“In te ho nascosto un lago”, la nuova raccolta poetica del fermano Marco Fortuna

Segnalazione di Lorenzo Spurio (*)

La poesia di Marco Fortuna – poeta fermano classe 1974 – è esistenza, contemplazione della natura, diluizione del dolore, nostalgia e rinnovamento, aspirazione a un nuovo umanesimo. Con essa ci pare di poter dire e rivelare che la parola si è fatta immagine difatti i versi del poeta marchigiano, confluendo nella narrazione del sentimento universale, diventano socialità e rappresentazione dell’uomo, nei cui dolori, gioie e illusioni, da sempre, si scopre la totalità della vita. In una sua dichiarazione lo stesso autore ha avuto modo di asserire che “Nella poesia ci emozioniamo per qualcosa che capita a noi stessi e non, di riflesso, per qualcosa che capita ad altri. E’ una delle cose preziose che servono per farci “sentire” che siamo ancora vivi”.

Marco Fortuna è nato e vive nelle Marche a Fermo. Il suo amore per la poesia è iniziato tra i banchi di scuola e si è rinnovato sempre con intensità. Ha iniziato a scrivere poesie nel 2000 e ancora oggi è impegnato in questo tipo di scrittura in una ricerca costante che considera una sorta di “viaggio nel cuore dell’uomo”. Ha pubblicato Non lasciarmi (Albatros, 2011, poesia), Senza una traccia (autopubblicazione, 2012, poesia), Dimmi le parole (Italic, 2017, poesia), In te ho nascosto un lago (LietoColle, 2019, poesia) e La strada del ritorno – favole d’amore e di perdono (La Rondine, 2019, libro di favole illustrate). Una sua poesia figura nel volume antologico e saggistico La giovane poesia marchigiana (Santelli, 2019) di Lorenzo Spurio.

I suoi interessi letterari nel tempo hanno spaziato in ambito teatrale con la stesura della pièce teatrale Le parole possono cambiare il mondo, messa in scena per la prima volta dalla compagnia teatrale i Lo.co.s. nel 2016 al Teatro Nuovo di Capodarco di Fermo. Prossimamente verrà presentato, in tour per l’Italia, un nuovo spettacolo teatrale dal titolo L’amore non basta, incentrato sulle contemporanee forme di solitudine. Importanti le collaborazioni con musicisti di fama nazionale e internazionale come il M° Fabrizio De Rossi Re, il M° Roberta Silvestrini, il M° Paolo Quilichini, il M° Davide Martelli e il M° Antonio Ferdinando De Stefano che ha musicato una sua poesia per uno spettacolo teatrale andato in scena a Bruxelles. Con il musicista Fabio De Sanctis ha musicato alcune delle sue poesie interpretate dall’attore e poeta Sergio Soldani.

Ogni poeta eleva la nostalgia come suo elemento centrale. Forse sì, ma in Fortuna, questa meditazione sul passato e sul ritorno possibile, senza essere troppo drammatizzata, si riempie di particolari (dico proprio di particolari fisici, di cose, di modi delle materie) così bene elencati, confessati, acquisiti e infine immessi nel tessuto del testo, da conferire all’opera un tenore di originalità. Non un canto funebre sul mondo, ma poesia rivitalizzante il mondo. Il mondo poetico di In te ho nascosto un lago è un mondo non perduto; è solo il mondo della conoscenza dell’azione affettiva. A continuazione uno dei trenta componimenti che è possibile trovare nel libro:

Ecco la casa di terra dove bambini

scaldano davanti al fuoco

le gambe scarne

e sfogliano il granturco

nell’odore di fango e paglia.

Poche le parole che cadono dalla bocca

e poi il fuoco si spegne

la notte si raffredda.

Le finestre spoglie,

senza vetri,

guardano il campo

dove una lepre fulminea passa.

Sulle canne dello stagno

la libellula dorme quieta.

(*) La presente segnalazione è basata sui contenuti del comunicato stampa ricevuto in data 03-11-2020 dall’editore, riformulato e modificato dal sottoscritto in maniera originale. E’ vietata la riproduzione del testo senza il permesso da parte dell’autore come pure la pubblicazione e diffusione della poesia del poeta Marco Fortuna senza il permesso scritto da parte dell’autore. Il gestore del blog è sollevato da qualsivoglia disputa o problematica voglia nascere a seguito della diffusione di parti o del testo integrale su altri spazi e formati non autorizzati.

Annella Prisco esce con il romanzo “Specchio a tre ante”

Segnalazione di Lorenzo Spurio

Il prossimo 29 ottobre per i tipi di Guida Editori di Napoli uscirà il nuovo libro della scrittrice partenopea Annella Prisco dal titolo “Specchio a tre ante”. Un volume che – come segnala il comunicato stampa ufficiale – risulta “avvincente, con un intreccio narrativo solido e personaggi ben caratterizzati”.

La trama ci racconta della storia personale di Ada, personaggio principale di questo racconto ben riuscito caratterizzato da tratti d’intimità e delicatezza. Si tratta del suo intricato percorso che ce la svela nel frastagliato viaggio emozionale e di crescita durante il quale riaffiorano episodi cruciali della sua esistenza. L’impiego di forme verbali differenti permette di realizzare la concatenazione di eventi e di situarla adeguatamente nei vari strati della coscienza della protagonista in un colloquio continuo nel quale, lentamente, vengono alla luce sensazioni nonché fatti che hanno contraddistinto il suo universo privato. Ed è così che con sapienza i piani temporali interagiscono tra loro, si penetrano e si riflettono nel creare una descrizione oculata anche della dimensione topografica e paesaggistica dove la protagonista si muove: dalla Capitale a Firenze sino alla regione del Cilento. Pare che al lettore – viene detto ancora nel comunicato – sia confacente e istintiva la capacità – non così abituale – di sentirsi amico della donna e di accompagnarla nel flusso dei suoi ricordi.

La postfazione, a cura di Isabella Bossi Fedrigotti, sottolinea come la Prisco «mette al centro della sua narrazione, non solo come sfondo ma anche come attiva partecipe dell’azione, una vecchia casa di famiglia. […] Ada approda qui come chi è in fuga da una quotidiana infelicità: per mettere ordine nei suoi pensieri, per trovare riparo e quiete dell’anima». L’immersione che si produce all’interno delle trame di questa vicenda è tale che il lettore è pervaso da un desiderio di conoscere il seguito della vicenda in maniera insaziabile.

Annella Prisco, scrittrice, donna immersa nella cultura e nell’arte a trecentosessanta gradi, è anche critico letterario e vice presidente del noto Centro Studi “Michele Prisco” intitolato alla memoria dell’augusto padre, autore di vari romanzi di successo, nonché vincitore del Premio Strega nel 1966 con Una spirale di nebbia. Quest’anno si celebra il centenario del suo illustre genitore che verrà ricordato in una serie di eventi condotti, alla regia, da uno specifico Comitato Nazionale.

Un commento a caldo della stessa autrice sul nuovo libro ci sembra molto opportuna e importante: «Certamente questo nuovo romanzo è per me una grande scommessa… – ravvisa Annella Prisco – forse in qualche momento oscurata dal dubbio di pubblicarlo in una stagione così complicata per tutti, ma la lettura può essere anche catartica soprattutto nei momenti più bui, per immergersi nelle pagine di un intreccio che fa respirare atmosfere intense e coinvolgenti… ma, ovviamente, affido ai lettori l’ultima parola!», sostiene.

Il volume – che si caratterizza anche per un pregevole dipinto ad acquarello opera di Vincenzo Stinga in copertina – verrà presentato prossimamente in varie città italiane, emergenza sanitaria permettendo.

Ufficio stampa / contatti

Dott.ssa Mary Attento

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Segnalazione di “Quei dannati sedici nodi” di Fabien C. Droscor

Quei dannati sedici nodi_CoverTra il noir di introspezione e il pop anni ’70 e ’80, il nuovo romanzo di Fabien C. Droscor vi porterà nella spettacolare isola del Giglio, al largo delle coste toscane, tra le sue leggende, le calette nascoste e le sue tradizioni.

Centonovantacinque chili possono tuffarsi da una nave nel Tirreno senza conseguenze? Bruno Leonetti non sarà più lo stesso. Uscito dall’ospedale il tecnico della Peach decide improvvisamente di stabilirsi sull’Isola del Giglio da dove era salpato, ma la scelta desta sospetti fra i familiari e non solo. L’incidente ha smosso verità che renderanno inevitabile l’intervento dell’Arma, anche se in una modalità “inusuale”. L’investigazione passerà attraverso un dipinto di Simone Martini, una sigla anni ’70 ed un verso dell’Orlando Furioso. Impossibile placare la rabbia durante l’inchiesta perché la tragedia del 2016 non sarebbe mai accaduta se non fosse stato per “quei dannati sedici nodi”.

 
Francesco Bordi vive nella scrittura ormai da tempo. Prima un master in editoria ed una Laurea in Lingue Orientali impreziosita dalla permanenza a Parigi durante la tesi, poi il lavoro in diverse case editrici e gli scritti da ghost-writer: sono queste le basi del suo cammino artistico. Responsabile del sito Culturalismi.com, autore di mini-racconti con lo pseudonimo di Tasto Nero sulla pagina Facebook Il Pianoforte Letterario, è stato editore autonomo per circa tre anni. Quei dannati sedici nodi è il suo secondo romanzo, il seguito ideale del libro d’esordio Non è tutta colpa del pipistrello pubblicato nel 2016 e all’origine dei personaggi a cui ha dato vita dal momento in cui ha scelto l’anagramma del suo nome e cognome, Fabien C. Droscor.  Un sequel strutturato in modo da poter essere letto anche da chi non ha mai incontrato le vicende del primo libro.

 

Ufficio stampa

Elisabetta Bartucca

ebartucca@gmail.com – 3385210490

“Ipostasi di buio” di Rossella Cerniglia: alcuni estratti dalla Prefazione di Enzo Concardi

Dietro segnalazione[1] della casa editrice Guido Miano Editore di Milano a continuazione viene pubblicato un estratto significativo della prefazione, stilata da Enzo Concardi, alla recente silloge poetica della siciliana Rossella Cerniglia, dal titolo Ipostasi di buio, edita sulle pagine della nota collana editoriale “Alcyone 2000”.

Cerniglia Rossella 2020 [AL] - Ipostasi di buio [fronte]Rossella Cerniglia è nata a Palermo e vive a Marsala. Laureata in Filosofia è stata a lungo docente di materia letterarie nei Licei di Palermo. Poetessa, narratrice, saggista, ha pubblicato i libri di poesie Allusioni del Tempo (1980), Io sono il Negativo (1983), Ypokeimenon (1991), Oscuro viaggio (1992), Fragmenta (1994), Sehnsucht (1995), Il Canto della Notte (1997), D’Amore e morte (2000), L’inarrivabile meta (2002), Tra luce ed ombra il canto si dispiega (2002), Mentre cadeva il giorno (2003), Aporia (2006), Penelope e altre poesie (2009), Antologia (2013), Mito ed Eros. Antenore e Teseo con altre poesie (2017), Il retaggio dell’ombra (2020); i romanzi Edonè…edonè (1999), Adolescenza infinita (2007); il libro di racconti Il tessuto dell’anima (2011) e il libro di saggistica Riflessioni, temi e autori (2018).

Quest’ultima fatica letteraria di Rossella Cerniglia prosegue il discorso della precedente pubblicazione Il retaggio dell’ombra (2020). Le tenebre che dominano il mondo contemporaneo si fanno, secondo la poetessa, ancora più fitte e giustificano etimologicamente il nuovo titolo: Ipostasi di buio. La sostanza e la personificazione dell’oscurità occupa tutta l’estensione della silloge: infatti, delle tre parti di cui si compone il libro, la prima porta il titolo dello stesso, la seconda quello eloquentissimo di Profondo inferno; la terza quello doloroso di Amore amaro. Culturalmente le prime due sezioni hanno diversi riferimenti nella storia del pensiero e della letteratura, mentre oggi rappresentano tematiche meno visitate; invece la terza sezione è universale, interculturale e metastorica. Nella prima parte si possono individuare alcune liriche più significative e chiare come immagini e lessico del “buio”. L’azzurro esiste ma è rinchiuso “…nel sarcofago ardente / dove una tenebra alta / si leva…” (poesia “Sono pronto”). Una creatura angelica appare in un’oscura dimora dove “…il respiro del tempo / una soglia spalanca / nel suo Nulla più nero” (poesia “Silenti trombe”). Uomini alla deriva con ponti tagliati alle spalle in una buia foresta erano soli, senza “…nessun rifugio / nessuna compagnia…” (poesia “Per elidere”). In “Barche” non si apre nessuna via d’uscita nel “Day After” l’Apocalisse che sembra essere intervenuta: “…barche / piene di buio // senza navigatori…” attraccarono a spiagge desolate dove “…nacque un vortice / che non era luce”. In una delle ultime poesie di questa parte appare l’immagine del Divino, ma è raffigurata come irraggiungibile e pare che siamo stati abbandonati a noi stessi: “…era il volto di Dio / oscuro // la sua Ombra / piantata / nella zolla” (poesia “Il giardino)”. Nasce infine nel suo animo un forte desiderio di speranza e di luce, ma tutto appare come un incubo, un atroce sogno e le è negato il “riveder le stelle” di dantesca memoria (si leggano le liriche “Vaporose ali” e “Sostanza di un sogno”). Viviamo quindi avvolti “Nella notte nera”. Qui il colore dominante della poesia è il “nero”: nere sono la notte, l’oscurità e la tenebra; neri sono il buio e il Nulla, quest’ultimo scritto con la “N” maiuscola, ad indicare il concetto filosofico. La simbologia di tutto ciò è chiara: la morte interiore e sociale regna sovrana nelle nostre anime e nelle nostre relazioni. La solitudine e l’incomunicabilità spadroneggiano in questa civiltà rantolante, anche se nei quadri lirici creati molto appare nel vago, nell’indefinitezza, nelle dimensioni oniriche e surreali: angosce e incubi si sovrappongono a momenti di lucidità e razionalità”.

 ENZO CONCARDI

 

[1] L’editore ha autorizzato il curatore del blog a pubblicare il presente testo senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro. Eventuali riproduzioni del presente testo dovranno essere autorizzate dall’editore Miano di Milano e il curatore del blog, in nessun modo, sarà ritenuto responsabile per eventuali riproduzioni, parziali o integrali, su qualsiasi supporto avvenute, operate da parte di terzi. L’utilizzo del grassetto nel corpo del testo è del curatore del blog. Le note biografiche dell’autrice, esulano dal commento critico di Concardi e sono, invece, prodotte dalla casa editrice.

Diario poetico ai tempi del Coronavirus: poesie e riflessioni di Antonietta Langiu

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

Con l’autorizzazione dell’autrice, che mi ha inviato in anteprima questi testi poetici (da lei definiti “pensieri”) e pagine di un diario personale, sono felice di dare diffusione sul mio blog di questi contributi della poetessa e scrittrice Antonietta Langiu che aiutano a capire il momento di disagio e di sofferenza vissute in questo drammatico momento sociale dettato dalla paura del contagio, dalle restrizioni sociali e, in linea generale, da una messa in crisi della nostro comune vivere.

Antonietta Langiu

Antonietta Langiu (Berchidda, SS, 1936), laureata in Sociologia a Urbino, vive da molti anni a Sant’Elpidio a Mare (FM), senza dimenticare la sua terra, la Sardegna, cui “ritorna” spesso con i suoi scritti. Numerose le opere pubblicate tra racconti, saggi e testi monografici: Sa contra – Racconti sardi (1992; riedito 2014), Dietro la casa, libro per ragazzi con schede didattiche (1993), Sas paraulas-Le parole magiche (1999; riedito 2008), L’amica Joyce, libro d’arte (1999), Maestre e maestri in Italia tra le due guerre (co-autrice L. Durpetti), libro di ricerca e storia orale (2004), Immagini lontane (2005), Lettera alla madre (2005), Joyce Lussu. Bio e bibliografia ragionate (co-autrice G. Traini) (2008), Lungo il sentiero in silenzio- Dalla Sardegna all’Europa: diario di vita, di viaggi e di incontri (2008), La linea del tempo (2014), Tessiture di donne (2017). Diversi racconti, corredati da incisioni e inseriti in libri d’arte, si trovano presso raccolte pubbliche e private a Fermo, Fabriano, Urbania, Ancona, Venezia, Aachen e Copenaghen. Saggi e racconti sono stati pubblicati sulle riviste letterarie NAE, l’immaginazione, nostro lunedì, Proposte e ricerche, Sardegnasoprattutto e El Ghibli.

“Confini e orizzonti: l’Alieno COVID-19”

Chi combatte

non si arrende

a un presente alienato.

Chi ha lanciato l’innesto

ha scalfito la natura umana   

malato anche lui

se ne sta in disparte.

Quando e a che cifra

tornare indietro

e come è possibile tornare?

Il tempo è corto

l’incontro è difficile

solo da lontano

possiamo salutare

chi come noi

soffre in silenzio.

L’attesa si fa sempre

più remota

ma dobbiamo ritornare

per riprendere

gli istanti perduti

per un’errata

scala di priorità.

Fermiamoci per il tempo

dell’ascolto e della lettura

separati ma vicini

in attesa di un Sempre

che non potrà essere lontano.

Ho scritto questi versi in un momento particolare… Giovedì 26 marzo, mi ha mandato un messaggio WhattsApp l’amico giornalista di Nuoro, Antonio Rojch: era preoccupato per l’invasione del Coronavirus, anche perché soffre spesso, come me, di fibrillazione atriale e le medicine che prende potrebbero, secondo lui, facilitare il contagio. L’ho tranquillizzato, perché mia figlia medico non me ne ha assolutamente parlato. Mi ha risposto, ponendomi altre domande e ciò fino all’una e mezza di notte. Non poteva dormire… e a quel punto neanche io ci riuscivo più, così ho provato a scrivere… Non credo di essere stata positiva, se non attraverso una specie di tunnel luminoso alla fine: “…separati ma vicini/ in attesa di un Sempre/ che non potrà essere lontano.” e gliel’ ho spedita.

Una riflessione è necessaria, anche se non mi sono lasciata sopraffare del tutto dalla paura: stiamo perdendo il senso della nostra esistenza in uno scenario di solitudine, nell’angoscia di un’offensiva e di un attacco decisivo per la sorte di tutti. La nostra è una vita sospesa… Fino a quando?

Niente sarà come prima: un primo passo verso un possibile ritorno alla normalità potrà essere quello di abbandonare ogni teatro di guerra e riportare a casa tutti i nostri militari impegnati in varie missioni all’estero, e utilizzare i risparmi per acquistare materiali sanitari che ci consentano di salvare molte vite umane. Le massime Istituzioni Nazionali e i rappresentanti politici dovrebbero, inoltre, fare un appello generale a tutte le nazioni per sollecitare la sospensione immediata delle operazioni di guerra in atto. Intanto il COVID 19 si espande nel mondo intero. Dobbiamo difenderci, se possibile, ma come?

Ci insegna qualcosa questa pandemia? Sì, ci sono delle precauzioni che dobbiamo assumere per l’incolumità nostra e altrui, tenere conto delle relazioni sociali che ci mancheranno, delle preclusioni negli spostamenti, della capacità di tutti e di ognuno di accettare una realtà terribile. Sono degli imperativi categorici che dovranno improntare il cammino per una rinascita, se abbiamo fatto tesoro degli errori e compiere una vera e propria rivoluzione nella nostra vita:

-rimodellare una società fatta di privilegi e di sperequazioni sociali;

-cambiare una realtà pervasa di disfunzioni ambientali, di disservizi e di inefficienze;

-recuperare una nuova coesione sociale;

-essere parsimoniosi e selettivi, rinunciare al superfluo e concentrarci sull’indispensabile;

-riconsiderare i diritti fondamentali quale la salute e l’istruzione, riconosciute dalla Costituzione come imprescindibili e irrinunciabili;

-attivare la ricerca, dando la possibilità di lavoro e di studio ai tanti giovani costretti a lasciare la propria terra d’origine.

E tutto ciò per cambiare la nostra società prima che sia troppo tardi.

“E per un tratto ancora su tutta la contrada incupì la notte. Ma l’alba non era lontana.” Si tratta della lapidaria epigrafe scritta dal parroco berchiddese, un bravissimo predicatore in tutta l’isola, e scrittore, Pietro Casu, a conclusione del suo libro capolavoro: Notte sarda (il primo romanzo che ho letto da ragazzina), quasi un epitaffio e una metafora che fotografa l’abisso nel quale siamo sprofondati, in attesa di un’aurora di speranza e di ripresa, contro il mostro alieno: incolore, inodore, insapore e allo stesso tempo feroce, aggressivo e crudele.

E per lui io resto a casa, tu resti a casa, egli resta….

Restiamo tutti chiusi a casa, che è diventata una specie di carcere. Intorno regna un silenzio enorme: non passa nessuno per la strada. Ci stiamo rendendo conto, tutti, dell’immensità di quanto stiamo vivendo, ma tanto vera è la sofferenza di questa tenebra, tanto lo è la speranza e la luce che ci porta oltre… perché la vita è più forte della morte… e bisogna crederci.

Altro pensiero

Ognuno è solo

in questo mondo in frantumi

in questo tempo senza nome

in questi momenti sospesi

dove un nemico invisibile

attenta alle nostre vite.

Bisogna stare assieme

la natura umana lo vuole

ma io sono sola

anche tu sei solo

nel silenzio assordante

che ci circonda.

Siamo tutti soli

nessuno incontra l’altro

 nella nebbia che scende

a coprire i dolori e i pianti

nell’attesa di un domani

che appare lontano

e che forse non ci sarà.

Altro pensiero…

È come se il tempo

si fosse fermato

e sei ritornato bambino.

Hai bisogno di una mano

che stringa la tua

hai bisogno di una madre

che ti accarezzi il viso

hai bisogno di spazi verdi

pieni di fiori e di profumi

quelli che ti avvolgevano

quando eri fanciullo

là tra i cespugli

di mirto e di lentisco

pieni di nidi di uccelli

che cantavano la primavera.

Altro pensiero…

Ho voglia di passeggiare

di evadere da queste

giornate murate

senza respiro.

Ho voglia di passeggiare

per fuggire all’assedio

che chiude le nostre case

e non ci fa vedere il sole

e non ci fa sentire il mare.

Ho voglia di passeggiare

per interrogare il cielo

le nuvole che fuggono alte

nell’azzurro infinito

gli alberi vestiti a festa

nella primavera alle porte.

Ho voglia di passeggiare

di partire per arrivare

senza impegno

non so dove

di vedere gli uccelli

che volano cinguettando

verso paesi lontani.

Ho voglia di passeggiare

per assaggiare l’aria

con il naso e con la pelle

per ritornare alla vita

al saluto gioioso con il vicino

al contatto nudo con gli altri

quelli che abbiamo sempre visto

e i tanti mai incontrati.

Altro pensiero…

In questo tempo crudele

in questo mondo in frantumi

dove non ci è dato di essere

tutto ci spaventa tutto ci deprime.

Chi può proteggere il nostro cuore

chi risvegliare la nostra anima

inaridita dalla solitudine

e dalla paura del mostro invisibile?

L’ansia incalza i nostri passi

ma non possiamo andare e correre

gli amici di un tempo non ci sono più.

Nel nostro vagare nel nulla

solo buio e silenzio

e mascherine sui volti

di chi passa lontano.

Non sai se recitano

o se fuggono da qualcosa

che si nasconde

vicino a te a me a noi.

Dobbiamo stare al riparo

nelle nostre case per meditare

e ascoltare nel profondo noi stessi

cambiare la nostra vita

per salvarla dall’inutilità

e dall’indifferenza.

Solo così potremo guarire

per fare scelte più giuste

acquisire nuovi modi di vivere

che possano salvare l’uomo

la sua umanità e il mondo intero.

E’ severamente vietato copiare e diffondere il presente testo in formato integrale o parziale senza il permesso da parte del legittimo autore.

Due poesie da “Notizie da Patmos” (2019) di Fabrizio Bregoli

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

 

Geografia di confine

 

Avevi la passione dei confini

tracciare fronti di demarcazione,

la loro geografia compiuta. Solida.

Per questo t’affidavi alle cartine

quella certezza di valichi e passi,

ciò che serve a dare ordine alle vite,

fosse anche un limbo nel deserto, un muro

una zona demilitarizzata.

 

A noi non è servito confinarci

ciascuno in un cordone sanitario

perché c’è sempre una metà che manca,

l’amore che rimane impronunciato.

C’è bastato credere

franca una terra di nessuno, noi

intatti territori d’oltremare,

colonie di un’uguale solitudine.

 

 

* * *

 

Sant’Elena

 

Non è per la memoria, quest’osare

un suo breviario apocrifo

ma salmodia del buio, quel suo orecchio

mozzato. È mettere al confino il troppo

detto dal poco che ne è valso, l’argine

al limo rovinoso delle nostre

storie sterili. La rivolta mite,

l’espatrio necessario dall’origine,

perché di noi si legga

come si sfoglia un libro senza pagine.

 

  

bregoliFabrizio Bregoli, nato nel bresciano, risiede in Brianza. Laureato in Ingegneria Elettronica, lavora nel settore delle telecomunicazioni. Per la poesia ha pubblicato Cronache provvisorie (VJ, 2015), Il senso della neve (puntoacapo, 2016), Zero al quoto (puntoacapo, 2018) e Notizie da Patmos (La Vita Felice, 2019). Piero Marelli, che ha stilato la prefazione di questa sua ultima opera, ha scritto: “Le parole di Bregoli riemergono da un fondale che sembra poco rassicurante ma hanno il coraggio della realtà. C’è, in questo momento, un diverso compito da svolgere e questa poesia lo sta svolgendo, oltre le ricorrenti “tentazioni orfiche” (Fortini) che continuamente si ripropongono alla poesia italiana”. Bregoli ha realizzato, per i tipi di Pulcinoelefante, il libriccino d’arte Grandi poeti (2012) e per la collana “Fiori di Torchio” la plaquette Onora il padre (Serégn de la memoria, 2019). Sue opere sono apparse sulle riviste “Il Segnale”, “Atelier”, “Alla Bottega”, “Le voci della luna”, “Il Foglio Clandestino”, “Frequenze poetiche”, oltre che in varie antologie e blog di poesia. Numerosi i premi a lui attribuiti per la poesia tra i quali il “San Domenichino”, “Giovanni Descalzo”, “Guido Gozzano”, “Rodolfo Valentino”, “Premio Letterario Internazionale Indipendente”, “Città di Umbertide – XXV Aprile”. Collabora come recensore con il sito LaRecherche.it e fa parte della redazione di Laboratori Poesia per cui cura la rubrica “Poesia a confronto”. Sulla sua poesia hanno scritto Tomaso Kemeny, Giuseppe Conte, Ivan Fedeli, Mauro Ferrari, Vincenzo Guarracino, Eleonora Rimolo e altri.

 

La riproduzione del presente testo e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

Alcune poesie del toscano Simone Magli – Segnalazione a cura di L. Spurio

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio  

Una mia fotoSimone Magli è nato a Pistoia nel 1984, città nella quale vive. Poeta e aforista, è anche autore di haiku. Durante la sua formazione si è sentito particolarmente attratto dalla poetica di Giuseppe Ungaretti per sentirsi legato poi alla stagione ermetica. Tra i suoi autori prediletti figura anche l’umbro Sandro Penna mentre, tra gli aforisti, riconosce una certa influenza da autori quali Stanislaw Jerzy Lec, in primis e, tra gli italiani, Flaiano, Longanesi, Caramagna, Ansaldi e Castronuovo. Ha pubblicato la silloge La solitudine di certi voli (I.S.R.Pt, 2012). Ha ottenuto vari riconoscimenti in concorsi letterari, soprattutto per la poesia, ma anche per gli aforismi. Nella rubrica Per Competenza diretta dal poeta toscano Roberto Carifi è stato più volte recensito. Note critiche sulla sua produzione sono state stilate anche dai poeti Gilberto Sacerdoti e dalla poetessa fiorentina Mariella Bettarini, fondatrice della nota rivista L’area di Broca. Da novembre 2019 collabora con il blog letterario Lib(e)ro-libro, oltre le parole.

 

A seguire una poesia estratta dalla sua raccolta poetica La solitudine di certi voli (2012) e tre inediti:

 

In questo circolo di creature impazzite

sono l’ombra di un albero ferito,

il leone che corre senza meta per la savana,

l’anima della fiera abbattuta.

Ma soprattutto l’eco del mondo

che subisce la sua perdizione.

 

*

 

Prima che scenda la sera,

dai folti prati, le lucciole

salgono al cielo,

per incidere le stelle.

 

*

 

Guardo uno spicchio di cielo

e un lampo di vita

nel mio cuore si staglia,

pizzicandomi d’immenso.

 

*

 

Che ogni cosa venga

come spunta un filo d’erba

sul campo baciato

dalla nuvola più bella.

 

 

La riproduzione del presente testo e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“L’ “io” in letteratura. Individualità e introspezione”. Le proposte dovranno pervenire entro il 20 aprile

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Il prossimo numero della rivista di poesia e critica letteraria Euterpe avrà come tema: L’ “io” in letteratura. Individualità e introspezione”.

 

I materiali dovranno pervenire entro il 20 aprile 2020 alla mail rivistaeuterpe@gmail.com

Per poter partecipare alla selezione dei testi per detto numero è richiesto di seguire le “Norme redazionali”.

Per essere informati su ogni aspetto relativo alla raccolta e invio di testi si può seguire anche l‘evento FB dedicato cliccando qui.

 

“Coppie minime” di Giulia Martini – con alcune poesie inedite

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

 

cover MartiniGiulia Martini (Pistoia, 1993) vive a Firenze, dove si è laureata in Letteratura italiana contemporanea con una tesi su Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli. Attualmente è dottoranda in Filologia e Critica all’università di Siena, con un progetto di ricerca dedicato al dialogo in poesia. Per la poesia ha pubblicato Coppie minime (2018), risultata vincitore del noto Premio Ceppo nella sezione “Under 35”[1]. Per la stessa casa editrice sta curando l’antologia Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90 di cui il primo volume è uscito a marzo 2019 e il secondo uscirà a breve. Sue poesie sono comparse su varie riviste, tra cui Poesia, Gradiva, Paragone, Atelier, sulle riviste digitali Yawp – Giornale di letterature e filosofie, il sogno di orez, Poetarum Silva e in antologie quali Poesie italiane 2018 a cura di Matteo Marchesini (2019). Alcune sue poesie sono state tradotte in rumeno da Costel Drejoi sulla rivista Sintagme literare, in spagnolo da Gabriel Impaglione sulla rivista Isla Negra. Nel 2019 l’autrice ha preso accordi per la pubblicazione della traduzione in spagnolo con l’editore argentino “Le pecore nere”.

Ha preso parte a vari festival letterari: XVI Festival internazionale di poesia “Voci lontane, voci sorelle” nella serata Nuova Generazione? Poeti nati tra gli anni ’80 e ’90 (2018); Festival Kultazione (2018); I Festival di Poesia iper-contemporanea organizzato da Polisemie presso l’Università “La Sapienza” di Roma (2019); Festival Internazionale di Poesia Oven organizzato dal Centro di Poesia contemporanea dell’Università di Bologna (2019).

Si sono occupati della sua scrittura, tra gli altri, Roberto Corsi, Luigi Fontanella, Daniela Gori, Elio Grasso, Giulio Maffii, Franco Manzoni, Demetrio Marra, Eleonora Rimolo, Sara Vergari, Bonifacio Vincenzi, Luca Zipoli, i quotidiani nazionali Il Mattino, La Repubblica, Corriere della Sera, La Nazione, Avvenire e le riviste digitali Frequenze poetiche, Margutte, La Balena Bianca, Carteggi Letterari, Semicerchio.

Nella prefazione di Francesco Vasarri che apre Coppie minime (2018) leggiamo: “La ricerca espressiva di questo libro è piena di movimenti che dalla lingua puntano alla sua ombra, o comunque lavorano in un’intercapedine tra la cosa effettivamente detta e quella a cui, anche con residuati di surrealismo freudiano, si stava – forse con maggior precisione – pensando”.

  

Poesie tratte da Coppie minime (Interno Poesia, 2018)

 

Io rime, tu rimedi.

 

Tu vai verso quello che credi,

io verso quello che rimane.

 

*

 

La traccia del poema 

modulata su un suono 

mi sembra la tua faccia.

 

Appare la facciata 

del Duomo in piazza Duomo

come un grande problema.

 

*

 

Guido, io vorrei che tu e Lapo e io

e Kennedy e Roland e Winston C.

e la mia santa mamma che sta lì

in cucina a straguardare la tv

 

Guido io vorrei che Lapo e io e tu

e Tutankamon e Marylin Monroe

ed Edgar Allan e il giovane eroe

di quando ero bambina, Harry P.

 

e P. P. P. e Giovanni P. che sa

perché tanto di stelle arde e cade,

santo L. e supersanto Gesù C.

 

che se ne sta nell’orto degli ulivi –

ma anche lei e soprattutto lei –

io vorrei che fossimo ancora vivi.

 

*

 

Fisso un punto nel vuoto.

Chi mi darà le prove?

 

E non so più il tuo prefisso,

se tre tre tre o tre tre nove.

 

*

 

Beati gli invitati alla cena in via Dernier.

Giravi per le stanze un po’ disabbigliata

apparecchiando di pietanze calde

la tavola rotonda in legno noce

 

con un occhio alla pasta che non scuoce

e l’altro a un altro – non a me.

 

*

 

Il letto già rifatto per metà,

nella tua metà non più sfacibile.

 

Meno stoviglie da lavare, questo è certo –

poi ho sempre detestato fare i piatti.

 

Molte più rime e meno rimasugli

sugli scartafacci, sui divani.

 

Guarda che mani vergini, che faccia –

come non fosse mai stata scartata.

 

Te ne sei andata col tuo ombrello rotto,

che non lo devo neanche buttar via.

 

Che singolarità, che pulizia!

Ah che bello, non mi vedrai invecchiare.

 

*

 

Tutti quelli che silenziosi siedono

accanto a me sull’autobus, col viso

al di là di una testata, conquiso

da morte accumulata, che mi chiedono

quando pubblicherò il prossimo libro

 

cosa vorrebbero che ti dicessi,

 

se le mie parole erano già tue?

Non ero che una spina in mezzo ai nespoli

prima che tu nascessi a Bagno a Ripoli

il dieci marzo trecentodue.

 

 

Poesie inedite precedentemente apparse su Paragone

 

Vivacchio aspettando che ti accorga

che non ho chiuso il gas e sei già morta.

 

Lo chiamo amore questo gesto blando,

quando ti faccio morire in un libro.

 

Come l’eroe mitico a cui le Moire

diedero la durata di un tizzone.

 

*

 

Un’altra cosa, per esempio, è il gesto

di te che apri piano il frigorifero

come se non sapessi che c’è dentro.

 

E d’un tratto, di luce innaturale,

distenebri le pesche, le zucchine.

 

*

 

So soltanto che quelle terre

per quei confini che ti mostrai

se le contesero per anni.

 

Questo tesoro volevo darti.

 

Per un maggiore approfondimento critico sull’opera di Giulia Martini rimando ad alcuni contributi che reputo illuminanti per le loro considerazioni e che rendono merito alla sua opera poetica:

 

Brancale Michele, Poesia, una sorpresa le “Coppie minime” di Giulia Martini, «La Nazione».

Favale Elisabetta, Le Coppie minime di Giulia Martini.  Intervista, «Linkiesta».

Grasso Elio, Giulia Martini, Coppie minime, «Rebstein. La dimora del tempo sospeso».

Maffii Giulio, Le coppie di Giulia Martini, «Carteggi Letterari».

Manzoni Franco, Suono, grafia e virtuosismi, «laLettura del Corriere della Sera», p. 11.

Pezzino Laura, Dove sono le poete?, in «Senza Rossetto».

Rimolo Eleonora, Un messaggio (im)possibile?, «Atelier»

Rondoni Davide, L’estasi linguistica nelle “Coppie minime” di Giulia Martini, «ClanDestino».

 

[1] Cito dalla motivazione stilata da Andrea Sirotti: “Giulia Martini vince il Premio Ceppo Selezione Poesia under 35 con Coppie minime per la capacità e l’estro di trovare una chiave poetica per le antitesi e le contraddizioni della vita in uno schema binario tra ragioni della mente e ragioni del cuore in cui ogni parola, ogni concetto, “scivola” e determina il successivo dando vita a una sorprendente catena di associazioni foniche e concettuali auto-ingabbiandosi in uno schema al tempo stesso tradizionale e modernissimo, classico e ipertecnologico. Le forme chiuse usate, la natura endecasillabica del dettato, il ritmo regolare del canone poetico italiano, riscritto e rivissuto, non si dimostrano vincoli o ostacoli da superare ma si rivelano occasioni di apertura e respiro in cui l’esordio, in genere fattuale ed esperienziale, porta a esiti inauditi e spiazzanti grazie anche a una (apparentemente) naturale fluidità di ritmo e immagine, un’alternanza sapiente di voce, senso e silenzio”.

 

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“Altri nuovi giorni d’amore” della laziale Federica Gallotta. Con tre inediti

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

 

Federica Gallotta foto
Federica Gallotta

Federica Gallotta (Tarquinia, 1990) da tre anni vive a Viterbo, dove ha trascorso gli anni universitari. Nel 2017 ha conseguito la Laurea Magistrale in Filologia Moderna all’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo e attualmente insegna italiano in una scuola di Tarquinia. Per la poesia ha pubblicato Altri nuovi giorni d’amore (Ladolfi, Borgomanero, 2017), attualmente ha in preparazione una nuova raccolta. Il poeta Vittorino Curci parlando della Gallotta ha sottolineato la sua “spiccata personalità poetica” aggiungendo che la poetessa “scrive testi sospesi nel tempo, vocativi, essenziali, colmi di tensione, assoluti (nel senso più radicale del termine), […] indifferenti agli stilemi lessicali e compositivi maggiormente utilizzati nella poesia contemporanea […] la [sua] poesia è fortemente drammatica. È l’amore stesso […] che richiede questo particolare registro di scrittura”.

 

Da Altri nuovi giorni d’amore (2017)

 

Altri nuovi giorni d’amore

 

Scrivi il dolore

che melmoso si perde

per i molli anfratti della mente

e liquido e atro irrora i tessuti

poi sedimenta

pigro e corrosivo,

come dannata chioccia che cova

già macchiati futuri.

Lo scrivo il dolore

per chiuderlo nel libro

e strapparlo di dosso

come fastidioso scialle d’estate.

Fissato su carta lo rendo più bello,

lo plasmo gentile:

sdraiato sul letto, le armi deposte.

Ecco il dolore, il mio dolce dolore.

Mi segue muto,

non più rabbioso,

marziale

ma compagno silente

di altri nuovi giorni d’amore.

 

Tre testi inediti:

 

È un lento sollevare mattutino. Non so mai

dove – durante la notte – la moka s’è spostata

verso quale destino, di credenza o lavello

e con lei lo strofinaccio e il barattolo

del caffè. Mi dicesti che c’è: un rimedio, un metodo

per ritrovare le cose: cioè non usarle. Tutte

disporle insieme, come un sacrificio, e così

(mi avvisi ancora) ritroverei i biscotti, insonnoliti

e la mia pace all’apertura degli occhi, nell’attesa

calma dell’infusione del tè, quando ancora

intorno a me ogni cosa sonnecchia beata.

 

E mentre mi taglio un’arancia per farla spremuta

rifletto sul cavolo viola sul tavolo e chiedo

con vero stupore se l’abbia oppure no comprato io.

 

*

 

Come Campana facciamo, e l’Aleramo

quando un po’ tesi si scambiarono i pareri

e già fu tardi per tornare indietro.

 

Passami il termine, e poi non t’arrabbiare

se a sera torno a casa mia col seno

pieno di parole e un turbamento

nuovo di zecca da tenere per l’inverno.

 

*

 

Durante l’allunaggio ti sei mosso

e hai perso l’armonia del passo scelto

in precedenza. Con lentezza arcana

(la coscienza di un momento mistico)

hai detto: tu non ci andrai mai su Marte:

è freddo, tanto freddo, non respiri.

Resta qui, sulla Luna, ad aspettare

che qualcuno torni ancora, di nuovo

sulla Terra abbandonata agli alieni.

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

Flavia Novelli e il suo libro “Parole nude” – con alcuni inediti

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

flavia
Flavia Novelli

Flavia Novelli[1] (Pontebba, UD, 1968) vive da sempre a Roma. Laureata all’Università “La Sapienza” in Sociologia, con specializzazione in comunicazione, si è dedicata per diversi anni all’attività didattica e di ricerca e alla scrittura saggistica. Per il genere poesia, che considera come uno stato di necessità inderogabile e alla quale riconosce, tra le tante, la funzione di far emergere con maggior distinzione la micro e la macro realtà (“La poesia è uno specchio in grado di restituirmi l’immagine reale di me stessa, ma anche una finestra spalancata sul mondo e sulla vita”[2], sostiene) ha pubblicato Vennero i giorni (2017) da lei definita “una sorta di diario poetico che raccoglie poesie scritte quotidianamente in un periodo di febbrile bisogno di dar voce ad un dolore profondo”[3], Universi femminili (2018)[4] e Parole nude (2019). Le sue opere sono presenti in varie antologie tra cui Aspettando Santander – Autori in evoluzione, Come Aquiloni – Autori in evoluzione, Mi illumino d’immenso, Poesia 2019. Centocinquanta poeti in antologia, Elucubrazioni inconsce, Il risveglio del mattino. Collabora con il blog Librinews libri da leggere, cultura e notizie, per il quale ha realizzato e cura la rubrica di poesia. Nel 2018 ha fatto parte del gruppo di otto poeti selezionati tramite bando nazionale per partecipare al progetto europeo “REFEST – Images and Words on Refugees Routes” (Immagini e Parole sui Percorsi dei Rifugiati) e raccontare, attraverso la poesia, le storie di migranti e richiedenti asilo. Le poesie realizzate sono state esposte in mostre ospitate nei quattro paesi europei partecipanti; in Italia al Passaggi Festival di Fano (PU), partner italiano del progetto. Varie le interviste rilasciate a siti e format culturali online tra cui Librinews, Scritto io e Le stanze di carta. Tra i riconoscimenti letterari ottenuti il 1° premio al Premio Afrodite (2018) per la poesia erotica, la menzione di merito al Premio Internazionale di Poesia L.S. Senghor (2019) con il libro edito Universi femminili.

Universi femminili (2018) contiene – sono le stesse parole dell’Autrice – poesie che parlano della vita, dei problemi e della forza delle donne, di stereotipi di genere, di amori malati, di violenza e femminicidio, di donne migranti.  Nella prima parte sono raccolte poesie che trattano gli aspetti più vari dell’universo femminile: la complessità e la bellezza dell’essere donna; la maternità e la libera scelta di non essere madre; il lavoro e le difficoltà di carriera; i sogni e le passioni dell’età giovanile e della senilità; il rapporto con il proprio corpo e la sessualità; gli stereotipi e i modelli che la società impone alle donne. La seconda sezione affronta il tema della violenza contro le donne, con poesie (a volte direttamente ispirate dai drammatici fatti di cronaca) che parlano di rapporti sbagliati e pericolosi […] L’ultima parte è dedicata a quelle sorelle che vengono da lontano, fuggendo da drammi, attraversando altri drammi e, purtroppo, incontrandone altri ancora, una volta giunte nel nostro Paese. Giovani donne meravigliose che, nonostante l’inferno vissuto, sono ancora capaci di sorridere e sperare in un futuro per sé e per i propri figli. Gina Francesco nella prefazione ha scritto: “Le zone più autentiche della scrittura della Novelli nascono dall’impatto continuo con le sue ombre e luci in un mondo che si perde e sembra non più raccoglierci e comprenderci. Nel lessico usato nel libro, l’autrice fa dire alle parole quello che in genere non dicono mai: tutto il dolore, lo stupore, lo smarrimento, gli intimi o collettivi drammi, i fugaci piaceri, tutti controversi compagni come Universi, che riempiono o svuotano il quotidiano vivere. […] Universi femminili sembra essere il tentativo di rompere il muro di una solitudine, di una disperazione, accompagnate da indignazione e speranza, senza lamentazioni dentro una strenua difesa della propria identità e voglia di vivere”[5].

parole nude

L’opera successiva, Parole nude (2019), contempla al suo interno una serie di “poesie nate da un fluire libero di pensieri ed emozioni, da una fretta di trovare forma ed evidenza prima di svanire nell’oblio”[6].

La Novelli non è solo poetessa ma anche studiosa e saggista dal momento che ha pubblicato negli ultimi mesi una serie di interventi critici tra cui cito un interessantissimo contributo sui nuovi approcci e forme poetiche in uso ai nostri giorni dal titolo “Poesia sociale versus poesia social. Nelle piazze reali e virtuali si sta giocando la sfida per la rinascita della poesia” dove affronta, tra gli altri, i fenomeni della “poesia di strada”, del poetry slam e degli Istanpoets[7].

L’appassiona anche la lettura degli epistolari di alcuni intellettuali di spicco quali la tormentata Marina Cvetaeva con Pasternak e Rilke e quello tra Virginia Woolf e Vita Sackville West[8] e ha rivelato di aver visto accresciuta, come a determinare una sorta di imprinting nella sua maturazione, “la sua introspezione al monologo interiore […] parte essenziale della scrittura poetica” a partire dalla lettura di Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci in giovanissima età, a dodici anni[9].

 

Alcune poesie scelte da Parole nude (2019)

Disferò i nodi
che aggrovigliano i miei pensieri
Tesserò nuovi fili
per ricucire la trama lisa
dallo sfregare del tempo
Un altro ordito
più colorato e lineare
disegnerà il tessuto
del nuovo abito
di cui si vestirà
la mia pelle
Non apparirò più nuda
annodata e sperduta
Avrò la mia calzante armatura
tagliata e cucita su misura
per nascondere il groviglio di pensieri
sotto la nuova pelle
apparentemente più colorata e lineare

 

*

 

Finalmente sento
la patina dell’indifferenza
posarmisi addosso
come uno strato di polvere
che l’immobilità del tempo attira
Anche gli antistatici sentimenti
si arrendono al lento ed inesorabile precipitare
E non fa neanche più tanto male
perché la polvere è così calma e leggera
che addomestica le emozioni
Le rende fragili e impotenti
arrendevoli
come l’antico legno ai tarli
che ne mangiano l’anima
lasciando intatto
l’antico splendore

 

*

 

Non mi lascia scampo la poesia
quando mi viene a stanare
Mi afferra alla gola
Mi scava con le unghie nel petto
E a nulla serve
tentare la fuga
fingermi felice
od assente
Lei lo sa
conosce alla perfezione i miei maldestri tentativi
di ingannare la vita
di coprire con il velluto la ferita
Non si fa raggirare
dal mio sorriso tirato
Sa bene
cosa nasconde
Forza la porta
e penetra nel mio più profondo dolore
Scava a mani nude
fra strati di finzione
Si fa largo
tra alibi
costruiti ad arte
dalla ragione
Sbaraglia ogni emozione
Sulla gola allenta la presa
e lascia libero il passaggio
Un conato di vita
esplode sulle labbra
e urla la verità

 

*

 

Apprenderò l’arte del tacere
Non proferirò parola né verso
Sigillerò le labbra
e legherò polsi e pensieri dietro la schiena
Calpesterò la scena del totale disincanto
con maestria da attrice consumata
e mi racconterò
di essermi salvata
Ci crederanno forse
l’autunno e l’inverno
ma la primavera e l’estate
sveleranno l’inganno
Profumeranno di gelsomino
i miei inutili silenzi
e risveglieranno dal torpore
i maltrattati sensi
La schiuma del mare
mi verrà a bagnare
sciogliendo i lacci
delle mani e dei pensieri
E sarà di nuovo
la sconfitta della ragione
L’inevitabile ritorno
della passione

 

Alcuni recenti inediti:

 

Con passi lenti e pesanti

ci siamo avvicinati

alla porta socchiusa

Con occhi sognanti ma stanchi

abbiamo scrutato

la luminosa lama oscura

che dalla fessura

filtrava

orizzontale e tesa

sotto la nudità indifesa

dei nostri archi plantari

Le articolazioni

della mia spalla sinistra

della tua spalla destra

si sono all’unisono attivate

le braccia sollevate

le dita delle mani

allungate

verso la maniglia

su opposti versanti

Per un attimo esitanti

poi inesorabilmente decise

Una ad aprire

L’altra a chiudere

 

*

 

E tu che dicevi

non andare

mentre il treno già fischiava

e gli affilati binari

tagliavano la vostra distanza

fatta di alibi

paure

inconfessabili desideri

incauti pensieri

Ci vediamo ieri

al solito posto

dove non ci siamo visti

mai

 

*

 

L’energia perduta delle cose

dei tessuti acrilici dei pigiami

strusciati al buio sotto le lenzuola

che si faceva a gara di scintille luminose

La memoria del tempo

indossato con ingenua arroganza

correndo senza paura

nelle stanze della vita

E con esperto pudore

ci scoprivamo crescere

nel corpo e nei pensieri

Quante stagioni sono passate

attraverso la cruna dei desideri

Ed è perduta ormai l’energia

di quell’eterno istante

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

 

[1] Sito personale: https://flavianovelli7.wixsite.com/website – Profilo FB: https://www.facebook.com/Flavia.Novelli.poesie/

[2] https://www.culturalfemminile.com/2019/03/08/il-te-del-venerdi-con-flavia-novelli/

[3] “Le donne si raccontano… in poesia” (Intervista di Antonia Romagnoli a Flavia Novelli), Cultura al Femminile, 8 Marzo 2019, https://www.culturalfemminile.com/2019/03/08/il-te-del-venerdi-con-flavia-novelli/?fbclid=IwAR1O4TxBCpdHDVfKRNDHrz7V7qrwTYOF6TECsQUgKnDlTza5bge0m70XGKg

[4] Questa opera è stata presentata alla Casa internazionale delle donne di Roma nel 2018 e al Passaggi Festival della saggistica di Fano (PU) nel 2019.

[5] Il testo integrale della prefazione può essere letto cliccando qui: https://www.librinews.it/autori/universi-femminili-flavia-novelli/?fbclid=IwAR00uUpuY4Cm95iDkJnWdnc8Nz7xDw_OFqmjxVbK52_BLnDAHcDcC_rNFwI

[6] Lo ha rivelato la poetessa in un’intervista rilasciata al sito Scritto.it il 17/01/2020, http://www.scritto.io/2020/01/17/intervista-a-flavia-novelli/?fbclid=IwAR38wBGR0vfg62pBZMo1FS2nXXJz_Udcormlp7bM3fwXgmEjkXRbbuckuNc

[7] Articolo pubblicato su LibriNews. Libri da leggere, cultura e notizie il 12/09/2019, https://www.librinews.it/poesia/poesia-sociale-versus-poesia-social/?fbclid=IwAR2mjYs7RYOa5abywA2zl4t8_StVR3G0z49O9MqKOC9bf972dmgGkVibN_8

[8] http://www.scritto.io/2020/01/17/intervista-a-flavia-novelli/?fbclid=IwAR38wBGR0vfg62pBZMo1FS2nXXJz_Udcormlp7bM3fwXgmEjkXRbbuckuNc

[9] Intervista a Flavia Novelli“ di Ilaria Cino, Le stanze di carta, Febbraio 2020, https://lestanzedicarta.blogspot.com/2020/02/intervista-flavia-novelli-di-ilaria-cino.html?fbclid=IwAR0V1q0j4jMuxe4afdCc4ysohmYiBJaA8RChkm9s68CJiRenDkggV_CwMvY

“Il tempo di una cometa” di Stella N’Djoku – con quattro inediti

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

Stella N’Djoku (Locarno, 1993), poetessa, giornalista ed insegnante di religione, è nata da madre svizzera di origini italiane e padre svizzero-congolese. Nel 2017 si è laureata in Filosofia con la tesi What’s a man. Shakespeare filosofo tra Stanley Cavell e Harold Bloom all’Istituto di Studi Filosofici della Facoltà di Teologia di Lugano, con il prof. Roberto Diodato quale relatore.

Con l’inizio degli studi universitari all’Istituto di Studi Filosofici della Facoltà di Teologia di Lugano, ha iniziato il suo percorso giornalistico con il mensile L’Universo, inserto del Corriere del Ticino, il giornale universitario studentesco indipendente della Svizzera italiana, del quale è stata anche direttrice, vincendo il Premio Speciale del Credit Suisse for Excellent Writing nel 2015 e nel 2016. Collabora con alcune testate giornalistiche svizzere, tra queste Corriere del Ticino, ExtraSette, catt.ch e Syndicom Rivista.

Per la poesia ha pubblicato Il tempo di una cometa (2019); suoi testi sono apparsi anche sulle riviste letterarie Graphie, Atelier, Carteggi Letterari e su vari blog letterari e nell’antologia Abitare la parola – Poeti nati negli anni Novanta (2019) a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello edita per Ladolfi Editore. Alcuni suoi componimenti sono stati tradotti in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti di Caracas.

Dal 2015 organizza atelier legati al mondo della scrittura per L’Universo e per l’istituto Casa della Giovane di Lugano e dal 2016 cura la direzione artistica di alcuni eventi del LongLake Festival di Lugano (Divisione eventi e congressi) e collabora con eventi puntuali a favore dell’integrazione sociale per la Divisione socialità e sostegno della Città di Lugano. Nel 2017 ha iniziato a lavorare per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana. Attualmente lavora anche come insegnante ed è Responsabile di progetto per la Svizzera italiana di Dialogue en Route, un progetto che si occupa di dialogo interreligioso, voluto da IRAS-COTIS, la Comunità di lavoro interreligiosa in Svizzera.

Tra i premi letterari vinti vanno segnalati il Premio “Piero Chiara” sezione Giovani (2012) con il racconto “Il Carillon” e il IX Premio “Matheton Agon” (il noto Premio indetto dall’Università di Basilea che promuove la cultura greca e che premia ogni anno il migliore e più innovativo lavoro di ricerca in questo ambito) con il racconto “Morire per amore è possibile? Due miti a confronto” (2013).

Sulla sua produzione si sono esposti, tra gli altri, Valerio Grutt, Sabatina Napolitano, Fabio Prestifilippo, Fabiano Alborghetti e Gianfranco Lauretano.

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Stella N’Djoku – Foto di Valentina Mazza

Nella prefazione a Il tempo di una cometa (Ensemble, Roma, 2019) Valerio Grutt ha osservato: “[Il libro] è una promessa, lascia emergere una volontà, quella di stare dalla parte dell’amore, della luce. È come una consacrazione al lato chiaro delle cose, dove si scrive della vita e non del suo riflesso o della sua ombra, dove si scrive nella vita e non guardandola da fuori, ma cercandone il senso nell’esperienza. […] Improvvisi lampi di gioia e inciampi, per sfidare la morte nella vita, trovare la vita nella vita, “la certezza di esistere”. […] Troviamo approdi nella luce, tenerezza, e procediamo senza bisogno di spiegazioni, ma mettendoci in ascolto del battito del mondo”. A inaugurare il percorso poetico del volume (del quale a continuazione si forniscono alcune composizioni) è una preziosa citazione, o chiosa, di Rainer Maria Rilke scelta in maniera oculata dall’autrice, posta lì, come segnale luminoso all’inizio di un percorso nelle corde dell’anima: “Eppure la parola, quando fu detta, parve al di là di ogni sapere: incomprensibile”.

 

È per sempre

l’eterna carezza

luce, grattacieli

come spighe di grano.

Oggi non basta nulla

le ali le stelle

l’agosto di fuochi

magnetici al cielo.

 

*

 

Mi avessero detto

non tornerai a casa

avrei riso – chi

riesce lontano –

ma mi ritrovo dove non rimangono

cicatrici o paura di stelle

infiammate una volta per tutte

lontano.

Non tutto finisce dove comincia.

 

*

 

Inizia ottobre il conto di anni

non esserci più

il fato le ombre sui fiumi.

 

Ma le mani a cui ti hanno sradicato e questo cuore

che pare esploso di gioia le stelle

non bastano

a chiedere il ritorno di impronte

su cui imparare a camminare.

 

Dimenticarti per aspettare il tuo ritorno

e ritrovarti

quando rientrando chiederai

perché questo dolore

è durato tanto.

 

*

 

Cosa dicono le vene

fatte ad albero sui polsi e il pulsare

che ferma il respiro?

L’eternità è il nostro nominarsi

nei secoli

come una carezza

una promessa.

*

 

La poetessa ha rivelato alla testata ticino7 la genesi della sua opera: “La raccolta che ho pubblicato è nata nel giro d’un anno e mezzo, ma racconta di esperienze che risalgono anche a 10 anni fa, alla morte di mio nonno, che ha cambiato tutto, e poi ad altri amici che mi hanno lasciata. Avevo bisogno di pacificarmi, di elaborare la mia sofferenza, di trasformarla in qualcosa di positivo, in speranza, in fiducia”[1].

Sabatina Napolitano ha sostenuto che “La poesia di Stella N’Djoku è una riflessione sul tempo, e se è vero che il nostro con il passato è un debito è anche e soprattutto vero che i nostri con il passato sono un incontro e una scoperta volti a sentire meglio, sentire di più. La consapevolezza storica ci rende più forti ma tollerare il tempo ci rende più vivi. La poesia può disinnescare il disagio a priori, cristallizza i pensieri per una dignità contagiosa o probabilmente resta la rappresentazione finale di un oggetto mentale o una sensazione[2].

 

A continuazione quattro poesie inedite:

 

Noi non saremo quei vecchi

abbracciati alla foce.

Chissà se rughe e canizie

ci coglieranno lontani

se sarai le mie mani

il ricordo, il rimpianto.

 

Chi sa se nasciamo

al momento, l’incontro…

 

*

 

Neanche la pioggia lava

il ricordo del primo baciarsi.

Vivo tra cocci

fosse espiare, ritornare

innocente.

 

*

 

Questo giorno si eleva

i cipressi austeri

l’entrata, la chiesa.

 

La morte non disturbi

la festa

né tu

nato tra case di luce

tetti marini

 

Serra le lacrime

nei palmi e concedi

addii, baci al silenzio.

 

*

 

Se Dio non ti avesse dato

la perfezione del salmista,

se non ti avesse dato

la lingua e l’occhio attento

e le mani agili e veloci nel dire l’universo,

Se non ti avesse dato la memoria

il fiuto canino per incontrare le storie

riscrivere il mondo, urlare l’amore

allora avrei voluto crearti io.

Ma so che non avrei avuto la grazia

di regalarti tutto questo

non sarebbe bastato il mio amore

a far scaturire da te

radici immense, nomi di re,

volti sospesi e lontani dal nulla.

Ti ha fatto Lui, faccia bella così

mio vulcano

mio più bello al mondo

quasi niente.

 

[1] Gino Driussi, “Il mondo di Stella N’Djoku”, ticino7, 09/12/2019,  https://www.laregione.ch/ticino7/ticino7/1407370/il-mondo-di-stella-n-djoku

[2] Recensione pubblicata su Poetarum Silva il 03/01/2020: https://poetarumsilva.com/2020/01/03/stella-ndjoku-il-tempo-di-una-cometa-rec-di-sabatina-napolitano/?fbclid=IwAR1m3pVBmb4NdCDaov_FZNcpTMIfVp5JS19A_L8QIiYxXIlCYfO1Be7MWd0

 

 

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