Corrado Calabrò presenta “Janelas de silencio” all’Istituto Portoghese di Sant’Antonio (Roma) il 29 nov.

Janelas de silencio. Poesias 2013-2017 (letteralmente Finestre del silenzio), pubblicato dall’editore Vasco Rosa di Lisbona nel 2017 è la più recente pubblicazione del noto poeta Corrado Calabrò, interamente in lingua portoghese.

Corrado Calabrò ha all’attivo un’ingente produzione letteraria, principalmente poetica, che lo vede come uno degli esponenti di spicco del panorama letterario Nostrano e non solo. Difatti nel corso degli anni non sono mancate traduzioni nelle maggiori lingue delle sue opere, recital e presentazioni dei suoi libri in luoghi istituzionali, tanto nella Capitale, quanto all’estero, ospite eccelso di Istituti di Cultura Italiani all’estero e di altre realtà, tra le quali accademiche.

Vincitore di numerosi concorsi letterari tra cui (solo per citarne alcuni) il “Reghium Juli” (1980), il “Camaiore” (2001) e, in territorio ispanico, del “Gustavo Bécquer” (2015), ha ottenuto la medaglia dell’ambito premio Damião de Góis” dell’Università Lusofona di Lisbona (2016)[1] e numerosi altri.

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Corrado Calabrò durante un momento della premiazione del VII Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” svoltosi al Palazzo dei Convegni di Jesi (AN) svoltasi il 10-11-2018. Da sx: Lorenzo Spurio, Michela Zanarella, Corrado Calabrò e Fabia Baldi.

A febbraio scorso a Palazzo Ferrajoli (Roma) il critico Carlo Di Lieto, alla presenza di Calabrò, ha presentato il volume monografico atto ad analizzare la sua opera poetica: La donna e il mare. Gli archetipi della scrittura di Corrado Calabrò (Vallardi, 2016). Recentemente, nella città di Jesi (Ancona), all’autore del celebre Ricordati di dimenticarla (finalista Premio Strega 1996, poi edito da Newton & Compton) è stata attribuita la nomina di Socio Onorario dell’Associazione Culturale Euterpe di Jesi.[2] Nell’occasione della premiazione del Premio “L’arte in versi” presieduto dal poeta e critico letterario Lorenzo Spurio, la poetessa Fabia Baldi è risultata vincitrice assoluta per la sezione “prefazione di libro di poesia” proprio per il suo ricco ed entusiasmante testo critico d’apertura al nuovo libro di Corrado Calabrò. Il membro di Giuria del Premio, Giuseppe Guidolin, così ha motivato in quella sede la decisione di premiare la poetessa Baldi nella veste di fine critico letterario ed esegeta dell’ultima fatica di Calabrò: «Testo ben strutturato e articolato, lucido e armonioso in ogni sua parte, oltre che sensibilmente incisivo e persuasivo nel delineare e descrivere l’istanza creativa di ricerca, alimentata dall’immaginario esondante di un sogno e da un incanto radicale d’amore, che caratterizza l’opera poetica considerata. Un ritratto chiaro e accurato, cesellato con precisione e perizia, che lascia intravedere e respirare con efficace naturalezza e profondità il visionario sentire dell’autore».

Desidero riportare alcuni estratti significativi della prefazione[3], a cura di Fabia Baldi, a questo libro di Calabrò: «Articolata in due parti profondamente diverse tra di loro, la silloge mostra una profonda coerenza ispiratrice che affonda le radici nel bisogno della ricerca, sia essa rivolta ad una dimensione esistenziale che sentimentale. Calabrò è animato da una profonda vena poetica ma anche da una sincera passione per la fisica; la disposizione alla speculazione scientifica e la sensibilità poetica si compenetrano, in maniera assolutamente sorprendente e insolita, in un logos che riscopre l’identità originaria di parola e pensiero. “La Stella promessa” è una possibile risposta, benché parziale ed allusiva, al nostro bisogno di conoscenza: è “la stella che abbiamo nella mente, quella che sappiamo di guardare”».

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Il volume verrà presentato giovedì 29 novembre a Roma a partire dalle 18 presso il Salone Nobile dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio (Via dei Portoghesi n°2) alla presenza della poetessa Fabia Baldi, prefatrice del volume e di Marta Gomes de Souza. L’iniziativa avviene con il volere e il Patrocinio dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio a Roma per mezzo del suo Rettore, Mons. Agostinho da Costa Borges e dell’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede, Sua Eccellenza Dott. Antonio Almeida Lima.

LORENZO SPURIO

Alcuni scatti della presentazione del volume:

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NOTE

[1] Rimando al mio articolo “Corrado Calabrò insignito della medaglia Damião de Góis dall’Università di Lisbona” apparso su “Blog Letteratura e Cultura” il 03/07/2016 disponibile qui: https://blogletteratura.com/2016/07/03/corrado-calabro-insignito-della-medaglia-damiao-de-gois-dalluniversita-di-lisbona/

[2] Una mia intervista al poeta Calabrò, pubblicata nel volume collettaneo a mia cura La parola di seta. Interviste ai poeti d’oggi 2012-2015, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2015 e poi ripubblicata online su “Blog Letteratura e Cultura” il 05/06/2015 e disponibile a questo link: https://blogletteratura.com/2015/06/05/intervista-al-poeta-corrado-calabro-a-cura-di-lorenzo-spurio/

[3] Oltre che nel volume in oggetto la prefazione a cura di Fabia Baldi è stata pubblicata in doppia lingua, portoghese e italiano, nell’antologia AA.VV., Antologia del VII Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”, Associazione Culturale Euterpe, Jesi, 2018 (opera non in commercio), per essere risultata vincitrice del 1° premio assoluto per la sezione prefazione. Nel volume è contenuta anche la motivazione di conferimento del Premio riportata all’interno di questo articolo.

“La donna e il mare. Gli archetipi della scrittura di Corrado Calabrò” a cura di C. Di Lieto

15994360_246036682474855_2041955627280408494_o.jpgCOMUNICATO STAMPA

Mercoledì 8 febbraio alle ore 18 presso  Palazzo Ferrajoli a Roma (Piazza Colonna 355) si terrà la presentazione al pubblico del saggio critico La donna e il mare. Gli archetipi della scrittura di Corrado Calabrò scritto da Carlo Di Lieto (Vallardi Editore). L’intervento sarà introdotto e coordinato dal prof.  Antonio Filippetti; interverranno il prof. Roberto Nicolai (Preside della Facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza”, l’onorevole prof. Gerardo Bianco, il prof. Carlo Di Lieto (autore del volume), il dott. Giuseppe Manitta (Critico letterario ed editore). Maria Letizia Gorga e Corrado Calabrò leggeranno alcuni testi poetici scelti. 

 

 

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Corrado Calabrò insignito della medaglia Damião de Góis dall’Università di Lisbona

L’ambito premio Damião de Góis dell’Università Lusofona di Lisbona si va ad aggiungere ai tanti riconoscimenti in ambito culturale e poetico (Premio Camaiore anno 2001, Premio Rhegium Julii anno 1980, Premio Internacional de Poesia Gustavo Adolfo Béquer anno 2015, solo per citarne alcuni) che Corrado Calabrò, originario della Calabria ma da decenni naturalizzato romano, ha ricevuto nel corso degli anni.

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Con alle spalle un’intensa attività professionale nel campo della Magistratura, Calabrò è stato Presidente dell’Associazione Magistrati del Consiglio di Stato (1999-2001) e Presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni (2005-2012).

In campo letterario, intensissima la sua attività di poeta per la quale esordisce nel 1960, per i tipi di Guanda, con l’opera d’esordio Prima attesa. Ad essa hanno fatto seguito  Agavi in fiore (1976); Vuoto d’aria (1979); Presente anteriore (1981); Mittente sconosciuta (1984); Deriva (1990); Il sale nell’acqua (1991); Vento d’altura (1991); La memoria dell’acqua (1991); Rosso d’Alicudi (1992); Le ancore infeconde (2001); Blu Maratea (2002); Qualcosa oltre il vissuto (2002); Una vita per il suo verso (2002); A luna spenta (2003); Poesie d’amore, (2004); La stella promessa (2009); T’amo di due amori (2010); Dimmelo per sms (2011); Password (2011); Rispondimi per sms (2013); Mi manca il mare (2013).

Moltissime le traduzioni delle sue opere in varie lingue: oltre le traduzioni di poesie singole, sono stati pubblicati sei libri in spagnolo, quattro in svedese, quattro in inglese; due in francese, russo, ungherese, ucraino; una in tedesco, rumeno, serbo, greco, polacco, danese, ceco, portoghese.

13590351_689648031186585_6625560848699662439_nIl 30 giugno 2016 il poeta Calabrò ha ritirato all’Auditório Armando Guebuza dell’Università di Lisbona, presso la locale università, l’importante Premio Damião de Góis, intitolato alla memoria di uno dei maggiori intellettuali portoghesi. Figura di spicco della cultura lusofona che tanto si impegnò per favorire un clima culturale rinnovato dallo spirito umanistico europeo a costo della sua stessa vita (secondo la storiografia, infatti, venne processato dagli organi dell’Inquisizione).

Al solenne evento sono intervenuti il dr. Mário Moutinho (Rettore dell’Università di Lisbona di Scienze Umane e Tecnologiche), S.E. Giuseppe Morabito (Ambasciatore della Repubblica Italiana in Portogallo) e numerosi professori e cattedratici della locale università.

I miei vivissimi complimenti al caro amico Corrado per questo ulteriore segno di riconoscimento verso la sua importante attività di letterato che dà lustro non solo il nostro Paese ma l’Europa tutta.

A Monteverde (Roma) il 18-03-2016 la presentazione dell’antologia in memoria di P.P.Pasolini a cura di Zanarella e Spurio

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Negli scorsi mesi Michela Zanarella (poetessa, recensionista e Presidente della Ass. Le Ragunanze di Roma)  e Lorenzo Spurio (poeta, scrittore, critico letterario e direttore della Rivista di letteratura “Euterpe”) hanno lanciato il progetto editoriale, subito accolto dalle PoetiKanten Edizioni di Firenze nella persona del Presidente Iuri Lombardi, di raccogliere in un testo unico, una antologia, i contributi di scrittori, poeti e saggisti contemporanei per ricordare e commemorare la figura letteraria ed umana di Pier Paolo Pasolini, intellettuale complesso ed osteggiato, incompreso e bistrattato che solo nel lento processo storico è stato riletto con attenzione dalla critica e rivalutato ai fini di una sua precipua collocazione nella storia della letteratura italiana a noi contemporanea.

Il volume, che si apre con una nota di prefazione scritta da Francesca Luzzio (poetessa, scrittrice palermitana) porta il titolo di “Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate” ed è seguito da un più significativo ed esemplificativo sottotitolo che raggruppa l’intento dell’intero procedimento editoriale: “A quaranta anni dal suo assassinio”.

Venerdì 18 marzo 2016 a partire dalle ore 17:00, a Roma, presso l’Aula Consiliare di Monteverde si terrà la prima presentazione del volume.

L’opera e l’intero evento sono patrocinati dal Comune di Roma – Municipio XII e dal Centro Studi “Pier Paolo Pasolini” di Casarsa della Delizia (PN).

Nell’occasione, i curatori del volume presenteranno il frutto di questa operazione editoriale permettendo agli autori antologizzati presenti di leggere i loro testi. 

Nella antologia, divisa in tre sezioni di genere, sono presenti testi di POESIA a firma di Mariella Bettarini, Corrado Calabrò, Antonio Spagnuolo, Adalgisa Santucci, Angelo Gallo, Lucia Bonanni, Silvia Famiani, Simone Sanseverinati, Maria Pompea Carrabba, Salvatore Monetti, Maddalena Corigliano, Franca Donà, Pinella Gambino, Nazario Pardini, Oscar Sartarelli, Manuela Iona, Patrizia Pierandrei, Margherita Pizzeghello, Dante Maffia, Serena Maffìa, Angela Greco, Candido Meardi, Antonella A. Rizzo, Luciana Raggi, Enza Spagnolo, Michele Paoletti, Maria Chiarello, Silvio Parrello, Michela Zanarella. Sono presenti, altresì, i RACCONTI scritti da Roberto De Luca, Fabio Muccin, Monica Ravalico e una nutrita componente SAGGISTICA con contributi di Francesco Martillotto, Luca Rachetta, Federico Sollazzo, Giuseppe Napolitano, Francesco Paolo Catanzaro, Michele Miano, Carlo Antonio Borghi, Diana Lanternari, Marco Ausili, Francesca Santucci, Lorenzo Spurio (con un lungo saggio sulla difficoltosa amicizia tra il poeta marchigiano Massimo Ferretti, autore di Allergia, e Pier Paolo Pasolini), Iuri Lombardi, Giuseppe Lorin. 

Per leggere i titoli delle opere presenti in antologia, clicca qui.

L’evento di presentazione del volume è aperto al pubblico.

Info: zanarellamichela@gmail.com 

Evento FB

 

Aldo Palazzeschi (ri)letto ed approfondito

Il secondo volume della iniziativa della rivista di letteratura “Euterpe”

1599_10208217645622215_3109353557930082694_nAll’insegna della riscoperta dei geni della letteratura italiana, quegli esponenti che spesso vengono studiati in maniera semplicistica alla scuola dell’obbligo riducendone la reale cifra letteraria, la rivista di letteratura “Euterpe” ha organizzato il secondo volume della iniziativa letteraria “Stile Euterpe”  dedicato quest’anno alla riscoperta e allo studio attento del poliedrico Aldo Palazzeschi. Il volume, dal titolo di Aldo Palazzeschi: il crepuscolare, l’avanguardista e l’ironico, è curato da Lorenzo Spurio, Martino Ciano e Luigi Pio Carmina e pubblicato dalla casa editrice fiorentina PoetiKanten Edizioni (pagg. 228, Costo: 10 €, ISBN: 9788899325275).

Dopo la nota critica introduttiva scritta da uno dei curatori, il siciliano Luigi Pio Carmina, si susseguono testi poetici ispirati all’impetuosità lirica del Palazzeschi poeta-funambolo o a lui dedicati. Tra di essi figurano opere di Lucia Bonanni (San Piero a Sieve/Scarperia – FI), Corrado Calabrò (Roma), Luigi Pio Carmina (Palermo), Maria Salvatrice Chiarello (Palermo), Osvaldo Crotti (Almenno S. Bartolomeo – BG), Rosanna Di Iorio (Cepagatti – PE), Valentina Giua (S. Pietro Clarenza – CT), Emanuele Marcuccio (Palermo), Francesco Mazzitelli (Policoro – MT), Patrizia Pierandrei (Jesi – AN), Margherita Pizzeghello (Rosolina – RO), Sebastiano Plutino (Messina), Enrica Santoni (Schorndorf – Germania), Francesca Santucci (Dalmine – BG), Antonio Spagnuolo (Napoli), Teresa Spera (Ruvo del Monte – PZ), Rodolfo Vettorello (Milano), Michela Zanarella (Roma), Marta Zirulia (Quartu Sant’Elena –CA).

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Aldo Palazzeschi

Per la sezione narrativa breve l’antologia contiene i racconti di Luisa Bolleri (Empoli – FI), Francesco Paolo Catanzaro (Palermo), Cristina Giuntini (Prato), Gianluca Guillaume (Moncalieri – TO), Samuele Mazzotti (Cesena) ed Antonio Merola (Roma).

Un’ultima, importante, sezione del volume è costituita dalla saggistica e contiene articoli, saggi e critiche letterarie che numerosi studiosi, critici ed amanti della letteratura hanno voluto dedicare ad Aldo Palazzeschi. In questa sezione sono presenti i saggi “Palazzeschi: Vita Vs Letteratura” di Angelo Ariemma (Roma), “Palazzeschi, incendiario assennato” di Marco Ausili (Ancona), “Prospettive storiche per un umorismo… mancato” di Raffaele Guadagnin (Feltre –BL), “Palazzeschi il sovversivo: il corpo come rivoluzione e rimozione del “ di Iuri Lombardi (Firenze), “Palazzeschi: Chi sono?” di Francesco Martillotto (Lago – CS), “Luce alla lanterna” di Antonio Melillo (Almese – TO),  “Stasi e dinamismo ne ‘I cavalli bianchi’ di Aldo Palazzeschi” di Valentina Panarella (Aversa – CE), “Il ‘buffo’ e l’umorismo: l’indagine sulla vita di Aldo Palazzeschi” di Luca Rachetta (Senigallia – AN), “Il tiepido grigiore e il fuoco incandescente: Aldo Palazzeschi” di Lorenzo Spurio (Jesi – AN).

A chiudere il volume sono uno scritto del professore e critico d’arte Armando Ginesi (San Marcello – AN) dal titolo “Internazionalità del futurismo delle arti visive” che dedica particolare attenzione all’avanguardia futurista letta all’interno delle arti figurative e la nota di postfazione firmata dal poeta e critico Antonio Spagnuolo.

(*) Il primo volume di Stile Euterpe era dedicato, invece, a Leonardo Sciascia e il suo titolo è Leonardo Sciascia: cronista di scomode realtà. 

Il volume è disponibile alla vendita sul portale IBS e le altre librerie online. Può essere richiesto anche alla Casa editrice scrivendo a poetikantenedizioni@gmail.com

Antonio Spagnuolo su “La parola di seta” di Lorenzo Spurio

Lorenzo Spurio: “La parola di seta”

PoetiKanten Edizioni, 2015 – pagg. 316 – €  15,00

cover la parola di seta-page-001Una attenta ed approfondita ricerca (o disamina) che diviene un tracciato sapiente e puntuale di una indagine sociologica, culturale, ideologica, il cui sondaggio investe le aspettative di un lettore attento, dell’uomo fuori dalla massa, l’importanza della comunicazione poetica in questo mondo contemporaneo, e la diffusione della cultura attraverso un rielaborato critico puntuale e verificabile, attraverso la poesia che sia degna di lettura.

“L’esigenza di pubblicare un  volume di interviste, forma testuale per altro abbastanza difficile da collocare all’interno di un genere letterario venendo a rappresentare uno strumento che più propriamente è paraletterario, è nata recentemente – scrive Lorenzo Spurio nella introduzione – quando ho compreso che le risposte dei poeti, i loro discorsi, le loro definizioni di poesia e, con una sola parola, le loro esperienze letterarie potessero essere utili non solo a me ma a tutti coloro che amano la scrittura.”

In ordine alfabetico i poeti si alternano con vivissimi interventi: Corrado Calabrò, Marzia Carocci, Ninnj Di Stefano Busà, Fausta Genziana Le Piane, Dante Maffia, Francesco Manna, Fulvia Marconi, Julio Monteiro Martins, Nazario Pardini, Franco Pastore, Renato Pigliacampo, Ugo Piscopo, Anna Scarpetta, Luciano Somma, Antonio Spagnuolo, Rodolfo Vettorello, Lucio Zinna. In appendice quattro nuove voci: Iuri Lombardi, Emanuele Marcuccio, Annamaria Pecoraro, Michela Zanarella. La prefazione, a firma di Sandro Gros Pietro, riesce a puntualizzare questo riferimento ad un laboratorio artigianale di notevole qualità, e di utilissima impostazione, meritorio di realizzare proposte ed illusioni , esperienze e memorie, introspezioni ed illuminazioni.

Particolarmente riuscita l’elaborazione di un  percorso che realizzi un panorama multicolore e variegato, nella proposta di personali immaginazioni  e originalissime rivisitazioni.

ANTONIO SPAGNUOLO

Le interviste di Lorenzo Spurio ad alcuni grandi poeti pubblicate in “La parola di seta”

La parola di seta. Interviste ai poeti d’oggi

di Lorenzo Spurio

COMUNICATO STAMPA

cover la parola di seta-page-001Lo scrittore e critico letterario marchigiano Lorenzo Spurio ha raccolto in questo volume una serie di interviste fatte negli ultimi anni ad esponenti di spicco del panorama culturale letterario legate all’universo della Poesia.

Sandro Gros-Pietro nella prefazione osserva: «Per usare la metafora scelta dall’autore, la poesia è una parola di seta, tanto elegante quanto resistente e tenace, pure nella sua leggerezza dell’essere. Il merito maggiore di Lorenzo Spurio, per il quale non smetteremo di essergli grati anche negli anni a venire, è quello di non avere voluto, neppure come idea peregrina o barlume montaliano, propinarci l’ennesimo repertorio sulla poesia italiana d’attualità, cioè una sorta di distillato d’autore sui nomi fondanti e significativi dei bravi poeti che rappresenterebbero il nostro tempo. Lorenzo Spurio non è, dunque, caduto in quel collettore oscuro della vicenda poetica che gorgoglia solo di presunzione e di collusione con il potere editoriale, e che compila le classifiche di merito tra i poeti italiani con la risibilità truffaldina delle hit parade canzonettare, ma al contrario si è mantenuto fedele a una concezione di “viaggio nella conoscenza poetica d’attualità».

Tra i poeti intervistati figurano Corrado Calabrò, Marzia Carocci, Ninnj Di Stefano Busà, Fausta Genziana Le Piane, Dante Maffia, Francesco Manna, Fulvia Marconi, Julio Monteiro Martins, Nazario Pardini, Franco Pastore, Renato Pigliacampo, Ugo Piscopo, Anna Scarpetta, Luciano Somma, Antonio Spagnuolo, Rodolfo Vettorello e Lucio Zinna. In appendice una sezione dedicata alle interviste di alcuni giovani promesse poetiche: Iuri Lombardi, Emanuele Marcuccio, Annamaria Pecoraro e Michela Zanarella.

All’interno del volume figurano anche poesie proposte in lettura e per un commento ai poeti intervistati. Tra i classici: Marino Moretti, Corrado Govoni, Leonardo Sciascia, Alda Merini, Dario Bellezza, Amelia Rosselli, Antonio Machado, Pedro Salinas, Walt Withman, William Butler Yeats, Sylvia Plath, Bertolt Brecht, Charles Bukowski, Wislawa Szymborska; tra i contemporanei: Paolo Ruffilli, Elisabetta Bagli, Mia Lecomte, Sandra Carresi e Giorgia Catalano.

Il libro edito da PoetiKanten Edizioni può essere acquistato scrivendo a poetikantenedizioni@gmail.com oppure su ogni vetrina online di libri (Ibs, Amazon, Libreria Universitaria, Unibo,…).

SCHEDA DEL LIBRO

La parola di seta. Interviste ai poeti d’oggi

a cura di Lorenzo Spurio

Prefazione di Sandro Gros-Pietro

Postfazione di Amedeo Di Sora

PoetiKanten Edizioni, 2015

ISBN: 9788899325206

Costo: 15 €

Intervista al poeta Corrado Calabrò. A cura di Lorenzo Spurio

INTERVISTA A CORRADO CALABRÒ

A cura di Lorenzo Spurio

  

LS: Quale definizione di poesia si sente di dare?

C.C.: Telefonini, televisione, radio, computer ci hanno assuefatto a una visione banale, olografica del nostro essere al mondo. La Rete ha modificato il modo in cui il soggetto si percepisce. Tutto sembra essere stato detto in questo profluvio di parole: tutto tranne quello che attendevamo nel profondo. L’insoddisfazione viene saturata aumentandone la dose.

La poesia è un interruttore, un commutatore di banda, che fa sì che appaia sul nostro schermo interiore qualcosa che avevamo sotto gli occhi e che guardavamo senza vedere. Un trasalimento dell’anima che sposta un po’ più in là il nostro orizzonte mentale, o così ci piace credere.

Sì, a volte –in un momento felice che ha del magico- un’immagine, una percezione, un’intuizione si stacca dal film travolgente del quotidiano e s’impone all’attenzione con una suggestione imprecisabile, condensando in sé un significato che ci conquista come una rivelazione, tanto da diventare un’immagine, una percezione, un’intuizione sovradeterminata: un orizzonte di significato è stato superato.

È come il fiammifero di Prévert. Ricordate quella poesia di Prévert, Tre fiammiferi accesi nella notte? Un innamorato, al buio su un ponte sulla Senna, accende tre fiammiferi: uno per vedere gli occhi, uno per vedere la bocca, un terzo per vedere il volto tutto intero della sua ragazza. In quel momento in cui il fiammifero si accende, in cui scatta il flash, siamo tutti poeti, dentro di noi.  Ma è poeta solo chi riesce a far intravedere agli altri quel flash di bellezza che l’ha abbagliato. Come? Certo non con enunciazioni dirette: il volto della Medusa paralizza chi lo guarda direttamente, diceva Calvino.

Corrado Calabrò
Il poeta Corrado Calabrò

La poesia comunica per analogia, in modo indiretto, per evocazione, per allusione, per metafora. La metafora è lo strumento privilegiato della poesia. “Erano le cinque della sera” dice García Lorca nel suo Llanto por Ignacio Sanchéz Mejías. Ventisette volte ripete “a las cinco de la tarde”, “a las cinco en punto de la tarde”. Tutti gli orologi segnavano le cinque della sera… Perché lo dice così tante volte? Non vuol certo dirci l’ora! Vuol dirci qualcos’altro. Ma se avesse detto: “Quel pomeriggio, nella Plaza de Toros di Siviglia, il giovane e valente torero Ignacio Sanchéz Mejías, nel momento in cui stava infilando la spada nella cervice del toro venne incornato e, ferito a morte, venne portato via in barella e morì mentre veniva trasportato in ospedale… avrebbe fatto una piatta cronaca giornalistica o giudiziaria. Invece lui si limita a dire “erano le cinque della sera” e niente come questa espressione ci dà il senso della fragilità, della natura effimera della nostra vita. E non dice che è morto, dice che tutti gli orologi segnavano le cinque della sera. Perché quando un uomo muore l’orologio, il tempo, si ferma per sempre per lui. Parla dunque dell’orologio per dire della vita. È così la poesia: dice una cosa per farne intendere un’altra.

LS: Quando è stata la prima volta che ha scritto una poesia? Di che cosa parlava?

C.C.: Le prime poesia pubblicabili (e poi effettivamente pubblicate da Guanda) le ho scritte tra i quindici e i diciotto anni. Parlavano del mare: alcune figurano ancora nelle mie raccolte antologiche.

LS: Quali sono i tuoi autori preferiti? Quali sono le tendenze, le correnti italiane e straniere e i generi letterari che più la affascinano? Perché?

C.C.: I lirici greci, Dante, Tasso, Ariosto, Leopardi, Baudelaire, D’Annunzio, García Lorca, Rilke, Eliot, in poesia. Ma hanno spiegato forte influenza su di me anche Machiavelli, Nietzsche, Kafka, perché mi hanno fatto capire la valenza del non finito. Come scrive Musil, è vero poeta colui le cui frasi non hanno il punto finale; ti fanno desiderare il seguito, te lo fanno intuire mediante il non detto. Ma si tratta del non detto indotto da quello specifico detto. “Eran las cinco de la tarde….”.

LS: Quale è il suo legame con la regione natale, la Calabria?

C.C.: Vivo da oltre cinquant’anni a Roma, ch’è una città meravigliosa. Ma ogni mattina, quando appena sveglio apro le imposte, avverto un senso di privazione. Ancora assonnato, ogni mattina non mi rendo conto sul momento di cosa mi manchi. Solo un attimo dopo realizzo: mi manca il mare, quel mare che vedevo da ogni finestra della mia casa nativa. È la mia vita non vissuta che s’affaccia.

LS: Quali dovrebbero essere secondo lei le doti umane del poeta?

C.C.: D’Annunzio aveva atteggiamenti detestabili; ma è il più grande poeta italiano degli ultimi cento anni. Anche Quasimodo e Montale erano sgradevoli. Cardarelli era invece empatico; ma è meno valido degli altri due.

La poesia è una creatura che vive una sua propria vita, disgiunta da quella del suo autore. Vive nell’interazione col lettore, con l’ascoltatore; entra in risonanza ed acquista significanze ulteriori se corrisponde a un’attesa profonda e (semi)sconosciuta del destinatario, fornendogli le parole per esprimere qualcosa che pulsava in lui subliminalmente e non riusciva a prendere forma.

LS: Se dovesse scegliere tra Eugenio Montale e Quasimodo chi sceglierebbe e perché?

C.C.: Quasimodo, senza esitazione. Le sue immagini, i suoi distici timbrano la nostra percezione, si stampano dentro e ritornano nell’orecchio interiore. La sua infedele traduzione dei lirici greci rende genialmente lo spirito degli originali, infonde loro nuova vita, come nessuna traduzione letterale potrebbe fare.

Montale è più laborioso, più intenzionale; meno incisivo.

LS: Secondo Lei tutti sono in grado di comprendere la Poesia o la corretta ricezione della parola può avvenire solo in seguito a una sorta di addomesticamento letterario e studio?

C.C.: Io non so se sarei riuscito a sentire, come sento, la poesia se, tra i dieci e i venti anni, non avessi letto, e in parte imparato a memoria, tutti i più grandi poeti italiani e francesi (compreso Corneille). Ho detto: imparato a memoria. La bellezza e la forza evocativa di una vera poesia si coglie solo alla quarta, quinta lettura. Ma nessuno arriva alla seconda lettura se non è già attraente alla prima. Allora, se è una vera poesia ti ritornerà irresistibilmente nella mente, come il canto delle Sirene.

Quanto male hanno fatto questi anni di antipoeticità al gusto della poesia! Ci hanno forse preservati dalla retorica, ma ci hanno inculcato la fumisteria, la vacuità, l’insignificanza, come i sarti de I vestiti nuovi dell’Imperatore di Andersen.

Lo studio non è tutto; ci sono doti istintive e c’è l’intuito, che non è di tutti. Ma nemmeno Mozart, che componeva a cinque anni, sarebbe stato quel che è stato  se non avesse assimilato tanta musica di alto livello già nei primi anni di vita.

LS: Negli ultimi anni sono fioriti una serie di movimenti culturali di impronta per lo più minimalista quali l’empatismo (Giusy Tolomeo), il metateismo (Davide Foschi), la neon-avanguardia (Ivan Pozzoni), etc. Pensa che sia ancora possibile nel nostro oggi essere portavoce di una idea di originalità e che il movimento e il manifesto possano servire ancora come collanti dai quali partire?

C.C.: Movimenti, tendenze, congreghe tendono a mascherare una realtà impresentabile: l’impotenza creativa, l’Imperatore in mutande. Creano aggregazioni come la massoneria. A cominciare dal Gruppo 63, hanno imposto la più assurda e arrogante pretesa: che poesia fosse solo il prodotto degli appartenenti a una determinata cerchia. Così prima si stabiliva chi dovessero essere i poeti e poi cosa fosse la poesia.

La poesia, come dicevo, non consente una lettura diretta; ma non per questo può chiudersi in un cerebralismo asfittico ed autoreferenziale, incomunicabile per assioma, in un solipsismo in cui il poeta si compiaccia di capire lui solo quello che ha scritto e poi ci metta mezz’ora per spiegarlo artificiosamente. No, la poesia non tollera spiegazioni estrinseche. La poesia è come le barzellette o come un tiro in porta. È ozioso raccontare: ho colpito la palla di piatto, di collo, con l’esterno del piede; se il tiro è sbagliato l’hai sbagliato, se è entrato in porta hai fatto goal.

C’è un mio saggio, Il poeta alla griglia che mette bene in luce questa deviante deriva che per trent’anni ci ha portati ad arenarci in un fondale sabbioso, a star lì a  fare il pediluvio senza affrontare il mare aperto.

Per tali opinioni mi è stato comminato l’ostracismo dalle tendenze vincenti (che hanno anche occupato le cattedre universitarie). Come i perseguitati politici, ho chiesto asilo poetico all’estero (e lì ho pubblicato 32 libri con traduzioni in 21 lingue).

LS: Che cosa pensa dei reading poetici? È un buon modo per far poesia e condividere esperienze oppure no? Perché?

C.C.: Sì, perché:

– Vengono interessate alla poesia persone che la percepiscono meglio ascoltandola che leggendola;

– Si fanno conoscenze e a volte si simpatizza (talaltra si antipatizza, ma c’est la vie).

Io, poi, ho motivi particolari per ricordarli con piacere.

In Italia ho incontrato in una di quelle occasioni, più di trent’anni fa, una giovane poetessa con la quale è nato un grande amore.

All’estero ho incontrato qualcuno che ha messo in orbita la mia poesia.

LS: In che maniera sceglie quello che di volta in volta sarà il titolo di una silloge poetica? Lo trae da una poesia particolarmente significativa raccolta nella silloge oppure è completamente diverso dai titoli delle liriche all’interno?

C.C.: Molte mie raccolte recano il titolo di una mia poesia, che mi è sembrato evocativo: Mittente sconosciuta, Il filo di Arianna, Presente anteriore, A luna spenta, Ricordati di dimenticarla, Alba di notte, Una lama nel miele, Deriva, T’amo di due amori, Password, Mi manca il mare. Altri titoli, forse i più importanti, no: Una vita per il suo verso, Oscar Mondadori, 2001; La stella promessa, Lo Specchio Mondadori, 2009.

LS: Può parlarci del recital Ricordati di dimenticarla, come è nato e quale è la storia in esso contenuta?

C.C.: Si tratta di un recital-spettacolo che ha una trama, un andamento teatrale; è accompagnato dalla musica e da canzoni. La prima performance (con altro titolo) fu al Teatro Argentina a Roma, il 28 ottobre 2001, in occasione dell’uscita della raccolta Una vita per il suo verso.

Poi, una compagnia di attori (Walter Maestosi, Daniela Barra. Maria Letizia Gorga, con il musicista Giovanni Monti), hanno inserito il recital nel loro programma itinerante e ne sono seguite numerosissime repliche in Italia e all’estero: a Roma, all’Auditorium Conciliazione e in vari altri teatri, a  Torino -al Teatro Regio e al Teatro Gobetti-; a Milano -al “Piccolo”-; a Genova -al Teatro Govi-; a Firenze –al Teatro La Pergola-, a Bari, Cagliari, Orvieto, Foggia, Arezzo, Perugia, Pesaro, Lodi, Potenza, Catanzaro, Vicenza, Vercelli, Cosenza, Pavia, Reggio Calabria, Messina, Verona, Novara, Aosta, Biella, Padova, Bologna, Sidney, Melbourne, Varsavia, Parigi, Buenos Aires, Madrid, Montecarlo.

Sono stati fatti anche vari compact disks con le voci di Achille Millo, Riccardo Cucciolla, Giancarlo Giannini, Walter Maestosi, Paola Pitagora, Alberto Rossatti, Daniela Barra.

Corrado Calabrò ottiene la Laurea Honoris Causa all'Università Statale di Mariupol (Ucraina) nel Maggio 2015.
Corrado Calabrò ottiene la Laurea Honoris Causa all’Università Statale di Mariupol (Ucraina) nel Maggio 2015.

LS: La domanda che vorrebbe le fosse posta in una intervista o la cosa che mai nessuno le chiede?

C.C.: “Cosa prova quando fa poesia?”

E la risposta è: “Quando mi sembra di essere riuscito a fissare in un verso quel lampo di bellezza che mi ha abbagliato provo una gioia intensa. Poi, rileggendo quei versi a distanza di tempo, mi viene il sospetto di non essere riuscito a trasmettere (nel modo evocativo, allusivo, ipertestuale, proprio della comunicazione poetica) quello che ho sentito così fortemente. Mi sorge il dubbio che non sia del tutto inaspettato quello zampillo d’acqua vergine  scaturito dalla roccia per un tocco di bacchetta magica; che ci sia del convenzionale nel suo porgersi. Così com’è per convenzione che riteniamo che l’ostia ci rievochi il mistero dell’eucarestia.

LS: Un ricordo piacevole che vuole condividere con noi di questi vari anni di poeta (una persona incontrata, il colloquio con qualcuno, un’osservazione, un fatto curioso, ….)?

C.C.: Due sono i ricordi più impressivi.

Una ventina di anni fa, in Grecia, a Kavala, ci fu un meeting di poeti di vari Paesi (per l’Italia c’ero io). La sera, dopo i recitals, andavamo per le taverne del porto a sentire e a cantare canzoni greche. L’ultimo giorno andammo all’isola di Thassos. Lì mi fecero ascoltare una canzone di Theodorakis e mi chiesero: “Non noti nulla?”. Avevano aggiunto un’ultima strofe con, tradotti in greco, questi versi di una mia poesia: “E non dirò ch’è amore, se non vuoi.//No, non dirò ch’è amore, se hai paura”.

Ma l’incontro per me più importante è avvenuto in Messico, una dozzina di anni fa. Un altro meeting internazionale. Io presentavo la raccolta messicana delle mie poesie Alba en la noche e, come al solito, leggevo alcune poesie in italiano mentre un messicano le leggeva in spagnolo. Partecipava al meeting, per la Spagna, il poeta e professore universitario Luis Alberto de Cuenca, già ministro per la cultura con Aznar. A cena, sedendo al mio tavolo con la deliziosa moglie Alicia, mi disse che le mie poesie erano molto belle e che non sempre la traduzione le rendeva al meglio. Mi chiese di mandargli qualche mio libro in italiano, che lui capisce perfettamente (e, nello scritto, raffinatamente), pur parlandolo con limitazioni.

Quello è stato un importante decollo per la mia poesia: dopo d’allora tre editori spagnoli hanno pubblicato cinque raccolte delle mie poesie, tra cui una, edita da SIAL, di 570 pagine, accompagnata da un CD. Non ho nemmeno in Italia una raccolta così vasta delle mie poesie.

Ultimamente, poi, lo stesso editore di SIAL, Basilio Rodrίguez Cañada, ha pubblicato, nelle edizioni Pigmaliόn, la raccolta Acuérdate de olvidarla, composta interamente di poesie d’amore, alla quale è stato assegnato, il 17 febbraio di quest’anno, il Premio Internacional de Literatura Gustavo Adolfo Bécquer 2015.

LS: Che cosa ne pensa della figura del critico che spesso, in virtù del suo approccio distaccato e obiettivo, commette l’errore di dare una lettura fredda e manualistica di una poesia finendo per sminuire la poeticità racchiusa proprio nell’atto ispirativo e creativo?

C.C.: Oggi la poesia italiana, come la poesia, l’arte in tutto il mondo, attraversa una grave crisi d’identità, ch’è una crisi di valori, di fiducia nella capacità espressiva dell’arte e massimamente del linguaggio poetico. Innegabilmente, dai tempi di Omero, di Dante, di Shakespeare, la parola ha subito un irrecuperabile processo di designificazione.  La fiducia nella parola rivelatrice è scossa irreparabilmente. E tuttavia noi avvertiamo l’esigenza di stabilire un contatto con qualcosa che vada al di là del ripetitivo e del convenzionale.

Gli psicologi ritengono verosimile che la coscienza (facoltà esclusiva della specie umana) si sia evoluta per selezione naturale a partire dal momento in cui l’uomo ha cominciato a sviluppare il linguaggio. E i neurobiologi hanno riscontrato che la nostra mente ha una natura linguistica e che il nostro pensiero dipende dal linguaggio, il quale addirittura conforma la struttura del nostro cervello secondo la sintassi. Il che significa che siamo noi stessi, con le parole che facciamo nostre, a sviluppare la capacità di comprendere. In altri termini, che facciamo entrare il mondo dentro di noi! Per ognuno di noi il mondo esiste solo nella misura in cui la sua mente lo percepisce. Ma accanirsi letterariamente sul linguaggio ne anemizza la vitalità espressiva. Un linguaggio fine a se stesso, un linguaggio ripiegato su se stesso avvizzisce sé e con esso le nostre strutture mentali.

Esprimere l’indicibile è impossibile e al tempo stesso irrinunciabile, per qualche ragione che ci sfugge, come gli alpinisti non sanno rinunciare a scalare le vette più alte, perfino ad altezze dove manca l’ossigeno.

I critici che si confinano in un’esegesi puramente cerebraloide, in un formalismo fine a se stesso sono come quei pittori che ricalcavano sempre la stessa raffigurazione stereotipata nelle icone bizantine o nei cammei giapponesi.

Non si può rinunziare alla significanza della poesia, sebbene la poesia resti sospesa tra l’inveramento della promessa e la negazione definitiva; l’amore, la poesia si collocano fra la presenza e l’assenza, fra il contatto e la perdita di contatto.

Una corposa edizione delle poesie di Corrado Calabro edite in lingua spagnola
Una corposa edizione delle poesie di Corrado Calabro edite in lingua spagnola

La tecnica, la sperimentazione, sono necessarie. La poesia trascorre come un’ala; per catturarla al volo occorre una tecnica raffinata. Non si può cogliere il senso di una visione poetica separato dal suo modo d’esprimersi, di significarsi, come non si può cogliere una palla al volo in un attimo diverso da quello del suo impatto e se non con quell’atteggiamento dinamico di tutto il corpo, con quella giusta torsione del piede (quella e quella sola) che indirizzi la palla in modo appropriato, tale da cambiare la situazione.

Occorre dunque padroneggiare perfettamente la metrica. Ma guai a scambiare gli esercizi di versificazione con la poesia; sarebbe come scambiare la ginnastica e il palleggio preparatori con la partita.

Qualsiasi espressione (perché di un’espressione non può farsi a meno) è un atto estetico solo in quanto ci rechi il messaggio che inconsapevolmente attendevamo. In cosa consiste questo messaggio? Consiste, è racchiuso –come accade nei sogni-, nel preannuncio, nella premonizione di un’imminente rivelazione. Se una frase musicale, un verso, un tratto di pennello non ci fanno sentire che stanno per dirci qualcosa, che alludono, preludono a un arcano disvelamento (e non importa poi che la rivelazione venga continuamente rinviata), essi non inducono a quella levitazione del preconscio, non provocano quel palpito dell’avvento, che sono la connotazione, le stimmate della (ri)creazione artistica.

E non c’è creazione artistica, non c’è poesia senza ispirazione.

Capisco che chi non ha conosciuto la condizione di entusiasmo sperimentata da chi ha sentito un dio dentro di se (εν-θεóς), quella condizione di possessione della mente, di divina follia, di cui parla Platone, neghi la realtà dell’ispirazione, la ritenga una mistificazione. Ma è come negare la realtà degli ultrasuoni perché l’orecchio umano non li sente.

No, la poesia non è la fabbricazione del nulla, non è il vuoto spinto, e i critici non hanno la funzione di controllare il traffico delle mosche, come certe correnti letterarie asfittiche hanno voluto farci credere nel lungo periodo di glaciazione della cultura (J. P. Aron) che abbiano attraversato. “Conosco facendo” diceva Giambattista Vico. E il primo significato di πоιέω è proprio fare.

“Nelle scienze si cerca di dire in un modo che sia capito da tutti qualcosa che nessuno sapeva. Nella poesia è esattamente l’opposto”, osservava sarcasticamente il grande fisico Paul Dirac.

È vero, non si può rinunciare al linguaggio; ma a un linguaggio che si alimenti di conoscenza e ne sia tramite. L’interdipendenza degli approcci caratterizza oggi, più che mai, la cultura. La scienza, nella sua ultima proiezione, si sovrappone all’arte e alla filosofia. Può la letteratura, la poesia, rifiutare l’osmosi della scienza senza autocondannarsi all’estinzione come i Catari?

La poesia non parla col linguaggio della scienza, ma deve dire, suggerire qualcosa che ci protenda oltre noi stessi.

Siamo arrivati a un punto di ricerca dell’ultima realtà davanti alla quale non ci soccorrono più i mezzi di visione diretta. Nell’acceleratore di Ginevra non si ha visione diretta delle particelle ricercate, ma certe traiettorie, nello scontro di particelle, fanno desumere l’esistenza di altre particelle. Bene, non è una forma di metafora questa?

Mi viene in mente il mito della caverna di Platone, un filosofo poeta (anche se lui bandiva i poeti dalla sua Repubblica…) di profondità non ancora del tutto sondate. Ricordate cosa diceva nel mito della caverna? “All’uomo non è dato conoscere la realtà ultima delle cose”, quella che lui chiamava l’essenza ideale: l’uomo non può vedere le cose direttamente, ne vede soltanto le ombre proiettate sul muro della caverna mentre scorrono al di fuori.

È quello che noi vediamo nell’acceleratore di Ginevra. Una traiettoria che è segno di uno scontro dal quale nasce qualcosa che noi non riusciamo a vedere.

Non c’è un accostamento significativo a quella visione di Platone? E anche alla poesia, perché la poesia parla per analogia, parla per evocazione, parla per allusione.

Se la poesia si rinsangua, forse riesce anche a esser meno compiaciuta di sé e più strumentale alla rivelazione di un qualcos’altro, di quel qualcosa che il cieco Omero vedeva e noi usualmente non vediamo. La forma poetica è un modo per intuire che c’è qualcosa al di là del muro, come diceva Montale. Quando questo non è un enigma dentro l’enigma, voluto a forza per apparire intelligenti quanto artificiosi; quando c’è sincerità e talento, è un momento di grazia, come quando si trova l’accordo a mettere felicemente insieme due o tre note. In quel momento la poesia svolge una funzione sempre attuale, sempre viva, che ci proietta anzi verso il futuro.

LS: Lei figura da anni in numerose Giurie di concorsi letterari. Quanto è difficoltoso e importante il ruolo di Giurato in un Premio letterario e in che cosa consiste la difficoltà?

C.C.: La difficoltà consiste in un giudizio non superficiale.

Ricevo una cinquantina di libri per ogni premio in cui sono in Giuria. Nel premio Camaiore, addirittura, sono più di 200 ogni anno. Come si possono leggere tutti funditus? Si va un po’ a tentoni, si orecchia, ci si sofferma di più su alcune opere, meno su altre; non è giusto, ma è così. È già tanto se si resta tetragoni alle sollecitazioni.

LS: Un autore letto e riletto, che torna spesso a sfogliare o a spolverare perché i suoi brani sono importanti lezioni di vita?

  • Einstein: L’unificazione dello spazio e del tempo in una sola dimensione, lo spazio-tempo, ha cambiato la nostra visione dell’esistente, ha riconciliato la duplicità tra l’essere di Parmenide e il divenire di Eraclito. Einstein ci ha rivelato scientificamente la compresenza del passato nel presente: noi vediamo oggi quello che è accaduto in una stella due miliardi di anni fa. Lo vediamo come se accadesse ora; e per noi accade adesso, in questo momento. (L’arte fa qualcosa di simile: pensate ai guerrieri di Riace).
  • Stephen Hawking: esempio sbalorditivo della indomabile potenza della mente in un corpo totalmente disabilitato.

LS: Quali attività letterarie la vedono impegnato in questi mesi?

C.C.: Assisto, dalla finestra, all’uscita di altre mie traduzioni. È un ruolo quasi passivo, certo, ma quando l’ispirazione non pulsa in modo irresistibile io non incalzo la Musa; aspetto.

Come dicevo, il poeta si esercita, si cimenta, si predispone, si allena, fa laboratorio e ricerca. Ma ho imparato che il lungo lavoro di sperimentazione, di esercizio, ci serve semplicemente per essere pronti in quell’attimo, in quella fase che è stata definita d’avantesto, cioè la fase di gestazione del testo, in cui ci troviamo in uno stato d’attesa, d’incubazione di qualcosa che preme oscuramente a livello subliminale, preme per prendere forma.

«Il primo verso è sempre un dono degli dei» ha scritto Paul Valéry (ch’eppure non era un romantico). Accade quando accade, se accade. E, comunque, poi?

L’intervallo tra quando un dio ci ha visitati ed è andato via, e un altro deve ancora venire può essere lungo, molto lungo. Il poeta, anche il grande poeta, nasce  e muore ogni volta con la sua creazione, come l’agave, e ogni volta lo fa con l’innocenza di una nuova nascita. Nessuno può dire se e quando scriverà di nuovo una vera poesia. Parafrasando Jules Renard, possiamo dire che nella casa della poesia la stanza più grande è la sala d’attesa.

 

Roma, 04-06-2015

“Ricordati di dimenticarla” di Corrado Calabrò a Roma il prossimo 8 aprile 2015

Corrado Calabrò

 

Ricordati di dimenticarla

 

Recital Spettacol di Poesia e Musica

con Walter Maestosi 

Maria Letizia Gorga

Musiche originali e pianoforte

Giovanni Monti

 

 

Introduce Anna Manna Clementi

Intervento critico di Neria De Giovanni

 

Roma, Mercoledì 8 Aprile 2015, ore 16,30

Casa della Cultura Teatro in Trastevere

via S. Crisogono, 45 – 00153 Roma

INGRESSO LIBERO 

(fino ad esaurimento posti)

Calabrò invito 8 aprile-page-001

La presentazione del libro “L’illimite” di Corrado Calabrò il prossimo 16 marzo 2015

Associazione degli ex Parlamentari della Repubblica

Associazione  Internazionale  dei Critici Letterari

La S. V. è invitata alla presentazione del libro

 

“L’illimite”

Incontro con Corrado Calabrò

a cura di Anna Manna Clementi

Aracne Editore

Lunedì 16 marzo 2015 – Ore 11,00

Sala del Refettorio – Camera dei deputati

Palazzo S. Macuto

Introduce: Gerardo Bianco

Saluto di Roberto Nicolai, Preside della Facoltà di Lettere, Sapienza – Università di Roma

Commento critico di Neria de Giovanni, Presidente AICL

Maria Letizia Gorga leggerà alcune poesie insieme all’autore

Saranno presenti all’incontro Corrado Calabrò e la curatrice del libro Anna Manna Clementi

Progetto “I contemporanei in biblioteca”

Sapienza – Università di Roma

Via del Seminario 76 – Roma      

Presentazione de “L’evoluzione delle forme poetiche” curata da Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo

L’evoluzione delle forme poetiche

antologia curata da Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo

Kairos Edizioni, 2012

PRESENTAZIONE DELL’ANTOLOGIA A ROMA

Pseudo cronaca di un evento letterario

articolo di EUGENIO NASTASI

  

imagesLa presentazione del volume “L’evoluzione delle forme poetiche – La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio (1990-2012)” Kairòs Edizioni, Napoli, 2013, a cura di Antonio Spagnuolo e Ninnj Di Stefano Busà, ha offerto, lunedì 13 maggio u.s. presso la Libreria Ready Cavour a Roma, davanti a un amalgamato pubblico di poeti e curiosi, l’occasione di guardare alla poesia contemporanea in modo diretto, senza filtri critici interessati e/o comunque di parte. Nel compito portato a termine dai due curatori si scorgono i problemi concreti del “fare poesia”, si fa strada insomma la necessità di cogliere anche “nei periodi bui di stagnazione e regressione” come l’evoluzione delle forme poetiche “ha mantenuto (per fortuna) alcune categorie  universalizzanti che fanno della parola poetica una realtà necessaria” (dall’introduzione della Di Stefano Busà).

In soldoni spiccioli, come hanno argomentato Corrado Calabrò, Plinio Perilli e Franco Campegiani, moderati da Claudio Fiorentini, questa antologia possiede lo statuto di “archivio storico” inaugurando una stagione di accurato impegno di ricerca e disamina dell’evoluzione delle forme poetiche italiane ad ampio spettro, ovvero sintonizzando l’attenzione speculativa anche attorno alla produzione scritta della periferia. La presenza di ben 287 poeti, censiti e vagliati in anticipo, descrive esaustivamente il “periodo poetico” dell’ultimo ventennio, anche se le assenze non mancano ma non certo per miopia dei curatori se è vero, come scrive Spagnuolo nella postfazione, che “diversi autori (bontà loro !) hanno declinato l’invito, adducendo scuse a volte puerilmente banali, a volte prive di quella necessaria cultura umanistica che distingue lo scrittore autentico”.

“La pluralità delle voci” ha detto Franco Campegiani nella sua relazione, “è testimone senz’altro di un desidero documentaristico, di oggettività storica pertanto, più che di tendenza artistico-culturale. Tuttavia un’ indicazione critica emerge per il fatto che i direttori d’orchestra riescono a fare della pluralità polifonica, un coro a più voci intorno al leitmotiv della ricerca dell’umano in un mondo vieppiù dominato dalle macchine e dalle tecniche, come quello attuale; in una situazione di “ crescente isolamento e depauperamento della poesia, quando invece più forte se ne avverte il bisogno”, come è detto nella nota divulgata dalla Kairòs. In questa nota si specifica che “scopo dell’opera è affiancare e stimolare una più ampia conoscenza dei fenomeni linguistici sollecitando la voglia di aprirsi al sogno che, sempre, da un’epoca all’altra, rimane immutato e risulta vincolato al desiderio di proporsi alla Poesia”. Non meravigli l’ampio spazio dato ad alcuni passi dell’intervento di Campegiani vista la sagacia con cui l’autore coglie l’animus dell’intera operazione editoriale, accentuando il peso della scelta della Kairòs “che supporta la presente operazione antologica e sceglie di fare fino in fondo il proprio ruolo di editore, finalizzando l’aspetto commerciale a quello prettamente culturale e artistico. Occorre scardinare il pregiudizio che i cosiddetti bisogni dello spirito possano, o addirittura debbano, essere trascurati sul piano della vita pratica”.

Ponendosi in una condizione di avanscoperta rispetto ad altri tentativi pubblicati in questi anni, l’antologia porta in superficie, nelle due parti che la compongono, quel carattere peculiare che è proprio del poeta in rapporto col suo tempo e col suo spazio socio-culturale. Si tratta dei decenni che immediatamente ci precedono 1990-2012, dentro ai quali si è manifestata la prosecuzione di una sopravvivenza della poesia pur negli sbandamenti dell’omologazione e nell’assalto dei media stigmatizzati nel flusso perenne tipico della rete, ovvero nelle varie fasi della stagione dei dissensi avanguardistici e, comunque, degli sperimentalismi spontaneistici, per lo più avviati a esaurirsi nel tempo.

Anni certamente complessi, durante i quali poeti noti e comunque degni di collocazione storiografica e poeti meno noti ma di provata fisionomia, diversa rispetto al passato e dunque riconoscibili nel segno scritturale, mettono in cifra un profilo stilistico e versificatorio denso portando l’espansione poetica oltre il mediocre confine del poetichese. Confine riconducibile a quel mondo esterno che non ha più il sapore, l’odore, il colore, la stessa finitudine della realtà o del suo ricordo e sogno, ma l’imbalsamato perimetro della clausura minimalista, cioè dell’ovvio, dell’artificiale, dell’oleografico. Si sviluppa, insomma, con questo impegnativo lavoro di ricerca, un progetto per la poesia, in grado di reggere quanto meno per l’autenticità delle voci, la perdita di terreno se non proprio di pubblico della poesia in vetrina, scorgendo dentro lo steccato di una più vasta crisi esistenziale e morale, elementi di provata attitudine, convinti che ogni forma di arroccamento sulle proprie posizioni vada individuata e risolta, ma non occultata. E’, per dirla con i termini correnti della più avvertita critica, la frequentazione dell’infinita riserva dei dialoghi attraverso cui è auspicabile la ripresa di contatto tra le sfere in qualche modo sublimi della produzione poetica e la popolazione dei lettori, in una dimensione di scambio capace di parlare al pubblico, offrendo in una sorta di osmosi intellettuale, un punto di riferimento e un luogo di discussione.

Rilevando la pluralità di esperienze poetiche che partono da lontano e prendono forma nel recente periodo di particolare fermento, gli autori in definitiva intendono qualificare questi anni caratterizzati dallo slancio della ricerca e degli esiti come occasioni di coinvolgimento e di apertura, anche se, come riporta Spagnuolo, “ la fruizione del testo poetico non si esaurisce con la comprensione”. L’importante, ed è bene sottolinearlo, che la poesia divenga luogo di immersione con caratteristiche di condivisione di una certa ritualità del qui, ma anche dell’oltre.

Va da sé che il testo restituendo al panorama editoriale un tassello che mancava, è tutto da leggere e consultare per la sua riuscita consistenza di almanacco se non proprio di annuario.

Mi piace, infine, segnalare altri nomi di amici, in qualche modo assimilabili a quelli proposti da Campegiani nel suo intervento, inseriti nel testo insieme allo scrivente: il compianto Mario Specchio,  Franca Alaimo, Leopoldo Attolico, Nicola Romano, Luca Benassi, Roberto Maggiani, Antonio De Marchi-Gherini, Domenico Cipriano Franco Buffoni, Mariella Bettarini, Nadia Cavalera, Pietro Civitareale, Liliana Ugolini, Guglielmo Peralta, ed altri.

Il più affettuoso saluto ad antologizzati eccellenti: ai due ottimi curatori Ninnj Di Stefano Busà  e Antonio Spagnuolo, al solerte Plinio Perilli, a Corrado Calabrò e a Franco Campegiani, che ha permesso col suo contributo scritto di rendere meno lacunosa questa pseudo-cronaca.

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Da sinistra: tre poetesse intervenute, Plinio Perilli, Franco Campegiani, Claudio Fiorentini e Ninnj Di Sfefano Busà.

A Roma la presentazione de “L’evoluzione delle forme poetiche”

13.05.13 invitoantologia Roma (1)

Lunedì 13 maggio alle ore 18,30

presso la libreria Ready

Cavour/Arion

via Cavour 255, Roma,

presentazione dell’antologia

L’EVOLUZIONE

DELLE FORME

POETICHE

La migliore produzione poetica

dell’ultimo ventennio (1990-2012)

 
– ARCHIVIO STORICO –
 
a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo
 
Kairòs edizioni
 
All’incontro interverranno Corrado Calabrò, Franco Campegiani, Plinio Perilli, Ninnj Di Stefano Busà e Claudio Fiorentini

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