Alessandra Gabbanelli (Loreto, 1976) vive e lavora a Porto Recanati (MC) presso un negozio di famiglia di pelletteria, accessori e valigeria. È laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Macerata in letteratura russa con la tesi “La narrativa di Fazil’ Iskander”.
Ama tutto ciò che concerne la natura e gli animali, la letteratura, la musica, in particolare la lirica e quella classica. Ricorre alla poesia per esprimere le sue emozioni. Si occupa anche della stesura di recensioni di libri e di opere liriche all’interno della Associazione Culturale Villa InCanto.
La sua poesia dal titolo “Misterica essenza” è stata pubblicata sul blog letterario “Il mondo di Ut”; attualmente sta collaborando con il sito di cultura e attualità “Specchio Magazine” (www.specchiomagazine.it) della Associazione Culturale Lo Specchio di Recanati (MC). Alcuni suoi componimenti sono presenti nel blog “Nel giardino odoroso” (www.nelgiardinoodoroso.blgospot.it)
PANISMO
Cullare dentro
il soffio del vento
che sollecita le membra
e le fa rabbrividire.
Abbandonarsi
al raggio del sole
che trafigge
e riscalda
e inonda di vita.
Saper ascoltare
la voce degli elementi
e comprendere
il linguaggio muto delle piante.
Immergersi
in umidi occhi animali
e naufragare
nelle emozioni e nel dolore
che li fanno vivi.
Sfiorare,
con pudore e umiltà,
le corde arcane dell’esistere
per giungere all’essenza
e, a quella melodia,
danzare lo stupore e l’estasi.
MI RICORDO
Velo maculato
di roseo sembiante
si adagia sul manto celeste.
E mi ricordo quand’ero chiarore
e i tuoi occhi vi si immergevano
come in lago di pace.
Voli geometrici
di vocianti gabbiani.
E mi ricordo quand’ero coraggio
e il tuo slancio mi raggiungeva
con ampi e sornioni sorrisi.
Pioggia odorosa
si insinua e dilaga.
E mi ricordo quand’ero conturbante mistero
e il tuo grido di creatura notturna
confortava la tenebra.
Crepitio di foglie
raggiunte da raggi ardenti.
E mi ricordo di essere vita pulsante,
bruciante inquietudine,
viandante mai paga di cammino.
ECHI D’INVERNO
Mi risveglio in terra impervia
e ricomincio a danzare.
Danzo pensieri notturni
fluttuanti nel vento.
Danzo abissi di luce
e lampi di oscurità.
Danzo mille frammenti
che mai si ricompongono.
E danzo, madida, sogni disgregati,
parole luminose e abusate
in lontana eco perdute.
METEORA
Ti trovai senza volerlo.
E senza saperlo,
come pioggia leggera,
fecondasti i miei giorni.
Sfumasti, piano,
come iride che scolora.
Svanisti, inesorabile,
come lampo che squarcia
e va a nascondersi nel blu.
MISTERICA ESSENZA
Profumo di te fra le mie dita,
negli afrori del mio corpo,
nella mia immaginazione ardente.
La mancanza di te
mi percuote
e mi scaglia
in stretto tunnel.
Mi ritraggo
come tremulo fiore sferzato
da gelidi soffi.
Un aroma sottile
di bramosie incognite
si insinua insolente,
deliziosa e misterica essenza,
effluvio indiscreto
di conturbanti preludi.
Mi ridesto,
turgido bocciolo
inondato di luce,
simile a bocca dischiusa
su invitanti elisir d’ambrosia.
Commento di Lorenzo Spurio
La poetica della Gabbanelli si dispiega tra gli arcani di un mondo silvestre, tra i lembi di arbusti sfiorati dalla brezza non distanti dalla costa Adriatica di cui è originaria dove non di rado si intuisce o si palesa la presenza vivida di curiosi cucali – per dirla nel locale vernacolo. Animali che col mare condividono tutto e che sorvolano l’ambiente con perspicacia e orgoglio, sempre circospetti e lesti nello scattare per allontanarsi se indisturbati dall’uomo che si avvicina loro.
Poesie nelle quali il sentimento risulta disciolto nel lucore ambientale, nella natura, locus primigenio di riflessioni e considerazioni intime nonché cornice privilegiata degli istanti da vivere con pienezza. Il sentimento panico, vale a dire di efficace sincretismo con l’elemento agreste nonché di vera e propria diluizione in esso, è evidente: non è solo il titolo della prima lirica ad anticiparci questa predisposizione della Gabbanelli; ogni singolo verso è un’immersione suadente e pacifica in quel mondo in cui è possibile percepire, nelle fragranze della natura che cresce, “la voce degli elementi” e approfondire quell’assenza scostante che è della società liquida e indisturbata refrattaria alla solidarietà con l’elemento naturale. La poetessa, per usare un’immagine da lei impiegata con particolare efficacia, anela a un colloquio corale con l’elemento silvestre, quasi un parlamento di piante, arbusti e fiori che inaugura una loquela fatta di codici misteriosi eppure capaci di trasmettere messaggi.
In mezzo a questa natura che la Nostra osserva con incanto e vicinanza nel suo lento mutamento, affiora a galla anche il ricordo di momenti, di età forse in qualche modo perdute e dunque lontane: natura sorella che sostiene e aiuta a comprendere se stessi, natura alla quale confidare, culla di beatitudine, fonte d’accoglienza e di compiutezza. “E mi ricordo quand’ero chiarore”, segnala la Nostra, evidenziando come il percorso di conoscenza, riflessione e di comprensione di ciò che accade sia possibile anche per mezzo di quella cornice arboricola che è antro di energie mitiche e inesauribili: “E mi ricordo di essere vita pulsante”. Scoprirsi viva, essere non solo raziocinante ma entità in continuo movimento, crescita e maturazione, è il bersaglio ultimo di un percorso di auto-riflessione, nell’incanto e nella freschezza della natura selvaggia e innocente, che accoglie i nostri pensieri. Lì prendono forma anche quei “sogni disgregati”, quelle proiezioni ardimentose del pensiero, quelle forme della nostra esistenza, ora vorticose ora fosche, che non riusciamo ben a comprendere e a ponderare. Si tratta di ripensamenti, ripiegamenti e, ancor più, di volontà auree che s’imbattono con l’incertezza, la frenesia o semplicemente con l’inatteso venir meno di quelle condizioni che una volta avevano permesso la nascita o l’irruenza del dato esperimento onirico. Quella vita edenica e spensierata, quella volontà di sperare trova felice sbocco in quel desiderio sentito fautore dell’anelito a ricordare l’età che fu.
La Gabbanelli, in maniera non molto diversa dai romantici anglosassoni, si serve degli elementi della natura, non solo per definire un ambiente e per tratteggiarlo con esaustiva visività nonché con pregnanza materica da restituircelo distinguibilissimo, ma per calare l’ampiezza del sentimento interiore, lo scandaglio della sua anima profonda. Ecco allora che essa può essere anche il punto ambito di una ricerca difficoltosa per cercare di esorcizzare una solitudine sofferta, per sopperire a quella mancanza necessitante un dato contesto che permetta una più concreta interiorizzazione dell’accaduto recente.
La “misterica essenza” ha, dunque, la forma di qualcosa di indicibile, di un sentimento frastagliato, un percorso della coscienza che scende negli anfratti, un’anabasi intellettiva nel suo etimo originario (spostamento dalla costa verso l’interno), investigazione che travolge un’entità, un essere con il suo bagaglio di essenze e di memorie. In questo scenario dove gli elementi naturali sembrano essere fari necessari per sviare la burrasca della vita e orizzontarsi nel mare magnum della quotidianità, la Nostra riflette su se stessa, amplia, nel suo privato, il raffronto tra sé e gli altri, tra sé e l’assenza, tra sé e ciò che reputa importante, sia nel presente, che nella rievocazione del già esperito.
Jesi, 30-10-2017
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Ho letto le poesie qui presentate: sono magnifiche! Grazie a Te, Lorenzo Spurio, per questo bellissimo dono per la conoscenza e la consapevolezza. Ritengo la poetessa Alessandra Gabbanelli un vero miracolo della Poesia Vera. Saluti, Anna Maria Boselli Santoni, Annany.
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Cara Anna, grazie per averle lette e per seguirci. Ti abbraccio! Lorenzo
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Gran belle poesie ho letto con piacere, della Poetessa Gabbanelli, ancora di più, mi ha deliziata la recensione accurata e precisa di Lorenzo Spurio! Grazie.
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