“L’istinto altrove” (Ladolfi, 2019) di Michela Zanarella – con tre inediti – a cura di Lorenzo Spurio

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

Michela Zanarella (Cittadella, 1980) dal 2007 vive e lavora a Roma. Poetessa, scrittrice e giornalista, molteplici i suoi impegni nel campo della letteratura. Per la poesia ha pubblicato: Credo (2006), Risvegli (2008), Vita, infinito, paradisi (2009), Sensualità (2011), Meditazioni al femminile (2012), L’estetica dell’oltre (2013), Le identità del cielo (2013), Tragicamente rosso (2015), Le parole accanto (2017), L’esigenza del silenzio (2018 – co-autore Fabio Strinati) e L’istinto altrove (2019). Le sue opere sono state tradotte in varie lingue tra cui il rumeno: Imensele coincidenţe (2015 – traduzione di Daniel Dragomirescu) e in inglese: Meditations in the Feminine (2018 – traduzione di Leanne Hoppe); numerosi testi singoli sono stati inoltre tradotti in inglese, francese, spagnolo, portoghese, greco, arabo, turco. Le sue poesie figurano su numerose antologie italiane e straniere, volumi monografici, riviste, antologie di concorsi, blog, siti e piattaforme culturali online.

Per la prosa ha pubblicato la raccolta di racconti Convivendo con le nuvole (2009), la biografia Nuova identità (Il segreto). Linda D, biografia di una cantatrice (2015) e il breve saggio Com’erano i ragazzi di vita (2017). Figura, inoltre, tra gli otto coautori del romanzo di La ragazza di Roma Nord (2020) di Federico Moccia. Ha curato varie antologie tra cui vanno ricordate, tre le più recenti, Pier Paolo Pasolini. Il poeta civile delle borgate. A quaranta anni dalla sua morte (2016 – co-curatore Lorenzo Spurio) e Senza pietre. 11 poeti per Carlo Levi (2019).

Numerosi i riconoscimenti ottenuti nel corso degli anni tra cui il Premio Cerda “Calogero Rasa” a Palermo (2008), il Premio “Anime e Luci” di Padova (2008), il Premio “Giovanna Dalla Torre” di Roma (2011), il Premio 13 di Roma (2013), il “Creativity Prize” al Premio Internazionale Naji Naaman’s (2016), il Premio “Le Rosse Pergamene” di Roma (2018), il Premio “Officine Ensemble” di Roma (2019),…

È ambasciatrice per la cultura e rappresenta l’Italia in Libano per la Fondazione Naji Naaman e socio corrispondente dell’Accademia Cosentina, collabora con EMUI_ EuroMed University, piattaforma interuniversitaria europea, e si occupa di relazioni internazionali. È redattrice di Periodico italiano Magazine, Laici.it e della rivista di poesia e critica letteraria Euterpe e speaker di Radio Doppio Zero. Già Presidente della Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo (RIDE-APS), Capofila italiano della Fondazione Anna Lindh (ALF), è Presidente Onorario dell’Enciclopedia Poetica WikiPoesia.

Membro di giuria in vari concorsi letterari, da anni è Presidente di Giuria del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” di Jesi (AN) e del Premio Letterario “Città di Latina”. Presiede il concorso letterario nazionale “Le Ragunanze” indetto dall’omonima associazione romana della quale è presidente con il patrocinio dell’Ambasciata di Svezia.

Su di lei hanno scritto, tra gli altri, Dacia Maraini, Dante Maffia, Donatella Bisutti, Giuseppe Neri, Marcella Continanza, Antonino Caponnetto, Antonio Spagnuolo, Roberto Ormanni, Marco Falco Rinaudo, Cristina Biolcati, Vittorio Pavoncello, Dario Amadei, Cinzia Baldazzi, Paolo Merenda, Michele Bruccheri, Irene Sparagna, Gilbert Paraschiva, Luciano Somma, Marco Marra, Daniel Dragomirescu, Leanne Hoppe,…

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Michela Zanarella

Ho sempre seguito con attenzione e interesse il percorso poetico di Michela Zanarella a partire dal libro Sensualità. Poesie d’amore e d’amare, edito nel 2011, e per il quale scrissi una recensione nella quale osservavo: “Michela Zanarella è una sensibilissima compagna in questo vivido viaggio nel mondo amoroso, dipinto con grande attenzione mediante un’ampia aggettivazione, soprattutto quella che si riferisce ai colori. […] È un amore quanto mai realistico e vivo, per nulla romanzato, che, come nella realtà, è irrimediabilmente esposto al «dolce aggredire del tempo» e alla lontananza tra gli amanti vissuta con sofferenza: «La vita è misera come un secco ruscello d’agosto senza il tuo fiato accanto» […] La silloge descrive un affascinante universo fondato sui sensi e sulle sensazioni, tutte viste dal sensibile animo femminile della Zanarella”[1].

Spostandoci, invece, alle opere più recenti, vorrei porre l’attenzione – seppur fugacemente – su due opere in particolare: Le identità del cielo (2013) e L’esigenza del silenzio (2018). In riferimento alla prima di queste avevo scritto: “La nuova poesia di Michela Zanarella è materica, nel senso che impiega una sintassi che fa riferimento a forme di materia ed è terrigna, perché nelle divagazioni la poetessa non può che istituire rapporti tra quel che fu, l’origine e la nascita, e quel che sarà, il tutto dominato sempre da una sovrastante in-conoscibilità dei fatti. Come un vate del silenzio, Michela Zanarella fonde nel canto più alto pensieri di palingenesi e costruzioni cosmologiche rapportate nella dimensione dell’uomo qualunque, portato a vivere “un’esistenza che si ripete” […] Con questa silloge esprime la fenomenologia della polvere, per rintracciare sensi e significati in quelle nuvole alte [impresse nell’immagine della cover] che ci sovrastano e che, giorno dopo giorno, vivono con noi[2]”.

Nel 2018 per Le Mezzelane Casa Editrice di Santa Maria Nuova (AN) uscì il nuovo libro Le identità del cielo, un progetto diverso dai soliti e assai curioso a partire dalla conformazione dello stesso se si tiene conto di essere stato scritto assieme al poeta maceratese Fabio Strinati[3]. Non poesie scritte “a quattro mani”, come è facile abitudine degli ultimi anni ma poesie personali, scritte per intero da ciascun autore, inserite all’interno del medesimo volume, senza ripartizioni interne, né indicazioni esplicite su quale dei due autori del volume fosse stato a scrivere i singoli testi. Chi conosce bene la scrittura dell’autrice però (come pure, d’altra parte, quella dell’altro autore) non farà molta difficoltà ad attribuire di volta in volta la paternità (maternità, dovremmo dire, nel primo caso) dei testi. Notevole in questo caso anche la prefazione stilata dal noto poeta Dante Maffia che così si apprestava a presentare i due autori, le due esperienze, il progetto nella sua unicità: “[Gli autori] compiono un viaggio insieme e ne danno un resoconto non attendibile, fuori dalla verità comune. Perché nelle loro parole c’è la verità di un cielo che si è specchiato senza cercare la deflagrazione. La metafora per fare intendere la catena di metafore sottese in ogni pagina, il fluire limpido e a volte magmatico dei pensieri e delle emozioni, lo sforzo per poter entrare nell’invisibile e trarne ragioni ineluttabili. Non è questo del resto il compito dei poeti? Non è quello di squarciare veli e di entrare nella magia di insondabili chimere per offrire poi la dovizia di nuovi cammini?”. Ho ripreso alcune riflessioni esposte precedentemente sulle sue opere passate all’atto della loro pubblicazione e diffusione sia perché hanno ancora una loro validità sia perché consentono di studiare in maniera più particolareggiata e concreta la poetica della Nostra che, pur iscritta in un processo di continua maturazione, ben si contraddistingue – e in maniera peculiare – sin dalle sue origini per la forza e al contempo l’eleganza delle immagini, per la sontuosa elaborazione del verso, per l’alto afflato lirico che consente una vivida partecipazione da parte del lettore.

copertina Zanarella bozza (2)1Marco Marra recensendoLe parole accanto (2017) ebbe a scrivere: “La voce di una poetessa si fa tale quando scandaglia senza alcuna riserva ogni angolo dell’anima, toccandone anche gli anfratti più remoti e bui. L’introspezione proposta in questa silloge poetica è densa di coraggio, talvolta velata da un lucido piglio critico e autocritico che puntualmente l’autrice diluisce in una goccia di speranza e stempera nella sua visione di fondo positiva della vita” [4].

Arriviamo così all’ultimo libro pubblicato, L’istinto altrove (2019), per il quale sembra opportuno – data l’autorevolezza della firma – citare direttamente dalla prefazione siglata dalla scrittrice Dacia Maraini: Michela Zanarella sembra voler far sua la natura stessa del linguaggio poetico che riesce a scavare e mettere in luce le radici più profonde e nascoste dei sentimenti che ci animano, l’amore sopra tutti. E come l’amore ci porta lontani e distanti dal mondo reale per abbracciare quelle che credi essere o sono davvero le ragioni della nostra vita, così la poesia si concede la libertà di connessioni, digressioni, perdite di senso, perché qui sono le parole che si incontrano, si intrecciano in un gioco spesso senza senso apparente, non ci sono verità, ma solo, appunto, istinto e quando le parole prendono ad avere un senso compiuto è proprio allora che si allontanano di nuovo”.

A seguire una scelta di componimenti tratti da L’istinto altrove, edito per i tipi di Ladolfi di Borgomanero (NO) nel 2019:

 

Siamo liberi di sentire

Siamo liberi di sentire

con le vene e con gli occhi

come si muove in silenzio l’amore.

Ci capiterà di non fermarci

tra uno sguardo ed un respiro.

Proveremo a scavalcarci le labbra

nell’armonia perfetta di un bacio.

Ci capiterà forse di non vergognarci

se ci esplode la vita.

Non rinunceremo mai

a ripetere il senso

del nostro avvicinarci all’infinito.

 

*

 

Non si ferma la luce

Non si ferma la luce

che mi sfrega l’anima

e che va in giro per il corpo.

Resto con i palmi aperti

in attesa delle tue dita

e quando sento che mi sfiori

è come se il mondo prendesse forma.

Dentro di noi non fa silenzio il sangue.

Se puoi avvicina l’aria che respiri

alle mie labbra

e fammi strada dentro il tuo corpo

fino a parlare il verbo

delle nuvole e delle stelle.                                       

 

*

Ti verrei ad abbracciare

Ti verrei ad abbracciare

come fa il sole quando sorge

sulla terra

e ti darei le mie parole

per unirle al tuo silenzio.

L’amore che ho per te

fatto di luce e di pazienza

si moltiplica come fa la vita

quando arriva come pioggia improvvisa

a risvegliare l’erba o a riempire i pozzi.

 

A seguire tre inediti:

 

Sono le fidate espressioni degli occhi

Sono le fidate espressioni degli occhi

la posa del silenzio tra le labbra

il corsivo di un amore scritto di getto nell’anima.

Si misero al vetro tra il destino e il tempo

i corpi scesi a innamorarsi

quasi a chiedere permesso alla terra

di toccare l’infinito.

L’hanno conosciuta le guance le mani le ossa

la verità.

Nude hanno stretto la luce

nel compimento del sole.

 

*

 

E se la vita fosse

E se la vita fosse

un perpetuo scavare tra le macerie

un continuo estrarre detriti di cielo

a mani nude.

Avremmo meno paura del vento

che spinge i tronchi a tremare

e le tegole dei tetti a cadere

o tratteremo l’aria come un’anticipazione

della pioggia che turba e poi spaventa?

Continueremo a credere di poter arretrare il dolore dagli occhi

ma le ciglia sono fatte per conoscere il pianto

quel fiume che pare rischiarare il tempo

unicamente alla foce.

 

*

Di tutto il cielo sopra di noi

Di tutto il cielo sopra di noi

sappiamo ben poco

ma se stiamo fuori dal portone

col cuore taciturno nei cappotti

e lo sguardo rivolto al sole

cerchiamo di tenercelo stretto

come se fosse il primo bacio

che la luce dà alla terra.

Magari verranno albe meno fredde

e potremmo lasciare le mani fuori dalle tasche

libere di indicare le nuvole, l’amore e il bianco della neve.

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

 

 

[1] Recensione pubblicata su Blog Letteratura e Cultura il 26/05/2011, https://blogletteratura.com/2011/06/26/sensualita-poesie-damore-damare-di-michele-zanarella/

[2] Recensione pubblicata su Blog Letteratura e Cultura il 26/12/2013, https://blogletteratura.com/2013/12/26/le-identita-del-cielo-di-michela-zanarella-recensione-di-lorenzo-spurio/ ; per chi volesse leggere la mia recensione alla precedente silloge, Meditazioni al femminile (2012) rimando al testo pubblicato su Blog Letteratura e Cultura il 03/02/2012, https://blogletteratura.com/2012/03/03/meditazioni-al-femminile-di-michela-zanarella-recensione-a-cura-di-lorenzo-spurio/

[3] Fabio Strinati (San Severino Marche, 1983), poeta, scrittore e compositore, vive ad Esanatoglia (MC). Importante per la sua formazione, l’incontro con il pianista Fabrizio Ottaviucci. Ha partecipato a diverse edizioni di “Itinerari D’Ascolto”, manifestazione di musica contemporanea, come interprete e compositore. È presente in diverse riviste tra cui Il Segnale, Odissea, Euterpe, Fucine Letterarie, Il Filorosso, Diacritica, Il Foglio Volante, Versante Ripido. Numerose le sue pubblicazioni poetiche.

[4] Recensione pubblicata su Different Magazine nel 2018, https://www.differentmagazine.it/recensione-di-marco-marra-sulla-silloge-le-parole-accanto-di-michela-zanarella-recensione-di-marco-marra-sulla-silloge-le-parole-accanto-di-michela-zanarella/

Un volume monografico sulla Oriana Fallaci donna: poesie, racconti, saggi, recensioni, letture

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Stile Euterpe – Antologia tematica per una nuova cultura è il progetto dell’Associazione Culturale Euterpe di Jesi (AN), su ideazione dello scrittore calabrese Martino Ciano (con successive modifiche e integrazioni), volto a rileggere, riscoprire e approfondire, mediante opere di produzione propria (racconti, poesie, articoli, saggi e critiche letterarie), un intellettuale ritenuto di prim’ordine del panorama culturale italiano.

I precedenti volumi sono stati dedicati rispettivamente a Leonardo Sciascia (Leonardo Sciascia, cronista di scomode realtà, a cura di Martino Ciano, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2015), Aldo Palazzeschi (Aldo Palazzeschi, il crepuscolare, l’avanguardista, l’ironico, a cura di Martino Ciano, Lorenzo Spurio, Luigi Pio Carmina, PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2016), Elsa Morante (Elsa Morante, rivoluzionaria narratrice del non tempo, a cura di Valentina Meloni, pubblicato online sul n°22 della rivista Euterpe nel febbraio 2017) e Gianni Rodari (Il “libbro” di Gianni Rodari, a cura di Francesco Martillotto, Ass. Euterpe, Jesi, 2019).

 

Il progetto

Il nuovo volume monografico sarà interamente dedicato alla scrittrice fiorentina Oriana Fallaci (1929-2006). Sarà possibile partecipare con testi appartenenti a tutti i generi (poesia, racconto breve, prosa, saggio letterario, articolo, recensione) che abbiano attinenza (siano dedicati o ispirati) alla figura di Oriana Fallaci, sia come donna che come intellettuale.

In particolare si apprezzeranno tutte quelle opere che risultino rilevanti e significative in merito ad alcune tematiche che rappresentarono degli aspetti importanti della vita della Fallaci quali ad esempio il tema dell’amore, della mancata maternità, la difficile collocazione nei riguardi di una caratterizzazione di femminismo, la malattia e altro. Aspetti tesi a rimarcare le caratteristiche di donna, piuttosto che quelle più controverse legate all’impegno civile, politico, di denuncia.

Non dimenticando la sua natura antifascista, il sostegno alla lotta d’indipendenza del popolo greco, il suo importante apporto al giornalismo d’inchiesta e la sua visione premonitrice di un dissidio globale nello scenario socio-politico contemporaneo, l’iniziativa in oggetto vuole dar maggiore voce alla Oriana donna, nella sua complessità.

Saranno escluse opere che presentino riferimenti, analisi e considerazioni, nonché producano come dissertazione elementi che possano configurarsi come estremistici in qualsiasi sfera e di possibile incitamento all’odio, di qualsiasi tipo e lesivi, pertanto, del pacifico senso di comunità.

L’obiettivo di questo progetto non è quello di plagiare o scovare la nuova Oriana Fallaci, o di darne una lettura onnicomprensiva della sua complessa figura, bensì di rileggere i contenuti biografici e le motivazioni che hanno spinto la scrittrice fiorentina a una dato percorso umano, professionale etc., attraverso un’antologia tematica, aperta a tutti coloro che abbiano qualcosa da dire, riferire, quale riflessione o risposta alla sua opera, in merito alla Fallaci, a distanza di quattordici anni dalla sua morte.

 

Selezione del materiale e composizione dell’antologia

Ciascun partecipante potrà inviare:

– un massimo di 3 poesie (massimo 30 versi l’una);

– un massimo di 2 racconti o prose brevi (massimo 5.000 caratteri spazi esclusi l’una);

– un massimo di 2 saggi brevi o articoli (massimo 5.000 caratteri: spazi, note a piè di pagina e bibliografia escluse);

– un massimo di 3 recensioni sui suoi libri (massimo 4.000 caratteri spazi esclusi l’una);

– altra tipologia di materiali quali aforismi (massimo nr. 5 di lunghezza non superiore alle 10 righe Times New Roman corpo 12), riflessioni, etc. (massimo 4.000 caratteri).

 

I lavori, all’atto dell’invio della propria partecipazione, dovranno essere rigorosamente inediti, vale a dire non pubblicati in precedenza in libri con codice ISBN o rivista con codice ISSN.

Qualora rappresentino dei contributi già apparsi su siti, riviste, blog non dotate di codice ISSN dovranno essere rimaneggiati cambiando il titolo e apponendo all’interno del materiale inedito per almeno il 50% del contenuto totale, riportando una nota in calce che il dato brano è una versione successiva, elaborata ulteriormente e accresciuta, del precedente intervento (indicando il titolo precedente) dicendo con precisione dove è apparso (su quale sito, rivista), fornendo la data di pubblicazione e il relativo link. In questo caso l’autore si premurerà di ottenere il consenso a effettuare tale operazione da parte del sito, blog, rivista che in precedenza ha pubblicato una versione iniziale del detto brano, sollevando gli organizzatori da qualsiasi disputa e problematica possa sorgere.

I materiali, in formato Word, dovranno essere corredati di un ulteriore file contenente la propria biografia letteraria scritta in terza persona dove siano indicati libri pubblicati (con anno di pubblicazione) distinguendoli per i vari generi (poesia, narrativa, saggistica, etc.) ed eventuali altre notizie che si reputino importanti quali collaborazioni con riviste letterarie, premi, siti culturali, etc., e una scelta massima di tre premi letterari vinti, scelti tra i più importanti, indicando in maniera precisa il nome del premio, l’edizione, la città e l’anno. Biografie non congrue a quanto richiesto non saranno prese in considerazione.

 

La mail dovrà contenere anche i dati personali dell’autore (nome, cognome, indirizzo fisico, indirizzo mail, data e luogo di nascita, numero di telefono) e il tutto dovrà pervenire entro il 30-09-2020 alla mail rivistaeuterpe@gmail.com indicando nell’oggetto “Stile Euterpe 5 – Oriana Fallaci”.

 

Il volume sarà organizzato e curato dall’Ass. Culturale Euterpe.

Entreranno a far parte dell’antologia un congruo numero di testi poetici, narrativi e saggistici nonché recensioni, articoli e critiche letterarie alle sue opere.

La pubblicazione dell’antologia avverrà a tiratura limitata in un numero di copie pari a quelle richieste dagli autori, aumentate di quelle riservate alle donazioni a biblioteche civiche e universitarie, centri culturali e altro dove l’opera entrerà nei relativi circuiti OPAC e potrà essere presa in prestito e consultata, in vari luoghi del territorio nazionale.

La partecipazione alla selezione dei materiali è gratuita.

Tutte le opere selezionate, di cui l’Ass. Euterpe darà conto mediante un verbale di selezione che sarà diffuso sul sito e inoltrato in privato per mail a tutti i partecipanti, verranno pubblicati in antologia secondo i criteri sopra esposti.

L’autore selezionato per la pubblicazione s’impegnerà ad acquistare nr. 2 (DUE) copie dell’antologia al prezzo totale di 20€ (spese di spedizione incluse con piego di libri ordinario) dietro sottoscrizione di un modulo di liberatoria rilasciato all’Associazione Culturale Euterpe e versamento della cifra a copertura delle spese di stampa e spedizione del volume.

Essendo il progetto volto alla costruzione di un’opera antologica monografica non vi sarà nessuna premiazione, ma potranno organizzarsi – anche grazie all’aiuto, alla disponibilità e alla collaborazione degli autori inseriti – presentazioni dell’opera in contesti opportuni che possano ben accogliere il progetto.

 

INFO:

rivistaeuterpe@gmail.com – http://www.associazioneeuterpe.com

Alcuni testi di Liliana Manetti tratti da “Colore di donna”, la nuova silloge poetica

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio  

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Liliana Manetti

Liliana Manetti (Roma, 1980) si è laureata in Filosofia all’Università “Tor Vergata” di Roma. Poetessa e scrittrice, ha pubblicato numerosi volumi. Per la poesia L’ultima romantica (2011), La mia arpa (2012), Il fiore di loto. Storia di una rinascita (2015) e Colore di donna. La forza di una nuova rinascita (2020) con acquerelli della quotata artista polacca Anna Novak[1]. Per la narrativa il romanzo fantasy Almond. Il fiore dei Mondi Paralleli (2013) scritto assieme a Selina Giomarelli e i romanzi Shabnam. La donna che venne da lontano (2016) e La nuova favola di Amore e Psiche (XXX).  Consulente radiofonico e responsabile colloqui nel format radiofonico in onda su Radio Roma Capitale 93 FM dal titolo “Live Social” e giornalista e opinionista in varie testate cartacee come l’inserto culturale di Gaetano Di Meglio “Il Dispari”, “PaeseRoma”, “Abitare a Roma” di Vincenzo Luciani, e nella rivista “La Sponda” di Benito Corradini. Collabora come volontaria nel salotto culturale Polmone Pulsante a Roma e organizza eventi. È Ambasciatrice della Regione Lazio dell’Associazione culturale Internazionale DILA di Bruno Mancini. Numerosi gli incontri con il pubblico tenuti nel corso degli ultimi anni in vari locali e contesti culturali della Capitale e non solo.

Il volume Colore di donna (Santelli, Cosenza, 2020) si apre con una esaustiva presentazione della stessa autrice che fornisce alcuni parametri di lettura importanti da poter tenere in considerazione durante la lettura del volume in relazione all’approccio personale e biografico dell’autrice. In essa viene detto: “Le liriche sono ispirate al mio mondo interiore, sono quasi tutte introspettive ma anche e soprattutto celebrative: ossia esaltano l’importanza della poesia e dell’ispirazione poetica che è in me anche e soprattutto “catarsi” (purificazione) dal dolore e dai drammi che sono presenti nell’esistenza… una capacità che assomiglia, grazie alla sua forza immensa, al rinascere della natura nel periodo primaverile. […] Le liriche (come anche i romanzi) sono ispirati a delle mie situazioni esistenziali complicate, dove la soglia del dolore psicologico è stata ed è purtroppo molto alta per la mia persona, dovuta a esperienze limite ma anche alla mia spiccata sensibilità”. Ed è la stessa autrice, sempre in questa nota iniziale, a chiarirci le componenti tematiche che contraddistinguono le varie parti del nuovo libro, accompagnandoci come “per mano” in questo percorso: “La silloge inizia con il capitolo “Tra sogno e realtà. Nel limbo”: sono i primi cenni di riapertura al mondo, i sogni che rimangono nella nostra esistenza, nonostante il fatto che la realtà è molto più dura di quello che ci eravamo da sempre aspettati che accadesse nella nostra vita. […] La seconda parte si intitola “Approdo all’altro”: apro tematiche molto profonde, come quelle sull’amicizia e sulla pace, che mi sono sempre state a cuore, e che hanno segnato tante mie riflessioni, queste pubblicate sono le più mature. […] La terza e quarta parte della silloge, “La rinascita”, […] riprende la voglia e la capacità di andare avanti… una rinascita che è interiore, ma che avviene in particolare nel periodo primaverile. La quinta parte è quella in cui mi autodefinisco “Emersa nell’altro”, come il fiore di loto che “emerge dal profondo e sboccia”, a cui si arriva quando, avvenuta la rinascita ci si può aprire all’amore. La sesta e ultima parte “Essenza di donna” […] rappresenta una raccolta di poesie tutte dedicate alla donna”.

 

A continuazione quattro testi poetici selezionati dal volume:

 

Approdo all’altro

 

Viaggiatrice dell’anima

 

Scintilla di rugiada

sulle tue guance

scivola delicata

sulle fessure gentili del tuo volto

dove io scruto

attenta

la tua

ANIMA…

*

 

Rivoglio le mie ali

 

Vita restituiscimi i miei sogni!

Quella vita sempre immaginata…

quella storia che mi sono sempre raccontata

ancora aleggia nei miei desideri!

Speranza lotta contro i momenti bui

del mio vagare…

La meta porta in vetta,

la voglia di non arrendersi mai

mi trascina in percorsi mai

esplorati

ma da sempre impressi

nella mappa geografica

della mia vita…!

Striature colorate

vedo in lontananza…

il filo rosso che conduce

ai miei obiettivi più profondi

emerge dalle difficoltà…

Non voglio perdermi…

rivoglio le mie ali!

 

*

 

Figlia della luna

 

Figlia della luna

sorella delle stelle

con i sogni per vestiti

e le ali per volare

per raggiungere

le vette più alte delle mie fantasie…

io?

Una creatura fragile,

fragile e felice.

Ma la vita non perdona

invidiosa del mio volo e del mio canto

mi ha strappato le vesti,

le ali.

Son caduta in picchiata

in questa fredda realtà…

ora, nuda

scrivo versi

con la nostalgia di quel mondo tutto mio

un mondo silenzioso

disegnato dai colori della mia anima.

*

 

A Frida Kahlo (come bozzolo…)

 

Come bozzolo

incustodito

mi sforzo di custodire

il mio dolore…

contengo le mie ferite più profonde

ma le mie nell’anima,

le tue nel corpo e nell’anima

scalfisco lì dove fa male

dipingo,

io con parole,

scolpisco

ma senza sublimare

mi osservo

mi accetto

rifletto luce

dal profondo dell’oscurità

vivo l’attimo che scorre…

assaporo, degusto

il cibo più prelibato…

come te:

comunque vivo!

519s97YTBjL._SX317_BO1,204,203,200_Rilevanti anche i sostanziosi contributi critici che arricchiscono il testo, ovvero la prefazione a firma di Domenico Mazzullo[2] e la postfazione stilata da Franco Di Carlo. Cito da entrambi i testi riportando in superficie considerazioni interessanti e degni di una maggiore diffusione. Mazzullo, che è un affermato medico psichiatra, annota: “Ho trovato, scoperto, riconosciuto [nei suoi versi] la conferma di una sensazione, un’intuizione che è sempre stata una mia ferma convinzione, tanto da farne una ragione di vita. La sofferenza […] non sempre è, come spesso ci appare, inutile, insulsa e fine a se stessa, ma a volte, e questo dipende solo da noi, essa si trasforma, si trasmuta, si nobilita in una esperienza personale e collettiva che ci insegna, che ci fa, o ci obbliga, a crescere, a farci più maturi, a capire e comprendere noi stessi e gli altri che ci circondano, a trasformarci da esseri spontaneamente e naturalmente egoisti, in Persone capaci di soffrire, ma anche di gioire assieme agli Altri, per i Loro dolori e le Loro gioie. […] Le poesie sono tutte belle e ognuna diversa dalle altre, permettendo ad ogni Lettore, di scegliere tra queste quella che è stata maggiormente capace di penetrare il Suo animo, di sconvolgerlo, di travolgerlo, di commuoverlo, di emozionarlo”.

 

 

NOTE:

Franco Di Carlo[3], noto poeta e scrittore, autore di vari volumi di critica (su Tasso, Leopardi, Verga, Ungaretti, Poesia abruzzese del ‘900, l’Ermetismo, Calvino, Avanguardia e Sperimentalismo, il romanzo del secondo ‘900), invece, nella nota di chiusura al volume riporta: “[La sua] è una poesia esistenziale e affettiva, fatta di incontri (voluti o sognati): con la poesia stessa e con l’arte, con la Natura (sempre Mater benigna), con l’Amicizia e soprattutto con l’Amore, principio di tutte le cose, “Principio Vivificante”, come ci ricorda Giacomo Leopardi. […] [Essa è connotata dal] suo lirismo passionale ma luminoso, [dal]la vena autobiografica, [da]l diarismo esistenziale, [dal]l’afflato simbiotico e archetipico con i Principi fondanti della Vita (naturale e umana). […] L’Amore [è] inteso in tutte le sue varie declinazioni: ansia, sogno, desiderio; tema-guida”.

[1] Nella sua introduzione l’autrice scrive: “La pittrice Anna Novak è famosa per i suoi dipinti, che hanno come soggetto donne dai colori pastello sorprese in alcuni momenti particolari tutti al femminile. Il lavoro di questa silloge quindi rappresenta un connubio tra le arti, la poesia che si fa pittura e la pittura che si fa poesia: una modalità di espressione che mi è cara da sempre”.

[2] Domenico Mazzullo è nato a Roma, ove vive ed esercita; si è laureato in Medicina a Roma e successivamente specializzato in psichiatria a Pisa. Nei primi anni di professione è stato medico condotto e medico di bordo. Ha lavorato presso l’ospedale psichiatrico di Volterra ed in varie strutture specialistiche psichiatriche. È stato consulente psichiatra e poi Direttore medico di un istituto specialistico di riabilitazione psichiatrica. Ha curato i capitoli inerenti la Psichiatria e la Psicofarmacologia nella stesura di testi di medicina interna. Collabora, in qualità di psichiatra, con rubriche di medicina su Internet. Esercita la libera professione come psichiatra clinico e psicoterapeuta. Ha partecipato all’edizione 2003-2004 della trasmissione Domenica In di RAI UNO condotta da Paolo Bonolis.

[3] Franco Di Carlo (Genzano di Roma, 1952), oltre a diversi volumi di critica (su Tasso, Leopardi, Verga, Ungaretti, Poesia abruzzese del ‘900, l’Ermetismo, Calvino, D. Maffìa, V. M. Rippo, Avanguardia e Sperimentalismo, il romanzo del secondo ‘900), saggi d’arte e musicali, ha pubblicato varie opere poetiche: Nel sogno e nella vita (1979), Le stanze della memoria (1987), Il dono (1989); fra il 1990 e il 2001, numerose raccolte di poemetti: Tre poemetti; L’età della ragione; La Voce; Una Traccia; Interludi; L’invocazione; I suoni delle cose; I fantasmi; Il tramonto dell’essere; La luce discorde; nonché la silloge poetica Il nulla celeste (2002). Della sua attività letteraria si sono occupati molti critici, poeti e scrittori, tra cui: Bassani, Bigongiari, Luzi, Zanzotto, Pasolini, Sanguineti, Spagnoletti, Ramat, Barberi Squarotti, Bevilacqua, Spaziani, Siciliano, Raboni, Sapegno, Anceschi, Binni, Macrì, Asor Rosa, Pedullà, Petrocchi, Starobinski, Risi, De Santi, Pomilio, Petrucciani, E. Severino. Traduce da poeti antichi e moderni e ha pubblicato inediti di Parronchi, E. Fracassi, V. M. Rippo, M. Landi. Tra il 2003 e il 2015 vengono alla luce altre raccolte di poemetti, tra cui: Il pensiero poetante, La pietà della luce, Carme lustrale, La mutazione, Poesie per amore, Il progetto, La persuasione, Figure del desiderio, Il sentiero, Fonè, Gli occhi di Turner, Divina Mimesis, nonché la silloge Della Rivelazione (2013).

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

I “Sistemi” di Dimitri Milleri: il nuovo libro edito da Interno Poesia

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio  

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Dimitri Milleri

Dimitri Milleri (Bibbiena, 1995) attualmente frequenta il biennio di chitarra presso il conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza. Per la poesia ha pubblicato con Frammenti Fragili (2017) e, recentemente, Sistemi (2020). Suoi testi sono presenti nelle antologie Poeti nati negli anni ’80 e ’90, a cura di Giulia Martini (2019) e Abitare la parola. Poeti nati negli anni Novanta, a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello (2019), e in vari lit-blog e siti online, tra cui “Perigeion”, “Succedeoggi” e “Interno Poesia”. Sue traduzioni da Ocean Vuong sono apparse su “Nuovi Argomenti”. È risultato vincitore della XVI edizione del premio “A.V. Reali” nella sezione giovani e segnalato al premio “Lorenzo Montano” di Verona. Come librettista ha collaborato con i compositori Andrea Gerratana e Riccardo Perugini. 

Il nuovo libro, Sistemi (Interno Poesia, Roma, 2020) è articolato in tre sezioni; si propone trattare tre temi specifici (la dimensione lirica, il mondo familiare, la coppia) sotto il segno di una posizione conoscitiva in linea con alcune delle formulazioni più recenti delle teorie della percezione contemporanee. Esterno e interno, cinepresa e set, osservatore e osservato: tali antinomie si risolvono in un’unica dimensione, costruita attraverso l’alternanza osmotica di prima e terza persona (evidenziati anche dalla diversa disposizione visuale dei testi sia nella prima che nella terza sezione) e la realizzazione di un mosaico domestico spersonalizzato (seconda sezione). Come il titolo suggerisce, il tentativo è quello di rendere conto di una dimensione puramente biologico-materiale (quella del sistema, del predeterminato) che non possiamo non vivere in maniera soggettiva, qualitativa. Attraverso uno scavo delle convenzioni narrative (in particolare i valori pronominali) si cerca di giungere a una rappresentazione iper-realistica, quel punto in cui la vertigine coincide con l’assolutezza della definizione.

Il libro si apre con alcune citazioni in esergo tra cui una, incisiva, di Valerio Magrelli, tratta da Ora serrata retinae nella quale viene detto: “Io abito il mio cervello come un tranquillo possiedente le sue terre […] Il mio cervello abita in me come un tranquillo possiedente le sue terre”; tra le altre, un estratto dal un volume specialistico di F.J Varela/E. Thompson/ E. Rosch, sul tema del cognitivismo e del poeta toscano Alessandro Ceni, tratta da Ossa incise e dipinte (“Io ho visto solo cose che impietriscono e commuovono […] Ho visto delle cose, come tutti”), a sottolineare l’ampio mosaico di riferimenti ed echi nel quale la silloge si staglia e al contempo si nutre. Importante la contaminazione artistica e l’approccio a una polivalenza di linguaggi; dalla prefazione di Maria Borio si legge: “Una chiave di lettura per entrare nella dinamica ellittica di Sistemi è proprio la musica. La composizione e il ritmo, dati da fratture e ricuciture, richiamano quei brani che studiano una trama dove si allacciano lo spezzato e il flusso: Folk songs di Luciano Berio, Lo spazio inverso di Salvatore Sciarrino, In the Bleak Midwinter di Jacob Collier, Fratres di Arvo Pärt”.

 

A continuazione una selezione di quattro testi estratti da questa nuova raccolta:

 

Chi si aspettava che la sala prove

Factory Arezzo non fosse che a un mezzo

chilometrino dal centro salute

mentale, in quel duemilanove?

 

E chi, fra gli avventori della rude

stanza insonorizzata, la palude

d’adolescenza avrebbe detto allora

dieci anni dopo di trovarsi ancora

a spergiurare che la morte no!

Non c’era più nel cavo della mente

(senza scherzare adesso, balbuziente

di fronte alla seriosa commissione

revisione patente)

 

*

 

Se il vento muore la retta del mare

collassa e si provano tutte, ma resta

fisso comunque l’interno dell’occhio-mare.

Fra le stagioni si apre una distanza

come fra caste, il server fa le lucciole

tutto d’un colpo nel maggese, i forasacchi

dentro le orecchie dei cani.

                                                L’estate

cade dal cielo come un’overdose.

 

Se il vento muore si provano tutte, ma resta

comunque fisso l’interno dell’occhio-mare.

 

*

 

Quando la madre esploderà,

toccherà ai figli bloccare i frantumi.

 

Accade a volte se non disinneschi

l’ordigno risvegliato dal reagente

dai bei capelli d’oro,

dai grandi occhi di buio.

 

Se muore era scritto, e nessuno —

i parenti, il compagno, gli amici

può farci niente.

 

*

 

Senti che pace qui: gli uccelli bevono

placidamente il buio senza grumi.

Era diverso allora, ti ricordi

quante candele accese dentro il cranio?

Raptus di clavicembali, frantumi

che non sai dire se sognati o solidi.

 

Dentro la notte carica di uranio

dormire tuttavia, riaprire gli occhi

sei ore dopo, crederle un istante,

stringere i denti e senza dire niente,

andare a Fiesole, suonare insieme.

Che avremmo dato allora per i cuori

che adesso dormono, dopo la pizza…

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“Diavolo di sabbia” di Elisabetta Panico; la seconda opera della poetessa campana che vive “tra gatti in prestito e l’inadeguatezza dell’essere sensibili”

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

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Elisabetta Panico

Elisabetta Panico (Pomigliano d’Arco, 1995) si è diplomata presso l’Istituto d’arte “De Luca” di Avellino all’indirizzo Grafica Pubblicitaria e Fotografia. Successivamente, nel 2017, si è laureata presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli all’indirizzo Didattica e Comunicazione. Per la poesia ha pubblicato Il riflesso del mondo, in una pozzanghera nel fango (2016) opera che lei stessa definisce “dal gusto originale e melanconico” e Diavolo di sabbia (2020) nuova opera “dal gusto ricercato”. Alcune sue poesie sono presenti in opere antologiche. Si è dedicata anche alla letteratura erotica. Nel corso degli anni ha sperimentato anche altre forme di linguaggio espressivo, quali la pittura, la fotografia, vestendo anche i panni di cantautrice e musicista come leader del gruppo “Mine Vaganti”. Vari i riconoscimenti ottenuti tra cui quello della “Serata delle Eccellenze” nella sua terza edizione che le ha riconosciuto il titolo di “Eccellenza Ciccianese” (2017) con la seguente motivazione: “per esservi contraddistinta nel campo dell’Arte e della Letteratura”; la Menzione d’Onore al XV Concorso Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia” presieduto dal poeta Giuseppe Vetromile. Hanno parlato di lei vari quotidiani locali digitali tra cui “Marigliano.net”, “Bassa Irpinia”, “CamCampania”, “Il Giornale di Caivano”.

 

cover Diavolo di SabbiaDiavolo di sabbia, recentemente edito per i tipi di Mnamon Editore, è un’opera che dà voce a un respiro lungo più pagine che inala un dialogo silenzioso con il lettore, creando architetture impossibili in cui affrontare prospettive senza punto di fuga. Il respiro lungo si fa vento, scuotendo domande a metà tra panico e possibilità, senza margine di approssimazione (dalla nota della quarta di copertina).

A continuazione alcuni componimenti estratti dal nuovo libro Diavolo di sabbia. Le poesie, per espressa volontà dell’autrice, non hanno titolo (lei stessa ha osservato, infatti, “La vita scorre senza che ci siano contenitori a tenerla, i versi nella stessa misura non meritano di essere intrappolati in una frase che li precede, che prende il nome di titolo, rischiando di condizionare il senso della lettura, e la libertà di poterla interpretare come meglio si crede. I pensieri seguono il flusso non hanno bisogno di nome”) e vengono identificate con una semplice numerazione progressiva.

 

6

Forse stamattina
con l’Abitudine seduta
al solito tavolo
in cucina,
mi avrai pensato.

 

*

 

18

Che succede se due egoisti dividono lo stesso letto?
Si danno le spalle,
o si amano meglio di chiunque altro?

 

*

 

24

Buonanotte:

Che abbia l’odore dolce
di quei fiori che rincontri nei prati sempre verdi
dei tuoi sogni.
Stanotte
ripasso a calpestarli
solo perché innamorato,
seguo l’orma lasciata dai tuoi passi
che seppur leggeri
sanno sempre indicarmi la via.

 

*

 

28

Ci siamo avvicinati d’inverno
sussurrandoci la primavera alle orecchie.

Accarezzandoci
i nostri corpi sono esplosi d’estate.

Calde
le carni
han sempre desiderato che i vestiti
cadesser giù
come foglie d’autunno.

 

*

 

38

Indosso i vestiti della tristezza
che anno dopo anno,
calzan sempre la mia taglia.

 

*

 

39

L’aspettavo
come si aspettano le lettere degli innamorati.
L’aspettavo sul letto
come se
ci fosse l’attesa di un parto,
tra entusiasmo e dolore.
L’aspettavo venire,
raggiungermi
e colmarmi d’amore.
Come ogni freddo che si dimentica il giorno di Natale,
anche io dimenticavo d’esser triste.
L’aspettavo che mi desse un bacio sulla fronte,
ricordarmi che per quello
valeva la pena di esser morti.

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

All’Aula Magna dell’Univ. degli Studi “Benincasa” di Napoli la presentazione di “Modigliani. L’anima dipinta” di Carmen Moscariello

Mercoledì 22 gennaio alle ore 11 presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli in collaborazione con il Centro Studi “Modigliani” e Gangemi Editore si terrà la presentazione del nuovo volume della poetessa, scrittrice e critico letterario Carmen Moscariello, Modigliani. L’anima dipinta.

Sul libro il noto poeta e critico letterario Nazario Pardini ha scritto: “Un grande libro, questo della Moscariello, che ti coinvolge ictu oculi per impostazione e bellezza editoriale: in copertina dipinto di donna nuda la cui immagine prosegue nell’aletta, nel risvolto di quarta note bio-bibliografiche della scrittrice, e in quarta lacerti di note di autorevoli critici: Marcello Carlino, Giuseppe Iuliano.

[…] In questo volume l’argomento volge sulla vita e l’attività pittorica di Modigliani (Modì). Il libro è sostanziato da documenti di grande rilevanza filologica, che convalidano con la loro epistemologia la vicenda tormentata di un artista tra i più importanti dell’altro secolo, in attività tra Italia e Francia.  […] [Ci sono] testimonianze, dediche, cataloghi, le opere di Modigliani, bibliografia. Un testo di grande pregio artistico, d’intuizione emotivo-scritturale, dove la Moscariello fa brillare tutto il suo ingegno di donna intelligente e sensibile nello interpretare e rielaborare un contenuto non sempre agevole ma che ella ha saputo far confluire nelle sue forti e gentili doti interpretative. […] Un libro che ogni cultore d’arte e non solo dovrebbe avere bene in vista negli scaffali della sua biblioteca”.

locandinaA3_Modigliani_page-0001

Moscariello-foto-255x450Carmen Moscariello è presidente e fondatrice del Premio internazionale di poesia, saggistica, giornalismo “Tulliola Renato Filippelli” e del Premio della” Legalità contro le mafie”. Allieva di Raffaello Franchini, è stata Ordinaria di Italiano e Latino. Poetessa, drammaturga, regista (ha conseguito il titolo per La Regia con Roberto Tessari presso l’Ateneo dell’Università “La Sapienza di Roma”) è giornalista pubblicista. Corrispondente per Il Tempo, ha collaborato con TG3 Lazio e Avvenire ed è direttore e fondatore del mensile di politica e cultura Il levriero. Ha pubblicato opere di poesia, teatro, saggistica tra cui Friedric Holderlin, tra Lirica e Filosofia (1988), Il Presente della memoria (1994), Gli occhi frugano il vento (1999), Proserpina, tre atti preceduti da un preludi (2003), Eleonora dalle belle mani (2005), Giordano Bruno Sorgente di fuoco (2011), Oboe per flauto traverso, parole per Ugo Piscopo (2013), Ugo Piscopo, Terra nella sera Visioni (2014), L’orologio smarrito (2015), All’ombra di un’eresia (2016), Tunnel dei sogni (2016). Numerosi i suoi saggi apparsi su riviste.

“Metamorfosi e sublimazioni” di Rita Fulvia Fazio. Recensione di Anna Castrucci

Recensione di Anna Castrucci 

 

Si usano gli specchi per guardarsi il viso

e si usa l’arte per guardarsi l’anima.

 G.B. Shaw

Fazio Rita Fulvia 2019 [EL] - Metamorfosi e sublimazioni [fronte].pngRita Fulvia Fazio al suo esordio letterario, è ospite di Guido Miano Editore nella collana Poesia Elegiaca del Maestri Italiani dal ‘900 con l’opera Metamorfosi e sublimazioni (2019).

Questa autrice va letta con estrema attenzione. In Ritmo tra sogno e realtà alla pag. 55 l’autrice con semplicità ed estrema grazia pare offrirci il suo programma poetico. Dichiara insomma di cosa sia fatta la sua Poesia, che essenzialmente si nutre di natura, traendo però misura e ritmo dall’immaginazione. In una poetica così intesa c’è tutta la vita di Rita Fulvia Fazio. Attraverso la Poesia, la natura ispiratrice le invia i suoi messaggi ed attraverso la poesia l’autrice risponde alla natura, facendosi canale di trasmissione e recezione di poetiche   missive.

Ella utilizza il mezzo poetico, per chiedere agli elementi della natura stessa di esprimere la loro essenziale perfezione poiché solo così ha senso per l’autrice, la sua stessa esistenza: “Esisto, eppure / non per me vorrei / chiedere al tempo / d’esistere… vorrei /…/ ma per… chiedere / alla fonte d’essere viva, / sempre; / alla rosa di crescere, / perfetta; / al mare di avvolgersi / nell’onda dal sapore / di salsedine…” (Scintilla d’eternità).

Ma vi è sicuramente di più. È senza dubbio un occhio innamorato a guidare il senso poetico di Fulvia Fazio e le sue liriche si possono ben considerare figlie della poesia elegiaca contemporanea, soprattutto quando nel prevalere degli aspetti soggettivi, ella si ripiega in se stessa e osserva il suo io, la sua anima o quanto di intoccabile e invisibile possa esistere nel processo di cambiamento e metamorfosi in un essere umano.

Le liriche di Rita Fulvia Fazio, hanno proprio questo pregio specifico: condurre il lettore lungo il percorso di vita fatto dalla sua stessa anima, curiosa e per taluni versi impavida. Una strada che, al pari dell’autrice, con l’aiuto della Poesia, ognuno di noi può compiere.

I temi e i motivi della sua ispirazione sono molteplici e tra loro sovente intrecciati. Spaziano dalla condizione umana vera e propria alla sua personale sensibilità amorosa. L’amore che ella sente e descrive, è a volte infelice e a volte fonte di gioia e di felicità.

È nell’incontro con la sofferenza però, che questo sentimento diviene,  nell’espressività di Fulvia Fazio,  esclusivo e totalizzante. In alcune sue liriche, a poetessa evidenzia un cuore continuamente senza pace, il sentimento sembra portatore di angoscia più che di serenità, tanto che in una incessante azione selezionatrice, esso diviene quanto mai strumento di altissima elevazione spirituale. Di pari, si innalza la sua ricerca poetica a speculare i temi dello spazio, del tempo e del proprio Sé, introducendo il lettore in atmosfere spazio temporali davvero rarefatte e talvolta dal sapore metafisico. È questo il modo che la poetessa predilige per agire una vera e propria fuga dalla realtà.

Ciò nonostante appaiono sublimi le sue evasioni in un mondo di sogni, dove lo spirito si rasserena e rinfranca e i problemi quotidiani, i desideri irrisolti, le aspirazioni deluse, immersi in paesaggio idilliaco, fatto di pace gioia e serenità,  sembrano perdere consistenza perché è proprio in quell’onirico mondo in cui Rita Fulvia Fazio vuole nel tempo  ritrovare,  oltre se stessa,  anche chi di più le è caro: “Tre affetti / e li porto con me / ma, aspettatemi, perché / se rinasco, lì vi voglio trovare…” (Trucioli).

Siamo di fronte ad una splendida autrice dalla plurima sensibilità da cui derivano anche i molteplici significati, taluni apparenti, altri volutamente nascosti, che il suo messaggio poetico reca. Immergersi tra le liriche di Fulvia Fazio è come trovarsi in una fantasmagorica sala degli specchi dove l’anima, in mille modi riflessa, tenta di risolvere l’enigma e il mistero della sua esistenza temporale. A noi dunque solo resta “… con mani di calce bianca /…/ intonacata /…tra cielo e mare, / la meraviglia!” (Accordi)  e con la sua arte concordare.

ANNA CASTRUCCI

 

L’autrice della recensione acconsente alla pubblicazione su questo spazio senza nulla pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. Il curatore del blog è sollevato da qualsiasi pretesa o problematica possa nascere a seguito di riproduzioni e diffusioni non autorizzate, ricadendo sull’autore dello stesso ciascun tipo di responsabilità.

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La catanzarese Maria Teresa Murgida esce con “Il filo quotidiano” (opera prima)

Impaginato_Teresa_visto_stampa (1) (1)-page-001.jpgÈ uscito da poco il libro di poesie Il filo quotidiano, opera prima della poetessa calabrese Maria Teresa Murgida per i tipi di Compact Edizioni (Divisione Editoriale di Phoenix – Associazione Culturale di Roma), curatrice di collana Francesca Bullo, con prefazione della poetessa Michela Zanarella.

Dalla quarta di copertina, atta a svelarci le principali pieghe di questo volume secondo una chiave sinottica che desta interesse nel lettore, per mezzo delle parole di Michela Zanarella veniamo a sapere che “questo libro è il riconoscimento ottenuto per essersi qualificata, con il suo componimento in versi ‘In un foglio di mare’ al primo posto al concorso “Metropoli in versi”, dedicato al tema della città e dei luoghi del vivere, ideato e promosso da Phoenix Associazione Culturale […]; il libro è un canto delicato e puro di intuizioni elevate. La scrittura si nutre di semplicità estrema: è proprio nella capacità di osservare il mondo e introiettare le emotività umane e divine, che la poetessa ci offre una parte di sé, delle sue emozioni più intime e vere”.

In appendice è situata anche una parte in prosa accompagnata da suggestive foto rese in scala di grigi. Significativa la sezione dedicata ai ringraziamenti nei quali l’autrice così scrive: “Agli alberi e ai cieli senza i quali non vedrei le cose come realmente sono. Agli occhi dei bambini dove trovo parole senza polvere che fanno luminoso anche il fitto del bosco. A Gianni a Mario a mia madre che aggiungono una piuma sempre nuova alle mie ali di parole, A chi trova nel proprio petto una noce piccola, la apre e la offre attraverso la poesia” (p. 75).

 

Di seguito tre liriche della poetessa tratte dal volume

 

“Le parole che non dico”

 

Le parole che non dico a nessuno

lievitano in una spiga.

 

Nell’ampia piazza del campo di grano

si gonfiano dello scroscio nella pozza sulla strada.

 

Diventano cervo e volpe nei cirri sospesi.

 

Poi sentono un vento arrivare

che sposta i rami.

 

Montano di tramontana nella gola,

plasmano piume,

e urlano nei becchi delle aquile.

 

*

 

“Occorre guardare il cielo”

 

Occorre guardare il cielo,

spiarlo tra le foglie dell’edera,

seguire la fine dei tetti,

strizzare gli occhi dietro ai vetri.

 

Ci si accorge allora delle speranze di una lucciola,

dei covoni fermi dove dorme il sole

e qualche lume di luna.

 

Si esce così dalle prigioni,

si scavalcano le siepi.

 

Il ferro delle gabbie diviene elastico

e vibra di suoni il silenzio.

 

Occorre attaccare le ali agli occhi

più che alle scapole.

 

Nascono favole

più in là

oltre le tegole.

 

*

 

“Le cose da niente”

 

Celebro le piccole cose:

la crepa, lo spacco,

gli occhielli slabbrati.

 

Onoro l’ora di ieri

quella ultima e spaiata

dove fa la casa il ragno

e danza la polvere.

 

Mi sale impetuosa una quiete,

una specie di morte

che sparpaglia l’ordine

tra l’ordito e la trama.

 

Chi è l’autrice?

46090295_123748235299049_896633286112871022_n.jpgMaria Teresa Murgida (Catanzaro, 1976) vive a Vallefiorita, un piccolo paese in provincia di Catanzaro. Lavora e gestisce un centro per la prima infanzia. La scrittura è da sempre il punto fermo del suo quotidiano. Si è avvicinata alla poesia da poco tempo, ottenendo lusinghieri consensi da parte dei lettori. All’interno di alcuni concorsi letterari ha ottenuto riconoscimenti e attestazioni di merito tra i quali il 1° Premio al Premio Nazionale “Città di Latina” (2017) con la lirica intitolata “in un foglio di mare” che, nello stesso anno, si è aggiudicata il primo posto anche al Concorso Nazionale “Metropoli in versi” a Roma. Nella città in cui vive ha ottenuto una Menzione Speciale alla VII edizione del Premio “Versi d’agosto” (2017), questa volta con la poesia “un seme di soffione”. Altri suoi testi compaiono in antologie.

 

L’autrice delle poesie qui riportate e della prefazione, riportata in forma di stralcio in questo articolo, acconsentono alla pubblicazione su questo spazio online senza nulla pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore. Il curatore del blog è sollevato da qualsiasi problematica possa nascere a seguito di riproduzioni e diffusioni non autorizzate.

“Dio e il cinema” di Donato Placido e Antonio G. D’Errico

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Esce a fine febbraio per Ferrari Editore, “Dio e il cinema”. Una vita maledetta tra cielo e terra, un libro nato dal sodalizio umano e creativo tra Antonio G. D’Errico e Donato Placido. La loro amicizia, che li ha visti firmare insieme molti progetti editoriali, ha dato vita a un profondo e sorprendente autoritratto di Donato Placido che, per la prima volta, racconta la sua parabola esistenziale.

In una recente intervista, in cui i due autori anticipano l’uscita del volume, è stato chiesto a entrambi di rispondere a due domande strutturate specularmente.

Antonio G. D’Errico, che cosa significa raccontare? “La mia scrittura è metafora e rappresentazione dell’esistenza come riflesso del mondo circostante”.

Donato Placido, che cosa significa raccontarsi? “Raccontarmi rappresenta l’eterna apertura verso verità intime che raggiungono il cuore e la mente di tutti”.

Ed è questo il traguardo emozionale verso cui ci proiettano, attraverso un libro intimistico e profondo come un memoir, lucido come un saggio di denuncia e decisamente sincero come un romanzo. Il volume è accompagnato dai testi introduttivi di Michela Zanarella e Antonio Pascotto.

 

Antonio G. D’Errico, scrittore e sceneggiatore, ha scritto numerosi saggi e romanzi, tra cui “Il Discepolo” (2008). Ha vinto il Premio Cesare Pavese per la narrativa, con il romanzo “Montalto. Fino all’ultimo respiro”, ispirato all’agente di polizia penitenziaria vittima della violenza mafiosa. Lo scorso agosto è stato premiato nell’ambito della rassegna del gran gala delle Eccellenze Irpine – organizzato dal Comune di Monteverde e la Proloco – nella Sezione Cultura per i suoi lavori e il suo profilo di alto spessore e livello culturale. Ha pubblicato “Morte a Milano” (Macchione Editore).

Donato Placido è poeta, drammaturgo, interprete di film di successo, fratello del noto attore Michele.

“Boati dal profondo” di Pasqualino Cinnirella, recensione di Lorenzo Spurio

8972e-boati-dal-profondo.pngIl poeta Pasqualino Cinnirella di Caltagirone (Catania) con all’attivo le pubblicazioni poetiche “Pieghe d’animo 1963-1977” (1978), “Fuochi sull’aia 1978-1985” (1987) e “Meditazione” (2001) è recentemente uscito con una nuova opera poetica, “Boati dal profondo”, per i tipi di The Writer Edizioni. Le liriche, tutte dotate in calce del riferimento preciso alla data della loro stesura, sono inframmezzate da commenti critici di diversa lunghezza di eminenti critici e studiosi di letteratura, tra i quali Nazario Pardini, Pasquale Balestriere e Maria Grazia Ferraris (solo per citarne alcuni), che si dedicano ad approfondire alcuni aspetti dell’arte poetica del Nostro. 

Le tematiche profonde che legano le varie liriche qui contenute sono il ricordo (di quando, affranto dalla noia e rabdomante nel campo del padre, “[s’] insaccav[a] di sole alto”,13), l’amore, la comunione con l’ambiente campestre, il sacrificio del lavoro, le figure dei cari (soprattutto quella del padre, vero e proprio maestro di vita difatti scrive in “Passaggi” che lui “impartiva alla mia coscienza, intatta allora,/ il suo modo giusto di vivere da uomo”, 23) finanche le tematiche di carattere etico-civile ad abbracciare, in un ideale girotondo di pace, le esistenze derelitte di chi, vicino o all’altro capo del pianeta, “vive[…] piegato al grigio degli eventi” (17).

La recensione integrale è stata pubblicata il 12/02/2019 sulla testata “Radio Doppio Zero” ed è disponibile cliccando qui. 

Esce “Elena, Ecuba e le altre” di Maria Lenti

scheda-elena-ecuba-e-le-altre-page-001.jpgDopo il volume Ai piedi del faro (2016), per i tipi di Arcipelago Itaca di Osimo e´uscito il nuovo libro di poesie della poetessa urbinate Maria Lenti, Elena, Ecuba e le altre (collana “Mari interni” diretta da Danilo Mandolini). Nella nota di prefazione a firma di Alessandra Pigliaru si legge: “Abbiamo guardato per 4000 anni: adesso abbiamo visto”. È il 1970 quando il senso di quanto scritto nel primo manifesto di Rivolta Femminile prende una forma pensante all’interno del movimento delle donne. Tornando all’origine di quello sguardo che piano si destava dalla coltre della Storia, c’è da chiedersi di chi siano quei nomi, di chi siano quei volti che hanno inteso da sempre il proprio destino come una forma di inizio. Non di fondazione ma di inizio. Ora frontali, ora obliqui, sono nomi e volti di donne comuni, che assumono nel senso di una genealogia critica il portato di silenzi vagheggiati ancora da chi, dopo 4000 anni, ha visto. Per chi acquistando la vista si è accorta anche di quelle donne che sono arrivate prima. Che bussano alla porta di una strada più lunga costellata di esclusioni, si potrà obiettare, ma ricca di una sopravvivenza che è quella di pensarsi sole e al contempo insieme. Storicizzando allora l’emersione di questa consapevolezza, il balbettio va ad alcuni e capitali cominciamenti: i nomi di Elena, Ecuba e le altre – come recita il titolo di quest’ultima silloge di Maria Lenti”.

L’autrice

Maria Lenti, poetessa, narratrice, saggista, giornalista, è nata e vive a Urbino. Docente di lettere fino al 1994, anno in cui è stata eletta (e rieletta nel 1996 fino al 2001) alla Camera dei Deputati con Rifondazione Comunista. Ha una lunga esperienza di insegnamento – lezioni e seminari di lingua, letteratura, cultura italiana – con studenti stranieri, in Italia e all’estero. Studiosa di letteratura ed arte: saggi, recensioni, interventi critici si trovano in volumi collettanei, in riviste e su quotidiani a cui collabora da decenni. In Effetto giorno, 2012, ha raccolto gli scritti di tenore culturale e politico; in Cartografie neodialettali, 2014, gli scritti su poeti neodialettali di Romagna e d’altri luoghi. Ha pubblicato poesie: Un altro tempo (1972), Albero e foglia (1982), Sinopia per appunti (1997), Versi alfabetici (2004), Il gatto nell’armadio (2005), Cambio di luci (2009, finalista al premio “Pascoli”), Ai piedi del faro (2016) e i libri di racconti: Passi variati (2003), Due ritmi una voce (2006), Giardini d’aria (2011), Certe piccole lune (2017, vincitore del concorso “narrabilando” di Fara Editore); gli studi Amore del Cinema e della Resistenza (2009), In vino levitas. Poeti latini e vino (2014). Ha curato l’antologia di poeti italiani contemporanei Dentro il mutamento (2011). Nel 2006 ha vinto lo “Zirè d’oro” (L’Aquila). Ha curato, con Gualtiero De Santi e Roberto Rossini, il volume Perché Pasolini (1978). Sulla sua poesia Lucilio Santoni ha realizzato, nel 2002, il film-video A lungo ragionarne insieme. Un viaggio con Maria Lenti. Presente in varie opere antologiche tra cui Convivio in versi. Mappatura democratica della poesia marchigiana (2016, a cura di Lorenzo Spurio).

A Roma la presentazione di “Il mito di Giove” di Lindsey Davis

Torna in Italia Marco Didio Falco, l’irresistibile investigatore protagonista della fortunata serie di Lindsey Davis ambientata nella Roma imperiale del I secolo d.C.

Kogoi Edizioni dedica una collana all’autrice britannica, pubblicando ‘Il mito di Giove’.

Per meglio dire, come conferma l’editore, riprende il filo di una storia lasciata sospesa da Marco Tropea nel 2011. Lindsey è una scrittrice tradotta in tutto il mondo, forse è facile per lei, inglese, essere pubblicata in USA; ma il suo lavoro è pubblicato persino in Corea e Giappone. Lindsey Davis è tradotta in oltre 18 Paesi, potevamo mancare noi che siamo la Patria di Marco Didio Falco?

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Il mito di Giove, appena uscito in libreria, è l’opera con la quale Kogoi Edizioni apre la collana, proseguendo con altri sei titoli già pubblicati all’estero. “Certo, noi ci auguriamo che i lettori ci seguano in questa nuova avventura e che apprezzino il lavoro della Davis.»

Con una scrittura fluida dal ritmo avvincente, l’autrice ci porta in Britannia e ci proietta in un’avventura dai risvolti imprevedibili.

Il 3 dicembre Lindsey Davis sarà alla libreria Notebook all’Auditorium, in via Pietro De Coubertin 30, a Roma, proprio per presentare Il mito di Giove.

Sul sito e sulla pagina Facebook della Kogoi Edizioni tutte le informazioni per partecipare all’incontro e conoscere Lindsey Davis

https://www.facebook.com/Kogoi-Edizioni-559794827405107/

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