Elisa Roselli discute una tesi su “Il giardino segreto” di Frances Hodgson Burnett

Lo scorso 17 maggio a Roma, presso l’Università “Guglielmo Marconi”, è stata discussa una tesi di laurea, a firma di Elisa Roselli, interamente dedicata alla celebre opera letteraria (con numerosi sviluppi anche nella cinematografia) Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett dal titolo “Quando la realtà si fa “magia”: Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett”. Ringrazio la studiosa per aver voluto citare più volte, nel corso della sua dissertazione e in bibliografia, il mio libro La metafora del giardino in letteratura (Faligi, Aosta, 2011, scritto insieme a M. Acciai) che affronta lo studio di un vasto repertorio di giardini nella letteratura italiana e straniera, compreso quello della celebre opera della Burnett. Mi complimento con lei per il grande risultato ottenuto in sede di discussione.

Quando il narratore è… interno. “Nel guscio” di Ian McEwan, recensione di Marco Camerini

Recensione di Marco Camerini

Alla fine deve ad Amleto meno di quanto sia stato fin troppo evidenziato (fra gli altri da un entusiasta Antonio D’Orrico su “La lettura” del 30 aprile) l’ultimo romanzo di Ian McEwan Nel guscio (Einaudi 2017), noir anomalo e intrigante scritto con sarcasmo, genialità, sguardo attento al nostro complesso presente: il tutto tanto più sorprendente in quanto il punto di vista narrativo non è quello di un colto e navigato intellettuale come il tono farebbe, sin dall’incipit, supporre.

Lei è Trudy (Gertrude): può contare su una bellezza piena ed indiscutibile – capelli “biondo grano di una guerriera sassone che si inanellano lucenti sino al bianco polpa di mela delle spalle e naso piccolo come un bottone di perla” (chi la descrive ha nel DNA una spiccata vena lirica ed è…di parte) – e su una formazione in pillole maturata ascoltando radio, audiolibri divulgativi, podcast eterogenei, dalla bachicoltura nelle Ardenne alla strategia attuata dal Führer nella medesima regione. Particolare non trascurabile nell’economia dell’intreccio, è al temine di una gravidanza. I “lui” sono due fratelli: il marito e padre del protagonista, John Cairncross – poeta misconosciuto idealista e premuroso, disposto a subire umiliazioni, sconfitte, delusioni in nome di un sonetto, accomodante al punto da accettare la “pausa di riflessione” impostagli dalla moglie a seguito di una mai ammessa crisi matrimoniale e lasciarle il sontuoso edificio georgiano di famiglia in Hamilton Terrace – e Claude, suo attuale convivente (Shakespeare, certo: se è per questo compare persino lo spettro), agente immobiliare a corto di inventiva e fantasia, ottuso, insulso, senza nemmeno il fascino del “mascalzone sorridente, conchiglia priva dell’ospite e, come cospiratore, più cretino di lei”.

61Obc59f4-L.jpgA riferire/giudicare/deprecare l’intento dei cognati di uccidere il legittimo genitore e ad accompagnarci nei meandri di menti adulte di volta in volta appassionate e/o disperate, edotto, suo malgrado, nelle perverse dinamiche degli amanti (“arrivano al primo bacio pieni di cicatrici, oltre che di voglie” e “non si amano in dicembre come si amavano a maggio”) non meno che nei meccanismi della vendetta (“può essere consumata cento volte in una sola notte insonne”), è la più precoce voce narrante del romanzo post-moderno che ci sia dato ricordare: un feto, ormai non più fluttuante nella bolla sognante dei propri pensieri – come…da giovane – ma pronto ad affacciarsi alla vita e spirito critico già pienamente consapevole che “l’esistenza cosciente coincide con la fine dell’illusione di non essere”…Chi legge dovrà abituarsi, il narratore si esprime così ed è merito dello scrittore aver evitato i rischi di un gioco cerebrale ed artificioso grazie ad una massiccia dose di provvidenziale, godibile ironia. Testimone suo malgrado – silenzioso sino ad un certo punto – dell’avvincente plot, su cui nulla sveliamo, amerebbe nascere in Norvegia per la munifica assistenza pubblica; l’Italia è una seconda scelta (“rovine e cibo”) che, comunque, batte la Francia, con l’autostima dei suoi abitanti e il Pinot nero, del quale è in grado di indovinare il vitigno attraverso il semplice bouquet decantatogli da una placenta in buona salute. In ogni caso predilige il Borgogna e il Saucerre Chauvignol con il suo “sentore gentile di pietrisco siliceo” (tutto la madre). Prematuramente afflitto da un senso di tedio esistenziale e non esente da tendenze suicide pre/neonatali di fronte alla disperazione per il progettato omicidio – “nascere morti”, che ossimoro – ricorre spesso al francese e ad un lessico forbito (non origine ma eziologia, non pallida, chiaro, follia comune ma diafana, epidittico, folie à deux…felicità? Meglio citare la pakistana Valle di Swat). Tutto il padre. Non si commuove ascoltando una lirica moderna (“troppo ripiegate in se stesse, vitree e sdegnose nei confronti dell’altro”), apprezza Owen e Keats, Poggio Bracciolini e l’Umanesimo italiano, Lucrezio e l’Ulisse (che fa addormentare l’adorata genitrice, Joyce non è Omero), si esprime spesso per metafore (solida comunque la conoscenza dell’intero apparato retorico) e ha confidenza, per accorata empatia con lui, dell’aubade, del pirrichio[1], del trimetro giambico e delle più recenti acquisizioni della linguistica. Esperto di filosofia – del resto “i nascituri sono stoici imperscrutabili, Budda sommersi accettano che le lacrime siano nella natura delle cose…sunt lacrimae rerum”; Hobbes, Platone, Kant, Cartesio e Confucio tornano utili per le citazioni quotidiane – lo è altrettanto delle emergenze globali sia da un punto di vista politico (tensioni sociali, strategie belliche e progettualità imperialiste di Cina, Medio Oriente, Russia, USA e Califfato islamico) che socio-economico e tecnologico: pannelli solari, parchi eolici, abbassamento del livello dei ghiacci e crisi dei mercati non hanno segreti per lui. Pacifista convinto, ecologista (stavamo per scrivere militante), antiamericano viscerale (“un popolo irritabile di obesi, dal grilletto facile e governati da una Costituzione insondabile come il Corano”…piccolo caro), sinceramente afflitto dalla prospettiva che “nove miliardi di eroi non riescano a risparmiarsi cortesie nucleari” (squadre fatte: India/Pakistan, Israele/Iran, USA/Cina: “aggiungere liberamente altre formazioni, affluiranno i giocatori dei non-stati”), si professa tenacemente ottimista (scelta troppo facile il pessimismo, “cimiero di intellettuali di ogni latitudine”) e, tutto sommato, fiducioso nelle umane sorti e progressive[2] di un pianeta abitato da esseri ingegnosi ed infantili che devono, alla fine, scontare “il complicato dono di una coscienza” ipertrofica, per dirla con un altro strenuo estimatore di se stesso rintanato nel sottosuolo – meno accogliente, certo, del liquido grembo materno – in tempi non sospetti.

Con un’intensità assoluta e devota che manderebbe in estasi Freud, il nostro ama – sempre timoroso di non essere corrisposto – la “bellissima, amorevole, assassina” madre, titolare del dolore anche fisico che lui stesso inizia ad avvertire, ormai conscio di quello interiore per il quale (benedetto Heidegger) verrà gettato nel mondo. E di lei è in grado di percepire “nel rallentamento del battito cardiaco un’incrostazione di noia a livello retinico” (per le poesie che un marito ostinatamente innamorato le recita) e nel “disagio/danneggiamento di granulociti e piastrine gli accessi di rabbia” (per l’esistenza stessa del medesimo): una sorprendente ottica narratologica la sua, confinata “in un guscio di noce, in due pollici d’avorio (perché no, quando la letteratura tutta, e l’arte, e ogni impresa umana altro non sono che puntini nell’universo del possibile, puntino esso stesso in una moltitudine di universi possibili”) che lo costringe – risvolto tecnicamente inevitabile ma poco felice – ad “uscire” anzitempo dall’utero per descrivere/commentare scene e colloqui in esterno. Non incline alla chiacchiera – “espediente da adulti (!) per scendere a patti con il tedio e la malafede – possiede, come accennavamo, un raffinato senso dell’umorismo (si leggano i passi dedicati ai rapporti intimi che “lo zio verme” impone a Trudy e “buona creanza, se non buon senso clinico, sconsiglierebbero”), senz’altro una delle cifre di questo libro spiazzante e convincente. Come (quasi) tutta l’opera di un indiscusso maestro della narrativa contemporanea.

MARCO CAMERINI

 

NOTE

[1] Invitiamo il lettore a non dare soddisfazione al futuro neonato, decisamente saccente e presuntuoso, andando a cercare sul vocabolario il significato dei due termini che riguardano strutture e metri della lirica classica e trobadorica: fate finta di nulla e tirate dritto.

[2] La citazione, come la seguente, è dell’estensore di questa recensione…tanto per non sfigurare.

 

L’autore del presente testo acconsente alla pubblicazione su questo spazio senza nulla pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. Il curatore del blog è sollevato da qualsiasi pretesa o problematica possa nascere a seguito di riproduzioni e diffusioni non autorizzate, ricadendo sull’autore dello stesso ciascun tipo di responsabilità.

Conrad, Burgess, Strasser: nuovo incontro letterario “Cattivi dentro” dom. 8 aprile alla Biblioteca La Fornace

Potere e sottomissione nella società: nuovo incontro letterario con “Cattivi dentro”

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Proseguono gli incontri letterari attorno al saggio “Cattivi dentro” del poeta e critico letterario jesino Lorenzo Spurio alla Biblioteca La Fornace di Moie. Dopo gli incontri tesi a investigare le forme di infanzia degenerata e il fosco universo della devianza sessuale nella letteratura il nuovo incontro, che si terrà domenica 8 aprile alla Biblioteca La Fornace di Moie di Maiolati Spontini (AN) alle ore 17:30, provvederà ad approfondire il tema “Essere soggiogati: il gruppo sociale sedotto dal tiranno”.

L’intero ciclo di eventi è volto ad approfondire di volta in volta tematiche, testi, romanzi e autori della cultura internazionale che, in varie forme e a vari livelli, hanno parlato o messo in scena storie di cattiveria, violenza, soggiogazione, devianza e d’emarginazione all’interno delle date cornici narrative. Il saggio di Spurio che come sottotitolo porta “Dominazione, violenza e deviazione in alcune opere scelte della letteratura straniera” è risultato vincitore assoluto del noto Premio Letterario “Casentino” sezione Saggistica Inedita “Veniero Scarselli” nell’edizione 2017 con diritto di pubblicazione da parte della casa editrice aretina Helicon.

Nel nuovo incontro si darà voce ad alcuni episodi di violenza e sottomissione che nascono in dati contesti sociali che prevedono da una parte l’assunzione verticistico del potere, la supremazia e forme totalitaristiche e, dall’altro, la tacita abnegazione, la sottomissione e forme di violenza psicologica indotte. L’evento sarà teso a indagare il rapporto sociale che s’istaura tra il ‘cattivo’, nella forma del boss, del dittatore, della persona di potere (legittimo o meno), e della pericolosità nella trasmissione di idee irresponsabili e anti-democratiche. Dalla politica colonialista in “Cuore di tenebra” del modernista Joseph Conrad alla brutalità di una gioventù sadica in “Arancia meccanica” di Anthony Burgess sino all’esperimento nazista ne “L’onda” di Todd Strasser.

Ulteriori approfondimenti deriveranno dagli interventi del critico letterario fiorentino Lucia Bonanni che parlerà della “Psicologia cognitiva e comportamentismo” e dal cultore letterario Stefano Bardi che interverrà con un discorso su “Manipolazione e tenebra: i lati oscuri dei boss”.

Le letture di estratti scelti delle opere di riferimento saranno affidate alla voce di Gioia Casale. Durante la serata verranno, altresì, proiettati estratti significativi dei relativi film che verranno commentati dall’autore del libro.

Si ricorda, inoltre, che l’ultimo incontro del ciclo di eventi si terrà domenica 6 maggio e avrà come tema di riferimento “Così esco dal mondo: alcuni suicidi letterari”. Assieme all’autore del libro interverranno il filosofo Valtero Curzi e la scrittrice Elena Coppari.

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Info:

www.associazioneeuterpe.com

ass.culturale.euterpe@gmail.com

Tel. 3275914963

“La multiforme impalcatura del Male, tra realtà e letteratura”, saggio di Lorenzo Spurio

La multiforme impalcatura del Male, tra realtà e letteratura (*)

a cura di Lorenzo Spurio

Le poesie che compongono questo libro (Non uccidere. Caino e Abele dei nostri giorni, a cura di L. Spurio e I.T. Kostka, The Writer, 2017) girano tutte, a loro modo e con stili diversi, attorno a tematiche che hanno un’incidenza sociale, vale a dire che hanno a che fare con questioni che interessano tutti. L’iniziativa nata e sviluppata assieme alla poetessa Izabella Teresa Kostka è stata quella di aver voluto parlare del Male, nelle varie forme e concettualizzazioni. Non solo rappresentato dalla violenza sessuale che oggi, un po’ per la spasmodica ricorrenza di casi esecrabili, un po’ per una serie di campagne di informazione più incisive, sembra monopolizzare la cronaca. Abbiamo, cioè, voluto creare un progetto che fosse il più possibile ampio e aperto a varie testimonianze e dimostrazioni di come il Male possa potenzialmente intaccare tutti, proprio come il bene che la società civile ci indica di perseguire per evitare, condannare e allontanarsi da ogni concreta offesa alla civiltà.

L’azione spregiudicata di persone che coscientemente inquinano un corso d’acqua con bitumi e altri prodotti residui dalle loro attività economiche è, a suo modo, una laida forma di violenza: una offesa nei confronti della natura che ci ospita, una maltrattamento contro gli altri umani che abitano la terra e, addirittura, un atto malevole e inquinante anche per la nostra stessa vita. Anche se un comportamento illegale come questo viene qui richiamato in maniera assai semplicistica, può servire, comunque, per riflettere due secondi su una sacrosanta verità, ossia che chi produce il Male lo fa sempre con consapevolezza nonché spesso con predeterminazione. Vale a dire che l’azione violenta o spregiudicata non è altro che l’acme di un progetto instabile già configurato nella mente che trova poi la sua applicazione concreta. Di sadismo, brutalità e menefreghismo si parla, ma anche di omertà e silenzio, di indifferenza e tacita approvazione di un delitto, di un abuso, di un caso di insubordinazione che non può in ogni modo essere accettato.

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La cover della antologia Non uccidere (The Writer, 2017) curata da L. Spurio e I.T. Kostka dove figura questo testo critico come prefazione.

Di tutto questo siamo puntualmente informati, avvisati, messi in guardia, tartassati e impauriti da quanto gli organi di informazione giornalmente ci somministrano notizie di episodi di disagio e marginalità, prevaricazione e sopruso, di inciviltà propriamente detta, di denigrazione ed emarginazione sociale. Rientrano in questo discorso, che è un infinito mare magnum di casi dove la violenza si mostra in maniera più esplicita, anche le sottomissioni e la sospensione dei diritti civili in tanti paesi del mondo. Vi sono, poi, una miriade di altre situazioni, svariate nelle dinamiche e nelle forme con le quali si manifestano, che rimangono nel silenzio, lontano dalla grancassa dell’informazione, volutamente tenute nell’ombra, lontane anni luce da un qualsiasi spiraglio che possa rompere il legame tremendo tra aguzzino e vittima. Storie domestiche che non vengono denunciate, popoli segregati con la forza, anziani che vivono nella più profonda indigenza, clochard che vengono derisi e arsi vivi, ragazzini che si gettano dal quarto piano perché sopraffatti dalle violenze verbali di maledetti coetanei che ne assuefanno la psiche semplicemente perché effeminato, di povere condizioni, grasso, o il miglior bersaglio da colpire, perché incapace di reagire.

Questa è la realtà. E la letteratura?

La letteratura, che è una delle tante proiezioni della realtà, con una buona dose di finzione frutto dell’ispirazione creativa e del genio di chi la produce, non è che l’attestazione concreta, in termini oggettivi, del vasto spettro del Male, della sua tentacolare diffusione, della sua ambiguità e polimorfismo, dell’incapacità spesso di individuarlo. Alcuni brevi cenni a opere possono servire, forse, ad ampliare una trattazione che è nevralgica nella nostra attualità e che deve essere percorsa affinché anche la letteratura, sia essa di finzione o di approfondimento, interagisca con queste forme endemiche e faccia sue le preoccupazioni di una società spesso distratta, incapace di comprendere il dramma prima che esso si manifesti in forma di tragedia, gravata da preoccupazioni economico-finanziarie pesanti che, non di rado, vengono a configurarsi anche come con-causa se non come motivo trainante dell’adozione di piani omicidiari, suicidiari, stragisti, volti all’annullamento di sé e degli altri.

Mi viene in mente, allora, la vicenda dei fratelli Tamar e Amnon descritta nella Bibbia in cui la giovane donna, Tamar, viene sedotta con la forza da Amnon con uno stratagemma infido riuscendo a violentarla. Il comune padre, il re David, non condanna l’accaduto né solidarizza con Tamar ma un ulteriore fratello, Assalonne, vendicherà la violenza subita dalla sorella uccidendo Amnon in una duello. L’episodio, ripreso anche dal poeta spagnolo Federico García Lorca che gli dedicò una poesia, è significativo del fatto che la violenza sessuale, addirittura dalle nervature incestuose come è questo il caso, sia connaturata nella storia dell’uomo, dalla notte dei tempi. Nel testo più importante per la religione cristiana sono contenuti molti altri esempi di prevaricazione dell’uomo, di violenza, di ignoranza sociale e di sperequazione tra i sessi.

Facendo un bel balzo in avanti nella letteratura contemporanea, tre sono i riferimenti che, a primo acchito mi sento di richiamare dove il tema della violenza si fa palese e preponderante da segnare in maniera ineluttabilmente tragica i destini delle persone coinvolte nelle tre narrazioni.

In Cuore di tenebra (1899) di Jospeh Conrad il confronto in terra d’Africa che si ha tra Marlowe e Kurtz, entrambi di origini inglesi, è sconvolgente. Marlowe rappresenta il bianco, l’esploratore coscienzioso che ha bisogno di intraprendere un viaggio per vedere e conoscere, saldo in un patrimonio di valori che si basano sulla giustizia e la libertà dell’uomo. Kurtz, invece, è rappresentante di un’altra parte d’Occidente, quella più crudele e insensibile, ovvero del conquistatore, del depredatore di spazi e persone. In quell’angolo di Africa si è autonominato capo e ha asservito quelle povere genti ai suoi voleri diventando un despota sanguinario. Conrad sottolinea, con una descrizione disgustosa e spietata, le cattive azioni protratte da Kurtz, la potenza di un Male che può intaccare l’uomo dotato di vanagloria e animato da spinte di superomismo, invincibilità e supremazia sul genere umano.

Ne Il signore delle mosche (1954) di William Golding si realizza qualcosa di simile: cambia l’ambientazione, che non è quella africana ma quella di un’imprecisata isola del Pacifico e cambiano le dinamiche relazionali. Non più il bianco colonizzatore, sprezzante razzista che schiavizza l’indigeno, ma una gruppo di adolescenti che devono cercare di coabitare sul piccolo spazio dove si trovano e provvedere autonomamente al cibo per sfamarsi, non essendovi adulti con loro. Lì, per cercare di darsi delle regole per la comune convivenza e per emulare il mondo degli adulti, danno vita a un sistema di auto-governo fondato su elementi democratici e plurali: la convocazione dell’Assemblea e la rotazione della conchiglia tra i suoi membri, a rappresentare una sfera decisionale nel gruppo che varia di volta in volta, appunto a rotazione. Il sistema, però, non funziona. Non perché siano bambini o perché non sia un buon sistema, semplicemente perché viene prima sospeso, poi decretato inefficace e, infine, asservito a una logica personalistica. S’instaura così, nel gruppo dei ragazzini, una sorta di dittatura retta da Jack Merridew che di tutta prima risulta essere ben seguita da un ampio gruppo di ragazzi che intravvedono nel capo carismatico i caratteri di forza, autorità e prestigio. Un’esigua componente di ragazzi osteggia la neonata soppressione dei diritti e fa gruppo a parte continuando a richiamare l’importanza della convocazione assembleare. La situazione sfugge di mano e la fazione autodichiaratasi l’unica fonte di governo commette sevizie, atti ignominiosi sino ad arrivare all’assassinio di Piggy, uno dei ragazzi. La democrazia è rotta per sempre, il Male, nella forma viscida della fascinazione per il potere, ha prodotto vittime a seguito della degenerazione di un piano politico che è impazzito e ha prevaricato il diritto alla libertà di espressione.

Infine propongo una riflessione su Il giardino delle Vergini suicide (1999) del greco-statunitense Jeffrey Eugenides, meglio noto per essere l’autore del romanzo Middlesex (2002). Esso contiene la vicenda familiare dei coniugi Lisbon con le loro cinque figlie adolescenti che vengono fatte crescere in un clima di stagnante asfissia, di claustrofilia indotta, per rispondere alle prescrizioni maniacali e repressive della madre e la subordinazione del padre nei confronti della madre che decreta la sua inefficacia nel rapporto con le figlie. Il narratore sottolinea con particolari enfasi dei semplici momenti di apertura della famiglia Lisbon verso il mondo di fuori marcando l’interesse su quanto per la madre, ed i coniugi in genere, sia difficile e insostenibile accettare che le figlie possano andare al ballo della scuola con un com- pagno, piuttosto che uscire e ritrovarsi con le proprie amiche. Nella severità di una casa dove l’imposizione materna sgretola sogni e fa ardere progetti, desideri nonché annichilire l’esistenza delle giovani matura, in quel mix pericoloso di noia, sofferenza e impossibilità di fuga, lo stratagemma per l’acquisizione della libertà. Ecco allora che si chiarisce in quale circostanza ha preso piede il suicidio della prima ragazza, descritto velocemente in apertura del romanzo, dipinta come adolescente “strana” quando in realtà era semplicemente l’asfittico contesto familiare a non farla respirare né a permetterle di espri- mersi. Se la ribellione di Adela nell’opera teatrale La casa di Bernarda Alba (1936) del summenzionato Federico García Lorca (diversi gli scenari, diverse le ambientazioni, è vero) era possibile sulla base di un temperamento istintivo e combattivo contro l’autorità della madre, qui per le quattro ragazze che mai diventeranno donne, non c’è scampo. L’appuntamento finale sarà per un banchetto amaro, quello di una festa della morte dove ciascuna ragazza opterà per la soluzione finale pensata come più diretta e infallibile, tutte particolarmente spiazzanti. La sequela di suicidi che si realizzano in contemporanea, di cui la città mai avrà completa comprensione, viene in un certo modo occultata dal trasferimento dei coniugi Lisbon, ormai drammaticamente soli, mentre la loro casa invecchia e viene riappropriata dalla natura.

Il Male qui si configura in uno stato di lanciante sofferenza e desolazione interiore, in uno spiazzamento totalizzante che provoca assenza di autostima, annullamento della propria identità, l’adozione di un’esistenza fatta di rituali e imposizioni, arsura d’emozione, carenza di ascolto, mancanza di condivisione, tacita soppressione delle esigenze personali. Ecco, allora, che la via suicidiaria sembra dare scampo a un dolore che è possibile espiare solo con un volo pericoloso, verso un baratro inconoscibile, gesto che fa rabbrividire ma che, forse, neppure abbiamo il diritto di condannare del tutto. Giovani che eterizzano la loro beltà e che pongono un profondo ricatto morale ai genitori, agli adulti, al mondo disattento, a chi crede che un bambino non ha motivo per essere infelice.

Lorenzo Spurio

Jesi, 19-01-2017

 

(*) Questo saggio è stato utilizzato come prefazione per il volume antologico AA.VV., Non uccidere. Caino e Abele dei nostri giorni, The Writer Edizioni, 2017, curato da Lorenzo Spurio assieme a Izabella Teresa Kostka. 

Gli aperitivi letterari al Caffè Meletti di Ascoli Piceno: tutti gli appuntamenti

Aperitivo Letterario al Caffè Meletti

 

Per il ciclo Apericultura organizzato dai Giovani delle Acli di Ascoli Piceno con la cooperativa sociale Il Melograno, il mese di Aprile sarà dedicato alla scrittura con incontri dedicati alla poesia e alla narrativa, alla scrittura emergente e alla fiaba, alla letteratura dialettale, al romanzo, alla poesia locale con un ricordo a Lea Ferranti. Sarà un viaggio nella scrittura di sette incontri all’insegna del suo significato e della sua funzione. Tra gli appuntamenti due saranno dedicati ai laboratori di scrittura presso la sede Acli di Ascoli Piceno, gli altri saranno interessanti caffè letterari presso il prestigioso Caffè Meletti di Ascoli Piceno.

L’organizzatrice è la giovane scrittrice Giorgia Spurio che modererà, in collaborazione con l’associazione In-soliti Sentieri, assieme a Roberta Carboni, conduttrice del programma Versi e DiVersi presso Radio Studio Erre.

Le opere dei partecipanti scritte durante i laboratori saranno recitate all’ultimo incontro e avranno visibilità sul web. Il primo appuntamento sarà il 3 aprile.

Per info e prenotazioni contattare l’email giorgia.spurio@acli.it o la pagina facebook dei Giovani delle Acli di Ascoli Piceno oppure telefonicamente.

Tra gli ospiti saranno presenti: i poeti emergenti Alessio Alessandrini, Amedeo Clementi, Marco Squarcia, Davide Tartaglia; il critico letterario e poeta Lorenzo Spurio; per la letteratura dialettale la commediografa e poetessa Giuliana Piermarini, gli scrittori e poeti Stanislao Aleandri, Emidio Martini, Tita Mosca e Enzo Morganti, inoltre Roberto Buondi dell’Ass. Corale Polifonica Cento Torri e del Premio Mimmo Cagnucci; per la narrativa la scrittrice di fantasy Scilla Bonfiglioli, la giovanissima Deianira Camisa, la saggista e scrittrice storica Maresciallo Francesca Parisi; per la poesia locale nella quale si ricorderà Lea Ferranti interverranno Leo Bollettini, Alessandro Centinaro, Franca Maroni, Guido Angelini e Guido Nardinocchi del Premio Nazionale di Poesia e Prosa Inedita Cecco D’Ascoli.

Scrittura Locandina (1)

Aperitivo letterario al Caffè Meletti – Giovani delle Acli di Ascoli Piceno e Coop Soc Il Melograno

 

Programma dettagliato:  

modera la scrittrice Giorgia Spurio con Roberta Carboni di RadioStudioErre

 

  • 3 aprile ore 20.30 – Caffè Meletti

Scrittura emergente: incontro con la poesia e la fiaba.

Con i poeti Alessio Alessandrini, Amedeo Clementi, Marco Squarcia,  Lorenzo Spurio, Davide Tartaglia.

 

  • 8 aprile ore 20.30 – Caffè Meletti

Letteratura Dialettale.

Con gli scrittori e poeti Stanislao Aleandri, Roberto Buondi, Emidio Martini, Enzo Morganti, Tita Mosca e Giuliana Piermarini.

 

  • 11 aprile ore 16.30 – Caffè Meletti

Narrativa: Tra fantasia e realtà, come in un libro di Murakami.

Con le scrittrici Scilla Bonfiglioli, Deianira Camisa e Francesca Parisi.

 

  • 15 aprile ore 20.30 – Caffè Meletti

Poesia Locale: Ricordando Lea Ferranti.

Con i poeti Leo Bollettini, Alessandro Centinaro, Franca Maroni, Guido Angelini e Guido Nardinocchi.

 

  • 17 aprile ore 20.30: Laboratorio di Scrittura, presso la sede Acli di Ascoli Piceno, 2° piano, via III Ottobre 9.

      Lettura, analisi e commento delle opere dei partecipanti: laboratorio di poesia, una 

      lirica di 30 versi.

 

  • 20 aprile ore 20.30: Laboratorio di Scrittura, presso la sede Acli di Ascoli Piceno, 2° piano, via III Ottobre 9.

      Lettura, analisi e commento delle opere dei partecipanti: laboratorio di narrativa,   

      un racconto di 5000 caratteri.

 

  • 29 aprile ore 20.30 – Caffè Meletti

     Aperitivo finale

     Lettura delle opere dei partecipanti ai laboratori, che avranno inoltre visibilità sul  

     web.

 

 

Info e prenotazioni: Giorgia 320 2831361

                                 giorgia.spurio@acli.it

 

Informazioni ulteriori:
Tutti e 7 gli incontri: 60 €
Partecipazione esclusivamente ai 2 laboratori: 25 €
Singolo incontro: 10 €
Per facilitare, è possibile il bonifico intestato a: Acli Ascoli Piceno
IBAN: IT 02 A 01030135 00000000 729029
Causale: Incontri Scrittura

Si prega di inviare la ricevuta del bonifico alla email per motivi organizzativi.

Rita Barbieri su “Ian McEwan: sesso e perversione”, saggio di Lorenzo Spurio sull’autore anglosassone

“IAN  MC EWAN: Sesso e perversione”
di LORENZO SPURIO
Photocity Edizioni, 2013
 
Recensione a cura di Rita Barbieri

 

coverNel suo saggio, Lorenzo Spurio affronta il tema della sessualità in tutte le sue varianti e variazioni all’interno di alcune delle principali opere di Mc Ewan. Con un approccio distaccato ma profondo, Lorenzo indaga le rappresentazioni e le simbologie collegate al sesso. Molti degli scritti di Mc Ewan infatti, sono caratterizzati da trame scabrose, incontri incestuosi o amori al limite del morboso e del lecito. In alcuni casi si tratta di episodi funzionali al racconto, veri e propri perni che agiscono da elemento accentratore e catalizzatore per gli sviluppi successivi. Altre volte, invece, si tratta di ‘tappe’ evolutive e psicologiche che segnano il percorso e la storia personale dei personaggi e delle loro relazioni con gli altri.  In ulteriori esempi,  il sesso serve a descrivere la società circostante, l’ambiente ovattato di perbenismo e falso moralismo in cui, a contrasto, si muovono e si agitano i protagonisti.

Interessante notare però che, in molte delle descrizioni riportate, il sesso non è quasi mai un piacere puro, estetico ed estatico. Il sesso è sempre legato, a doppio filo, a ‘qualcos’altro’: un’ossessione, una storia, una scoperta. Sembra non essere mai, semplicemente, “sesso per sesso” esattamente come scrivere non è mai, altrettanto semplicemente, “arte per arte”.

Il sesso dunque, non è un semplice espediente per dilatare i tempi narrativi o per mantenere viva l’attenzione del pubblico dei lettori. Non ci sono le pagine ‘bollenti’ e sospirate presenti in alcuni classici della letteratura erotica ( a partire  da “L’amante di Lady Chatterley” fino ai romanzi di De Sade) anzi, a volte si ha la sensazione che si tratti di una faccenda impudica, consumata in fretta e senza troppa cognizione di causa. C’è poco spazio per la seduzione, per la fascinazione reciproca. Più che un qualcosa di piccante e rovente, gli incontri erotici descritti sembrano essere piatti da servire ‘freddi’, proprio come la vendetta.

Ma se l’erotismo non è l’equivalente ‘puro’ della passione, del romanticismo, dell’attrazione magnetica allora cos’è? A cosa serve? Perché inserirlo nella maggior parte delle opere?

A questo il libro di Lorenzo, prova a trovare delle risposte. Utilizzando estratti mirati (talvolta tradotti da lui stesso in italiano per agevolare la lettura) e prestando una grande attenzione sia al contesto romanzesco sia a quello reale, il saggio ci accompagna nella lettura (o nella rilettura) di alcuni dei testi più interessanti di McEwan fornendoci maggiori strumenti interpretativi e maggiori nozioni.

È possibile allora, alla luce di questi nuovi elementi che Lorenzo suggerisce e illustra, formulare delle ipotesi e delle congetture. Dall’analisi della ricezione e dell’impatto che gli scritti di McEwan hanno avuto sul pubblico, dalle critiche e dalle recensioni avute è spontaneo interrogarsi su quali fossero le intenzioni reali e gli intenti comunicativi dell’autore.

Ci si accorge dunque che intorno al capitolo ‘sesso’ si aprono tutta una serie di riflessioni letterarie, critiche ma anche sociali e storiche, in cui questo atto istintivo e naturale assume di volta in volta vesti, significati e ruoli diversi e sorprendenti. Il sesso è una continua scoperta: di sé stessi, del mondo, delle relazioni, dei limiti e delle imposizioni sociali. Il sesso è una sfida, un atto di coraggio o di sventatezza, una concessione, uno strappo alla regola, una colpa, un peccato, una condanna. Il sesso è tabù, ma solo finchè non è rivelato. Il sesso è un atto pratico, concreto, fisico, reale ma non sempre sensoriale. I personaggi ‘fanno’ ma non ‘sentono’, o almeno questo sembra non essere il punto nodale della questione.

Il sesso nei libri di McEwan si lega anche, molto spesso, alla perversione: rapporti e desideri che, agli occhi della società e della norma, sono illeciti e riprovevoli. Indici accusatori che si sollevano all’unisono contro fatti, parole e pensieri che definire ‘dirty’ (utilizzando un interessante doppio senso allusivo dell’inglese, pressoché intraducibile in italiano) è fin troppo poco. L’autore ci presenta il giudizio e il conto finale, lasciando a noi lettori il compito di individuare moventi, giustificazioni e, laddove ce ne siano, attenuanti.

Il saggio di Lorenzo Spurio, con la sua meticolosa ricerca e attenta analisi, ci invita a riflettere su questo e a trovare, noi lettori per primi, significanti e significati (letterari o meno) per questi due termini che, nella loro apparente semplicità, racchiudono infiniti universi di senso e codici d’accesso. In fondo, come diceva anche Woody Allen: Is sex dirty? Only if it’s done right.”

Rita Barbieri

Giuseppina Vinci torna con un saggio letterario: “Riflessi letterari”

Nell’opera parlano Leopardi, Montale, Joyce, Woolf e tanti altri autori

 Comunicato stampa

coverTraccePerLaMeta Edizioni ha appena pubblicato “Riflessi letterari” di Giuseppina Vinci: un percorso tra le pieghe della letteratura italiana ed inglese. La scrittrice analizza secondo la propria esegesi dei testi che propone, opere centrali negli studi sulla letteratura, quali ad esempio alcune liriche di Leopardi , focalizzandosi su precisi  ambiti letterari: il simbolismo, l’ermetismo, il modernismo inglese. La scrittura piana e accessibile a tutti e l’esposizione del suo pensiero critico su ciascun opera/autore è breve, preciso e condensato, capace di fornire all’attento lettore nuovi spunti di analisi e ricerca.

Dalla prefazione del critico letterario Lorenzo Spurio si legge: «Giuseppina Vinci, docente di materie classiche al Liceo Classico Gorgia di Lentini, dà prova con questo libro di come la letteratura non solo debba essere letta, possibilmente ad alta voce e senza rumori intorno, ma di come essa debba essere interpretata, riletta, vissuta e ri-creata, perché è proprio dall’interazione che si crea tra autore e lettore che si ricavano i variopinti significati e le leggiadre possibilità di indagine dell’uomo nel mondo reale».

 

L’autrice

Giuseppina Vinci è nata a Lentini (SR), città nella quale vive e insegna presso il Liceo Classico “Gorgia”. Ha pubblicato due libri di poesie e racconti: Battito d’ali (Aletti Editore, 2010) e Chiara è la sera (Angelo Parisi Editore, 2012). Oltre alle poesie e ai racconti, ha pubblicato articoli su quotidiani nazionali e locali, tutti contenuti in Chiara è la sera e è presente  in Cento voci verso il cielo, Antologia poetica e in Antologia di poesie “Il Forte”.

 

                       

TITOLO: Riflessi letterari
AUTORE: Giuseppina Vinci
PREFAZIONE: Lorenzo Spurio
EDITORE: TraccePerLaMeta Edizioni
COLLANA: Sabbia – Critica letteraria
PAGINE: 68
ISBN: 978-88-907190-9-7
COSTO:  9 €

Link diretto alla vendita

 

Info:

info@tracceperlameta.orghttp://www.tracceperlameta.org

Ufficio Stampa: Lorenzo Spurio – lorenzo.spurio@alice.it

“La ballata del vecchio marinaio” di S.T. Coleridge, un commento di Pina Vinci

Samuel Taylor Coleridge e “La ballata del vecchio marinaio”
di GIUSEPPINA VINCI

imagesCA9KT07TAmico di Wordsworth,  S.T.Coleridge esprime un mondo interiore molto diverso. Alla appassionata convinzione di una Natura consolante il primo, si affianca una dimensione soprannaturale e talvolta non benevola, avversa alla umana sorte. La razionalità occupa uno spazio ridotto nella Ballata del Vecchio Marinaio. The Rime, pilastro della letteratura romantica inglese, ci introduce in un viaggio esistenziale tormentato e fantastico, tutti gli elementi della Natura concorrono a sorprendere il lettore, ora incantato ora ansioso per la sorte del Marinaio e l’equipaggio. Il Marinaio, personaggio antico, remoto,  come il titolo dell’opera ricorda, e immaginario, dagli occhi scintillanti, dalla lunga

barba grigia, dalla mano scarna, ha il potere di determinare la volontà del  giovane invitato alle Nozze, costretto ad ascoltarlo, a rivivere insieme a lui il viaggio verso una meta sconosciuta e il dolore patito dopo l’uccisione dell’albatros. L’Albatros richiama l’Albatros di Baudelaire, metafora del Poeta incompreso, annientato per la sua stessa genialità.

In The Rime, l’Albatros venuto da lontano, potrebbe rappresentare la Immaginazione, la Luce, la sfera del non razionale, del sorprendente, Fantastico, meraviglioso, sublime. Il Sublime inteso da Edmund Burke in De Consolatione Philosophiae.

Il lungo viaggio verso il Sud e poi inspiegabilmente verso il Nord, e senza una meta, la nave immobile su un oceano talvolta rosso, talvolta verde, simbolo di una umanità consapevole del proprio viaggio terreno ma non del fine o dello scopo.

imagesLa nave fantasma apparsa improvvisamente e senza ragione apparente, le due donne, la Morte e la Vita  nella Morte che decidono della vita del Marinaio e dell’equipaggio, la schiera di angeli, serafini e cherubini, la pioggia purificante e rigenerante, come un battesimo a nuova vita l’elemento soprannaturale e irrazionale, la forza dirompente della Natura a volte benevola, a volte avversa, non consolante, come leggiamo nella poesia di Wordsworth, ne fanno un’opera robusta e uno dei pilastri della letteratura non solo inglese.

Uomo complesso, colto, il Coleridge sembra cercare nella Ballata la sua stessa Verità, il suo fine e destino. L’anima del marinaio costretto a raccontare le vicende  drammatiche del Viaggio per espiare la morte dell’albatros, ‘the bird of good omen’’, rappresenta il cammino del cristiano verso la propria purificazione e redenzione.

Dobbiamo credere a un Coleridge cristiano?

Personalmente non credo.

Le infinite domande del perché dell’uomo sulla terra, del suo pellegrinaggio breve e sofferente sì.

Il Poeta non sa darsi una risposta, il giovane che si allontana più triste e più saggio, ha smesso di sognare, di pensare a una vita spensierata e anch’egli inizia un  cammino esistenziale personale di cui non possiamo prevedere gli esiti.

Il Coleridge è riuscito nel suo proposito di suscitare meraviglia, sgomento, incredulità. Quel ‘’willing suspension of disbelief’’quella volontà di condurre il lettore verso un mondo irrazionale e soprannaturale ha il potere di affascinare gli uomini di ogni tempo.

 

GIUSEPPINA VINCI è nata a Lentini nella provincia di Siracusa e Insegna letteratura  inglese al Liceo classico Gorgia della sua città. Lentini è la città di Gorgia e di Notaro Jacopo, di F.Bonfiglio, psichiatra, e di F.Insolera, matematico.

Ha  già pubblicato due libri di racconti e poesie ‘’Battito d’ali’’ (2010) e ‘Chiara è la sera’ (2012).  Battito d’ali ha ottenuto il premio divulgazione da La Pergola arte di Firenze nel 2010. Riconoscimenti da Roberto Antonelli e Tullio De Mauro. ‘Chiara è la sera’ ha ottenuto un buon successo di pubblico. Appassionata di letteratura inglese intende pubblicare un libro  contenente tutti i commenti ad opere della letteratura inglese.

QUESTO TESTO VIENE PUBBLICATO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE. E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE QUESTO TESTO IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.

“Miele” di Ian McEwan, recensione di Anna Maria Balzano

Miele
di Ian McEwan
Einaudi, Torino, 2012
ISBN: 978806214055
Pagine: 351
Costo: 20€
 
Recensione di Anna Maria Balzano

9788806214050“Miele”, l’ultimo romanzo di Ian McEwan, è un’opera complessa che offre molti spunti per una discussione sulla funzione dell’arte in generale e dell’arte in relazione alla politica e alla ragion di stato in particolare.

La protagonista, Serena, figlia di un Vescovo, educata secondo i saldi principi borghesi, costretta a trascurare la sua predilezione per le lettere e a laurearsi in Matematica a Cambridge, ottiene un incarico presso l’MI5 : siamo negli anni settanta, l’Inghilterra è in piena crisi energetica, il movimento indipendentista nord-irlandese è molto attivo, si sviluppa e si estende la guerra fredda culturale.

La missione consiste nel dover reclutare scrittori e intellettuali che possano fare propaganda a favore dell’occidente, contro il blocco sovietico.

McEwan cela, dietro la forma della spy-story, una pesante critica di ciò che può essere l’arte dello scrittore laddove sia strumentalizzata a fini politici.

Già in Espiazione avevamo assistito alla mistificazione artistica creata dalla protagonista Briony, che tradiva un giudizio negativo dell’autore sull’arte come finzione. Qui questo giudizio appare in tutta la sua evidenza, non solo nella trama principale, ma anche in quei racconti, che ci vengono riportati come creazione del personaggio di Tom Haley, che possono essere considerati dei brevi romanzi nel romanzo, secondo la migliore tradizione inglese.

In ognuno di questi racconti, il protagonista, che sia il gemello che si sostituisce al fratello parroco, o l’individuo che viene preso da passione per un manichino, o il marito che ama più appassionatamente la moglie dopo essere venuto a conoscenza della sua disonestà, è la menzogna a trionfare. Ciascuno di questi racconti diventa simbolo e metafora del romanzo in cui è inserito.

imagesCAJ5CI2JLa necessità dei Servizi Segreti di finanziare, senza svelare loro il vero fine dell’operazione definita Miele, autori perché scrivano opere che esaltino i valori del  mondo occidentale, in contrasto con quelli rappresentati dal comunismo sovietico, ripropone la distinzione tra intellettuale tradizionale e intellettuale organico. È ovvio che l’intellettuale che si mette al servizio del potere, di qualunque segno esso sia, diventa organico a quello stesso potere. In questo romanzo si accenna all’opera di Orwell, sia al suo “La fattoria degli animali”, sia a “1984”. Con lui se ne citano altri. La necessità di tenere nascosta la finalità dell’operazione, riscatta in un certo senso una parte del mondo artistico, che, se consapevole, non avrebbe messo la sua opera al servizio del potere politico.

L’accenno all’inganno è esplicito in alcune frasi  pronunciate dai protagonisti del romanzo: la creazione artistica vista come inganno è eredità della cultura puritana britannica, e risale al teatro elisabettiano.

Significativo è anche l’accenno esplicito a Mallarmé e alla sua teoria della “pagina bianca”, nelle parole di Haley.  Diceva Mallarmé : “L’opera poetica è miracolosa come la creazione, ma al termine d’una faticosa ascesa non v’è che il nulla, la pagina bianca, il silenzio.” Un sogno di purezza, questo, e di distacco dal mondo, negazione della mistificazione artistica, che McEwan sembra palesemente condividere.

ANNA MARIA BALZANO

LA PRESENTE RECENSIONE VIENE PUBBLICATA SU GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

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Anna Maria Balzano su “Flyte e Tallis” di Lorenzo Spurio

Flyte & Tallis
Ritorno a Brideshead ed Espiazione: una analisi ravvicinata di due grandi romanzi della letteratura inglese
di LORENZO SPURIO
Photocity Edizioni, 2012
 
Recensione di ANNA MARIA BALZANO

copertina solo frontNon esito a definire veramente molto interessante questo saggio di Lorenzo Spurio su due grandi opere della letteratura inglese: Espiazione di Ian McEwan e Ritorno a Brideshead di Evelyn Waugh. L’analisi di Spurio è dettagliata e puntuale: l’intento è dimostrare come questi romanzi, di autori così diversi per fede e ideali, abbiano invece molti punti in comune.  

Spurio mette subito l’accento sulla centralità della casa, come dimora familiare, nella quale e intorno alla quale si svolge la vita di due grandi famiglie.

Villa Tallis e Brideshead sono entrambe dimore fatiscenti, la cui decadenza strutturale diviene metafora della decadenza fisica e morale dei loro abitanti. Spurio poi sottolinea come in entrambi i romanzi assumano grande significato la presenza di una fontana, di fronte alla casa, e della biblioteca all’interno, luoghi nei quali e intorno ai quali si svolgono eventi importanti che inducono il lettore anche a considerazioni sull’arte.

Procedendo nell’attento esame dei testi, l’autore del saggio fa notare come la disparità sociale e il  contrasto di classe, diversi, ovviamente, da quelli dell’epoca vittoriana, siano presenti in entrambi i romanzi e ne costituiscano un punto  centrale. Se in McEwan ci si concentra di più sulla crisi della borghesia in Waugh si pone l’accento sulla decadenza e l’anacronismo dell’aristocrazia.

Ciò che accomuna più palesemente le due opere, dice Spurio, è certamente il tema della guerra e delle sue conseguenze: esso occupa grande spazio all’interno della narrazione.

Uno dei punti più interessanti di questo saggio consiste nell’aver individuato in due autori tanto dissimili per impostazione e fede religiosa, alcuni elementi che li avvicinano. Spurio esamina, a cominciare dal titolo dell’opera di McEwan, quegli indici che, in Espiazione, tradiscono l’insegnamento cattolico: e ciò nonostante il dichiarato ateismo dell’autore.

Né mi sembra di minore importanza aver rilevato come in entrambi i romanzi si continui una tradizione già solidamente radicata nella letteratura inglese, che vuole che la storia finisca là dove è incominciata, dando all’opera una struttura circolare. In questa prospettiva Spurio critica giustamente la versione cinematografica di Espiazione che vuole una fine in un luogo diverso da Villa Tallis.

In conclusione al saggio si sottolineano le citazioni e gli accenni ai grandi autori che si incontrano nel corso della lettura di queste opere: ciò è di aiuto anche per capire quali siano state le influenze e i riferimenti culturali dei due romanzieri.

La bella prefazione di Marzia Carocci e la traduzione di Spurio dell’articolo di Brian Finney alla fine del saggio, completano questo lavoro di grande interesse e utilità, non solo per gli studiosi del genere.

 

QUESTA RECENSIONE VIENE QUI PUBBLICATA DIETRO CONCESSIONE DELL’AUTRICE.

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“Flyte & Tallis”: il nuovo saggio di letteratura inglese di Lorenzo Spurio recensito da Rita Barbieri

FLYTE & TALLIS
Ritorno a Brideshead ed Espiazione
una analisi ravvicinata di due grandi romanzi della letteratura inglese
di LORENZO SPURIO
ISBN: 978-88-6682-300-1
Numero di pagine: 143
Costo: 10 €
 
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Recensione a cura di Rita Barbieri

 

copertina solo frontIl saggio di Lorenzo Spurio analizza, in maniera precisa e sintetica, due dei più importanti capolavori della letteratura inglese del ‘900: “Atonement” (Espiazione) di Ian McEwan e “Brideshead Revisited” ( Ritorno a Brideshead) di Evelyn Waugh.

Inizialmente l’autore affronta in maniera separata le due opere, dedicando loro una sezione ciascuno del suo libro. Per ogni romanzo traccia un riassunto puntuale e accurato, spendendosi anche in una descrizione mirata degli ambienti e dei personaggi principali. Si tratta delle fondamenta necessarie poi per affrontare, nelle parti successive del saggio, l’analisi più propriamente critica e letteraria.

Lorenzo Spurio ricerca nei due romanzi delle tematiche comuni (la religione, il senso di colpa e altri…) e spiega, inserendo anche citazioni letterarie in corso d’opera e informazioni biografiche sulla vita degli autori, analogie e differenze. Tutto questo è sostenuto da un solido impianto critico-bibliografico, come si può ben notare dalla bibliografia finale.

I temi scelti non sono casuali né semplicistici, quanto piuttosto temi articolati e complessi che vengono sciolti ed esposti in maniera chiara e comprensibile. Non si cade mai nell’errore di uniformare, appianare i due romanzi o di voler ritrovare obbligatoriamente delle linee e dei tratti comuni. Anzi, si dedica particolare attenzione alla descrizione delle differenze esistenti e si cerca di spiegarne le possibili motivazioni, sia attraverso un approfondimento sul contesto storico-sociale del momento, sia ricorrendo al vissuto dei due autori.

La terza parte del saggio riporta una traduzione a cura dell’autore di un articolo di un importante critico: Brian Finney, che fornisce un inquadramento globale e conclusivo alle osservazioni e alle analisi precedentemente delineate.

Completano l’opera i profili biografici dei due autori e la bibliografia.

Si tratta di un saggio estremamente accurato e curato, perfino negli apparati critici (quali note e rimandi bibliografici), completo e esaustivo dal punto di vista dei contenuti. Inoltre il linguaggio chiaro, non eccessivamente pieno di inutili tecnicismi e la relativa brevità dello scritto, lo rendono uno strumento di facile accesso e rapido utilizzo anche per coloro che non sono troppo abituati ad avere a che fare con testi di critica letteraria.

Per i più esperti invece, il libro offre interessanti spunti di riflessione e scorci nuovi, oltre a mettere a disposizione titoli e materiali di approfondimento per ricerche successive.

Si tratta dunque di un libro che permette, in maniera semplice ma non semplicistica, di addentrarsi nelle trame dense della letteratura inglese del ‘900, fornendo una possibile linea interpretativa e trasmettendo, allo stesso tempo, tutto il fascino misterioso, elegante e decadente dei due più importanti romanzi inglesi del tempo, attraverso la descrizione sentita dell’ambientazione, del plot e del mondo psicologico dei personaggi.

Rita Barbieri

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