I “Sistemi” di Dimitri Milleri: il nuovo libro edito da Interno Poesia

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio  

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Dimitri Milleri

Dimitri Milleri (Bibbiena, 1995) attualmente frequenta il biennio di chitarra presso il conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza. Per la poesia ha pubblicato con Frammenti Fragili (2017) e, recentemente, Sistemi (2020). Suoi testi sono presenti nelle antologie Poeti nati negli anni ’80 e ’90, a cura di Giulia Martini (2019) e Abitare la parola. Poeti nati negli anni Novanta, a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello (2019), e in vari lit-blog e siti online, tra cui “Perigeion”, “Succedeoggi” e “Interno Poesia”. Sue traduzioni da Ocean Vuong sono apparse su “Nuovi Argomenti”. È risultato vincitore della XVI edizione del premio “A.V. Reali” nella sezione giovani e segnalato al premio “Lorenzo Montano” di Verona. Come librettista ha collaborato con i compositori Andrea Gerratana e Riccardo Perugini. 

Il nuovo libro, Sistemi (Interno Poesia, Roma, 2020) è articolato in tre sezioni; si propone trattare tre temi specifici (la dimensione lirica, il mondo familiare, la coppia) sotto il segno di una posizione conoscitiva in linea con alcune delle formulazioni più recenti delle teorie della percezione contemporanee. Esterno e interno, cinepresa e set, osservatore e osservato: tali antinomie si risolvono in un’unica dimensione, costruita attraverso l’alternanza osmotica di prima e terza persona (evidenziati anche dalla diversa disposizione visuale dei testi sia nella prima che nella terza sezione) e la realizzazione di un mosaico domestico spersonalizzato (seconda sezione). Come il titolo suggerisce, il tentativo è quello di rendere conto di una dimensione puramente biologico-materiale (quella del sistema, del predeterminato) che non possiamo non vivere in maniera soggettiva, qualitativa. Attraverso uno scavo delle convenzioni narrative (in particolare i valori pronominali) si cerca di giungere a una rappresentazione iper-realistica, quel punto in cui la vertigine coincide con l’assolutezza della definizione.

Il libro si apre con alcune citazioni in esergo tra cui una, incisiva, di Valerio Magrelli, tratta da Ora serrata retinae nella quale viene detto: “Io abito il mio cervello come un tranquillo possiedente le sue terre […] Il mio cervello abita in me come un tranquillo possiedente le sue terre”; tra le altre, un estratto dal un volume specialistico di F.J Varela/E. Thompson/ E. Rosch, sul tema del cognitivismo e del poeta toscano Alessandro Ceni, tratta da Ossa incise e dipinte (“Io ho visto solo cose che impietriscono e commuovono […] Ho visto delle cose, come tutti”), a sottolineare l’ampio mosaico di riferimenti ed echi nel quale la silloge si staglia e al contempo si nutre. Importante la contaminazione artistica e l’approccio a una polivalenza di linguaggi; dalla prefazione di Maria Borio si legge: “Una chiave di lettura per entrare nella dinamica ellittica di Sistemi è proprio la musica. La composizione e il ritmo, dati da fratture e ricuciture, richiamano quei brani che studiano una trama dove si allacciano lo spezzato e il flusso: Folk songs di Luciano Berio, Lo spazio inverso di Salvatore Sciarrino, In the Bleak Midwinter di Jacob Collier, Fratres di Arvo Pärt”.

 

A continuazione una selezione di quattro testi estratti da questa nuova raccolta:

 

Chi si aspettava che la sala prove

Factory Arezzo non fosse che a un mezzo

chilometrino dal centro salute

mentale, in quel duemilanove?

 

E chi, fra gli avventori della rude

stanza insonorizzata, la palude

d’adolescenza avrebbe detto allora

dieci anni dopo di trovarsi ancora

a spergiurare che la morte no!

Non c’era più nel cavo della mente

(senza scherzare adesso, balbuziente

di fronte alla seriosa commissione

revisione patente)

 

*

 

Se il vento muore la retta del mare

collassa e si provano tutte, ma resta

fisso comunque l’interno dell’occhio-mare.

Fra le stagioni si apre una distanza

come fra caste, il server fa le lucciole

tutto d’un colpo nel maggese, i forasacchi

dentro le orecchie dei cani.

                                                L’estate

cade dal cielo come un’overdose.

 

Se il vento muore si provano tutte, ma resta

comunque fisso l’interno dell’occhio-mare.

 

*

 

Quando la madre esploderà,

toccherà ai figli bloccare i frantumi.

 

Accade a volte se non disinneschi

l’ordigno risvegliato dal reagente

dai bei capelli d’oro,

dai grandi occhi di buio.

 

Se muore era scritto, e nessuno —

i parenti, il compagno, gli amici

può farci niente.

 

*

 

Senti che pace qui: gli uccelli bevono

placidamente il buio senza grumi.

Era diverso allora, ti ricordi

quante candele accese dentro il cranio?

Raptus di clavicembali, frantumi

che non sai dire se sognati o solidi.

 

Dentro la notte carica di uranio

dormire tuttavia, riaprire gli occhi

sei ore dopo, crederle un istante,

stringere i denti e senza dire niente,

andare a Fiesole, suonare insieme.

Che avremmo dato allora per i cuori

che adesso dormono, dopo la pizza…

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

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