N.E. 02/2024 – “solstizio d’inverno 2023” e “per legge naturale lussureggiano gli ibridi”, due poesie di Annamaria Ferramosca

solstizio d’inverno 2023

il sole si è fermato

inospitale ancora la casa dell’umano

immersa nella notte

di un feroce dicembre

trapassano nell’oltre innocenti a migliaia                         

                           spirito dove sei?

dal nido tra i rami sul balcone

la tortora  tur tur ripete

sillabe ostinate   tamburo incomprensibile 

                         sei qui spirito?   

e in quattro intervalli ritmici

la gatta partorisce quattro piccoli

ciechi s’aggrappano ciascuno al suo filo di latte 

                         sei qui spirito?

insiste l’inverno nei suoi rami nudi

essenziale come il vecchio

che dentro noi si sta facendo strada

il corpo freddo incurvato sul fuoco-cuore

ma deboli i segnali né soprassalti da salvare

                         se ci sei spirito devi svelare

la vita si fa furore di nebbia

si fa simile alla sua assenza la vita

eppure come sempre

quando sarà svanita

lascerà su ogni sedia vuota

già il brivido di una nuova primavera

                     se ci sei spirito devi svelare

*

per legge naturale lussureggiano gli ibridi

noi che ansiosi guardiamo l’ora veloce

noi che sempre sprechiamo il giusto tempo

al tempo lasceremo

scorie indistruttibili

qualche bestiola vagante e

infinito disperato silenzio

le parolepensiero dissolte

nel marasma virtuale

terramadre prostrata piagata

incredula per ogni anagrafe interrotta

in angosciosa attesa di rigenerazione

mostra feritedomande all’universo

chissà una risposta dall’alto

già sta muovendo massicce migrazioni

noi tutti ritornati nomadi affamati

smarriti a chiederci

da chi saremo accolti o allontanati

certezza dolce è questa nostra ibridazione

lussureggiando

diverremo più sani più saggi più belli

riusciremo forse a salvare da noi stessi

i nostri innocenti semi


Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autore ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

N.E. 01/2023 – Recensione di “Ogni respiro un mondo” di Tiziana Colusso. A cura di Annamaria Ferramosca

L’invito che Tiziana Colusso rivolge al lettore nella nota a fine libro Ogni respiro un mondo (La Vita Felice, 2022) è ineludibile: chi attraversa queste pagine di poesia e insieme di denso sapore sapienziale, non può esimersi dall’aggiungere il proprio respiro-mondo a quello ben più largo, cosmico e pure profondamente umano, che qui si svolge e fortemente coinvolge.

Il respiro a cui allude Tiziana si configura, nella sua visione di armonia universale, come un moto quantico sottile, un flusso di energia che abbraccia tempo e spazio, materia di anatomie viventi e materia – presunta inerte – dei quattro elementi aria-acqua-terra-fuoco, che abitano cieli laghi oceani crosta terrestre. Il respiro attraversa felicemente ogni molecola e corpo lungo la loro storia evolutiva, e ne trascina traccia ovunque, fondendo le dimensioni e infondendo la propria impronta in ogni entità. Come non scorgere in questa visione armonica del tutto, di certo di ispirazione orientale, anche il velo imprendibile della poesia, la sua limpida e onnicomprensiva dimensione dell’ascolto e dello sguardo! È questo costante ascolto che porta i poeti a percepire la musica cosmica, la bellezza e l’equilibrio capaci di illuminare ogni buio. Così Tiziana Colusso dice in poesia della voce di Joan Baez percepita come un “paradiso inarrivabile”, del sapore sacro di ogni emozione, chiedendosi perfino della possibilità di presentire future trasmutazioni in consistenze angeliche.

È il respiro, ancora, non è certamente un moto fisiologico, ma una spinta sublime, nel senso etimologico di sub limine, sotto la soglia comunemente percepibile, che accomuna oceani e continenti, umani in preghiera o in terrore, viventi che cantano o sognano. Così lungo i quanti del respiro la dimensione del sacro può riapparire nel ricordo del padre che recita preghiere in latino, o un sogno può far rivivere l’istinto di protezione della figlia verso la madre che, atterrita dalle onde è acquietata dal respiro.  

Questa pratica del respiro-pensiero-vita, che penso sia quotidiano spazio contemplativo buddista di Tiziana, si rivela nella scena della visita al tempio tibetano sull’Amiata, soglia aperta da cui lei guarda l’universo, che le rende visibile in un filo di nebbia il canto di una cinciallegra, come lontana eco di un pianto trasmutato. La mente può, sembra dichiarare l’autrice, superare il tempo di ogni ferita, ogni urto, e ritornare libera nella luce, alla inesauribile promessa della vita.

E all’ascolto segue il suono, che segna incisivamente l’espressione del pensiero, facendosi grido potente di consonanze, come nell‘achtung dato nel testo a pag. 21, avvertimento a non soffermarsi sul ricordo di torti subiti, reali o presunti, ad avere invece il coraggio di sostare sull’essenza del nostro dentro, con i suoi vari nomi di mente/anima/coscienza, unica nostra persistente luce. E Tiziana dimostra la sua bella padronanza del ritmo, maneggiando con grande efficacia comunicativa la sonorità del lessico, come nel testo di pag.25, dove la soluzione essenziale del vivere non potrebbe essere detta se non in questo incisivo memorabile altro modo:               

Ancora un nodo                          un nuovo torto

                  sul filo ritorto del divenire:

           ci vuole senz’altro un altro modo

                                             un nuovo mondo,

un tèlos tessuto

                         di consonanze

                                alleanze mute

Nella visione di un equilibrio universale non potevano certamente mancare le riflessioni accorate sulla violenza perpetrata al pianeta, terracqua violata che pure, materna, accoglierà nel ventre gli umani colpevoli dello scempio e della propria estinzione.  Eppure Colusso crede ancora nella resipiscenza dell’umano, perché spera nella creatura che non s’arrende (pag. 30), come nella sua acuta sensibilità e costante inquietudine si autopercepisce. Cercare la quiete, trovare spazi di chiarezza e flashes di saggezza si può ancora, come nel suo saper sorridere sui bordi di ogni deserto-metafora, nel suo giocare il gioco delle parole (è il suo poiein!), nel mai disperare e sempre resistere.

Tutto il libro offre squarci sorprendenti, con versi che ci fanno basculare tra la tensione ferma a vigilare e proteggere il respiro del mondo, e la dimensione contemplativa pura, come nella bellissima scena dell’infante che segue le ombre fluttuanti sulla culla, immagine stupita di un nostro tempo originario, lontanissimo. E pure l’autrice dichiara, come contraddicendosi, di continuare a lasciarsi sommergere dalle voci vorticose del reale, che a volte le appaiono più dense e significative di ogni possibile poesia. Ma la contraddizione svanisce leggendo le ultime tre sezioni, dove la sua poesia assume una piega più disincantata sulla propria vicenda esistenziale. Nella sezione Fons Sapientiae vi è una sosta nel luogo dello studio giovanile, intorno alla Fontana della Minerva – Università degli Studi La Sapienza, dove l’autrice fa un bilancio del suo viaggio e delle sue aspirazioni, soffuso di nostalgia e percezione-accettazione del proprio destino. Nella sezione Alfabeti vegetali si prosegue affabulando un cammino assimilato all’incantevole percorso di un seme-infanzia vivida e incontaminata, che diviene macinato-maturità tormentata dalle sofferenze del mondo; un pane infine che potrebbe lievitare in sacrosanta pace, ma ne è impedito dalle ferite continuamente inferte all’equilibrio umano e planetario.

La poetessa offre quindi una commossa dichiarazione di gratitudine al mondo vegetale, dal seme che riesce a germogliare anche da una stretta fessura, all’albero che resta – nobile sentinella – la sola essenza autentica e generosa rimastaci accanto nel degradato ambiente urbano.

Per poi terminare il proprio canto che meravigliosamente si colora con insert di altre lingue, quasi in una preghiera accorata di comprensione e solidarietà globale, un respiro largo ancora, per scongiurare ogni deriva.

*

Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

N.E. 01/2023 – “Annamaria Ferramosca, poeta del primigenio presente”. Articolo di Francesca Innocenzi

Nata a Tricase, in Salento, residente a Roma da molti anni, Annamaria Ferramosca è un’autrice di grande rilievo nel panorama poetico contemporaneo; a ragione di ciò, la commissione di giuria del Premio letterario da me presieduto, Paesaggio Interiore, ha deciso di conferirle il premio alla carriera.

Ferramosca ha lavorato come biologa docente e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura Italiana per alcuni anni presso l’Università Roma Tre. Ha all’attivo collaborazioni e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con noti siti italiani di poesia. È stata ideatrice e per molti anni curatrice della rubrica Poesia Condivisa nel portale poesia2punto0. È ambasciatrice per Italia e Puglia di Poetry Sound Library, mappa sonora mondiale delle voci poetiche.

Ha pubblicato undici libri di poesia, tra cui il recente Per segni accesi, Giuliano Ladolfi Editore, Premio Voci Città di Roma, selezionato al Premio Camaiore, finalista al Premio Lorenzo Montano; Curve di livello, Marsilio, Premio Astrolabio, finalista al Premio Camaiore; Other Signs, OtherCircles—Selected Poems1990-2008, libro antologico di percorso edito per Chelsea Editions di New York nella collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti (traduzioni di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti), Premio Città di Cattolica; Andare per salti, Premio Speciale ”Una vita in Poesia”al Lorenzo Montano, rosa del Premio Elio Pagliarani, finalista al Premio Guido Gozzano; Ciclica, La Vita Felice;Paso Doble, Empiria, volume bilingue di poesie a quattro mani, coautrice la poetessa irlandese Anamaría Crowe Serrano, che ha tradotto anche la raccolta Porte/Doors, Edizioni del Leone, Premio Internazionale Forum-Den Haag.

Sua è la cura della versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno Gheorghe Vidican 3D-Poesie 2003-2013, CFR, che ha ricevuto il Premio Accademia di Romania per la traduzione.

È presente con testi poetici, recensioni e saggi critici alla sua scrittura in numerosi volumi collettanei, antologie e riviste italiane e straniere. Sue poesie, presenti nei più noti siti di poesia italiani, sono state anche tradotte, oltre che in inglese (Anamaria Crowe Serrano, Riccardo Duranti), in greco (Evanghelia Polimou), rumeno (Eliza Macadan), spagnolo (Antonio Nazzaro), turco (Mesut Senol), arabo (Sayed Gouda).

La poesia di Annamaria Ferramosca, che ha ottenuto attenzione e riconoscimenti a livello internazionale, canta per sprazzi e visioni le radici ancestrali del divenire collettivo; segue a ritroso il cammino verso l’essenza, che annulla le differenze e le divisioni tra gli uomini, così spesso disorientati dalla solitudine, dall’indifferenza, dalla violenza del mondo; adotta un linguaggio archetipico e nel contempo attuale, legato ad un sapere onnicomprensivo, dal mito alla scienza e alla tecnica. Il verso si snoda in un tempo atemporale, il dopo-prima del suono primigenio, denso, onomatopeico, pre-parola. E la lingua dei primordi, fono originario che ha il potere di unire tutte le forme di vita in un armonico cerchio, è proprio la poesia.

In particolare, con la sua ultima raccolta, Per segni accesi (Giuliano Ladolfi editore 2021), Ferramosca si distingue per un’ulteriore prova poetica estremamente densa di significati, richiami, messaggi. Come evidenzia Maria Grazia Calandrone nella prefazione, l’autrice percepisce la sottile «comunione terrestre di vivi e morti e altre forme viventi».

La suddivisione dell’opera in tre sezioni (le origini l’andare, i lumi i cerchi, per segni accesi) propone un progressivo climax verso un vertice che è esso stesso ponte, con il punto mediano che delinea la figura del cerchio: simbolo di un’unità e un’armonia esistenti come memoria ed auspicio. La «misura del cerchio» è quella volontà di coesione e di condivisione che sola può impedire l’inabissamento dell’umanità. L’univerbazione «fogliepietreanimali» esprime questa profonda unione tra gli esseri, composti della stessa sostanza, in una lettura del reale che scende fino agli enti microscopici (atomi, molecole), fondando l’indivisibilità tra spirito e materia.

Per sprazzi e visioni, l’io lirico canta l’ancestralità del divenire collettivo; segue a ritroso il cammino verso l’essenza, che annulla le differenze, le divisioni, le discordie, la sopraffazione da parte del più forte: «ibridi siamo e solo per amore/ ibridi camminiamo accanto per millenni/ lasciando a terra ibridi uccisi/ ibridi schiavi ibridi annientati/ il senso è oscuro o uno scuro/ disegno governa/ tutte le cadute le polveri/ i lumi le ricostruzioni». La ricerca intorno all’arché è condotta anche attraverso la terminologia delle scienze, nell’ottica di un sapere onnicomprensivo, che spazia dal mito alla tecnica.

Ritrovare l’origine significa nutrire una memoria di condivisione tra umani; e la poesia è lingua dei primordi, artefice e testimone del connubio tra le forme di vita. Affiorano così ricordi di un’età dell’oro, di una edenica armonia che permeava il tutto, prima che si edificassero muri divisori; reminiscenze dell’infanzia del mondo, dove il gioco è pienezza di senso; echi di un paesaggio mediterraneo come spazio mitico, fonte di inesausta narrazione: come nei racconti di Sheerazade, la parola-logos è in rapporto con la vita e con la morte. Si aprono a squarci bagliori di vissuto personale e immaginifici voli nel dopo. A livello globale si prefigura un futuro/passato in cui la deriva tecnologica cederà il posto al suono primigenio, denso e onomatopeico, alla pre-parola: «e noi/ presi alla sprovvista/senza nemmeno un ultimo selfie/ tornati nel deserto  disorientati/ da babel imbarbariti/di nuovo a balbettare/ in smozzicate sillabe/    bar bar bar».

Non mancano amari scorci di un’umanità disorientata dalle nebbie della solitudine, dell’indifferenza, dalla perdita del verbo originario. La distruzione che colpisce inesorabile flora e fauna – si vedano i versi di vita da riscrivere – è emblema di un male pervasivo, di una deflagrante disarmonia. Del resto, la condizione umana è perennemente precaria e in subbuglio; la transumanza, la migrazione le sono intrinseche: «noi, veri migranti/verso l’abisso». Non possiamo esimerci dall’abitare l’incerto, di vivere l’incontro come enigma. Il cambiamento ci accompagna silenzioso nelle cellule. E il ciclo di morte/rinascita, in quanto destino della specie e del pianeta, coinvolge la materia tutta. L’immagine di copertina, realizzata da Cristina Bove, che raffigura un biancore di vela svettante in una marina notturna, rinvia efficacemente all’idea di moto nel tempo e nello spazio, all’incessante divenire che si fa promessa per il domani: «verrà l’oceano/verranno le sue vele/ saremo nuovi per nuovi continenti».

Cosa sono, dunque, quei segni accesi che baluginano dal titolo, avvio, veicolo ed acme del percorso? Essi provengono da epoche molto lontane, dagli albori dell’umanità; sono la via per la rinascita, per collegare la fine all’inizio; sono musica, nella riproduzione di tempi, ritmi e suoni, a modulare la parola che vivifica l’esistere, qui e ovunque, ora e sempre, affratellando l’uomo all’uomo e all’universo.

Selezione di testi

da Per segni accesi, Giuliano Ladolfi Editore, 2021

piega verso settentrione il cammino

un capriccio obliquo della luce

segue la pelle bruna    la scolora

azzurrisce occhi    fa chiari i capelli

larga piove bellezza sulla terra

e ci fa ibridi lungo i meridiani

ibridi siamo e solo per amore

ibridi camminiamo accanto per millenni

lasciando a terra ibridi uccisi

ibridi schiavi ibridi annientati

il senso è oscuro o uno scuro

disegno governa

tutte le cadute le polveri

i lumi le ricostruzioni

(finché il sole irradia si ripetono

incontro disincontro

i segni sulla sabbia    indecifrabili)

*

fare tabula rasa dei pensieri

affidarsi al buio

con la sicurezza dei ciechi

sostare ad ogni angolo della notte

afferrare i lumi al baluginare dell’alba

sulla bocca delle sorgenti

nel luccichio delle nascite

verrà l’oceano

verranno le sue vele

saremo nuovi per nuovi continenti

*

è l’alba    sulle onde arrivano

dal mare di mezzo

non barche ma    cesti di gelsomini d’africa

culle intrecciate con erbe di savana

lasciate andare alla deriva

– verrà salvezza dalle acque –

a navigare verso un luccichio di nevi

a nord l’approdo dove

una lupa bianca forse sarà pronta

ad allattare nati non suoi

nord che saprà ancora riconoscere

il respiro caldo delle origini

memoria del cerchio a piedi nudi

era prossimità    danza battente

all’unisono con il ritmo del cuore

*

salvataggio da babel

ascolta ora    questa voce

in mp3 recorded   devi ricordare

come alter voci   a milioni   per il dopo

potrai salvarle? – per il dopo – dico

il dopo del grande sisma   il grande

regolatore   quando

il dio economico sarà crollato

caduto in pezzi pure il dio robotico

torcendosi in sordi borborigmi

                           bor bor bor

e noi

presi alla sprovvista

senza nemmeno un ultimo selfie

tornati nel deserto   disorientati

da babel imbarbariti

di nuovo a balbettare

in smozzicate sillabe

               bar bar bar

*

un marzo silenzioso con

lance spuntate

non fa più la guardia alla mia veglia

sul balcone la tortora nel nido

insieme a me attende il buio    forse

anche lei inseguendo un ricordo

che si fa segno quando

cicale neonate spuntavano pallide da terra

veloci abbrunavano alla luce

e già con furia finivano sapendo

la brevità del canto

il mio allenarmi per il grande volo

è sostare su vecchie foto in bianconero

rivedermi in quel semisorriso

tra tutti quei cari scomparsi

che mi tendono le braccia    m’invitano

salgo    mi metto comoda sui cirri

sotto il capo un cuscino

di foglie di limone    all’uso greco

il volo è leggero    silenzioso

senza vuoti d’aria    senza direzione

l’orizzonte ha cancelli ossidati   cigolano

per poesie rugginose ancora da rivedere

password dimenticate

ho lasciato

tutte le chiavi appese dove sapete

i libri ordinati negli scaffali

fieri    ben stretti

ricordate    vorrebbero di tanto in tanto respirare

esigono    come tutti

di avere incontri    essere aperti

(non solo spolverati)

*

Questo testo viene pubblicato su questo dominio (www.blogletteratura.com) all’interno della sezione dedicata relativa alla rivista “Nuova Euterpe” a seguito della selezione della Redazione, con l’autorizzazione dell’Autore/Autrice, proprietario/a e senza nulla avere a pretendere da quest’ultimo/a all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ vietato riprodurre il presente testo in formato integrale o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’Autore. La citazione è consentita e, quale riferimento bibliografico, oltre a riportare nome e cognome dell’Autore/Autrice, titolo integrale del brano, si dovrà far seguire il riferimento «Nuova Euterpe» n°01/2023, unitamente al link dove l’opera si trova.

Annamaria Ferramosca presenta “Per segni accesi”, il 26 maggio alla Biblioteca Laurentina

Segnalazione di Lorenzo Spurio

Giovedì 26 maggio a partire dalle ore 18:00 presso la Biblioteca Laurentina (Piazzale Elsa Morante n°16) si terrà un incontro-concerto di poesia sul libro Per segni accesi (Ladolfi, 2021) della poetessa Annamaria Ferramosca. La presentazione, che si avvarrà di un’introduzione critica della poetessa Marzia Spinelli, sarà un concerto-poesia, un recital dei testi dalla voce dell’autrice, in sinestesia con musica dal violino di Valeria Profeta Romano.            

Annamaria Ferramosca è orgogliosamente salentina pur vivendo a Roma da molti anni. Umanista e biologa, è da sempre interessata alla dimensione poetica. Collabora con numerosi siti web con apporti critici e cura progetti sinestetici di poesia con musica, pittura, danza. Per vari anni è stata redattrice e curatrice della rubrica “Poesia Condivisa” nel portale Poesia2punto0, dove ha diffuso la scrittura di noti poeti da tutto il mondo. Ha pubblicato undici libri di poesia, tra cui Curve di Livello (vincitore del Premio “Astrolabio”, finalista ai Premi Camaiore, Pascoli e Montano), OtherSigns, Other Circles – Selected  Poems 1990-2008 e Per segni accesi che ha ottenuto già vari riconoscimenti tra cui il Premio “Voci – Città di Roma”, finalista al Premio “Lorenzo Montano” e selezionato al noto Premio Camaiore. Suoi testi poetici appaiono in numerose antologie e riviste italiane e straniere, tradotti oltre che in inglese, in spagnolo, rumeno, greco, arabo e turco.

Così Antonio Fiori ha scritto su Per segni accesi di Annamaria Ferramosca: “[L’Autrice] ci conduce per mano in un cammino iniziatico che parte dal mistero della maternità e della nascita, affronta il primo panorama ancestrale del pianeta, quindi l’inspiegabilità del mondo. Attraverso il miracolo rinnovato della vita la poesia prende coraggio e fiducia e ritorna la ricomposizione, che l’infanzia miracolosamente compie. Tutta la realtà è interrogata sulla possibile “vita da riscrivere”, la salvezza dalla ripetizione dell’errore: le nostre città virtuali, gli oggetti capaci di parlare, la musica, e soprattutto la natura intera che risponde, mentre il testo poetico diventa canto”.

Il commento di Antonella Rizzo parla del volume quale “una sorta di racconto antropologico e misterico di un viaggio attraverso le rivelazioni della Natura e dell’Io, sedimentato dalle esperienze di vita carnali e intellettuali. I segni accesi sono le lettere di un alfabeto ancestrale disseminati nelle piaghe aperte della natura, edicole erette ai crocevia delle strade principali dell’esistenza. Sono parole di grande consistenza letteraria e simbolica che segnano come crismi i punti chiave dove arrestare la corsa e riconsiderare l’itinerario del percorso tracciato, ma mai completamente definito, della vita”.

Ad accompagnare la serata poetica saranno Marzia Spinelli e Valeria Profeta Romano. Marzia Spinelli è stata tra i fondatori della rivista Línfera, nella redazione della rivista Fiori del male e ha collaborato ad altre riviste di arte e letteratura.  Èpresente in varie antologie e in diversi blog letterari. Ha curato rassegne di poesia presso la Federazione Unitaria Italiana Scrittori e il Comune di Roma. Ha pubblicato: Fare e disfare (Lietocolle, 2009), Nelle tue stanze (Progetto Cultura, 2012), Nel cielo dell’altro un po’ più ampio (ebook, 2014), Trincea di nuvole e d’ombre (Marco Saya, 2019).

Valeria Profeta Romano ha conseguito i Diplomi nei due strumenti principali Violino e Pianoforte e la Laurea in composizione presso il Conservatorio “S. Cecilia” di Roma. Le sue città di formazione attraversano tutta l’Italia: da Catania a Roma, da Genova a Bologna, seguendo il grande pianista e didatta Massimiliano Damerini, non tralasciando la pratica corale e la Direzione di coro, così come il linguaggio jazz che contamina alcune delle sue composizioni. Ha ricevuto premi e riconoscimenti e borse di studio presso il  Centre International de Formation Musicale di Nizza e  presso la Dartington International Summer School. A Roma è stata più volte pianista accompagnatore presso il Conservatorio di S. Cecilia. Tiene concerti sia da solista che in formazione cameristica in Europa e negli Stati Uniti. Attualmente è titolare della cattedra di violino presso il Liceo Musicale Statale “Farnesina” di Roma.

Al Macro (Roma) il 14 aprile la presentazione della “Poetry Sound Library” ideata da Giovanna Iorio: riflessioni sulla voce

Si terrà presso la Sala Cinema del Macro (Museo d’Arte Contemporanea) a Roma (Via Nizza n°138 / Via Reggio Emilia n°54) il  14 Aprile 2019 a partire dalle ore 11:00 la presentazione nazionale della Mappa Mondiale delle voci poetiche “Poetry Sound Library” un inedito e riuscitissimo progetto di poesia performativa ideato e curato da alcuni mesi dalla poetessa Giovanna Iorio e del quale si era precedentemente parlato su “Blog Letteratura e Cultura” in un breve articolo di segnalazione del 29/11/2018  raggiungibile cliccando qui. L’iniziativa vedrà la presenza, oltre che dell’ideatrice, di Anna Maria Curci e Stefania Di Lino, nel ruolo di moderatrici, e di Anna Caragnano e Notturno Concertante per quanto concerne letture e musiche. 

Numerosissimi gli interventi previsti di poeti, Ambasciatori di questo progetto, tra giornalisti, autori, promotori culturali, etc. che hanno aderito al progetto della “Poetry Sound Library” , che daranno il loro contributo con le loro “Riflessioni sulla voce” e avranno a disposizione ciascuno tre minuti di tempo per un intervento personale sul significato di questa mappatura di voci poetiche. Tra di loro (tutti i nominativi compaiono nella locandina ufficiale dell’evento, che segue) Michela Zanarella, Eugenia Serafini, Mariapia Quintavalla, Claudio Damiani, Cinzia Marulli, Annamaria Ferramosca, Lucianna Argentino, Maurizio Soldini e Nadia Chiaverini. 

 

INFO: http://www.museomacro.it – info.macro@palaexpo.it

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