“Federico García Lorca tradotto in alcuni dialetti italiani”. Saggio di Lorenzo Spurio

La grande notorietà di Federico García Lorca (1898-1936) e della sua opera nel nostro Paese è testimoniata non solo da una prolifica attività critica e da continue riedizioni – anche commentate – della sua opera, ma anche da alcuni esperimenti di lettura di diverso tipo, che meritano adeguato rispetto e approfondimento. Mi riferisco – in relazione a quel suo carattere di poeta terrigno eppure universale – alla sua grande capacità di saper parlare e raggiungere popoli, gruppi umani, linguistici diversi, al pathos che trasmise nelle sue produzioni che i traduttori – non senza difficoltà – hanno cercato di rendere in idiomi altri rispetto allo spagnolo nativo del Poeta. È il caso anche dell’esigenza di percorrere la sua opera lirica in lingue dalla diffusione più limitata, localizzate in specifici ambienti di provincia, vale a dire i dialetti.

Non sono mancate, infatti, iniziative di cultori di dialetto che sono andate in questa direzione: non tanto quella del recupero della tradizione poetico-culturale oriunda, tra reminiscenze di età andate e grumi di nostalgia ma, piuttosto, quello di riconnettersi alla tradizione alta, colta, riallacciandosi a opere e autori di altre età, di altri contesti e “prenderle in prestito”, in qualche maniera, per “farle proprie” ma in maniera originale. Si tratta di un procedimento alquanto curioso, che nella maggior parte dei casi non ha visto esiti di particolare altezza, ma che ha, comunque, evidenziato una questione rilevante: la necessità dell’uomo contemporaneo – dello studioso attento – di saper interloquire anche con ciò che costituzionalmente non gli appartiene in forma nativa e identitaria.

La traduzione, questo “versare”, “porre a lato”, diviene, dunque, un qualcosa di fondamentale. Il tradurre da lingua a lingua lo è per ovvi motivi che qui risulta superfluo richiamare e che attengono principalmente alla possibilità di conoscere, apprendere, apprezzare e introiettare nel proprio panorama di ricchezze nozionistiche un sapere in una lingua estranea dalla nostra e, pertanto, se non intervenisse un medium a facilitarci la comprensione di quel testo, reso – adattato, trasposto, versato – nella nostra lingua, saremmo irrimediabilmente esposti a una perdita gravosa di conoscenze.

Il tradurre da lingua a dialetto è qualcosa di diverso poiché quest’ultimo non aspira a una diffusione capillare nel contesto nazionale e negli usi della lingua – da quelli formali e istituzionali a quelli pratici e d’uso comune della propria familiarità – dacché, per portare un esempio, tradurre i Sonetti di Shakespeare in napoletano non direttamente apporta per i parlanti del napoletano (né, di converso, per gli italiani tutti) una conoscenza superiore o inedita rispetto al bagaglio di conoscenze già in dotazione dell’italiano, dacché le liriche del Bardo sono già ben note in italiano, che è la versione primaria nella quale sono state trasposte nel nostro Paese dal loro originale.

Va da sé che, essendo un procedimento non automatico ma condotto dall’uomo dietro perizia di lettura, studio, attenzione e conoscenza delle due culture (quella dalla quale si parte e quella alla quale si giunge) e dunque un “trasferimento”, non può esistere un’unica versione concepita come giusta, completa, unanimamente accettabile di un’opera né, per le stesse ragioni, superiore rispetto a un’altra (con i distinguo di competenza e rispondenza all’originale di cui si diceva).

Avvicinandoci al caso di Federico García Lorca tradotto nel nostro Paese in lingue e varianti dialettali d’uso che non siano la lingua italiana (eliminando chiaramente il tedesco del Sud Tirol, il catalano di Alghero, il francese della Valle d’Aosta) ho reperito alcune informazioni che mi sembrano utili, sebbene approssimative, dal momento che la ricerca è stata breve e non può considerarsi esaustiva né particolarmente soddisfacente. Valga, comunque, come “anticipo” di un possibile discorso da riprendere e approfondire, quale tesi propedeutica a uno studio investigativo più allargato.

Veniamo al caso di Federico García Lorca, l’“andaluso universale” come ebbe a definirlo Carlo Bo, all’interno della grande vastità di dialetti del Belpaese. Alcuni anni fa Piero Marelli e Maurizio Noris hanno compilato un’antologia di poeti dialettali traduttori dal titolo Con la stessa voce (Lieto Colle, 2015) nella quale compaiono autori della classicità europea tradotti in altrettanti dialetti regionali o locali del nostro Paese. A fianco di Lee Masters, Shakespeare, Leopardi e Robert Burns, vi figura – doverosamente – anche García Lorca, tradotto in bergamasco dallo stesso Noris[1] ma anche in barese da Vincenzo Mastropirro[2]. Si vedano degli esempi:

I

Lorca:

Muerto se quedó en la calle

con un puñal en el pecho.

No lo conocía nadie.

¡Cómo temblaba el farol!

Madre.

¡Cómo temblaba el farolito

de la calle!

[prime due strofe della poesia “Sorpresa” estratta da Poema del Cante Jondo, 1921]

Noris:

Mòrt l’è restàt lè ‘n de strada

con d’o pognal in del pèt.

Negut l’lo conussìa.

Come tremàa ol lampiù!

Màder.

Come l’tremàa ol lampiunsì

de la strada!

*

II

Lorca:

Cuando yo me muera,

enterradme con mi guitarra

bajo la arena 

[prima strofa della poesia “Memento” estratta da Poema del Cante Jondo, 1921]

Mastropirro:

Quanne Criste me chiòme,

prequàteme cu la chetàrra maje

sotta tièrre

Sebastiano Burgaretta[3], studioso di tradizioni popolari e cultore locale nato ad Avola (SR) nel 1946 ha llevado a cabo – ha portato avanti – una traduzione in siciliano di un’opera teatrale di Lorca ovvero La casa de Bernarda Albapièce conclusiva della nota trilogia drammatica che l’autore, a causa dell’assassinio nel 1936, non poté mai vedere rappresentata né stampata su carta. Burgaretta, che ha anche curato il relativo adattamento teatrale dell’opera, ha pubblicato il suo volume tradotto in siciliano con i tipi di Algra Editore di Zafferana Etnea (CT) nel gennaio 2015. Giuseppe Di Stefano in una nota critica sull’opera di Burgaretta ha osservato: «Il lettore ha così un anticipo immediato, seppur succinto, di quanto calzante sia stata l’iniziativa di tradurre in un siciliano autentico e duro lo spagnolo di un’opera che mette in scena quel che abbiamo sentito o anche visto accadere, e non tanto di rado, in più di una casa dei nostri paesi fino a non molte decine di anni fa; quel che in tempi andati abbiamo raccontato e commentato in piazza, al circolo, al caffè, o ci è stato raccontato, usando il medesimo linguaggio che fu nostro e che era dei nostri padri, zii, nonne, donne di casa, ad Avola o a Fuente Vaqueros fa lo stesso».

Ed è proprio il siciliano che ha dato grande eco all’opera dell’autore di Romancero gitano se pensiamo che il grande poeta Salvatore Camilleri (1921-2021) con Tringale Editore di Catania nel 1983 pubblicò 70 Poesie dove raccolse alcune delle più impressive poesie di Lorca in versione siciliana[4]. Così scrive nella prefazione: «Federico m’insegnava a trarre ispirazione dal folclore, senz’essere folcloristico […] ma era un maestro difficile, quasi impalpabile, che chiedeva totale devozione e tensione continua; un maestro le cui emozioni folgoranti dovevano essere percepite senza nessuna mediazione, per magie, risolvendosi in banalizzazione ogni tentativo di dare significato all’immagine o alla metafora. […] Nessuno procede da solo, né nella vita, né nei sentieri della poesia; né mai poeta ha percorso la strada senza avere a fianco altri compagni di viaggio, altri poeti, senza ricevere e senza dare a quelli che vengono dopo»[5].

Altra manifestazione interessante è quella di Rosario Loria (nato a Poggioreale, nel Trapanese, nel 1938) – noto scrittore, poeta, commentatore attento delle vicende cronachistiche e culturali dei nostri tempi nonché ideatore del genere riverismo poetico – che nel suo dialetto locale, quello di Poggioreale con influssi della parlata di Menfi (AG) dove vive da varie decadi – ha tradotto la prima delle quattro parti – quella che in originale porta il sotto-titolo di “La cogida y la muerte” – del famoso Llanto por la muerte de Ignacio Sánchez Mejías. Lorca scrisse quest’opera nel 1934, sull’onda del lutto e dello scuotimento emotivo provato per la morte del celebre torero andaluso che nel 1934 sulla plaza de toros di Manzanares venne duramente attaccato dal toro Granadino e morì della fatale cornata.

Riportiamo a continuazione la versione tradotta di Loria (notare anche la bizzarra circostanza della quasi totale corrispondenza tra cognome dell’autore e del traduttore che si diversificano per una sola lettera: LorCa A Loria), con l’adozione del corsivo per i versi che trasmettono, in maniera anaforica, il terribile ritornello che preannuncia e dichiara, inveisce e proclama l’avvicinarsi, il concretizzarsi e il prodursi della morte del celebre matador:

“Alle cinque della sera” di Federico García Lorca

Versione in lingua siciliana

Traduzione di ROSARIO LORIA[6]

A li cincu di la sira.

Eranu li cincu ‘mpuntu di la sira.

U’ ‘mpicciliddu, purtà lu linzòlu biancu,

a li cincu di la sira.

‘Nna sporta di quacina, già pronta,

a li cincu di la sira…

Lu ‘rrestu, era morti e ‘ssulu morti,

a li cincu di la sira.

Lu ventu purtà luntanu li cuttùna,

a li cincu di la sira.

E la ‘rrùnia siminàu cristalli e ‘nnichèliu,

a li cincu di la sira…

Già cummàttinu, la palùmma e lu liupàrdu,

a li cincu di la sira.

E ‘nna coscia c’u’ ‘ncornu sdisulato,

a li cincu di la sira…  

‘Ncuminciàru li sònura di burdùni,

a li cincu di la sira.

Li campani d’arsenicu e lu fumu,

a li cincu di la sira.

A l’agnùna, ruppa di silenziu,

a li cincu di la sira.

Sulu lu tàuru, havi lu cori ‘nn’àvutu!

A li cincu di la sira.

Quannu vinni lu sudùri di nivi,

a li cincu di la sira,

quannu l’arena si crupìu di iodiu,

a li cincu di la sira,

la morti pusàu l’ova ‘nni la firita

a li cincu di la sira…

A li cincu di la sira.

A li cincu ‘mpuntu di la sira.

‘Nna ‘bbara cu’ ‘rròti, è lu lettu,

a li cincu di la sira…

Ossa e ‘fflàuti, sònanu ‘nni li so aricchi,

a li cincu di la sira…

Lu tauru già gridava di la frunti,

a li cincu di la sira.

La stanza si culuràva di unìa,

a li incu di la sira.

Di luntanu già veni la cancarèna,

a li cincu di la sira.

Trumma di gighiu, pi li virdi ‘nguini,

a li cincu di la sira.

Li firiti abbruciavanu comu lu suli,

a li cincu di la sira.

E la fudda ‘rrumpìa li finestri,

a li cincu di la sira…

A li cincu di la sira…

Ah, chi ‘ttirribbuli cincu di la sira !

Eranu li cincu di la sira, a ‘ttutti li ‘rròggiura !

Eranu li cincu, all’ummira di la sira…

Il poeta e noto giurista Corrado Calabrò sulle famose quartine lorchiane che compongono lo struggente Llanto (tradotto nella nostra lingua frequentemente come Lamento e più raramente con l’azzeccato Pianto) ebbe a porre l’attenzione sul senso d’incompiutezza (e dunque di formidabilità) di questo canto lirico: «Erano le cinque in punto della sera. Erano le cinque [in] tutti gli orologi. Venticinque volte Lorca ripete A las cinco de la tarde, alle cinque della sera nel suo Llanto por Ignacio Sánchez Mejías. Non lo fa certo per dirci l’ora. Ma se avesse detto: «Nel pomeriggio di oggi nella plaza de toros di Siviglia, il giovane e valente Ignacio Sánchez…» avrebbe fatto solo una cronaca da giornale locale. Lui dice invece Eran las cinco de la tarde; e niente come quelle parole che citano semplicemente l’ora segnata dall’orologio in quel momento, potenzialmente da tutti gli orologi in quel momento, ci dà il senso di come, in un istante, la nostra vita ci sfugga, ci sfugga per sempre, irreversibilmente. Sfugge al torero Ignacio, sfugge, prima o poi, a ognuno di noi, in un attimo. Il massimo della significazione con il minimo dell’espressione. Il non detto che scaturisce dal detto, da quello specifico detto; l’evocazione nell’udito interiore generata da un ascolto insostituibile e indeterminato ad un tempo. È questo che fa la poesia, la grande poesia. E la poesia di García Lorca è Grande. Agli inizi, la sua limitata acculturazione, suscitò dei dubbi sulla profondità di quella poesia. Critici emunctae naris rimasero perplessi di fronte alla sua immediatezza impressionistica, sospettandola di superficialità e accusandola di impurità, in tempi in cui si stavano già affermando, in poesia, tendenze esoteriche e rarefatte. Non capivano che quella immediatezza nasceva da una magica capacità d’immedesimazione, da un dono naturale di libertà e autenticità, che, rifiutando asfittiche prigioni correntizie e speculazioni di nessun esito, non per questo debordava dal territorio eletto dell’arte. “Ginatismo”, si disse; era invece un territorio che con lui appariva rigogliosamente ancora vergine per la prodigiosa capacità di reinvenzione della poesia, quella vera. Sì – osserva ancora Carlo Bo – «sembrava che lo guidasse una vera fame di poesia e che per questa fame non ci fosse un cibo capace di saziarlo». Con gli anni, Lorca, senza perdere la sua spontaneità, trovò una sua misura, al tempo stesso naturale e vicino alla misura classica. Sopravvenne la sua morte, e con essa la fama di Lorca, s’ingigantì e dilagò per il mondo. Giustamente venne visto nella sua uccisione il tentativo bestiale dell’incultura di sopraffare i valori assoluti dell’uomo. […] Quando una poesia è grande – e quella di Lorca lo è – essa è universale. Così come la morte di Ignacio è la sorte di ognuno di noi»[7].

A Calabrò sembrano far eco – con un linguaggio disomogeneo e a tratti sospensivo, ma per questo non meno catartico e passionale – alcune considerazioni di Rosario Loria che a maggio di quest’anno ha inteso porre a corredo della sua traduzione lorchiana testé riportata. Qui leggiamo: «Mai un’emozione intensa come questa volta, così istantanea e così violenta, dopo tante letture e riletture e decine di traduzioni dall’italiano… Ora capisco… Ora capisco, mentre vibro e ho la gotta, e sudo, la ripetizione folle e apparentemente assurda, del gelido e imperiale celeberrimo verso… Come una falce, che non guarda alti e bassi… E miete… Inesorabile… Il martellare delle nostre insistenze, dove il pianto non certifica la ragione, avviene sempre in tutti gli orologi, a quell’orario… Solo a quell’orario… È sempre quell’orario, quando non vedi riconosciuto il tuo diritto di avere un amico comune, ed esserne estromesso per gelosia… Martella, martella sempre, dalle cinque della sera, in tutti gli orologi… Fino adesso mai avevo capito il furore di questo Poeta, e capire la paura del tiranno, per liberarsi della quale, lo ha fucilato… Non è un problema ideologico… Ma è la viltà della potenza che ci fa caini…».

Per ampliare il tema qui proposto con questo scritto della versatilità dei contenuti lorchiani resi in alcuni dei dialetti nazionali vorrei riportare altre circostanze che mi sembrano interessanti. La città di Napoli – dove è sempre stato particolarmente vivo il mondo teatrale, tanto di maschere, di scena e impegnato – ha visto la creazione di un vero e proprio connubio con l’opera teatrale del Granadino.

Ne è testimonianza la trasposizione in dialetto partenopeo de La casa de Bernarda Alba a opera e per la regia di Gigi Di Luca che a maggio del 2010 andò in scena alla Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta nel capoluogo partenopeo. Tra gli attori protagonisti: Fulvia Carotenuto nel ruolo dell’arcigna Bernarda Alba, Gina Perna nel ruolo della domestica Poncha, la giovane Benedetta Bottino nei panni della tormentata Adela, Lisa Falzarano (Angustia), Federica Aiello (Martirio), Ilaria Scarano (Amelia) e Roberta Serrano (Maddalena). Come ricorda la stampa, tale opera in napoletano aveva debuttato già qualche anno prima, nel 2007 al Teatro Nuovo di Napoli, alla presenza dell’allora Assessore alla Cultura di Siviglia, don Juan Carlos Marset, poi portato anche in Spagna al Teatro Almeda.

Nel marzo del 2019 al Teatro TRAM di Via Port’Alba a Napoli andò in scena la versione in dialetto napoletano di Yerma col titolo ‘A Jetteca per la regia di Fabio Di Gesto e Silvio Fornacetti, costumi di Rosario Martone e attori recitanti Chiara Vitiello, Diego Sommaripa, Francesca Morgante, Maria Grazia Di Rosa e Gennaro Davide Niglio.

L’interesse verso la drammaturgia drammatica di Lorca è particolarmente forte nel nostro Meridione dove, la realtà sociale e familiare di piccoli borghi di provincia e delle campagne nel secolo scorso, viene percepita molto affine – se non addirittura identica – a quella della retrograda, machista e illiberale Spagna che Lorca dipinse. Non solo in Sicilia, in Campania, ma anche in Sardegna l’opera di Lorca trova una versione in una lingua locale. È il caso di Bodas de sangre tradotta in sardo da Gianni Muroni col titolo Isposòriu de sàmbene e pubblicata da Condaghes Edizioni di Cagliari nel 2013.

Pur tuttavia non si trattò della prima traduzione in sardo di quest’opera se si tiene presente che nel 2011, prima al Teatro Verdi di Sassari poi al Teatro delle Celebrazioni di Bologna, andò in scena Nozze di sangue nella versione sarda (variante barbaricina) scritta a quattro mani dal noto Marcello Fois e Serena Sinigaglia col titolo Bodas de sambene. Una lingua – quella sarda – che come ricorda la segnalazione della messa in scena su «La Repubblica» del periodo: «[è] di terra e sangue, perfetta per le sue caratteristiche linguistiche e antropologiche, per parlarci di confini distesi e violati, campi arsi e coltelli, di parole impronunciabili, di silenzi violenti»[8]. Nell’opera di Fois e Sinigaglia la Barbagia sostituisce la Vega, ma tutto è rimasto inalterato: l’ambiente di campagna, la reticenza dei personaggi e la loro ritrosia, l’incomunicabilità diffusa e un senso inscalfibile di tragedia sin dalle prime battute con una dominazione indiscussa del mistero e del fatalismo. Il successo della rappresentazione fece sì che l’opera venisse riproposta nel suo locus primigenio, in Sardegna, alcuni anni dopo (al Teatro Massimo di Cagliari in tre serate consecutive dal 21 al 23 aprile 2017 e al Teatro Eliseo di Nuoro in due serate consecutive, dal 28 al 29 aprile 2017) dove la popolazione locale non poté che premiarla con applausi, rispettosa attenzione ed entusiasmo. Di questa fulgida esperienza, motivo d’arricchimento per il teatro del Belpaese, è un volume dal titolo Nozze di sangue (co-autori Marcello Fois e Federico García Lorca) edito da Transeuropa Edizioni di Massa nel 2011 con allegati contenuti media relativi alla messa in scena.

Non furono solo i dialetti dell’Italia meridionale e insulare a mostrarsi interessati all’opera letteraria di Federico García Lorca: due esempi sono utili per testimoniare quanto si sta dicendo, ovvero le traduzioni in friulano (il casarsese per la precisione) di Pier Paolo Pasolini e quelle in piemontese di Luigi Olivero.

La professoressa Maria Isabella Mininni dell’Università di Torino in un recente saggio dal titolo “Traduzioni di poeti spagnoli nel felibrismo friulano di Pier Paolo Pasolini (1945-1947)”[9] si è dedicata a una veloce disamina dei principali autori spagnoli tradotti da Pasolini in friulano, richiamando, appunto, anche Lorca (sebbene preferisse, a lui, di gran lunga Antonio Machado e Juan Ramón Jiménez[10]). Sono i testi che vennero pubblicati nell’opera poetica totale di Pasolini nel 2003 a cura di Walter Siti per la Mondadori. Nel saggio di Mininni si ripercorre, pertanto, la natura di traduttore in friulano[11] di Pasolini di alcuni dei maggiori lirici spagnoli del Secolo scorso: oltre a Lorca, Machado e Juan Ramón Jiménez, anche Salinas e Jorge Guillén. Questi autori – forse con l’aggiunta di altri – avrebbero costituito un possibile nuovo volume per Pasolini, che indicò in forma di bozza con l’indicazione di Traduzioni. Piccola antologia iberica. Il poeta di Casarsa, che era un grande amante del libro e che già da giovanissimo aveva contribuito a costruire un’ampia biblioteca personale, con viva probabilità possedeva – o per lo meno aveva letto – la prima traduzione in italiano di una selezione di testi poetici del Granadino curata dal critico e traduttore Carlo Bo (Poesie di García Lorca edito da Guanda di Parma nel 1940) o nella successiva opera da lui curata col titolo di Lirici Spagnoli (Corrente Edizione, Milano, 1941)[12]; quest’ultima, a differenza dell’altro volume citato, non era monografico sull’autore Granadino e contemplava vari altri poeti della penisola iberica e proponeva, oltre alle traduzioni in italiano, a fronte, anche i testi nella lingua originaria. Sono sei le poesie lorchiane tradotte da Pasolini: “Romance sonámbulo”, “El cazador”, “Canción de la muerte pequeña”, “La balada del agua del mar”, “Preciosa y el aire” e una parte del celebre Llanto por Ignacio Sánchez Mejías (la sezione “La cogida y la muerte”, la sezione “La sangre derramada” sino al verso 24 e la sezione “Alma ausente”).

Notevole anche il lavoro di traduzione del giornalista e poeta piemontese Luigi Armando Olivero (1909-1996) la cui consultazione è possibile, tramite la rete, grazie a un documentatissimo sito curato dal prof. Giovanni Delfino[13] dal quale si viene a conoscenza del fatto che Olivero, presente in territorio catalano nel 1931, incontrò e scambiò delle battute con lo stesso Lorca (uno dei pochi intellettuali italiani ad averlo conosciuto di persona, ad aver interagito con lui).

Oltre a dedicarsi a una serie di traduzione di liriche lorchiane in dialetto piemontese, Olivero scrisse – nel medesimo idioma – alcuni articoli su una rivista denominata «Èl Tòr» dei quali si riportano i riferimenti a continuazione: “Omage a Federico García Lorca Tradussion an Piemontèis dal Romancero gitano”, «Èl Tòr» n°14, 1946; “Polemica gentil con la «Rivista poliglotta» di Lisbona. In margine ad alcune traduzioni piemontesi di Federico García Lorca”, «Èl Tòr» n°17, 1946 (testo scritto quale risposta al prof. Moisé Guillén Pascolato relativamente ad alcune critiche rivolte verso le sue traduzioni di opere lorchiane). Delfino segnala, inoltre, l’esistenza di altri due articoli correlati usciti su altre riviste in età successiva: “Rivive nelle danze gitane la fortuna del Romancero”; “Tra il folklore di Spagna e le suggestioni surrealistiche Fortuna agitata di García Lorca”; “Amici e nemici per il poeta Andaluso”, «La Fiera Letteraria», n°4-5, 1951 (ovvero tre articoli con quattro disegni di Lorca contenenti due suoi ritratti a opera di Gregorio Prieto, due poesie dichiarate inedite a tradotte da Olivero in italiano: “Tre storielle del vento” e “Stampa del cielo”). Seguì poi l’articolo “Federico García Lorca Poeta – Musicista andaluz”, «Musicalbrandé», n°12, 1962 (contenente alcune notizie su Lorca e la traduzione in piemontese della poesia “Se ha quebrado el sol” tradotta con “Cita romansa dla passion stërmà” il cui originale in spagnolo venne pubblicato per la prima volta da Claude Couffon nel 1962 in appendice al suo volume A Grenade sur le pas de García Lorca) e un ulteriore articolo, questa volta scritto da Francesco Tentori, in risposta a quanto precedentemente pubblicato da Olivero su Lorca che uscì su «La Fiera Letteraria», n°8 e n°10, 1951.

Questo breve studio – come si era doverosamente asserito agli inizi – non ha nessuna pretesa di esaustività sull’argomento dal momento che esistono anche in numerosi altri dialetti versioni di opere di Lorca, spesso non pubblicate con editori professionali ma con tipografie o in proprio o, nel caso di opere teatrali, vive solo per mezzo dei ricordi della rappresentazione non esistendo copie cartacee delle rispettive bozze di recitazioni. Si capisce, pertanto, anche per le ragioni addotte, come questi testi e versioni spesso risultino non di semplice recupero, localizzazione e dunque di successiva menzione o riproposizione. Quel che è certo è che Lorca fu (ed è) tradotto non solo nelle lingue nazionali ma anche nei dialetti locali, nelle parlate, in codici linguistici che non direttamente si identificano con un concetto di nazione. Questo è di ulteriore dimostrazione e della grandezza della sua opera e dell’universalità dei contenuti e dei messaggi tramandati.

LORENZO SPURIO

Jesi, 20/06/2021


[1] Un’altra poesia lorchiana tradotta da Noris (“El niño mudo”) in dialetto bergamasco (“Ol s-cetì möt”) è disponibile e ascoltabile nella versione registrata all’interno della notizia: Maurizio Noris, “El niño mudo, Ol s-cetì möt. I versi di García Lorca in dialetto bergamasco”, «Sant’Alessandro», [settimanale online della Diocesi di Bergamo], 2 maggio 2019, link: http://www.santalessandro.org/2019/05/02/so-los-dell-02-05-2019-el-nino-mudo/ (Sito consultato il 10/05/2021).

[2] In maniera più precisa si tratta del dialetto di Ruvo di Puglia (BA). La traduzione di questo testo nel volume viene posta “a confronto” con quella – dei medesimi versi – eseguita da Fernando Grignola nel suo dialetto ticinese di Agno (Svizzera) che così recita: «Quand ch’a sarò mòrt, / soteremm / cun ra mè ghitàra / sóta ra sàbia». 

[3] Una sua nota bio-bibliografica è consultabile su questi siti: https://www.archilibri.it/author-book/sebastiano-burgaretta/ e su http://www.libreriaeditriceurso.com/Burgaretta_Sebastiano.html (siti consultati il 10/05/2021).

[4] Ringrazio l’amico, il poeta e scrittore Marco Scalabrino di Trapani, grande studioso del dialetto siciliano, per avermi reso edotto di questa preziosa notizia e per avermi proporzionato le scansioni dell’immagine di copertina e della prefazione al volume.

[5] Salvatore Camilleri, Prefazione a Federico García Lorca, 70 Poesie Tringali, Catania, 1983, pp. 5-8.

[6] Sia la traduzione di Loria che il suo commento successivo sono alla data odierna inediti e l’Autore ne ha concesso l’autorizzazione alla pubblicazione.

[7] Corrado Calabrò, “Ricordando Federico García Lorca”, «La Presenza di Èrato», 4 ottobre 2017, link: https://lapresenzadierato.com/2017/10/04/ricordando-federico-garcia-lorca-di-corrado-calabro/ (Sito consultato il 10/05/2021). Testo riprodotto in Fabia Baldi, L’altrove nella poetica di Corrado Calabrò, Aracne, Roma, 2019.

[8] “Nozze di sangue in terra sarda, ecco García Lorca tradotto da Fois”, «La Repubblica», 01/12/2011, link: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/12/01/nozze-di-sangue-in-terra-sarda-ecco.html (sito consultato il 18/05/2021).

[9] Maria Isabella Mininni, “Traduzioni di poeti spagnoli nel felibrismo friulano di Pier Paolo Pasolini (1945-1947)”, «Intralinea Online On line Translation Journal», 2013, link: http://www.intralinea.org/specials/article/2003 (sito consultato il 18/05/2021).

[10] «García Lorca, en cambio, me impresionó mucho menos, por ejemplo, pero Juan Ramon Jiménez y Antonio Machado han tenido una gran influencia sobre mí. En aquella época yo escribía en friulano», in “Es atroz estar solo”, Entrevista con Pier Paolo Pasolini por Luis Pancorbo, «Revista de Occidente», 1976, n°4, pp. 42-43.

[11] «Il friulano in cui Pasolini scriveva era un ibrido, né la versione già codificata della tradizione letteraria del capoluogo regionale, né il canone stabilito dal dizionario Italiano-Friulano di Pirona. Pier Paolo si basava su quello che sentiva, trascrivendo una mescolanza di friulano, di veneto e delle idiosincrasie personali in cui si imbatteva», in Barth David Schwartz, Pasolini. Requiem, Venezia, Marsilio, 1995, p. 215.

[12] Qui erano stati antologizzati i poeti: Antonio Machado, Juan Ramón Jiménez, Fernando Villalón, Rafael Villanova, Pedro Salinas, Jorge Guillén, Gerardo Diego, Federico García Lorca, Rafael Alberti, Luis Cernuda, Josefina de la Torre.

[13] Il sito è consultabile a questo indirizzo: http://www.luigiolivero.altervista.org/ (Sito consultato il 19/05/2021).


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N.E. 02/2024 – “Dare respiro al sacro”. Intervista al poeta Luigi Carotenuto. A cura di Francesca Del Moro

La poesia di Luigi Carotenuto[1] si caratterizza fin dai suoi esordi come un cammino spirituale, che nella sua ultima pubblicazione, Farsi Fiori (gattomerlino, 2023), approda a una calma e luminosa maturità. Ne parliamo con lui in questa breve intervista.

Partiamo dal titolo del tuo nuovo libro. È tratto da una poesia che si caratterizza, come molte altre, per una sintesi epigrammatica fulminante: Farsi fuori / per / farsi fiori. Come mai proprio questo titolo? Devo ammettere che Farsi fuori mi ha subito fatto pensare a una scelta drammatica; che cosa significa per te questo “fuori”?

Farsi fiori per essere essenziali, lasciare che di noi stessi vi sia l’espressione dello sbocciare, dell’aprirsi alla vita. Farsi fuori perché, per essere veramente, bisogna rinunciare alle identificazioni. Morire al mondo, all’amor saeculi, come lo chiamava Ildegarda, per accostarsi all’amor caelestis. Forse, anche se apparentemente paradossale, per incontrare veramente gli altri, nella loro intima essenza, bisogna rinunciare a qualunque forma di attaccamento, di personalità, non in un senso nichilista però, bensì per raggiungere quella forma di purificazione che rende possibile l’evitamento di meccanismi proiettivi, investimenti sull’altro, frutto di paure, egoismi, illusioni.

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Il tuo libro è ricco di simboli, che diventano parole-chiave, cardini intorno ai quali ruota la tua poesia – penso per esempio al cerchio, alla luce – ed espliciti richiami a filosofie orientali, come l’enso, il mudra. Quali sono i principali riferimenti spirituali della tua scrittura?

La Bhagavadgita, Il sentiero della non-dualità o Advaita Vedanta, i libri di Raphael, Meister Echkart, i Vangeli, la filosofia perenne, gli gnostici, il Tao Te Ching, i Padri del deserto, Il Libro tibetano dei morti, Steiner, Scaligero, tra gli altri, un elenco che non può essere esaustivo, perché molte verità passano da incontri inattesi e trasversali, di libri e gesti, i quali è bene custodire, e spesso lasciare riposare nel silenzio che è forse lo spazio più profondo per dare respiro al sacro.

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Quale definizione daresti di “spiritualità”?

Definire rischia in qualche modo di intrappolare, arginare, il concetto di spiritualità, che porta in sé lo spirito aereo, il soffio, nel suo nome, e non può rimanere stretto nelle gabbie del linguaggio. Ha in sé l’inesauribile delle possibilità, ben oltre la dimensione di spazio e tempo. Mi rendo conto dell’insufficienza espressiva, nella dimensione umana la spiritualità dovrebbe portare l’infinito e l’invisibile nel quotidiano e quindi cambiare completamente la prospettiva dell’individuo che vi si accosta e la coltiva, quello stato di metanoia in termini filosofici. In una traduzione in rete di un passo dal Tao Te Ching ho trovato l’espressione “coltivare l’eterno”: ecco, forse questa potrebbe essere l’idea di spiritualità da cui partire.

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Riconosco ai tuoi libri una forte valenza politica, nel senso soprattutto di una contrapposizione ai “rumori”, altra parola chiave, della società moderna, alla sua ricerca di beni materiali e soddisfazioni effimere. Sintetizzando, quali sono i disvalori, i mali della contemporaneità e quali valori possiamo contrapporvi?

Ai rumori contrapporre i sussurri, alle grida il canto tenue. Siamo fatti per la musica delle sfere, non soltanto per i clangori. Ma forse, più che contrapporre (anche se il controcanto fa parte della partitura in musica), che presuppone un altro, spesso nemico, il quale ci fa rimanere nella dualità, per unificare bisogna essere. C’è un libro di Thích Nhất Hạnh dal titolo Essere pace. Semplicemente essere, incarnare, ciò che si desidera, è il modo per non tradirlo, in un mondo di parole che sono il contrario delle azioni, e gesti che tradiscono le vere intenzioni. Comprendere e compatire la dimensione d’ombra in noi e negli altri, in tutte le sue sfaccettature, vale a dire accostarsi all’enigma del cuore umano senza essere né persecutori né fintamente caritatevoli.

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Nel tuo libro, a volte usi la prima persona ma principalmente il “tu”. Come mai questa scelta?

Probabilmente, il tu a cui mi rivolgo è quella sorta di maestro interiore, la parte più saggia di noi stessi. Nell’attraversamento di testi e conversazioni spirituali, gli autori che più mi hanno convinto sono proprio quelli che riportano il lavoro a sé stessi e non a guru esterni. Anche nel lavoro psicologico, terapeutico, clinico, analitico, l’analista non può fare il cammino al posto dell’altro, può però percorrere parte del tragitto, stare al fianco, lasciare che l’altro si possa rispecchiare aiutandolo a constatare di sé stesso lati, risvolti, aspetti, di cui non si era accorto. Il tu, forse, nella scrittura del sottoscritto, rappresenta una funzione dialogica che risulta necessaria per l’indagine introspettiva e per avviare in determinate direzioni il processo creativo. 

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Uno scatto del poeta intervistato, Luigi Carotenuto

Nei versi di questo come dei tuoi libri precedenti ti riferisci spesso ai bambini. E qui un bambino è un interlocutore ricorrente. Che cosa rappresenta per te il mondo dell’infanzia?

Mi interrogo spesso su questo, dandomi risposte che trovo molto parziali, carenti, forse perché ho un’aspettativa alta, idealistica, rispetto al mondo dell’infanzia. Hillman dice che «qualunque cosa diciamo sui bambini e sull’infanzia in realtà non riguarda mai i bambini e l’infanzia». Per tornare alla tua domanda, qui il bambino e il sapiente si fondono, il bambino diventa il sapiente per quel potenziale di espressività che porta con sé, in divenire e nel presente. Il bambino rappresenta anche quella parte interiore a cui dare voce, quindi è un dialogo sì, con il bambino, i bambini, incontrati a scuola, ma anche un auto-dialogo con il puer interno.

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Nei versi ricorre spesso la morte e si percepisce un tentativo di inquadrarla in un percorso pieno di senso e di fiducia, mentre nei tuoi libri precedenti percepivo una dose maggiore di conflittualità con riferimento al tema della perdita. Come si è evoluto il tuo pensiero riguardo alla morte, e come si inquadra in un cammino spirituale?

Hai ragione, in questo libro vi è la calma percezione, fatta di qualcosa di tangibile, anche se sottile, che la morte sia soltanto un passaggio, che non coincida come si ritiene comunemente con l’annullamento e la fine dell’esistenza. Di questa visione si fanno portavoce numerose tradizioni spirituali, sentirla però dentro come verità cambia di molto lo sguardo sugli eventi e dovrebbe sostanziarci di compassione. Il dolore dei viventi, a prescindere dal grado di consapevolezza o stato di coscienza in cui si trovano, può essere misura e banco di prova per testare quella umanità di cui siamo o meno portatori. Riguardo al passato, ai libri precedenti, sento di essere pervenuto su questo tema a un’accettazione pacificata, rimanendo aperto agli accadimenti, alle possibilità di scoperta, senza certezze e senza l’ansia di voler risolvere gli enigmi o rivendicazioni rispetto al percorso biografico.

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I termini “sottrazione”, “calma” e “levità” si adattano perfettamente alla tua poesia ma anche al percorso di vita che auspichi nei tuoi versi in generale e in particolare in questa pubblicazione. Come lavori sulla parola e sulla visione della vita per perseguire questo senso di pace, per arrivare a una leggerezza ed essenzialità di stile e di pensiero?

Cercando di tenere viva la curiosità per la conoscenza e tenendomi fuori più che posso dal banchetto duale e, questo sì, davvero antisociale, del buono e cattivo, della vittima e del carnefice, tanto praticato sui mezzi di iper-comunicazione dei tempi odierni, che negano la vera possibilità di comunicare e ascoltare sé stessi e gli altri, attraverso il silenzio e la misura. Il pensiero della morte, ad esempio, mi aiuta a constatare l’illusorietà di certe dinamiche, il «lutto di tutto» (mi pare sia di Zanzotto, vado a memoria). Partendo dalla fine, insomma, trovo la misura del gesto, almeno negli intenti. Sulla scrittura, non saprei, è qualcosa che avviene in buona misura inconsapevolmente, spesso sento e ho sentito, nella stesura di testi precedenti, di non avere una forma né una scrittura delineate, prestabilite, come se ogni volta partissi da una tabula rasa per iniziare un libro. Ma dallo stato di vuoto, di vacuum, può farsi spazio il molteplice delle possibilità creative: questo è il lato promettente della faccenda, che mi dona sempre nuovi stimoli.


[1] Luigi Carotenuto (Giarre, CT, 1981) è poeta, compositore e educatore. Ha pubblicato i libri di poesia L’amico di famiglia (Prova d’Autore, 2008), Ti porto via (Prova d’autore, 2011), Krankenhaus (gattomerlino, 2020) e Farsi Fiori (gattomerlino, 2023). Un suo poemetto inedito in volume, Taccuino olandese, è apparso sul n. 48 – Anno 2015- di «Gradiva». Nel 2021 è uscito in Francia, per le Éditions du Cygne, Krankenhaus suivi de Carnet hollandais et autres inédits, curato e tradotto in francese da Irène Dubœuf. Figura nell’antologia di poeti siciliani tradotti in lingua inglese, a cura di Ana Ilievska e Pietro Russo, Contemporary Sicilian Poetry. A multilingual Anthology (Italica press, 2023). Collabora con «l’EstroVerso» di Grazia Calanna e cura la rubrica “Particelle sonore” per la rivista «Niederngasse» di Paola Silvia Dolci. 


Questa intervista viene pubblicata nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionata dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autrice ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

“Comincia il pianto della chitarra!”, Prefazione al libro “Santì d’Andalöséa. Omaggio a Federico Garcia Lorca” di Maurizio Noris

PREAMBOLO

Alcuni mesi fa il poeta e scrittore lombardo Maurizio Noris mi ha gioiosamente coinvolto nel lavoro della pubblicazione del suo libro contenente una scelta di opere poetiche di Federico García Lorca tradotte da Noris nel suo dialetto bergamasco della media Valle Seriana, per la stesura di un commento critico sull’opera (intitolato “Comincia il pianto della chitarra!”).

Il libro, dal titolo Santì d’Andalöséa. Omaggio a Federico Garcia Lorca – edito da Tera Mata Edizioni (Bergamo) – si apre con il testo della mia presentazione (che viene proposto, a continuazione, sulle pagine di questo sito) e contiene opere di Sara Oberhauser. Traduzione e voce a cura di Maurizio Noris.

Le letture sono state trasposte in registrazioni audio-video in cui è Lucìa Diaz alla voce, al canto e ai flauti. Il libro si chiude con una postfazione di Vincenzo Guercio.


BIOGRAFIA DELL’AUTORE

Maurizio Noris (Comenduno di Albino, BG, 1957). Scrive poesie in lingua prima del dialetto bergamasco della media Valle Seriana. Ha pubblicato Santì (2001, libro artigiano di poesie con l’artista grafico Ivano Castelli e presentazione di Ivo Lizzola), Dialèt De Nòcc D’amùr (2008, vincitore del prestigioso Premio “Città di Ischitella”), Us de ruch (2009, plaquette con introduzione di Alberto Belotti), Us de ruch (2010, con introduzione di Franco), Àngei? e Zögadùr (2012, con la presentazione di Piero Marelli e Silvio Bordoni), In del nòm del pàder (2014, con postfazione di Giulio Fèro), Resistènse (2016, introduzione di Franca Grisoni), A cüre socane (2022, installazione organico-poetica con un catalogo di 20 poesie inedite presentato da Gabrio Vitali), Santì d’Andalöséa. Omaggio a Federico García Lorca (2023, presentazione di Lorenzo Spurio, con opere di Sara Oberhauser, traduzione e voce a cura di Maurizio Noris, registrazioni audio-video di Lucìa Diaz alla voce, al canto e ai flauti, postfazione di Vincenzo Guercio). Ha curato Guardando per terra, voci della poesia contemporanea in dialetto (2011, co-curatore Piero Marelli). È presente con suoi testi in L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto (2014), in Dialetto lingua della poesia (2016) a cura di Ombretta Ciurnelli e in diverse antologie e riviste. Per tutto il 2019 ha curato la rubrica settimanale SÖ L’ÖS del -santalessandro.org- settimanale della Diocesi di Bergamo, con la presentazione anche sonora e commento delle sue poesie.


PRESENTAZIONE AL LIBRO

“Comincia il pianto della chitarra!”

Di LORENZO SPURIO

Molti dei letterati della nostra età, oltre a perseguire con necessità primaria la propria vocazione di autori che li vede poeti o scrittori che sia, non hanno mancato d’interfacciarsi con il non complicato mondo della traduzione. Il fenomeno di comprensione di una lingua d’altri, d’interpretazione e di lettura profonda (e d’immedesimazione, spesso) per poter generare la medesima opera con un vestito leggermente diverso (mai diremmo se migliore o peggiore del suo originale) coinvolge in maniera correlata e intensa una serie di meccanismi mnemonici-sensoriali, evocativi e reminiscenziali ma anche psicologici, più profondamente intimi e innati nel singolo.

La grandezza di un autore non è data né dal numero di copie dei suoi libri che vende nel corso del tempo né dal numero di lingue (diremmo meglio gli idiomi, a voler intendere anche parlate più ridotte o che non hanno, a differenza di quanto avviene con la lingua, un più diretto richiamo o correlazione a un determinato stato nazionale) in cui la sua opera viene versata. Sta, al contrario, nella capacità delle genti, di età, luoghi e da identikit sociali differenti, a riuscire a farsi ascoltare. A trasmettere una percezione unica e indescrivibile. Un gigante della letteratura internazionale come Federico García Lorca nel corso delle decadi che si sono succedute dalla sua prematura morte ha avuto (e contribuito ad alimentare) un lascito umano di lettori, critici, studiosi e affezionati, di anime in sintonia col suo dire, di persone più o meno altolocate, cattedratici e popolani, ingente, in logaritmica e irrefrenabile ascesa.

I componimenti che Maurizio Noris ha scelto dell’ampia produzione lirica del celebre “poeta con il fuoco nelle mani”, rimontano a quell’esigenza di calarsi in una natura primigenia e inalterata dall’introduzione del dato antropico. In appena una ventina di testi scorre davanti agli occhi del lettore una sorta di sintesi perfetta dei temi, delle immagini care, dei colori, dei rimandi e degli echi che hanno contraddistinto la poesia del Granadino rendendolo universalmente celebre e ineguagliabile. Una leggenda, per alcuni, un martire per altri. Sicuramente una presenza inesauribile e imprescindibile per tutti.

Le vicende che nel tempo hanno visto il prediligere di alcune traduzioni di Lorca nel nostro italiano piuttosto che altre (ricordiamo qui, per mero inciso, che non solo i tanto “celebrati” Bo, Bodini, Rendina e Macrì tradussero Lorca in italiano come spesso, facilisticamente, vien dato da intendere) sono tortuose e rimangono per lo più difficili da tracciare (ammesso che in esse si possa riscontrare un vero interesse di fondo) dettate spesso anche da logiche di mera diffusione editoriale o, al contrario, di veti espressi (o malcelati) all’interno di congreghe accademiche. Sta di fatto che, nel nostro Paese, Lorca ha visto non solo tante traduzioni (più o meno ricordate, più o meno affidabili) nella nostra lingua, ma anche in alcuni dialetti. Penso al torinese nel quale lo versò Luigi Armando Olivero, al friulano di Pier Paolo Pasolini, al siciliano di Salvatore Camilleri, al romagnolo di Tolmino Baldassari, solo per citare alcuni nomi ma la lista potrebbe essere infinita e sempre – purtroppo – clamorosamente incompleta a causa della difficoltà di una ricerca che, pur mirata, spesso non riesce a fornire apprezzabili risultati (ricordiamo che molti tentativi di traduzione non vennero alla luce, altri solo in ciclostile, la gran parte di essi non pubblicati con un editore, né registrati in biblioteche nazionali).

L’operazione di Noris – poeta sopraffino e amante del suo dialetto nativo, il bergamasco della Val Seriana – s’inserisce, dunque, in una tradizione (non sempre scritta) che sappiamo essere fluentissima (per nulla studiata, purtroppo) che nasce da quella volontà intima di far parlare l’opera di un Grande come l’autore di Nozze di sangue con l’autenticità della propria lingua personale, del proprio dettato ancestrale e familiare.

Riconducendo il discorso alla scelta delle liriche effettuata da Noris, ritroviamo nel volume poesie selezionate dalle Canciones, opera della fase giovanile, dall’arcinoto Poema del cante jondo, sino ad arrivare all’ampio campionario dei Poemas Sueltos e alle raffinatissime composizioni delle casidas che, insieme alle gacelas, fanno parte del Diván del Tamarit, opera la cui prima pubblicazione avvenne nel 1940 ovvero quattro anni dopo l’assassinio dell’Autore come pure Poeta en Nueva York, l’opera surrealista del Nostro che Noris ha deciso di non compendiare (crediamo per la forte lontananza alla poesia della Spagna arcadica e neo-popolare del primo Lorca). La scelta di testi ci fa immergere completamente nella Spagna autentica e rurale di Lorca, quella della campagna arsa dal sole e sollevata spesso da qualche vento inaspettato, quella delle case di calce bianca dei pueblos, gli antichi (e conservatissimi) agglomerati cittadini che si snodano in vicoli e vicoletti, piazzette e stradine ancor più piccole.

La tradizione andalusa è percorsa in lungo e in largo da Noris per mezzo di liriche che ben risaltano le peculiarità del tessuto abitativo e sociale di quella regione con particolare attenzione a quel mondo ritmico-sonoro così importante (il flamenco, il lamento della pena negra, le danze dei tablaos, il clarino nelle corride, etc.) richiamato anche nelle saetas della Semana Santa con la processione del Cristo, il zorongo, che assieme al jaleo è uno dei più celebri canti e balli della tradizione andalusa riconducibili alla grande famiglia della flamenqueria, finanche la nenia giocosa e fiabesca delle ninnenanne (famosa la sua conferenza sulle ninnenanne, Las nanas infantiles, tradotta anche dal veronese Arnaldo Ederle).

L’universo simbolico-oggettuale di Lorca (non solo poeta ma anche drammaturgo) diluito nei versi qui raccolti ben si condensa nel corso della lettura: il predominio della luna a volte imperscrutata altre volte che ammicca in senso fatalistico (sempre, comunque, collegata a un’idea di morte o di un nefasto presentimento) si lega alle immagini dello specchio (ricerca d’espressione e al contempo caducità dell’immagine) e a quelle degli arnesi del mondo contadino (il pugnale, la falce) che se hanno un uso pratico nel proprio lavoro a volte vengono impiegati, in un clima d’odio e vendetta, anche come minaccia o per dar la morte (ricordiamo la struggente e drammatica “Reyerta” tradotta da Rendina e Clementelli con “Zuffa”). Ci sono bambini, si odono lamenti, invocazioni alla luna, cavalli e farfalle, l’osservazione attenta e panica dello scorrere delle acque, lo sfolgorio dei colori e la densità dell’argento. Su ogni poesia, data la ricchezza contenutistica e gli squarci di alta intensità lirica (nei testi selezionati l’Autore ha preferito non inserire poesie che, più direttamente, potessero essere analizzate in relazione alla loro tensione etico-civile, pure presente in buona produzione del Nostro), l’inspiegabile suggestione trasmessa, la capacità pareidolitica e la potenza empatica sul lettore, si potrebbero dire molte cose, riflettere, ampliare, senza riuscire mai a compendiare in forma totale quella massa sconfinata d’energia e magma interiore.

Maurizio Noris in quest’opera avvolgente, frutto di un lavoro condiviso con altri autori e artisti (in quel sodalizio ampio che tanto amava Federico e lo portava a collaborare con molte persone, si ricordi la gloriosa esperienza corale de “La Barraca”), fonde due circostanze importanti della sua realtà presente – non tangenziali né improvvise – ovvero l’amore per l’universo lorchiano, che ne fa di lui interprete, seguitore e convinto confidente, e quello per il dialetto personale, radicato nella provincia lombarda. Distanze, quelle tra la Val Seriana e l’Andalusia, che ci appaiono di colpo annullate o mai esistite. Nel flusso inalterabile di un fuoco creativo ed energico che arde imperituro e s’espande, inondando mente e cuore al di là di categorie umane.

LORENZO SPURIO

Jesi, 13/01/2023


La pubblicazione del presente testo, in formato integrale o di stralci, su qualsiasi tipo di supporto non è consentita senza l’autorizzazione da parte dell’Autore.

“Lingue” di Gian Piero Stefanoni con traduzione in bergamasco della Val Seriana di Maurizio Noris

LINGUE

Poesia di GINA PIERO STEFANONI

Lasciarsi scavare, lavare il volto

che ritorna dallo specchio:

l’uomo immutabile e scritto,

l’angoscia che rode dalle carni.

E’ questa la pazienza raccolta

nei sacchi, il bosco,

la scienza riportata a terra

nel viaggio da cui proveniamo.

Così tienti tu il finto chiarore,

io me ne vado con le mie bestie

e le mie lingue, con quante mani da loro strette,

 con quante mani da loro dissepolte.

Che vogliono restare nude.

Uno scatto del Museo Etrusco di Valle Giulia a Roma

PARLADE

Traduzione di MAURIZIO NORIS

Lassâs i-scaà, laà zó ol vis

che l’turna ‘ndré dal i-spècc:

l’òm sèmper chèl e scrìcc,

l’angòssa che la rösia da i carni.

L’è chèsta la passiènsa catada sö

‘n di sach, ol bósch,

la scènsa portada turna a tèra

‘n del viàss de ‘ndo ca ’nvé.

Issé tègnet per tò cönt alura ol ciarùr chel’fà a parì,

mé a ’ndó co i mé’nimài

e i mé parlade, con quace mà

da lur istrenzide, con quace mà

da lur dessotrade.

Che i öl restà nüde.

Versione nel dialetto della media valle seriana di Maurizio Noris


GIAN PIERO STEFANONI è nato a Roma nel 1967, laureato in Lettere moderne, ha esorditonel 1999conla raccolta  In suo corpo vivo (Arlem edizioni, Roma- prefazione di Mariella Bettarini) vincendo nello stesso anno, per la sezione poesia in lingua italiana, il premio internazionale di Thionville (Francia)  e nel 2001, per l’opera prima, il “Vincenzo Maria Rippo” del Comune di Spoleto. Son seguite in cartaceo e in ebook una decina di titoli, l’ultimo dei quali è Lunamajella (Cofine Edizioni, Roma , 2019). Presente in volumi antologici, suoi testi sono apparsi su diversi periodici specializzati e sono stati tradotti e pubblicati in greco, maltese, turco e spagnolo ( Argentina, Venezuela, Cile e Spagna) oltre che in Francia e in Italia nel dialetto di aree romagnole, abruzzesi e sarde. Già collaboratore con “Pietraserena” e “Viaggiando in autostrada” è stato redattore della rivista di letteratura multiculturale “Caffè”  e, per la poesia, della rivista teatrale “Tempi moderni”. Dal 2013 sempre per la poesia è recensore di poesia per LaRecherche.it  e dal 2014 giurato del Premio “Il giardino di Babuk- Proust en Italie”. Tra i riconoscimenti ama ricordare i più lontani, i premi “Via di Ripetta” e “Dario Bellezza” entrambi nel 1997 per l’inedito e l’ultimo, sempre per l’inedito, nella sezione poesia religiosa di “Arte in versi” nel 2021.


L’autore della poesia ha autorizzato alla sua pubblicazione senza nulla chiedere in cambio all’atto della pubblicazione né in futuro.

Esce “BABEL. Stati di alterazione”, l’antologia poetica plurilingue curata da Enzo Campi

Segnalazione di Lorenzo Spurio

Il Festival Bologna in Lettere si sviluppa da sempre a cavallo di due anni solari, più o meno da settembre a maggio. In questa edizione, in cui cade il decennale, il Festival ha intensificato il numero degli eventi a cominciare da Giugno 2021 con la realizzazione di ben quattordici eventi e si concluderà nel mese di Maggio 2022 con otto giornate in presenza e sei online. Per celebrare in maniera significativa il decennale si è pensato di lavorare su quella che è, per così dire, la materia prima, ovvero la lingua. Nei due anni di pandemia, un po’ per scelta, un po’ per necessità abbiamo incrementato e consolidato rapporti di vario tipo con autori, traduttori e curatori di tutti e cinque i continenti, gettando così le basi per la deflagrazione del decennale. Da qui il ricorso alle lingue. Il volume BABEL stati di alterazione (Bertoni, Perugia, 2022), curato da Enzo Campi, nasce da questi presupposti e viene a caratterizzarsi non tanto come un’opera quanto come una vera e propria operazione. A ognuno dei ventisette autori selezionati (Karine Marcelle Arneodo, Vincenzo Bagnoli, Daniele Barbieri, Brice Bonfanti, Domenico Brancale, Sonia Caporossi, Marthia Carrozzo, Laura Cingolani, Lella De Marchi, Francesco Forlani, Gianluca Garrapa, Marisol Bohorquez Godoy Michela Gorini, Alessandra Greco, Eugenio Lucrezi, Lorenzo Mari, Francesca Marica, Silvia Molesini, Fabio Orecchini, Jonida Prifti, Lidia Riviello, Massimo Rizza, Ranieri Teti, Ida Travi, Paolo Valesio, Sara Ventroni, Maria Luisa Vezzali) è stato chiesto di produrre un solo testo inedito. Ognuno di questi testi è poi stato tradotto in tre lingue diverse. Le lingue al lavoro nel volume sono quindici (rumeno, inglese, francese, arabo, russo, tedesco, spagnolo, giapponese, albanese, turco, greco moderno, greco antico, latino, dialetto napoletano, dialetto lucano). I traduttori che hanno preso parte a questo progetto sono: Claudia Albu-Gelli,Karine Marcelle Arneodo, Alice BartoliniFabiana Bartuccelli, Chantal Bizzini, Antonino Bondì, Amal Bouchareb, Ani Bradea, Domenico Brancale, Michele Carenini, Valentina Chepiga, Anna Maria Curci, Gianni Darconza, Francesca Del Moro, Kaharu Inokuchi, Irène Dubœuf, Gerhard Friedrich, Marisol Bohorquez Godoy Eugenio Lucrezi, Silvia Molesini, Anna Chiara Peduzzi, Evangelia Polymou, Jonida Prifti, Graziella Sidoli, Maria Laura Valente, Daniele Ventre, Maria Luisa Vezzali, Patrick Williamson, Gabrielle Zimmermann.

Un discorso a parte merita la postfazione in cui le lingue, attraverso svariati processi di manipolazione (stati di alterazione), si moltiplicano a vista d’occhio partendo da lingue morte come l’ittita, l’aramaico, il sumero, l’accadico, il lidio, passando attraverso lingue generalmente poco usate nelle traduzioni dall’italiano quali olandese, armeno, basco, vietnamita, macedone, indonesiano, creolo, danese, serbo, catalano e via dicendo, in una sorta di gioco a rimpiattino dove le lingue rimbalzano le une sulle altre mescolandosi e confondendosi tra loro. L’idea è quella di trattare le varie lingue innestandole in un unico corpus e creare così una vera e propria trasposizione babelica che è poi in stretta sintonia con quella che è oggi la nostra civiltà. Si pensi soprattutto alle grandi metropoli dove per sopravvivere e tenersi al passo coi tempi è letteralmente insufficiente parlare una sola lingua. Tutti gli eventi di maggio partono dall’idea, sicuramente utopista, che si possa creare una sorta di lingua universale che possa essere compresa da tutti e veicolata attraverso atti artistici. Non è un caso che tutti gli eventi del decennale siano stati definiti azioni e numerati progressivamente, così come non è un caso che Bologna in Lettere sia sempre stato un festival multidisciplinare.

X Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, il verbale di giuria con tutti i premiati. Cerimonia di premiazione il 15/05/2022 a Senigallia

VERBALE DI GIURIA

La decima edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, bandita nel mese di maggio 2021 e con scadenza di partecipazione fissata al 31/12/2021 ha visto l’ottenimento dei patrocini morali dei seguenti enti istituzionali: Regione Marche, Assemblea Legislativa della Regione Marche, Provincia di Ancona, Comuni di Ancona, Jesi e Senigallia, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. Finanche – in relazione all’assegnazione di alcuni Premi Speciali (fuori concorso) – sono stati ottenuti i Patrocini Morali dei Comuni di Firenze, Gaeta (LT) e Melegnano (MI); delle Città Metropolitana di Roma e di Firenze; della Provincie di Latina e di Arezzo; dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”[1].

L’organizzazione del Premio, in sinergia e mutua collaborazione con alcune associazioni culturali che perseguono finalità comuni, ha deciso di attribuire alcuni premi speciali che vengono offerti dai seguenti enti: Movimento Internazionale “Donne e Poesia” di Bari; Centro Culturale “Vittoriano Esposito” di Avezzano (AQ), Consulta Giovanile di Bonorva (SS), Associazione di Promozione Sociale “Le Ragunanze” di Roma, Associazione Culturale “Arte e Amore” di Seravezza (LU), Associazione Siciliana Arte e Scienze (ASAS) di Messina, Associazione Culturale “L’Oceano nell’anima” di Bari, Associazione Culturale “Il Faro” di Cologna Spiaggia (TE), Associazione Culturale “Africa Solidarietà” Onlus di Arcore (MB), “Un Passo Avanti” APS di Ascoli Piceno.

Ha collaborato esternamente provvedendo a riconoscere alcuni contratti editoriali ad opere ritenute meritevoli la casa editrice Ivvi Editore – Nuovi autori del Gruppo Solone s.r.l. di Battipaglia (SA).

Hanno patrocinato questa edizione del Premio anche i seguenti enti culturali: Centro Studi “Sara Valesio” di Bologna, Wikipoesia – Enciclopedia online della Poesia e AlmanHaiku – Almanacco di Haiku.

Le Commissioni di Giuria, differenziate per le varie sezioni a concorso, erano costituite da poeti, scrittori, critici letterari, giornalisti, promotori culturali (in ordine alfabetico): Stefano Baldinu, Fabia Binci, Lucia Cupertino, Valtero Curzi, Mario De Rosa, Graziella Enna, Zairo Ferrante, Rosa Elisa Giangoia, Fabio Grimaldi, Giuseppe Guidolin, Francesca Innocenzi, Antonio Maddamma, Emanuele Marcuccio, Francesco Martillotto, Vincenzo Monfregola, Morena Oro, Rita Stanzione e sono state presiedute da Michela Zanarella.

Il Presidente del Premio, dott. Lorenzo Spurio, a conclusione delle operazioni di lettura, valutazione e vaglio da parte delle Commissioni di Giuria della X edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” indetto e organizzato da Euterpe APS di Jesi (AN), rende note le graduatorie per le varie sezioni.

Sono giunte alla segreteria del Premio 1.675 opere. Espletate le operazioni di segreteria, che ha provveduto all’eliminazione preventiva di tutti quei testi che, per le ragioni indicate nel bando di partecipazione, non erano conformi ai parametri richiesti (tot. 46), la partecipazione complessiva è stata di 1.629 opere.

I parametri considerati dalle Commissioni di Giuria nel corso delle operazioni di lettura e valutazione sono stati:

  • Rispondenza di genere (congruità alla sezione);
  • Correttezza sintattico-grammaticale;
  • Forma espositiva e stile impiegato;
  • Intensità comunicativa (forza espressiva);
  • Originalità ed elaborazione;
  • Musicalità.

In relazione alla sezione G (Libro edito di poesia) i parametri valutativi sono stati:

I – Contenuto

  • Stile e linguaggio;
  • Originalità e creatività;
  • Varietà tematica;
  • Compattezza della silloge (stilistico-formale, concettuale);
  • Utilizzo di forme metriche, retoriche;
  • Musicalità e sonorità del verso;
  • Comprensibilità delle costruzioni poetiche;
  • Forza delle immagini;
  • Presa e suscettibilità sul lettore (criteri soggettivi);
  • Congruità delle versioni tradotte (dal dialetto o lingua straniera), se presenti

II – Veste grafica

  • Linea grafico-editoriale;
  • Qualità della carta/inchiostro;
  • Praticità del volume (dimensioni, peso, etc.);
  • Leggibilità/ Facilità di lettura (in termini visivi e non di ermeneusi);
  • Copertina;
  • Cura negli apparati esterni (quarta, alette, etc.)

III – Materiali aggiuntivi e altro

  • Presenza di testi critici d’accompagnamento (introduzione, prefazione, postfazione, nota di lettura) e autorevolezza degli autori terzi in questi testi;
  • Presenza di materiale iconografico: foto, pitture, disegni, fumetti, etc.;
  • Eventuale compresenza di comparti separati per narrativa o altro;
  • Congruità delle letture critiche d’accompagnamento;
  • Pertinenza del titolo;
  • Sintonia e legame tra i vari apparati della silloge;
  • Sintonia e legame tra i contenuti poetici e grafici.

Tenuto conto di tutte queste indicazioni, che costituiscono parte integrante del verbale di giuria, la graduatoria finale e definitiva dei vincitori è così stabilita:


SEZIONE A – POESIA IN ITALIANO

Premi da podio

1° Premio Assoluto

ELISABETTA LIBERATORE di Pratola Peligna (AQ) con la poesia “L’abbraccio”.

2° Premio Assoluto

DAVIDE ROCCO COLACRAI di Terranuova Bracciolini (AR) con la poesia “Il presepe dai due bambini Gesù”.

3° Premio Assoluto

LUCIA LO BIANCO di Palermo con la poesia “Notte di donna a Kabul”.

Premi Speciali

Premio Speciale “Trofeo Euterpe”

ALFONSO OTTOBRE di Roma con la poesia “Il nome”.

Premio Speciale “Picus Poeticum”

Assegnato alla migliore poesia di autore marchigiano

LORETTA STEFONI di Civitanova Marche (MC) con la poesia “Solo braci di pensieri”.

Premio Speciale “Donne e Poesia”

Donato dal Movimento Internazionale Donne e Poesia di Bari e assegnato alla migliore poesia a tema la donna

MARIELLA DI CIOCCIO di Bugnara (AQ) con la poesia “Scarpe rosse”.

Premio Speciale “Le Ragunanze”

Donato dall’Associazione Le Ragunanze di Roma e assegnato alla migliore poesia a tema la natura

FRANCESCO D’ANDREA di Torre del Lago Puccini (LU) con la poesia “Volta stellata”.

Premio Speciale “Il Faro”

Donato dall’Associazione Il Faro di Cologna Spiaggia (TE) e assegnato alla migliore poesia a tema il mare

ANNA SANTARELLI di Rieti con la poesia “Ad un migrante”.

Premio Speciale “Africa Solidarietà”

Donato dall’Associazione Africa Solidarietà Onlus di Arcore (MB) e assegnato alla migliore poesia a tema solidarietà

VITTORIO DI RUOCCO di Pontecagnano (SA) con la poesia “I discepoli del Male”.

Premio Speciale “Miglior Giovane Poeta”

Assegnato alla migliore poesia di un partecipante minorenne

GIULIA ORCIARI di Cartoceto (PU) con la poesia “Madre innocente”.

Premio Speciale “Premio Letterario Nazionale Francesco Giampietri”

Donato da Un Passo Avanti APS di Ascoli Piceno

ANTONIO BARRACATO di Cefalù (PA) con la poesia “Tra sogni e realtà”.

Menzioni d’Onore

ANNALENA CIMINO di Anacapri (NA) con la poesia “Ho visto piangere un’anima (Alzheimer)”.

AUGUSTO SALATI di Falconara Marittima (AN) con la poesia “Disperso senso”.

BIAGIO TONDO di Sesto San Giovanni (MI) con la poesia “Il porto di Recanati”.

CESARE CUSCIANNA di Caserta con la poesia “[Senza titolo]”.

MARCO PEZZINI di San Giuliano Milanese (MI) con la poesia “Un fiocco di ragnatela”.

RACHELE DI FRANZA di Bologna con la poesia “Notti bianche”.

SERGIO ROSSI di Cornate d’Adda (MB) con la poesia “#Chiocciola@”.

STEFANIA PELLEGRINI di Nus (AO) con la poesia “Malia di un plenilunio”.

TINA LEPRI di Roma con la poesia “San Sabba 26 gennaio”.

VALERIA D’AMICO di Foggia con la poesia “Nella stanza dei ricordi”.

VANNI GIOVANARDI di Luzzara (RE) con la poesia “Notte di Natale”.


SEZIONE B – POESIA IN DIALETTO

Premi da podio

1° Premio Assoluto

DANIELA GREGORINI di Ponte Sasso di Fano (PU) con la poesia in dialetto marottese “Scansànd l’ zanzàn”.

2° Premio Assoluto

ERNESTO PIETRELLA di Roma con la poesia in dialetto romanesco “Ce rivedremo”.

3° Premio Ex Aequo

EDOARDO ANGRILLI di Aosta con la poesia in dialetto franco-provenzale di Pollein (AO) “[Te groppave la frappa à la frappa]”.

3° Premio Ex Aequo

LORENZO LUIGI VAIRA di Sommariva del Bosco (CN) con la poesia in dialetto piemontese (zona Torino/Cuneo) “La chërpa”.

Premi Speciali

Premio Speciale ASAS

Donato dall’Associazione Siciliana Arte e Scienza di Messina e assegnato alla migliore poesia in dialetto siciliano

GIUSEPPE CINÀ di Palermo con la poesia in dialetto siciliano “Alivu d’austu”.

Premio Speciale “Peppe Sozu”

Donato dalla Consulta Giovanile di Bonorva (SS) e assegnato alla migliore poesia in una minoranza linguistica

CHIARA MOIMAS di Ronchi dei Legionari (GO) con la poesia in dialetto bisiacco / bisiac (provincia di Gorizia) “La strada”.

Menzioni d’Onore

ANGELA CATOLFI di Treia (MC) con la poesia in dialetto treiese (provincia di Macerata) “Chjarì (‘a socèra mia)”.

CLAUDIO MALAVASI di Gonzaga (MN) con la poesia in dialetto del Basso Mantovano “La magia ad li paròli”.

DANIELA MORESCHINI di Roma con la poesia in dialetto romanesco “L’urtima partita”.

FRANCO FERRI di Pesaro con la poesia in dialetto pesarese “’N onda dèl mèr”.

FRANCO PATONICO di Senigallia (AN) con la poesia in dialetto senigalliese “Galantì e Favurì”.

SALVATORE GAZZARA di Messina con la poesia in dialetto siciliano “’Ssummunu li spiranzi”.


SEZIONE C – POESIA IN LINGUA STRANIERA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

IRMA KURTI di Bergamo con la poesia in lingua inglese “The weeping willow”.

2° Premio Assoluto

ANDREINA TRUSGNACH di San Leonardo (UD) con la poesia in sloveno (delle Valli del Natisone) “Dan pred domu za ostarjele”.

3° Premio Assoluto

SIMONE CIGNI di Voghera (PV) con la poesia in lingua francese “Le verre des larmes”.

Menzioni d’Onore

CLAUDIA ALBU-GELLI di Braşov (Romania) con la poesia in lingua rumena “Despre neîntoarcere”.

FRANCESCO FEDELE di Siracusa con la poesia in lingua spagnola “Anemocoria”.


SEZIONE D – POESIA RELIGIOSA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

FRANCO CASADEI di Cesena (FC) con la poesia “La fede”.

2° Premio Ex Aequo

CATERINA BORSCI di Taranto con la poesia “Notte”.

2° Premio Ex Aequo

VITTORIA TOMASSONI di L’Aquila con la poesia “Riconciliarsi”.

3° Premio

JOSEPH BARNATO di Gaiole in Chianti (SI) con la poesia “Antropologia tripartita”.

Premi Speciali

Premio Speciale del Presidente del Premio

GIUSEPPE LA ROCCA di Trappeto (PA) con la poesia “Sere di maggio”.

Premio Speciale “Un Passo Avanti APS”

Donato da Un Passo Avanti APS di Ascoli Piceno e assegnato alla migliore poesia sulla speranza

TERESA SPERA di Ruvo del Monte (PZ) con la poesia “Vortice”.

Menzioni d’Onore

GIORGIO VALDES di Sestu (CA) con la poesia “Gerusalemme”.

GIUSEPPE MODICA di Modica (RG) con la poesia “Asmodeo alla Genesi III”.

ROMUALDO GUIDA di Vallo della Lucania (SA) con la poesia “Insieme a Te, camminerò”.

SANTI FRANCESCO CARDELLA di Palermo con la poesia “L’universo è amore”.


SEZIONE E – POESIA D’AMORE

Premi da podio

1° Premio Assoluto

LUISA DI FRANCESCO di Taranto con la poesia “Quando anche i cieli tremano”.

2° Premio Assoluto

CARLO MOLINARI di Conegliano (TV) con la poesia “Inevitabile”.

3° Premio Assoluto

MARINELLA ACCIARRI di San Benedetto del Tronto (AP) con la poesia “Forse era te che cercavo”.

Premi Speciali

Premio Speciale “Arte per Amore”

Donato dall’Associazione Arte per Amore di Seravezza (LU) e assegnato alla migliore poesia a tema amoroso

DANIELE PARISI di Torino con la poesia “Edera selvaggia”.

Premio Speciale “L’oceano nell’anima”

Donato dall’Associazione L’Oceano nell’anima di Bari e assegnato alla migliore poesia “sui sentieri emozionali”

TIZIANA MONARI di Prato con la poesia “Un solco d’azzurro (dedicata)”.

Menzioni d’Onore

ERIKA SIGNORATO di Verona con la poesia “Cadenza sospesa”.

GIANLUCA REGONDI di Milano con la poesia “Non so se mi ricorderai”.

GIULIA ZOPPELLI di Torino con la poesia “Dell’amore al contrario”.

LORENZO PAPETTI di Alatri (FR) con la poesia “Oggi come ieri”.

MANUELA MAGI di Tolentino (MC) con la poesia “Era amore”.

NUNZIO BUONO di Casorate Primo (PV) con la poesia “Novembre”.

SABRINA TONIN di Tombolo (PD) con la poesia “Volo notturno”.


SEZIONE F – PROSA POETICA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

VERDIANA MAGGIORELLI di Vigolzone (PC) con l’opera “Disfare l’universo”.

2° Premio Assoluto

FRANCESCA MAZZONI di Ravenna con l’opera “Orme familiari”.

3° Premio Assoluto

ROBERTO PIERUCCI di Perugia con l’opera “Caffè”.

Menzioni d’Onore

NICOLETTA BERLIRI di Roma con l’opera “Lago Albano”.

VINCENZO MARANGHINO di Matera con l’opera “L’ultimo villaggio”.


SEZIONE G – LIBRO EDITO DI POESIA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

LORETTA MENEGON di Montebelluna (TV) con il libro Lettere dall’ignoto, Piazza Editore, Silea, 2015.

2° Premio Assoluto

LUISA TRIMARCHI di Brescia con il libro Versi della dimenticanza, Transeuropa, Massa, 2020.

3° Premio Assoluto

RITA GRECO di Mesagne (BR) con il libro La gioia delle incompiute, Ladolfi Editore, Borgomanero, 2021.

Premi speciali

Premio Speciale del Presidente di Giuria

FRANCA CANAPINI di Arezzo con il libro Semi nudi, puntoacapo, Pasturana, 2021.

Premio Speciale della Critica

MARINO MONTI di Forlì (FC) con il libro La vôs de’ vent. Poesie in dialetto romagnolo, La Mandragola, Imola, 2017.

Premio Speciale “Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno”

Donato da Un Passo Avanti APS di Ascoli Piceno

FLAVIA NOVELLI di Roma con il libro Vennero i giorni, Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2017.

Menzioni d’onore

ANTONELLA MALVESTITI di Sant’Elpidio a Mare (FM) con il libro Sento, Italic Pequod, Ancona, 2019.

CAMILLA ZIGLIA di Brescia con il libro Rivelazioni d’acqua, puntoacapo, Pasturana, 2021.

CHIARA ALBANESE di Genova con il libro Il cormorano Bryan, puntoacapo, Pasturana, 2020.

GIANNI PALLARO di Piazzola sul Brenta (PD) con il libro Biglietto di sola andata, Liberodiscrivere Edizioni, Genova, 2021.

PHILIPPE BRIFFAUT di Loreto (AN) con il libro Il monarca zoppo / Le monarque boiteux, Aletti, Villanova di Guidonia, 2021.

SIMONA GIORGI di Sarzana (SP) con il libro Ho incontrato un elefante, Agorà & Co., Lugano, 2021.

SIMONE MAGLI di Pistoia con il libro L’ultimo ermetico, puntoacapo, Pasturana, 2021.


SEZIONE H – HAIKU

Premio da podio

1° Premio Assoluto

CARLA BARIFFI di Bellano (LC) con lo haiku “Accendo il fuoco. / Piove – ascolto il battito / dentro la fiamma.

2° Premio Ex Aequo

PAOLA ERCOLE di Roma con lo haiku “prega nel chiostro / al sorgere del sole- / un saio bianco”.

2° Premio Ex Aequo

CARMELA MARINO di Roma con lo haiku “le prime gemme- / una donna accarezza / il suo pancione”.

3° Premio Assoluto

ANTONELLA SEIDITA di Palermo con lo haiku “Soffio d’autunno/ Tramonta dietro un sogno / un’altra luna”.

Menzioni d’Onore

ANGELA CAVIGLIA di Arenzano (GE) con lo haiku “profuma l’iris / ciangottano i colombi / – solitudine”.

MARIA TERESA PIRAS di Serrenti (SU) con lo haiku “pioggia di maggio – / profumano di erba / le scarpe nuove”.

MARINA FILIPUTTI di Thiene (VI) con lo haiku “Matura l’uva / seduto tra i filari / invecchia l’uomo”.

MIRELLA ARBUGHI di Copiano (PV) con lo haiku “Piove a dirotto – / musica nel silenzio / della montagna”.

UGO MAUTHE di Torino con lo haiku “mese di pioggia / su vetri d’acquerello / scorre novembre”.


SEZIONE I – VIDEOPOESIA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

VALERIO DI PAOLO di Scafa (PE) con la videopoesia “La casa”.

2° Premio Assoluto

ANTONINO TAVERNITI di Limbadi (VV) con la videopoesia “L’eco del silenzio – In memoria delle vittime del COVID-19”.

3° Premio Assoluto

MARIA GRAZIA FRANCESCHETTI di Rovigo con la videopoesia “Ballata per Agitu Ideo Gudeta”.

Menzioni d’Onore

ALBERTO BARONI di Viadana (MN) con la videopoesia “Il peso delle rondini”.

MARGHERITA FLORE SATTA di Atzara (NU) con la videopoesia “Futuro”.

MARIASERENA BUCCA di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) con la videopoesia “Fiore di pesco”.


SEZIONE L – SPERIMENTAZIONI POETICHE

Premi da podio

1° Premio Assoluto

VALERIO CASTRIGNANO di Monopoli (BA) con l’opera “Lockdown”.

[sotto-sezione: poesia dinanimista].

2° Premio Assoluto

GABRIELLA PACI di Arezzo con l’opera “Distanza”.

[sotto-sezione: corto poesia].

3° Premio Assoluto

ROSARIA LO BONO di Termini Imerese (PA) con l’opera “Senilità”.

[sotto-sezione: corto poesia].

Menzioni d’Onore

ANGELA BONO di Catania con l’opera “Precarietà” [sotto-sezione: corto poesia].

CHIARA FINOCCHIARO di Isera (TN) con l’opera “Sfogliarsi” e MARIA CHIARA DE PASQUALE di Rovereto (TN) con l’opera “Novembre” [sotto-sezione: dittico poetico].

GRAZIA DOTTORE di Messina con l’opera “Violenze” [sotto-sezione: corto poesia].

MARCO BAGNASCO di Carrù (CN) con l’opera “Nei tuoi panni” [sotto-sezione: corto poesia].

PATRIZIA CAVALLONE di Salerno con l’opera “Solitudine” [sotto-sezione: corto poesia].


SEZIONE M – CRITICA POETICA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

FILOMENA GAGLIARDI di Colli del Tronto (AP) con la recensione al libro Panorama dei lumi (puntoacapo, Pasturana, 2021) di Gianni Marcantoni.

2° Premio Assoluto

ISABELLA MICHELA AFFINITO di Fiuggi (FR) con la recensione al libro Cielo alla finestra (Genesi, Torino, 2011) di Gianni Rescigno.

3° Premio Assoluto

EMANUELA DALLA LIBERA di Suvereto (LI) con la recensione al libro Anatomia del vuoto (La Vita Felice, Milano, 2019) di Marco Onofrio.


SEZIONE N – PREFAZIONE DI LIBRO DI POESIA

Premi da podio

1° Premio Assoluto

ANGELA AMBROSINI di Perugia con la prefazione al libro: Franca Donà, La verità degli anni, Kanaga Edizioni, 2021.

2° Premio Assoluto

FRANCESCA FAVARO di Padova con la prefazione al libro: William Blake, I Canti dell’esperienza, Poliniani Editore, Gallese, 2020.

3° Premio Assoluto

CARMELO CONSOLI di Firenze con la prefazione al libro: Ermellino Mazzoleni, Così è. Colloquio con Dio, Helicon, Arezzo, 2018.


SEZIONE O – LIBRO EDITO DI SAGGISTICA SULLA POESIA

Premio Speciale

Premio Speciale “Vittoriano Esposito”

Donato dal Centro Culturale “Vittoriano Esposito” di Avezzano (AQ)

EZIO SETTEMBRI di Macerata con il libro Il mito ritrovato. La poesia di Umberto Piersanti, Industria & Letteratura, Massa, 2021.


PREMI SPECIALI – FUORI CONCORSO

PREMIO ALLA CULTURA – ANNA MANNA di Roma

[Decisione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS con nota di verbale n°01/2022 del 26/02/2022. Con il Patrocinio Morale del Comune di Gaeta (Prot. 0059504-10/12/2021), della Città Metropolitana di Roma (Lettera del 25/01/2022) e della Provincia di Latina (Prot. 6894 del 24/02/2022)].

PREMIO ALLA CARRIERA – GUIDO OLDANI di Milano

[Decisione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS con nota di verbale n°01/2022 del 26/02/2022. Con il Patrocinio Morale del Comune di Melegnano (Lettera del 25/01/2022)].

PREMIO ALLA MEMORIA – VENIERO SCARSELLI (Firenze, 1931 – Pratovecchio Stia, AR, 2015)

[Decisione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS con nota di verbale n°01/2022 del 26/02/2022. Con il Patrocinio Morale del Comune di Firenze (Prot. 2022/ del 19/01/2022), della Città Metropolitana di Firenze (Prot. 0003526/2022 del 26/01/2022) e della Provincia di Arezzo (PEC del 15/01/2022)].

PREMIO ALLE MEMORIA – DOMENICO CARRARA (Atripalda, AV, 1987 – Bienno, BS, 2021)

[Decisione del Consiglio Direttivo di Euterpe APS con nota di verbale n°01/2022 del 26/02/2022. Con il Patrocinio Morale dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” (Prot. 21/02/2022 – 00188895 – UNINA FED II dal Rettorato Tit. I-14)].

* * *

CONSISTENZA DEI PREMI

Come da bando si rammenta che i premi consisteranno in:

1° Premio: targa placcata in oro 24 kt, diploma, motivazione della giuria e tessera socio ordinario Euterpe APS anno 2022. Ai primi vincitori delle sezioni A, B, C, D ed E verrà inoltre offerto un contratto di pubblicazione gratuito per un volume di poesie da parte della casa editrice Ivvi Editore – Nuovi autori del Gruppo Solone s.r.l. i cui dettagli saranno contenuti nel contratto che verrà consegnato assieme al premio;

2° e 3° Premio: targa, diploma e motivazione della giuria;

Premi Speciali: targa, diploma e motivazione della giuria;

Menzione d’Onore: medaglia e diploma;

In linea con le disposizioni dell’art. 14 del bando di concorso si rammenta che, a suo insindacabile giudizio e in forma completamente indipendente dalle decisioni della Giuria, “La casa editrice Ivvi Editore ha facoltà di attribuire un ulteriore contratto per una pubblicazione gratuita, a sua insindacabile scelta, a una delle opere da podio delle sezioni A, B, C, D ed E”.

*    *    *

Premi Speciali (Fuori Concorso) “Alla Cultura” e “Alla Carriera”: targa placcata in oro 24 kt, diploma, motivazione della giuria e nomina Socio Onorario Euterpe APS. L’accoglienza, inoltre, prevede la copertura dei costi per la cena conviviale, il pernottamento della sera della premiazione e la colazione per il giorno successivo per il premiato e un accompagnatore.

Premi Speciali (Fuori Concorso) “Alla Memoria”: targa, diploma e motivazione della giuria.

Tutti i premiati riceveranno, a titolo gratuito una copia dell’antologia contenente le opere premiate.

CERIMONIA DI PREMIAZIONE

La cerimonia di premiazione, salvo ulteriori modifiche e comunicazioni successive, si terrà a Senigallia (AN) il 15 maggio 2022 presso l’Auditorium San Rocco. In relazione ai protocolli sanitari che saranno vigenti in quella data verrà inviata una seconda mail a tutti i premiati contenente le indicazioni specifiche per l’accesso alla Sala.

In linea con l’art. 15 del bando di partecipazione viene rammentato che i premiati sono tenuti a presenziare alla cerimonia per ritirare il premio; qualora non possano intervenire hanno facoltà di inviare un delegato. In questo caso, la delega va annunciata a mezzo mail, all’attenzione del Presidente del Premio quindici giorni prima dalla cerimonia di premiazione all’indirizzo presidente.euterpe@gmail.com Non sarà possibile delegare membri della Giuria e familiari diretti degli stessi. Un delegato non potrà avere più di due deleghe da altrettanti autori vincitori assenti. Non verranno considerate le deleghe annunciate in via informale a mezzo messaggistica privata di Social Networks né per via telefonica.

I premi non ritirati personalmente né per delega potranno essere spediti a domicilio unicamente mediante Corriere TNT a un indirizzo sul solo territorio nazionale, previo pagamento delle relative spese di spedizione a carico dell’interessato. In nessuna maniera si spedirà in contrassegno.

Nel caso in cui per motivi di forza maggiore la cerimonia di premiazione non potrà tenersi in presenza, l’organizzazione, a sua unica discrezione, ha la facoltà d’individuare, qualora lo ritenga opportuno, altre modalità quali quella “a distanza” su piattaforma digitale.

ANTOLOGIA

Secondo quanto previsto all’art. 13 del bando di partecipazione, tutte le opere risultate vincitrici a vario titolo verranno pubblicate nell’antologia del Premio, disponibile gratuitamente il giorno della premiazione (per le sezioni G e O l’organizzazione provvederà a selezionare a sua unica discrezione dei brani dai volumi), volume senza codice ISBN e non in commercio, pubblicato a cura di Euterpe APS di Jesi (AN), che verrà donato a ciascun premiato durante la premiazione. Come avvenuto per le edizioni precedenti, ulteriori copie del volume verranno donate e depositate in varie biblioteche comunali, provinciali, regionali, nazionali e universitarie del territorio nazionale.

I premiati della sezione O (videopoesia) sono tenuti a inviare il testo della loro poesia in formato Word a premiodipoesialarteinversi@gmail.com affinché possa essere pubblicato in antologia.

Il volume conterrà altresì una selezione di liriche dei Premi Speciali “Alla Carriera”, “Alla Cultura” e “Alla Memoria” accompagnati da relativi profili bio-bibliografici e tutte le motivazioni stilate dalla Commissione di Giuria.

ULTIME

Il presente verbale, costituito da nr. 14 (QUATTORDICI) pagine numerate e integrato di ulteriori nr. 3 (TRE) pagine a seguire contenenti l’Albo d’oro dei vincitori del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, sarà pubblicato sui siti www.associazioneeuterpe.comwww.concorsiletterari.comwww.blogletteratura.comwww.literary.it e dato a conoscere mediante stampa locale e nazionale cartacea e digitale.

La presente comunicazione ha valore di notifica a tutti gli effetti.

Letto, firmato e sottoscritto

Jesi, 11/03/2022

Lorenzo Spurio – Presidente del Premio / Presidente Euterpe APS

Stefano Vignaroli – Segretario Euterpe APS

Michela Zanarella – Presidente di Giuria


Albo d’oro dei Premiati al Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”

Ideato, fondato e presieduto da Lorenzo Spurio

Organizzato da Euterpe APS di Jesi (AN)

I EDIZIONE (2012)

La Giuria non ha provveduto a individuare una graduatoria da podio ma ha selezionato una rosa di testi poetici che sono stati pubblicati nell’antologia.

II EDIZIONE (2013)

La Giuria non ha provveduto a individuare una graduatoria da podio ma ha selezionato una rosa di testi poetici che sono stati pubblicati nell’antologia.

III EDIZIONE (2014)

1° Premio Poesia Italiana – ANNA BARZAGHI di Seveso (MB)

1° Premio Poesia Dialetto – LUCIANO GENTILETTI di Rocca Priora (RM)

Premio alla Carriera – SANDRA CARRESI di Bagno a Ripoli (FI)

IV EDIZIONE (2015)

1° Premio Poesia Italiana – ALDO TEI di Latina

1° Premio Poesia Dialetto – GAETANO CATALANI di Ardore (RC)

Premio Speciale del Presidente di Giuria – FRANCO PATONICO di Senigallia (AN)

Trofeo “Euterpe” – GABRIELE GALDELLI di Castelbellino (AN)

Premio alla Carriera – MARISA PROVENZANO di Catanzaro

Premio alla Memoria – NOVELLA TORREGIANI (1935-2015) di Porto Recanati (MC)

Premio alla Memoria – BRUNO EPIFANI (1935-1984) di Novoli (LE)

V EDIZIONE (2016)

1° Premio Poesia Italiana – LUCIA BONANNI di Scarperia/S. Piero a Sieve (FI)

1° Premio Poesia Dialetto – LUCA TALEVI di Ancona

1° Premio Haiku – NUNZIO INDUSTRIA di Napoli

Premio Speciale del Presidente di Giuria – ASSUNTA DE MAGLIE di Cingoli (MC)

Trofeo “Euterpe” – SABRINA VALENTINI di Jesi (AN)

Premio alla Carriera – DONATELLA BISUTTI di Milano

Premio alla Memoria – GIUSI VERBARO (1938-2015) di Catanzaro

Premio alla Memoria – PASQUALE SCARPITTI (1923-1973) di Castel di Sangro (AQ)

VI EDIZIONE (2017)

1° Premio Poesia Italiana – VALERIA D’AMICO di Foggia

1° Premio Poesia Dialetto – LUCIANO GENTILETTI di Rocca Priora (RM)

1° Premio Haiku – EUGENIA GRIFFO di Settimo Milanese (MI)

1° Premio Critica poetica – LUCIA BONANNI di Scarperia/S. Piero a Sieve (FI)

Premio Speciale del Presidente di Giuria – RITA MUSCARDIN di Savona

“Trofeo Euterpe” – ANGELO CANINO di Acri (CS)

Premio alla Carriera – DANTE MAFFIA di Roseto Capo Spulico (CS)

Premo alla Memoria – ALESSANDRO MIANO (Noto, 1920 – Milano, 1994)

Premio alla Memoria – MARIA COSTA (Messina, 1926-2016).

VII EDIZIONE (2018)

1° Premio Poesia Italiana – ANTONIO DAMIANO di Latina

1° Premio Poesia Dialetto / Lingua straniera: VALERIA D’AMICO di Foggia

1° Premio Haiku: ALBERTO BARONI di Viadana (MT)

1° Premio Libro edito di poesia: GIANFRANCO ISETTA di Castelnuovo Scrivia (AL)

1° Premio Video-poesia: ROSY GALLACE di Rescaldina (MI)

1° Premio Critica letteraria: CARMELO CONSOLI di Firenze

1° Premio Prefazione di libro di poesia: FABIA BALDI di Piombino (LI)

Premio Speciale del Presidente di Giuria – SARA FRANCUCCI di Cingoli (MC)

“Trofeo Euterpe” – MARIO DE ROSA di Morano Calabro (CS)

Premio alla Carriera – ANNA SANTOLIQUIDO di Bari

Premio alla Memoria – GIAN MARIO MAULO (Montecosaro, 1943 – Macerata, 2014)

Premio alla Memoria – AMERIGO IANNACONE (Venafro, 1950-2017)

VIII EDIZIONE (2019)

1° Premio Poesia Italiana – DAVIDE ROCCO COLACRAI di Terranuova Bracciolini (AR)

1° Premio Poesia Dialetto – ELANA MANEO di Mestre (VE)

1° Premio Poesia in lingua straniera – LUCA CIPOLLA di Cesano Boscone (MI)

1° Premio Libro edito di poesia – MARISA COSSU di Taranto

1° Premio Haiku – NAZARENA RAMPINI di Pogliano Milanese (MI)

1° Premio Videopoesia – NUNZIO BUONO di Rovello Porro (PV)

1° Premio Critica letteraria – GRAZIELLA ENNA di Oristano

Premio Speciale Presidente di Giuria – EVARISTO SEGHETTA ANDREOLI di Montegabbione (TR)

“Trofeo Euterpe” – VELIA BALDUCCI di Ancona

Premio alla Cultura – ROSANNA DI IORIO di Chieti

Premio alla Carriera – MARCÍA THEÓPHILO di Fortaleza (Brasile)

Premio alla Memoria – MARIA ERMEGILDA FUXA (Alia, PA, 1913-2004)

Premio alla Memoria – SALVATORE TOMA (Maglie, LE 1951-1987)

Premio alla Memoria – SILVIO BELLEZZA (Lanzo Torinese, TO, 1941-2000)

IX EDIZIONE (2020)

1° Premio Poesia Italiana – MAURO CORONA di Roma

1° Premio Poesia Dialetto – LORENZO SCARPONI di Igea Marina (RN)

1° Premio Poesia in Lingua straniera – VALERIA D’AMICO di Foggia

1° Premio Poesia religiosa – GIAN PIERO STEFANONI di Roma

1° Premio Prosa poetica – ANNA MARIA FERRARI di Cagliari

1° Premio Libro edito di poesia – LORENZO POGGI di Roma

1° Premio Haiku – ENZA PEZZIMENTI di Gioia Tauro (RC)

1° Premio Videopoesia PAOLO ZANELLI di Finale Ligure (SV)

1° Premio Critica letteraria – FRANCESCA FAVARO di Padova

Premio Speciale del Presidente del Premio – ANNALENA CIMINO di Anacapri (NA)

Premio Speciale del Presidente di Giuria – IRMA KURTI di Bergamo

“Trofeo Euterpe” – AA.VV., Antologia “Tredici. I poeti del Bandino” (2019)

Premio alla Cultura – FRANCESCA LUZZIO di Palermo

Premio alla Carriera – MATTEO BONSANTE di Polignano a Mare (BA)

Premio alla Memoria – BIAGIA MARNITI (Ruvo di Puglia, BA, 1921 – Roma, 2006)

Premio alla Memoria – SIMONE CATTANEO (Saronno, VA, 1974-2009)

X EDIZIONE (2021)

1° Premio Poesia Italiana – ELISABETTA LIBERATORE di Pratola Peligna (AQ)

1° Premio Poesia Dialetto – DANIELA GREGORINI di Ponte Sasso di Fano (PU)

1° Premio Poesia in lingua straniera – IRMA KURTI di Bergamo

1° Premio Poesia religiosa – FRANCO CASADEI di Cesena (FC)

1° Premio Poesia d’amore – LUISA DI FRANCESCO di Taranto

1° Premio Prosa poetica – VERDIANA MAGGIORELLI di Vigolzone (PC)

1° Premio Libro edito di poesia – LORETTA MENEGON di Montebelluna (TV)

1° Premio Haiku – CARLA BARIFFI di Bellano (LC)

1° Premio Videopoesia – VALERIO DI PAOLO di Scafa (PE)

1° Premio Sperimentazioni poetiche e nuovi linguaggi – VALERIO CASTRIGNANO di Monopoli (BA)

1° Premio Critica letteraria – FILOMENA GAGLIARDI di Colli del Tronto (AP)

1° Premio Prefazione di libro di poesia – ANGELA AMBROSINI di Perugia

1° Premio Libro edito di saggistica sulla poesia – EZIO SETTEMBRI di Macerata

Premio Speciale del Presidente del Premio – GIUSEPPE LA ROCCA di Palermo

Premio Speciale del Presidente di Giuria – FRANCA CANAPINI di Arezzo

“Trofeo Euterpe” – ALFONSO OTTOBRE di Roma

Premio alla Cultura – ANNA MANNA di Roma

Premio alla Carriera – GUIDO OLDANI di Milano

Premio alla Memoria – VENIERO SCARSELLI (Firenze, 1931 – Pratovecchio Stia, AR, 2015)

Premio alla Memoria – DOMENICO CARRARA (Atripalda, AV, 1987 – Bienno, BS, 2021)


[1] Altre richieste di patrocinio morale risultano attualmente in fase istruttoria.

“I versi e le parole” di Giuseppe Pappalardo, recensione di Gabriella Maggio

Recensione di GABRIELLA MAGGIO

La vita umana è breve e fuggitiva dice Giuseppe Pappalardo in questa sua recentissima opera I versi e le parole, edita da Edizioni Thule di Palermo. Versi raffinati, ricchi di echi della tradizione latina e italiana, Orazio (Eheu  fugaces , Postume, Postume,/labuntur anni- Odi II,14) e Petrarca (La vita fugge e non s’arresta un’ora, Canzoniere, CCLXXII) fra tutti. Ma anche denso di altre risonanze come quella della lunga tradizione poetica intorno alla rosa, rielaborata da Pappalardo in simbolo della caducità di ogni cosa umana (Schiusa si è / da qualche settimana, presto sarà dei petali spogliata…è l’inclemente legge primordiale / che spegne le illusioni degli umani, / è la crudele vita e dolorosa).

L’usuale registro dialettale che sino ad oggi ha connotato la produzione poetica di Giuseppe  Pappalardo cede in questa raccolta  all’uso  della lingua italiana, quella della tradizione poetica fatta di endecasillabi e settenari. Il poeta esprime nel mutato linguaggio la volontà d’innalzare il canto dall’intimo colloquio dei sentimenti privati a quello più universale e impegnativo che aspira a fare il bilancio di una vita e di tutte le vite umane nello stesso tempo.

Accanto ai temi propriamente lirici si affiancano quello della natura, come sfondo e paesaggio che suscita la poesia e della religione che acquieta e dà speranza, anche se il poeta teme l’orrendo vuoto del silenzio di Dio. I versi e le parole contengono tanta nostalgia della giovinezza trascorsa, della pienezza della vita che nel tempo si perde: Scrivimi, amore dolce, quando canti/ ed accompagni la tua voce al piano, / lega la busta all’ala di un gabbiano / che voli tra le nuvole e i rimpianti….Libererò il cuore prigioniero / dai miei silenzi vuoti di poesia; / risponderò, struggente nostalgia, / e il vento sarà  il nostro messaggero. Ma accanto alla nostalgia c’è una punta di speranza: Apparirà l’azzurro / dopo l’arcobaleno. / Tornerà la ghiandaia / e nel cuore il sereno. E nel cuore sereno rinasce la poesia consolatrice anche nel momento del commiato dalla vita che il poeta sente avvicinarsi: Mi hai fatto compagnia / nell’angusta prigione della vita, / hai messo l’ali della fantasia / all’anima che si era ammutolita… Indugia Giuseppe Pappalardo sulla poesia in apertura e in chiusura della raccolta. Sia I versi e le parole, da cui il titolo, sia Alla poesia, testo conclusivo della prima sezione, rivelano la centralità della riflessione sul poetare, ragione di vita, canto, melodia che precede e cerca la parola che vi si armonizzi. Sincero è il sentimento di Giuseppe Pappalardo e sicuri i suoi mezzi espressivi e stilistici anche nella seconda parte della raccolta Versi brevi che ha un marcato accento gnomico, nato dall’esperienza. Non manca anche in questa sezione un accenno alla poesia: È d’oro il Paradiso / e leggiadria di fiori e di candore, / la poesia.  Davvero alma poësis.

 GABRIELLA MAGGIO

L’autore del presente testo acconsente alla pubblicazione su questo spazio senza nulla pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. Il curatore del blog è sollevato da qualsiasi pretesa o problematica possa nascere in relazione ai contenuti del testo e a eventuali riproduzioni e diffusioni non autorizzate, ricadendo sull’autore dello stesso ciascun tipo di responsabilità.

“Boghes / Voci” di Stefano Baldinu (poesie nelle lingue sarde), recensione di Lorenzo Spurio

Recensione di Lorenzo Spurio

La soluzione è in qualche stanza chiusa a chiave

nella tua mente.[1] (95)

La nuova opera poetica di Stefano Baldinu, recentemente uscita, porta il titolo di Boghes / Voci ed è stata pubblicata per i tipi di Puntoacapo di Pasturana (AL). Essa segue una densa attività letteraria di Baldinu che, oltre ad averlo visto vincere numerosi e prestigiosi premi su tutto il territorio nazionale, ha fruttato, in termini di pubblicazioni in volume quattro libri (Sardegna, 2010; Scorci Piemontesi, 2012; Genova per me, 2013 e Le creazioni amorose di un apprendista di bottega, 2017) e altre plaquette ottenute quali “dignità di stampa” in competizioni letterarie vinte. La particolarità di quest’opera, come ben evidenzia il titolo, è quella di raccogliere per la prima volta gran parte della produzione vernacolare in sardo di Baldinu.

La simpatica e avvincente prefazione di Laura Vargiu, altra poetessa sarda di grande interesse, ben assolve alla funzione di “apri pista” di questo corposo volume nel quale subito viene detto della grande varietà – tanto in termini semantici, fonetici e grafici – delle lingue caratteristiche della Sardegna. Baldinu, partendo dall’assunto condivisibile della non familiarità dell’italiano comune con parlate vernacolari così distanti e impermeabili rispetto a quelle dell’Italia peninsulare, ha reputato utile inserire in apertura degli apparati che facilitano il percorso di lettura al fruitore rendendoglielo ben più gradevole e al contempo formativo.

Nelle note tecniche (alle quali rimando per maggior esaustività) elaborate da Baldinu sulla scorta di studi pluriennali oltre che di una vocazione possente mai venuta meno verso il traslato linguistico in altri codici che appartengono alla sua terra ancestrale, si dà di conto dei principali gruppi linguistici o isoglosse che attraversano la favolosa terra dei Quattro mori. Baldinu le rammenta talora come “parlate” tal altra come “macro varianti”; esse sono: il logudorese (della regione del Logudoro e di cui fanno parte il logudorese settentrionale e quello centrale o comune), il campidanese (parlato nella zona centro-meridionale dell’isola, con le sue numerose varianti oristanese, ogliastrino o barbaricino orientale, barbaricino centrale e quello meridionale, il sarrabese, il campidanese occidentale, il cagliaritano e il sulcitano), il turritano o sassarese con la sua variante castellanese; il gallurese (parlato nella zona nord-occidentale noto anche come corso meridionale); l’algherese (una variante del catalano); il tabarchino (parlato in alcune isole minori del Sulcis). Insomma, un caleidoscopio misto di lingue che in molti casi non hanno particolari comunanze e forme similari nei loro dizionari. Baldinu fornisce anche indicazioni su una corretta pronuncia delle varie parole in sardo e poi il volume si apre nella sua forma bipartita e “a specchio” di testo in lingua sarda (in uno dei dialetti menzionati) e la relativa traduzione italiana che per la gran parte dei non autoctoni risulta necessaria, quando non addirittura obbligata.

Le Voci che si dispiegano nel corso del volume sono quelle che Baldinu rievoca nella mente di una memoria familiare e ambientale alla quale è ancora particolarmente legato, ma anche i discorsi della contemporaneità con le sue difficoltà, idiosincrasie, devianze e patologie sociali. Insomma, una raccolta che recupera la tradizione ma che si staglia verso l’attualità dei giorni che ci fa tutti fratelli e che ci impone spesso una riflessione attenta sulla destinazione dell’uomo, sul senso delle scelte, sulla gravità dei comportamenti e l’obbligo di responsabilità.

Il volume si articola in una breve Overture (Abbertura) e quattro sezioni prive di titolo anticipate dalla numerazione romana e da alcuni versi in epigrafe di altrettanti poeti sardi e si chiude col componimento di coda Il senso del nostro silenzio (Su sensu de sa mudesa nosta). Come osservato in una nota a mezzo stampa che ha dato a conoscere il nuovo volume “Tale struttura è stata così creata a immagine di un’opera di musica classica (ne è testimonianza l’indicazione di una overture e di una conclusione) e fornire al lettore un’immagine di struttura polifonica dell’opera rimarcata dall’utilizzo di più registri linguistici”.

Le tematiche investigate nel volume, nelle trentanove composizioni che lo formano, sono variegate ma alcune sembrano identificarsi in maniera molto netta, anche per la loro felice ricorrenza: la tradizione e la famiglia, il passato e la memoria che riaffiora, la nostalgia, ma anche l’attenzione verso il sociale, la precarietà dell’uomo, la vulnerabilità del genere umano indebolito e sopraffatto da patologie pervasive e invalidanti di varia natura, la pietas verso il sentimento collettivo, la volontà di comprensione degli accadimenti, l’introspezione, il colloquio con l’interiorità, la perlustrazione di questioni intestine alla natura transeunte dell’uomo. I limiti e la finitezza, il pensiero della morte, il tema del cambiamento e dell’insicurezza: Baldinu rasenta un’amplissima campionatura di tematiche, simboli e allegorie per mezzo di una poetica puntuale e rigorosa, che non si mostra recalcitrante nei confronti di una semantica parca e raramente inusuale, puntando sempre all’essenzialità delle immagini colte nei curiosi correlativi, nelle concatenazioni immaginifiche di sentimenti e piani emozionali che tessono una fitta trama.

Alcuni versi estratti dalle opere sembrano a questo punto necessari (citerò in lingua italiana e in nota il testo originale in dialetto con indicazione della variante impiegata): in “Dietro ad ogni parola” al termine della prima stanza leggiamo “E il sogno era più una colonna sonora d’attese / da comporre che un respiro di grafite / appena accennato fra le righe dei silenzi[2] (33).

Senz’altro da citare, per la grande forza espressiva e il sentimento di vicinanza dinanzi a una condizione patologica per chi la vive e di difficoltà gestionale per chi attornia la persona è quella dedicata a tutti i ragazzi autistici dove si legge: “È il riso della gente che non sa e coniuga / parole intraducibili a far naufragare / ogni respiro, rompere l’equilibrio sottile / di questo mio sogno di diventare adulto[3] (47). Baldinu in pochi versi parla con garbo dell’indifferenza e del pregiudizio, ma anche della difficoltà d’inclusione, dell’incomprensione del mondo e della vita che, nonostante tutto, va avanti segnata dalle sue sacche di dolore. Si associa a questo atteggiamento, teso a sondare con incisività e grande rispetto la sofferenza di intere famiglie determinata da casi patologici insanabili o degenerativi, anche la lirica “Dentro al silenzio di un altro universo” che, dopo una breve chiosa di Dino Siddi, tratta il tema del morbo d’Alzheimer (“su di un segno incerto a disperdere gli appunti / per un domani e la linea dell’acqua che circumnaviga / il bicchiere sul comodino[4], 83).

In “I crisantemi” l’Autore sembra rapportarsi, nel dialogo introiettivo, con l’alterità poderosa e ineluttabile della morte e nel suo colloquiare tendenzialmente pacificato sembra quasi sopraggiungere a una rassicurazione istintiva: “A volte i morti sono lucciole miti, / piccole galassie nell’universo infinito, / brandelli di brina sui pallidi fiori lunari. // Talvolta i crisantemi sono la voce / della terra e dormono sulle fronti dei morti / come dormono le stelle: / di uno splendido silenzio[5] (55). Tema, questo del trapasso, che viene richiamato anche nella successiva poesia “Gaetana” dove si parla di un abbandono della Terra avvenuto prematuramente: “e intanto la tua ala, in punta di piedi, / era un silenzio che generava altro silenzio, / il pigmento di un girasole adagiato sull’orizzonte / della sua stessa ombra[6] (57).

Com’è tipico di tanta poesia vernacolare anche in Baldinu vi sono molti versi – di chiara rilevanza per l’autore, ricchi di immagini, così intimi e significativi per il suo tracciato umano – che attengono al recupero della memoria familiare, alla trattazione delle vestigia, seppur per pillole, ancestrali del proprio ceppo familiare. È il caso – in particolare – di “Ricordi di nonno” dedicata all’avo Giomaria Baldino noto come “Billa” nella quale l’affettuoso nipote così annota la figura dell’uomo: “il mistero di una vita fra la polvere / e il verderame che ti colorava il vestito come ad un Arlecchino / […] / Il tempo non passava mai come / un cielo capriccioso che non vuole diventare stellato[7] (61-63). Appartengono a questo filone di poesie familiari anche “Sul mare dell’eterno” dedicata allo zio Antonio Baldino inaugurata da una citazione di Vincenzo Pisanu che recita “Quando non ci sarò più, non piangete per me…” ad intendere il percorso dell’uomo andato che va ricordato e non pianto, celebrato lietamente nella memoria e non fatto oggetto di disperazione. C’è poi una poesia che Baldinu ha voluto dedicare all’amato padre (colui che più di tutti gli ha trasmesso l’amore per la sua terra, i suoi costumi e le sue lingue), “Al di là della gioia”, nella quale tenta un confronto serrato, intessuto su un atteggiamento di raffronto e specularità con il genitore: “Da tempo ho bisogno di parlarti, / di precipitarti nell’incavo dell’anima / con l’urgenza di una pagina bianca / da riempire per scoprire quanto tutto di te mi assomiglia[8] (111).

Uno sguardo sul difficile e provato mondo della nostra attualità di certo non poteva mancare in un poeta attento e sensibile come Baldinu e ce ne rendiamo subito conto dinanzi alle liriche (solo per citarne alcune) “A pelo d’acqua” dedicata agli infanti morti in mare in qualche traversata con i loro genitori alla ricerca dell’agognato quanto mendace Eldorado costituito dall’Europa; “L’eternità della sua assenza” riferita, invece, alla condizione dei clochard vittime dell’indifferenza generale e spesso anche di violenza gratuita; il lungo componimento “Il suo non amore mi lascia senza parole” in cui è contenuto un messaggio di sdegno, riprovazione e rifiuto della logica patriarcale, di denuncia alla violenza di genere. Qui, in particolare, leggiamo: “di viola all’angolo dell’occhio / […] / la cicatrice sul ventre, cordone ombelicale / di vita abortito / […] un amore malato // […] Ma come osservare questo viso, la sua inesatta duplicazione che si abbandona / sui vetri / […] / fra le screpolature dei miei occhi / […] i contorni di una vita differente // […] assaporare il frumento di un’altra umanità[9] (147). Baldinu affronta anche il dolore di tante madri accomunate da un unico doloroso destino: quello di dover sopportare per tutta la vita la scomparsa dei propri figli. È il caso delle madri di plaza de Mayo che neppure le alte temperature argentine né l’avanzata età fa risparmiare la loro presenza assidua e convinta, disperata, nel reclamare giustizia dinanzi a una barbarie di dimensioni spaventose: “vanno con gli stessi occhi / di uno stesso cielo, con le stesse rughe di uno stesso sole / incontro allo stesso silenzio, alle parole ripetute / sotto la pioggia incessante. // La loro voce è un mare che squarcia e rovescia / i monti / […] / “Dove sono? Dove li avete lasciati cadere? Dove avete spezzato le loro matite?[10] (73). È un dolore pungente, insondabile, reiterato, continuo, che il tempo non ha silenziato né calcificato, non vi è desiderio di vendetta, né vi sono tentativi di autoannullamento. È un dolore lucido, patente, collettivo, accorato. È un dolore sempre attuale e presente, inallontanabile, una sofferenza sovrumana, di una rescissione violenta di una parte dei loro stessi corpi. È un dolore di madre.

Stefano Baldinu, autore del libro

Il libro di Baldinu si presta doppiamente come strumento utile per il possibile fruitore: oltre alla preziosità delle sue liriche, contenenti pensieri, divagazioni, visioni ed esperienze che così esterna a noi tutti, un fittissimo campionario di versi meticolosamente scelti da numerosi poeti della terra di Sardegna, richiamati e citati sia in esergo che in apertura a particolari liriche, rimembrati per la loro opera e lì posti in bella vista, come in un tabernacolo che conserva qualcosa pregiato. Sono frasi nelle quali Baldinu ritrova il senso delle cose, il possibile tracciato dove iscrivere le sue liriche, annodando analogie e richiami tra poeti che risultano curiosi e particolarmente fertili. Ed è così che Boghes / Voci finisce per contemplare, seppur in versione ridotta, anche una minima antologia della poesia sarda contemporanea. Sfilano così tanti nomi (forse poco conosciuti o che poco richiamano ai più) ma che Baldinu ci offre per una riscoperta, studio e un maggiore trattazione. Reputo, pertanto, richiamarne almeno i nomi affinché l’individuazione dei percorsi bio-bibliografici degli stessi, dopo un’eventuale opportuna ricerca, possano consentire approfondimenti utili forieri di scoperte che s’intuisce saranno significative. Li riporto secondo l’ordine cronologico di nascita: Giovanni Camboni (Pattada, 1917 – 1991, dialettale nella variante logudorese), Dino Siddi (Sassari, 1918-2020, dialettale nella variante sassarese), Giulio Cossu (Tempio, 1920-2007, dialettale nella variante gallurese), Aldo Salis (Sassari, 1925, dialettale nella variante sassarese), Faustino Onnis (San Gavino Monreale, 1925, dialettale nella variante campidanese), Ignazio Delogu (Alghero, 1928 – Bari, 2011, dialettale nella variante catalana di Alghero), Giovanni Fiori (Ittiri, 1935, dialettale nella variante sassarese), Francesco Carlini (Vallermosa, 1936, dialettale nella variante campidanese), Antonio Coronzu (Alghero, 1944, dialettale nella variante catalana di Alghero), Enzo Sogos (Alghero, 1958, dialettale nella variante catalana di Alghero)[11].

LORENZO SPURIO

Note: La riproduzione del presente testo, sia in formato integrale che di stralci e su qualsiasi tipo di supporto, non è consentito se non ha ottenuto l’autorizzazione da parte dell’autore. E’ possibile, invece, citare dall’articolo con l’apposizione, in nota, del relativo riferimento di pubblicazione in forma chiara e integrale.


[1]Sa solussione est in calche istantzia cunzada a ciae / in sa mente tua” (94), variante logudorese.

[2]E su sonniu fiat pius una colunna sonora de appittos / dae cumpònnere chi un’àlidu de lapis / a izu atzinnadu tra sas rigas de sos silentzios” (32), variante logudorese.

[3]Est su risittu de sa zente chi non ischit et cuniugat / paraulas chi non si podet traduchere a faghere affundare / donzi respiru, / secare s’echilibriu sùttile / de custu sonniu meu de divènnere mannu” (46), variante nuorese.

[4]subra unu signu intzertu a disperdere sas annotaduras / pro unu cras e sa linea de s’abba chi tzircumnavigat / sa tatza subra su condominu” (82), variante logudorese.

[5]Calchi borta sos mortos sunt culeluches masedos, / budrones de isteddas piccoccas in s’universu infinidu, / chirriolos de chiddighia supra sos pallidos frores de sa luna. // Calchi borta sos crisantemos sunt s’unica boche / de sa terra e dromint supra sa frùntene de sos mortos / comente dromint s’isteddas: / d’un meravillosu silentziu” (54), variante nuorese.

[6]e intantu s’ala tua, in pittu de pe’, / fiat uno silentziu chi at gheneradu s’ateru silentziu, / sa tinta de uno girassole arrimau supra s’orizonte / de sa matessi umbra” (56), variante nuorese.

[7]su misteru de una vida tra sa pìuere / e su birderamen chi ti tinghiat su bestire comente a unu Arlecchinu / […] / Su tempu non passaiat mai comente / unu chelu bettiosu chi non volet diventare isteddau” (60-62), variante nuorese.

[8]Dae tempu apo bisonzu de faeddarti, / de prezipitarti in s’incasciu de s’alma / cun s’apprettu de una pazina bianca / da piènnere pro iscobèrrere cantu tuttu de tue m’assimizza” (110), variante lugodorese.

[9]de viola a s’angulu de s’oju / […] / sa cicatritze subra su bentre, cordone de s’imbligu / […] / un’amore malàidu // […] Ma comente abbaidare custa cara mea, / sa duplicatzione sua impretzisa chi si abbandonat / supra sos bidros / […] / iscorzoladuras de s’ojos / […] / inghirios de una vida differente // […] assaborare su trigu de un’atera umanidade” (146-148), variante logudorese.

[10]andant cun sos matessi ojos / de unu matessi chelu, cun sas matessi pijas de unu matessi sole / contra a su matessi silentziu, a sas peraulas repitidas / sutta sa pio fittiana. // S’insoro boghes sunt unu mare chi isgarrat e bortulat / sos montes, / […] / “Ue sunt? Ue ais los lassados falare? Ue ais segadu s’insoro lapisas?” (72), variante logodurese.

[11] Purtroppo non sono riuscito a recuperare indicazioni precise in merito alle date di nascita e morte e zona di appartenenza di tutti i poeti di cui Baldinu riporta versi nel suo libro. Riporto a continuazione gli altri di cui si difetta di informazioni complete: Antonio Palitta (Pattada, n.d. – 2003), Gavino Finà (Martis, 1920 – Brusaporto, 2019), Faustino Onnis (San Gavino Monreale, 1925), Pietrino Marras (n.d., 1925-1979), Francesco Carlini (Vallermosa, 1936), Vincenzo Pisanu (Uras, 1945), Orlando Biddau (Fiume, 1938 – Bosa, 2014), Maria Paola Gisellu, Pietro Mellino, Fedele Carboni, Cesira Carboni Aru, Angelo Bellinzas, Antonio Manca, Francesco Manconi, Rosalba Martino Farris, Tore Silanos, Anna Fenu, Antonio Spensatello Fais, Gavino Virdis, Giovanna Elies Pecorini, Mario Sechi, Antonio Satta, Giampiero Mura, Antonello Paba.

E’ uscito il bando di partecipazione del X Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”

Art. 1 – ORGANIZZAZIONE

Viene bandita la decima edizione del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, ideato, fondato e presieduto dal poeta e critico letterario Lorenzo Spurio e organizzato dall’Associazione Culturale Euterpe di Jesi.

Art. 2 – PATROCINI MORALI

Il Premio è patrocinato dalla Regione Marche, dall’Assemblea Legislativa della Regione Marche, dalla Provincia di Ancona, dai Comuni di Jesi, Ancona e Senigallia e dall’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.

Art. 3 – PARTNERSHIPS

Il Premio gode del sostegno e della collaborazione esterna (partnership) di alcune enti e associazioni culturali che condividono gli intenti di promozione e diffusione della cultura e le finalità del concorso: Centro Studi “Sara Valesio” di Bologna, Associazione “Le Ragunanze” di Roma, Associazione Siciliana Arte e Scienza (ASAS) di Messina, Associazione “Arte per Amore” di Seravezza (Lucca), Associazione “Oceano nell’anima” di Bari, Associazione “Africa Solidarietà Onlus” di Arcore (Monza-Brianza), Associazione “Il Faro” di Cologna Spiaggia (Teramo), Associazione “Un Passo Avanti” di Ascoli Piceno, AlmanHaiku e Wiki-Poesia.

Art. 4 – REQUISITI FONDAMENTALI

Si può partecipare sia con opere edite che inedite. Qualora l’opera sia edita è necessario indicare nella scheda di partecipazione il riferimento bibliografico completo dove è precedentemente apparsa (titolo opera, casa editrice, luogo e anno di pubblicazione). L’organizzazione è sollevata da qualsiasi problematica, disguido e controversia possa nascere nel caso in cui l’autore presenti la sua opera come inedita quando, in realtà, essa, alla data d’invio della partecipazione al premio, è edita.

Art. 5 – NORME DI ESCLUSIONE

  1. In merito alle opere:
  2. L’opera non deve aver ottenuto un 1° premio assoluto in un precedente concorso al momento dell’invio della propria partecipazione, pena l’esclusione[1].
  3. I vincitori del 1° premio assoluto dell’edizione precedente di codesto Premio (anno 2020) non potranno concorrere nella medesima sezione di riferimento, pena l’esclusione.
  4. Per gli altri casi di esclusione si rimanda all’art. 11 del presente Regolamento.
  5. In merito agli autori:
  6. È fatto divieto partecipare, pena l’esclusione, ai Soci Fondatori, ai Soci Onorari e ai Consiglieri (in carica o passati) dell’Associazione Culturale Euterpe;
  7. È fatto divieto partecipare, pena l’esclusione, ai Presidenti di Giuria attivi o passati del presente premio;
  8. È fatto divieto partecipare, pena l’esclusione, ai Presidenti delle Associazioni partner e agli ideatori, fondatori e teorizzatori delle avanguardie, tendenze poetiche e nuovi stili indicati quali sotto-sezioni all’interno della sezione L (“Sperimentazioni poetiche e nuovi linguaggi”)
  9. È fatto divieto partecipare, pena l’esclusione, ai vincitori di Premi Speciali “Alla Carriera” e “Alla Cultura” in precedenti edizioni del premio.

Art. 6 – MINORENNI

I minorenni partecipano a titolo gratuito. Per la loro iscrizione è necessario che la scheda dati venga firmata in calce da un familiare (indicando tra parentesi il legame di parentela) o da un curatore o chi ne fa le veci. Si rammenta che le opere dei minorenni verranno valutate al pari di quelle degli adulti nelle medesime sezioni di riferimento e che la loro valutazione non avverrà secondo una graduatoria a parte, non essendo dedicata una specifica sezione alla partecipazione di minori e giovanissimi.

Art. 7 – SEZIONI A CONCORSO

Il Premio è articolato in tredici sezioni identificate dalle lettere dell’alfabeto. Il partecipante può prendere parte a una o più sezioni.

SEZ. A – POESIA IN ITALIANO: Si partecipa con un massimo di tre poesie in lingua italiana a tema libero in forma anonima che non devono superare i 40 versi ciascuna (senza conteggiare il titolo, l’eventuale sottotitolo, dedica, spazi bianchi).

SEZ. B – POESIA IN DIALETTO: Si partecipa con un massimo di tre poesie in dialetto a tema libero in forma anonima che non devono superare i 40 versi ciascuna (senza conteggiare il titolo, l’eventuale sottotitolo, dedica, spazi bianchi). Le opere dovranno avere ben indicato il riferimento al tipo di dialetto o di zona nel quale è parlato e si dovrà allegare obbligatoriamente la traduzione dell’opera in lingua italiana. Qualora la traduzione non sia stata eseguita dall’autore è necessario indicare il nome del traduttore.

SEZ. C – POESIA IN LINGUA STRANIERA: Si partecipa con un massimo di tre poesie in lingua straniera a tema libero in forma anonima che non devono superare i 40 versi ciascuna (senza conteggiare il titolo, l’eventuale sottotitolo, dedica, spazi bianchi). Si considerano lingue straniere tutti quegli idiomi vivi caratteristici degli stati nazionali e federali nonché i patois e le lingue minoritarie che contraddistinguono un popolo. Non si accetteranno opere in lingue artificiali o in codici che non hanno un uso reale o non peculiari di una realtà geopolitica concreta riconosciuta dalla comunità internazionale. Le opere dovranno avere ben indicato il riferimento al tipo di lingua o alla zona nella quale è parlato e si dovrà allegare obbligatoriamente la traduzione dell’opera in lingua italiana. Qualora la traduzione non sia stata eseguita dall’autore è necessario indicare il nome del traduttore.

SEZ. D – POESIA RELIGIOSA: Si partecipa con un massimo di tre poesie a tema religioso in forma anonima che non devono superare i 40 versi ciascuna (senza conteggiare il titolo, l’eventuale sottotitolo, dedica, spazi bianchi).

SEZ. E – POESIA D’AMORE: Si partecipa con un massimo di tre poesie a tema amoroso – liberamente inteso – in forma anonima che non devono superare i 40 versi ciascuna (senza conteggiare il titolo, l’eventuale sottotitolo, dedica, spazi bianchi).

SEZ. F – PROSA POETICA: Si partecipa con un testo in prosa (no versi) che non superi 1 cartella editoriale pari a 1.800 battute complessivi (spazi compresi) in cui l’elemento narrativo rappresenti un aspetto marginale e secondario a beneficio degli elementi più marcatamente riflessivi e descrittivi che possano far risaltare gli aspetti emozionali e sensoriali dando sfogo alla propria interiorità prediligendo composizioni costruite su un piano lirico di chiaro impatto. Non saranno conformi a tale sezione racconti canonicamente intesi fondati prevalentemente sulla costruzione del personaggio (fiction) o la narrazione di episodi.

SEZ. G – LIBRO EDITO DI POESIA: Si partecipa con un solo libro di poesia pubblicato con una casa editrice o auto-prodotto dotato di codice identificativo ISBN. La partecipazione può essere inoltrata dall’autore, dal curatore del volume, dall’editore o dal (riconosciuto) erede letterario dell’autore. In caso di vittoria il premiato verrà comunque considerato l’autore del volume. Si accettano anche libri di poesie in dialetto o in lingua straniera (con traduzione a fronte), di haiku e libri di poesia corredati da immagini (foto e quadri) e antologie (in questo caso si leggano le specifiche sotto). Si accettano, altresì, libri di poesie di autori scomparsi, inviati da parenti, amici, centri culturali ed editori. Verranno in questo caso considerati, in caso di valutazione positiva della Giuria, per un Premio speciale o “Alla memoria”. Il partecipante deve inviare tre copie cartacee del libro e il file originale in formato pdf.

Specifiche per la partecipazione con antologie e opere di AA.VV.

Si partecipa con un’antologia poetica (di qualsiasi tipo e composizione, tranne le antologie dei premi letterari) pubblicata con una casa editrice o auto-prodotta dotata di codice identificativo ISBN. La partecipazione può essere inoltrata dall’autore principale, dal curatore, dall’editore o da uno degli autori inseriti. Il partecipante deve inviare tre copie cartacee del libro e il file digitale in formato pdf. Qualora il partecipante sia uno degli autori inseriti e non il curatore dell’antologia, il partecipante dovrà informare previamente della sua volontà di partecipare al premio il curatore del volume e dovrà tenerlo aggiornato sull’andamento del concorso e l’esito. Il partecipante sarà l’unico responsabile in materia di comunicazioni con il curatore dell’antologia per tutte le fasi relative del Premio, non potendo il curatore/editore nulla imputare all’organizzazione del Premio.

SEZ. H – HAIKU: Si partecipa con un massimo di tre haiku (5-7-5 sillabe) in lingua italiana in forma anonima.

SEZ. I – VIDEOPOESIA: Si partecipa con una video-poesia che dovrà essere inviata solo con una delle due possibilità: 1) caricandola sul sito online YouTube e fornendo nella mail di partecipazione il link del video. In questo caso l’utente non deve assolutamente apportare modifiche al video né cambi di URL per tutta la durata di svolgimento del premio, pena la squalifica; 2) allegando il video (soli formati .avi, .mp4, .wmv) mediante il sito di trasferimento dati gratuito WeTransfer. Non verranno considerati validi altri sistemi di trasmissione delle opere. Non dovranno essere mandati video nei quali siano impiegate canzoni, basi e melodie d’accompagnamento che siano brani tutelati/iscritti alla SIAE. Nella scheda di partecipazione l’autore deve dichiarare di avere utilizzato per la produzione del video materiali (foto, video, musiche) propri o di dominio pubblico o, laddove siano opere di terzi, di aver ottenuto le necessarie liberatorie per l’utilizzo, sollevando l’Associazione Culturale Euterpe da qualsivoglia responsabilità.

SEZ. L – SPERIMENTAZIONI POETICHE E NUOVI LINGUAGGI: In questa sezione rientrano quei testi che si definiscono o si riconoscono rispondenti alla fertile attività di sperimentazione contemporanea – tanto formale che contenutistica – che si allineano ai parametri caratteristici di ciascun genere movimento, tendenza, avanguardia (riconducibile a Manifesti, note programmatiche, presentazioni del genere, etc.) con particolare attenzione a quelle di seguito indicate:

  • CORTO POESIA: Sottogenere poetico ideato dai poeti palermitani Antonio Barracato e Dorothea Matranga nel 2019 conformato da un apposito movimento che ne individua caratteristiche formali, contenuti e finalità comunicative[2].

I canoni distintivi della corto poesia sono:

  1. Presenza di un titolo
  2. Struttura in tre versi
  3. Contenuto socialmente utile, atto a produrre un cambiamento nel cuore dell’uomo, veicolato a una denuncia del malessere di quest’epoca
  4. Il terzo verso non deve superare le dieci sillabe

Si partecipa con un massimo di tre testi; è requisito necessario il rispetto delle caratteristiche peculiari del genere al quale appartengono, pena la squalifica.

  • DINANIMISMO: Il movimento poetico-artistico del dinanimismo è stato creato – come il relativo neologismo – nel 2009 dal poeta campano Zairo Ferrante volendo intendere in tale originale crasi una fusione di dinamismo e anima[3].

I canoni distintivi (prevalentemente contenutistici) del dinanimismo sono:

1.      Volontà di contrapposizione alla dilagante banalità e frivolezza

2.      Riscoperta dell’autenticità e dell’essenza dell’uomo: poesia istintiva e innata

3.      Ricezione degli aspetti dinamici relativi al mutamento, divenire e rinascita (la poesia è una forma di dinamismo anche dell’anima)

4.    Propensione all’interrogazione e all’approfondimento su questioni d’ordine pratico e d’interesse collettivo (poesia anche come impegno “sociale”)

5.     Linguaggio congruo col sentire e al passo coi tempi; versi puliti, in grado di fondere interiorità e modernità, anche mediante l’utilizzo di parole e immagini in linea con lo sviluppo socio-tecnologico. Progresso inteso non come attività deumanizzante ma come spinta propulsiva all’evoluzione etico-morale dell’intera collettività.

Si partecipa con un massimo di tre testi di lunghezza non superiore a 40 vv. ciascuno; è requisito necessario il rispetto delle caratteristiche peculiari del genere al quale appartengono, pena la squalifica.

  • DITTICO POETICO A DUE VOCI: Sottogenere del comune dittico poetico, ideato dal poeta e aforista palermitano Emanuele Marcuccio nel 2010 e da lui definito come “una composizione di due poesie di due diversi autori, scritte indipendentemente, anche in tempi diversi, e accomunate dal medesimo tema in una sorta di corrispondenza empatica”[4].

I canoni distintivi (prevalentemente contenutistici) del dittico poetico a due voci sono:

  1. Presenza di un titolo per ciascuna delle due poesie
  2. Rispondenza di un tema comune alle due poesie
  3. Ciascuno dei due autori della rispettiva poesia formanti il dittico deve attenersi al proprio modo di fare poesia, senza in alcun modo cercare di imitarsi
  4. La seconda poesia del dittico deve essere in qualche modo un’ideale risposta alla prima attraverso una sorta di continuum per analogie, corrispondenze sonore o emozionali, di significanza, di empatia, di poetica affinità elettiva

Si partecipa con un testo con un massimo di 40 vv. per ciascuna delle due poesie formanti il dittico. Il partecipante che invia la propria opera deve essere autore di una delle due poesie del dittico e deve aver messo a conoscenza (e ottenuto l’autorizzazione) all’invio dell’altra opera che costituisce il dittico da parte dell’altro autore. Per tale sottosezione è requisito necessario l’invio della scheda dei dati personali da parte di entrambi gli autori delle poesie che costituiscono il dittico. È requisito necessario che rispettino le caratteristiche peculiari del genere al quale appartengono, pena la squalifica.

SEZ. M – CRITICA LETTERARIA: Si partecipa con una recensione, un testo critico, un’analisi dell’opera, un approfondimento, un articolo, un saggio letterario su un’opera poetica classica o contemporanea della letteratura italiana o straniera (comprensiva su autori esordienti) in forma anonima. L’opera potrà focalizzarsi sull’analisi di una singola poesia o di più testi, di una silloge, di un libro o più, o dell’intera produzione poetica di un dato autore. Tale testo non dovrà superare le quattro cartelle editoriali pari a 7.200 battute complessive (spazi compresi), senza conteggiare il titolo, le eventuali note a piè di pagina e la bibliografia (consigliata).

SEZ. N – PREFAZIONE DI LIBRO DI POESIA: Si partecipa con una prefazione (o postfazione) a un libro di poesia. La prefazione può essere inviata sia dall’autore che dall’autore del libro all’interno del quale è inserita; in caso di vittoria sarà considerato vincitore unicamente l’autore della prefazione e non del libro. Tale testo non dovrà superare le quattro cartelle editoriali pari a 7.200 battute complessive (spazi compresi), senza conteggiare il titolo e le eventuali note a piè di pagina.

SEZ. O – LIBRO EDITO DI SAGGISTICA SULLA POESIA: Si partecipa con un solo libro di saggistica o critica letteraria (saggio, volume critico, approfondimento, monografia, tesi di laurea pubblicata) su qualsiasi aspetto relativo alla poesia, sia locale, nazionale che internazionale, pubblicato con una casa editrice o auto-prodotto dotato di codice identificativo ISBN. La partecipazione può essere inoltrata dall’autore, dal curatore del volume e dall’editore. In caso di vittoria il premiato verrà comunque considerato l’autore del volume. Il partecipante deve inviare tre copie cartacee del libro e il file originale in formato pdf.

Art. 8 – CONTRIBUTO:

Per prendere parte al Premio è richiesto un contributo di € 10,00 (DIECI//00) a sezione a copertura delle spese organizzative. È possibile partecipare a più sezioni corrispondendo il relativo contributo. Gli associati dell’Associazione Culturale Euterpe regolarmente iscritti all’anno di riferimento (2021) hanno diritto a uno sconto del contributo pari al 50% per sezione.

  • Bollettino postale:

CC n° 1032645697

Intestazione: Associazione Culturale Euterpe – Jesi

Causale: X Premio di Poesia “L’arte in versi” – nome e cognome partecipante

  • Bonifico bancario:

IBAN: IT31H0760102600001032645697

BIC / SWIFT: BPPIITRRXXX (per pagamenti dall’Estero)

Intestazione: Associazione Culturale Euterpe – Jesi

Causale: X Premio di Poesia “L’arte in versi” – nome e cognome partecipante

  • Paypal:

ass.culturale.euterpe@gmail.com

Intestazione: Associazione Culturale Euterpe – Jesi

Causale: X Premio di Poesia “L’arte in versi” – nome e cognome partecipante

  • Contanti: nel caso si invii il materiale per posta tradizionale, la quota di partecipazione potrà essere inserita in contanti, ben occultata all’interno del plico.

Art. 9 – SCADENZA E INVIO

La scadenza di invio dei materiali (opere, scheda di iscrizione compilata e ricevuta del contributo versato) è fissata al 31 dicembre 2021. I materiali dovranno pervenire in forma digitale (per le opere singole esclusivamente in formato doc / docx; per i libri editi in formato pdf) alla mail premiodipoesialarteinversi@gmail.com indicando come oggetto “X Premio di Poesia “L’arte in versi”. In alternativa, l’invio può avvenire in formato cartaceo; in questo caso fa fede la data di spedizione. Il plico dovrà essere inoltrato a:

X Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”

Associazione Culturale Euterpe

Casella Postale 375

Ufficio Postale Jesi Centro

60035 – Jesi (AN)

Qualora le spedizioni vengano effettuate mediante Poste Italiane può essere usato questo indirizzo di cui sopra. Se, invece, il partecipante intende inviare il materiale con altre modalità, vedasi altri Corrieri, dal momento che questi non depositano spedizioni nella casella postale d’ufficio, si chiede di scrivere alla mail del Premio per manifestare questa loro volontà e gli verrà fornito un indirizzo diverso dove sarà possibile inviare spedizioni a mezzo Corriere.

Art. 10 – ELABORATI

Le opere a concorso non verranno in nessun modo riconsegnate. Per quanto concerne le sezioni G (Libro edito di poesia) e O (Libro edito di saggistica) le copie dei volumi partecipanti verranno donate ad alcune biblioteche del nostro territorio nazionale[5]. Una copia rimarrà nell’Archivio dell’Associazione Culturale Euterpe.

Art. 11 – MOTIVI DI ESCLUSIONE DELLA PROPRIA OPERA

Saranno esclusi dalla Segreteria le partecipazioni che non saranno considerate conformi al bando ovvero le opere che:

  1. riportino nome, cognome, soprannome dell’autore o altri segni di riconoscimento o di possibile attribuzione dell’opera.
  2. siano risultate vincitrici di un 1° premio in un precedente concorso;
  3. appartengano ad autori che hanno vinto il 1° premio assoluto nella medesima sezione nella precedente edizione del Premio;
  4. appartengano ad autori che sono stati premiati con Premi Speciali “Alla Carriera” e “Alla Cultura” in precedenti edizioni del Premio.
  5. presentino elementi razzisti, xenofobi, denigratori, pornografici, blasfemi, di offesa alla morale e al senso civico, d’incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione di ciascun tipo o che fungano da proclami ideologici, partitici e politici;
  6. appartengono ai soci fondatori e onorari dell’Associazione Culturale Euterpe, ai membri del Consiglio Direttivo della stessa in carica o passati; ai Presidenti di Giuria attivi o passati del presente premio; ai Presidenti delle Associazioni che collaborano esternamente;
  7. siano giunte prive della scheda dei dati personali e/o del contributo di partecipazione e/o dei testi con i quali s’intende partecipare, e/o con la scheda di partecipazione illeggibile e/o non completata in ogni campo, e/o con modalità non conformi a quanto richiesto dal bando, e/o oltre i termini di scadenza.

Art. 12 – COMMISSIONE DI GIURIA

Le Commissioni di Giuria, differenziate per le varie sezioni, sono costituite da poeti, scrittori, critici letterari, giornalisti ed esponenti del mondo culturale e letterario e sono presiedute dalla poetessa e giornalista Michela Zanarella. Esse sono composte (in ordine alfabetico) da Stefano Baldinu, Fabia Binci, Lucia Cupertino, Valtero Curzi, Mario De Rosa, Graziella Enna, Zairo Ferrante, Rosa Elisa Giangoia, Fabio Grimaldi, Giuseppe Guidolin, Francesca Innocenzi, Antonio Maddamma, Emanuele Marcuccio, Francesco Martillotto, Vincenzo Monfregola, Morena Oro, Rita Stanzione e Michela Zanarella.

Art. 13 – PREMI

Per ciascuna sezione saranno assegnati tre premi da podio: 1° Premio: targa placcata in oro 24 kt, diploma, motivazione della giuria e tessera socio ordinario Ass.ne Culturale Euterpe anno 2022; 2°/ 3° Premio: targa, diploma e motivazione.

Ai primi vincitori assoluti delle sezioni A, B, C, D, E, inoltre, verrà offerto un contratto di pubblicazione gratuito per un volume di poesie da parte della casa editrice Ivvi Editore – Nuovi autori del Gruppo Solone s.r.l. i cui dettagli saranno contenuti nel contratto che verrà consegnato assieme al premio.

La Giuria attribuirà il Premio del Presidente di Giuria, il Premio della Critica, il Trofeo “Euterpe”, il Premio “Picus Poeticum” (alla migliore opera di un autore marchigiano), il Premio ASAS (alla migliore opera in siciliano), il Premio “Le Ragunanze” (alla migliore opera sulla natura), il Premio “L’Oceano nell’Anima” (alla migliore opera “sui sentieri emozionali”), il Premio “Arte per Amore” (alla migliore opera a tema amoroso), il Premio “Il Faro” (alla migliore opera sul mare), il Premio “Africa Solidarietà” (alla migliore opera sul multiculturalismo) e il Premio “Un Passo Avanti” (alla migliore opera sulla speranza).

La casa editrice Ivvi Editore ha facoltà di attribuire un ulteriore contratto per una pubblicazione gratuita, a sua insindacabile scelta, a una delle opere da podio delle sezioni A, B, C, D, E.

Fuori concorso verranno assegnati i Premi Speciali “Alla Memoria”, “Alla Cultura” e “Alla Carriera” a insigni poeti del nostro Paese. La Giuria potrà proporre ulteriori premi, indicati quali “Menzione d’onore”, ad altrettante opere meritorie non rientrate nei premi da podio. Nel caso in cui non sarà pervenuta una quantità di testi numericamente congrua o qualitativamente significativa per una sezione, l’organizzazione a sua unica e inappellabile discrezione, si riserva di non attribuire determinati premi. Tutte le opere risultate vincitrici a vario titolo verranno pubblicate nell’antologia del Premio, disponibile gratuitamente il giorno della premiazione.

Art. 14 – RESPONSO

Il responso della Giuria si conoscerà nei primi mesi del 2022. A tutti i partecipanti verrà inviato il verbale di Giuria a mezzo e-mail. Esso verrà pubblicato sul sito dell’Associazione Culturale Euterpe (www.associazioneeuterpe.com) e sui siti www.literary.it e www.concorsiletterari.it I risultati e i testi vincitori della sezione haiku saranno pubblicati sul portale “Alman Haiku” – Annuario Italiano degli Haiku Premiati all’indirizzo www.almanhaiku.blog Non si darà seguito a richieste in merito a posizionamenti e punteggi ottenuti, analisi estetico-valutative né a commenti critici sulle proprie opere presentate.

Art. 15 – PREMIAZIONE

La cerimonia di premiazione si terrà in un luogo della provincia di Ancona, presumibilmente nel comune di Jesi, salvo diverse comunicazioni, entro giugno 2022. I vincitori sono tenuti a presenziare alla cerimonia per ritirare il premio; qualora non possano intervenire hanno facoltà di inviare un delegato. In questo caso, la delega va annunciata a mezzo mail, all’attenzione del Presidente del Premio entro una settimana prima dalla cerimonia di premiazione all’indirizzo presidente.euterpe@gmail.com. Non sarà possibile delegare membri della Giuria e familiari diretti degli stessi. Un delegato non potrà avere più di due deleghe da altrettanti autori vincitori assenti. Non verranno considerate le deleghe annunciate in via informale a mezzo messaggistica privata di Social Networks né per via telefonica. I premi non ritirati personalmente né per delega potranno essere spediti a domicilio unicamente mediante Corriere TNT, previo pagamento delle relative spese di spedizione a carico dell’interessato. In nessuna maniera si spedirà in contrassegno.

Art. 16 – DIRITTO D’AUTORE SUL BANDO

La stesura del presente bando, nella forma e nei contenuti che lo compongono e che lo caratterizzano, è prodotto creativo dei soli organizzatori del concorso, deliberato nella forma presente dal Consiglio Direttivo dell’Associazione Culturale Euterpe con verbale 01/2021. Sul testo del verbale, in quanto prodotto creativo dell’Associazione Culturale Euterpe, il diritto d’autore va difeso e tutelato. Eventuali forme documentate e palesi di plagio, in forma parziale o integrale dello stesso, su qualsiasi tipo di supporto, saranno oggetto di valutazione nelle sedi opportune.

Art. 17 – PRIVACY

Ai sensi del D.Lgs 196/2003 e del Regolamento Generale sulla protezione dei dati personali n°2016/679 (GDPR) il partecipante acconsente al trattamento, diffusione e utilizzazione dei dati personali da parte dell’Associazione Culturale Euterpe di Jesi (AN) che li utilizzerà per i fini inerenti al concorso in oggetto e per tutte le iniziative culturali e letterarie organizzate dalla stessa.

Art. 18 – ULTIME

Il presente bando di concorso consta di nr. 18 (DICIOTTO) articoli compreso il presente contenuti su nr. 10 (DIECI) pagine compresa la presente.

La partecipazione al concorso implica l’accettazione tacita e incondizionata di tutti gli articoli che lo compongono.

Dott. Lorenzo Spurio

Presidente del Premio/ Presidente Ass.ne Euterpe

Dott.ssa Michela Zanarella

Presidente di Giuria

Dott. Stefano Viganroli

Segretario Ass.ne Euterpe

INFO:

Segreteria del Premio: premiodipoesialarteinversi@gmail.com

Sito del Premio

Pagina Facebook del Premio

Corrispondenza: Casella Postale 375 – Uff. Postale Jesi Centro – 60035 Jesi (AN)

Sito: www.associazioneeuterpe.com – Mail: ass.culturale.euterpe@gmail.com

PEC: ass.culturale.euterpe@pec.it – Tel. (+39) 327 5914963 (Anche Sms, WhatsApp e Telegram)

ALBO D’ORO DEL PREMIO

(Nelle prime due edizioni non vennero attribuiti premi da podio)

Anno 2014 (III edizione): ANNA BARZAGHI di Seveso (Poesia in Italiano); LUCIANO GENTILETTI di Rocca Priora (Poesia in Dialetto); SANDRA CARRESI di Bagno a Ripoli (Premio Alla Carriera).

Anno 2015 (IV edizione): ALDO TEI di Latina (Poesia in Italiano); GAETANO CATALANI di Ardore Marina (Poesia in Dialetto); GABRIELE GALDELLI di Castelbellino (Trofeo Euterpe); MARISA PROVENZANO di Catanzaro (Premio Alla Carriera); NOVELLA TORREGIANI (1935-2015) di Porto Recanati (Premio Alla Memoria); BRUNO EPIFANI (1935-1984) di Novoli (Premio Alla Memoria).

Anno 2016 (V edizione): LUCIA BONANNI di Scarperia (Poesia in Italiano); LUCA TALEVI di Ancona (Poesia in Dialetto); NUNZIO INDUSTRIA di Napoli (Haiku), SABRINA VALENTINI di Jesi (Trofeo Euterpe); DONATELLA BISUTTI di Milano (Premio Alla Carriera); GIUSI VERBARO CIPOLLINA (1938-2015) di Soverato (Premio Alla Memoria); PASQUALE SCARPITTI (1923-1973) di Castel di Sangro (Premio Alla Memoria).

Anno 2017 (VI edizione): VALERIA D’AMICO di Foggia (Poesia in Italiano); LUCIANO GENTILETTI di Rocca Priora (Poesia in Dialetto); EUFEMIA GRIFFO di Settimo Milanese (Haiku); LUCIA BONANNI di Scarperia (Critica Letteraria); ANGELO CANINO di Acri (Trofeo Euterpe), DANTE MAFFIA di Roma (Premio Alla Carriera); ALESSANDRO MIANO (1920-1994) di Milano (Premio Alla Memoria); MARIA COSTA (1926-2016) di Messina (Premio Alla Memoria).

Anno 2018 (VII edizione): ANTONIO DAMIANO di Latina (Poesia in Italiano); VALERIA D’AMICO di Foggia (Poesia in Dialetto / Lingua Straniera); ALBERTO BARONI di Viadana (Haiku); GIANFRANCO ISETTA di Castelnuovo Scrivia (Libro Edito);  ROSY GALLACE di Rescaldina (Video-poesia); CARMELO CONSOLI di Firenze (Critica Letteraria); FABIA BALDI di Piombino (Prefazione); MARIO DE ROSA di Morano Calabro (Trofeo Euterpe); ANGELA CATOLFI di Treia (Premio Spec. “Picus Poeticum”); ANNA SANTOLOQUIDO di Bari (Premio Alla Carriera); GIAN MARIO MAULO (1943-2014) di Macerata (Premio Alla Memoria); AMERIGO IANNACONE (1950-2017) di Venafro (Premio Alla Memoria).

Anno 2019 (VIII edizione): DAVIDE ROCCO COLACRAI di Terranuova Bracciolini (Poesia in Italiano), ELENA MANEO di Mestre (Poesia in dialetto), LUCA CIPOLLA di Cesano Boscone (Poesia in lingua straniera), MARISA COSSU di Taranto (Libro Edito di Poesia), NAZARENA RAMPINI di Pogliano Milanese (Haiku), NUNZIO BUONO di Casorate Primo (Video-poesia), GRAZIELLA ENNA di Oristano (Critica Letteraria), VELIA BALDUCCI di Ancona (Trofeo Euterpe), MANUELA MAGI di Tolentino (Premio Spec. “Picus Poeticum”), ROSANNA DI IORIO di Chieti (Premio alla Cultura), MáRCIA THEóPHILO di Fortaleza (Premio alla Carriera), MARIA ERMEGILDA FUXA (1913-2004) di Palermo (Premio alla Memoria), SILVIO BELLEZZA (1943-2000) di Lanzo Torinese (Premio alla Memoria), SALVATORE TOMA (1951-1987) di Maglie (Premio alla Memoria).

Anno 2020 (IX edizione): MAURO CORONA di Roma (Poesia in Italiano), LORENZO SCARPONI di Bellaria / Igea Marina (Poesia in dialetto), VALERIA D’AMICO di Foggia (Poesia in lingua straniera), GIAN PIERO STEFANONI (Poesia religiosa), ANNA MARIA FERRARI di Cagliari (Prosa poetica), LORENZO POGGI di Roma (Libro edito di poesia), ENZA PEZZIMENTI di Gioia Tauro (Haiku), PAOLO ZANELLI di Finale Ligure (Videopoesia), FRANCESCA FAVARO di Padova (Critica letteraria), ANNALENA CIMINO di Anacapri (Premio del Presidente del Premio), IRMA KURTI di Bergamo (Premio del Presidente di Giuria), CARMEN MOSCARIELLO di Formia (Premio della Critica), AA.VV. “Tredici. I poeti del Bandino” (Trofeo Euterpe), FRANCESCA LUZZIO di Palermo (Premio alla Cultura), MATTEO BONSANTE di Bari (Premio alla Carriera), BIAGIA MARNITI (1921-2006) di Ruvo di Puglia (Premio alla Memoria), SIMONE CATTANEO (1974-2009) di Saronno (Premio alla Memoria).

 

La scheda si compone di nr. 2 pagine. È fondamentale che sia compilata in ogni spazio, pena l’esclusione. Per i partecipanti alla sezione I (Videopoesia) va integrata anche della pagina nr. 3.

Nome/Cognome __________________________________________________________________

Nato/a a ____________________________________________ il__________________________

Residente in via __________________________________________________________________

Città _____________________________ Cap ___________________Provincia_______________

Tel. _______________________________________ E-mail _______________________________

Partecipo alla/e sezione/i:

A Poesia in italiano 

B – Poesia in dialetto specificare dialetto: _________________________________________________)

C – Poesia in Lingua Straniera specificare lingua: __________________________________________)

D – Poesia religiosa

E – Poesia D’amore

F – Prosa poetica

G – Libro edito di poesia

H – Haiku

I – Video-poesia

L – Sperimentazioni poetiche e nuovi linguaggi

                        (    )  Corto Poesia [Teorizzazione A. Barracato / D. Matranga]

                        (    )  Dinanimismo [Teorizzazione Z. Ferrante]

                        (    )  Dittico poetico [Teorizzazione E. Marcuccio]

M – Critica Letteraria

N – Prefazione di Libro di Poesia

O – Libro edito di saggistica

AVVERTENZE IMPORTANTI – Nella pagina successiva indicare:

Per le sezioni A, B, C, D, E, F, H, L, M indicare il titolo delle opere, specificando vicino se sono EDITE o INEDITE e, nel caso di EDITE, dove sono precedentemente comparse.

Per le sezioni G, O specificare il titolo del libro, casa editrice e anno.

Per la sezione H essendo gli haiku privi di titolo, non dovrà essere indicato niente.

Per la sezione I specificare il titolo della video-poesia e di eventuali nomi di regista, musiche e voce recitante. Musiche, canzoni, brani usati non devono essere iscritti/tutelati dalla SIAE.

Per la sezione L barrare la relativa sottosezione o indicare, nello spazio bianco, a quale nuova tendenza, stile, avanguardia, genere ci si riferisce.

___________________________________________________________________________________________

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Data_____________________________________ Firma ___________________________________

L’autore è iscritto/ tutelato dalla SIAE?                                Sì                  No   I testi presentati al concorso sono depositati alla SIAE?      Sì                  No   Se Sì indicare quali testi ______________________________________________________________   _____________________________________________________________________________________   ______________________________________________________________________________________  

 

 

DICHIARAZIONE PER I PARTECIPANTI DI TUTTE LE SEZIONI

 Dichiaro che le opere non presentano in nessuna forma elementi che possano rimandare a una lettura, interpretazione, collegamento e/o richiamo a impostazioni ideologiche di tipo razziste, xenofobe, denigratorie, pornografiche, blasfeme, di offesa alla morale e al senso civico, d’incitamento all’odio o alla differenza e all’emarginazione, nonché di tipo politico, partitico o di ogni altra impostazione e fazione che possa richiamare un clima di violenza, lotta, incomprensione, intolleranza e insubordinazione.

Dichiaro che i testi presentati sono frutto del mio unico ingegno e che sono l’unico responsabile sugli stessi sollevando gli organizzatori da qualsivoglia problematica o disputa possa sorgere.

Autorizzo l’Associazione Culturale Euterpe di Jesi (AN), organizzatrice di questo Premio, a pubblicare in cartaceo i miei testi all’interno dell’opera antologica del Premio senza nulla avere a pretendere né ora né in futuro.

Autorizzo l’Associazione Culturale Euterpe di Jesi (AN) al trattamento dei miei dati personali ai sensi della disciplina generale di tutela della privacy (D.Lgs n. 196/2003 e Regolamento Europeo 2016/679 – GDPR) allo scopo del concorso in oggetto.

Autorizzo l’Associazione Culturale Euterpe di Jesi (AN) al trattamento dei miei dati personali ai sensi della disciplina generale di tutela della privacy (D.Lgs n. 196/2003 e Regolamento Europeo 2016/679 – GDPR) per le iniziative, progetti ed eventi organizzati dalla stessa.

Data_____________________________________ Firma ___________________________________

DICHIARAZIONE PER PARTECIPANTI ALLA SEZIONE I

   Dichiaro, sotto la mia unica responsabilità, di non aver fatto uso di brani, musiche, canzoni, melodie iscritte/tutelate dalla SIAE nella mia video-poesia.

   Dichiaro, sotto la mia unica responsabilità, di aver fatto uso, nell’elaborazione della video-poesia di immagini/video/suoni di mia proprietà o di dominio pubblico o, laddove abbia usufruito di materiali di terzi, di aver provveduto a richiedere relativa liberatoria degli autori per l’autorizzazione a usarli nell’elaborazione del video, sollevando l’Organizzazione da qualsiasi disputa possa nascere in merito all’attribuzione di paternità dei componenti della video-poesia.

Data_____________________________________ Firma ___________________________________


[1] Se la singola opera fa parte di una silloge, mini raccolta o raccolta che è risultata premiata con un premio da podio potrà essere inviata ma non dovrà avere il medesimo titolo della silloge, mini raccolta o raccolta premiata, pena l’esclusione.

[2] Per maggiori informazioni e approfondimenti consultare i materiali di seguito linkati:

Movimento Culturale Corto-Poesia-Italiana “Ipseità Dell’Io”

Corto-poesia-italiana: ipseità dell’io

[3] Per maggiori informazioni e approfondimenti consultare i materiali di seguito linkati:

Manifesti del dinanimismo

Prima ufficializzazione critica del dinanimismo

[4] Per maggiori informazioni e approfondimenti consultare i materiali di seguito linkati:

Progetto Dipthycha

Risonanze empatiche, l’esperienza del dittico poetico di E. Marcuccio

[5] In questa ottica di condivisione culturale, l’Associazione Culturale Euterpe si impegna come avvenuto ogni anni, a depositare i volumi in biblioteche civiche, nazionali o universitarie del nostro territorio affinché entrino nei cataloghi OPAC per il prestito e la consultazione. Le opere pervenute nella precedente edizione – la nona – sono state depositate presso la Biblioteca Comunale “Augusta” di Perugia e la Biblioteca Civica “Pietro Acclavio” di Taranto.

The Nail: il volume bilingue italiano-inglese della triade poetica Matranga-Billeci-Barracato

Articolo di Lorenzo Spurio

È uscito in questi giorni – per i tipi di Billeci Edizioni di Borgetto (PA) – un interessante volume bilingue di poesie di tre autori siciliani. Il libro, dal titolo The Nail (che, tradotto, sta per “il chiodo”, proprio quello che compare ben piantato nella prima di copertina), contempla una scelta di poesie di Dorothea Matranga, Francesco Billeci e Antonio Barracato con, a fronte, la versione in lingua inglese.

Un progetto poderoso curato – nelle traduzioni – da Dorothea Matranga che nelle ultime ore – assieme agli altri co-autori – ha felicemente lanciato sui Social la lieta notizia dell’avvenuta pubblicazione. The Nail è uno di quei lavori che, tanto per la confluenza sintonica di voci che sono poeti ma anche amici, quanto per la dimensione volutamente aperta a un’internazionalità e dunque a un destinatario potenzialmente allargato all’inverosimile, si evidenzia da subito come vincente e in grado di far parlare di sé. Questo anche per la preziosa prefazione della poetessa e critico letterario Francesca Luzzio che – meglio di qualsiasi vestito – riesce a cucire in maniera splendida e irripetibile una lettura puntigliosa e fresca di questo nuovo volume.

La copertina del libro

The Nail è l’ennesimo – e non previsto – segno che testimonia un clima di ampia effervescenza culturale nell’ambito del Palermitano che si unisce a una grande capacità espressiva e volitività che contraddistingue le tre fervide menti dalla fertilissima produzione letteraria. Tanto per citare alcuni di questi “punti fermi” che contraddistinguono questa triade autoriale possono essere richiamati – tra i tanti percorsi, collaborazioni, iniziative – il noto Concorso Internazionale di poesia “La vita in versi” di Cefalù organizzato dal poeta Antonio Barracato che annualmente vede la cerimonia di premiazione nell’elegante Teatro Cicero di Cefalù, come pure il Cenacolo Letterario Letterario Italiano “25 Novembre” sempre di Cefalù (con sua seconda sede a Borgetto) dove gravitano vari poeti dell’hinterland palermitano, finanche la copiosa e diversificata produzione di volumi dell’editore Billeci (con un fresco progetto antologico dal nome Il meglio di me al quale hanno partecipato, tra gli altri, i poeti Francesco Camagna, Andrea Lazzara, Antonio Barracato, Rosa Rampulla, Pietro Pinzarrone, Vita Alba Tumbarello, Rossana Licari, Rosa Di Pino e lo stesso Francesco Billeci) che testimonia una presenza importante, in termini di promozione e diffusione culturale sul territorio, di certo non trascurabile e meritoria di nota. Non si dimentichi neppure la fondazione del movimento – e la creazione del relativo genere letterario della corto poesia – da parte di Barracato e Matranga, istituzionalizzato in un apposito Manifesto, diffuso anche per mezzo di una pubblicazione in volume – per la quale sono stato onorato di scrivere la prefazione – e dal riconoscimento da parte della comunità letteraria nazionale che in taluni contesti di premi letterari ha ravvisato l’interesse e l’esigenza dell’inserzione del detto genere tra le sezioni di partecipazioni.

Così si è espressa Francesca Luzzio presentando questo testo: «La presente trilogia propone una coralità di voci, dove con levità affabulatoria ed insieme con forza icastica i tre poeti nei modi di un’epica minima, attenta al quotidiano, si raccontano in versi non solo parlando del proprio io, ma proponendo anche il loro heideggeriano “esserci” con occhio attento alla realtà circostante e  non è un caso  che  essi dedichino anche versi alla poesia perché è proprio questa che consente loro di raggiungere quelle incommensurabili atmosfere».

I tre autori del libro. Da sinistra Francesco Billeci, Dorothea Matranga e Antonio Barracato

Quanto alle principali tematiche delle poesie che il lettore incontrerà in questo volume Luzzio ci informa che si ritrovano in particolar misura temi come il tempo, la malinconia, l’idea dello scorrere, il cambiamento e la ricerca di verità (Matranga); la catarsi, la purezza del sentimento, la religiosità, i riflessi esistenziali e gli intenti sociali (Barracato); gli affetti, il dolore, l’interesse verso gli altri e la solidarietà, finanche alcune tematiche scottanti (e attualissime) come l’immigrazione (Billeci).

Pur essendo il significato più chiaro e diretto, quello di “chiodo”, a cui il titolo del libro si riferisce, credo che vada anche detto altro; nell’utilizzo parlato della lingua inglese non è infrequente l’espressione (la costruzione verbale) to nail (something) per sottolineare la perfezione con la quale una determinata attività viene condotta; il phrasal verb to nail (something) down sta proprio per “fissare”, “precisare”, “definire con precisione” e tale ulteriore sfaccettatura del lemma impiegato dai tre autori per il loro nuovo libro non credo proprio che possa dirsi casuale dal momento che – come già detto – sono tanti i temi – anche di indagine sociale – sui quali non esitano a esprimersi, con chiarezza, trasporto, voglia di esternazione.

Il volume, pur presentando tre sillogi in sé indipendenti appartenenti a tre autori distinti, si apprezza come opera unica nel ricco intrico di legami e corrispondenze che s’instaurano tra immagini, tematiche, codici e linguaggi dei tre poeti. Non è, dunque, come leggere tre libri separati uniti sotto un’unica copertina, ma è un’opera unica che va concepita nella sua originalissima totalità. Tanto è vero che, come è stato recentemente osservato (cito dal Comunicato stampa), «[il libro produce] un forte impatto emozionale per le coinvolgenti tematiche trattate e i motivi che hanno portato alla realizzazione di questo ambizioso progetto culturale, che si ripropone di far conoscere le opere e il volume in tutto il mondo […] Il titolo The Nail è stato scelto come simbolo di costante e capillare penetrazione che punta alla rinascita dei valori universali e sani principi per il risanamento dell’Io, nel modo di sentire heideggeriano che è anche il loro “esserci” in questa triplice intesa dell’accorato verseggiare con lo scopo soprattutto di farsi ascoltare».

Alcuni cenni bibliografici dei tre autori

Dorotea Matranga (in arte “Dorothea”) è nata ad Alcamo (TP) nel 1954, vive a Bagheria (PA). Poetessa, scrittrice e critico letterario. La sua formazione, d’impostazione classica, l’ha portata a vivere un crescente amore verso la letteratura e la scrittura. Per la narrativa ha pubblicato il romanzo Funnyman ovvero il Venditore di sogni (2014), varie sue poesie figurano in antologie. Per la critica letteraria ha scritto e pubblicato molti saggi e recensioni diffusi su riviste online e cartacee. Collabora con le riviste «Convivio» e «CulturElite». In unione ad Antonio Barracato ha ideato la corto-poesia-italiana con il relativo Manifesto “Ipseità dell’io” ha fornito le linee programmatiche e formali di questo movimento. Dirige il Circolo Culturale “Giacomo Giardina” di Bagheria dove riveste il ruolo di responsabile per le attività letterarie. Ha partecipato a numerosi reading poetici e concorsi letterari vincendo molti podi, menzioni e premi speciali, è accademica di varie accademie. È Vicepresidente dell’Associazione “Cenacolo Letterario Italiano Via 25 Novembre” di Cefalù.

Francesco Billeci è nato a Borgetto (PA) nel 1973, città nella quale vive. Poeta, scrittore, cuntastorie e sceneggiatore siciliano, dirige le Edizioni Billeci e l’omonima Associazione Culturale contraddistinta, nel logo, da un bel girasole luminoso. Numerosissime le pubblicazioni in volume, afferenti a tutti i generi letterari; si ricordano le raccolte di poesie: Diario di bordo, I binari dell’anima, I ginestri di Portella, Rarichi du passatu, Germogli di fede, Na valìggia china di paroli, Lu Cuntastori, Versi liberi 1999-2016, Germogli di fede 2016, Poesie del cuore, Strade Parallele, Varcare la soglia, Perfume de amor, il meglio di me, Cockitail Letteraio, Faiddi di Puisia. Per la prosa, invece, i romanzi Il passato non si dimentica, La Biglia Verde, Segreti di mafia, I Bambini non si toccano, Delitti e segreti di Cosa Nostra, Agende di vita vissuta, Raccontare e raccontarsi, Il destino di un sogno, il Profumo Magico dell’origano, Il contatore dell’amore, Mai più Veronica, il contatore della Passione, la mia vita tra le dita. Ha pubblicato anche commedie teatrali: Ogni gruppu veni o pettini, Ogni nodo viene al pettine, Pane, pizzu e Libbirtà vers in lingua italiana e siciliana, Giuseppe La Franca (vittima di mafia) e Teatro 2016. Ha scritto la sceneggiatura del film Cambuca non è mafia /Giuseppe La Franca… vive ancora. Numerosissimi i premi ricevuti da ogni zona del territorio nazionale.

Antonio Barracato, cefaludese di nascita, si è laureato con lode in Arti visive e discipline dello spettacolo all’Accademia delle Belle Arti. Da ragazzo ha frequentato lo Studio fotografico degli zii e, fortemente motivato, ha subito provato grande attrazione verso la fotografia, passione che non ha mai abbandonato. Oggi può vantare una nutrita collezione di premi letterari nazionali per la fotografia, come pure per la poesia, essendo prolifico poeta, tanto in lingua che in dialetto. Ha pubblicato vari libri – sia per la poesia che per la prosa: Strati e stratuzzi, Pensieri in versi, A nostra civiltà, I miei versi, Poesia senza confini, La mia poesia, Perfume de amor – Yo respiro amor, (raccolta di poesie tradotta in lingua spagnola), Squarci di vita, Verità celate, Il meglio di me. È anche autore di testi per canzoni e opere teatrali. È l’ideatore e il direttore del Gruppo «i Narratura» di Cefalù, esponente del direttivo dell’Associazione SiciliAntica, sede di Cefalù, Consigliere dell’Associazione Accademia dei poeti siciliani “Federico II”, versatile organizzatore di eventi culturali (anche virtuali come recenti reading molto partecipati e apprezzati a distanza – mediante riprese video – in tempi di pandemia e di distanziamento sociale) e una serie di altre iniziative tra cui  “Cefalù la poesia si fa strada”, l’iniziativa rivolta alle carceri (“La poesia dentro”) che negli anni ha coinvolto i detenuti della Casa Circondariale “Cavallacci” di Termini Imerese e del Carcere “Ucciardone” di Palermo; il Concorso Internazionale di poesia “La vita in versi” di Cefalù, il Premio Letterario Nazionale di poesia Città di Chiusa Sclafani, è anche direttore del blog culturale «Cefalù Art», fondatore e direttore del Cenacolo Letterario Italiano “Via 25 Novembre” di Cefalù, fondatore – assieme a Dorothea Matranga – del movimento e genere letterario della corto-poesia-italiana.

“Tèrmele ndù core – Termoli nel cuore” di Antonietta Siviero. Recensione di Lorenzo Spurio

Recensione di Lorenzo Spurio

Tèrmele nen ghé cchiü

quìlle de na vóte. (63)[1]

Nella ricca e particolareggiata recensione[2] stilata dal medico e umanista Ermete Pellicciotta diffusa grazie alla poetessa, giornalista e critico letterario pescarese Daniela Quieti sulla testata Logos Cultura, sull’opera prima della poetessa molisana Antonietta Siviero, Tèrmele ndù core, vengono analizzati in maniera meticolosa e appropriata i caratteri principali della poetessa, nata ad Arzano (NA), residente ormai da molti anni nel comune costiero di Termoli di cui canta bellezze, particolarità, ma anche problematiche sociali.

Per questa opera la Siviero ha deciso di esprimersi nel dialetto locale, il termolese, ben credendo nella tradizione e nell’esigenza dell’uomo d’oggi di custodire e preservare i caratteri della sua anima popolare. Come molti critici da tempo sostengono – in barba a chi, invece, considera il dialetto una lingua inferiore, non colta, pregna di luoghi comuni legata al provincialismo – la Siviero dimostra in maniera spontanea – e non per questo meno acuta – quanto l’universo dialettologico e demoetnoantropologico che rende i luoghi così tipicizzanti e ricchi nelle loro diversità – siano contesti dove pullula la vita, scantonando nostalgie diffuse in chi vede tale codice qualcosa di vetusto, inattuale, obsoleto, arcaico e distante dall’uso comune della lingua. A differenza, la decisione di pubblicare nei nostri giorni un volume di poesie in dialetto (con opportuna traduzione in italiano, s’intende, avendo il libro diffusione nazionale) è sì un’operazione in qualche modo coraggiosa, ma anche necessaria vale a dire utile e determinante per indagare, valutare ed evidenziare lo status, il livello di vita, dello stesso dialetto.

Dalle pagine della Siviero, come sempre avviene nella più fiorente produzione dialettale di ieri e di oggi (dovremmo, infatti, parlare nel caso della Siviero di un neo-dialetto) provengono sì gli echi di un passato, l’amore per i luoghi della città, alcuni personaggi caratteristici, ma si nota anche l’inserimento di tematiche sociali d’attualità (inquinamento, indifferenza generale, diversi costumi della gente, incuria anche dell’Amministrazione, etc.) ben ponendo in evidenza come il dialetto non sia unicamente relegato alla sfera del passato ma possa avere un senso e una diffusione anche nel nostro presente.

Ecco, in fondo, svelato anche il senso del titolo del volume così carico di affetto per la sua città: la Termoli che vive nel cuore è probabilmente quella degli anni ormai andati ma è ancor più (e non potrebbe essere diversamente; nel caso contrario non vi avrebbe dedicato un’intera pubblicazione) il centro rivierasco che appare adesso, come si mostra al potenziale visitatore di oggi, la cui immagine odierna – per lei – non è altro che frutto della stratificazione di ricordi del passato, di com’era, di come veniva vissuto, da chi veniva abitato, e così via. La Termoli di oggi (ma questo vale per ogni possibile città dell’intero Pianeta) non è esattamente quella di una volta eppure, per converso, è costitutivamente, nelle sue fondamenta, nei suoi ingredienti che la animano, anche quella di una volta. Proprio come la vita dell’uomo: non siamo più chi eravamo a vent’anni (inesperti, ambiziosi o incapaci nel prendere una decisione) ma ciò che siamo deriva di certo da ciò che abbiamo nel tempo vissuto, deciso, maturato, intrapreso, condotto e così via. Ecco perché una pubblicazione come questa della Siviero ci aiuta enormemente a fare, in un certo senso, i conti con noi stessi, ci richiama a vederci attraverso lenti diversi, a istituire una lettura del vissuto in termini non tanto cronologici, scanditi dai momenti singoli, quanto comparativi, in termini di raffronto. Tale operazione non ha (o per lo meno non dovrebbe avere) un taglio di segno negativo ovverosia indagare solamente le mancanze, le criticità, le problematiche distintive del presente che, nel passato, neppure erano lontanamente configurabili[3]. Vale a dire tale tipo di lettura non dovrebbe rivestire la sola velleità di denunciare tutto del presente per esaltare – senza sé e senza ma – la bellezza indiscussa e il benessere del passato ma, al contrario, deve essere capace di mettere in luce, con attenzione e criticità, il cambio degli usi e gli atteggiamenti umani con acribia e fedeltà. Questo perché – e sarebbe ingiusto dirlo – non è sostenibile il discorso che il presente sia tutto negativo, improntato alla sfascio, posseduto da una degenerazione insopprimibile e il passato un Eldorado mitico; in questi casi ci troveremo dinanzi a forme esasperate di nostalgia (che come ben sappiamo quando si estremizzano diventano patologiche e possono permettere l’insorgenza o dar compimento a problematiche difficilmente sanabili), di vittimismo, di misantropia e di mancato inserimento nel contesto nel quale siamo collocati.

La Siviero mostra degnamente, mediante i suoi versi il cui tono va dal ludico all’ammonente, dallo speranzoso al melanconico, dall’ironico al serio, come la dimensione del dialetto – vox populi – sia protagonista fondamentale – e degna di rispetto – nell’analisi di un popolo, di una comunità che nel tempo si tramanda, cambia, s’evolve, sente nuove necessità, cresce, si sviluppa.

Se, allora, le troppo frequenti (e banali) considerazioni di “era meglio una volta”, “Si stava meglio quando si stava peggio” appaiono perifrasi ridondanti poco rispondenti al vero, va di certo tenuto conto che il passato ha rivestito, comunque, un momento cruciale nella vita di un popolo “siamo chi siamo stati”, sembra di sentir dire. Questo confronto dialettico tra età diverse che i versi della Siviero mostra è molto ricco e foriero di considerazioni di questa risma.

Come già accennato poco fa dovremmo concepire il dialetto termolese (e non genericamente molisano, dacché all’interno di tale Regione – come avviene per l’Italia tutta – sono configurabili vari sotto-ceppi e idioletti) come lingua di scambio tra ieri e oggi, quale travaso di quel sapere arcaico e popolare che si trasmette all’oggi, senza la celebrazione che qualche sfegatato delle lingue locali e di campanilismo fa, con il solo intendimento di preservare quel codice che, immancabilmente, inserito nel contesto moderno, della società consumistica e massificata dell’oggi, non può che essere diverso da quello di ieri.

Le influenze con altre lingue e codici espressivi, le ibridazioni, le forme di contatto, le storicizzazioni di alcuni termini e, di riflesso, l’entrata di altri, da lingua viva quale il dialetto è, non può che mutare con i tempi. Qualche tempo fa – non risulta importante ai fini di questo testo riportare nomi o riferimenti espliciti al dialetto interessato – un giornalista, recensendo (o tentando di recensire) l’opera dialettale di un poeta locale ottuagenario (noto nel contesto nel quale viveva e con numerose pubblicazioni alle spalle) aveva rimarcato nelle sue considerazioni come il dialetto di quell’autore fosse arcaico, obsoleto, non più efficace e realistico, non rispondente ormai alla lingua dialettale che realmente si parlava. Al di là delle ire dell’interessato – accanito sostenitore della precisione di quella sua forma dialettale e dell’unicità del dialetto – che ne derivarono, venne messa in risalto una realtà importante: quella della naturale derivazione e sviluppo, nel tempo, di ciascuna lingua e, dunque, anche del dialetto. Il dialetto di quel signore era testimone di un’età passata, completamente tramontata, che lui proponeva come ancora attuale quando, invece, tutto testimoniava il contrario. Episodi come questo se ne potrebbero raccontare a decine; si pensi anche all’italiano che si parlò e alcuni casi si parla ancora in alcune famiglie e comunità discendenti da italiani espatriati all’inizio del secolo scorso in sud America che è l’italiano pre-espatrio e, dunque, non è assolutamente l’italiano che poi nella sua culla, nel contesto appunto italiano, si è modificato e sviluppato sino ad essere quello che è oggi. Manifestazioni concrete, appunto, di come la lingua non si conservi tale e inalterata nel tempo ma che, al contrario, subisce un immancabile processo di differenziazione e sviluppo dettato da ragioni sociali, storiche, geopolitiche, di sviluppo scientifico, di contiguità e contaminazione con altre lingue (ibridismi, calchi semantici, prestiti, etc.). Reputo tale parentesi – che in realtà è un tema ampio di studiosi, linguisti e dialettologi – rilevante in tale contesto di analisi dell’opera poetica della termolese Antonietta Siviero alla quale, va ricordato, è stato recentemente attribuito il Premio “Raffaele Pellicciotta” istituito dal Comune di Perano (CH) in memoria dell’insigne intellettuale e medico che lì nacque nel 1903 che, tra le varie opere, pubblicò il Vocabolario etimologico della lingua Frentana e poi di Perano in Val di Sangro, “tentando di ricostruire la vicenda umana, culturale, linguistica e civile nel tentativo di ricomporre l’identità storica e sociale della gente della Val di Sangro per innestarla nel quadro generale della storia di tutta la Regione e, quindi, di tutta la Nazione”[4].

Tra le tematiche d’interesse sociali che fuoriescono dalla raccolta analizzate nella sua recensione apparsa su Logos Cultura vi sono l’inquinamento nella forma dei fiumi contaminati, l’insorgenza di fenomeni metereologici improvvisi e rovinosi per l’ambiente e le culture, come la grandine; finanche questioni di carattere bioetico, che si interrogano fino a dove la scienza e il progresso possono spingersi (la fecondazione assistita, vi è una poesia sulla pratica dall’indecoroso epiteto di “utero in affitto”) ma anche il fenomeno dell’immigrazione visto, non tanto dalla disperazione dei poveri cristi che lasciano il paese e s’imbattono in un viaggio difficile e insicuro, ma delle ONG, questi enti che – come la cronaca spesso ha documentato – dietro veli di spirito solidale e umanitario, celano interessi privati, speculazione, una macchina di sfruttamento indicibile.

Per chi (ancora) non ha mai visitato Termoli, questo libro si presenta anche particolarmente avvincente per percorrerne alcuni dei possibili tragitti turistici, tra le rejiecèlle[5], grazie agli scorci visivi che la Nostra ci consegna, delle vere e proprie cartoline, a partire dal Castello “piramidäle, che sòpe na tórre quadräte/ e cacche remasùjje de mèrlature./ Setuäte ìmbìzze ‘u müre du märe,/ ‘u casìlle ghé a sendenèlle/ de Tèrmele[6] (14) ai fascinosi trabucchi dell’omonima poesia: “’Ntrunate a mizze i scujje/ ‘u trabùcche ghé ‘ngandatore./ Alambíde, sòpe i päle sturte,/ senza frègge./ […]/ Pe meràcule sta casärelle de legnäme/ te päre ‘u pàlche dù munne./ […]/ A la ‘ndrasàtte ‘u trabùcche/ devende ‘u tróne da vite,/ na luche affatäte,/ a forze e a fatì[7] (30), luoghi dell’anima che, col cuore in mano, la porta a confessare il suo imperituro amore: “Tèrmele mï che ‘ngande si!/ Si’ come ‘u sunne du prïm’amóre,/ si’ nu brellànde da tenè’ ndù córe” (70)[8].

LORENZO SPURIO

Jesi, 15-06-2020

E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. 


[1]Termoli non è più/ quello di una volta” (63).

[2] Daniela Quieti, “Ermete Pellicciotta sulla raccolta di poesia dialettale Termele ndù core di Antonietta Siviero, Logos Cultura, 7 ottobre 2019. http://www.logoscultura.it/ermete-pellicciotta-sulla-raccolta-di-poesia-dialettali-termele-ndu-core-di-antonietta-siviero/

[3] Come avviene ad esempio, nella poesia “Per il Maestro Achille Pace”, dedicata all’artista termolese che, con il premio da lui fondato, fece risaltare Termoli all’interno del contesto internazionale e che, oggi, purtroppo, è dimenticato in via generale dall’Amministrazione locale ma non – come dimostra l’autrice – dal popolo. In questa poesia leggiamo: “Oramä’ a stù paèse/ ‘nge capisce sbajjocche,/ […]/ Ce sennäme l’arte/ e chi ha fàtte canosce a mìzze mùnne/ Tèrmele che l’arte” (60); in italiano: “Ormai a questo paese/ non si capisce più niente,/ […]/ Ci sogniamo l’arte/ e chi ha fatto conoscere a mezzo mondo/ Termoli con l’arte” (61).

[4] Così si può leggere nella presentazione dell’autore dal suo sito ufficiale: https://www.raffaelepellicciotta.it/biografia-raffaele-pellicciotta-vita-opere-operato/ Sito consultato il 15/06/2020.

[5] Sono, come l’autrice indica nell’apposita nota a piè di pagina, le “strettissime strade del paese vecchio” (56).

[6]piramidale, con sopra una torre quadrata/ e qualche rimanenza di smerlatura./ Situato sull’orlo del muro del mare,/ il Castello è sentinella/ di Termoli” (15).

[7]Intronato in mezzo agli scogli/ il trabucco è incantatore./ In piedi, sopra i pali storti,/ senza ornamento./ […]/ Per miracolo questa casetta di legno/ ti sembra il palco del mondo./ […]/ All’improvviso il trabucco/ diventa il trono della vita,/ un luogo incantato,/ la forza e il lavoro” (31).

[8]Termoli mio, che incanto sei!/ Sei come il sogno del primo amore,/ sei un gioiello da tenere nel cuore” (71).

Pubblicata la nuova raccolta poetica di Giulio Marchetti, “Specchi ciechi”

Giulio Marchetti (Roma, 1982) ha esordito con Il sogno della vita (2008) – finalista al “Premio Carver”) a cui sono seguiti Energia del vuoto (2010) e La notte oscura (2012). In Apologia del sublime (2014) ha raccolto le precedenti pubblicazioni con l’aggiunta della sezione di inediti dal titolo “Disastri”. A questa opera sono seguite Ghiaccio nero (2015) e Specchi ciechi (2020).

MARCHETTI GIULIO COP fronte.pdf_page_1Con la silloge Cieli immensi – tratta da La notte oscura – ha vinto il Premio “Laurentum” 2011, sezione sms. Numerosi i premi letterari ottenuti tra cui il terzo premio al Premio Nazionale di Arti Letterarie “Città di Torino” e il Premio Internazionale “Tulliola”. Della sua poesia si sono occupati, tra gli altri, Paolo Ruffilli, Maria Grazia Calandrone, Renato Fiorito e Gabriele La Porta.

Renato Fiorito, Presidente del Premio “Don Luigi di Liegro” così ha scritto sul suo libro Ghiaccio nero (2015) meritevole di menzione d’onore: «Il poeta dà voce alla sua solitudine con parole a lungo ripensate per un linguaggio nuovo, elaborato sulla base di insistiti ossimori che, del resto, il titolo stesso annuncia. L’effetto è una atmosfera a volte straniante, a volte coinvolgente, con punte alte di autentica poesia».

Specchi ciechi si apre con una prefazione di Maria Grazia Calandrone; il suo apparato critico è degno di menzione dal momento che, in chiusura, sono presenti anche la postfazione a firma di Vincenzo Guarracino e una nota di Riccardo Sinigallia. La Calandrone così scrive nella sua presentazione critica: «La poesia di Marchetti è percossa dalla consapevolezza della fine. Battuta proprio da un vento, nero, che percorre le pagine di questo libro, breve e intenso. Anche la gioia pare essere un provvisorio argine del nulla e di un dolore pervasivo che, da un già quasi profondo nuovo millennio, arriva a nominare la gozzaniana «culla vuota». Dunque – veniamo stretti a chiederci – cos’è vivere e, soprattutto, a che vale vivere questi giorni, divisi dalla scure muta della notte? E cos’è il vivere di questo corpo che si allunga, come un ponte esposto alle intemperie, tra buio e buio, senza legge morale e senza stelle? Rispondendo al quesito esistenziale, senza però avere la pretesa di rispondere, Marchetti dissemina qui e là intenzioni e, più spesso, intuizioni liriche, che costruiscono, pagina dopo pagina, una costellazione di senso, l’attrito che ci dà l’impressione di esistere, pure nel vuoto, l’appiglio mentre scivoliamo, un pur esile arbusto di parole col fiato corto, che però vale».

 

Tre poesie estratte dalla silloge Specchi ciechi

 

Naufragio

 

Così avvinta dalla materia

si accresce di ombre

la vita.

Sulla sabbia

– che vola senza vento –

si cerca

il confine della noia.

E si spinge (con

o senza mani)

l’imbarcazione fragile

del pensiero

al di là

di una gioia-tampone.

Mentre urla

il naufragio

contro la notte.

*

Notturno

 

Tra sorgenti aride e fitte

paludi, tu mi dici

che l’acqua è vita.

Ecco l’atomo

di gioia: brilla

impercettibilmente.

La scure silenziosa

(che divide dal domani

ogni giorno)

è la notte.

I pensieri nel buio

fatalmente

si avvolgono

allo stesso nodo.

*

Tra due notti

 

Notte buia

in me.

Niente stelle

fuori di me.

Sono l’unico traliccio

tra due notti spaventose.

Tra due notti non c’è il giorno,

ci sono io.

 

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