Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio
Giulia Martini (Pistoia, 1993) vive a Firenze, dove si è laureata in Letteratura italiana contemporanea con una tesi su Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli. Attualmente è dottoranda in Filologia e Critica all’università di Siena, con un progetto di ricerca dedicato al dialogo in poesia. Per la poesia ha pubblicato Coppie minime (2018), risultata vincitore del noto Premio Ceppo nella sezione “Under 35”[1]. Per la stessa casa editrice sta curando l’antologia Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90 di cui il primo volume è uscito a marzo 2019 e il secondo uscirà a breve. Sue poesie sono comparse su varie riviste, tra cui Poesia, Gradiva, Paragone, Atelier, sulle riviste digitali Yawp – Giornale di letterature e filosofie, il sogno di orez, Poetarum Silva e in antologie quali Poesie italiane 2018 a cura di Matteo Marchesini (2019). Alcune sue poesie sono state tradotte in rumeno da Costel Drejoi sulla rivista Sintagme literare, in spagnolo da Gabriel Impaglione sulla rivista Isla Negra. Nel 2019 l’autrice ha preso accordi per la pubblicazione della traduzione in spagnolo con l’editore argentino “Le pecore nere”.
Ha preso parte a vari festival letterari: XVI Festival internazionale di poesia “Voci lontane, voci sorelle” nella serata Nuova Generazione? Poeti nati tra gli anni ’80 e ’90 (2018); Festival Kultazione (2018); I Festival di Poesia iper-contemporanea organizzato da Polisemie presso l’Università “La Sapienza” di Roma (2019); Festival Internazionale di Poesia Oven organizzato dal Centro di Poesia contemporanea dell’Università di Bologna (2019).
Si sono occupati della sua scrittura, tra gli altri, Roberto Corsi, Luigi Fontanella, Daniela Gori, Elio Grasso, Giulio Maffii, Franco Manzoni, Demetrio Marra, Eleonora Rimolo, Sara Vergari, Bonifacio Vincenzi, Luca Zipoli, i quotidiani nazionali Il Mattino, La Repubblica, Corriere della Sera, La Nazione, Avvenire e le riviste digitali Frequenze poetiche, Margutte, La Balena Bianca, Carteggi Letterari, Semicerchio.
Nella prefazione di Francesco Vasarri che apre Coppie minime (2018) leggiamo: “La ricerca espressiva di questo libro è piena di movimenti che dalla lingua puntano alla sua ombra, o comunque lavorano in un’intercapedine tra la cosa effettivamente detta e quella a cui, anche con residuati di surrealismo freudiano, si stava – forse con maggior precisione – pensando”.
Poesie tratte da Coppie minime (Interno Poesia, 2018)
Io rime, tu rimedi.
Tu vai verso quello che credi,
io verso quello che rimane.
*
La traccia del poema
modulata su un suono
mi sembra la tua faccia.
Appare la facciata
del Duomo in piazza Duomo
come un grande problema.
*
Guido, io vorrei che tu e Lapo e io
e Kennedy e Roland e Winston C.
e la mia santa mamma che sta lì
in cucina a straguardare la tv
Guido io vorrei che Lapo e io e tu
e Tutankamon e Marylin Monroe
ed Edgar Allan e il giovane eroe
di quando ero bambina, Harry P.
e P. P. P. e Giovanni P. che sa
perché tanto di stelle arde e cade,
santo L. e supersanto Gesù C.
che se ne sta nell’orto degli ulivi –
ma anche lei e soprattutto lei –
io vorrei che fossimo ancora vivi.
*
Fisso un punto nel vuoto.
Chi mi darà le prove?
E non so più il tuo prefisso,
se tre tre tre o tre tre nove.
*
Beati gli invitati alla cena in via Dernier.
Giravi per le stanze un po’ disabbigliata
apparecchiando di pietanze calde
la tavola rotonda in legno noce
con un occhio alla pasta che non scuoce
e l’altro a un altro – non a me.
*
Il letto già rifatto per metà,
nella tua metà non più sfacibile.
Meno stoviglie da lavare, questo è certo –
poi ho sempre detestato fare i piatti.
Molte più rime e meno rimasugli
sugli scartafacci, sui divani.
Guarda che mani vergini, che faccia –
come non fosse mai stata scartata.
Te ne sei andata col tuo ombrello rotto,
che non lo devo neanche buttar via.
Che singolarità, che pulizia!
Ah che bello, non mi vedrai invecchiare.
*
Tutti quelli che silenziosi siedono
accanto a me sull’autobus, col viso
al di là di una testata, conquiso
da morte accumulata, che mi chiedono
quando pubblicherò il prossimo libro
cosa vorrebbero che ti dicessi,
se le mie parole erano già tue?
Non ero che una spina in mezzo ai nespoli
prima che tu nascessi a Bagno a Ripoli
il dieci marzo trecentodue.
Poesie inedite precedentemente apparse su Paragone
Vivacchio aspettando che ti accorga
che non ho chiuso il gas e sei già morta.
Lo chiamo amore questo gesto blando,
quando ti faccio morire in un libro.
Come l’eroe mitico a cui le Moire
diedero la durata di un tizzone.
*
Un’altra cosa, per esempio, è il gesto
di te che apri piano il frigorifero
come se non sapessi che c’è dentro.
E d’un tratto, di luce innaturale,
distenebri le pesche, le zucchine.
*
So soltanto che quelle terre
per quei confini che ti mostrai
se le contesero per anni.
Questo tesoro volevo darti.
Per un maggiore approfondimento critico sull’opera di Giulia Martini rimando ad alcuni contributi che reputo illuminanti per le loro considerazioni e che rendono merito alla sua opera poetica:
Brancale Michele, Poesia, una sorpresa le “Coppie minime” di Giulia Martini, «La Nazione».
Favale Elisabetta, Le Coppie minime di Giulia Martini. Intervista, «Linkiesta».
Grasso Elio, Giulia Martini, Coppie minime, «Rebstein. La dimora del tempo sospeso».
Maffii Giulio, Le coppie di Giulia Martini, «Carteggi Letterari».
Manzoni Franco, Suono, grafia e virtuosismi, «laLettura del Corriere della Sera», p. 11.
Pezzino Laura, Dove sono le poete?, in «Senza Rossetto».
Rimolo Eleonora, Un messaggio (im)possibile?, «Atelier»
Rondoni Davide, L’estasi linguistica nelle “Coppie minime” di Giulia Martini, «ClanDestino».
[1] Cito dalla motivazione stilata da Andrea Sirotti: “Giulia Martini vince il Premio Ceppo Selezione Poesia under 35 con Coppie minime per la capacità e l’estro di trovare una chiave poetica per le antitesi e le contraddizioni della vita in uno schema binario tra ragioni della mente e ragioni del cuore in cui ogni parola, ogni concetto, “scivola” e determina il successivo dando vita a una sorprendente catena di associazioni foniche e concettuali auto-ingabbiandosi in uno schema al tempo stesso tradizionale e modernissimo, classico e ipertecnologico. Le forme chiuse usate, la natura endecasillabica del dettato, il ritmo regolare del canone poetico italiano, riscritto e rivissuto, non si dimostrano vincoli o ostacoli da superare ma si rivelano occasioni di apertura e respiro in cui l’esordio, in genere fattuale ed esperienziale, porta a esiti inauditi e spiazzanti grazie anche a una (apparentemente) naturale fluidità di ritmo e immagine, un’alternanza sapiente di voce, senso e silenzio”.
La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.