezione “NATURA” dovrà essere inedita e, per concorrere, andrà spedita via e-mail a apsleragunanze@gmail.com indicando e specificando la sezione da voi scelta:

sezione: POESIA “NATURA”

La POESIA sarà ammessa solo ed unicamente con il nome, cognome, contatto telefonico ed e-mail di rintracciabilità del partecipante al concorso. I dati del concorrente sopra indicati andranno scritti in un foglio “a parte” e spediti insieme al foglio dove sarà scritta la Vostra POESIA che concorrerà.

Ai nostri giurati sarà fatta pervenire la Vs POESIA in forma anonima.

sezione: POESIA “SILLOGE DI POESIA EDITA”

La SILLOGE già pubblicata – o da Casa Editrice o in proprio – sarà ammessa solo ed unicamente con il nome, cognome, contatto telefonico ed e-mail di rintracciabilità del partecipante al concorso; questi dati saranno scritti su foglio a parte. La Silloge di poesia, il libro, potrà essere spedita a scelta del partecipante, o con Raccomandata R/R o con piego di libri in una (1) unica copia a: A.P.S. “Le Ragunanze” c/o Michela Zanarella – Via Fabiola, 1 – 00152 Roma. Congiuntamente dovrà pertanto arrivare, in pdf la Vostra silloge di poesia alla e-mail: apsleragunanze@gmail.com indicando nell’oggetto la sezione ovvero: sezione POESIA “SILLOGE DI POESIA EDITA”. Nel foglio inserito nella busta, che conterrà la silloge, dovranno essere specificati i dati dell’autore: nome, cognome, contatto telefonico ed e-mail di rintracciabilità del partecipante al concorso.

sezione: FOTOGRAFIA “NATURA”

 

La FOTOGRAFIA sarà ammessa solo ed unicamente con il nome, cognome, contatto telefonico ed e-mail di rintracciabilità del partecipante al concorso, dati che saranno scritti in un foglio “a parte” e spediti insieme alla FOTOGRAFIA che concorrerà.

Ai nostri giurati sarà fatta pervenire la Vs FOTOGRAFIA in forma anonima, per cui saranno escluse opere fotografiche firmate nel soggetto fotografato.

Sezione: “FOTOGRAFIA A TEMA LIBERO”

ovvero, la Vostra opera fotografica potrà raffigurare qualsiasi soggetto essendo “A TEMA LIBERO” e potrà spaziare su temi alti dell’esistenza, su temi universali e filosofici che abbracciano il genere umano, la fauna che regna nel nostro pianeta Terra.

La Vostra fotografia “a tema libero” sarà fatta pervenire ai Nostri giurati in forma anonima, per cui saranno escluse opere fotografiche firmate nel soggetto riprodotto.

Spedire le FOTOGRAFIE di entrambe le sezioni in formato JPG (lato lungo di 1200 px) alla e-mail: apsleragunanze@gmail.com

Le opere fotografiche che nelle relative due sezioni si posizioneranno al I, II e III posto saranno esposte nella giornata della premiazione – dalle ore 10,00 alle ore 14,30 – per cui i vincitori saranno avvisati in tempo per effettuare le stampe delle loro opere rispettando le dimensioni 30×40, in modo tale che possano essere appese nello spazio dell’antica vaccheria dei principi Pamphilj. Le opere così stampate saranno restituite ai proprietari a conclusione della stessa giornata di premiazione.

Le opere fotografiche così esposte per l’intero periodo della premiazione a Villa Pamphilj, saranno accompagnate dalla “motivazione” che sarà letta dal M° Fotografo facente parte della giuria e commentate dagli Autori fotografi stessi subito dopo la premiazione, che contempla l’assegnazione di una coppa ai primi classificati per ognuna delle due sezioni di FOTOGRAFIA: “Natura” e a “Tema Libero”, così come per la targa e la medaglia, rispettivamente spettanti al II e al III classificato.

L’assoluta competenza e serietà dei giurati permetterà una giusta assegnazione della votazione che porterà alla graduatoria finale.

Art.3 Le modalità espressive della POESIA, della SILLOGE e delle FOTOGRAFIE nelle due sezioni, non dovranno essere offensive  né ledere la sensibilità e/o la dignità del lettore, dell’ascoltatore, del visore e della persona chiamata in causa a “giudicare” e a leggere; le opere che non ottemperano quanto specificato nell’articolo saranno automaticamente escluse.

Art.4 La partecipazione è soggetta alla tessera associativa equivalente ad € 10,00 per ogni sezione, che sottintende la presenza dell’autore concorrente ed include le spese di segreteria e l’acquisto di coppe, targhe, medaglie e pergamene nonché l’eventuale affitto della sala di premiazione ed un piccolo rinfresco per tutti i presenti il giorno della Premiazione; la partecipazione alle sezioni di Poesia non esclude la partecipazione alle sezioni di Fotografia.

Art.5 La scadenza per l’inoltro dei testi è fissata a domenica 26 marzo 2017;

Art.6 Il giudizio della giuria è insindacabile;

Art.7 La partecipazione al concorso comporta l’accettazione di tutte le norme del presente regolamento ed il partecipante dovrà essere presente il giorno della ragunanza per la lettura delle POESIE secondo la graduatoria di premiazione di fronte agli astanti e per la descrizione breve “a commento” delle proprie opere FOTOGRAFICHE.

Sono ammesse deleghe solo in presenza “certa” del delegato a ritirare il premio assegnato, il quale si dovrà mettere in contatto con la segreteria del PREMIO, confermando il nome del delegato alla mail: apsleragunanze@gmail.com ;

Art.8 Qualora il premiato o il suo delegato non fosse presente, il suo riconoscimento decadrà e non sarà spedito alcun riscontro di quanto da lui vinto.

Art.9 I partecipanti, le cui poesie e le fotografie siano state selezionate per la premiazione e la lettura in pubblico, saranno informati sui risultati delle selezioni mediante e-mail personale e segnalazione sul sito dell’Associazione di Promozione Sociale “Le Ragunanze”: http://www.leragunanze.altervista.org

Art.10 Le POESIE di entrambe le sezioni scelte e premiate saranno presentate e lette in pubblico DOMENICA 28 MAGGIO 2017, dalle ore 10,30 fino al termine delle letture e delle relative PREMIAZIONI all’interno di Villa Pamphilj nella Sala del Bel Respiro, conosciuta come antica vaccheria dei principi Pamphilj, di fronte al bistrot del parco.

Le FOTOGRAFIE di entrambe le sezioni scelte e premiate saranno esposte nell’antica vaccheria dei principi Pamphilj per tutto il periodo della premiazione ovvero, dalle ore 10,00 – mezza ora prima dell’ingresso per la sistemazione delle foto nello spazio della vaccheria – alle ore 14,00. Al termine della PREMIAZIONE le opere fotografiche saranno restituite ai rispettivi proprietari dell’opera.

Qualora per suggestione o timidezza l’autore decidesse di non leggere o di non commentare la propria opera in pubblico, questa sarà letta o commentata da un attore o un’attrice o da un critico d’arte, che darà professionalità all’evento stesso esaltando al contempo la poesia dell’autore o l’opera fotografica accompagnata dalla motivazione dei giurati.

Art.11 A tutti i selezionati sarà inviato, con largo anticipo, l’invito a partecipare alla PREMIAZIONE e al reading.

Le POESIE di entrambe le sezioni premiate, che saranno lette in pubblico e ritenute idonee dal giudizio insindacabile dei giurati, saranno inserite nell’antologia di POESIA, che conterrà anche le FOTOGRAFIE vincitrici. L’antologia di Poesia & Fotografia sarà edita dalla Casa Editrice senza alcun impegno finanziario ma sarà acquistabile nelle librerie virtuali e fisiche tramite il codice ISBN che le verrà attribuito.

 

Art.12 I PREMI saranno così suddivisi:

POESIA sez. “Natura” – I PREMIO, primo classificato: (coppa)

POESIA sez. “SILLOGE DI POESIA EDITA” – I PREMIO, primo classificato: (coppa)

Secondo classificato POESIA sez. “Natura”: (targa)

Secondo classificato POESIA sez. “SILLOGE DI POESIA EDITA”: (targa)

Terzo classificato POESIA sez. “Natura”: (medaglia)

Terzo classificato POESIA sez. “SILLOGE DI POESIA EDITA”: (medaglia)

Dal quarto al decimo classificato per la sez. di POESIA “Natura” saranno consegnate le Menzioni d’Onore (cartiglio pergamenato).

Dal quarto al decimo classificato per la sez. di POESIA “SILLOGE DI POESIA EDITA” saranno consegnate le Menzioni d’Onore (cartiglio pergamenato).

FOTOGRAFIA sez. “Natura” – I PREMIO, primo classificato: (coppa)

FOTOGRAFIA sez. “A TEMA LIBERO” – I PREMIO, primo classificato: (coppa)

Secondo classificato FOTOGRAFIA sez. “Natura”: (targa)

Secondo classificato FOTOGRAFIA sez. “A TEMA LIBERO”: (targa)

Terzo classificato FOTOGRAFIA sez. “Natura”: (medaglia)

Terzo classificato FOTOGRAFIA sez. “A TEMA LIBERO”: (medaglia)

Dal quarto al decimo classificato per la sez. di FOTOGRAFIA “Natura” saranno consegnate le Menzioni d’Onore (cartiglio pergamenato).

Dal quarto al decimo classificato per la sez. di FOTOGRAFIA “A TEMA LIBERO” saranno consegnate le Menzioni d’Onore (cartiglio pergamenato).

Nella sinergia tra l’A.P.S. “Le Ragunanze” e l’Associazione Culturale “Euterpe” è contemplata l’assegnazione del Trofeo che verrà consegnato a discrezione del direttore della omonima rivista.

Tutti i partecipanti presenti, e solo i presenti, riceveranno brevi manu l’attestazione di partecipazione alla Quarta Ragunanza di POESIA & FOTOGRAFIA  per aver concorso con l’opera, anche se questa non si è posizionata tra i vincitori.

Art.13 Nel file d’invio a apsleragunanze@gmail.com includere dati personali, indirizzo postale, indirizzo e-mail, telefono, breve nota biografica, (per i minorenni includere anche l’autorizzazione dei genitori o di chi ne fa le veci con la fotocopia della loro carta d’identità) la dicitura “SARÒ PRESENTE”, fotocopia del versamento di € 10,00 (per i soci già iscritti all’Associazione di Promozione Sociale “Le Ragunanze” la quota è di € 5,00 – Si ricorda comunque che la tessera ha valore annuale) da effettuare tramite ricarica Postepay n° 5333171018479663 intestato a Michela Zanarella, C.F.: ZNRMHL80L41C743L per i diritti di segreteria ed acquisto premi, riconoscimenti, affitto sala, piccolo rinfresco; in calce al testo, la seguente dichiarazione firmata:

“Dichiaro che i testi delle POESIE e le FOTO  da me presentati a codesto concorso sono opere di mia creazione personale e inedite.

Sono consapevole che false attestazioni configurano un illecito perseguibile a norma di legge.

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi  della disciplina generale di tutela della privacy (L. n. 675/1996; D. Lgs. n. 196/2003) e la lettura e la diffusione del testo per via telematica e nei siti di Cultura della Poesia, della Narrativa e dell’Arte, nel caso venga selezionato, dai giurati del concorso Quarta Ragunanza di POESIA & FOTOGRAFIA”

All’ingresso del pubblico sarà consegnato un foglietto numerato il quale darà diritto alla MEDAGLIA DI PRESENZA che riporterà a fronte il logo de “Le Ragunanze”, e a retro “IV Ragunanza 2016”.

Il numero sarà estratto dalla più giovane presenza di domenica 28 maggio 2017.

 

Referenti concorso:

La Presidente dell’A.P.S. “Le Ragunanze”, Michela Zanarella

Coordinatore e Vicepresidente, Giuseppe Lorin

Segretario, Alberto Bivona (Turisport Europe)

apsleragunanze@gmail.com

Selezione di poesie per l’antologia civile “Non uccidere” a cura di L. Spurio e I.T. Kostka

ANTOLOGIA TEMATICA

NON UCCIDERE

CAINO ED ABELE DEI NOSTRI GIORNI

Selezione di materiali

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Si selezionano poesie di impronta civile per una antologia tematica dal titolo “Non uccidere. Caino ed Abele dei nostri giorni” che sarà pubblicata da The Writer Edizioni nei primi mesi del 2017.

L’intenzione è quella di proporre, mediante una serie di liriche selezionate dai curatori Izabella Teresa Kostka e Lorenzo Spurio, un percorso concreto all’interno di difficili dinamiche sociali che caratterizzano la nostra contemporaneità dove la violenza, l’indifferenza e l’abuso verso le minoranze sembrano dominare in modo ancor più marcato da come ci viene dato di conoscere mediante la stampa.

Questa antologia parlerà di ciò che di nefasto ed imprevedibile accade nel mondo, di quelle notizie terribili che giungono alle nostre orecchie e che ci fanno star male anche se non vissute direttamente. Il volume darà voce al tormento e alla sfiducia, ma anche all’indignazione e ai moniti di ribellione, farà parlare gli animi di persone che non accettano le ingiustizie che dominano in un mondo gravato dalla corruzione, dal materialismo, dalla facile convenienza. Canti di denuncia, brani di disprezzo e voglia di verità, brani impegnati o semplici riflessioni dettate dal clima di allarmismo e sfiducia nel quale l’uomo purtroppo in questi tempi è piombato.

A seguire le indicazioni tecnico-logistiche per poter prendere parte al progetto antologico:

Tematica:

Si prediligeranno tutti quei componimenti che lasceranno parlare l’uomo stanco di episodi di violenza e discriminazione, casi di violenza domestica, stupri, femminicidi, incesto, pedofilia, abuso psicologico e fisico, bullismo, episodi di xenofobia, omofobia, fanatismo, violazioni dei diritti, tirannie, sistemi corrotti e antidemocratici, nonché si riferiscano a una azione malvagia dell’uomo contro i suoi simili: guerre, scontri civili, lotte di autodeterminazione, segregazioni, discriminazioni razziali, religiose, etc., stragi, terrorismo, minaccia nucleare, insensibilità e disprezzo nei confronti dei propri simili, degli animali e degli ecosistemi.

In base alle varie tematiche i curatori provvederanno ad istituire sezioni interne dedicandole a ciascun argomento/tema trattato.

Non verranno accettate poesie che presentino elementi razzisti o di incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza, aspetti denigratori, offensivi, blasfemi, pornografici o politici.

Elaborati:

Ciascun poeta può inviare un massimo di tre poesie inedite in lingua italiana. Non verranno prese in considerazione poesie in lingue straniere o in dialetto, seppur accompagnate da relativa traduzione in italiano. Ciascun testo dovrà essere scritto e salvato in formato Word e dovrà avere una lunghezza massima di 30 versi (senza conteggiare gli spazi tra strofe, né il titolo). È gradito, in apertura a mo’ di dedica o in nota a piè di pagina, un accenno diretto al fatto storico/di cronaca al quale ci si riferisce con la lirica o da quale episodio è stata evocata. La nota dovrà essere breve e avere una lunghezza di non più di due righe.

Assieme alle tre poesie è richiesto l’invio della propria nota biobibliografica, in un altro file Word, che dovrà essere scritta in terza persona ed avere una lunghezza non eccedente le 15 righe.

Fotografie:

Si selezionano altresì immagini (fotografie) che richiamino o siano collegate ad una delle tematiche di cui sopra, affinché i curatori provvedano a scegliere tra quelle che perverranno l’immagine di copertina del volume. Ciascun autore può inviare un massimo di tre proposte. Le foto dovranno pervenire alla mail di cui sotto in formato .jpeg. Se di grande dimensioni potranno essere inviate mediante sistema di condivisione We Transfer e ciascuna dovrà avere l’indicazione del suo titolo.

Scadenza:

Gli elaborati dovranno pervenire alla mail proartem@yahoo.com   entro e non oltre il 10 dicembre 2016.

Selezione:

I curatori del progetto antologico, Izabella Teresa Kostka e Lorenzo Spurio, leggeranno tutti i materiali pervenuti e provvederanno a selezionare quelli che a loro discrezione e giudizio riterranno più pertinenti e di buona qualità. Entreranno nel volume un massimo di 40 poeti che potranno essere presenti –a seconda della selezione- con un unico testo, due poesie o tutte e tre.

I curatori provvederanno ad informare dell’avvenuta selezione entro il 10 gennaio 2017 mediante comunicato diffuso sui Social ed inviato a mezza mail a tutti i partecipanti.

La selezione operata dai curatori è insindacabile e non verranno fornite motivazioni circa l’esclusione al progetto di determinati testi od autori.

Pubblicazione:

Ogni autore selezionato si impegna, con successivo modulo-liberatoria che verrà poi inviato, all’acquisto minimo di 2 (DUE) copie della antologia al prezzo di 20€ (VENTI EURO) comprensivo di spese di spedizione mediante piego di libro ordinario. Il pagamento dovrà essere fatto verso The Writer Edizioni i cui riferimenti verranno forniti in un secondo momento.

Beneficenza:

Scopo dell’iniziativa è quello di sostenere economicamente con questo progetto una realtà di emarginazione, dando vicinanza e supporto anche materiale nei confronti di un ente che si occupa della difesa delle donne

I curatori del volume, d’accordo con The Writer Edizioni, hanno deciso che i ricavi derivanti dalla iniziativa antologica detratti le spese di stampa e i costi tecnici editoriali verranno destinati totalmente all’Associazione contro la violenza sulle donne “Pronto Donna” di Arezzo (www.prontodonna.it).  I curatori provvederanno a dare notizia dell’avvenuto versamento effettuato da The Writer con tale iniziativa antologica mediante i loro canali.

Presentazione:

L’antologia verrà presentata al pubblico in alcuni eventi in varie parti d’Italia durante il 2017 secondo un calendario di date e di eventi che verrà poi indicato per tempo e divulgato affinché i poeti partecipanti alla iniziativa possano intervenire per dar lettura ai propri componimenti.

Norme importanti:

I partecipanti inviando propri componimenti dichiarano automaticamente che le poesie/fotografie sono frutto del proprio unico ingegno e che ne detengono i diritti ad ogni titolo. Dichiarano altresì –per la sezione poesia- che esse sono inedite, dunque non pubblicate in altri volumi cartacei –personali o collettivi- dotati di codici ISBN. Qualora tali indicazioni non saranno rispettate, la responsabilità ricadrà direttamente su di loro.

Informazioni:

Per ciascun tipo di richiesta o di informazione, gli autori possono scrivere alla mail proartem@yahoo.com che verrà letta da entrambi i curatori o scrivere in Facebook nella pagina relativa all’evento, raggiungibile a questo link:

 

I curatori

Izabella Teresa Kostka

Lorenzo Spurio

“Spesso ti dicono di non arrenderti” di Santi Moschella, recensione di Anna Maria Folchini-Stabile

Spesso ti dicono di non arrenderti
di Santi Moschella
Armando Siciliano Editore, 2012
ISBN: 9788874426744
Pagine: 136
Costo: 10€
 

Recensione a cura di ANNA MARIA FOLCHINI-STABILE (poetessa e scrittrice)

copertina santi moschella_copertina definitiva perlungo.qxdIl romanzo si sviluppa intorno a un luogo sacro nella memoria collettiva degli Italiani, la stazione di Bologna, dove nel 1980 si compì la tremenda strage impunita che vide perire, tra gli altri, Onofrio Zappalà, un giovane ferroviere siciliano che casualmente si era trovato sul luogo dell’attentato e che morì insieme alle numerosissime vittime.
Dopo molti anni nella medesima stazione si ritrova un altro Onofrio,  il protagonista del romanzo che è in attesa del treno, in considerevole ritardo, che lo riporterà a casa dopo un colloquio di lavoro che gli permetterà, lasciata la sua Sicilia, di raggiungere quella stabilità economica tanto agognata  per realizzare i suoi progetti futuri di uomo e di vita professionale.
Una trama molto semplice che, peró, permette all’Autore di affrontare molti temi che costituiscono le radici stesse del vivere civile e sociale e che ben si offrono alla lettura personale , ma anche guidata nella discussione in classe, su argomenti molto sentiti e dibattuti in questi anni.
Se emerge in primo piano il dibattito sull’immigrazione e sul fatto che il lavoro delle giovani generazioni è tema scottante di questi tempi, non mancano nel corso della narrazione suggerimenti all’approfondimento del discorso sull’ambiente e sulla cura e il rispetto dovuti al contesto ambientale in cui si vive. Fortissimo è il legame tra il protagonista e i due anziani che fanno da contorno alle sue vicende, la nonna Carmela e  lo “zio” Cola Presti che rappresentano il “ponte” affettivo e di memoria tra le generazioni a testimonianza che siamo tutti figli ed eredi del passato che ci ha preceduto e che, quindi, nessun uomo può prescindere dalla sua “storia”.
Importanti momenti narrativi sono quelli dedicati al valore del volontariato e dell’associazionismo, all’impegno – anche politico e inteso come scelta di fronte – per comprendere che in nessun ambito il cittadino puó rinunciare alla capacità di maturare una coscienza propria che gli permetta di scegliere la sua posizione nella giungla degli opportunismi che condizionano il vivere nel mondo attuale.
Un libro “buono” da leggere e meditare per riscoprire quelli che sono i valori e gli ideali fondamentali che costituicono l’uomo nella sua essenza e favoriscono i rapporti tra gli uomini tutti.
“Onofrio [il protagonista] é la parte più nobile che c’è in ciascuno di noi. È l’anima che attraverso il sogno riesce a vedere una nuova realtà e si batte per costruire giorno dopo giorno uomini migliori”.
Un libro “necessario” nel momento storico in cui stiamo vivendo e in cui la superficialità dei modelli proposti dai mezzi di comunicazione tende ad abbassare le mire personali giovanili invalidando gli insegnamenti e i suggerimenti educativi oppure a ridurre il tutto a fuga dalle responsabilità personali purchè si affermi l’egoismo del singolo.
Un libro da leggere che si inserisce nella tadizione dei grandi scrittori siciliani e che di nulla manca rispetto a Sciascia e Bufalino, perchè Santi Moschella riporta il lettore al messaggio fondamentale e chiarissimo: ogni essere umano che ha in sè “valori”, è egli stesso “valore” e il vivere sociale è una ricchezza che trova fondamento nella parte positiva del cuore dell’uomo.

Anna Maria Folchini Stabile

Angera, 13 dicembre 2012

 

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LA PRESENTE RECENSIONE VIENE PUBBLICATA PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

E’ SEVERAMENTE VIETATO RIPRODURRE O DIFFONDERE QUESTO TESTO IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.